Capitolo 1 La porta della cabina del comandante
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Capitolo 1 La porta della cabina del comandante
Capitolo 1 La porta della cabina del comandante Mike Flynn si aprì. Entrò un uomo non particolarmente muscoloso, cosa alquanto strana per un Marine. Aveva i capelli biondi e ricci, sembrava un angelo. In più aveva anche gli occhi blu come l’oceano che lo circondava. Era Josh Holiday, tecnico elettronico della Hammersley, anche conosciuto con il soprannome di ET. “Signore, ha un momento?” “Certo, ET. Che succede?” “Volevo dirle che questi due anni passati al servizio della Marina Australiana sono stati i migliori della mia vita e di questo non posso che ringraziare lei, che mi ha accolto su questa nave come un figlio.” Mike Flynn rise. “Perché mi dici questo? Non capisco.” “Lascio la Marina. Per sempre.” “Come sarebbe a dire che lasci la Marina?! Perché? È successo qualcosa? ET, parla! Che diavolo ti prende?!” ET era immobile, appoggiato al muro, lo sguardo fisso a terra. Si stuzzicava i riccioli con la mano sinistra com’era solito fare prima 1 di confessare qualcosa di imbarazzante, ma stavolta era diverso. Non doveva fare una confessione imbarazzante, no. Doveva trovare un modo per dire a Flynn che se ne andava per costruire una vita familiare con Nikki. Come cavolo avrebbe fatto a spiegargli che si era innamorato di un membro del suo stesso equipaggio – trasgredendo le ferree regole della Marina - e che poi la situazione gli era sfuggita di mano? A proposito, ora che ci pensava, cosa aveva detto Nikki al comandante per farsi rimandare a casa? Che era incinta, certo, ma come mai lui non le aveva chiesto chi fosse il padre? Magari glielo aveva chiesto, e magari lei glielo aveva anche detto, ma allora perché in quel momento si mostrava così stupito dal suo desiderio di andare via? Doveva fare una cosa rapida e indolore. Doveva essere diretto e assolutamente sincero. Sì, avrebbe fatto così. “Signore, io sono il padre del bambino che Nikki porta in grembo e come tale sento il bisogno di prendermi cura della mia nuova famiglia. So che questa relazione non sarebbe mai dovuta cominciare, ma dopotutto al cuore non si comanda… Accetterò qualsiasi sanzione disciplinare a 2 riguardo ma la prego, mi faccia tornare a casa.” “Apprezzo che tu ti assuma le tue responsabilità sia nell’ambito familiare che in quello lavorativo, ET. È un comportamento molto maturo da parte tua. Tuttavia, eri a conoscenza del regolamento della Marina e hai infranto la regola principale. Quel regolamento è stato redatto per tutelare te e tutti gli altri membri della Marina. E quella regola è stata inserita perché sono stati riscontrati dei mancamenti nell’adempimento di alcuni compiti, dovuti alle distrazioni create dalle relazioni sentimentali. Non si può rischiare di mettere a repentaglio la vita dell’equipaggio e dei civili per colpa dell’amore.” “Signore, perdoni la sfrontatezza, ma mi permetto di dire che l’amore di per sé non è mai causa di disgrazie. L’amore bisogna saperlo custodire e controllare perché è qualcosa di più grande di noi e se sfugge di mano, allora sì che può diventare pericoloso. C’è bisogno di grande forza d’animo e determinazione per controllarlo. 3 Personalmente credo che io e Nikki possediamo queste due qualità.” “In effetti su questo non posso che darti ragione, ET. Voi due mi avete fatto ricredere sul fatto che fosse impossibile coordinare amore e lavoro. Siete riusciti a controllare pienamente i vostri sentimenti, continuando a svolgere regolarmente ed egregiamente i vostri incarichi sulla nave. Questo vi fa onore, dico davvero.” “La ringrazio, signore.” “Accoglierò le tue dimissioni e comunicherò la tua decisione al Comando. Va’ da Nikki e abbi cura di lei. Vi auguro tutto il meglio.” “Ancora grazie, signore.” ET abbracciò il comandante della Hammersley, gli strinse la mano e si congedò. 4 Capitolo 2 Josh infilò la chiave nella serratura e gli parve di trasferire in quel piccolo pezzo di metallo tutti i suoi pensieri. Non poteva crederci: in soli tre mesi era riuscito a raccogliere più di cinquantamila dollari lavorando per un’associazione di pesca subacquea. Con tutti quei soldi avrebbe potuto mantenere la sua famiglia ed essere al contempo un padre presente. Certo, lo scopo principale per cui aveva raccolto quel denaro era per riuscire a mantenere una famiglia tutta sua senza dover passare gran parte della sua esistenza su una nave, perché se suo figlio fosse dovuto crescere senza poterlo mai vedere non se lo sarebbe mai perdonato. Ma in realtà una parte dei soldi aveva intenzione di usarla per fare una piccola sorpresa alla sua dolce metà. In casa tutto taceva. Dalle vetrate, coperte da sottili tende bianche, entravano i primi raggi del mattino, che nell’arco di un’oretta sarebbero giunti a baciare il viso di Nikki, addormentata sul divano. Josh si avvicinò in punta di piedi e si accovacciò accanto a lei. 5 Le passò dolcemente una mano tra i capelli guardando alternativamente gli occhi chiusi e il pancione di cinque mesi della ragazza, nel quale stava crescendo pian piano la loro bambina. Improvvisamente gli tornò in mente la prima volta che l’aveva vista, in divisa, al porto base. Si guardava intorno tutta fiera. Da quel suo atteggiamento aveva capito subito che Nikki era una ragazza abituata a comandare, ed era certo che ben presto avrebbe comandato anche il suo cuore. Quanta strada avevano fatto insieme, da quel giorno ormai lontano, quante ne avevano passate… i sentimenti soffocati, i baci in segreto, le bugie inventate per stare un po’ insieme, e poi la gravidanza, l’euforia, e ancora bugie per nascondere qualcosa che ormai stava diventando più grande di loro. Ma in fondo erano felici, felici di costruire una famiglia con dei bambini, felici di fantasticare su un matrimonio che probabilmente non si sarebbe mai potuto celebrare, ameno finché fossero rimasti a bordo della Hammersley. Questo però non potevano dirlo a nessuno, tranne che a loro stessi. “Il bambino è di Brad Johnson, con cui ero fidanzata fino a qualche mese fa.” 6 Era questo che Nikki doveva aver detto ai compagni quando aveva comunicato loro che avrebbe lasciato la Marina, intuì Josh. Dopo un po’, però, gli altri dovevano aver scoperto la menzogna, dato che non mancavano di avere un certo fiuto per le questioni sentimentali complicate. Inoltre, il comportamento di Josh non contribuiva affatto a mantenere la questione segreta. Era cambiato, sulla nave era taciturno e ogni volta che scendevano a terra prendeva immediatamente lo scooter e correva via. Sicuramente l’equipaggio non aveva creduto neanche un po’ a quella storiella. In conclusione, tutti sapevano della relazione tra Josh e Nikki a eccezione del comandante, che non era presente il giorno in cui la ragazza aveva salutato i compagni spiegando i motivi del suo abbandono. Il comandante, tuttavia, nutriva a sua volta dei sospetti, che non esitava a palesare al ragazzo ogni volta che ne aveva l’occasione. Col passare del tempo Josh aveva iniziato a mostrare sempre più insofferenza verso le pressioni di Flynn, e questo lo aveva spinto a confessargli tutta la verità. E quindi eccolo lì, accanto alla donna amata e desiderata per 7 tanto tempo, a ripensare al passato. Ma in quel momento doveva pensare al futuro, al suo futuro con Nikki. E con sua figlia. “Josh… sei tu?” farfugliò Nikki, assonnata. “Mi hai aspettato sveglia tutta la notte?” “Ho cercato di aspettarti sveglia tutta la notte.” precisò lei tirandosi su a fatica, a causa del pancione, e appoggiando la sua mano su quella di Josh, che le accarezzava ancora il viso. “Lo sai che nel tuo stato non ti fa bene…” “Ma mi mancavi…” “Anche tu mi sei mancata moltissimo.” I due si baciarono, quasi a compensare tutte quelle volte che non avevano potuto farlo perché il lavoro li aveva tenuti separati. Poi il ragazzo tirò fuori dalla tasca una busta. “E questa?” fece lei. “Aprila.” Nikki rivolse a Josh uno sguardo interrogativo. Una volta aperta, dalla busta fuoriuscì un mazzo di banconote colorate. La ragazza rimase pietrificata, nemmeno avesse visto un fantasma. “Ma ci sono moltissimi soldi! Dove li hai presi?” domandò, appena si fu leggermente ripresa. 8 “Li ho guadagnati.” spiegò lui, con l’orgoglio decisamente palpabile nella sua voce. “Ma come? Quando?” Nikki era sempre più euforica. “Con le immersioni. Ho cominciato tre mesi fa, subito dopo aver saputo che aspettavi il bambino.” “Perché? Ti sentivi forse obbligato a mantenerci?” “No, in realtà l’ho fatto per poter lasciare la Marina il prima possibile e stare di più con voi, mi mancavate tantissimo. E l’ho fatto anche perché non sopportavo più le pressioni di Flynn. Alla fine ho dovuto dirgli tutto, mi dispiace. Per colpa mia adesso siamo nei guai.” “Non preoccuparti. Prima o poi doveva capitare, no? Ce la faremo insieme, come abbiamo sempre fatto. Io e te contro tutti.” “Ti amo.” “Anch’io.” Così dicendo Nikki sorrise, ma a un tratto il sorriso le si congelò sul volto. “Aspetta un attimo… hai lasciato la Marina?!” “Si!” esclamò Josh, entusiasta. “Ma era il tuo sogno!” 9 “I sogni cambiano. E adesso il mio sogno sei tu.” 10 Capitolo 3 Josh costrinse Nikki ad andare a letto, poiché erano le cinque del mattino e la ragazza aveva passato quasi tutta la notte in bianco per vederlo ritornare. Si svegliò nel primo pomeriggio, molto affamata. Preparò tre toast con formaggio e prosciutto e una tazza di tè, suscitando lo stupore di Josh. “Hai davvero intenzione di mangiarli tutti?” “Ho fame.” rispose Nikki, secca. “Non voglio avere un bisonte come figlia.” protestò Josh. “Tu non ti preoccupare.” “Perché, invece di mangiare, non esci un po’ a prendere una boccata d’aria?” suggerì lui. “Dopo.” “No, ora.” si impose categoricamente Josh “Ti porto in un posto.” Josh afferrò Nikki per una mano e la spinse dolcemente sull’uscio, dandole appena il tempo di posare sul tavolino il vassoio con il cibo, poi si avviarono insieme verso la macchina. “Dove stiamo andando?” chiedeva in continuazione lei, durante il viaggio. “Sorpresa.” continuava a rispondere lui. 11 Si fecero le sei. Arrivarono al molo, che a quell’ora del pomeriggio risplendeva di un chiarore quasi fiabesco, sui toni dell’arancione. I gabbiani sorvolavano il mare urlando, e si posavano sui pennoni delle barche ormeggiate ripiegando le grandi ali. Josh parcheggiò e scese dall’auto. Fece il giro e aprì la portiera a Nikki. La ragazza scese a sua volta e lui le coprì gli occhi con le mani. “Che stai facendo?” chiese Nikki sorridendo. “Cammina avanti, ti guido io. Ecco, così, brava… adesso a sinistra, sì… ok, ora fermati.” I due ragazzi percorsero il molo insieme, l’uno dietro l’altra. I passi incerti di Nikki erano guidati da quelli forti e sicuri del suo ragazzo, proprio come succede tra gli innamorati: ci si sostiene a vicenda e grazie alla forza dell’altro ognuno supera le proprie debolezze. Si fermarono davanti a un’imbarcazione non molto grande, ma davvero particolare: era verniciata di azzurro, il colore preferito di Nikki, e su una fiancata si leggeva la frase “Il legame con l’oceano non può essere spezzato neanche dalla più possente delle 12 tenaglie”. Dall’altro lato, il nome della barca splendeva in lettere argentate: Hammersley II. Josh tolse lentamente le mani dagli occhi di Nikki e le posò sul suo pancione, in un tenero abbraccio. “E questa… cos’è?” chiese lei per avere conferma di quello che stava vedendo. “È una barca… pensavo lo avessi capito.” rispose Josh, mostrando finta delusione. “Tu… hai fatto tutto questo per me?” “Per noi. A me mancherà la vita in mare, e credo anche a te. Perché il legame con l’oceano non può essere spezzato neanche dalla più possente delle tenaglie.” recitò solennemente il ragazzo leggendo i versi scritti sulla fiancata dell’imbarcazione. Nikki si voltò a guardarlo in quei suoi occhi color del mare e non poté né volle resistere all’impulso di baciarlo. Dopo vari secondi i due si sciolsero dall’abbraccio che li teneva uniti; Josh si avvicinò alla barca, collegata al molo tramite un ponticello mobile, e attraversò quest’ultimo, porgendo la mano a Nikki per far salire anche lei sul loro piccolo nido d’amore galleggiante. “Dove vogliamo andare?” chiese Josh. 13 “Dove ci porta il vento.” rispose Nikki, prendendo il timone. La barca si staccò dalla banchina e iniziò a prendere il largo. Il vento scompigliava capelli dei due innamorati, che si sentivano a casa. Eppure erano così piccoli nella vastità di tutto quello che li circondava… da soli erano come gocce nell’oceano, come formiche nel deserto, come pettirossi nella foresta: insignificanti. Ma insieme erano l’oceano, il deserto e la foresta stessi. Una volta raggiunto il largo, si fermarono ad ammirare il tramonto. “Posso farti una domanda?” chiese Nikki, a un tratto. “Certo che puoi.” “Perché Hammersley II?” “Perché la Hammersley è la nave che ci ha fatto incontrare. E scegliendo questo nome spero che questa piccola barca ci faccia restare uniti.” 14 Capitolo 4 Erano ormai trascorsi quattro mesi da quando Josh aveva fatto ritorno a casa e i due ragazzi avevano avuto tutto il tempo di ritrovare la confidenza che era andata via via scemando nel corso dei lunghi mesi che il ragazzo aveva passato in mare. Una volta compiuto il sesto mese di gravidanza Nikki aveva fatto l’ecografia per conoscere il sesso del bambino, e il monitor dell’ambulatorio medico aveva rivelato la presenza di una bella bimba nella sua pancia. Ora, incinta di otto mesi e tre settimane, aspettava solo il momento in cui avrebbe potuto conoscere sua figlia. Mancava così poco. Alle 2.10 del mattino del 3 settembre Nikki si svegliò in preda a forti dolori di pancia. Le sue urla fecero svegliare anche Josh. “Che succede? Nikki, che hai?” domandò il ragazzo, spaventato, avvicinandosi a lei e appoggiando una mano sul suo addome gonfio. Nikki era seduta sul letto e si teneva il pancione ansimando. 15 “Dobbiamo andare in ospedale, la bambina sta arrivando!” strillò la ragazza. Per un istante gli occhi di Josh si riempirono di chiaro terrore ma poi, una volta realizzato che sua figlia stava per venire al mondo, si decise a prendere in mano la situazione. La aiutò a scendere dal letto e rapidamente si diressero verso la macchina. Josh era nervoso, molto nervoso. Per tutto il viaggio non disse una parola. Guardava dritto avanti a sé e si mordeva il labbro. Intanto Nikki, seduta accanto a lui, respirava a fatica e cercava invano il suo conforto. Arrivarono alla clinica di Sydney alle 3:15. Josh, con una mano sosteneva il braccio di Nikki sopra la sua spalla, con l’altra le accarezzava il pancione. Entrambi avevano un’espressione sconvolta. Il caporeparto, avendo compreso immediatamente l’agitazione del ragazzo, prese con sé Nikki per sottoporla ai preparativi necessari e bisbigliò qualcosa all’orecchio dell’infermiera, che annuì. La donna porse un bicchiere d’acqua a Josh. “Prego, signore, vuole accomodarsi in sala d’attesa?” gli domandò gentilmente. Il suo 16 atteggiamento così rilassato lo irritò alquanto. Perché, in un momento simile, lei doveva essere così tranquilla? Josh era troppo scosso per capire che stava soltanto cercando di calmarlo. “Dove la state portando?” domandò con voce tremolante. “Il dottor Shay la sta preparando per il parto.” “Voglio entrare in sala parto con lei.” “Non si preoccupi, signore, quando sarà pronta la chiameranno. Intanto si sieda.” L’infermiera tentò di farlo sedere su una sedia spingendolo da una spalla con un gesto apprensivo, ma Josh si rifiutò categoricamente. Continuava a fissare la porta dietro la quale era sparita Nikki insieme al medico. Avendo visto che il tentativo di farlo accomodare era andato a vuoto, la donna provò ad attaccare bottone. “Potrei sapere i vostri nomi? Devo registrarvi.” cominciò, prendendo in mano una cartellina dallo scaffale dietro il bancone dell’ingresso. “Josh Holiday e Nicole Caetano.” rispose Josh, sbrigativo. 17 “Siete molto giovani, vedo.” commentò l’infermiera, mentre annotava i nomi sul foglio nello spazio adeguato. “Io ho trentatré anni e Nikki ne ha ventiquattro.” “È la sua fidanzata?” “Sì.” “È bello vedere persone così giovani che vogliono mettere su famiglia. È il vostro primo figlio?” “Sì.” Josh continuava a rispondere a monosillabi a tutte le sue domande, ma l’infermiera non sembrava infastidita da questo suo comportamento. Probabilmente era abituata a trattare con i giovani padri e le loro insicurezze. “L’avevo capito dai vostri sguardi… si vede che siete ancora inesperti.” “Impareremo col tempo.” Il tono di Josh era piatto e il suo sguardo rigorosamente rivolto verso il pavimento tirato a lucido della sala. “Sicuramente. È da tanto che state insieme?” “Due anni.” “E come vi siete conosciuti?” Il livello di curiosità della donna era inversamente proporzionale alla partecipazione emotiva 18 di Josh a quella discussione. “Oh, mi perdoni, forse sono stata un po’ indiscreta… è che mi appassionano molto le storie d’amore tra giovani ragazzi…” aggiunse subito dopo, sentendosi a disagio. “Non si preoccupi, mi fa piacere parlarne.” Finalmente Josh stava cominciando a sciogliersi, proprio come la donna aveva previsto. Era certa che non avrebbe rifiutato di parlare di quella che di lì a poco sarebbe diventata la madre di suo figlio. Questa volta poteva dire di aver finalmente colpito nel punto giusto. “Ci siamo conosciuti su una nave della Marina. Lei era un tenente, mentre io un semplice marinaio. Abbiamo portato avanti una relazione segreta finché non ha scoperto di essere incinta. Sa, la Marina impone regole severe riguardo all’amore: non ci possono essere relazioni tra membri dello stesso equipaggio.” “Una storia complicata, insomma.” “Già.” A un tratto il medico che aveva preso Nikki con sé uscì dalla stanza. “Siamo pronti, signore. Se vuole può entrare.” annunciò, mentre consegnava a 19 Josh gli indumenti sterilizzati senza nemmeno aspettare la sua risposta. In un attimo il ragazzo si ritrovò catapultato nella sala parto dove Nikki lo stava attendendo con ansia. Si accovacciò accanto alla fidanzata e le prese la mano, ma lei gliela stritolò. “Aaah! Hey, hey, fa’ piano! Mi vuoi staccare un dito?!” urlò Josh. Nikki non rispose. Era troppo occupata a sopportare il dolore lancinante che la teneva prigioniera da ore. “Signor Holiday, lei non dovrà fare altro che asciugare la fronte della sua ragazza… e tranquillizzarla, ovviamente. Si sente pronto?” disse il dottor Shay. Josh annuì debolmente, cercando di nascondere un certo tremolio di terrore. “Allora cominciamo. Quando senti una contrazione spingi, Nikki.” Le urla di Nikki avevano ormai reso sordo il povero Josh, che riusciva a stento a sopportare la sua stretta di mano. ‘Sto morendo di dolore, per questa stretta’ pensava ‘figuriamoci se dovessi partorire! Ma come fa lei a volere altri figli se deve soffrire così tanto?’ 20 Dopo due ore di tortura, finalmente alle grida di Nikki si sostituì il pianto di un bambino, anzi, di una bambina. La loro bambina. Pesava 2,3 chili e aveva un colorito roseo – tendente più al rosso che al rosa - e pochi capelli scuri in testa. Josh sorrise insieme a Nikki, che sorrideva già da un pezzo, e insieme guardarono il dottore avvolgere la piccola in un asciugamano e portarla da loro. “Congratulazioni, ecco la vostra bambina.” disse, con un sorriso che gli andava da orecchio a orecchio. Josh e Nikki si guardarono, raggianti. Non potevano crederci: solo due anni prima si trovavano sulla Hammersley alle prese con una storia d’amore impossibile e ora erano lì, con la loro bambina tra le braccia. Tra lacrime e sorrisi si baciarono, sotto gli sguardi soddisfatti dell’infermiera e del dottor Shay. Era sempre una gioia vedere due genitori abbracciare per la prima volta il loro figlioletto, specialmente se era il primogenito. Una volta chiusa la porta della camera d’ospedale, Josh si trovò davanti un tenero 21 quadretto: Nikki era a letto con un piccolo fagotto rosa tra le braccia. Dalla copertina di lana provenivano di tanto in tanto dei mugolii, accompagnati dalla goffa agitazione di due manine minute. Josh sorrise e senza staccare gli occhi da madre e figlia si avvicinò al letto. Una volta giunto in prossimità del fagottino, scorse un visino corrucciato fare capolino tra i risvolti della coperta. Si sedette sul bordo del letto e allungò una mano verso la piccola, che si dimenava ancora tra le braccia della mamma. La bimba serrò le piccole dita attorno all’indice di Josh, non riuscendo tuttavia ad avvolgerlo completamente. Josh sorrise al contatto con la manina umida e calda di sua figlia. “Ha i tuoi occhi” osservò Nikki, con una nota di orgoglio misto ad emozione nella voce. “E la tua bellissima bocca” aggiunse Josh, distogliendo lo sguardo dalla bambina per incontrare più in alto gli occhi grigio-verdi della donna che amava. Josh e Nikki rimasero a guardare l’uno la felicità che straripava dagli occhi dell’altra per qualche decina di secondi. 22 “Comincia una nuova vita.” disse Nikki, rompendo il breve silenzio che si era creato nella stanza. “Comincia una nuova vita.” concordò Josh, sempre mantenendo il contatto visivo con la fidanzata. Avrebbe voluto restare a guardare quegli occhi grigio-verdi per sempre, fino a conoscerne a memoria ogni singola sfumatura. Dopo un po’ si convinse a interrompere il contatto visivo per dare un bacio sulla fronte di Nikki e un altro su quella della figlia, che gli toccò le guance con le piccole dita. Poi sussurrò, rivolto alla piccola: “Benvenuta al mondo, Victoria Jane Holiday.” 23 Capitolo 5 Josh avvisò tutti i conoscenti della nascita della sua bambina, specialmente i membri dell’equipaggio della Hammersley, che attendevano da tempo notizie. Il tenente Kate McGregor riuscì a farsi accordare un permesso speciale per andare a trovare i nuovi genitori in ospedale. Portò delle scarpine rosse per la piccola, ancora troppo grandi per lei, e si complimentò con i ragazzi. Chiese poi a Nikki se aveva intenzione di tornare sulla nave, ma lei rispose che non avrebbe ripreso a lavorare per la Marina. Kate sembrava quasi dispiaciuta del fatto che non avrebbero più lavorato insieme. E pensare che durante i primi mesi in cui erano state colleghe c’erano state non poche tensioni tra di loro, perché Nikki temeva che la bionda le avrebbe rubato la scena; lei era sempre stata l’unica donna a bordo, fino a quel momento. Con il passare del tempo fortunatamente l’attraente ufficiale di rotta aveva cambiato opinione su Kate, tanto da stringere con lei un legame praticamente indissolubile. Alla donna sarebbe di certo 24 mancata la sua fidata compagna, nonché migliore amica Nik. Anche il comandante Mike Flynn si presentò in ospedale. Dopo i consueti complimenti, ricordò loro che c’era una questione in sospeso che andava subito chiarita: “Ragazzi, mi dispiace interrompere questo momento per voi così sereno, ma dobbiamo chiarire una questione che è rimasta in sospeso e preferisco farlo il prima possibile.” “Le sanzioni.” si affrettò a dire Josh, che voleva evitare uno dei soliti giri di parole del comandante. “Esatto, ET. Sono venuto a dirvi che non sarete puniti in nessuna maniera per il vostro comportamento.” “Come, scusi?!” esclamarono i due ragazzi all’unisono. “Al comando hanno esaminato attentamente il vostro caso e hanno modificato il regolamento.” spiegò Flynn, porgendo a Josh un foglio di carta su cui erano stampate delle frasi a caratteri cubitali. “Leggilo ad alta voce, per favore.” gli intimò. 25 “ ‘Sono permesse relazioni amorose tra membri dello stesso equipaggio purché i due in questione, qualora si trovassero in pubblico, comunichino utilizzando toni formali e non manchino mai di adempiere ai loro incarichi.’ ” lesse il giovane, con un sorrisetto che cominciava ad allargarsi sulle sue labbra. “In sintesi, le relazioni sono permesse a patto che non abbiano ripercussioni sul lavoro.” chiarì Mike, cercando di non far trasparire le sue emozioni. In fondo quel cambiamento interessava anche lui e Kate. “Il comando ha effettivamente riconosciuto che con questa rettifica i vantaggi avrebbero superato i danni.” A quest’ultima osservazione i volti dei due ragazzi si fecero perplessi. “Quello che intendo dire è che questa decisione comporterà certamente dei danni perché i soggetti interessati saranno comunque in parte distratti dal lavoro, ma avrà allo stesso tempo vantaggi - che saranno superiori ai danni - perché i due, non sentendosi vincolati dalla Regola di Non Fraternizzazione, non rischieranno di passare gran parte del loro tempo sulla 26 nave a cercare espedienti per non farsi scoprire o peggio non cercheranno di tenere nascoste gravidanze o altro mettendo a repentaglio la propria vita e quella dell’eventuale bambino.” si affrettò a spiegare il comandante, cogliendo l’espressione dei due ragazzi. “Non siete i primi nella Marina ad aver portato avanti una relazione segreta e proibita; si sono verificati altri casi prima di voi che hanno avuto conseguenze anche molto gravi: sei anni fa un sottoufficiale donna è rimasta incinta del comandante della stessa nave su cui lavorava; sfruttando il fatto che la sua pancia non fosse molto evidente, ha portato avanti la gravidanza in segreto fino al momento del parto senza fare neanche un controllo durante i nove mesi. La donna aveva un distacco parziale della placenta ed è morta durante il parto. Con lei è deceduto anche il figlio.” Mike parlava con tono piatto, ma in realtà il suo cuore avrebbe voluto urlare di dolore al ricordo della morte della sua adorata Liz. Dal giorno in cui se n’era andata aveva imparato a nascondere ogni emozione sotto quel tono duro da comandante, indifferente e 27 superiore a tutto. Visto che non gli era possibile ingannare se stesso, sperava che almeno in questo modo sarebbe riuscito a ingannare chiunque lo avesse spinto – per qualunque motivo – a raccontare quel terribile episodio. Gli occhi di Nikki si fecero lucidi. La immaginò, quella donna, sola e abbandonata, in quella stanza dove si trovava lei fino a qualche ora prima. Quella stanza in cui avrebbe dovuto trovare la luce una vita, e in cui invece avevano trovato la morte sia lei che la nuova vita. L’immagine del suo corpo che si afflosciava pallido e senza vita sul lettino della sala parto con gli occhi sbarrati dopo l’ultima, disperata spinta si cementò nella sua testa, senza accennare a lasciarla. Josh notò il dolore sul volto della ragazza e avvolse amorevolmente un braccio intorno alle sue spalle, stringendola forte. Nikki parve calmarsi. Mike intuì che era giunto il momento di lasciare soli i novelli genitori, così si avviò verso l’uscita e si voltò a guardarli un’ultima volta, fermandosi sulla soglia. I due giovani 28 genitori fecero istintivamente il saluto militare, alzando la mano in direzione della fronte. Flynn sorrise, rispose al saluto e sparì dietro l’angolo. 29 Capitolo 6 Pochi giorni dopo Nikki fu dimessa dall’ospedale. I primi giorni in casa con un figlio sono sempre i più difficili, perché bisogna abituarsi a un cambiamento di dimensioni non indifferenti, rifletteva la ragazza mentre guardava fuori dal finestrino dell’auto, con la testa appoggiata al vetro freddo. Le madri devono essere pronte a prendere in mano le redini di un’altra vita che dipenderà da loro per molto, molto tempo. E i padri, già, i padri! Loro hanno bisogno di più tempo per elaborare la nuova situazione. Dunque non avrebbe potuto contare granché su Josh, concluse. ‘Nella maggior parte dei casi, nei giorni seguenti il parto, le nuove madri tendono a diventare irascibili e paranoiche e possono interpretare l’insicurezza del partner come una mancanza di affetto e arrivare perfino a dubitare del suo amore.’ Le parole dell’articolo sul settimanale ‘Me and my baby’ riaffioravano ora nella testa di Nikki, come per ricordarle l’inevitabile destino al quale sarebbe andata incontro nei mesi a seguire. 30 Victoria era una bambina tranquilla. Non piangeva quasi mai ma aveva comunque bisogno di essere seguita e accudita, come tutti i neonati. Nonostante fosse consapevole dell’importanza del suo ruolo all’interno della famiglia, Nikki faceva fatica ad abituarsi alla novità: era passata da una relazione nata quasi per gioco a un rapporto serio che sarebbe durato tutta la vita, perché ora che aveva una figlia le sembrava giusto che dovesse avere due punti di riferimento stabili su cui contare. “Josh, aiutami con questi pannolini.” Nikki era appena tornata a casa dopo aver fatto scorta di pannolini al discount. Aprì la porta con un calcio poiché aveva le mani impegnate con le innumerevoli buste. La porta ruotò intorno al cardine e sbatté contro la parete retrostante producendo un suono simile a un’esplosione. Josh si fece strada nel corridoio dell’appartamento, ormai invaso da coperte, tutine e biberon, e le andò incontro. Prese due buste e le appoggiò pesantemente sul tavolo della cucina. 31 “Si può sapere che ti prende?” gli domandò la ragazza, cogliendo l’espressione svogliata sul suo viso. “Perché?” fece lui voltandosi a guardarla con una faccia esterrefatta, come se non l’avesse mai vista prima di quel momento. “Ultimamente sei diverso, non sei più il Josh di cui mi sono innamorata due anni fa.” “Ma che stai dicendo? Non sono cambiato affatto. Sono sempre io.” rispose lui assumendo un tono piatto della voce e girando la testa verso la finestra del soggiorno per non dover incrociare lo sguardo della ragazza. Nikki scosse la testa, cercando di trattenere le lacrime che avrebbero voluto bagnarle il viso dopo quella risposta così gelida. “No. Stai diventando un’altra persona. Sei distaccato, indifferente, mi rispondi male, te ne stai per conto tuo e non mi aiuti mai con la bambina! Ma che hai?” “Non ho niente, te lo ripeto. E adesso basta con queste inutili paranoie, ok?” Josh fece per baciarla, ma lei si ritrasse. “Credevo che non ci avrebbe cambiati avere un figlio, credevo che avremmo continuato a vivere felici e a sostenerci a vicenda, come 32 prima! Sono solo una povera illusa! Dovevo prevedere che la tua immaturità ti avrebbe impedito di assumerti le tue responsabilità!” Nikki cominciò a urlare contro Josh, che perse a sua volta le staffe. “È questo che pensi di me? È questo che hai sempre pensato? Che sono un immaturo? Allora non mi hai mai amato veramente, non ti sei mai fidata di me!” urlò, sbattendo i pugni sul tavolo e facendo indietreggiare Nikki per la paura. “Io mi fido di te, Josh, davvero, ma credo che tu non sia ancora pronto per avere un figlio. Non devi fartene una colpa, non tutti siamo pronti nello stesso momento per le stesse cose.” spiegò lei, con il terrore ancora palpabile nella voce. “Mi stai dicendo che non sono capace di fare il padre? E tu, allora, tu saresti in grado di fare la madre? Eh? Guardati, distrutta dalla testa ai piedi! Quella bambina ti ha schiavizzata!” riattaccò Josh, indicando la piccola creatura che dormiva nella culla accanto al corridoio che portava al reparto notte. 33 “Non ti azzardare a dare la colpa a Victoria! Lei non c’entra niente!” urlò Nikki a sua volta. “E invece sì che c’entra, c’entra eccome! Se quella bambina non fosse mai nata noi non saremmo qui a litigare, ora!” una grossa vena iniziò a pulsare sul collo di Josh. Dopo quelle parole Nikki non riuscì più a mantenere la calma e gli tirò uno schiaffo così forte che se lo sarebbe ricordato per tutta la vita. Rimase per alcuni secondi lì, in piedi davanti a lui, a fissarlo con indignazione mentre si massaggiava la guancia sulla quale l’aveva colpito. Poi prese Victoria dalla culla e, pronunciando insulti incomprensibili, si chiuse nella stanza da letto sbattendosi la porta alle spalle. Per un quarto d’ora in casa regnò il silenzio. Josh si era abbandonato sul divano pensando alle parole della fidanzata, ancora galleggianti nell’aria come bolle di sapone pronte a esplodere e a riversare su di lui tutta la rabbia che contenevano. Nikki aveva ragione, non era stato capace di prendere in mano la situazione. Non l’aveva mai aiutata con la bambina fino a quel momento perché l’idea di essere diventato papà gli faceva 34 ancora molta paura: da un giorno all’altro era passato dal baciare e accarezzare un pancione in cui immaginava si trovasse sua figlia all’accarezzare una bambina vera, che dal momento della sua nascita e per l’eternità avrebbe preteso da lui qualcosa di più di una semplice carezza o di un bacio. E lui aveva il dovere di darglielo, di qualsiasi cosa si trattasse. Josh era spaventato di fronte a tutte quelle responsabilità che lo avevano invaso all’improvviso e questo faceva di lui un uomo immaturo, secondo la filosofia di vita di suo padre. ‘Un uomo non ha mai paura.’ Le parole paterne gli martellavano il cranio. Ecco: ora che gli tornava in mente quel genitore che odiava tanto, un altro timore iniziava a tormentarlo: quello di diventare come lui, che non ne aveva mai capito niente di come si crescesse un figlio e che aveva passato la sua esistenza a opprimerlo con i suoi discorsi troppo maturi per un bambino di appena sei anni. No, non voleva finire come suo padre: decise che si sarebbe impegnato al massimo al fine di essere una buona guida per Victoria. In quel momento iniziò a realizzare di aver detto a Nikki delle cose 35 orribili: ‘Sarebbe stato meglio se la bambina non fosse mai nata!’. Quelle parole lo colpivano al cuore come lame affilate. Perché aveva detto una simile sciocchezza? Lui non lo pensava davvero, anzi, quella piccola era stata una vera e propria benedizione: senza volerlo lo stava spronando a diventare un uomo. Senza di lei non avrebbe mai avuto la possibilità di riscattarsi. Aveva provato per un po’ con la Marina, credendo che quel lavoro lo avrebbe reso uomo tanto quanto quei colossi nerboruti che si vedevano in TV, ma se in quel momento era ancora lì a rimuginare sulla sua infanzia bruciata, allora significava che non era servito proprio a niente. Dunque, la sua ultima possibilità era Victoria. Il primo passo per raggiungere il suo obiettivo, cioè quello di essere un buon padre per la piccola, era quello di prendersi le sue responsabilità: innanzitutto avrebbe dovuto chiedere scusa a Nikki e promettere di aiutarla a prendersi cura di Victoria, poi il resto sarebbe venuto da sé. Rimase ancora per qualche minuto immobile a fissare il soffitto, come se quell’incombente strato 36 bianco e liscio sopra la sua testa potesse dargli la forza di andare da Nikki per fare pace. Ripassò più volte mentalmente quello che le avrebbe detto una volta giunto davanti alla porta della camera: che era un idiota e che non intendeva dire quelle cose orribili. Poi l’avrebbe implorata di perdonarlo. A grandi linee in questo consisteva il suo discorso. Sembrava tutto così facile a immaginarselo, ma sapeva che una volta giunto davanti a lei quei suoi occhi di un verde-azzurro splendente lo avrebbero annientato. Sarebbe stato tutto molto più complicato di come se lo stava immaginando in quel momento, ne era certo. Si alzò dal divano. Appena fu in piedi fece tre profondi sospiri, poi si incamminò. Si fermò davanti alla porta chiusa: dall’interno provenivano dei singhiozzi soffocati. Nikki stava piangendo. Bussò. Nessuna risposta. Bussò ancora. Niente. Allora si accasciò a terra, con le spalle attaccate alla porta. “Nikki, aprimi per favore. Dobbiamo parlare.” 37 I singhiozzi che continuavano a provenire dalla stanza palesavano una risposta negativa. “Dai… non fare così… io non volevo offenderti.” continuò Josh “E non volevo neanche dire quello che ho detto sulla bambina. Sono un idiota. Un totale e completo idiota. Ti prego, perdonami.” Josh si sciolse in un pianto silenzioso, sprofondando la testa nelle ginocchia piegate vicino al petto. Non poteva sopportare che Nikki fosse arrabbiata con lui. La amava troppo, non voleva perderla per un semplice litigio. Aveva paura che lo avrebbe cacciato di casa, che la loro appassionata storia d’amore sarebbe finita così, per una lite. Mentre pensava a tutto questo, gli venne a mancare l’appoggio dietro la schiena. Si voltò per notare che la porta si era aperta. Sulla soglia Nikki aveva il volto rigato dalle lacrime e gli occhi gonfi. “Alzati.” gli ordinò, gelida. Si voltò e tornò a sedersi sul letto, prendendo la figlia tra le braccia. Josh entrò nella stanza con il cuore pesante. “Nik…” cominciò, ma subito fu interrotto. 38 “Non dire niente” esordì la ragazza mentre giocherellava con la piccola Victoria, che si divertiva a stringere il suo indice tra le piccole manine. Un lieve sorriso apparve sul suo viso quando la piccola si accucciò contro il suo petto stringendole il dito ancora più forte. Non voleva sentire la sua mamma urlare contro il suo papà. “Non mi va di mettermi a litigare di nuovo con te, specialmente davanti alla bambina.” “Questo significa che mi hai perdonato?” domandò Josh, sulle spine. “No. Non ancora. Ma direi che per adesso possiamo lasciar perdere.” “Nikki, io ho bisogno di sapere se mi ami ancora, non posso continuare a vivere con questo tormento.” Nikki sospirò. “Se qualche volta litighiamo, non vuol dire che io non ti ami più. Fa parte della vita. Tutte le coppie hanno alti e bassi.” disse, tranquilla. “E adesso esci, devo allattare la bambina.” Josh non si mosse, nonostante la richiesta della sua ragazza. Rimase pietrificato di fronte al letto con un’espressione pensierosa. “Senti, io proprio non ce la faccio a vederti arrabbiata con me” sbottò, 39 infine. “dobbiamo chiarire questa faccenda adesso.” “Non puoi pretendere che io ti perdoni immediatamente per quello che hai fatto. Puoi insultare me quanto vuoi, ma non devi azzardarti a coinvolgere Victoria. È stato questo che mi ha fatto imbestialire.” Nikki pronunciò quest’ultima frase scandendo ogni singola parola, sperando in questo modo di far sì che il concetto si cementasse nel cranio cocciuto del suo fidanzato. “Lo so, e sono davvero mortificato, credimi, io non pensavo davvero tutte quelle cose né su di te né sulla bambina. Tu sei una madre straordinaria, hai preso in mano la situazione con grande maturità e Victoria, beh, lei è stata la cosa più bella che mi potesse capitare” disse, cercando di mettere nella voce quanta più sicurezza fosse possibile esprimere. “Oltre a conoscere te, ovviamente.” aggiunse con patetico fare adulatore. Nikki non fece molta attenzione all’ultima frase e continuò con il suo gelido discorso. “Non mi piacciono le persone che dicono qualcosa e poi se ne pentono. A tutto questo dovevi pensarci prima di aprire la bocca.” 40 Fece una pausa. “Però capisco che questa non è una situazione facile e sicuramente i padri hanno bisogno di più tempo per abituarsi all’idea di avere un figlio.” “Ero spaventato, e la paura mi ha fatto dire cose che non pensavo!” Josh riversò sulla ragazza quelle parole tutte d’un fiato, credendo scioccamente che quell’impatto così veloce e violento sarebbe potuto servire a calmare la sua ira. Magari vedendo la disperazione espressa da quel fiume di parole lei lo avrebbe perdonato, pensava. Gli avrebbe fatto pena, pensava. Dal modo in cui Nikki aveva preso a torturarsi nervosamente una ciocca di capelli castani capì che quella non era la giusta strategia, anzi la stava irritando ulteriormente. Allora si avvicinò al letto e si sedette accanto a lei. “Perdonami, ti prego. Ti giuro che una cosa simile non si ripeterà mai più.” le sussurrò in un orecchio, appoggiando la testa contro la sua. Lei si accoccolò sulla sua spalla e si lasciò avvolgere in un abbraccio caldo, scoppiando a piangere. Josh la strinse a sé ancora più forte, stupito di come la dolcezza fosse riuscita più della violenza delle parole ad abbattere quel muro che si era creato tra 41 di loro. Nikki aveva solo bisogno di un abbraccio. Solo di questo. Magari non sarebbe stato così difficile fare il padre, pensò Josh, se baci e abbracci potevano risolvere ogni cosa. In fondo non sarebbe stato così diverso da quando Victoria era nella pancia della mamma. 42 Capitolo 7 Un mese più tardi… “Josh! Ti ricordo che oggi vengono a pranzo i miei genitori!” urlò Nikki dalla cucina, mentre sminuzzava i cetrioli. Josh era ancora in pigiama. “Sono quasi pronto!” strillò lui dalla stanza da letto. Si sfilò in fretta i pantaloni del pigiama e afferrò i jeans, poi si tolse la maglietta e indossò la camicia, allacciandola male. Si precipitò scalzo in cucina e baciò dolcemente Nikki sulla guancia. “Visto? Sono stato un fulmine.” disse sorridendo. Nikki appoggiò il coltello sul tavolo e si voltò verso di lui, prendendo il colletto della camicia tra le mani per sistemarlo. “Sì, però la camicia l’hai allacciata male…” gli disse dolcemente, passando un dito sopra i bottoni fino a raggiungere l’ombelico. La slacciò scoprendo il suo torace scolpito e la riallacciò correttamente. Gli rubò un bacio veloce, prima di tornare a concentrarsi sui cetrioli. Josh tornò in camera per mettersi le scarpe, fischiettando un allegro motivetto. 43 Venti minuti più tardi suonarono alla porta. Josh andò ad aprire e trovò sulla soglia Nora e Anthony Caetano. “Josh! Non mi aspettavo di vederti qui! Non dovresti essere in mare, ora?” disse Nora. Anthony salutò il ragazzo della figlia con una stretta di mano. “È una lunga storia… entrate, così vi racconto.” Josh li invitò a entrare in casa con un gesto cortese della mano. Nikki stava ancora cucinando. “Mamma, papà! Che bello avervi qui!” disse eccitata, mentre chiudeva il forno e andava verso i genitori. Li abbracciò entrambi. “Il pranzo sarà pronto a momenti. Se volete vedere Victoria è in salotto che dorme. Io vado a rendermi presentabile.” Sparì dietro la porta della stanza da letto. Anthony e Nora si diressero in salone, dove trovarono la loro nipotina addormentata tra le braccia di suo padre, seduto sul divano. Si accomodarono accanto a Josh. “Eccola la mia piccola!” esclamò dolcemente Nora, prendendo la bambina dalle braccia di Josh. “Ci dispiace così tanto di non essere potuti venire in ospedale!” Nora rivolse al marito uno sguardo insofferente. 44 “Purtroppo siamo dovuti andare a Canberra perché Tony doveva fare un accertamento.” “Lo dici come se fosse colpa mia!” sbottò l’uomo, ricambiando lo sguardo della moglie. “Non dovete preoccuparvi” s’intromise Josh, per evitare che i due si fulminassero a vicenda. Nora era innamorata della bambina e non aveva perdonato al marito il fatto di non aver potuto assistere alla sua nascita, mentre a Anthony non erano mai piaciuti molto i bambini e per questo si irritava quando la moglie lo incolpava per non aver avuto la possibilità di essere presente in quel giorno così importante. “Credo proprio che passeremo molto tempo insieme d’ora in poi! Avrete modo di conoscere bene questa piccolina!” aggiunse Josh. Victoria corrugò le labbra in un sorrisetto. I due coniugi ricambiarono il primo sorriso che la nipotina aveva rivolto loro. Dopo un quarto d’ora Nikki tornò dagli altri, che nel frattempo si erano accomodati attorno al tavolo del salotto. Indossava un cortissimo vestito di raso azzurro che lasciava la schiena scoperta e un paio di 45 scarpe bianche con il tacco. Aveva un trucco leggero: ombretto argentato e lucidalabbra rosa. I capelli sciolti le ricadevano sulle spalle nude. Josh sgranò gli occhi. “S-sei bellissima.” balbettò. Nikki sorrise imbarazzata e si sedette accanto a lui. “Quel vestito non è un po’ troppo corto, Nikki?” obiettò Anthony. “E lasciala in pace, Tony! Non è più una ragazzina!” lo ammonì Nora, dandogli una leggera spinta sul braccio. “Sei fantastica, tesoro. Non ascoltare tuo padre.” aggiunse, rivolta alla figlia. Tutti iniziarono a mangiare di gusto. Durante il pranzo Josh raccontò delle immersioni e del fatto che aveva abbandonato la Marina, suscitando il disappunto di Anthony a riguardo. “Ragazzo, tu amavi quel mestiere!” “Lo so, ma c’è qualcosa che amo di più della Marina” ribatté Josh, avvolgendo Nikki con un braccio e dandole un bacio sul collo. “e poi, io e Nikki ne abbiamo già parlato. A lei sta bene, quindi non ho bisogno di altri pareri.” 46 Anthony emise un rantolo, mascherando la disapprovazione con la scusa della tubercolosi, che si portava dietro da quando era stato in guerra, trent’anni prima. “Devo prendere le mie medicine.” brontolò ansimando. Si alzò goffamente dalla sedia e si diresse verso l’ingresso. Frugò per qualche secondo nella tasca del cappotto appeso all’appendiabiti e ne estrasse una scatolina gialla. Tornò in salotto masticando una pastiglia con aria disgustata. Una volta terminato il pranzo Josh strinse la mano di Nikki sotto il tavolo. Quando si alzò, lei gli rivolse uno sguardo interrogativo. La sentì chiaramente tremare mentre la invitava ad alzarsi e si inginocchiava di fronte a lei. Sicuramente si stava chiedendo se avrebbe davvero avuto il coraggio di farlo lì, davanti ai suoi genitori. Ebbene sì, lo avrebbe fatto. Proprio lì. Proprio in quel momento. Con una mano strinse forte la mano della sua ragazza. Con l’altra si frugò in tasca e ne estrasse una piccola scatolina rossa. Anthony e Nora erano sbalorditi. Guardavano i ragazzi senza dire una parola. 47 Neanche loro si sarebbero aspettati un gesto così romantico e allo stesso tempo coraggioso da parte di quel ragazzo. Josh fece un grande sospiro. Poi guardò Nikki dritto negli occhi e disse tutto d’un fiato: “Se vorrai accettare di sposarmi tu, Nikki, farai di me l’uomo più felice di questo mondo.” Mentre pronunciava quelle parole le infilò l’anello al dito. Era tutto d’oro, con un diamante incastonato nel centro. Nikki prese a tremare ancora più forte. Aveva improvvisamente perso la capacità di parlare. Con la mano libera si copriva la bocca semichiusa per l’emozione. Non si era resa conto che Josh stava per svenire dall’ansia di avere una risposta. “Certo! Ti sposo, Josh, ti sposo!” disse finalmente, tra le lacrime. Un largo sorriso si diffuse sul viso di Josh. Si alzò e sollevò la fidanzata facendola girare e baciandola appassionatamente. Mentre girava, Nikki gli accarezzò il viso con entrambe le mani e ricambiò il bacio, entusiasta. Una volta tornata con i piedi per terra gli sussurrò all’orecchio “ti amo” e lui rispose con un “ti amo anch’io, sei tutta la mia vita”. Le baciò il collo con molta 48 passione, facendola sorridere ma allo stesso tempo arrossire quando si accorse che Anthony e Nora li stavano guardando. “Sei un uomo coraggioso, Josh.” commentò Anthony facendo voltare il ragazzo, che ancora non la smetteva di baciare Nikki. “Io me la sarei fatta sotto al pensiero di dover fare la proposta di matrimonio a Nora davanti ai suoi.” scherzò. Tutti risero. “È stato così romantico!” aggiunse Nora, estasiata. “Non avrei potuto desiderare un uomo migliore di te per mia figlia, Josh. Si vede che siete molto innamorati.” Quel pomeriggio passò così, tra un discorso e l’altro, e presto si fece sera. I genitori di Nikki si congedarono con la promessa di tornare molto presto. Più tardi Nikki allattò Victoria e poi raggiunse Josh a letto. La casa fu avvolta dal silenzio della notte. 49 Capitolo 8 Il giorno seguente Josh uscì presto per fare immersioni. Non aveva mai perso il legame con il mare, anzi, da quando aveva lasciato la Marina si recava ogni settimana a Mission Beach per immergersi nelle acque limpide di quel luogo magico. Catturava molti pesci e a volte ne riportava qualcuno a casa, per metterlo nell’acquario che aveva allestito con tanta cura. Ormai contava quasi dieci specie diverse di pesci tra cui Lancelot, un pesce pagliaccio che Josh aveva regalato a Nikki la prima notte che aveva passato insieme a lei. Nikki era sola in casa. Quando Josh usciva lei ne approfittava per dare una bella sistemata all’appartamento, che era in condizioni pietose non tanto per il disordine dovuto alle tutine e alle copertine di Victoria, quanto per tutti i vestiti e la biancheria che Josh era solito lasciare in giro. Nikki contestava il suo disordine in continuazione, ma non c’era niente da fare: era incorreggibile. 50 La ragazza stava passando l’aspirapolvere nonostante il medico glielo avesse sconsigliato, perché era passato troppo poco tempo dal parto e aveva ancora bisogno di riposare. Lei si era rifiutata categoricamente di assumere una domestica, perché non voleva che un’estranea frugasse tra le sue cose e svolgesse i compiti di cui si sarebbe dovuta occupare lei. Entrò nella stanza da letto, spense l’apparecchio, lo appoggiò alla parete e si avvicinò alla culla di Victoria. Rimase lì per qualche minuto a guardarla dormire. Il piccolo torace della bambina si alzava e si abbassava a un ritmo costante. Le sue piccole braccia, alzate accanto al viso paffuto, terminavano con due manine minute chiuse a pugno. La testolina era girata da un lato. Il visetto era roseo, solo le guance erano appena più rosse. Nikki sorrise mentre osservava quell’esserino così piccolo e indifeso, il frutto del suo amore per Josh. Pensò che per la prima volta avevano fatto qualcosa di grande insieme: avevano fatto un figlio. Ora 51 avevano qualcosa che li avrebbe legati per sempre. Sollevò la piccola dalla culla e la strinse a sé. Si sedette sul letto e iniziò ad accarezzarle le guance calde, sorridendo. “Sei la gioia della mia vita…” le sussurrò dolcemente. La bambina non si mosse. Era ancora addormentata. Nikki se la appoggiò sul petto a pancia in giù, in modo che potesse sentire il battito del suo cuore. Aveva letto su una rivista che quel gesto faceva sentire i neonati come se fossero ancora nella pancia della mamma e li tranquillizzava. Si stese sul letto e si addormentò con il calore del corpicino della bambina, a contatto con il suo petto, che s’irradiava in ogni arto. Percepiva il fiato caldo della piccola sul suo collo e quella sensazione, inspiegabilmente, la faceva stare bene. Ogni tanto un piedino si muoveva scivolando sulla sua pancia, quasi facendole il solletico. Quando questo accadeva, Nikki spostava la mano prima delicatamente adagiata sulla schiena della bimba e afferrava il piedino che si era mosso, accarezzando la pianta con il pollice e avvolgendo il dorso con le altre 52 quattro dita. La piccola emetteva un gemito di disapprovazione, suscitando in Nikki una risatina, poi sprofondava di nuovo tra le braccia di Morfeo. Da quando era nata Victoria Nikki non aveva mai dormito veramente, entrava più in una sorta di dormiveglia che le permetteva di vigilare sempre sulla sua bambina. Qualche volta, però, le capitava di assopirsi. A un tratto si sentì soffocare. Percepì una mano stringersi attorno alla sua bocca e un’altra strapparle la bambina dalle braccia. Cercò di urlare, ma quella mano la stringeva troppo forte. Vide Victoria ricadere sul letto dopo un lungo balzo e scoppiare a piangere. Il cuore le saltò in gola. La mano che si era liberata della bambina le puntò una pistola alla testa e l’altra, con uno strattone, la costrinse ad alzarsi. “Chi si rivede!” ringhiò una voce maschile che a Nikki sembrò molto familiare “Nikki Caetano e tutta la sua prole! Ma che bel quadretto familiare, mi dispiace così tanto mandarlo in frantumi!” 53 Nikki cercò di dire qualcosa di molto simile a “Campbell Fulton!”, ma le fu impossibile perché la mano dell’uomo era ancora avvolta attorno alla sua bocca. “Indovinato, dolcezza! Ero venuto a regolare i conti con il tuo fidanzatino ma, visto che non è ancora tornato, credo che intanto mi divertirò un po’ con te!” La bloccò sul letto e iniziò a baciarla. Nikki era impotente. Fulton la teneva stretta a lui e non le dava il tempo di respirare per chiamare aiuto. Fulton era un agente federale. L’anno prima era salito a bordo della Hammersley per collaborare con l’equipaggio nella ricerca di una barca che praticava pesca illegale. Appena aveva visto Nikki se ne era perdutamente innamorato, tanto da diventare praticamente matto. O meglio, quello non era esattamente amore: era più che altro attrazione fisica. Un giorno, spiandola, aveva scoperto la sua storia d’amore con Josh. Da quel momento aveva iniziato a molestarla chiedendole moltissimi soldi in cambio del silenzio. Una volta aveva perfino abusato fisicamente di lei. Aveva anche provocato Josh e la questione era finita con una rissa, culminata nel tentativo 54 da parte di Fulton di ucciderlo. Il fatto che Josh si fosse salvato Fulton non lo aveva mai accettato - un po’ perché avrebbe potuto denunciarlo, e un po’ perché era geloso del suo rapporto con Nikki - e da quel giorno aveva giurato di terminare ciò che aveva lasciato in sospeso. Era completamente ossessionato da Nikki e la voleva tutta per sé. Improvvisamente Fulton alzò la testa e tappò la bocca della ragazza con la mano. Dall’ingresso proveniva il rumore di una chiave che girava nella serratura e di una porta che si apriva. “Sta’ zitta e vieni con me.” bisbigliò a Nikki. La tirò su dal letto con uno strattone e cominciò a camminare verso l’ingresso, tenendola stretta a sé. La mano sinistra dell’uomo era serrata sulla bocca di Nikki e la destra brandiva la pistola. Nikki stringeva il braccio sinistro di Fulton con entrambe le mani. Sentiva il contatto tra la sua schiena e il torace muscoloso dell’uomo e questo la faceva rabbrividire. “Sono a casa!” annunciò Josh dall’ingresso. Appoggiò a terra il kit per le immersioni e avanzò verso la stanza da letto. Si fermò a 55 metà strada, quando vide Fulton che teneva bloccata la sua ragazza e le puntava la pistola alla testa. “Tu! Che ci fai qui?” ringhiò, piantando gli occhi furiosi in faccia all’uomo che stringeva tra le braccia la sua futura moglie. “Sono venuto a finire quello che avevo lasciato in sospeso un anno fa.” disse Fulton, calmo. “E non ti dispiacerà, vero, Holiday, se nell’attesa mi sono intrattenuto un po’ con la tua fidanzatina…” aggiunse, avvicinando il viso a quello di Nikki. A Josh ribollì il sangue nelle vene. “Sei un lurido verme!” sbraitò contro Fulton. La presenza di Nikki tra le sue braccia lo trattenne dal mettergli le mani al collo. “Oh oh, siamo un po’ nervosetti, eh?” lo prese in giro lui. Josh si rivolse a Nikki, avvicinandosi a lei e accarezzandole la testa. Fulton lo lasciò fare. “Che cosa ti ha fatto? Ti ha toccata? Ti ha baciata?” le chiese. Nikki cercò di parlare, ma Fulton strinse più forte la mano attorno al suo viso. “Non ha opposto resistenza, anzi, era molto contenta…” disse l’uomo al posto suo. 56 “Si può sapere che cosa vuoi?” sbraitò Josh. Gli occhi rischiavano di saltargli fuori dalle orbite per la rabbia. “Ti voglio morto!!!” strillò Fulton, scaraventando Nikki in un angolo e avventandosi su Josh. Gli diede un pugno in un occhio, che lo fece traballare. Subito dopo essersi ripreso Josh gli serrò le mani attorno al collo e lo spinse all’indietro, fino a schiacciarlo contro la parete. Una vena si gonfiò sulla fronte di Fulton. Con uno sforzo immane si liberò dalla stretta e colpì di nuovo il suo avversario, al ventre. Josh si piegò in avanti e sputò del sangue. “Siamo debolucci, Holiday? Che cosa se ne fa Nikki di una femminuccia come te?” lo schernì Fulton. Josh ripartì all’attacco ma Fulton lo precedette, afferrandolo per un braccio e bloccandolo a terra. La pancia del ragazzo era schiacciata sul pavimento e questo gli impediva quasi di respirare. “Stavolta giuro che ti ammazzo.” gli sibilò, avvicinando la bocca al suo orecchio. Josh non riusciva a ribattere sotto il suo peso. 57 Nikki intanto piangeva rincantucciata vicino al tavolo. Josh girò la testa verso di lei e si sentì terribilmente in colpa vedendola così spaventata. Se non fosse uscito di casa per andare a fare immersioni non sarebbe successo nulla di tutto ciò. Non voleva morire senza aver dato un ultimo bacio alla sua dolce metà. Anzi, non voleva proprio morire così giovane. Raccolse tutte le sue forze e tentò di girarsi su un fianco, in modo da poter respirare. Ci riuscì e Fulton scivolò a terra, accanto a lui. Prima che potesse muoversi Josh lo afferrò per il colletto della maglia e lo tirò su. Gli mise di nuovo le mani al collo e lo spinse verso il tavolo. Fulton lo urtò violentemente. In quello stesso istante il rumore di uno sparo echeggiò in tutta la casa, facendo tremare le finestre. La presa attorno al collo di Fulton si allentò. Gli occhi di Josh divennero vitrei. Lentamente il ragazzo appoggiò le mani sull’addome e quando le allontanò, le vide piene di sangue. Si accasciò a terra sotto lo sguardo inorridito di Nikki. “JOSH!” Nikki si precipitò accanto a lui e gli prese la mano, sporcandosi con il suo sangue. “Josh, 58 non mi lasciare, ti prego… Victoria non può crescere senza suo padre e io non posso vivere senza di te, non dopo tutto quello che abbiamo dovuto passare per arrivare fin qui… fallo per noi, Josh, apri gli occhi!” Accarezzò il suo viso, supplicandolo più volte di svegliarsi. Rimase vicino al suo corpo immobile a piangere per alcuni minuti. Lo toccava, lo baciava, lo accarezzava ma niente, non apriva gli occhi. Deglutì, poi si girò verso Fulton: “Tu! Bastardo! Lo hai ammazzato!” gridò, aggrappandosi alla gamba dell’uomo in piedi di fronte a lei e conficcando le unghie nella pelle scoperta del polpaccio. Fulton non mostrò alcuna pietà per quella giovane donna. Prima la guardò con ribrezzo, poi se la scrollò di dosso dandole un calcio nelle costole. Nikki emise un gemito e ricadde a terra accanto a Josh, svenuta per il dolore. Quella scena era raccapricciante ma tenera allo stesso momento: i due ragazzi, privi di sensi e immersi nel sangue, si tenevano per mano e lottavano insieme contro la morte. 59 Capitolo 9 Sydney General Hospital-Stanza di Nikki Nora accarezzava la testa di sua figlia con le lacrime agli occhi. Guardava il suo piccolo angelo addormentato in quel letto d’ospedale, immobile, con il tubo dell’ossigeno che le fuoriusciva dal naso. La stanza era immersa nel silenzio, rotto soltanto dai singhiozzi della donna e dal suono ritmico di un macchinario che misurava il battito cardiaco. “Mmmmh…” Nikki si stava svegliando. Cercò di muovere la testa prima a sinistra, poi a destra verso la madre che era seduta su una poltroncina di fianco al suo letto. Vedeva sfocato, come se tutto ciò che era intorno a lei fosse un quadro dipinto con tempera fresca e la pioggia ci stesse cadendo sopra mescolando i colori, disperdendo e deformando gli oggetti. Aveva l’impressione di essere andata in letargo e di aver rivisto la luce soltanto molti mesi dopo essersi addormentata. “Dove sono?” chiese più alla stanza che alla madre. Teneva gli occhi 60 semichiusi perché la luce del neon appeso al soffitto, resa ancora più forte dal riflesso sulle pareti bianche della camera, le dava fastidio. “Sei in ospedale, tesoro.” rispose la madre, sorridendo tristemente. “Quando la polizia mi ha chiamata e mi ha messa al corrente dell’accaduto sono quasi svenuta!” “La polizia?” domandò Nikki, con la voce rauca. “I vicini hanno sentito delle urla e uno sparo e hanno chiamato le forze dell’ordine,” spiegò Nora “che a loro volta hanno avvertito me e tuo padre.” Nikki portò lentamente una mano sulla pancia, ma non arrivò mai a toccarla. Qualcosa di duro glielo impediva. Era un busto di gesso. Le tornarono in mente lo sguardo folle di Fulton e il calcio che le aveva dato. “Te la senti di spiegarmi cosa è successo?” le chiese cautamente la madre. La ragazza sospirò. “Ero sola in casa con la bambina.” cominciò. “Mi sono addormentata un attimo e ho sentito la mano di un uomo che mi afferrava.” “Un uomo? Lo hai visto in faccia?” 61 “Era Fulton. È follemente innamorato di me ed è determinato più che mai a eliminare tutti gli ostacoli che possano impedirgli di avermi tutta per lui.” “Beh, questo non lo chiamerei proprio amore… lo chiamerei più ossessione…” obiettò Nora. “Fulton voleva uccidere Josh.” aggiunse Nikki. Una lacrima le bagnò la guancia. “E credo che stavolta ci sia riuscito.” “No, Josh è ancora vivo.” la rassicurò la donna. “Lo stanno operando d’urgenza perché il proiettile ha scalfito l’aorta addominale. Se la caverà, vedrai.” “L’ho visto cadere davanti a me in un lago di sangue!” gridò Nikki tirandosi violentemente su a sedere, come se si fosse appena svegliata da un incubo. Una fitta le attraversò il fianco, facendola urlare di dolore. “Adesso calmati, tesoro. T’informo che hai tre costole fratturate.” disse la madre, tentando di riportarla in posizione supina. “A proposito… come è successo? Sei rimasta coinvolta nella colluttazione tra Josh e Fulton?” 62 “No, ho semplicemente insultato Fulton per aver sparato a Josh e lui mi ha presa a calci.” spiegò Nikki mentre si sistemava di nuovo a letto. “Quell’uomo è senza pietà. Prendersela con una donna! Roba da matti!” esclamò Nora, scuotendo la testa con aria indignata. Nikki riportò il discorso su Josh. Non voleva che la madre iniziasse uno dei suoi soliti discorsi femministi. Non era il caso. “Mamma… Josh non può morire, non può lasciarmi così!” I suoi occhi diventarono di nuovo lucidi. “Josh non morirà. È un ragazzo forte, sono sicura che se la caverà.” disse Nora, cercando di trattenere le lacrime. Per la prima volta in vita sua non era sicura di quello che stava dicendo. In quel momento bussarono alla porta. “Avanti!” ordinò Nikki, tentando di camuffare la voce in modo da non far capire che aveva pianto. Entrò Anthony Caetano. In braccio teneva Victoria, addormentata. “La mia bambina!” esclamò Nikki, scoppiando di nuovo a piangere. Anthony gliela porse. “Ciao, amore mio…” sussurrò la 63 ragazza, accogliendo la figlia tra le sue braccia. “Quando siamo entrati in casa l’abbiamo sentita piangere e l’abbiamo trovata in camera da letto.” disse Anthony. “L’ho fatta vedere da un pediatra, per sicurezza.” “Hai fatto bene, papà. Fulton l’ha maltrattata.” “L’ha maltrattata? Che cosa le ha fatto?” chiese Nora, scioccata. Anthony era ancora più allibito di lei, oltre che per la brutalità dimostrata dall’uomo nei confronti della piccola, anche per la rivelazione dell’identità del colpevole, che fino a quel momento gli era rimasta sconosciuta. “Me l’ha strappata dalle braccia e l’ha buttata sul letto.” spiegò Nikki. Gli occhi le si inumidirono mentre ripensava a quel momento. “Quell’uomo è pazzo. Se solo l’avessi trovato in casa quando sono arrivato, gli avrei spaccato tutte le os…” Anthony non riuscì a terminare la frase a causa di un violento colpo di tosse che gli salì su per la trachea quasi soffocandolo. “Stai calmo Tony, a lui penserà la giustizia. Tra poco due poliziotti verranno qui per 64 ascoltare le testimonianze e poi inizieranno le ricerche.” disse Nora. “Ora che ci penso, come è riuscito Fulton a entrare in casa?” chiese poi la donna, dubbiosa. “Credo che sia riuscito ad aprire la finestra dall’esterno.” ipotizzò Nikki con indifferenza, mentre si sistemava di nuovo supina a letto e appoggiava Victoria sul suo petto, rassicurandola della sua presenza con un bacio sulla testolina pressoché calva. Nora annuì tristemente, con gli occhi fissi su un cumulo di polvere che si era depositato accanto a un piede del letto. “Andiamo a vedere Josh, adesso. Così Nikki può riposare un po’.” disse dopo una decina di secondi, distogliendo improvvisamente lo sguardo dal mucchietto scuro e informe che era stato oggetto della sua curiosità fino a quel momento e guardando il marito. “D’accordo.” assentì Anthony. I due coniugi si avviarono verso la porta. “Portatemi notizie di lui.” disse Nikki con lo sguardo basso e gli occhi ancora lucidi. 65 Stanza di Josh Anthony e Nora guardavano nella stanza dal grande vetro vicino alla porta. Sul letto giaceva il corpo di Josh, attaccato a un’innumerevole serie di macchinari che emettevano dei suoni. “E se non dovesse farcela, come lo diremo a Nikki?” domandò Anthony, preoccupato. “Non devi dirlo. Lui ce la farà.” disse Nora con tono duro. Distolse lo sguardo dal vetro ed entrò nella stanza. Si sedette accanto a Josh e gli prese la mano. “Josh, sono Nora…” sussurrò. “Devi riprenderti, hai capito? Devi farlo per tutti noi, ma soprattutto per Victoria e per Nikki. Lei ti ama moltissimo e morirebbe senza di te.” La donna si abbassò e baciò la fronte del ragazzo. “Lei è la signora Holiday?” domandò una voce alle sue spalle. Un medico entrò nella stanza. “Io sono il dottor Schmidt.” si presentò. “Sono la signora Caetano, la madre della fidanzata di Josh. I suoi genitori non sono potuti venire a trovarlo.” rispose Nora. 66 “Allora suppongo di poter parlare con lei delle condizioni del paziente.” disse il medico. “Certamente. Mi dica pure.” “Il mio collega chirurgo dottor Benson le avrà sicuramente detto che il proiettile ha scalfito l’aorta addominale.” “Sì.” “Bene, in questi casi i pazienti raramente sopravvivono all’operazione.” A quelle parole Nora ebbe un tonfo al cuore. Nei suoi occhi si affollarono copiose le lacrime. Aveva paura di fare quella domanda, ma sentiva il bisogno crescerle nel petto fino quasi a spaccarglielo. “Intende dire che morirà?” chiese con un filo di voce dopo una lunga pausa di riflessione. Il medico sorrise. “Le possibilità di sopravvivenza per un paziente in queste condizioni sono molto remote, ma non totalmente nulle. Josh ha reagito bene all’operazione. È stato molto fortunato.” Un largo sorriso si diffuse sul viso di Nora, come l’arcobaleno che spunta dopo la pioggia. “Quindi se la caverà?” domandò, in cerca della conferma di cui aveva tanto bisogno. 67 “Credo proprio di sì.” Dopo aver riferito al marito ciò che aveva detto il medico, Nora corse nella stanza di Nikki per dare anche a lei la buona notizia. La trovò seduta sul letto a giocare con la figlia. “Ti vedo meglio.” le disse. “Infatti sto molto meglio.” “Starai ancora meglio dopo aver sentito quello che ho da dirti.” “Di che si tratta?” “Di Josh. Il medico mi ha appena detto che l’operazione è andata bene. Non è più in pericolo di vita.” Le labbra di Nikki si incurvarono in un enorme sorriso, forse il primo di quelle ultime ventiquattro ore. Lacrime di gioia bagnarono il suo viso. “Meglio lacrime di gioia che di dolore!” disse Nora sorridendo. Si sedette sul letto accanto alla figlia e le prese il viso tra le mani. “D’ora in poi voglio vederti sempre così.” le sussurrò mentre le dava un bacio sulla guancia bagnata. “Su un letto d’ospedale?” scherzò Nikki. 68 “No. Felice. D’ora in poi voglio vederti sempre felice.” 69 Capitolo 10 Nikki si alzò di scatto dal letto, trasferì la bambina nelle braccia di Nora e andò verso la porta, camminando a fatica a causa dell’ingessatura. “Dove vai?” le chiese la madre, preoccupata. “Non puoi lasciare la camera!” “Vado a vedere Josh.” rispose Nikki, scomparendo dietro la porta. Nora non ebbe il tempo di fermarla. La stanza di Josh era immersa nel buio. Soltanto un leggero bagliore penetrava all’interno, dalla vetrata. Quando Nikki aprì la porta, un fascio di luce illuminò parte del letto e del pavimento e si spense subito dopo che la ragazza ebbe chiuso la porta. Nikki si avvicinò al letto di Josh e si sedette accanto a lui. Gli prese una mano e se la appoggiò sulle gambe, stringendola forte. Non disse nulla: le bastava guardare il suo uomo e sapere che presto avrebbe riaperto quei suoi bellissimi occhi azzurri, per sentirsi subito meglio. Sorrideva mentre lo guardava dormire come un angelo, con la testa bionda affondata nel cuscino. Passò 70 una mano tra i suoi ricci e poi la appoggiò sul suo viso, in una tenera carezza. Restò con lui per un quarto d’ora. Ancora non riusciva a credere a quello che le aveva detto sua madre: Josh era fuori pericolo. Quando lo aveva visto in un lago di sangue aveva creduto che non ci fosse più niente da fare, ma il destino aveva deciso diversamente. E così eccola lì, in quella stanza d’ospedale, ad attendere il suo risveglio. Nikki si avvicinò al viso di Josh e lo baciò sulle labbra fredde. Poi scostò i capelli dal suo orecchio e gli sussurrò “Ti amo.” Mentre usciva dalla camera incontrò il dottor Schmidt. “Lei dovrebbe essere a letto, non girovagare per tutto l’ospedale.” l’ammonì l’uomo. “Sono venuta a vedere Josh. L’ospedale giustificherà un gesto d’amore, spero.” scherzò Nikki. Il medico rise. “Che sia la prima e l’ultima volta, ok?” “D’accordo!” rise Nikki. “Stia tranquilla, tra una settimana al massimo si sveglierà.” cercò di rassicurarla il dottor Schmidt. Nikki sgranò gli occhi, 71 stupita. “Solitamente l’arco di tempo che un paziente sottoposto a questa operazione impiega per svegliarsi è piuttosto lungo. È normale che stia ancora dormendo.” aggiunse il medico, vedendo l’espressione sgomenta della ragazza. Nikki sorrise in segno di approvazione, rasserenandosi. “Adesso torni nella sua stanza.” le ordinò il medico, con un tono tra l’autorevole e l’amichevole. “L’accompagno.” 72 Capitolo 11 Nikki venne dimessa una settimana più tardi, mentre Josh rimase in ospedale per tutto il mese. Durante il periodo di separazione dal fidanzato la ragazza ne sentì moltissimo la mancanza, per questo cercò di andare spesso a trovarlo. Nel corso della prima settimana erano stati insieme in ospedale ma Josh non si era svegliato. Nikki aspettava con ansia il momento in cui avrebbe potuto parlargli di nuovo per chiarire molte cose. Si recò in ospedale tre giorni dopo essere stata dimessa. Josh era nella sua stanza, seduto a letto, con la schiena appoggiata alla spalliera. Sorseggiava una tazza di tè. Appena la ragazza entrò le rivolse un grande sorriso. “Da quanto sei sveglio?” gli domandò lei, sorridendo a sua volta. “Due giorni, credo.” Nikki avanzò a fatica verso il letto di Josh e si sedette accanto a lui. Notò che il ragazzo la guardava incuriosito. “Perché mi guardi così?” gli chiese. “Hai ingoiato un manico di scopa?” scherzò lui. Nikki sollevò la camicetta, scoprendo 73 l’ingessatura. Il sorriso sul volto di Josh si spense all’istante. “Che cosa ti è successo?” domandò, pallido in viso. “Subito dopo averti sparato, Fulton mi ha dato un calcio.” spiegò Nikki, diretta. Nel parlare fissava un punto scuro sul pavimento bianco, come se fosse in trance. “Ho tre costole rotte.” aggiunse, girando lentamente la testa verso Josh ma continuando a guardare in basso, senza il coraggio di incontrare lo sguardo del ragazzo. Josh allungò una mano tremante per la rabbia verso il fianco di Nikki, ma il gesto si esaurì a metà strada. La mano ricadde inerte sulle coperte. Josh apriva e chiudeva la bocca, come per dire qualcosa. Ma le parole non uscivano. Nikki pose fine al suo boccheggiare con un commento rassicurante: “Adesso sto bene.” Scandì quelle parole come fossero le ultime che avrebbe pronunciato nella sua vita e nel farlo prese la mano di Josh e la strinse forte. “Mi dispiace di non essere stato capace di proteggerti…” sussurrò flebilmente il ragazzo, con una punta di vergogna nella voce. “Mi dispiace che ci sia finita dentro 74 anche tu. Era un regolamento di conti tra me e lui, tu non c’entravi.” “Non devi scusarti. Se ora siamo ridotti così la colpa è soltanto di una persona, e tu sai bene di chi. Adesso devi pensare a riposare perché ti voglio fuori di qui al più presto! Mi manchi…” “Anche tu mi manchi… però devo ammettere che al quarto piano c’è una vecchietta molto sexy che negli ultimi giorni mi ha tenuto una piacevole compagnia…” scherzò Josh. Era un trucchetto che usava sempre con Nikki per farla arrabbiare. Adorava vederla diventare paonazza, inarcare le sopracciglia in modo strano e assumere un tono di voce più acuto del normale. “Ah, davvero?” disse Nikki, facendo l’offesa. “Allora credo che dovrò venire a trovarti più spesso…” Risero entrambi. “Lo sai che sei l’unica donna della mia vita.” si affrettò ad aggiungere Josh. “Eccetto Victoria, ovviamente…” Nikki rise. “Sai, ieri mentre stavo usando il computer ho trovato una tua foto in divisa. Victoria era tra le mie braccia e avresti dovuto vedere come si è agitata quando ti 75 ha visto! Ha iniziato a battere le manine e ad allungarle verso lo schermo nella speranza di poterti toccare… manchi molto anche a lei.” “È stata lei a darmi la forza per risvegliarmi. Non volevo che crescesse senza un padre.” Josh abbassò lo sguardo per non vedere gli occhi lucidi di Nikki. “Ho temuto di averti perso.” disse la ragazza con voce strozzata. “Vederti cadere a terra in un lago di sangue è stato un incubo, il peggiore della mia vita. I medici inizialmente avevano detto che le tue condizioni erano molto gravi. Le speranze di salvarti erano poco più di un granello di sabbia in un deserto.” “Ma adesso sono qui, no? È questo che conta.” La ragazza annuì con un leggero sorriso. La paura era ancora visibile nei suoi occhi. Josh accarezzò la guancia di Nikki con le nocche e lei chiuse gli occhi per assaporare meglio tutta la dolcezza di quel gesto. Anche se erano stati lontani solo per qualche giorno, le erano mancati quei momenti così intimi in cui si era sentita sempre più sicura di aver scelto l’uomo giusto con cui passare 76 il resto della sua vita. E lo aveva capito da un semplice gesto, da una carezza, che Josh sarebbe stato in grado di capirla nella sua estrema complessità. Sì, perché le sue carezze erano diverse da quelle degli altri uomini: dicevano “io ti amo e continuerò a farlo, anche quando tu non mi vorrai.”. Le carezze degli altri invece dicevano “lo faccio per tenerti buona, perché so che in questo modo farai tutto ciò che voglio.” Erano dei gesti superficiali che miravano al piacere fisico con lo scopo di soggiogare la mente. Le carezze di Josh invece arrivavano all’anima, la riscaldavano, la proteggevano. Erano speciali, cariche di un messaggio d’amore che soltanto Nikki sarebbe stata capace di accogliere perché diretto solo a lei e a nessun’altra donna. Aveva l’impressione che quella carezza si stesse espandendo in tutto il suo corpo, sentiva le mani di Josh correrle dolcemente lungo la schiena, nonostante l’ingessatura. Si accoccolò sul letto accanto a lui, circondata dalle sue braccia. Josh le baciava il collo. Nikki appoggiò il palmo della mano sulla guancia del ragazzo per avvicinarlo ancora a sé. Dopo una mezz’oretta passata a coccolarsi i 77 due ragazzi si addormentarono fino al mattino seguente. 78 Capitolo 12 Due mesi più tardi, sia Josh che Nikki erano di nuovo a casa. Era un pomeriggio di gennaio* e i caldi raggi del sole entravano dalla finestra della stanza da letto, s’infiltravano attraverso le tende arancioni e illuminavano tutta la stanza dipingendola dello stesso colore delle tende. Josh e Nikki erano distesi sul letto, immersi in quell’atmosfera così calda che toglieva loro le forze e il respiro. Josh si girò a fatica su un fianco, in modo da poter vedere il profilo filiforme della sua ragazza che giaceva inerte accanto a lui, con una mano appoggiata sul ventre. Lo vedeva alzarsi e abbassarsi ritmicamente, un po’ come le onde. Quelle increspature della superficie marina gli avevano sempre dato sicurezza, perché lo facevano sentire certo che il mare fosse vivo. E tutto ciò che era vivo per lui era una certezza. Da bambino era convinto che anche il mare avesse un’anima e un cuore, proprio come tutto ciò che possiede il dono della vita. Con il passare degli anni quella convinzione era svanita, ma la 79 sensazione di sicurezza provocata dalle onde era rimasta, inspiegabilmente, quasi fosse un’abitudine. Si era abituato a vederlo così il mare, come un’immensa distesa d’acqua sulla cui superficie si muovevano onde che trasportavano sicurezza. La sua sicurezza. E, si sa, le abitudini prese sin da piccoli sono difficili da cambiare. Ma lui non voleva cambiarla, questa. Dopo più di vent’anni si ritrovava immerso nei suoi ricordi di bambino, il mare, che lo aveva accompagnato praticamente da quando era nato, suo padre che gli diceva “Josh, il mare non è vivo, ciò che ci vive dentro lo è” e lui che si ostinava capricciosamente a sostenere la sua tesi. Più per contraddirlo, che per il fatto che ci credesse veramente. Non aveva mai avuto un buon rapporto con suo padre. Da quando Josh aveva compiuto gli anni sufficienti per poter intendere e volere, quell’uomo aveva cercato in tutti i modi di mozzargli le ali. Le ali della fantasia. Era sempre stato contrario alle fantasticherie, diceva che “il vero motore dell’uomo è la ragione” e nessuno osava contraddirlo, nemmeno sua madre. Certo, forse era vero quello che diceva ma non 80 capiva che, a sei anni, Josh era solo un bambino e lo sarebbe stato ancora per molto tempo. E se anche il vero motore dell’uomo fosse stata la ragione, quello dei bambini era sicuramente la fantasia. Anzi, forse un po’ di fantasia c’era anche nel mondo degli adulti. Se quel torace che Josh fissava ormai da qualche minuto aveva le stesse movenze delle onde e apparteneva a qualcosa di vivo, allora anche il mare in un certo senso era vivo. In fondo quel Josh bambino aveva ragione, pensava, pieno di orgoglio. Improvvisamente ebbe un sussulto, come se stesse ritornando di colpo alla realtà. Ma che diavolo gli passava per la testa? Il mare era vivo? Come poteva un ammasso di acqua essere vivo? Probabilmente quell’idea folle era soltanto il frutto di un’allucinazione dovuta al caldo che faceva ancora in quella stanza, nonostante il sole fosse già tramontato. Però quel giorno si sentiva inspiegabilmente strano, avvertiva un peso in fondo allo stomaco. Non era solo il caldo che portava con sé pensieri illogici a turbarlo, c’era qualcos’altro, lo sentiva. Uscì in balcone per prendere una boccata d’aria. 81 Aveva cominciato a soffiare un venticello fresco che portava con sé il profumo aspro delle rose del giardino. Josh si riempì i polmoni di quell’essenza magica, chiudendo gli occhi per qualche secondo in modo da assaporarla meglio. Rimase lì, immobile, con le braccia incrociate appoggiate alla ringhiera di ferro battuto a guardare il fumo che usciva dai comignoli delle case vicine. Più lontano, a qualche centinaio di metri da lui, c’era una collinetta che la mattina risplendeva di un verde smeraldo e che invece in quel momento era di una tinta che dava più sul nero, la cui uniformità era spezzata soltanto dal movimento di qualche filo d’erba che danzava sospinto dal vento. Si era promesso di portarci Victoria a giocare, quando fosse diventata un po’ più grande. Per ora la mamma se la teneva stretta sotto le sue ali da chioccia, e faceva bene. Il sole spariva dietro la collinetta ogni sera, diffondendo i suoi ultimi raggi tra le nuvole scure e filamentose. L’arancione del cielo creava un bel contrasto con il grigio cupo delle nuvole, pensava Josh. Avrebbe voluto regalare a Nikki un mazzo di fiori di quegli stessi colori, ma poi ci ripensò, 82 costatando che il grigio non fosse proprio un bel colore per dei fiori da regalare alla propria ragazza. Si stupiva di come tutto si trasformasse di notte, le piante diventavano oscuri fantasmi illuminati dalla luce sinistra della luna, le case prendevano le sembianze di enormi teste dagli occhi brillanti e quella collinetta sulla quale i suoi occhi indugiavano ogni giorno diventava la pancia di un gigante addormentato, i cui contorni nitidi e tondeggianti erano scanditi dalla luce della luna. Ora che suo padre non gli stava più col fiato sul collo poteva abbandonarsi a qualche fantasticheria ogni tanto, considerò. Mentre era immerso nella sua infinità di pensieri, sentì la finestra aprirsi e subito dopo delle braccia cingergli la vita. “Che cosa ci fai qui?” gli chiese Nikki, da sopra la sua spalla. “Guarda che s’è fatto notte.” “Pensavo.” rispose lui, facendo scorrere lo sguardo lungo tutto il paesaggio, da sinistra verso destra. Quella sensazione di turbamento ancora non lo abbandonava. “A cosa?” 83 “A quanto incredibilmente ami te e la nostra bambina.” disse Josh, voltandosi e sorridendo alla sua ragazza. Non voleva metterla in ansia con i suoi stupidi complessi. *gennaio: in Australia le stagioni sono invertite rispetto all’Italia, in quanto essa si trova nell’emisfero sud della Terra. Quindi a gennaio è estate. 84 Capitolo 13 Il giorno seguente non era luminoso quanto il precedente, il cielo era coperto da uno spesso e compatto strato di nuvole di un grigio uniforme, che a Josh dava un implacabile senso di claustrofobia perché si sentiva come prigioniero in una gabbia fatta di vapore condensato. Nikki era ancora a letto. Da quando Josh era tornato a casa dall’ospedale se la stava prendendo comoda, sapendo che c’era qualcuno a badare alla casa. La sua tranquillità non durò a lungo, perché fu svegliata dal pianto della bambina che chiedeva di mangiare. Era cresciuta la piccola, ora non aveva più quel colorito paonazzo che l’aveva caratterizzata durante le prime settimane di vita. E aveva anche un’espressione molto più rilassata e serena, che aveva sostituito quella corrucciata di quando era appena nata. Le sue guance erano diventate ancora più cicciottelle e il papà si divertiva molto a prendergliele tra l’indice e il medio in un pizzicotto affettuoso, che tuttavia lei non gradiva 85 molto. Quella mattina, mentre Victoria giocava sul lettone con un sonaglio a forma di Winnie The Pooh, Josh si era avvicinato di soppiatto e si era seduto accanto a lei. La piccola aveva immediatamente abbandonato il ninnolo per puntare i suoi occhioni azzurri sul padre, in una disperata richiesta di essere presa in braccio. Victoria adorava Josh. Ogni sera voleva che fosse lui a metterla a nanna e se la mamma provava a sostituirlo in quel rito ormai sacro cominciava a strillare come una matta finché il papà non l’accoglieva tra le sue braccia e aspettava che il pianto si disperdesse nella sua maglietta. Josh sorrise a quello sguardo così supplichevole e l’accontentò, sollevandola dal copriletto e appoggiandola sulle sue gambe. Victoria continuava a guardarlo estasiata. Lui le fece il solletico sulla pancia e la bimba prese a scalciare e a ridere emettendo dei gridolini strozzati. Anche a Josh venne da ridere. In quel momento entrò Nikki, avvolta in un asciugamano. “Ha mangiato?” le domandò Josh, indicando la piccola che si dimenava ancora tra le sue braccia. 86 “Sì.” fece Nikki, cercando di non incrociare lo sguardo del ragazzo. Le sue guance avvamparono. “Oh, giusto, scusami.” si affrettò a dire Josh. A Nikki non era mai piaciuto spogliarsi in sua presenza. “Grazie.” Nikki gli rivolse un sorriso imbarazzato mentre lo guardava uscire dalla camera con la figlia accucciata sulla spalla. Squillò il telefono e Josh andò a rispondere. Era Nora e sembrava molto agitata. “Pronto? No, Nikki è occupata in questo momento…certo, glielo dirò io.” ci fu un attimo di silenzio. “C-cosa?” Quando Josh riattaccò si accorse che la sua mano tremava. Aveva gli occhi spalancati e le labbra leggermente socchiuse. La notizia lo aveva scioccato. Raggiunse a tentoni il divano e si sedette, appoggiando Victoria accanto a lui. La piccola si girò su un fianco, con il viso rivolto verso lo schienale, e si addormentò. Josh rimase seduto per qualche minuto con il busto piegato in avanti e la testa tra le mani. Nel frattempo Nikki aveva terminato di vestirsi ed era 87 entrata in salotto con passo leggero e veloce. “Josh, se vuoi possiamo portare la bambina…” il resto della frase si spense sulle sue labbra. “Che succede?” chiese, preoccupata. “Siediti.” “Che cos…” “Siediti.” ribadì Josh, appoggiandosi allo schienale e continuando a guardare fisso davanti a sé. “Dobbiamo parlare.” Nikki obbedì. Prese la bambina e la adagiò nella culla accanto al divano, poi si accomodò vicino a Josh. “I ‘dobbiamo parlare’ non portano mai niente di buono” disse, come parlando tra sé e sé. “Veniamo subito al dunque. Mi vuoi lasciare?” domandò, con una punta di amarezza nella voce. Le lacrime erano già pronte a sgorgare. “Nik…” Josh cercava di dire qualcosa, ma lei non gli lasciava il tempo di parlare. “Vuoi abbandonare me e nostra figlia?” continuò Nikki in tono lacrimoso. “Nik…” “Da quanto stai con lei, eh?” il tono di voce della ragazza stava diventando sempre più 88 alto. Si alzò in piedi di scatto, guardando Josh furiosamente. “Nik…” lui riprovò a prendere la parola ma Nikki lo interruppe di nuovo. “Non mi importa di quello che dirai, non c’è giustificazione per quello che stai facendo!” “Ascoltami…” La ragazza perse completamente le staffe e iniziò a urlare contro Josh, dimenticandosi completamente della bambina addormentata a pochi passi da lei. “Sei un bastardo! Un porco! Sei un donnaiolo senza scrupoli, come potevo aspettarmi che tu fossi cambiato!?” “Tuo padre è morto!” urlò Josh con tutte le sue forze, scattando su dal divano come una molla e guardando Nikki dritto negli occhi. Lei li spalancò, in un’espressione molto simile a quella di Josh dopo che Fulton gli aveva sparato. Scuoteva la testa come per liberarsi di un’idea impossibile, come per convincersi che quello che aveva appena sentito non fosse vero. Dal modo in cui fissava Josh sembrava che avesse visto un fantasma. Tendeva una mano verso la cucina, avrebbe voluto scappare via ma era paralizzata. 89 “Mio…padre è… morto?” balbettò lentamente, senza staccare gli occhi da Josh. “Sì.” rispose lui con un filo di voce, abbassando lo sguardo come se fosse colpa sua. “Chi te l’ha detto?” “Tua madre. Prima ha telefonato.” “Bugiardo!” strillò Nikki. Rifiutava di vedere la dura realtà: era un meccanismo di difesa contro il dolore. Negazione. “Sei un bugiardo!” continuò, avventandosi su Josh e cercando di picchiarlo. “Bugiardo!” Josh indietreggiò e portò le braccia in avanti per proteggersi. Afferrò i polsi di Nikki per tenere le sue mani lontane dal proprio viso. “Bugiardo…” si lamentò lei, rallentando la scarica di pugni. Josh strinse forte i polsi della ragazza tra le mani e se li appoggiò sul petto. Nikki piegò i gomiti per avvicinarsi a lui. Lo guardò negli occhi per una frazione di secondo da dietro il ciuffo di capelli che le era scivolato fuori dalla coda, poi sprofondò la testa nel suo petto, scoppiando a piangere disperatamente. Josh la circondò con le braccia e le diede un bacio sulla testa. Rimasero stretti in quell’abbraccio per alcuni minuti. Entrambi 90 ne avevano proprio bisogno. Una per superare il dolore, l’altro per trovare la forza necessaria a consolare. 91 Capitolo 14 Due ore dopo arrivò Nora. Quando Josh aprì la porta non si trovò davanti una donna, ma un fantasma vestito di nero con fazzoletti che fuoriuscivano da ogni parte. Nora si trascinò dentro con lo sguardo basso e un fazzoletto che le copriva il naso. “Ciao Josh.” mugolò. “Buongiorno.” fece Josh, serio. “Come sta Nikki?” Nora si preoccupava sempre prima per la figlia che per sé. Josh sospirò. “Male.” disse. “Dov’è?” “In camera. Sta riposando.” La disperazione di Nora era palese. Di solito si dilungava in discorsi senza fine, mentre ora comunicava con domande molto sintetiche. Amava molto suo marito, come lo amava Nikki. La donna si avviò con passo strascicato verso la stanza da letto, soffiandosi il naso rumorosamente. Josh capì che non era il caso di seguirla. Mentre attraversava il corridoio, Nora non prestò attenzione alla nipotina nella culla. Un’altra cosa alquanto strana, pensò il ragazzo. La donna bussò alla 92 porta della camera, poi la aprì leggermente, quanto bastava per infilare la testa dentro e sbirciare. Vide la figlia abbandonata sul letto, con la faccia affondata nel cuscino e le mani richiuse a pugno intorno ai due lembi superiori del guanciale. Ogni tanto il suo corpo sobbalzava per un singhiozzo e subito dopo si sentiva un risucchio ovattato. Nora si sentì morire. Si avvicinò al letto con cautela e accarezzò la testa di Nikki. La ragazza riconobbe immediatamente la mano. Alzò la testa, lasciando una conca bagnata nel cuscino. “Mamma…” mormorò, con la bocca impastata dalle lacrime. Nora sorrise tristemente e si sedette accanto alla figlia, che nel frattempo si era tirata su e le aveva fatto posto. Erano una accanto all’altra, con le gambe penzoloni dal letto. Nikki ebbe un altro sussulto e si portò una mano davanti alla bocca per coprire un gemito troppo forte. La madre le circondò le spalle con un braccio e la strinse forte a sé, passandole una mano sulla guancia umida in una dolce carezza. “Adesso calmati…” le sussurrò, dandole un bacio sulla fronte. “Piangere non serve a 93 niente, papà non tornerà indietro… quindi tanto vale che ti rilassi e ti metti il cuore in pace.” “Se piangere non serve a niente, allora perché lo stai facendo anche tu?” la rimproverò Nikki, avendo notato gli occhi gonfi e le guance umide della madre. Aveva ragione, pensò Nora. A dire il vero non lo sapeva neanche lei perché stesse piangendo, quando sconsigliava a sua figlia di farlo. “Perché piangere un po’ fa bene, ma non bisogna piangere per sempre.” si limitò a rispondere. “E’ come quando si cade con la bicicletta, da bambini. All’inizio ci si fa un bel pianto depuratore, perché la ferita fa male. Poi, però, questa ferita si cicatrizza e non c’è più bisogno di piangere, perché il dolore se n’è andato.” Nikki sorrise. Si sentiva di nuovo bambina, con sua madre lì a consolarla. Quella donna la stupiva ogni volta con i suoi paragoni così scontati e per questo impensabili. Era una bella sensazione: si sentiva protetta. Restarono insieme ancora per qualche minuto a parlare, come facevano quando Nikki era ragazzina e raccontava senza sosta dei suoi amori impossibili. Ora però 94 era diverso, i discorsi si erano fatti più seri, più adulti. Erano cresciuti e maturati insieme a loro. Ciò che non era cambiato però era l’entusiasmo con cui le due donne dialogavano. “Sei sicura di non voler venire a stare da noi?” chiese Nikki alla madre. “No, sarei solo d’intralcio. Tu e Josh avete bisogno della vostra intimità.” disse Nora. “Ma d’ora in poi sarai sola in casa” continuò la figlia. “Non ti preoccupare per me. Io starò benissimo.” Nikki non volle insistere di fronte alla solida convinzione della madre. Si ricordò di quando, a sedici anni, le chiedeva di uscire la sera con gli amici e lei rispondeva con un secco “no”. Era irremovibile. A questo pensiero le venne da sorridere. Nora capì e sorrise a sua volta. Dopo un pomeriggio passato fra le lacrime, finalmente entrambe si sentivano meglio. Quella sera, dopo che Nora ebbe lasciato la casa, Josh raggiunse Nikki a letto con un vassoio pieno di dolci. La ragazza non aveva voluto cenare, ma lui era certo che non 95 avrebbe rifiutato un dolcetto. La conosceva troppo bene. “Dolcetto o scherzetto?” domandò, aprendo la porta della camera con un calcio per via delle mani impegnate. Nikki sorrise appena. “Scusa, non ho fame.” disse, con tono piatto. “Queste tortine le ho fatte con le mie mani. Se non le assaggi mi offendo.” la minacciò Josh, sedendosi accanto a lei e porgendole il vassoio con una decina di dolcetti marroni sbilenchi appoggiati sopra alla rinfusa. Nikki ne prese uno con l’aria poco convinta. Lo guardò da varie angolazioni, poi lo addentò. “Ti conviene fartelo piacere” aggiunse Josh. Si avvicinò al suo orecchio. “ho fatto un disastro in cucina…” confessò, abbassando la voce come se avesse paura di essere ascoltato da qualcun altro all’infuori di Nikki. Lei finalmente rise. “Domani vedrò il pasticcio che hai combinato. Poi ti farò pulire tutto con la lingua.” lo minacciò. “Goditi le tue ultime ore di libertà, caro mio.” Risero entrambi. Josh appoggiò il vassoio sul comodino e poi si voltò a guardare Nikki, con uno sguardo perfido. Cinque secondi dopo si era avventato su di lei per farle il solletico. 96 “Non puoi più darmi ordini, tenente!” urlava, cercando di sovrastare le risate della ragazza. “Oh, sì che posso!” strillava lei. Dopo qualche minuto si fermarono, esausti ma ancora con il sorriso stampato sulle labbra. Nikki era distesa sopra Josh e faceva scorrere le mani tra i suoi riccioli biondi. Josh le accarezzava la schiena. “Ti ho tirato un po’ su?” le chiese lui. Nikki annuì sorridendo; si chinò per baciarlo e le sembrò di ritrovare quel contatto dopo anni di lontananza. “Era da un sacco di tempo che non mi chiamavi ‘tenente’.” osservò, staccandosi dalle sue labbra. “È passato quasi un anno, ormai.” “Non ti manca la Marina?” gli chiese all’improvviso. “E perché dovrebbe? Io ho te, non mi serve altro.” 97 Capitolo 15 La mattina seguente, quando Josh si svegliò, si trovò da solo a letto. Si alzò e andò in cucina per preparare un caffè. Lì trovò Nikki, seduta su uno sgabello accanto alla finestra, che si rigirava tra le mani una foto. Si avvicinò a lei da dietro, la abbracciò e le diede un bacio sul collo. Da quella posizione poteva vedere con chiarezza l’uomo nella foto. Era Anthony con la divisa da pesca, ritratto mentre teneva un grosso pesce per la coda. Aveva vinto il primo premio per aver pescato il pesce più grande del lago: sul suo petto spiccava una coccarda blu con un grande numero uno stampato sopra. Sul margine inferiore della foto c’era scritto “Lilydale Lake’s fishing competition”. Anthony sorrideva e abbracciava un altro uomo, che Josh non conosceva. Si assomigliavano, probabilmente era suo fratello. “Gli piaceva pescare?” chiese il ragazzo, per rompere il ghiaccio. “Sì.” fece Nikki, carezzando la fotografia con il pollice. “Avrebbe voluto portarci anche te, un giorno.” D’un tratto si fece molto seria. 98 “Ma purtroppo la tubercolosi se l’è portato via.” “Gli volevi molto bene, vero?” “Sì.” “Si vede. Invidio il modo in cui voi due eravate legati, sai? Io e mio padre non ci siamo mai sopportati.” disse Josh con risentimento. “L’unico problema è che poi, quando una persona se ne va, soffriamo di più se la amavamo.” aggiunse. “Vuoi dire che se morisse tuo padre tu non ci staresti male?” chiese Nikki, un po’ stupita dalla freddezza con cui Josh parlava del genitore. “Probabilmente no.” rispose lui con tono rilassato, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Sei un mostro.” sbottò Nikki, saltando giù dallo sgabello con le lacrime agli occhi e correndo a chiudersi in camera. Josh rimase fermo dov’era, pietrificato. Quello non era esattamente il tipo di conforto che avrebbe voluto darle. Decise che sarebbe stato meglio non andare da lei. Si sedette sullo sgabello, incerto sul da farsi. Dopo qualche minuto passato a fissare il vaso di fiori 99 arancioni e blu sistemato al centro del tavolo prese la giacca e uscì. Al bar c’era così tanto chiasso che Josh faticava a pensare. O forse era lui che si era ormai abituato al silenzio religioso di casa sua e ora si trovava spaesato in quella realtà così violenta e aggressiva. C’era gente che gridava da ogni parte, erano solo uomini, perché una donna non avrebbe messo piede al Joey’s neanche per scommessa. Inoltre, pensava Josh, le scommesse non erano roba da donne. In un angolo vicino al bancone due ragazzi sulla trentina giocavano a biliardo, rivolgendosi insulti pesanti. Dietro ognuno di loro, una decina di giovani tifavano facendo tintinnare i bicchieri di vetro che tenevano in mano, nei quali era contenuto un liquido trasparente che di sicuro non era acqua. Josh non era un grande intenditore di alcolici, ma quella gli sembrava Vodka. Erano tutti un po’ brilli, notò. Si stupì di come, già alle dieci del mattino, qualcuno potesse essere capace di ubriacarsi. Dal suo tavolino al centro del locale aveva una buona vista su tutta la sala, ma quella vista era tutt’altro che piacevole. 100 Oltre ai giocatori di biliardo c’erano altri tre ragazzi, in piedi vicino alle slot machines. Due si stavano picchiando, mentre il terzo cercava di dividerli. Uno di quegli aggeggi infernali aveva “mangiato” i soldi al ragazzo alto, che si era infuriato con quello grasso perché gli aveva dato dell’idiota. Questo fu quello che Josh riuscì a cogliere da alcuni brandelli di conversazione che giunsero al suo tavolo. Attese che arrivasse qualcuno del personale a placare la rissa, ma non arrivò nessuno. Anzi, il barista e i camerieri continuavano a svolgere il loro lavoro come se niente fosse. Ormai la violenza era diventata una cosa normale in quel locale, pensò con orrore. Sorseggiò lentamente la sua birra, continuando a guardarsi intorno. Percepiva il liquido dorato scendergli giù per la gola, fino allo stomaco. Si sentiva piacevolmente rinfrescato da quel gusto amaro e frizzante. Una volta che ebbe terminato di bere lasciò sul tavolino una banconota da cinque dollari e uscì. Nikki era ancora in camera, distesa sul letto. Si sentiva in colpa per quello che aveva detto a Josh. Forse era stata troppo dura con 101 lui, in fondo era libero di pensare ciò che voleva, se odiava suo padre ci doveva essere sotto un motivo serio. Era curiosa di scoprire quale fosse quel motivo, inoltre era certa che se si fosse sfogato con qualcuno si sarebbe sentito meglio. Aprì di scatto la porta. “Josh…” La sua frase rimase sospesa a mezz’aria quando trovò sul pavimento davanti a lei un mazzo di rose rosse con un biglietto. Sorrise tra sé e sé. Raccolse i fiori e tornò dentro. Si sedette sul letto dando le spalle all’uscio e lesse il biglietto ad alta voce. “Alla donna più bella e più dolce che sa essere anche la più forte. Carissima Nikki, voglio dedicarti le parole di Paul Géraldy: ‘Se ti amo così male è perché...” si fermò quando avvertì una presenza dietro di lei. Qualcuno le stava mettendo al collo una sottile collana argentata con un ciondolo a forma di delfino. “…ti amo troppo.’ ” continuò l’uomo alle sue spalle. Josh la baciò sul collo mentre le avvolgeva le braccia intorno alla vita e si sedeva accanto a lei. Rimase a guardarla per alcuni secondi. 102 Quel suo sorriso così luminoso lo spiazzava ogni volta. E quella volta era stata ancora più speciale delle altre, perché una cosa che si torna a fare dopo tanto tempo è più importante di una cosa che si fa abitualmente. Nikki tornava a sorridere dopo molti mesi passati a soffrire per la questione di Fulton e la morte del padre, e questo era per lei il traguardo più grande. “Cosa dovevi farti perdonare?” gli chiese con tono malizioso, guardando il ciondolo luccicante della sua catenina. “Il fatto di non essere stato capace di confortarti in un momento così difficile e anzi, di aver messo il dito nella piaga.” spiegò lui, con una nota di vergogna nella voce. “Sono il solito cretino e buono a nulla.” piagnucolò, abbassando la testa come un bambino di cinque anni che si fa piccolo piccolo di fronte ai rimproveri della madre. Nikki rise. “Tu non sei un buono a nulla! Forse sei un po’ cretino, su questo ti do ragione, ma non sei un buono a nulla.” lo rassicurò, prendendogli la testa tra le mani e guardandolo fisso negli occhi. “Non sei un buono a nulla.” gli ripeté più piano, avvicinando le labbra alle sue. Josh sentiva il 103 fiato caldo della ragazza sulla bocca. Gli faceva il solletico, ma senza dargli fastidio. Si spinse in avanti per baciarla e lei gli allacciò le braccia al collo, scivolando all’indietro in modo da distendersi sul letto. Ricambiò il bacio con entusiasmo. Quando, qualche minuto più tardi, si furono staccati e sdraiati l’uno accanto all’altra, Nikki azzardò una domanda: “Cos’è successo con tuo padre?” Josh s’incupì. Lei sentì il suo braccio sinistro, quello che la avvolgeva, indurirsi e stringerla con violenza, quasi facendole male. “È una lunga storia.” si limitò a dire lui a denti stretti. “Fidati, è meglio che tu non lo sappia. Specialmente in questo momento così difficile per te. Hai già abbastanza problemi a cui pensare.” “Cosa non dovrei sapere?” La voce di Nikki era sempre più curiosa ma al tempo stesso preoccupata. “Lascia stare.” “Sono la tua futura moglie, non devi aver paura di confidarti con me!” La voce della ragazza cominciava ad assumere un tono irritato. “Non è per questo, Nik…” “E allora cosa c’è?” sbottò lei. 104 “È un ricordo doloroso.” ammise infine Josh, dopo una breve pausa. Nikki parve calmarsi di colpo. “Mi dispiace, non credevo…” cercò di giustificarsi. “Tranquilla.” la interruppe “In fondo hai ragione tu. È giusto che io condivida questa cosa con te.” “No, davvero, se ti fa male non devi sentirti obbligato a…” prima che Nikki potesse finire la frase lui aveva già cominciato a riversarle addosso tutta la sua sofferenza. “Fin da quando ero bambino mio padre non mi aveva mai lasciato fantasticare su mondi incantati o su draghi sputafuoco o su altre cose che di solito interessavano quelli della mia età. Non mi ha lasciato vivere la mia infanzia, insomma. A sei anni mi disse che Babbo Natale e la Fatina dei denti erano tutte invenzioni a cui abboccavano solo gli allocchi e che se mi avesse sorpreso a scrivere una letterina di Natale o a mettere un dentino sotto il cuscino mi avrebbe cacciato di casa. Ovviamente non lo avrebbe fatto sul serio, ma per un bambino di sei anni quella era una minaccia in piena regola.” 105 “E il tuo odio profondo nei suoi confronti è dovuto a questo?” intervenne Nikki allibita, ponendo particolare enfasi sulle ultime due parole. “No, assolutamente…” la tranquillizzò lui, vedendo lo sguardo fulminante che gli aveva rivolto. “C’è dell’altro. Come tu sai, io ho due sorelle, Amelia e Clare. Essendo l’unico figlio maschio ero particolarmente coccolato da mia madre. Mi difendeva in ogni occasione. Per questo quando mio padre mi faceva il lavaggio del cervello con i suoi discorsi da uomo lei stava male. Stava male perché io stavo male. Dopo vari anni passati a piangere di nascosto quando mio padre dormiva, cadde in depressione. Si imbottiva di farmaci dalla mattina alla sera ma quelli non le davano nessun sollievo. Un giorno ebbe un malore e la portammo in ospedale. La operarono e fortunatamente riuscirono a salvarla. Da quel giorno ho giurato che non avrei mai perdonato mio padre per quello che le aveva fatto.” Josh fece una pausa per riprendere fiato. “Mia madre ha rischiato di morire di overdose per colpa sua!” urlò. Una lacrima gli rigò il viso. Nikki gli appoggiò una mano sulla 106 guancia e gliela asciugò con il pollice. Anche lei aveva gli occhi lucidi. “Ora chi è che deve essere consolato?” scherzò la ragazza, accennando a una risatina. Josh sorrise. “Mi vergogno così tanto…” ammise. “Un uomo non piange mai.” “Chi l’ha detto? È una delle perle di saggezza di tuo padre?” rise Nikki. “Indovinato.” “Beh, tuo padre si sbaglia…” sussurrò lei, avvolgendo un braccio intorno al collo del ragazzo e baciandolo delicatamente. “Solo chi piange è un vero uomo… gli altri non sono né uomini né tantomeno esseri umani: gli esseri umani si distinguono dagli oggetti inanimati perché hanno la capacità di esprimere emozioni e il pianto è la maniera più immediata per farlo. Se non piangi non sei un essere umano.” Josh sentiva che quella frase gli sarebbe rimasta radicata nella testa per il resto della sua vita. Ancora una volta Nikki aveva ragione, e suo padre aveva torto. Capì che ora era il suo turno di dire qualcosa di rassicurante. “E comunque se mio padre dovesse morire preferirei che ci lasciassimo senza più rancore. Tu sei stata molto 107 fortunata: eri in ottimi rapporti con Anthony e non dovevate chiarire nulla. Credimi, sarebbe stato peggio se tuo padre se ne fosse andato e tu avessi ancora un conto in sospeso con lui. Non avresti potuto risolvere mai più la questione. E la certezza che vi sareste odiati per sempre sarebbe rimasta a tormentarti per il resto della tua vita. Vedila in questo modo: tuo padre aveva finito di svolgere i suoi compiti sulla Terra e per questo è stato richiamato lassù. Ora è un angelo che passeggia per i prati fioriti del Paradiso e veglia sempre su di te. Forse ti è addirittura più vicino ora che quando era ancora vivo, perché è sempre con te. Quando morirà mio padre, invece, diventerà uno spirito oscuro che passerà le sue giornate a tormentarmi facendomi rimpiangere di non aver sistemato le cose con lui quando ero ancora in tempo.” “Certo, vedendola in questo modo è tutto diverso…” commentò Nikki, portandosi l’indice sulle labbra. Stette in silenzio per un attimo, pensando che fosse necessario tranquillizzare Josh riguardo ai problemi con il padre. No, per quello c’era ancora tempo, si disse. In quel momento era lei ad 108 aver bisogno di conforto. “È molto bello quello che hai detto su mio padre. Grazie per essermi vicino in ogni situazione.” aggiunse. Josh la abbracciò e lei scoppiò a piangere. “E adesso che ti prende?” domandò lui, sorpreso. “Fino a un secondo fa eri così contenta!” Nikki sorrise tra le lacrime. “Avevo bisogno di sfogarmi.” disse semplicemente, tornando a rincantucciarsi sulla spalla di Josh. Certo, il pianto era la via più breve per espellere tutta la tensione che aveva accumulato in quegli ultimi giorni. Dopo aver pianto ci si sente rigenerati. Questa sensazione Josh l’aveva provata davvero raramente, ma da quel momento le cose sarebbero cambiate. Avrebbe pianto più spesso perché piangere è umano, quindi era un suo diritto. Josh circondò la vita di Nikki con un braccio e con l’altra mano iniziò ad accarezzarle i capelli castani. Inspirò profondamente per riempirsi i polmoni del profumo di Nikki, mirtilli e vaniglia, il suo preferito. “Sei al sicuro con me.” le sussurrò all’orecchio. 109 Capitolo 16 Quel pomeriggio si tenne il funerale di Anthony. Nikki arrivò in anticipo al cimitero. Entrò nella cappella di famiglia, sulla cui facciata spiccavano in argento le lettere che componevano il suo cognome, Caetano. S’inginocchiò sul banchetto di legno facendo attenzione che il suo lungo vestito di raso nero non si rovinasse. Si guardò intorno: cinque persone dall’aria triste la osservavano dall’interno delle rispettive cornici. Nonno Thomas, zio Albert, zia Ella e altri due signori che Nikki non aveva mai visto prima, forse dei prozii. Ancora le lettere argentate annunciavano i loro nomi: Robert e Chip. Accanto ad ogni fotografia c’era un vaso con dentro un ciclamino e una margherita ormai secchi. Vicino al nonno c’era un loculo vuoto. Nikki rabbrividì. Quello era per suo padre. Si alzò e fece il giro di tutta la cappella, accarezzando le foto dei parenti. Si fermò davanti a quella che di lì a poco sarebbe diventata la nuova eterna dimora di Anthony. Rimase a fissarla per alcuni secondi, immaginandovi dentro la bara con 110 la salma del padre. Un altro brivido le percorse la schiena. Da quel momento la cosa più bella che avesse potuto fare per lui sarebbe stata portargli ogni tanto dei fiori, che sarebbero appassiti nel raggio di una settimana. Appassiti proprio come lui. Mezz’ora dopo la chiesetta del cimitero pullulava di gente in nero. Amici, parenti, sconosciuti. Erano venuti proprio tutti. In prima fila era seduta Nora, che cercava di coprirsi la faccia con il cappello nero per nascondere le lacrime. Evidentemente quando le aveva detto “Non bisogna piangere per sempre” non intendeva neanche che bisognasse smettere troppo presto, pensò Nikki. Mentre la madre continuava a singhiozzare lei si avvicinò all’altare davanti al quale c’era la bara di Anthony, aperta. Al suo interno giaceva la salma, pallida, con le mani incrociate sul petto. Nikki non riuscì a sopportare la vista e scoppiò a piangere, coprendosi la bocca con la mano. Josh arrivò alle sue spalle, la circondò con entrambe le braccia e le affondò la testa nella spalla. “Vieni via.” le 111 sussurrò, sospingendola verso la panca su cui era seduta la madre. Nikki diede un ultimo sguardo a suo padre da sopra la spalla di Josh, poi si lasciò trascinare lontano. Si accomodò all’estremità sinistra della panca, accanto alla carrozzina in cui dormiva Victoria. Josh aveva portato anche lei, non avendo trovato nessuno a cui lasciarla. Il ragazzo si sedette di fianco alla fidanzata e vicino a lui i tre fratelli di Nikki, Lance, il maggiore, Scott e Dylan. Nikki rivolse loro uno sguardo addolorato, senza dire una parola. Al termine della funzione la salma venne portata nella cappella di famiglia. Nikki guardò la bara che veniva inghiottita dall’oscurità del loculo spinta dal becchino e sentì un vuoto crescere nel suo cuore. Non avrebbe più rivisto suo padre, mai più. Il suo viso ovale, l’espressione sempre arrabbiata che poteva diventare accogliente se ci si soffermava a guardarlo più attentamente, i suoi piccoli occhiali argentati dalla montatura sottile dietro i quali spiccavano due vispi occhietti azzurri, i suoi radi capelli bianchi, le sue mani, sì, le mani che le avevano regalato tutte quelle 112 carezze ogni volta che ne aveva avuto bisogno. Non restava più niente. Era tutto sparito insieme alla bara, dentro quel buco nero. A Nikki ora risultava sempre più difficile mettere a fuoco i lineamenti di suo padre, i suoi gesti, la sua voce. L’uomo che l’aveva educata e cresciuta si stava trasformando in un semplice ricordo, che sarebbe diventato sempre più sfocato con il passare degli anni, fino a scomparire. Allora lei avrebbe dovuto piantare gli occhi in una sua foto per rinfrescarsi la memoria. E avrebbe ricominciato a soffrire di una sofferenza che nessuno può placare. A volte un bel ricordo è seguito da un altro doloroso e in questi casi quando si richiama alla memoria qualcosa di piacevole si finisce per ricordare anche tutto il resto che ha fatto soffrire il cuore. Per Nikki era così: guardando la foto di suo padre le tornava in mente quanto fosse onesto, affidabile, iperprotettivo, determinato e… morto. Ormai quel ricordo era stato macchiato dall’inchiostro nero della morte e ogni qualvolta fosse riaffiorato alla mente lo avrebbe fatto velato da un alone di malinconia e nostalgia. Era inevitabile. Per 113 la prima volta Nikki sentì di non poter fare nulla per aiutare se stessa o suo padre, che da quel momento in poi non avrebbe potuto essere più di un ricordo per lei. Un piatto, muto ricordo. Si chiedeva come potesse quel becchino restare impassibile di fronte a tutto il dolore che lo circondava. Ci si era abituato, ormai, a vedere la gente che soffriva. Orribile. L’uomo incastrò la lapide nell’apertura e poi si allontanò, chiudendo le porte a vetri della cappella e strisciando silenzioso come un gatto verso l’uscita. Nikki pensò che nella sua camminata ingobbita ci fosse qualcosa di inquietante. La ragazza si avvicinò alle porte a vetri e diede un’occhiata dentro. Accanto a quella del nonno c’era la lapide marmorea di suo padre, sulla quale luccicavano delle lettere argentate: “Anthony John Caetano”. Distolse lo sguardo quasi subito, non appena sentì qualcuno toccarle la spalla. Era Kate. Anche lei indossava un abito nero e aveva una faccia che esprimeva tutta la comprensione che le era possibile esternare. Non ebbe bisogno di dire niente. I suoi occhi parlavano da soli. Nikki la abbracciò lentamente e lei le 114 accarezzò la schiena. Da sopra la spalla dell’amica Nikki poteva vedere l’equipaggio della Hammersley al completo. Sul volto del comandante si era congelato un sorriso legnoso e apprensivo, un piccolo invito a contare sempre su di lui. Il classico comportamento da comandante, pensò Nikki. Ricordava ancora bene tutte quelle volte in cui lui l’aveva sostenuta con quei suoi sorrisi, un po’ perché era compito suo supportare l’equipaggio, un po’ perché la vedeva come una giovane donna indifesa che aveva bisogno di un punto di riferimento. In fondo, lei lo vedeva come un padre. Già, un padre. A pensarci le venne da piangere. Ora l’unico padre - se così si poteva definire - a esserle rimasto era il comandante Mike Flynn. Nikki incontrò il suo sguardo e intuì che lui aveva capito a cosa stesse pensando. Si sciolse dall’abbraccio di Kate e gli andò incontro. Mike la accolse tra le sue braccia e lei sprofondò con la testa nel suo petto. “Per qualsiasi cosa puoi contare sempre su di me, Nikki.” le sussurrò. Mentre si avviavano tutti verso l’uscita, Nikki ricevette condoglianze da amici e 115 parenti e da persone mai viste prima. Una volta raggiunti i cancelli Josh le si avvicinò per dirle che avrebbe portato a casa Nora e la bambina. “Spider, puoi riportare Nikki a casa?” aggiunse rivolto al componente più giovane dell’equipaggio. “Io devo accompagnare sua madre, è sconvolta e non resisterebbe un minuto di più qui.” Spider annuì e Josh si allontanò diretto verso la cappella davanti alla quale Nora si era piantata da quando la folla aveva cominciato a sciamare verso l’uscita. “A furia di versare lacrime farà crescere una foresta, qui” scherzò. Si pentì subito di ciò che aveva detto quando incrociò lo sguardo lacrimoso della donna. Capì che non era proprio il caso di fare ironia. Lei non ribatté, non ne aveva le forze né la voglia. Gli passò davanti come un fantasma e imboccò il sentiero di ghiaia che portava all’uscita. Nikki guardava con aria assorta le strisce bianche della strada che sparivano sotto la vettura. Le ricordavano la bara del padre che era scomparsa dentro il loculo. Aveva paura che da quel momento in poi tutto ciò 116 che la circondava le avrebbe ricordato suo padre. Il silenzio pesante che era calato nell’auto da quando erano partiti fu rotto da Spider, che voleva tirare su il morale a Nikki: “Almeno ora saprai sempre dove trovarlo.” ironizzò. Nikki lo fulminò con lo sguardo ma prima ancora che potesse aprire bocca Charge, che era seduto sul sedile posteriore, agì per lei mollando a Spider un ceffone sulla nuca. “Non è proprio il caso.” gli sibilò fra i denti. “Perdonami, Nikki.” si scusò il ragazzo, massaggiandosi il punto in cui Charge lo aveva colpito. 117 Capitolo 17 Bastò poco meno di un anno per far sì che la ferita di cui parlava Nora si rimarginasse. Come gli occhi dopo un po’ si abituano al buio di una stanza e non si ha più paura, così Nikki si era abituata alla perdita del padre e il suo cuore non soffriva più. A settembre di quello stesso anno Victoria avrebbe compiuto il suo primo anno di vita e questo dava a Nikki qualcosa di bello a cui pensare. Per l’occasione Josh aveva comprato dei festoni esagerati di varie forme e colori. Avrebbe voluto prendere anche una torta alla vaniglia con le meringhe e i fiorellini di zucchero, ma Nora aveva tanto insistito per prepararne una con le sue mani e lui aveva dovuto cedere. “Josh, perché hai comprato tutta quella roba?” era stato il commento di Nikki di fronte a tutta quella paccottiglia multicolore che Josh aveva riportato a casa la mattina del 3 settembre. “Perché oggi... è il compleanno di nostra figlia.” spiegò lui, con la voce affaticata per il peso delle ghirlande che aveva tra le braccia e che gli nascondevano completamente la 118 faccia. Nikki si avvicinò a quel colorato ammasso ambulante che era diventato il suo fidanzato e spostò alcuni fiori di carta, in modo da poterlo guardare negli occhi. “Vuoi proprio fare le cose in grande.” mormorò con un sorriso, avvicinando il viso a quello di Josh e baciandolo dolcemente. Il ragazzo perse l’equilibrio e cadde all’indietro trascinando con sé anche Nikki, che atterrò sopra di lui. Furono sommersi dalla carta colorata e iniziarono a ridere come due ragazzini. “Ti sei fatto male?” domandò Nikki, tra le risate. “No, stai tranquilla.” la rassicurò Josh. “Qualche ghirlanda deve aver attutito il colpo.” Si guardò bene dal dire a Nikki che in realtà cadendo sopra di lui gli aveva provocato una leggera fitta all’addome, nel punto in cui c’era la cicatrice riportata dallo scontro con Fulton. Nonostante fosse passato quasi un anno da quell’orribile giorno ogni tanto il dolore si riaccendeva nel ventre di Josh, anche se la ferita morale per il ricordo di ciò che era accaduto quel giorno lo faceva soffrire più del dolore fisico. 119 Quando si tirò su notò che un mucchio di festoni stropicciati giacevano dove era stato disteso fino a poco prima. “Ma guarda, ora metà delle decorazioni è da buttare.” si lamentò. “Per quante ne hai comprate, non credo che questo sia un problema.” lo rimbeccò Nikki. In quel momento una manina afferrò la caviglia di Josh. “Pa-pa.” balbettò una vocina. Josh abbassò la testa e vide una bimbetta dai riccissimi capelli color cioccolato accoccolata sulla sua gamba. Lo guardava con i suoi due occhioni azzurri e sorrideva, mostrando qualche dentino appena spuntato. Josh la prese in braccio con un sorriso che gli andava da orecchio a orecchio. Poi si rivolse a Nikki, quasi incredulo: “Hai sentito che ha detto?” La ragazza annuì sorridente. Era ora che imparasse a dire ‘papà’, pensò: ‘mamma’ aveva già imparato a dirlo da un sacco di tempo! “Ripetilo, su!” Josh incoraggiò la piccola. “Pa-pa!” ripeté Victoria, battendo le manine entusiasta. 120 Nikki stava finendo di imbandire il tavolo con gli stuzzichini e le bibite mentre Josh stava appendendo le ultime ghirlande al lampadario, quando suonarono alla porta. Nikki aprì e fece strada verso la cucina alla madre, che aveva tra le braccia una grossa torta al cioccolato ornata da glassa rosa alla fragola, sistemata in modo da comporre il nome della piccola Victoria. “Dov’è la mia nipotina?” domandò Nora con impazienza, non appena ebbe affidato al più robusto ripiano del frigorifero il suo capolavoro di alta pasticceria. Victoria giocava con le costruzioni sul tappeto del salotto. Componeva delle torri con i cubi colorati e poi le guardava crollare impotenti di fronte alla forza di gravità, commentando l’accaduto con un gridolino scocciato. “Tanti auguri, Viky.” disse Nora, abbassandosi al livello della piccola e dandole un bacio a stampo sulla guancia. Notò che le era rimasto il segno del lucidalabbra, così la pulì con il pollice unto di saliva. La bambina scoppiò a piangere non appena avvertì l’umidità sulla pelle. Nikki si attivò subito per consolarla, 121 prendendola in braccio e dandole dei piccoli baci su tutto il viso. “Mamma, sai che a Victoria non piacciono i tuoi modi antiquati di pulirla!” rimproverò la madre. “Ci credo, l’avete viziata!” brontolò Nora di rimando. “Cos’è che usate voi oggigiorno? Salviettine umidificate? Chissà che cosa ci mettono dentro a quelle porcherie, magari roba tossica! E poi, perché dovreste spendere un occhio della testa per degli inutili foglietti di carta quando avete la buona vecchia saliva?” Quando si trattava di difendere i “bei vecchi tempi”, Nora sapeva il fatto suo, riconobbe Nikki. Sospirò, rassegnata di fronte alla testardaggine della madre. “Bene, io e Victoria andiamo a prepararci.” annunciò, con tono disinvolto. Josh aveva assistito allo scambio di parole tra madre e figlia dall’alto della sua scala, facendo finta di niente. Aveva imparato che non era conveniente mettersi in mezzo ai battibecchi delle donne, se non si voleva finire ridotti a brandelli. Venti minuti più tardi Nikki e Victoria fecero il loro ingresso in salotto avvolte in 122 splendidi vestiti di pizzo, blu per la madre e rosso per la piccola. La bimba indossava le scarpette rosse regalatele da Kate il giorno della sua nascita. Josh e Nora, seduti sul divano, le accolsero con un applauso e un sorriso. Josh si alzò e prese la bambina dalle braccia di Nikki. “Siete uno splendore, milady.” disse alla figlia con fare riverente, roteando la mano libera e abbassando il capo in un inchino principesco. La bimba rise mostrando di nuovo i suoi dentini appena spuntati. Le piaceva quando il papà la faceva sentire importante usando prole che per lei avevano un significato ignoto. Josh si rivolse poi a Nikki, prendendole la mano e facendole fare una giravolta. “E anche la madre di questa principessina è splendida.” Sorrise e avvicinò Nikki a sé circondandole la vita con il braccio libero. Lei si accoccolò sulla sua spalla. In quel momento suonarono di nuovo il campanello. Quando Nora andò ad aprire venne travolta da una decina di ospiti chiassosi che si fecero strada verso il salotto come una furia. Non avevano bisogno di essere annunciati: Nikki e Josh avevano già 123 capito di chi si trattasse. L’intero equipaggio della Hammersley si schierò davanti al tavolo del salotto carico di regali e gingilli vari. Kate e Mike erano in piedi: la donna teneva in mano tre bandierine con le lettere H,A e P, mentre il comandante aveva un’altra P e la Y. Accovacciati a terra c’erano Spider con la lettera B, 2dads con la I, Buffer con la R, Swain con la T, Robert con la H, Bomber con la D e Charge con le lettere A e Y. Quell’insolito gruppetto iniziò a intonare la consueta canzoncina di compleanno sventolando le bandierine con le lettere. Appena terminato il coro scoppiò un fragoroso applauso da parte di Nora, Josh e Nikki. Anche la piccola Victoria agitava senza sosta le piccole manine paffute. I ragazzi che erano seduti a terra si rialzarono a fatica a causa delle ghirlande e dei regali che avevano sparso sul pavimento e si accomodarono sui divani del salotto, non mancando però prima di dare ognuno un bacio alla festeggiata e di farle dei complimenti. “Ma come sei cresciuta!” era stato il commento di Charge mentre le faceva il baciamano. 124 “Questo vestitino ti sta proprio bene signorina!” Bomber. “Sei quasi più bella della tua mamma!” 2dads. Nikki rivolse a quest’ultimo uno sguardo severo: quel ragazzetto con la faccia da angelo e i lineamenti sovietici non le era andato a genio sin da quando l’aveva conosciuto al funerale di Anthony. Aveva annunciato la sua presenza facendo cadere uno dei ceri dall’altare. 2dads le dava l’impressione di essere una persona noncurante e superficiale. Mentre gli invitati si servivano gli stuzzichini e parlavano delle ultime novità, suonarono di nuovo alla porta. “Aspettavamo qualcun altro?” chiese Josh a Nikki. La ragazza alzò le spalle. Josh si alzò dalla poltrona sulla quale si era seduto tenendo Victoria sulle gambe e andò ad aprire con la bambina ancora in braccio. Impallidì alla vista delle due persone ferme sull’uscio. “Che ci fai tu qui?” chiese Josh a suo padre, gelido. “Tua suocera ci ha detto che oggi è il compleanno di Victoria, così io e tua madre 125 abbiamo pensato di fare un salto qui.” spiegò l’uomo. “È stata una pessima idea.” commentò il ragazzo. Proprio mentre stava per chiudere la porta in faccia ai genitori sentì Bomber urlare dal salotto: “Allora? Non ci presenti i nuovi ospiti?” “Entrate.” bofonchiò Josh rassegnato, rivolto alla madre e al padre. Fece loro strada fino al salotto e durante il percorso la signora Holiday strinse una manina di Victoria da sopra la spalla del figlio. La bambina la guardò incuriosita, non avendola mai vista prima. I signori Holiday non si erano mai fatti avanti per via dei rapporti difficili tra Josh e suo padre. “Loro sono Micaela e John.” annunciò Josh ai presenti. “I miei genitori.” aggiunse con un tono cupo. “Come mai non ci avevi mai parlato di loro?” chiese innocentemente Bomber. Nikki scattò in piedi dalla poltrona e, cercando di mascherare il nervosismo, comunicò: “Bene, è arrivato il momento di portare la torta!” dopodiché sparì in cucina seguita dalla madre. 126 “Perché hai interrotto la conversazione così bruscamente?” chiese Nora alla figlia, una volta che si fu assicurata di essere fuori dal campo uditivo degli altri ospiti. “Quella domanda aveva messo Josh in difficoltà.” si limitò a dire Nikki. “E tu come fai a saperlo? Perché mai dovrebbe averlo messo in difficoltà?” continuò imperterrita Nora, ansiosa di sapere cosa le stesse nascondendo la figlia riguardo alla famiglia del suo ragazzo. Forse erano dei poco di buono, ipotizzò. O magari erano addirittura pericolosi! “Tra Josh e suo padre non corre buon sangue.” tagliò corto Nikki, tirando fuori la torta dal frigo e infilandovi al centro una candelina a forma di numero uno. Il tono di voce fermo sanciva la fine del discorso. “Dai, aiutami a portare la torta di là.” incalzò la madre, prendendo l’accendino per dar fuoco allo stoppino della candelina. Nora prese un bordo del grande piatto di plastica gialla e precedette la figlia nel corridoio, spegnendo la luce del salotto una volta arrivata all’interruttore. Appena la torta fece il suo ingresso gli invitati riattaccarono la canzoncina di buon 127 compleanno. Josh sistemò sul seggiolone la bambina, che faceva ondeggiare le manine a ritmo e rideva. Quando la torta raggiunse il tavolo il papà avvicinò il viso a quello della figlia e la aiutò a spegnere la candelina. Il salotto fu invaso dagli applausi. A un tratto John Holiday si schiarì la voce. “Vorrei fare i miei più sinceri auguri di buon compleanno alla mia nipotina Victoria.” disse. “Alla tua nipotina?” ringhiò Josh, in preda a un improvviso attacco d’ira. “Tu non hai il diritto di considerarti suo nonno!” lo aggredì. “Per tutto quello che hai fatto avrei dovuto cacciarti da casa mia già da un pezzo!” Nikki tentò di calmarlo accarezzandogli le spalle ma lui se la scrollò di dosso con una gomitata, colpendola quasi in un occhio. La ragazza indietreggiò terrorizzata tenendosi una mano sullo zigomo sinistro. Intanto Josh continuava a inveire sul padre. “Tu non sei stato capace di fare il padre: come puoi pretendere ora di saper fare il nonno?” John era immobile in un angolo e non dava segno di voler controbattere. Teneva gli occhi chiusi, come un condannato alla 128 fucilazione che attende rassegnato il colpo mortale dei cecchini. “C’è mancato poco che non avessi il peso di una vita sulla coscienza, vero John?” continuò Josh, cercando di provocarlo. “Tanto non sarebbe cambiato niente per te, visto che hai già il peso della mia infanzia sulla coscienza!” Josh si lanciò verso il padre ma fu preceduto da Buffer, che lo afferrò e gli bloccò le mani dietro la schiena. “Josh, adesso calmati!” gridò l’amico, cercando di tenerlo fermo. Dopo aver lottato a lungo per la libertà, Josh si arrese. Fece scorrere lo sguardo lungo tutto il salotto, che nel frattempo era tornato ad essere illuminato, e si soffermò su ognuno dei volti allibiti dei presenti. Notò che all’appello mancavano tre persone: Nora, Nikki e la bambina. Si rese immediatamente conto di aver esagerato e sentì crescere nel suo cuore la certezza che stavolta Nikki non lo avrebbe perdonato. Charge si schiarì la voce: “Bene, a questo punto credo sia meglio togliere il disturbo.” disse, alzandosi dal divano e dirigendosi verso la porta. Fu seguito a ruota da tutto l’equipaggio della Hammersley. 129 130 Capitolo 18 Appena sentì la porta chiudersi dietro le spalle dell’ultimo ospite, Josh si lasciò crollare sul divano portandosi le mani sul viso. “Ho rovinato il primo compleanno di mia figlia.” mormorò. Micaela prese posto accanto a lui e gli passò una mano sulla schiena con fare confortante. Fece un cenno con gli occhi al marito, che era rimasto impalato al lato del tavolo, come per esortarlo a dire qualcosa. “Josh...” cominciò timidamente l’uomo. “Tu sta’ zitto!” gli urlò contro il figlio, sollevando la testa dalle mani e piantando gli occhi azzurri in quelli color cenere del padre. “Se tu non fossi venuto non sarebbe successo tutto questo casino!” “Victoria è mia nipote, ho il diritto di vederla!” ribatté John, tirando fuori tutto il coraggio che fino a quel momento aveva tenuto nascosto in una qualche parte remota dentro di sé. “Non puoi odiarmi per sempre, Josh! Il passato è passato, ora devi pensare al tuo futuro e a quello di tua figlia. E nel vostro futuro io non posso mancare! 131 Ora che hai Victoria, se mi escludi dalla tua vita mi escludi anche dalla sua! Lei non merita questo, Josh. Merita di avere un nonno come tutti gli altri bambini. A lei non ho fatto niente, non c’è alcun motivo valido per cui non debba vedermi!” “E invece un motivo valido c’è! E sai qual è?” domandò Josh, aspro. “Tu la farai diventare come me! Io non voglio che mia figlia trascorra un’infanzia come quella che ho avuto io! È una bambina, e come tale deve fare tutto ciò che fanno quelli della sua età! Non voglio che ripensi alla sua infanzia come a un periodo buio e doloroso. Io non ho avuto la possibilità di imparare sperimentando perché tutte le regole secondo cui va il mondo me le avevi già imposte tu! È difficile dare consigli agli altri se non si hanno esperienze pratiche ma solo verità assolute, sai? Mia figlia non potrà mai fare affidamento su uno come me, che non le sa dare nemmeno un consiglio! E di tutto questo la colpa indovina di chi è?” John sbuffò per l’esasperazione e si passò una mano sugli occhi. “Mi domando perché io mi sia lasciato convincere dalla tua 132 fidanzata a venire qui. Non l’ho certo fatto per farmi insultare da te!” “Come hai detto? La mia fidanzata?” Josh si alzò dal divano, incredulo. “Non avevi detto che era stata la madre di Nikki a dirvi del compleanno?” “Ti ho mentito, figliolo.” ammise John. “Ma sappi che l’ho fatto soltanto per evitare che tu e la tua ragazza litigaste davanti a tutti.” “M-ma come? Quando? Lei non ti conosce nemmeno!” farfugliò confuso Josh. “Non so come abbia fatto a trovarmi, so solo che quando mi ha chiamato, una settimana fa, sembrava parecchio preoccupata. Abbiamo chiacchierato un po’, e alla fine mi ha invitato al compleanno di Victoria. Ha insistito tanto perché venissi.” Erano troppe le domande che si affollavano nella testa di Josh in quel momento. Si domandava perché Nikki avesse sentito un bisogno così impellente di informare suo padre del compleanno e soprattutto si chiedeva cosa si fossero detti quei due al telefono. “Tu non avresti dovuto accettare, in ogni caso. Hai rovinato il compleanno di mia 133 figlia.” Josh tornò all’attacco, con tono sempre più duro. “Avanti Josh, smettiamola. Ormai non c’è più motivo di continuare con questa farsa. Sappiamo entrambi che muori dalla voglia di riconciliarti con me.” In quel momento gli occhi di John incontrarono quelli stupefatti del figlio e li attirarono come una calamita. Per alcuni secondi i due rimasero immobili al centro della stanza a fissarsi. Quelle parole avevano trafitto Josh con la prepotenza con cui una spada trapassava il petto del guerriero perdente, nelle arene dell’antica Roma. Solo che Josh di guerriero aveva ben poco, visto che per tutti quegli anni, invece di affrontare suo padre, aveva scelto vigliaccamente e pigramente la strada del rancore. In quel momento si sentiva quasi in colpa per aver buttato via tutti quegli anni della sua vita a odiarlo. “Sì, Nikki mi ha raccontato della vostra chiacchierata, se è questo che ti stai chiedendo.” John anticipò la domanda del figlio dandogli direttamente la risposta che si aspettava. Josh sospirò passandosi una mano tra i capelli. Fece qualche passo verso il divano, poi vi ricadde pesantemente. Si 134 sentiva nudo di fronte a suo padre. Ormai era stato privato di tutte le sue armi: della rabbia prima di tutto. Gli era stata strappata via da quelle parole. Fino a qualche istante prima avrebbe potuto contare sull’aspetto insofferente e adirato con cui appariva – o meglio credeva di apparire – di fronte a suo padre, perché lui non conosceva i suoi reali desideri e avrebbe potuto sentirsi davvero in colpa vedendolo in quelle condizioni. Ora gli sembrava tutto inutile. John conosceva la verità e tutto quello che a Josh restava da fare era riappacificarsi con lui. Una lacrima corse giù per la sua guancia. Sprofondò la testa nelle mani per coprirla. John si avvicinò lentamente e si sedette accanto a lui. “Mi dispiace...” singhiozzò Josh. “Non preoccuparti, figliolo... il passato è passato.” disse John con fare paterno, abbozzando un tenero sorriso. “È che... cerca di capirmi...” “Non devi cercare giustificazioni.” lo interruppe il padre “Semmai sono io a doverlo fare, anche se per me non credo ce ne siano. Hai tutte le ragioni del mondo per accusarmi.” 135 “Credo di averti rivolto già troppe accuse in questi anni, ora basta. Come dici tu, bisogna voltare pagina e andare avanti.” Anche Josh abbozzò un piccolo sorriso. “La morte di Anthony Caetano mi ha fatto riflettere sul nostro rapporto e mi sono accorto che il mio comportamento non mi avrebbe portato da nessuna parte.” “Questo significa crescere, Josh. Saper riconoscere i propri errori è fondamentale nella vita. Altrimenti nel mondo regnerebbero la prepotenza e l’incomprensione. Questa è una virtù che solo i veri uomini possiedono.” Padre e figlio si sorrisero, ricordando quanto dolore e quanta sofferenza la parola “uomo” avesse portato nella loro famiglia. Così come l’aveva portata, almeno ora se la stava trascinando via. “Ovviamente, anch’io riconosco di aver fatto degli errori. Ne ho fatti molti, e gravi.” aggiunse John. “Ma questo lo sai già e me lo hai fatto notare più volte...” “Adesso basta, papà!” lo interruppe Josh. “Hai il mio perdono, se è questo che vuoi sentirti dire!” 136 John guardò il figlio, stupito. “C-come mi hai chiamato?” balbettò. “Mi hai chiamato papà?” “Sì, papà, ti ho chiamato papà.” confermò Josh, con tono spiritoso. “Ti voglio bene, figliolo.” “Ti voglio bene anch’io, papà.” 137 Capitolo 19 Dopo una riconciliazione ci si sente rigenerati. Nella propria anima torna a regnare la tranquillità e le lacrime si asciugano sul viso senza tuttavia lasciarlo privo di segni, come un fiume che perde tutta la sua acqua nel periodo di magra lasciando un solco profondo nella terra che ha attraversato. Così le lacrime lasciano profondo il ricordo della sofferenza che le ha causate, anche dopo che il peggio è passato. Il cuore ricomincia a battere regolarmente, il respiro si fa calmo e si ha la sensazione che i polmoni abbiano improvvisamente acquisito la capacità di accogliere più aria al loro interno. Josh aveva vinto una battaglia, ma non ancora la guerra. Per vincere la guerra avrebbe dovuto affrontare l’ultimo, delicato scontro: quello con la sua futura moglie, che lo aspettava in camera con le spiegazioni che cercava. Dopo aver congedato i genitori si prese un po’ di tempo per respirare e recuperare il controllo di se stesso, poi si avviò verso la stanza da letto. “Ho avuto paura...” 138 “Era fuori di sé, non l’avevo mai visto così...” Quei pochi brandelli di conversazione che Josh riuscì ad afferrare da dietro la porta chiusa lo atterrirono. Nikki aveva paura di lui. Di suo marito. Sapeva che non l’avrebbe mai ammesso di fronte a lui; Nikki era una donna forte, avrebbe nascosto il suo reale stato d’animo fino alla morte pur di non lasciar intravedere la sua fragilità. Ma Josh lo avrebbe scoperto lo stesso. La conosceva troppo bene per non accorgersi anche di un sottile cambiamento del suo umore. Nikki era di fronte a Josh come lui aveva appena scoperto di essere di fronte a suo padre. Totalmente inerme e trasparente. Il fatto che Nikki avesse paura di lui lo faceva sentire un mostro. Nessuna donna dovrebbe avere paura del suo uomo, pensava. E in primo luogo nessun uomo dovrebbe fare in modo che la sua donna abbia paura di lui. Se mai Josh le avesse dato un buon motivo per farlo, beh, allora avrebbe rimediato all’istante. Bussò e il bisbigliare sommesso cessò immediatamente. Aprì con cautela la porta e sedute sul letto vide Nora, sua figlia, e la figlia di sua figlia. La madre di Nikki le stava tamponando l’occhio con un fazzoletto 139 di stoffa ripieno di ghiaccio. Nikki rivolse a Josh un rapido sguardo che esternava un misto tra pudore e sottomissione, poi abbassò gli occhi. Tra le sue braccia Victoria dormiva. Per qualche minuto nella stanza regnò il silenzio. Un silenzio che il cuore di Josh colmava con i suoi battiti incessanti e sempre più forti e ravvicinati. Finalmente, dopo cinque minuti passati a evitare l’uno lo sguardo dell’altra, Josh si decise a parlare per pronunciare un sommesso ma distinto: “Dai a me, faccio io.” rivolto a Nora. La donna gli consegnò il fazzoletto senza proferir parola, prese la bambina dalle braccia della figlia e uscì dalla stanza. Josh si sedette al posto di Nora e fece per tamponare il livido violaceo intorno all’occhio di Nikki ma lei si scostò, togliendogli bruscamente l’arnese di mano. “Posso fare da sola, non ho bisogno del tuo aiuto.” Proprio come Josh si aspettava. Paura mascherata con la durezza. “Senti, mi dispiace...” cominciò. Nessuna risposta. Dopo qualche secondo continuò: “Non volevo colpirti. È stato un incidente, ti sei messa lì dietro...” 140 “Quindi adesso sarebbe colpa mia?” Finalmente Nikki si decise a parlare. “No, no, assolutamente, non sto dicendo questo. È solo che... sono stato preso alla sprovvista... era normale che reagissi così.” “Tu la violenza la chiami ‘normale’?” strillò Nikki, in preda alla collera. Scattò in piedi come una molla, con gli occhi iniettati di sangue. “Davanti a nostra figlia, poi!” “Senti, ti ho già detto che mi dispiace, cos’altro vuoi? Dovrei mettermi in ginocchio e chiederti perdono? Ecco, lo faccio, se è questo che vuoi!” Josh si inginocchiò sul pavimento prendendo la mano di Nikki tra le sue. “Perdono, perdono...” cantilenò. “Smettila, non sono in vena di scherzare.” lo ammonì lei, divincolandosi dalla sua presa. “Non stai dando la giusta importanza alla situazione se credi di poterci ridere su!” Lo aiutò ad alzarsi. “D’accordo, perdonami... di nuovo.” Si scusò ancora una volta Josh. Ad un tratto i suoi occhi s’infiammarono e si puntarono rapidamente in quelli di Nikki: “Però tu non puoi certo considerarti del tutto innocente, visto che hai chiamato i miei genitori senza avvisarmi!” 141 Nikki ebbe un attimo di esitazione, in cui si chiese come Josh fosse entrato in possesso di quell’informazione. Avrebbe dovuto restare un segreto tra lei e John, pensò con una nota di delusone. Sperò che almeno quella rivelazione fosse riuscita a calmare le acque tra padre e figlio. “Adesso non cercare di addossarmi tutta la colpa!” urlò. “Hai ragione, avrei dovuto dirtelo. Ho sbagliato, lo ammetto. Ma sappi che l’ho fatto soltanto per te. Non avresti mai accettato di rivedere tuo padre se non fossi stato costretto dalle circostanze. In ogni caso il tuo comportamento è stato imperdonabile! Hai dimostrato una grandissima immaturità e maleducazione. Certo, John non sarà stato il padre migliore del mondo, ma è pur sempre tuo padre e devi portargli rispetto! Non avresti dovuto umiliarlo in quel modo davanti a tutti!” Josh sbuffò. “Ora pretendi pure di farmi la predica!” “Voglio solo che tu riconosca di aver sbagliato. Non crescerai mai se non ti accorgi di quanto tu sia ancora immaturo e impulsivo.” 142 Al risuonar nelle orecchie di quelle parole così familiari Josh ebbe un fremito. Si avvicinò a Nikki, le prese le mani e appoggiò la fronte contro la sua. “Ho chiesto scusa a mio padre, questa è la cosa più importante. Ora voglio sinceramente chiedere perdono a te per averti colpito e a Victoria per aver rovinato la sua festa di compleanno.” sussurrò. “Ti basta?” Nikki fece segno di sì con la testa. “Domani vi porto al mare.” propose Josh. “Così mi faccio perdonare.” Nikki sorrise. “D’inverno?” gli domandò divertita. “Certo!” rispose Josh, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Le famiglie normali vanno al mare d’estate, ma noi non siamo una famiglia normale!” “Avrei dovuto immaginarlo...” sospirò Nikki. Capitolo 20 Il vento di settembre sferzava i visi dei due ragazzi e della piccola Victoria, infiltrandosi 143 nelle cavità oculari con la stessa irruenza di minuscole schegge di ghiaccio. I loro corpi ondeggiavano come fuscelli sospinti dalla brezza fresca. Nikki stringeva la manina della piccola Victoria, che si teneva in piedi a fatica e si protendeva verso le onde che agitavano la superficie del mare; saltellava e oscillava anche lei, come per imitarne il movimento tortuoso. “Victoria sembra avere un amore innato per il mare.” osservò Josh. Nikki sorrise. Non smetteva di guardare quella piccolina che si agitava attaccata al suo braccio. Se lei non l’avesse trattenuta non avrebbe esitato un attimo a precipitarsi tra le braccia gigantesche e pericolose del Pacifico. Quelle stesse braccia che, quasi due anni prima, c’era mancato poco che non si portassero via Josh. Se lo ricordava bene quel giorno. La sera prima Josh era andato a casa sua e avevano passato la notte insieme. La mattina seguente le aveva lasciato una dolcissima lettera sul cuscino in cui le spiegava che era andato a “lavorare per loro”, ovvero a fare immersioni. Qualche ora più tardi in porto era tutto pronto per la partenza. I motori della 144 Hammersley accesi, l’equipaggio già a bordo. Il comandante, Kate, Bomber, Spider, Charge, Buffer, Robert, Swain, c’erano proprio tutti. Tutti tranne Josh. Aveva promesso che sarebbe tornato in tempo, ma non aveva mantenuto la promessa. Nikki ricordava ancora quanto fosse stata in pena in quel momento. Quello che la faceva stare peggio era la consapevolezza di non potersi sfogare con nessuno. La storia d’amore tra lei e Josh doveva restare segreta. Clandestina. Erano partiti senza di lui. Nikki guardava crescere la distanza tra la nave e la banchina. E con essa tutta la sua preoccupazione. E poi l’avvistamento. Otto corpi giacenti sulla spiaggia, equipaggiati con la muta da sub. Una fitta le attraversò improvvisamente il petto. Si sentì mancare il respiro. Spinse via a gomitate i suoi compagni che si affollavano alla postazione d’imbarco, pronti a salire sulla scialuppa che li avrebbe portati a riva. Urlò e sbraitò sotto gli sguardi attoniti di tutti e alla fine riuscì a farsi accordare dal comandante il permesso di partecipare all’operazione di soccorso. Durante il tragitto dalla nave alla 145 spiaggia scrutava in lungo e in largo la costa nella speranza di scorgere Josh, ma era impossibile dato che i subacquei indossavano tutti la stessa muta. Fu la prima a scendere dalla scialuppa e a precipitarsi vicino al primo corpo. Non era Josh. Ed era morto. Ispezionò personalmente tutti gli altri. Morti. L’ultimo doveva per forza essere lui, pensò: gli altri sub erano i suoi compagni, li aveva visti qualche volta e avrebbe saputo riconoscerli. Voltò l’ultimo uomo. Josh. Aveva il volto pallido e irrigidito dal sale e non dava segni di vita. Nikki gli controllò le pulsazioni ed ebbe un sussulto quando sotto le sue dita premute sul collo del ragazzo si fece strada un flebile battito. “È vivo!” urlò con tutte le energie che le restavano in corpo. Josh fu trasportato sulla Hammersley. Nikki ormai non tratteneva più le lacrime: le lasciava scorrere liberamente sulle sue guance come un fiume in piena. Stette vicino a lui per tutto il percorso fino al porto, e poi fino all’ospedale. Non gli lasciò la mano finché non la separarono a forza dal giovane morente e semicosciente disteso sulla barella e diretto in terapia intensiva. 146 Passarono giorni prima che potesse vederlo. Giorni trascorsi nell’agonia del non sapere se Josh si sarebbe salvato o meno. Quando lo aveva trovato, su quella spiaggia maledetta, era ridotto davvero male. Dopo dieci giorni di silenzio arrivò la notizia che Josh si era svegliato e che era fuori pericolo. Le lacrime bagnarono di nuovo il viso di Nikki. Lacrime di gioia, stavolta. Era passato così tanto tempo dal giorno dell’ “incidente”, se così si può chiamarlo: infatti era probabile, anzi, Nikki ne aveva la certezza, che ci fosse di mezzo Fulton. Aveva paura che Josh potesse raccontare del loro incontro sulla barca da pesca e dell’altro incidente, per questo avrà pensato di farla finita per sempre tentando di annegare lui e altre otto vite innocenti. Non a caso, qualche girono prima del risveglio di Josh, delle indagini sulla barca dei sommozzatori avevano rivelato che l’apporto di ossigeno alle bombole era stato modificato da qualcuno, e quel qualcuno non poteva certo essere stato uno di loro. Che senso avrebbe avuto? Per giunta, oltre ad essere un agente federale, Fulton lavorava anche per la stessa società di pesca subacquea di Josh. Possibile 147 che dovessero sempre ritrovarselo tra i piedi? Il caso non era mai stato risolto. Col tempo era passato in secondo piano, fino a essere dimenticato. Dimenticato da tutti tranne che da Nikki: lei non aveva mai smesso di pensarci, neanche un momento. Rivedeva il viso inespressivo e cadaverico di Josh tra le sue braccia su quella spiaggia ogni volta che lo guardava sorridere, pensare, mangiare. “Lasciala andare” “Che cosa, l’orribile sensazione di perderti che ho ogni volta che ti guardo negli occhi?” “No, la bambina, lasciala andare.” “No.” “Sì.” Disse Josh deciso, forzando Nikki ad aprire il pugno serrato per liberare la manina di Victoria. “Se riesci a lasciar andare lei, lascerai andare anche la tua paura.” Appena fu libera, la bimba corse precariamente verso la riva fermandosi a pochi centimetri dall’acqua. Si abbassò e affondò la manina nel liquido gelido. “Hai visto? Non è successo niente.” Sussurrò Josh all’orecchio di Nikki. Questa si strinse a lui. Tremava. “Grazie.” mormorò. 148 “E di cosa?” domandò Josh divertito. “Sono orgoglioso di te.” sussurrò poi, carezzandola dolcemente sulla testa. I due genitori rimasero lì immobili per molto tempo, a guardare come ipnotizzati la figlioletta che andava alla scoperta del mondo. Il loro mondo. Il mare. 149 Capitolo 21 Finalmente era arrivato il giorno tanto atteso. Dopo una serie di lunghe peripezie durate più di un anno e mezzo, finalmente Josh e Nikki potevano compiere quell’ultimo passo, quello che avrebbe chiuso il cerchio e li avrebbe resi una famiglia ancora più unita di quanto già non fosse grazie al supporto reciproco che si erano dati in tutti i momenti di difficoltà che avevano dovuto affrontare. “Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia.” Nikki era bellissima nel suo abito da sposa color pesca, che si intonava perfettamente al colore ramato dei suoi capelli facendola assomigliare a una ninfa marina. L’abito era lungo fino ai piedi e si prolungava anche oltre attraverso un morbido accostamento di pizzi ricamati che si spandevano tutt’intorno a lei come le onde increspate del mare. Il tutto era arricchito da alcune rose di delicata seta qua e là, che andavano addensandosi man mano che si saliva verso il corpetto, completamente ricoperto di quei fiori dai morbidi petali. Aveva i capelli raccolti con un grande fermaglio rosso a 150 forma di stella marina tempestato di paillettes. “Muoviti, Kate.” Nikki incalzò l’amica che stava lottando con l’abito da testimone, uno strettissimo vestito lungo fino al ginocchio e interamente ricoperto di strass blu. “Sto facendo il possibile, ma questo vestito è peggio di una pelle di serpente” si lamentò la donna, ansimando. Dopo svariati tentativi finalmente il vestito entrò e Kate crollò sul divano con un sospiro. Nikki la guardò divertita, scuotendo la testa. “Sai, Nik, dubito che riuscirò ad arrivare viva alla fine della cerimonia.” Disse la bionda mentre abbandonava la testa all’indietro sullo schienale. Nikki sorrise e rimase a contemplare l’amica morente per qualche istante, finché Kate non si alzò barcollando per prendere tutto l’occorrente per il trucco. “Siediti, dai, così ti posso truccare.” Ordinò cercando di assumere un contegno serio per quanto il vestito glielo permettesse. La sposa obbedì e nel giro di un’ora era già truccata e pettinata, pronta per salire sull’altare e sposare l’uomo della sua vita, quello che era rimasto quando tutti se ne 151 erano andati, quello che era stato forte anche per lei nei momenti difficili, quello che era stato per lei l’ultima sponda per essere felice, la luce in fondo al tunnel dell’orrore, sempre e comunque. Il porto risplendeva dei colori del tramonto, decorato a festa per l’evento che di lì a poco avrebbe avuto luogo. Alla fine del lungo molo che si immetteva in acqua con il suo lungo braccio di legno era stato allestito un piccolo patio bianco ricoperto di fiori. Lì era stato posto l’altare. La Hammersley era tornata in porto per l’occasione e ora giaceva tranquillamente attraccata alla banchina. L’equipaggio era già a terra, e non solo quello della Hammersley: tutte le squadre erano scese in porto per il grande giorno e si stavano ora schierando ordinatamente in base alla pattuglia di provenienza. A un lato del molo era attraccata anche la Hammersley II, che attendeva gli sposi per accompagnarli in una splendida luna di miele alla volta delle più belle coste australiane. Sulla fiancata scintillava più che mai la frase che a Josh stava così tanto a cuore: “Il legame con 152 l’oceano non può essere spezzato neanche dalla più possente delle tenaglie.” Nikki pensò che da quel momento sarebbe diventato il loro motto, qualcosa di speciale e segreto, qualcosa in cui ritrovarsi qualora si fossero persi o allontanati, qualcosa che avrebbero condiviso per sempre. Una frase da pronunciare come una preghiera nel buio tenebroso della notte per ritrovare la pace. Dalla finestra del salotto di Kate, la cui casa si affacciava sul porto, la sposa contemplava pensierosa la scena che si stava animando sotto i suoi occhi. La gente che correva in qua e in là per accaparrarsi prima di tutti un posto in prima fila contrastava con l’immobilità quasi statuaria dei militari della Marina, sistemati tutt’intorno alle file di sedie bianche. A mezz’ora dall’inizio della cerimonia il porto era gremito di gente e Nikki scrutava i visi – conosciuti e non – in cerca di quello di Josh, ma non riuscì a scorgerlo. Si stava innervosendo. “Dove diavolo si è cacciato Josh?” pensò ad alta voce. Tutta quell’attesa era frustrante. Kate si avvicinò alla finestra e guardò giù: 153 proprio in quel momento una grande macchina nera si stava fermando all’inizio del corridoio di accesso al molo, lungo il quale era stato steso un bel tappeto rosso. “Guarda, eccolo lì.” Kate fece segno alla sposa di guardare in basso. Dalla vettura fecero capolino tre uomini, uno biondo, uno moro e uno brizzolato. Josh e i suoi testimoni Buffer e Mike sfilarono lungo tutto il molo fino a raggiungere la loro postazione accanto all’altare. Nikki rimase a fissarli per alcuni minuti come incantata, gli occhi che le brillavano. Josh era la sua luce, era la fiamma che accende la candela e che riscalda sia il corpo che l’anima, era il sole che subentra alla luna per rischiarare il giorno quando la notte volge al termine. Sì, Josh e Nikki erano un po’ come il sole e la luna, che si sostengono a vicenda quando il tempo di uno dei due sta per finire e le sue forze non bastano più per mantenere accesa la luce nel mondo. Così Nikki e Josh si offrivano aiuto reciproco quando l’uno o l’altra non era abbastanza forte per mantenere accesa la luce nella propria anima. Erano due luci complementari e differenti: debole ma ipnotica quella della 154 luna, il lato femminile; forte e quasi eccessiva quella del sole, il lato maschile. Proprio per questo motivo, attraverso l’amore Josh donava un po’ della sua luce alla sua amata luna, in modo da permetterle di brillare di luce propria qualora lui non fosse stato presente. E la luna assorbiva quella luce quasi fosse un nutrimento da sempre atteso. La marcia verso l’altare sembrò durare secoli. Nikki avanzava sul tappeto rosso con passo incerto, sostenuta da quello sicuro di suo fratello Lance, che faceva le veci del loro defunto padre. La brezza marina incorniciava la scena e li accompagnava anche in quel momento come un angelo custode. La marcia nuziale risuonava solenne nell’aria e Nikki si sentiva avvampare sotto gli sguardi fissi degli invitati. Poco più avanti, Josh la stava aspettando; la sua postura era a dir poco ingessata, quasi buffa, e sul suo viso spiccava un enorme sorriso. Nikki ricambiò il suo sguardo divertita. Accanto a Josh, Buffer e Mike se ne stavano anche loro ritti come due manici di scopa. Le uniche a 155 sembrare a proprio agio erano Kate e Bomber, le testimoni della sposa, che la osservavano avanzare con i loro sguardi sognanti. Sicuramente stavano pensando a quando sarebbe arrivato il loro, di grande giorno. Una volta raggiunto il patio bianco, Lance pose la mano di sua sorella in quella dello sposo e prese posto accanto a Nora. Josh salutò Nikki con un leggero bacio sulla guancia e la strinse dolcemente a sé, assaporando l’aroma di mirtilli e vaniglia che creava un connubio perfetto con l’odore di salsedine che s’infiltrava tra i suoi capelli. Per tutta la durata della cerimonia Nikki e Josh non si staccarono un attimo gli occhi di dosso. Quelli blu di lui immersi in quelli grigio-verde di lei. Le mani fredde di lei strette in quelle calde di lui. “Nicole, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.” “Josh, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.” 156 “In virtù dei poteri a me conferiti, io vi dichiaro... marito e moglie. Lo sposo può baciare la sposa.” Tutte le emozioni che li avevano travolti negli ultimi anni si affollavano ora nei loro cuori e si rivelavano in quel bacio pieno di passione. La notizia della gravidanza. La sorpresa di Josh. Victoria. Le incomprensioni. La proposta di matrimonio. Fulton. L’ospedale e gli sguardi addolorati di tutti i loro cari quando avevano temuto che fosse davvero la fine. La morte di Anthony. La riconciliazione tra Josh e suo padre. Il mare. Il loro amato mare. La loro storia non poteva che concludersi con il frastuono delle onde che si infrangevano sulla banchina esplodendo in un miriade di spruzzi come fuochi d’artificio. 157