Estratto del catalogo L`arte e la danza balinesi nella

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Estratto del catalogo L`arte e la danza balinesi nella
Estratto del catalogo
L’arte e la danza balinesi nella Collezione Wistari
Diario di una cosmopolita
«La ricerca dell’invisibile. Biografia di una danzatrice»
Cristina Galbiati
Ogni storia ha un suo inizio e la storia di Cristina Wistari potrebbe iniziare con un
ricordo d’infanzia, che incarna quello che è poi stato il tracciato di un’intera vita: il
costante e tenace tentativo di colmare un vuoto interiore afferrando l’invisibile. E non è
probabilmente un caso che, in questo tracciato, la cultura balinese, profondamente
fondata su una costante compresenza tra visibile (sekala) e invisibile (niskala), abbia
assunto un ruolo fondamentale.
[…] Il viaggio in Oriente, con i suoi continui spostamenti, è soprattutto un viaggio
interiore. Nell’incessante peregrinare che caratterizza quegli anni, l’India è spesso punto
di partenza o di arrivo, una sorta di Grande Madre che la lega con un filo indissolubile e
dove le sembra possibile mettersi in contatto con quella spiritualità del quotidiano di cui
va alla ricerca. L’onda dell’irrequietezza sembra placarsi, per poi ripresentarsi più forte
che mai. È proprio in India, nella città sacra di Varanasi (all’epoca Benares), che Bali
entra per la prima volta nella vita di Cristina Wistari, e lo fa in maniera
apparentemente fortuita: un libro, abbandonato da un altro viaggiatore come lei, in un
cassetto dell’albergo dove è alloggiata, le rivela l’esistenza di un mondo a lei
sconosciuto. Si tratta del saggio sul teatro balinese contenuto ne Il teatro e il suo doppio
di Antonin Artaud, in cui il poeta e drammaturgo francese teorizza un teatro metafisico
contrapposto al teatro psicologico della tradizione occidentale. La pulsione verso il
ritorno alle origini e la valenza sociale dell’espressione teatrale sembrano incarnare
appieno quei valori di autenticità, slegati dalla sfera materiale, che caratterizzano
l’essenza del suo cercare.
[…] C’è, nella volontà di Cristina Wistari di apprendere le danze balinesi, una
determinazione caparbia e incondizionata: quella di voler superare i limiti fisici di un
corpo quasi quarantenne, apparentemente poco adatto all’apprendimento di forme
coreografiche tanto complesse, per entrare a far parte di un’espressione fortemente
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legata a una tradizione cui culturalmente non appartiene. In un sodalizio artistico che
durerà oltre sedici anni, apprende da I Made Djimat, uno dei più grandi danzatori
balinesi viventi, le principali danze legate al rito: il topeng, una danza che fa uso delle
maschere, il gambuh, una danza di corte, e il calonarang, una danza correlata a
pratiche magiche. Cristina Wistari impara le tre danze applicandosi in modo rigoroso e
totalitario; non si tratta semplicemente di apprendere una forma o un’estetica, la danza
balinese è molto più di questo: le rappresentazioni sono parte della cerimonia religiosa
la cui principale funzione consiste nell’equilibrare le forze dicotomiche del “bene” e del
“male” al fine di garantire la pace e l’armonia della comunità. In tale contesto, il teatro
riacquista la sua funzione originaria di collegamento tra umano e divino, tra terreno e
sovrannaturale, e il danzatore diviene lo strumento di mediazione e d’unione tra i due
mondi. Danzare significa entrare a far parte del rituale da protagonista e, dunque,
abbracciare nel più profondo dei modi una comunità e la sua visione del mondo e della
vita. Dopo due anni di pratica quotidiana e indefessa, grazie anche alle sue eccezionali
qualità, Cristina Wistari è ammessa a danzare nei templi e in breve tempo è considerata
una danzatrice “balinese” a tutti gli effetti.
Mi è ormai impossibile abbandonare Bali, terra di sogno in cui il credo religioso è una
sorta di induismo animistico basato sugli opposti. Tra me e l’isola si è stabilito un
legame di fuoco. Sono in preda al sortilegio. Eppure Bali non ha nulla della pienezza,
della solarità dell’India. Bali è un’isola lunare, dove tutto si espande come una luce
riflessa in un prisma di cristallo. Positivo e negativo assumono dimensioni estreme, i
poli opposti si scontrano e si completano.
Non è probabilmente un caso che l’attrazione di Cristina Wistari per Bali e per il suo
elaborato sistema culturale non sia legata agli aspetti adamantini, ma alla costante e
imprescindibile compresenza degli opposti, in cui la parte oscura fa da perenne
contrappunto a quella luminosa. È, infatti, in questa sorta di bivalenza, così vicina alle
sue inquietudini, che trova l’invisibile che andava cercando.
[…]Gli anni balinesi sono caratterizzati da una vita estremamente essenziale che si
adatta in tutto e per tutto a quella della popolazione locale, al punto da farla definire
“più balinese degli stessi balinesi”.
CATALOGO
Cristina Galbiati & Paolo Maiullari (a cura di), L’arte e la danza balinesi nella
Collezione Wistari. Diario di una cosmopolita, catalogo dell’omonima esposizione
temporanea, Silvana Editoriale (Antropunti/7), Cinisello Balsamo, 2015.
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