Capitolo 1 La porta della cabina del comandante

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Capitolo 1 La porta della cabina del comandante
Capitolo 1
La porta della cabina del comandante Mike
Flynn si aprì. Entrò un uomo non
particolarmente muscoloso, cosa alquanto
strana per un Marine. Aveva i capelli biondi
e ricci, sembrava un angelo. In più aveva
anche gli occhi blu come l’oceano che lo
circondava. Era Josh Holiday, tecnico
elettronico della Hammersley, anche
conosciuto con il soprannome di ET.
“Signore, ha un momento?”
“Certo, ET. Che succede?”
“Volevo dirle che questi due anni passati al
servizio della Marina Australiana sono stati
i migliori della mia vita e di questo non
posso che ringraziare lei, che mi ha accolto
su questa nave come un figlio.”
Mike Flynn rise. “Perché mi dici questo?
Non capisco.”
“Lascio la Marina. Per sempre.”
“Come sarebbe a dire che lasci la Marina?!
Perché? È successo qualcosa? ET, parla! Che
diavolo ti prende?!”
ET era immobile, appoggiato al muro, lo
sguardo fisso a terra. Si stuzzicava i riccioli
con la mano sinistra com’era solito fare prima
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di confessare qualcosa di imbarazzante, ma
stavolta era diverso. Non doveva fare una
confessione imbarazzante, no. Doveva trovare
un modo per dire a Flynn che se ne andava
per costruire una vita familiare con Nikki.
Come cavolo avrebbe fatto a spiegargli che si
era innamorato di un membro del suo stesso
equipaggio – trasgredendo le ferree regole
della Marina - e che poi la situazione gli era
sfuggita di mano? A proposito, ora che ci
pensava, cosa aveva detto Nikki al
comandante per farsi rimandare a casa? Che
era incinta, certo, ma come mai lui non le
aveva chiesto chi fosse il padre? Magari glielo
aveva chiesto, e magari lei glielo aveva anche
detto, ma allora perché in quel momento si
mostrava così stupito dal suo desiderio di
andare via? Doveva fare una cosa rapida e
indolore.
Doveva
essere
diretto
e
assolutamente sincero. Sì, avrebbe fatto così.
“Signore, io sono il padre del bambino che
Nikki porta in grembo e come tale sento il
bisogno di prendermi cura della mia nuova
famiglia. So che questa relazione non
sarebbe mai dovuta cominciare, ma
dopotutto al cuore non si comanda…
Accetterò qualsiasi sanzione disciplinare a
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riguardo ma la prego, mi faccia tornare a
casa.”
“Apprezzo che tu ti assuma le tue
responsabilità sia nell’ambito familiare che
in
quello
lavorativo,
ET.
È
un
comportamento molto maturo da parte tua.
Tuttavia, eri a conoscenza del regolamento
della Marina e hai infranto la regola
principale. Quel regolamento è stato redatto
per tutelare te e tutti gli altri membri della
Marina. E quella regola è stata inserita
perché
sono
stati
riscontrati
dei
mancamenti nell’adempimento di alcuni
compiti, dovuti alle distrazioni create dalle
relazioni sentimentali. Non si può rischiare
di mettere a repentaglio la vita
dell’equipaggio e dei civili per colpa
dell’amore.”
“Signore, perdoni la sfrontatezza, ma mi
permetto di dire che l’amore di per sé non è
mai causa di disgrazie. L’amore bisogna
saperlo custodire e controllare perché è
qualcosa di più grande di noi e se sfugge di
mano, allora sì che può diventare
pericoloso. C’è bisogno di grande forza
d’animo e determinazione per controllarlo.
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Personalmente credo che io e Nikki
possediamo queste due qualità.”
“In effetti su questo non posso che darti
ragione, ET. Voi due mi avete fatto ricredere
sul fatto che fosse impossibile coordinare
amore e lavoro. Siete riusciti a controllare
pienamente
i
vostri
sentimenti,
continuando a svolgere regolarmente ed
egregiamente i vostri incarichi sulla nave.
Questo vi fa onore, dico davvero.”
“La ringrazio, signore.”
“Accoglierò le tue dimissioni e comunicherò
la tua decisione al Comando. Va’ da Nikki e
abbi cura di lei. Vi auguro tutto il meglio.”
“Ancora grazie, signore.”
ET abbracciò il comandante della
Hammersley, gli strinse la mano e si
congedò.
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Capitolo 2
Josh infilò la chiave nella serratura e gli
parve di trasferire in quel piccolo pezzo di
metallo tutti i suoi pensieri. Non poteva
crederci: in soli tre mesi era riuscito a
raccogliere più di cinquantamila dollari
lavorando per un’associazione di pesca
subacquea. Con tutti quei soldi avrebbe
potuto mantenere la sua famiglia ed essere
al contempo un padre presente. Certo, lo
scopo principale per cui aveva raccolto quel
denaro era per riuscire a mantenere una
famiglia tutta sua senza dover passare gran
parte della sua esistenza su una nave,
perché se suo figlio fosse dovuto crescere
senza poterlo mai vedere non se lo sarebbe
mai perdonato. Ma in realtà una parte dei
soldi aveva intenzione di usarla per fare una
piccola sorpresa alla sua dolce metà.
In casa tutto taceva. Dalle vetrate, coperte
da sottili tende bianche, entravano i primi
raggi del mattino, che nell’arco di un’oretta
sarebbero giunti a baciare il viso di Nikki,
addormentata sul divano. Josh si avvicinò in
punta di piedi e si accovacciò accanto a lei.
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Le passò dolcemente una mano tra i capelli
guardando alternativamente gli occhi chiusi
e il pancione di cinque mesi della ragazza,
nel quale stava crescendo pian piano la loro
bambina. Improvvisamente gli tornò in
mente la prima volta che l’aveva vista, in
divisa, al porto base. Si guardava intorno
tutta fiera. Da quel suo atteggiamento aveva
capito subito che Nikki era una ragazza
abituata a comandare, ed era certo che ben
presto avrebbe comandato anche il suo
cuore. Quanta strada avevano fatto insieme,
da quel giorno ormai lontano, quante ne
avevano passate… i sentimenti soffocati, i
baci in segreto, le bugie inventate per stare
un po’ insieme, e poi la gravidanza, l’euforia,
e ancora bugie per nascondere qualcosa che
ormai stava diventando più grande di loro.
Ma in fondo erano felici, felici di costruire
una famiglia con dei bambini, felici di
fantasticare su un matrimonio che
probabilmente non si sarebbe mai potuto
celebrare, ameno finché fossero rimasti a
bordo della Hammersley. Questo però non
potevano dirlo a nessuno, tranne che a loro
stessi. “Il bambino è di Brad Johnson, con
cui ero fidanzata fino a qualche mese fa.”
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Era questo che Nikki doveva aver detto ai
compagni quando aveva comunicato loro
che avrebbe lasciato la Marina, intuì Josh.
Dopo un po’, però, gli altri dovevano aver
scoperto la menzogna, dato che non
mancavano di avere un certo fiuto per le
questioni sentimentali complicate. Inoltre, il
comportamento di Josh non contribuiva
affatto a mantenere la questione segreta.
Era cambiato, sulla nave era taciturno e ogni
volta che scendevano a terra prendeva
immediatamente lo scooter e correva via.
Sicuramente l’equipaggio non aveva creduto
neanche un po’ a quella storiella. In
conclusione, tutti sapevano della relazione
tra Josh e Nikki a eccezione del comandante,
che non era presente il giorno in cui la
ragazza aveva salutato i compagni
spiegando i motivi del suo abbandono. Il
comandante, tuttavia, nutriva a sua volta dei
sospetti, che non esitava a palesare al
ragazzo ogni volta che ne aveva l’occasione.
Col passare del tempo Josh aveva iniziato a
mostrare sempre più insofferenza verso le
pressioni di Flynn, e questo lo aveva spinto
a confessargli tutta la verità. E quindi eccolo
lì, accanto alla donna amata e desiderata per
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tanto tempo, a ripensare al passato. Ma in
quel momento doveva pensare al futuro, al
suo futuro con Nikki. E con sua figlia.
“Josh… sei tu?” farfugliò Nikki, assonnata.
“Mi hai aspettato sveglia tutta la notte?”
“Ho cercato di aspettarti sveglia tutta la
notte.” precisò lei tirandosi su a fatica, a
causa del pancione, e appoggiando la sua
mano su quella di Josh, che le accarezzava
ancora il viso.
“Lo sai che nel tuo stato non ti fa bene…”
“Ma mi mancavi…”
“Anche tu mi sei mancata moltissimo.”
I due si baciarono, quasi a compensare tutte
quelle volte che non avevano potuto farlo
perché il lavoro li aveva tenuti separati. Poi
il ragazzo tirò fuori dalla tasca una busta.
“E questa?” fece lei.
“Aprila.”
Nikki rivolse a Josh uno sguardo
interrogativo. Una volta aperta, dalla busta
fuoriuscì un mazzo di banconote colorate.
La ragazza rimase pietrificata, nemmeno
avesse visto un fantasma.
“Ma ci sono moltissimi soldi! Dove li hai
presi?” domandò, appena si fu leggermente
ripresa.
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“Li ho guadagnati.” spiegò lui, con l’orgoglio
decisamente palpabile nella sua voce.
“Ma come? Quando?” Nikki era sempre più
euforica.
“Con le immersioni. Ho cominciato tre mesi
fa, subito dopo aver saputo che aspettavi il
bambino.”
“Perché? Ti sentivi forse obbligato a
mantenerci?”
“No, in realtà l’ho fatto per poter lasciare la
Marina il prima possibile e stare di più con
voi, mi mancavate tantissimo. E l’ho fatto
anche perché non sopportavo più le
pressioni di Flynn. Alla fine ho dovuto dirgli
tutto, mi dispiace. Per colpa mia adesso
siamo nei guai.”
“Non preoccuparti. Prima o poi doveva
capitare, no? Ce la faremo insieme, come
abbiamo sempre fatto. Io e te contro tutti.”
“Ti amo.”
“Anch’io.” Così dicendo Nikki sorrise, ma a
un tratto il sorriso le si congelò sul volto.
“Aspetta un attimo… hai lasciato la
Marina?!”
“Si!” esclamò Josh, entusiasta.
“Ma era il tuo sogno!”
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“I sogni cambiano. E adesso il mio sogno sei
tu.”
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Capitolo 3
Josh costrinse Nikki ad andare a letto,
poiché erano le cinque del mattino e la
ragazza aveva passato quasi tutta la notte in
bianco per vederlo ritornare. Si svegliò nel
primo pomeriggio, molto affamata. Preparò
tre toast con formaggio e prosciutto e una
tazza di tè, suscitando lo stupore di Josh.
“Hai davvero intenzione di mangiarli tutti?”
“Ho fame.” rispose Nikki, secca.
“Non voglio avere un bisonte come figlia.”
protestò Josh.
“Tu non ti preoccupare.”
“Perché, invece di mangiare, non esci un po’
a prendere una boccata d’aria?” suggerì lui.
“Dopo.”
“No, ora.” si impose categoricamente Josh
“Ti porto in un posto.”
Josh afferrò Nikki per una mano e la spinse
dolcemente sull’uscio, dandole appena il
tempo di posare sul tavolino il vassoio con il
cibo, poi si avviarono insieme verso la
macchina.
“Dove stiamo andando?” chiedeva in
continuazione lei, durante il viaggio.
“Sorpresa.” continuava a rispondere lui.
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Si fecero le sei. Arrivarono al molo, che a
quell’ora del pomeriggio risplendeva di un
chiarore
quasi
fiabesco,
sui
toni
dell’arancione. I gabbiani sorvolavano il
mare urlando, e si posavano sui pennoni
delle barche ormeggiate ripiegando le
grandi ali. Josh parcheggiò e scese dall’auto.
Fece il giro e aprì la portiera a Nikki. La
ragazza scese a sua volta e lui le coprì gli
occhi con le mani.
“Che stai facendo?” chiese Nikki sorridendo.
“Cammina avanti, ti guido io. Ecco, così,
brava… adesso a sinistra, sì… ok, ora
fermati.”
I due ragazzi percorsero il molo insieme,
l’uno dietro l’altra. I passi incerti di Nikki
erano guidati da quelli forti e sicuri del suo
ragazzo, proprio come succede tra gli
innamorati: ci si sostiene a vicenda e grazie
alla forza dell’altro ognuno supera le
proprie debolezze.
Si fermarono davanti a un’imbarcazione
non molto grande, ma davvero particolare:
era verniciata di azzurro, il colore preferito
di Nikki, e su una fiancata si leggeva la frase
“Il legame con l’oceano non può essere
spezzato neanche dalla più possente delle
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tenaglie”. Dall’altro lato, il nome della barca
splendeva in lettere argentate: Hammersley
II.
Josh tolse lentamente le mani dagli occhi di
Nikki e le posò sul suo pancione, in un
tenero abbraccio.
“E questa… cos’è?” chiese lei per avere
conferma di quello che stava vedendo.
“È una barca… pensavo lo avessi capito.”
rispose Josh, mostrando finta delusione.
“Tu… hai fatto tutto questo per me?”
“Per noi. A me mancherà la vita in mare, e
credo anche a te. Perché il legame con
l’oceano non può essere spezzato neanche
dalla più possente delle tenaglie.” recitò
solennemente il ragazzo leggendo i versi
scritti sulla fiancata dell’imbarcazione.
Nikki si voltò a guardarlo in quei suoi occhi
color del mare e non poté né volle resistere
all’impulso di baciarlo. Dopo vari secondi i
due si sciolsero dall’abbraccio che li teneva
uniti; Josh si avvicinò alla barca, collegata al
molo tramite un ponticello mobile, e
attraversò quest’ultimo, porgendo la mano
a Nikki per far salire anche lei sul loro
piccolo nido d’amore galleggiante.
“Dove vogliamo andare?” chiese Josh.
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“Dove ci porta il vento.” rispose Nikki,
prendendo il timone.
La barca si staccò dalla banchina e iniziò a
prendere il largo. Il vento scompigliava
capelli dei due innamorati, che si sentivano
a casa. Eppure erano così piccoli nella
vastità di tutto quello che li circondava… da
soli erano come gocce nell’oceano, come
formiche nel deserto, come pettirossi nella
foresta: insignificanti. Ma insieme erano
l’oceano, il deserto e la foresta stessi.
Una volta raggiunto il largo, si fermarono ad
ammirare il tramonto.
“Posso farti una domanda?” chiese Nikki, a
un tratto.
“Certo che puoi.”
“Perché Hammersley II?”
“Perché la Hammersley è la nave che ci ha
fatto incontrare. E scegliendo questo nome
spero che questa piccola barca ci faccia
restare uniti.”
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Capitolo 4
Erano ormai trascorsi quattro mesi da
quando Josh aveva fatto ritorno a casa e i
due ragazzi avevano avuto tutto il tempo di
ritrovare la confidenza che era andata via
via scemando nel corso dei lunghi mesi che
il ragazzo aveva passato in mare. Una volta
compiuto il sesto mese di gravidanza Nikki
aveva fatto l’ecografia per conoscere il sesso
del bambino, e il monitor dell’ambulatorio
medico aveva rivelato la presenza di una
bella bimba nella sua pancia. Ora, incinta di
otto mesi e tre settimane, aspettava solo il
momento in cui avrebbe potuto conoscere
sua figlia. Mancava così poco.
Alle 2.10 del mattino del 3 settembre Nikki
si svegliò in preda a forti dolori di pancia. Le
sue urla fecero svegliare anche Josh.
“Che succede? Nikki, che hai?” domandò il
ragazzo, spaventato, avvicinandosi a lei e
appoggiando una mano sul suo addome
gonfio.
Nikki era seduta sul letto e si teneva il
pancione ansimando.
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“Dobbiamo andare in ospedale, la bambina
sta arrivando!” strillò la ragazza.
Per un istante gli occhi di Josh si riempirono
di chiaro terrore ma poi, una volta
realizzato che sua figlia stava per venire al
mondo, si decise a prendere in mano la
situazione. La aiutò a scendere dal letto e
rapidamente si diressero verso la macchina.
Josh era nervoso, molto nervoso. Per tutto il
viaggio non disse una parola. Guardava
dritto avanti a sé e si mordeva il labbro.
Intanto Nikki, seduta accanto a lui,
respirava a fatica e cercava invano il suo
conforto.
Arrivarono alla clinica di Sydney alle 3:15.
Josh, con una mano sosteneva il braccio di
Nikki sopra la sua spalla, con l’altra le
accarezzava il pancione. Entrambi avevano
un’espressione sconvolta. Il caporeparto,
avendo
compreso
immediatamente
l’agitazione del ragazzo, prese con sé Nikki
per sottoporla ai preparativi necessari e
bisbigliò
qualcosa
all’orecchio
dell’infermiera, che annuì. La donna porse
un bicchiere d’acqua a Josh.
“Prego, signore, vuole accomodarsi in sala
d’attesa?” gli domandò gentilmente. Il suo
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atteggiamento così rilassato lo irritò
alquanto. Perché, in un momento simile, lei
doveva essere così tranquilla? Josh era
troppo scosso per capire che stava soltanto
cercando di calmarlo.
“Dove la state portando?” domandò con
voce tremolante.
“Il dottor Shay la sta preparando per il
parto.”
“Voglio entrare in sala parto con lei.”
“Non si preoccupi, signore, quando sarà
pronta la chiameranno. Intanto si sieda.”
L’infermiera tentò di farlo sedere su una
sedia spingendolo da una spalla con un
gesto apprensivo, ma Josh si rifiutò
categoricamente. Continuava a fissare la
porta dietro la quale era sparita Nikki
insieme al medico.
Avendo visto che il tentativo di farlo
accomodare era andato a vuoto, la donna
provò ad attaccare bottone.
“Potrei sapere i vostri nomi? Devo
registrarvi.” cominciò, prendendo in mano
una cartellina dallo scaffale dietro il
bancone dell’ingresso.
“Josh Holiday e Nicole Caetano.” rispose
Josh, sbrigativo.
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“Siete molto giovani, vedo.” commentò
l’infermiera, mentre annotava i nomi sul
foglio nello spazio adeguato.
“Io ho trentatré anni e Nikki ne ha
ventiquattro.”
“È la sua fidanzata?”
“Sì.”
“È bello vedere persone così giovani che
vogliono mettere su famiglia. È il vostro
primo figlio?”
“Sì.” Josh continuava a rispondere a
monosillabi a tutte le sue domande, ma
l’infermiera non sembrava infastidita da
questo suo comportamento. Probabilmente
era abituata a trattare con i giovani padri e
le loro insicurezze.
“L’avevo capito dai vostri sguardi… si vede
che siete ancora inesperti.”
“Impareremo col tempo.” Il tono di Josh era
piatto e il suo sguardo rigorosamente
rivolto verso il pavimento tirato a lucido
della sala.
“Sicuramente. È da tanto che state insieme?”
“Due anni.”
“E come vi siete conosciuti?” Il livello di
curiosità della donna era inversamente
proporzionale alla partecipazione emotiva
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di Josh a quella discussione. “Oh, mi
perdoni, forse sono stata un po’ indiscreta…
è che mi appassionano molto le storie
d’amore tra giovani ragazzi…” aggiunse
subito dopo, sentendosi a disagio.
“Non si preoccupi, mi fa piacere parlarne.”
Finalmente Josh stava cominciando a
sciogliersi, proprio come la donna aveva
previsto. Era certa che non avrebbe rifiutato
di parlare di quella che di lì a poco sarebbe
diventata la madre di suo figlio. Questa
volta poteva dire di aver finalmente colpito
nel punto giusto.
“Ci siamo conosciuti su una nave della
Marina. Lei era un tenente, mentre io un
semplice marinaio. Abbiamo portato avanti
una relazione segreta finché non ha
scoperto di essere incinta. Sa, la Marina
impone regole severe riguardo all’amore:
non ci possono essere relazioni tra membri
dello stesso equipaggio.”
“Una storia complicata, insomma.”
“Già.”
A un tratto il medico che aveva preso Nikki
con sé uscì dalla stanza.
“Siamo pronti, signore. Se vuole può
entrare.” annunciò, mentre consegnava a
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Josh gli indumenti sterilizzati senza
nemmeno aspettare la sua risposta.
In un attimo il ragazzo si ritrovò catapultato
nella sala parto dove Nikki lo stava
attendendo con ansia. Si accovacciò accanto
alla fidanzata e le prese la mano, ma lei
gliela stritolò.
“Aaah! Hey, hey, fa’ piano! Mi vuoi staccare
un dito?!” urlò Josh.
Nikki non rispose. Era troppo occupata a
sopportare il dolore lancinante che la
teneva prigioniera da ore.
“Signor Holiday, lei non dovrà fare altro che
asciugare la fronte della sua ragazza… e
tranquillizzarla, ovviamente. Si sente
pronto?” disse il dottor Shay.
Josh annuì debolmente, cercando di
nascondere un certo tremolio di terrore.
“Allora cominciamo. Quando senti una
contrazione spingi, Nikki.”
Le urla di Nikki avevano ormai reso sordo il
povero Josh, che riusciva a stento a
sopportare la sua stretta di mano. ‘Sto
morendo di dolore, per questa stretta’
pensava ‘figuriamoci se dovessi partorire!
Ma come fa lei a volere altri figli se deve
soffrire così tanto?’
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Dopo due ore di tortura, finalmente alle
grida di Nikki si sostituì il pianto di un
bambino, anzi, di una bambina. La loro
bambina. Pesava 2,3 chili e aveva un
colorito roseo – tendente più al rosso che al
rosa - e pochi capelli scuri in testa. Josh
sorrise insieme a Nikki, che sorrideva già da
un pezzo, e insieme guardarono il dottore
avvolgere la piccola in un asciugamano e
portarla da loro.
“Congratulazioni, ecco la vostra bambina.”
disse, con un sorriso che gli andava da
orecchio a orecchio.
Josh e Nikki si guardarono, raggianti. Non
potevano crederci: solo due anni prima si
trovavano sulla Hammersley alle prese con
una storia d’amore impossibile e ora erano
lì, con la loro bambina tra le braccia. Tra
lacrime e sorrisi si baciarono, sotto gli
sguardi soddisfatti dell’infermiera e del
dottor Shay. Era sempre una gioia vedere
due genitori abbracciare per la prima volta
il loro figlioletto, specialmente se era il
primogenito.
Una volta chiusa la porta della camera
d’ospedale, Josh si trovò davanti un tenero
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quadretto: Nikki era a letto con un piccolo
fagotto rosa tra le braccia. Dalla copertina di
lana provenivano di tanto in tanto dei
mugolii, accompagnati dalla goffa agitazione
di due manine minute. Josh sorrise e senza
staccare gli occhi da madre e figlia si
avvicinò al letto. Una volta giunto in
prossimità del fagottino, scorse un visino
corrucciato fare capolino tra i risvolti della
coperta. Si sedette sul bordo del letto e
allungò una mano verso la piccola, che si
dimenava ancora tra le braccia della
mamma. La bimba serrò le piccole dita
attorno all’indice di Josh, non riuscendo
tuttavia ad avvolgerlo completamente. Josh
sorrise al contatto con la manina umida e
calda di sua figlia.
“Ha i tuoi occhi” osservò Nikki, con una nota
di orgoglio misto ad emozione nella voce.
“E la tua bellissima bocca” aggiunse Josh,
distogliendo lo sguardo dalla bambina per
incontrare più in alto gli occhi grigio-verdi
della donna che amava. Josh e Nikki
rimasero a guardare l’uno la felicità che
straripava dagli occhi dell’altra per qualche
decina di secondi.
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“Comincia una nuova vita.” disse Nikki,
rompendo il breve silenzio che si era creato
nella stanza.
“Comincia una nuova vita.” concordò Josh,
sempre mantenendo il contatto visivo con la
fidanzata. Avrebbe voluto restare a
guardare quegli occhi grigio-verdi per
sempre, fino a conoscerne a memoria ogni
singola sfumatura. Dopo un po’ si convinse a
interrompere il contatto visivo per dare un
bacio sulla fronte di Nikki e un altro su
quella della figlia, che gli toccò le guance con
le piccole dita. Poi sussurrò, rivolto alla
piccola:
“Benvenuta al mondo, Victoria Jane
Holiday.”
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Capitolo 5
Josh avvisò tutti i conoscenti della nascita
della sua bambina, specialmente i membri
dell’equipaggio della Hammersley, che
attendevano da tempo notizie. Il tenente
Kate McGregor riuscì a farsi accordare un
permesso speciale per andare a trovare i
nuovi genitori in ospedale. Portò delle
scarpine rosse per la piccola, ancora troppo
grandi per lei, e si complimentò con i
ragazzi. Chiese poi a Nikki se aveva
intenzione di tornare sulla nave, ma lei
rispose che non avrebbe ripreso a lavorare
per la Marina. Kate sembrava quasi
dispiaciuta del fatto che non avrebbero più
lavorato insieme. E pensare che durante i
primi mesi in cui erano state colleghe
c’erano state non poche tensioni tra di loro,
perché Nikki temeva che la bionda le
avrebbe rubato la scena; lei era sempre
stata l’unica donna a bordo, fino a quel
momento. Con il passare del tempo
fortunatamente l’attraente ufficiale di rotta
aveva cambiato opinione su Kate, tanto da
stringere con lei un legame praticamente
indissolubile. Alla donna sarebbe di certo
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mancata la sua fidata compagna, nonché
migliore amica Nik.
Anche il comandante Mike Flynn si presentò
in ospedale. Dopo i consueti complimenti,
ricordò loro che c’era una questione in
sospeso che andava subito chiarita:
“Ragazzi, mi dispiace interrompere questo
momento per voi così sereno, ma dobbiamo
chiarire una questione che è rimasta in
sospeso e preferisco farlo il prima
possibile.”
“Le sanzioni.” si affrettò a dire Josh, che
voleva evitare uno dei soliti giri di parole
del comandante.
“Esatto, ET. Sono venuto a dirvi che non
sarete puniti in nessuna maniera per il
vostro comportamento.”
“Come, scusi?!” esclamarono i due ragazzi
all’unisono.
“Al
comando
hanno
esaminato
attentamente il vostro caso e hanno
modificato il regolamento.” spiegò Flynn,
porgendo a Josh un foglio di carta su cui
erano stampate delle frasi a caratteri
cubitali. “Leggilo ad alta voce, per favore.”
gli intimò.
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“ ‘Sono permesse relazioni amorose tra
membri dello stesso equipaggio purché i due
in questione, qualora si trovassero in
pubblico, comunichino utilizzando toni
formali e non manchino mai di adempiere ai
loro incarichi.’ ” lesse il giovane, con un
sorrisetto che cominciava ad allargarsi sulle
sue labbra.
“In sintesi, le relazioni sono permesse a
patto che non abbiano ripercussioni sul
lavoro.” chiarì Mike, cercando di non far
trasparire le sue emozioni. In fondo quel
cambiamento interessava anche lui e Kate.
“Il comando ha effettivamente riconosciuto
che con questa rettifica i vantaggi
avrebbero superato i danni.”
A quest’ultima osservazione i volti dei due
ragazzi si fecero perplessi.
“Quello che intendo dire è che questa
decisione comporterà certamente dei danni
perché i soggetti interessati saranno
comunque in parte distratti dal lavoro, ma
avrà allo stesso tempo vantaggi - che
saranno superiori ai danni - perché i due,
non sentendosi vincolati dalla Regola di
Non Fraternizzazione, non rischieranno di
passare gran parte del loro tempo sulla
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nave a cercare espedienti per non farsi
scoprire o peggio non cercheranno di
tenere nascoste gravidanze o altro
mettendo a repentaglio la propria vita e
quella dell’eventuale bambino.” si affrettò a
spiegare
il
comandante,
cogliendo
l’espressione dei due ragazzi. “Non siete i
primi nella Marina ad aver portato avanti
una relazione segreta e proibita; si sono
verificati altri casi prima di voi che hanno
avuto conseguenze anche molto gravi: sei
anni fa un sottoufficiale donna è rimasta
incinta del comandante della stessa nave su
cui lavorava; sfruttando il fatto che la sua
pancia non fosse molto evidente, ha portato
avanti la gravidanza in segreto fino al
momento del parto senza fare neanche un
controllo durante i nove mesi. La donna
aveva un distacco parziale della placenta ed
è morta durante il parto. Con lei è deceduto
anche il figlio.” Mike parlava con tono
piatto, ma in realtà il suo cuore avrebbe
voluto urlare di dolore al ricordo della
morte della sua adorata Liz. Dal giorno in
cui se n’era andata aveva imparato a
nascondere ogni emozione sotto quel tono
duro da comandante, indifferente e
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superiore a tutto. Visto che non gli era
possibile ingannare se stesso, sperava che
almeno in questo modo sarebbe riuscito a
ingannare chiunque lo avesse spinto – per
qualunque motivo – a raccontare quel
terribile episodio.
Gli occhi di Nikki si fecero lucidi. La
immaginò,
quella
donna,
sola
e
abbandonata, in quella stanza dove si
trovava lei fino a qualche ora prima. Quella
stanza in cui avrebbe dovuto trovare la luce
una vita, e in cui invece avevano trovato la
morte sia lei che la nuova vita. L’immagine
del suo corpo che si afflosciava pallido e
senza vita sul lettino della sala parto con gli
occhi sbarrati dopo l’ultima, disperata
spinta si cementò nella sua testa, senza
accennare a lasciarla. Josh notò il dolore sul
volto
della
ragazza
e
avvolse
amorevolmente un braccio intorno alle sue
spalle, stringendola forte.
Nikki parve calmarsi.
Mike intuì che era giunto il momento di
lasciare soli i novelli genitori, così si avviò
verso l’uscita e si voltò a guardarli un’ultima
volta, fermandosi sulla soglia. I due giovani
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genitori fecero istintivamente il saluto
militare, alzando la mano in direzione della
fronte. Flynn sorrise, rispose al saluto e
sparì dietro l’angolo.
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Capitolo 6
Pochi giorni dopo Nikki fu dimessa
dall’ospedale. I primi giorni in casa con un
figlio sono sempre i più difficili, perché
bisogna abituarsi a un cambiamento di
dimensioni non indifferenti, rifletteva la
ragazza mentre guardava fuori dal
finestrino dell’auto, con la testa appoggiata
al vetro freddo. Le madri devono essere
pronte a prendere in mano le redini di
un’altra vita che dipenderà da loro per
molto, molto tempo. E i padri, già, i padri!
Loro hanno bisogno di più tempo per
elaborare la nuova situazione. Dunque non
avrebbe potuto contare granché su Josh,
concluse. ‘Nella maggior parte dei casi, nei
giorni seguenti il parto, le nuove madri
tendono a diventare irascibili e paranoiche
e possono interpretare l’insicurezza del
partner come una mancanza di affetto e
arrivare perfino a dubitare del suo amore.’
Le parole dell’articolo sul settimanale ‘Me
and my baby’ riaffioravano ora nella testa di
Nikki, come per ricordarle l’inevitabile
destino al quale sarebbe andata incontro nei
mesi a seguire.
30
Victoria era una bambina tranquilla. Non
piangeva quasi mai ma aveva comunque
bisogno di essere seguita e accudita, come
tutti
i
neonati.
Nonostante
fosse
consapevole dell’importanza del suo ruolo
all’interno della famiglia, Nikki faceva fatica
ad abituarsi alla novità: era passata da una
relazione nata quasi per gioco a un rapporto
serio che sarebbe durato tutta la vita,
perché ora che aveva una figlia le sembrava
giusto che dovesse avere due punti di
riferimento stabili su cui contare.
“Josh, aiutami con questi pannolini.”
Nikki era appena tornata a casa dopo aver
fatto scorta di pannolini al discount. Aprì la
porta con un calcio poiché aveva le mani
impegnate con le innumerevoli buste. La
porta ruotò intorno al cardine e sbatté
contro la parete retrostante producendo un
suono simile a un’esplosione.
Josh si fece strada nel corridoio
dell’appartamento, ormai invaso da coperte,
tutine e biberon, e le andò incontro. Prese
due buste e le appoggiò pesantemente sul
tavolo della cucina.
31
“Si può sapere che ti prende?” gli domandò
la ragazza, cogliendo l’espressione svogliata
sul suo viso.
“Perché?” fece lui voltandosi a guardarla
con una faccia esterrefatta, come se non
l’avesse mai vista prima di quel momento.
“Ultimamente sei diverso, non sei più il Josh
di cui mi sono innamorata due anni fa.”
“Ma che stai dicendo? Non sono cambiato
affatto. Sono sempre io.” rispose lui
assumendo un tono piatto della voce e
girando la testa verso la finestra del
soggiorno per non dover incrociare lo
sguardo della ragazza.
Nikki scosse la testa, cercando di trattenere
le lacrime che avrebbero voluto bagnarle il
viso dopo quella risposta così gelida.
“No. Stai diventando un’altra persona. Sei
distaccato, indifferente, mi rispondi male, te
ne stai per conto tuo e non mi aiuti mai con
la bambina! Ma che hai?”
“Non ho niente, te lo ripeto. E adesso basta
con queste inutili paranoie, ok?”
Josh fece per baciarla, ma lei si ritrasse.
“Credevo che non ci avrebbe cambiati avere
un figlio, credevo che avremmo continuato a
vivere felici e a sostenerci a vicenda, come
32
prima! Sono solo una povera illusa! Dovevo
prevedere che la tua immaturità ti avrebbe
impedito
di
assumerti
le
tue
responsabilità!” Nikki cominciò a urlare
contro Josh, che perse a sua volta le staffe.
“È questo che pensi di me? È questo che hai
sempre pensato? Che sono un immaturo?
Allora non mi hai mai amato veramente,
non ti sei mai fidata di me!” urlò, sbattendo i
pugni sul tavolo e facendo indietreggiare
Nikki per la paura.
“Io mi fido di te, Josh, davvero, ma credo che
tu non sia ancora pronto per avere un figlio.
Non devi fartene una colpa, non tutti siamo
pronti nello stesso momento per le stesse
cose.” spiegò lei, con il terrore ancora
palpabile nella voce.
“Mi stai dicendo che non sono capace di fare
il padre? E tu, allora, tu saresti in grado di
fare la madre? Eh? Guardati, distrutta dalla
testa ai piedi! Quella bambina ti ha
schiavizzata!” riattaccò Josh, indicando la
piccola creatura che dormiva nella culla
accanto al corridoio che portava al reparto
notte.
33
“Non ti azzardare a dare la colpa a Victoria!
Lei non c’entra niente!” urlò Nikki a sua
volta.
“E invece sì che c’entra, c’entra eccome! Se
quella bambina non fosse mai nata noi non
saremmo qui a litigare, ora!” una grossa
vena iniziò a pulsare sul collo di Josh.
Dopo quelle parole Nikki non riuscì più a
mantenere la calma e gli tirò uno schiaffo
così forte che se lo sarebbe ricordato per
tutta la vita. Rimase per alcuni secondi lì, in
piedi davanti a lui, a fissarlo con
indignazione mentre si massaggiava la
guancia sulla quale l’aveva colpito. Poi prese
Victoria dalla culla e, pronunciando insulti
incomprensibili, si chiuse nella stanza da
letto sbattendosi la porta alle spalle.
Per un quarto d’ora in casa regnò il silenzio.
Josh si era abbandonato sul divano
pensando alle parole della fidanzata, ancora
galleggianti nell’aria come bolle di sapone
pronte a esplodere e a riversare su di lui
tutta la rabbia che contenevano. Nikki aveva
ragione, non era stato capace di prendere in
mano la situazione. Non l’aveva mai aiutata
con la bambina fino a quel momento perché
l’idea di essere diventato papà gli faceva
34
ancora molta paura: da un giorno all’altro
era passato dal baciare e accarezzare un
pancione in cui immaginava si trovasse sua
figlia all’accarezzare una bambina vera, che
dal momento della sua nascita e per
l’eternità avrebbe preteso da lui qualcosa di
più di una semplice carezza o di un bacio. E
lui aveva il dovere di darglielo, di qualsiasi
cosa si trattasse. Josh era spaventato di
fronte a tutte quelle responsabilità che lo
avevano invaso all’improvviso e questo
faceva di lui un uomo immaturo, secondo la
filosofia di vita di suo padre. ‘Un uomo non
ha mai paura.’ Le parole paterne gli
martellavano il cranio. Ecco: ora che gli
tornava in mente quel genitore che odiava
tanto, un altro timore iniziava a
tormentarlo: quello di diventare come lui,
che non ne aveva mai capito niente di come
si crescesse un figlio e che aveva passato la
sua esistenza a opprimerlo con i suoi
discorsi troppo maturi per un bambino di
appena sei anni. No, non voleva finire come
suo padre: decise che si sarebbe impegnato
al massimo al fine di essere una buona
guida per Victoria. In quel momento iniziò a
realizzare di aver detto a Nikki delle cose
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orribili: ‘Sarebbe stato meglio se la bambina
non fosse mai nata!’. Quelle parole lo
colpivano al cuore come lame affilate.
Perché aveva detto una simile sciocchezza?
Lui non lo pensava davvero, anzi, quella
piccola era stata una vera e propria
benedizione: senza volerlo lo stava
spronando a diventare un uomo. Senza di lei
non avrebbe mai avuto la possibilità di
riscattarsi. Aveva provato per un po’ con la
Marina, credendo che quel lavoro lo
avrebbe reso uomo tanto quanto quei
colossi nerboruti che si vedevano in TV, ma
se in quel momento era ancora lì a
rimuginare sulla sua infanzia bruciata,
allora significava che non era servito
proprio a niente. Dunque, la sua ultima
possibilità era Victoria.
Il primo passo per raggiungere il suo
obiettivo, cioè quello di essere un buon
padre per la piccola, era quello di prendersi
le sue responsabilità: innanzitutto avrebbe
dovuto chiedere scusa a Nikki e promettere
di aiutarla a prendersi cura di Victoria, poi il
resto sarebbe venuto da sé. Rimase ancora
per qualche minuto immobile a fissare il
soffitto, come se quell’incombente strato
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bianco e liscio sopra la sua testa potesse
dargli la forza di andare da Nikki per fare
pace. Ripassò più volte mentalmente quello
che le avrebbe detto una volta giunto
davanti alla porta della camera: che era un
idiota e che non intendeva dire quelle cose
orribili. Poi l’avrebbe implorata di
perdonarlo. A grandi linee in questo
consisteva il suo discorso. Sembrava tutto
così facile a immaginarselo, ma sapeva che
una volta giunto davanti a lei quei suoi occhi
di un verde-azzurro splendente lo
avrebbero annientato. Sarebbe stato tutto
molto più complicato di come se lo stava
immaginando in quel momento, ne era
certo.
Si alzò dal divano. Appena fu in piedi fece
tre profondi sospiri, poi si incamminò. Si
fermò davanti alla porta chiusa: dall’interno
provenivano dei singhiozzi soffocati. Nikki
stava piangendo.
Bussò. Nessuna risposta. Bussò ancora.
Niente. Allora si accasciò a terra, con le
spalle attaccate alla porta.
“Nikki, aprimi per favore. Dobbiamo
parlare.”
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I singhiozzi che continuavano a provenire
dalla stanza palesavano una risposta
negativa.
“Dai… non fare così… io non volevo
offenderti.” continuò Josh “E non volevo
neanche dire quello che ho detto sulla
bambina. Sono un idiota. Un totale e
completo idiota. Ti prego, perdonami.”
Josh si sciolse in un pianto silenzioso,
sprofondando la testa nelle ginocchia
piegate vicino al petto. Non poteva
sopportare che Nikki fosse arrabbiata con
lui. La amava troppo, non voleva perderla
per un semplice litigio. Aveva paura che lo
avrebbe cacciato di casa, che la loro
appassionata storia d’amore sarebbe finita
così, per una lite. Mentre pensava a tutto
questo, gli venne a mancare l’appoggio
dietro la schiena. Si voltò per notare che la
porta si era aperta. Sulla soglia Nikki aveva
il volto rigato dalle lacrime e gli occhi gonfi.
“Alzati.” gli ordinò, gelida. Si voltò e tornò a
sedersi sul letto, prendendo la figlia tra le
braccia. Josh entrò nella stanza con il cuore
pesante.
“Nik…” cominciò, ma subito fu interrotto.
38
“Non dire niente” esordì la ragazza mentre
giocherellava con la piccola Victoria, che si
divertiva a stringere il suo indice tra le
piccole manine. Un lieve sorriso apparve sul
suo viso quando la piccola si accucciò
contro il suo petto stringendole il dito
ancora più forte. Non voleva sentire la sua
mamma urlare contro il suo papà. “Non mi
va di mettermi a litigare di nuovo con te,
specialmente davanti alla bambina.”
“Questo significa che mi hai perdonato?”
domandò Josh, sulle spine.
“No. Non ancora. Ma direi che per adesso
possiamo lasciar perdere.”
“Nikki, io ho bisogno di sapere se mi ami
ancora, non posso continuare a vivere con
questo tormento.”
Nikki sospirò. “Se qualche volta litighiamo,
non vuol dire che io non ti ami più. Fa parte
della vita. Tutte le coppie hanno alti e bassi.”
disse, tranquilla. “E adesso esci, devo
allattare la bambina.”
Josh non si mosse, nonostante la richiesta
della sua ragazza. Rimase pietrificato di
fronte al letto con un’espressione
pensierosa. “Senti, io proprio non ce la
faccio a vederti arrabbiata con me” sbottò,
39
infine. “dobbiamo chiarire questa faccenda
adesso.”
“Non puoi pretendere che io ti perdoni
immediatamente per quello che hai fatto.
Puoi insultare me quanto vuoi, ma non devi
azzardarti a coinvolgere Victoria. È stato
questo che mi ha fatto imbestialire.” Nikki
pronunciò quest’ultima frase scandendo
ogni singola parola, sperando in questo
modo di far sì che il concetto si cementasse
nel cranio cocciuto del suo fidanzato.
“Lo so, e sono davvero mortificato, credimi,
io non pensavo davvero tutte quelle cose né
su di te né sulla bambina. Tu sei una madre
straordinaria, hai preso in mano la
situazione con grande maturità e Victoria,
beh, lei è stata la cosa più bella che mi
potesse capitare” disse, cercando di mettere
nella voce quanta più sicurezza fosse
possibile esprimere. “Oltre a conoscere te,
ovviamente.” aggiunse con patetico fare
adulatore.
Nikki non fece molta attenzione all’ultima
frase e continuò con il suo gelido discorso.
“Non mi piacciono le persone che dicono
qualcosa e poi se ne pentono. A tutto questo
dovevi pensarci prima di aprire la bocca.”
40
Fece una pausa. “Però capisco che questa
non è una situazione facile e sicuramente i
padri hanno bisogno di più tempo per
abituarsi all’idea di avere un figlio.”
“Ero spaventato, e la paura mi ha fatto dire
cose che non pensavo!” Josh riversò sulla
ragazza quelle parole tutte d’un fiato,
credendo scioccamente che quell’impatto
così veloce e violento sarebbe potuto
servire a calmare la sua ira. Magari vedendo
la disperazione espressa da quel fiume di
parole lei lo avrebbe perdonato, pensava.
Gli avrebbe fatto pena, pensava. Dal modo in
cui Nikki aveva preso a torturarsi
nervosamente una ciocca di capelli castani
capì che quella non era la giusta strategia,
anzi la stava irritando ulteriormente. Allora
si avvicinò al letto e si sedette accanto a lei.
“Perdonami, ti prego. Ti giuro che una cosa
simile non si ripeterà mai più.” le sussurrò
in un orecchio, appoggiando la testa contro
la sua. Lei si accoccolò sulla sua spalla e si
lasciò avvolgere in un abbraccio caldo,
scoppiando a piangere. Josh la strinse a sé
ancora più forte, stupito di come la dolcezza
fosse riuscita più della violenza delle parole
ad abbattere quel muro che si era creato tra
41
di loro. Nikki aveva solo bisogno di un
abbraccio. Solo di questo. Magari non
sarebbe stato così difficile fare il padre,
pensò Josh, se baci e abbracci potevano
risolvere ogni cosa. In fondo non sarebbe
stato così diverso da quando Victoria era
nella pancia della mamma.
42
Capitolo 7
Un mese più tardi…
“Josh! Ti ricordo che oggi vengono a pranzo
i miei genitori!” urlò Nikki dalla cucina,
mentre sminuzzava i cetrioli. Josh era
ancora in pigiama.
“Sono quasi pronto!” strillò lui dalla stanza
da letto. Si sfilò in fretta i pantaloni del
pigiama e afferrò i jeans, poi si tolse la
maglietta e indossò la camicia, allacciandola
male. Si precipitò scalzo in cucina e baciò
dolcemente Nikki sulla guancia.
“Visto? Sono stato un fulmine.” disse
sorridendo. Nikki appoggiò il coltello sul
tavolo e si voltò verso di lui, prendendo il
colletto della camicia tra le mani per
sistemarlo.
“Sì, però la camicia l’hai allacciata male…”
gli disse dolcemente, passando un dito
sopra i bottoni fino a raggiungere
l’ombelico. La slacciò scoprendo il suo
torace scolpito e la riallacciò correttamente.
Gli rubò un bacio veloce, prima di tornare a
concentrarsi sui cetrioli. Josh tornò in
camera per mettersi le scarpe, fischiettando
un allegro motivetto.
43
Venti minuti più tardi suonarono alla porta.
Josh andò ad aprire e trovò sulla soglia Nora
e Anthony Caetano.
“Josh! Non mi aspettavo di vederti qui! Non
dovresti essere in mare, ora?” disse Nora.
Anthony salutò il ragazzo della figlia con
una stretta di mano.
“È una lunga storia… entrate, così vi
racconto.” Josh li invitò a entrare in casa con
un gesto cortese della mano.
Nikki stava ancora cucinando. “Mamma,
papà! Che bello avervi qui!” disse eccitata,
mentre chiudeva il forno e andava verso i
genitori. Li abbracciò entrambi. “Il pranzo
sarà pronto a momenti. Se volete vedere
Victoria è in salotto che dorme. Io vado a
rendermi presentabile.” Sparì dietro la
porta della stanza da letto. Anthony e Nora
si diressero in salone, dove trovarono la
loro nipotina addormentata tra le braccia di
suo padre, seduto sul divano. Si
accomodarono accanto a Josh.
“Eccola la mia piccola!” esclamò dolcemente
Nora, prendendo la bambina dalle braccia di
Josh. “Ci dispiace così tanto di non essere
potuti venire in ospedale!” Nora rivolse al
marito
uno
sguardo
insofferente.
44
“Purtroppo siamo dovuti andare a Canberra
perché Tony doveva fare un accertamento.”
“Lo dici come se fosse colpa mia!” sbottò
l’uomo, ricambiando lo sguardo della
moglie.
“Non dovete preoccuparvi” s’intromise Josh,
per evitare che i due si fulminassero a
vicenda. Nora era innamorata della
bambina e non aveva perdonato al marito il
fatto di non aver potuto assistere alla sua
nascita, mentre a Anthony non erano mai
piaciuti molto i bambini e per questo si
irritava quando la moglie lo incolpava per
non aver avuto la possibilità di essere
presente in quel giorno così importante.
“Credo proprio che passeremo molto tempo
insieme d’ora in poi! Avrete modo di
conoscere bene questa piccolina!” aggiunse
Josh. Victoria corrugò le labbra in un
sorrisetto. I due coniugi ricambiarono il
primo sorriso che la nipotina aveva rivolto
loro.
Dopo un quarto d’ora Nikki tornò dagli altri,
che nel frattempo si erano accomodati
attorno al tavolo del salotto. Indossava un
cortissimo vestito di raso azzurro che
lasciava la schiena scoperta e un paio di
45
scarpe bianche con il tacco. Aveva un trucco
leggero: ombretto argentato e lucidalabbra
rosa. I capelli sciolti le ricadevano sulle
spalle nude.
Josh sgranò gli occhi. “S-sei bellissima.”
balbettò. Nikki sorrise imbarazzata e si
sedette accanto a lui.
“Quel vestito non è un po’ troppo corto,
Nikki?” obiettò Anthony.
“E lasciala in pace, Tony! Non è più una
ragazzina!” lo ammonì Nora, dandogli una
leggera spinta sul braccio. “Sei fantastica,
tesoro. Non ascoltare tuo padre.” aggiunse,
rivolta alla figlia.
Tutti iniziarono a mangiare di gusto.
Durante il pranzo Josh raccontò delle
immersioni e del fatto che aveva
abbandonato la Marina, suscitando il
disappunto di Anthony a riguardo.
“Ragazzo, tu amavi quel mestiere!”
“Lo so, ma c’è qualcosa che amo di più della
Marina” ribatté Josh, avvolgendo Nikki con
un braccio e dandole un bacio sul collo. “e
poi, io e Nikki ne abbiamo già parlato. A lei
sta bene, quindi non ho bisogno di altri
pareri.”
46
Anthony emise un rantolo, mascherando la
disapprovazione con la scusa della
tubercolosi, che si portava dietro da quando
era stato in guerra, trent’anni prima. “Devo
prendere le mie medicine.” brontolò
ansimando. Si alzò goffamente dalla sedia e
si diresse verso l’ingresso. Frugò per
qualche secondo nella tasca del cappotto
appeso all’appendiabiti e ne estrasse una
scatolina gialla. Tornò in salotto masticando
una pastiglia con aria disgustata.
Una volta terminato il pranzo Josh strinse la
mano di Nikki sotto il tavolo. Quando si alzò,
lei gli rivolse uno sguardo interrogativo. La
sentì chiaramente tremare mentre la
invitava ad alzarsi e si inginocchiava di
fronte a lei. Sicuramente si stava chiedendo
se avrebbe davvero avuto il coraggio di farlo
lì, davanti ai suoi genitori. Ebbene sì, lo
avrebbe fatto. Proprio lì. Proprio in quel
momento. Con una mano strinse forte la
mano della sua ragazza. Con l’altra si frugò
in tasca e ne estrasse una piccola scatolina
rossa.
Anthony e Nora erano sbalorditi.
Guardavano i ragazzi senza dire una parola.
47
Neanche loro si sarebbero aspettati un
gesto così romantico e allo stesso tempo
coraggioso da parte di quel ragazzo.
Josh fece un grande sospiro. Poi guardò
Nikki dritto negli occhi e disse tutto d’un
fiato: “Se vorrai accettare di sposarmi tu,
Nikki, farai di me l’uomo più felice di questo
mondo.” Mentre pronunciava quelle parole
le infilò l’anello al dito. Era tutto d’oro, con
un diamante incastonato nel centro.
Nikki prese a tremare ancora più forte.
Aveva improvvisamente perso la capacità di
parlare. Con la mano libera si copriva la
bocca semichiusa per l’emozione. Non si era
resa conto che Josh stava per svenire
dall’ansia di avere una risposta.
“Certo! Ti sposo, Josh, ti sposo!” disse
finalmente, tra le lacrime.
Un largo sorriso si diffuse sul viso di Josh. Si
alzò e sollevò la fidanzata facendola girare e
baciandola appassionatamente. Mentre
girava, Nikki gli accarezzò il viso con
entrambe le mani e ricambiò il bacio,
entusiasta. Una volta tornata con i piedi per
terra gli sussurrò all’orecchio “ti amo” e lui
rispose con un “ti amo anch’io, sei tutta la
mia vita”. Le baciò il collo con molta
48
passione, facendola sorridere ma allo stesso
tempo arrossire quando si accorse che
Anthony e Nora li stavano guardando.
“Sei un uomo coraggioso, Josh.” commentò
Anthony facendo voltare il ragazzo, che
ancora non la smetteva di baciare Nikki. “Io
me la sarei fatta sotto al pensiero di dover
fare la proposta di matrimonio a Nora
davanti ai suoi.” scherzò. Tutti risero.
“È stato così romantico!” aggiunse Nora,
estasiata. “Non avrei potuto desiderare un
uomo migliore di te per mia figlia, Josh. Si
vede che siete molto innamorati.”
Quel pomeriggio passò così, tra un discorso
e l’altro, e presto si fece sera. I genitori di
Nikki si congedarono con la promessa di
tornare molto presto. Più tardi Nikki allattò
Victoria e poi raggiunse Josh a letto. La casa
fu avvolta dal silenzio della notte.
49
Capitolo 8
Il giorno seguente Josh uscì presto per fare
immersioni. Non aveva mai perso il legame
con il mare, anzi, da quando aveva lasciato
la Marina si recava ogni settimana a Mission
Beach per immergersi nelle acque limpide
di quel luogo magico. Catturava molti pesci
e a volte ne riportava qualcuno a casa, per
metterlo nell’acquario che aveva allestito
con tanta cura. Ormai contava quasi dieci
specie diverse di pesci tra cui Lancelot, un
pesce pagliaccio che Josh aveva regalato a
Nikki la prima notte che aveva passato
insieme a lei.
Nikki era sola in casa. Quando Josh usciva
lei ne approfittava per dare una bella
sistemata all’appartamento, che era in
condizioni pietose non tanto per il disordine
dovuto alle tutine e alle copertine di
Victoria, quanto per tutti i vestiti e la
biancheria che Josh era solito lasciare in
giro. Nikki contestava il suo disordine in
continuazione, ma non c’era niente da fare:
era incorreggibile.
50
La ragazza stava passando l’aspirapolvere
nonostante il medico glielo avesse
sconsigliato, perché era passato troppo
poco tempo dal parto e aveva ancora
bisogno di riposare. Lei si era rifiutata
categoricamente
di
assumere
una
domestica, perché non voleva che
un’estranea frugasse tra le sue cose e
svolgesse i compiti di cui si sarebbe dovuta
occupare lei.
Entrò nella stanza da letto, spense
l’apparecchio, lo appoggiò alla parete e si
avvicinò alla culla di Victoria. Rimase lì per
qualche minuto a guardarla dormire. Il
piccolo torace della bambina si alzava e si
abbassava a un ritmo costante. Le sue
piccole braccia, alzate accanto al viso
paffuto, terminavano con due manine
minute chiuse a pugno. La testolina era
girata da un lato. Il visetto era roseo, solo le
guance erano appena più rosse. Nikki
sorrise mentre osservava quell’esserino
così piccolo e indifeso, il frutto del suo
amore per Josh. Pensò che per la prima
volta avevano fatto qualcosa di grande
insieme: avevano fatto un figlio. Ora
51
avevano qualcosa che li avrebbe legati per
sempre.
Sollevò la piccola dalla culla e la strinse a sé.
Si sedette sul letto e iniziò ad accarezzarle le
guance calde, sorridendo.
“Sei la gioia della mia vita…” le sussurrò
dolcemente. La bambina non si mosse. Era
ancora addormentata. Nikki se la appoggiò
sul petto a pancia in giù, in modo che
potesse sentire il battito del suo cuore.
Aveva letto su una rivista che quel gesto
faceva sentire i neonati come se fossero
ancora nella pancia della mamma e li
tranquillizzava.
Si stese sul letto e si addormentò con il
calore del corpicino della bambina, a
contatto con il suo petto, che s’irradiava in
ogni arto. Percepiva il fiato caldo della
piccola sul suo collo e quella sensazione,
inspiegabilmente, la faceva stare bene. Ogni
tanto un piedino si muoveva scivolando
sulla sua pancia, quasi facendole il solletico.
Quando questo accadeva, Nikki spostava la
mano prima delicatamente adagiata sulla
schiena della bimba e afferrava il piedino
che si era mosso, accarezzando la pianta con
il pollice e avvolgendo il dorso con le altre
52
quattro dita. La piccola emetteva un gemito
di disapprovazione, suscitando in Nikki una
risatina, poi sprofondava di nuovo tra le
braccia di Morfeo. Da quando era nata
Victoria Nikki non aveva mai dormito
veramente, entrava più in una sorta di
dormiveglia che le permetteva di vigilare
sempre sulla sua bambina. Qualche volta,
però, le capitava di assopirsi.
A un tratto si sentì soffocare.
Percepì una mano stringersi attorno alla sua
bocca e un’altra strapparle la bambina dalle
braccia.
Cercò di urlare, ma quella mano la stringeva
troppo forte. Vide Victoria ricadere sul letto
dopo un lungo balzo e scoppiare a piangere.
Il cuore le saltò in gola. La mano che si era
liberata della bambina le puntò una pistola
alla testa e l’altra, con uno strattone, la
costrinse ad alzarsi.
“Chi si rivede!” ringhiò una voce maschile
che a Nikki sembrò molto familiare “Nikki
Caetano e tutta la sua prole! Ma che bel
quadretto familiare, mi dispiace così tanto
mandarlo in frantumi!”
53
Nikki cercò di dire qualcosa di molto simile
a “Campbell Fulton!”, ma le fu impossibile
perché la mano dell’uomo era ancora
avvolta attorno alla sua bocca.
“Indovinato, dolcezza! Ero venuto a regolare
i conti con il tuo fidanzatino ma, visto che
non è ancora tornato, credo che intanto mi
divertirò un po’ con te!” La bloccò sul letto e
iniziò a baciarla. Nikki era impotente. Fulton
la teneva stretta a lui e non le dava il tempo
di respirare per chiamare aiuto.
Fulton era un agente federale. L’anno prima
era salito a bordo della Hammersley per
collaborare con l’equipaggio nella ricerca di
una barca che praticava pesca illegale.
Appena aveva visto Nikki se ne era
perdutamente innamorato, tanto da
diventare praticamente matto. O meglio,
quello non era esattamente amore: era più
che altro attrazione fisica. Un giorno,
spiandola, aveva scoperto la sua storia
d’amore con Josh. Da quel momento aveva
iniziato a molestarla chiedendole moltissimi
soldi in cambio del silenzio. Una volta aveva
perfino abusato fisicamente di lei. Aveva
anche provocato Josh e la questione era
finita con una rissa, culminata nel tentativo
54
da parte di Fulton di ucciderlo. Il fatto che
Josh si fosse salvato Fulton non lo aveva mai
accettato - un po’ perché avrebbe potuto
denunciarlo, e un po’ perché era geloso del
suo rapporto con Nikki - e da quel giorno
aveva giurato di terminare ciò che aveva
lasciato in sospeso. Era completamente
ossessionato da Nikki e la voleva tutta per
sé.
Improvvisamente Fulton alzò la testa e
tappò la bocca della ragazza con la mano.
Dall’ingresso proveniva il rumore di una
chiave che girava nella serratura e di una
porta che si apriva.
“Sta’ zitta e vieni con me.” bisbigliò a Nikki.
La tirò su dal letto con uno strattone e
cominciò a camminare verso l’ingresso,
tenendola stretta a sé. La mano sinistra
dell’uomo era serrata sulla bocca di Nikki e
la destra brandiva la pistola. Nikki stringeva
il braccio sinistro di Fulton con entrambe le
mani. Sentiva il contatto tra la sua schiena e
il torace muscoloso dell’uomo e questo la
faceva rabbrividire.
“Sono a casa!” annunciò Josh dall’ingresso.
Appoggiò a terra il kit per le immersioni e
avanzò verso la stanza da letto. Si fermò a
55
metà strada, quando vide Fulton che teneva
bloccata la sua ragazza e le puntava la
pistola alla testa.
“Tu! Che ci fai qui?” ringhiò, piantando gli
occhi furiosi in faccia all’uomo che stringeva
tra le braccia la sua futura moglie.
“Sono venuto a finire quello che avevo
lasciato in sospeso un anno fa.” disse Fulton,
calmo. “E non ti dispiacerà, vero, Holiday, se
nell’attesa mi sono intrattenuto un po’ con
la tua fidanzatina…” aggiunse, avvicinando il
viso a quello di Nikki. A Josh ribollì il sangue
nelle vene.
“Sei un lurido verme!” sbraitò contro Fulton.
La presenza di Nikki tra le sue braccia lo
trattenne dal mettergli le mani al collo.
“Oh oh, siamo un po’ nervosetti, eh?” lo
prese in giro lui.
Josh si rivolse a Nikki, avvicinandosi a lei e
accarezzandole la testa. Fulton lo lasciò fare.
“Che cosa ti ha fatto? Ti ha toccata? Ti ha
baciata?” le chiese. Nikki cercò di parlare,
ma Fulton strinse più forte la mano attorno
al suo viso.
“Non ha opposto resistenza, anzi, era molto
contenta…” disse l’uomo al posto suo.
56
“Si può sapere che cosa vuoi?” sbraitò Josh.
Gli occhi rischiavano di saltargli fuori dalle
orbite per la rabbia.
“Ti voglio morto!!!” strillò Fulton,
scaraventando Nikki in un angolo e
avventandosi su Josh. Gli diede un pugno in
un occhio, che lo fece traballare. Subito
dopo essersi ripreso Josh gli serrò le mani
attorno al collo e lo spinse all’indietro, fino a
schiacciarlo contro la parete. Una vena si
gonfiò sulla fronte di Fulton. Con uno sforzo
immane si liberò dalla stretta e colpì di
nuovo il suo avversario, al ventre. Josh si
piegò in avanti e sputò del sangue.
“Siamo debolucci, Holiday? Che cosa se ne fa
Nikki di una femminuccia come te?” lo
schernì Fulton.
Josh ripartì all’attacco ma Fulton lo
precedette, afferrandolo per un braccio e
bloccandolo a terra. La pancia del ragazzo
era schiacciata sul pavimento e questo gli
impediva quasi di respirare.
“Stavolta giuro che ti ammazzo.” gli sibilò,
avvicinando la bocca al suo orecchio.
Josh non riusciva a ribattere sotto il suo
peso.
57
Nikki intanto piangeva rincantucciata vicino
al tavolo. Josh girò la testa verso di lei e si
sentì terribilmente in colpa vedendola così
spaventata. Se non fosse uscito di casa per
andare a fare immersioni non sarebbe
successo nulla di tutto ciò. Non voleva
morire senza aver dato un ultimo bacio alla
sua dolce metà. Anzi, non voleva proprio
morire così giovane. Raccolse tutte le sue
forze e tentò di girarsi su un fianco, in modo
da poter respirare. Ci riuscì e Fulton scivolò
a terra, accanto a lui. Prima che potesse
muoversi Josh lo afferrò per il colletto della
maglia e lo tirò su. Gli mise di nuovo le mani
al collo e lo spinse verso il tavolo. Fulton lo
urtò violentemente. In quello stesso istante
il rumore di uno sparo echeggiò in tutta la
casa, facendo tremare le finestre. La presa
attorno al collo di Fulton si allentò. Gli occhi
di Josh divennero vitrei. Lentamente il
ragazzo appoggiò le mani sull’addome e
quando le allontanò, le vide piene di sangue.
Si accasciò a terra sotto lo sguardo
inorridito di Nikki.
“JOSH!”
Nikki si precipitò accanto a lui e gli prese la
mano, sporcandosi con il suo sangue. “Josh,
58
non mi lasciare, ti prego… Victoria non può
crescere senza suo padre e io non posso
vivere senza di te, non dopo tutto quello che
abbiamo dovuto passare per arrivare fin
qui… fallo per noi, Josh, apri gli occhi!”
Accarezzò il suo viso, supplicandolo più
volte di svegliarsi. Rimase vicino al suo
corpo immobile a piangere per alcuni
minuti. Lo toccava, lo baciava, lo
accarezzava ma niente, non apriva gli occhi.
Deglutì, poi si girò verso Fulton: “Tu!
Bastardo! Lo hai ammazzato!” gridò,
aggrappandosi alla gamba dell’uomo in
piedi di fronte a lei e conficcando le unghie
nella pelle scoperta del polpaccio. Fulton
non mostrò alcuna pietà per quella giovane
donna. Prima la guardò con ribrezzo, poi se
la scrollò di dosso dandole un calcio nelle
costole. Nikki emise un gemito e ricadde a
terra accanto a Josh, svenuta per il dolore.
Quella scena era raccapricciante ma tenera
allo stesso momento: i due ragazzi, privi di
sensi e immersi nel sangue, si tenevano per
mano e lottavano insieme contro la morte.
59
Capitolo 9
Sydney General Hospital-Stanza di Nikki
Nora accarezzava la testa di sua figlia con le
lacrime agli occhi. Guardava il suo piccolo
angelo addormentato in quel letto
d’ospedale, immobile, con il tubo
dell’ossigeno che le fuoriusciva dal naso. La
stanza era immersa nel silenzio, rotto
soltanto dai singhiozzi della donna e dal
suono ritmico di un macchinario che
misurava il battito cardiaco.
“Mmmmh…”
Nikki si stava svegliando. Cercò di muovere
la testa prima a sinistra, poi a destra verso
la madre che era seduta su una poltroncina
di fianco al suo letto. Vedeva sfocato, come
se tutto ciò che era intorno a lei fosse un
quadro dipinto con tempera fresca e la
pioggia ci stesse cadendo sopra mescolando
i colori, disperdendo e deformando gli
oggetti. Aveva l’impressione di essere
andata in letargo e di aver rivisto la luce
soltanto molti
mesi
dopo
essersi
addormentata. “Dove sono?” chiese più alla
stanza che alla madre. Teneva gli occhi
60
semichiusi perché la luce del neon appeso al
soffitto, resa ancora più forte dal riflesso
sulle pareti bianche della camera, le dava
fastidio.
“Sei in ospedale, tesoro.” rispose la madre,
sorridendo tristemente. “Quando la polizia
mi ha chiamata e mi ha messa al corrente
dell’accaduto sono quasi svenuta!”
“La polizia?” domandò Nikki, con la voce
rauca.
“I vicini hanno sentito delle urla e uno sparo
e hanno chiamato le forze dell’ordine,”
spiegò Nora “che a loro volta hanno
avvertito me e tuo padre.”
Nikki portò lentamente una mano sulla
pancia, ma non arrivò mai a toccarla.
Qualcosa di duro glielo impediva. Era un
busto di gesso. Le tornarono in mente lo
sguardo folle di Fulton e il calcio che le
aveva dato.
“Te la senti di spiegarmi cosa è successo?” le
chiese cautamente la madre.
La ragazza sospirò. “Ero sola in casa con la
bambina.” cominciò. “Mi sono addormentata
un attimo e ho sentito la mano di un uomo
che mi afferrava.”
“Un uomo? Lo hai visto in faccia?”
61
“Era Fulton. È follemente innamorato di me
ed è determinato più che mai a eliminare
tutti gli ostacoli che possano impedirgli di
avermi tutta per lui.”
“Beh, questo non lo chiamerei proprio
amore… lo chiamerei più ossessione…”
obiettò Nora.
“Fulton voleva uccidere Josh.” aggiunse
Nikki. Una lacrima le bagnò la guancia. “E
credo che stavolta ci sia riuscito.”
“No, Josh è ancora vivo.” la rassicurò la
donna. “Lo stanno operando d’urgenza
perché il proiettile ha scalfito l’aorta
addominale. Se la caverà, vedrai.”
“L’ho visto cadere davanti a me in un lago di
sangue!”
gridò
Nikki
tirandosi
violentemente su a sedere, come se si fosse
appena svegliata da un incubo. Una fitta le
attraversò il fianco, facendola urlare di
dolore.
“Adesso calmati, tesoro. T’informo che hai
tre costole fratturate.” disse la madre,
tentando di riportarla in posizione supina.
“A proposito… come è successo? Sei rimasta
coinvolta nella colluttazione tra Josh e
Fulton?”
62
“No, ho semplicemente insultato Fulton per
aver sparato a Josh e lui mi ha presa a calci.”
spiegò Nikki mentre si sistemava di nuovo a
letto.
“Quell’uomo è senza pietà. Prendersela con
una donna! Roba da matti!” esclamò Nora,
scuotendo la testa con aria indignata.
Nikki riportò il discorso su Josh. Non voleva
che la madre iniziasse uno dei suoi soliti
discorsi femministi. Non era il caso.
“Mamma… Josh non può morire, non può
lasciarmi così!” I suoi occhi diventarono di
nuovo lucidi.
“Josh non morirà. È un ragazzo forte, sono
sicura che se la caverà.” disse Nora,
cercando di trattenere le lacrime. Per la
prima volta in vita sua non era sicura di
quello che stava dicendo.
In quel momento bussarono alla porta.
“Avanti!” ordinò Nikki, tentando di
camuffare la voce in modo da non far capire
che aveva pianto.
Entrò Anthony Caetano. In braccio teneva
Victoria, addormentata.
“La mia bambina!” esclamò Nikki,
scoppiando di nuovo a piangere. Anthony
gliela porse. “Ciao, amore mio…” sussurrò la
63
ragazza, accogliendo la figlia tra le sue
braccia.
“Quando siamo entrati in casa l’abbiamo
sentita piangere e l’abbiamo trovata in
camera da letto.” disse Anthony. “L’ho fatta
vedere da un pediatra, per sicurezza.”
“Hai fatto bene, papà. Fulton l’ha
maltrattata.”
“L’ha maltrattata? Che cosa le ha fatto?”
chiese Nora, scioccata. Anthony era ancora
più allibito di lei, oltre che per la brutalità
dimostrata dall’uomo nei confronti della
piccola,
anche
per
la
rivelazione
dell’identità del colpevole, che fino a quel
momento gli era rimasta sconosciuta.
“Me l’ha strappata dalle braccia e l’ha
buttata sul letto.” spiegò Nikki. Gli occhi le si
inumidirono mentre ripensava a quel
momento.
“Quell’uomo è pazzo. Se solo l’avessi trovato
in casa quando sono arrivato, gli avrei
spaccato tutte le os…” Anthony non riuscì a
terminare la frase a causa di un violento
colpo di tosse che gli salì su per la trachea
quasi soffocandolo.
“Stai calmo Tony, a lui penserà la giustizia.
Tra poco due poliziotti verranno qui per
64
ascoltare le testimonianze e poi inizieranno
le ricerche.” disse Nora. “Ora che ci penso,
come è riuscito Fulton a entrare in casa?”
chiese poi la donna, dubbiosa.
“Credo che sia riuscito ad aprire la finestra
dall’esterno.”
ipotizzò
Nikki
con
indifferenza, mentre si sistemava di nuovo
supina a letto e appoggiava Victoria sul suo
petto, rassicurandola della sua presenza con
un bacio sulla testolina pressoché calva.
Nora annuì tristemente, con gli occhi fissi su
un cumulo di polvere che si era depositato
accanto a un piede del letto. “Andiamo a
vedere Josh, adesso. Così Nikki può riposare
un po’.” disse dopo una decina di secondi,
distogliendo improvvisamente lo sguardo
dal mucchietto scuro e informe che era
stato oggetto della sua curiosità fino a quel
momento e guardando il marito.
“D’accordo.” assentì Anthony. I due coniugi
si avviarono verso la porta.
“Portatemi notizie di lui.” disse Nikki con lo
sguardo basso e gli occhi ancora lucidi.
65
Stanza di Josh
Anthony e Nora guardavano nella stanza dal
grande vetro vicino alla porta. Sul letto
giaceva il corpo di Josh, attaccato a
un’innumerevole serie di macchinari che
emettevano dei suoni.
“E se non dovesse farcela, come lo diremo a
Nikki?” domandò Anthony, preoccupato.
“Non devi dirlo. Lui ce la farà.” disse Nora
con tono duro. Distolse lo sguardo dal vetro
ed entrò nella stanza. Si sedette accanto a
Josh e gli prese la mano.
“Josh, sono Nora…” sussurrò. “Devi
riprenderti, hai capito? Devi farlo per tutti
noi, ma soprattutto per Victoria e per Nikki.
Lei ti ama moltissimo e morirebbe senza di
te.” La donna si abbassò e baciò la fronte del
ragazzo.
“Lei è la signora Holiday?” domandò una
voce alle sue spalle. Un medico entrò nella
stanza. “Io sono il dottor Schmidt.” si
presentò.
“Sono la signora Caetano, la madre della
fidanzata di Josh. I suoi genitori non sono
potuti venire a trovarlo.” rispose Nora.
66
“Allora suppongo di poter parlare con lei
delle condizioni del paziente.” disse il
medico.
“Certamente. Mi dica pure.”
“Il mio collega chirurgo dottor Benson le
avrà sicuramente detto che il proiettile ha
scalfito l’aorta addominale.”
“Sì.”
“Bene, in questi casi i pazienti raramente
sopravvivono all’operazione.”
A quelle parole Nora ebbe un tonfo al cuore.
Nei suoi occhi si affollarono copiose le
lacrime. Aveva paura di fare quella
domanda, ma sentiva il bisogno crescerle
nel petto fino quasi a spaccarglielo. “Intende
dire che morirà?” chiese con un filo di voce
dopo una lunga pausa di riflessione.
Il medico sorrise. “Le possibilità di
sopravvivenza per un paziente in queste
condizioni sono molto remote, ma non
totalmente nulle. Josh ha reagito bene
all’operazione. È stato molto fortunato.”
Un largo sorriso si diffuse sul viso di Nora,
come l’arcobaleno che spunta dopo la
pioggia. “Quindi se la caverà?” domandò, in
cerca della conferma di cui aveva tanto
bisogno.
67
“Credo proprio di sì.”
Dopo aver riferito al marito ciò che aveva
detto il medico, Nora corse nella stanza di
Nikki per dare anche a lei la buona notizia.
La trovò seduta sul letto a giocare con la
figlia.
“Ti vedo meglio.” le disse.
“Infatti sto molto meglio.”
“Starai ancora meglio dopo aver sentito
quello che ho da dirti.”
“Di che si tratta?”
“Di Josh. Il medico mi ha appena detto che
l’operazione è andata bene. Non è più in
pericolo di vita.”
Le labbra di Nikki si incurvarono in un
enorme sorriso, forse il primo di quelle
ultime ventiquattro ore. Lacrime di gioia
bagnarono il suo viso.
“Meglio lacrime di gioia che di dolore!” disse
Nora sorridendo. Si sedette sul letto accanto
alla figlia e le prese il viso tra le mani. “D’ora
in poi voglio vederti sempre così.” le
sussurrò mentre le dava un bacio sulla
guancia bagnata.
“Su un letto d’ospedale?” scherzò Nikki.
68
“No. Felice. D’ora in poi voglio vederti
sempre felice.”
69
Capitolo 10
Nikki si alzò di scatto dal letto, trasferì la
bambina nelle braccia di Nora e andò verso
la porta, camminando a fatica a causa
dell’ingessatura.
“Dove vai?” le chiese la madre, preoccupata.
“Non puoi lasciare la camera!”
“Vado a vedere Josh.” rispose Nikki,
scomparendo dietro la porta. Nora non ebbe
il tempo di fermarla.
La stanza di Josh era immersa nel buio.
Soltanto un leggero bagliore penetrava
all’interno, dalla vetrata. Quando Nikki aprì
la porta, un fascio di luce illuminò parte del
letto e del pavimento e si spense subito
dopo che la ragazza ebbe chiuso la porta.
Nikki si avvicinò al letto di Josh e si sedette
accanto a lui. Gli prese una mano e se la
appoggiò sulle gambe, stringendola forte.
Non disse nulla: le bastava guardare il suo
uomo e sapere che presto avrebbe riaperto
quei suoi bellissimi occhi azzurri, per
sentirsi subito meglio. Sorrideva mentre lo
guardava dormire come un angelo, con la
testa bionda affondata nel cuscino. Passò
70
una mano tra i suoi ricci e poi la appoggiò
sul suo viso, in una tenera carezza.
Restò con lui per un quarto d’ora. Ancora
non riusciva a credere a quello che le aveva
detto sua madre: Josh era fuori pericolo.
Quando lo aveva visto in un lago di sangue
aveva creduto che non ci fosse più niente da
fare, ma il destino aveva deciso
diversamente. E così eccola lì, in quella
stanza d’ospedale, ad attendere il suo
risveglio.
Nikki si avvicinò al viso di Josh e lo baciò
sulle labbra fredde. Poi scostò i capelli dal
suo orecchio e gli sussurrò “Ti amo.”
Mentre usciva dalla camera incontrò il
dottor Schmidt.
“Lei dovrebbe essere a letto, non girovagare
per tutto l’ospedale.” l’ammonì l’uomo.
“Sono venuta a vedere Josh. L’ospedale
giustificherà un gesto d’amore, spero.”
scherzò Nikki.
Il medico rise. “Che sia la prima e l’ultima
volta, ok?”
“D’accordo!” rise Nikki.
“Stia tranquilla, tra una settimana al
massimo si sveglierà.” cercò di rassicurarla
il dottor Schmidt. Nikki sgranò gli occhi,
71
stupita. “Solitamente l’arco di tempo che un
paziente sottoposto a questa operazione
impiega per svegliarsi è piuttosto lungo. È
normale che stia ancora dormendo.”
aggiunse il medico, vedendo l’espressione
sgomenta della ragazza.
Nikki sorrise in segno di approvazione,
rasserenandosi.
“Adesso torni nella sua stanza.” le ordinò il
medico, con un tono tra l’autorevole e
l’amichevole. “L’accompagno.”
72
Capitolo 11
Nikki venne dimessa una settimana più
tardi, mentre Josh rimase in ospedale per
tutto il mese. Durante il periodo di
separazione dal fidanzato la ragazza ne
sentì moltissimo la mancanza, per questo
cercò di andare spesso a trovarlo. Nel corso
della prima settimana erano stati insieme in
ospedale ma Josh non si era svegliato. Nikki
aspettava con ansia il momento in cui
avrebbe potuto parlargli di nuovo per
chiarire molte cose. Si recò in ospedale tre
giorni dopo essere stata dimessa. Josh era
nella sua stanza, seduto a letto, con la
schiena
appoggiata
alla
spalliera.
Sorseggiava una tazza di tè. Appena la
ragazza entrò le rivolse un grande sorriso.
“Da quanto sei sveglio?” gli domandò lei,
sorridendo a sua volta.
“Due giorni, credo.”
Nikki avanzò a fatica verso il letto di Josh e
si sedette accanto a lui. Notò che il ragazzo
la guardava incuriosito. “Perché mi guardi
così?” gli chiese.
“Hai ingoiato un manico di scopa?” scherzò
lui. Nikki sollevò la camicetta, scoprendo
73
l’ingessatura. Il sorriso sul volto di Josh si
spense all’istante. “Che cosa ti è successo?”
domandò, pallido in viso.
“Subito dopo averti sparato, Fulton mi ha
dato un calcio.” spiegò Nikki, diretta. Nel
parlare fissava un punto scuro sul
pavimento bianco, come se fosse in trance.
“Ho tre costole rotte.” aggiunse, girando
lentamente la testa verso Josh ma
continuando a guardare in basso, senza il
coraggio di incontrare lo sguardo del
ragazzo.
Josh allungò una mano tremante per la
rabbia verso il fianco di Nikki, ma il gesto si
esaurì a metà strada. La mano ricadde
inerte sulle coperte. Josh apriva e chiudeva
la bocca, come per dire qualcosa. Ma le
parole non uscivano. Nikki pose fine al suo
boccheggiare
con
un
commento
rassicurante: “Adesso sto bene.” Scandì
quelle parole come fossero le ultime che
avrebbe pronunciato nella sua vita e nel
farlo prese la mano di Josh e la strinse forte.
“Mi dispiace di non essere stato capace di
proteggerti…” sussurrò flebilmente il
ragazzo, con una punta di vergogna nella
voce. “Mi dispiace che ci sia finita dentro
74
anche tu. Era un regolamento di conti tra
me e lui, tu non c’entravi.”
“Non devi scusarti. Se ora siamo ridotti così
la colpa è soltanto di una persona, e tu sai
bene di chi. Adesso devi pensare a riposare
perché ti voglio fuori di qui al più presto! Mi
manchi…”
“Anche tu mi manchi… però devo
ammettere che al quarto piano c’è una
vecchietta molto sexy che negli ultimi giorni
mi ha tenuto una piacevole compagnia…”
scherzò Josh. Era un trucchetto che usava
sempre con Nikki per farla arrabbiare.
Adorava vederla diventare paonazza,
inarcare le sopracciglia in modo strano e
assumere un tono di voce più acuto del
normale.
“Ah, davvero?” disse Nikki, facendo l’offesa.
“Allora credo che dovrò venire a trovarti più
spesso…” Risero entrambi.
“Lo sai che sei l’unica donna della mia vita.”
si affrettò ad aggiungere Josh. “Eccetto
Victoria, ovviamente…”
Nikki rise. “Sai, ieri mentre stavo usando il
computer ho trovato una tua foto in divisa.
Victoria era tra le mie braccia e avresti
dovuto vedere come si è agitata quando ti
75
ha visto! Ha iniziato a battere le manine e ad
allungarle verso lo schermo nella speranza
di poterti toccare… manchi molto anche a
lei.”
“È stata lei a darmi la forza per risvegliarmi.
Non volevo che crescesse senza un padre.”
Josh abbassò lo sguardo per non vedere gli
occhi lucidi di Nikki.
“Ho temuto di averti perso.” disse la ragazza
con voce strozzata. “Vederti cadere a terra
in un lago di sangue è stato un incubo, il
peggiore della mia vita. I medici
inizialmente avevano detto che le tue
condizioni erano molto gravi. Le speranze di
salvarti erano poco più di un granello di
sabbia in un deserto.”
“Ma adesso sono qui, no? È questo che
conta.”
La ragazza annuì con un leggero sorriso. La
paura era ancora visibile nei suoi occhi.
Josh accarezzò la guancia di Nikki con le
nocche e lei chiuse gli occhi per assaporare
meglio tutta la dolcezza di quel gesto. Anche
se erano stati lontani solo per qualche
giorno, le erano mancati quei momenti così
intimi in cui si era sentita sempre più sicura
di aver scelto l’uomo giusto con cui passare
76
il resto della sua vita. E lo aveva capito da
un semplice gesto, da una carezza, che Josh
sarebbe stato in grado di capirla nella sua
estrema complessità. Sì, perché le sue
carezze erano diverse da quelle degli altri
uomini: dicevano “io ti amo e continuerò a
farlo, anche quando tu non mi vorrai.”.
Le carezze degli altri invece dicevano “lo
faccio per tenerti buona, perché so che in
questo modo farai tutto ciò che voglio.”
Erano dei gesti superficiali che miravano al
piacere fisico con lo scopo di soggiogare la
mente. Le carezze di Josh invece arrivavano
all’anima, la riscaldavano, la proteggevano.
Erano speciali, cariche di un messaggio
d’amore che soltanto Nikki sarebbe stata
capace di accogliere perché diretto solo a lei
e a nessun’altra donna. Aveva l’impressione
che quella carezza si stesse espandendo in
tutto il suo corpo, sentiva le mani di Josh
correrle dolcemente lungo la schiena,
nonostante l’ingessatura. Si accoccolò sul
letto accanto a lui, circondata dalle sue
braccia. Josh le baciava il collo. Nikki
appoggiò il palmo della mano sulla guancia
del ragazzo per avvicinarlo ancora a sé.
Dopo una mezz’oretta passata a coccolarsi i
77
due ragazzi si addormentarono fino al
mattino seguente.
78
Capitolo 12
Due mesi più tardi, sia Josh che Nikki erano
di nuovo a casa. Era un pomeriggio di
gennaio* e i caldi raggi del sole entravano
dalla finestra della stanza da letto,
s’infiltravano attraverso le tende arancioni
e illuminavano tutta la stanza dipingendola
dello stesso colore delle tende. Josh e Nikki
erano distesi sul letto, immersi in
quell’atmosfera così calda che toglieva loro
le forze e il respiro. Josh si girò a fatica su un
fianco, in modo da poter vedere il profilo
filiforme della sua ragazza che giaceva
inerte accanto a lui, con una mano
appoggiata sul ventre. Lo vedeva alzarsi e
abbassarsi ritmicamente, un po’ come le
onde. Quelle increspature della superficie
marina gli avevano sempre dato sicurezza,
perché lo facevano sentire certo che il mare
fosse vivo. E tutto ciò che era vivo per lui
era una certezza. Da bambino era convinto
che anche il mare avesse un’anima e un
cuore, proprio come tutto ciò che possiede il
dono della vita. Con il passare degli anni
quella convinzione era svanita, ma la
79
sensazione di sicurezza provocata dalle
onde era rimasta, inspiegabilmente, quasi
fosse un’abitudine. Si era abituato a vederlo
così il mare, come un’immensa distesa
d’acqua sulla cui superficie si muovevano
onde che trasportavano sicurezza. La sua
sicurezza. E, si sa, le abitudini prese sin da
piccoli sono difficili da cambiare. Ma lui non
voleva cambiarla, questa. Dopo più di
vent’anni si ritrovava immerso nei suoi
ricordi di bambino, il mare, che lo aveva
accompagnato praticamente da quando era
nato, suo padre che gli diceva “Josh, il mare
non è vivo, ciò che ci vive dentro lo è” e lui
che si ostinava capricciosamente a
sostenere la sua tesi. Più per contraddirlo,
che per il fatto che ci credesse veramente.
Non aveva mai avuto un buon rapporto con
suo padre. Da quando Josh aveva compiuto
gli anni sufficienti per poter intendere e
volere, quell’uomo aveva cercato in tutti i
modi di mozzargli le ali. Le ali della fantasia.
Era
sempre
stato
contrario
alle
fantasticherie, diceva che “il vero motore
dell’uomo è la ragione” e nessuno osava
contraddirlo, nemmeno sua madre. Certo,
forse era vero quello che diceva ma non
80
capiva che, a sei anni, Josh era solo un
bambino e lo sarebbe stato ancora per
molto tempo. E se anche il vero motore
dell’uomo fosse stata la ragione, quello dei
bambini era sicuramente la fantasia. Anzi,
forse un po’ di fantasia c’era anche nel
mondo degli adulti. Se quel torace che Josh
fissava ormai da qualche minuto aveva le
stesse movenze delle onde e apparteneva a
qualcosa di vivo, allora anche il mare in un
certo senso era vivo. In fondo quel Josh
bambino aveva ragione, pensava, pieno di
orgoglio. Improvvisamente ebbe un
sussulto, come se stesse ritornando di colpo
alla realtà. Ma che diavolo gli passava per la
testa? Il mare era vivo? Come poteva un
ammasso
di
acqua
essere
vivo?
Probabilmente quell’idea folle era soltanto il
frutto di un’allucinazione dovuta al caldo
che faceva ancora in quella stanza,
nonostante il sole fosse già tramontato.
Però
quel
giorno
si
sentiva
inspiegabilmente strano, avvertiva un peso
in fondo allo stomaco. Non era solo il caldo
che portava con sé pensieri illogici a
turbarlo, c’era qualcos’altro, lo sentiva. Uscì
in balcone per prendere una boccata d’aria.
81
Aveva cominciato a soffiare un venticello
fresco che portava con sé il profumo aspro
delle rose del giardino. Josh si riempì i
polmoni di quell’essenza magica, chiudendo
gli occhi per qualche secondo in modo da
assaporarla meglio. Rimase lì, immobile, con
le braccia incrociate appoggiate alla
ringhiera di ferro battuto a guardare il fumo
che usciva dai comignoli delle case vicine.
Più lontano, a qualche centinaio di metri da
lui, c’era una collinetta che la mattina
risplendeva di un verde smeraldo e che
invece in quel momento era di una tinta che
dava più sul nero, la cui uniformità era
spezzata soltanto dal movimento di qualche
filo d’erba che danzava sospinto dal vento.
Si era promesso di portarci Victoria a
giocare, quando fosse diventata un po’ più
grande. Per ora la mamma se la teneva
stretta sotto le sue ali da chioccia, e faceva
bene. Il sole spariva dietro la collinetta ogni
sera, diffondendo i suoi ultimi raggi tra le
nuvole scure e filamentose. L’arancione del
cielo creava un bel contrasto con il grigio
cupo delle nuvole, pensava Josh. Avrebbe
voluto regalare a Nikki un mazzo di fiori di
quegli stessi colori, ma poi ci ripensò,
82
costatando che il grigio non fosse proprio
un bel colore per dei fiori da regalare alla
propria ragazza.
Si stupiva di come tutto si trasformasse di
notte, le piante diventavano oscuri fantasmi
illuminati dalla luce sinistra della luna, le
case prendevano le sembianze di enormi
teste dagli occhi brillanti e quella collinetta
sulla quale i suoi occhi indugiavano ogni
giorno diventava la pancia di un gigante
addormentato, i cui contorni nitidi e
tondeggianti erano scanditi dalla luce della
luna. Ora che suo padre non gli stava più col
fiato sul collo poteva abbandonarsi a
qualche fantasticheria ogni tanto, considerò.
Mentre era immerso nella sua infinità di
pensieri, sentì la finestra aprirsi e subito
dopo delle braccia cingergli la vita.
“Che cosa ci fai qui?” gli chiese Nikki, da
sopra la sua spalla. “Guarda che s’è fatto
notte.”
“Pensavo.” rispose lui, facendo scorrere lo
sguardo lungo tutto il paesaggio, da sinistra
verso destra. Quella sensazione di
turbamento ancora non lo abbandonava.
“A cosa?”
83
“A quanto incredibilmente ami te e la nostra
bambina.” disse Josh, voltandosi e
sorridendo alla sua ragazza. Non voleva
metterla in ansia con i suoi stupidi
complessi.
*gennaio: in Australia le stagioni sono
invertite rispetto all’Italia, in quanto essa si
trova nell’emisfero sud della Terra. Quindi a
gennaio è estate.
84
Capitolo 13
Il giorno seguente non era luminoso quanto
il precedente, il cielo era coperto da uno
spesso e compatto strato di nuvole di un
grigio uniforme, che a Josh dava un
implacabile senso di claustrofobia perché si
sentiva come prigioniero in una gabbia fatta
di vapore condensato.
Nikki era ancora a letto. Da quando Josh era
tornato a casa dall’ospedale se la stava
prendendo comoda, sapendo che c’era
qualcuno a badare alla casa. La sua
tranquillità non durò a lungo, perché fu
svegliata dal pianto della bambina che
chiedeva di mangiare. Era cresciuta la
piccola, ora non aveva più quel colorito
paonazzo che l’aveva caratterizzata durante
le prime settimane di vita. E aveva anche
un’espressione molto più rilassata e serena,
che aveva sostituito quella corrucciata di
quando era appena nata. Le sue guance
erano diventate ancora più cicciottelle e il
papà si divertiva molto a prendergliele tra
l’indice e il medio in un pizzicotto
affettuoso, che tuttavia lei non gradiva
85
molto. Quella mattina, mentre Victoria
giocava sul lettone con un sonaglio a forma
di Winnie The Pooh, Josh si era avvicinato di
soppiatto e si era seduto accanto a lei. La
piccola
aveva
immediatamente
abbandonato il ninnolo per puntare i suoi
occhioni azzurri sul padre, in una disperata
richiesta di essere presa in braccio. Victoria
adorava Josh. Ogni sera voleva che fosse lui
a metterla a nanna e se la mamma provava a
sostituirlo in quel rito ormai sacro
cominciava a strillare come una matta
finché il papà non l’accoglieva tra le sue
braccia e aspettava che il pianto si
disperdesse nella sua maglietta. Josh sorrise
a quello sguardo così supplichevole e
l’accontentò, sollevandola dal copriletto e
appoggiandola sulle sue gambe. Victoria
continuava a guardarlo estasiata. Lui le fece
il solletico sulla pancia e la bimba prese a
scalciare e a ridere emettendo dei gridolini
strozzati. Anche a Josh venne da ridere. In
quel momento entrò Nikki, avvolta in un
asciugamano.
“Ha mangiato?” le domandò Josh, indicando
la piccola che si dimenava ancora tra le sue
braccia.
86
“Sì.” fece Nikki, cercando di non incrociare
lo sguardo del ragazzo. Le sue guance
avvamparono.
“Oh, giusto, scusami.” si affrettò a dire Josh.
A Nikki non era mai piaciuto spogliarsi in
sua presenza.
“Grazie.” Nikki gli rivolse un sorriso
imbarazzato mentre lo guardava uscire
dalla camera con la figlia accucciata sulla
spalla.
Squillò il telefono e Josh andò a rispondere.
Era Nora e sembrava molto agitata.
“Pronto? No, Nikki è occupata in questo
momento…certo, glielo dirò io.” ci fu un
attimo di silenzio. “C-cosa?”
Quando Josh riattaccò si accorse che la sua
mano tremava. Aveva gli occhi spalancati e
le labbra leggermente socchiuse. La notizia
lo aveva scioccato. Raggiunse a tentoni il
divano e si sedette, appoggiando Victoria
accanto a lui. La piccola si girò su un fianco,
con il viso rivolto verso lo schienale, e si
addormentò. Josh rimase seduto per
qualche minuto con il busto piegato in
avanti e la testa tra le mani. Nel frattempo
Nikki aveva terminato di vestirsi ed era
87
entrata in salotto con passo leggero e
veloce.
“Josh, se vuoi possiamo portare la
bambina…” il resto della frase si spense
sulle sue labbra. “Che succede?” chiese,
preoccupata.
“Siediti.”
“Che cos…”
“Siediti.” ribadì Josh, appoggiandosi allo
schienale e continuando a guardare fisso
davanti a sé. “Dobbiamo parlare.”
Nikki obbedì. Prese la bambina e la adagiò
nella culla accanto al divano, poi si
accomodò vicino a Josh. “I ‘dobbiamo
parlare’ non portano mai niente di buono”
disse, come parlando tra sé e sé. “Veniamo
subito al dunque. Mi vuoi lasciare?”
domandò, con una punta di amarezza nella
voce. Le lacrime erano già pronte a
sgorgare.
“Nik…” Josh cercava di dire qualcosa, ma lei
non gli lasciava il tempo di parlare.
“Vuoi abbandonare me e nostra figlia?”
continuò Nikki in tono lacrimoso.
“Nik…”
“Da quanto stai con lei, eh?” il tono di voce
della ragazza stava diventando sempre più
88
alto. Si alzò in piedi di scatto, guardando
Josh furiosamente.
“Nik…” lui riprovò a prendere la parola ma
Nikki lo interruppe di nuovo.
“Non mi importa di quello che dirai, non c’è
giustificazione per quello che stai facendo!”
“Ascoltami…”
La ragazza perse completamente le staffe e
iniziò a urlare contro Josh, dimenticandosi
completamente
della
bambina
addormentata a pochi passi da lei. “Sei un
bastardo! Un porco! Sei un donnaiolo senza
scrupoli, come potevo aspettarmi che tu
fossi cambiato!?”
“Tuo padre è morto!” urlò Josh con tutte le
sue forze, scattando su dal divano come una
molla e guardando Nikki dritto negli occhi.
Lei li spalancò, in un’espressione molto
simile a quella di Josh dopo che Fulton gli
aveva sparato. Scuoteva la testa come per
liberarsi di un’idea impossibile, come per
convincersi che quello che aveva appena
sentito non fosse vero. Dal modo in cui
fissava Josh sembrava che avesse visto un
fantasma. Tendeva una mano verso la
cucina, avrebbe voluto scappare via ma era
paralizzata.
89
“Mio…padre
è…
morto?”
balbettò
lentamente, senza staccare gli occhi da Josh.
“Sì.” rispose lui con un filo di voce,
abbassando lo sguardo come se fosse colpa
sua.
“Chi te l’ha detto?”
“Tua madre. Prima ha telefonato.”
“Bugiardo!” strillò Nikki. Rifiutava di vedere
la dura realtà: era un meccanismo di difesa
contro il dolore. Negazione.
“Sei un bugiardo!” continuò, avventandosi
su Josh e cercando di picchiarlo. “Bugiardo!”
Josh indietreggiò e portò le braccia in
avanti per proteggersi. Afferrò i polsi di
Nikki per tenere le sue mani lontane dal
proprio viso. “Bugiardo…” si lamentò lei,
rallentando la scarica di pugni. Josh strinse
forte i polsi della ragazza tra le mani e se li
appoggiò sul petto. Nikki piegò i gomiti per
avvicinarsi a lui. Lo guardò negli occhi per
una frazione di secondo da dietro il ciuffo di
capelli che le era scivolato fuori dalla coda,
poi sprofondò la testa nel suo petto,
scoppiando a piangere disperatamente. Josh
la circondò con le braccia e le diede un bacio
sulla
testa.
Rimasero
stretti
in
quell’abbraccio per alcuni minuti. Entrambi
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ne avevano proprio bisogno. Una per
superare il dolore, l’altro per trovare la
forza necessaria a consolare.
91
Capitolo 14
Due ore dopo arrivò Nora. Quando Josh aprì
la porta non si trovò davanti una donna, ma
un fantasma vestito di nero con fazzoletti
che fuoriuscivano da ogni parte. Nora si
trascinò dentro con lo sguardo basso e un
fazzoletto che le copriva il naso.
“Ciao Josh.” mugolò.
“Buongiorno.” fece Josh, serio.
“Come sta Nikki?” Nora si preoccupava
sempre prima per la figlia che per sé.
Josh sospirò. “Male.” disse.
“Dov’è?”
“In camera. Sta riposando.”
La disperazione di Nora era palese. Di solito
si dilungava in discorsi senza fine, mentre
ora comunicava con domande molto
sintetiche. Amava molto suo marito, come lo
amava Nikki.
La donna si avviò con passo strascicato
verso la stanza da letto, soffiandosi il naso
rumorosamente. Josh capì che non era il
caso di seguirla. Mentre attraversava il
corridoio, Nora non prestò attenzione alla
nipotina nella culla. Un’altra cosa alquanto
strana, pensò il ragazzo. La donna bussò alla
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porta della camera, poi la aprì leggermente,
quanto bastava per infilare la testa dentro e
sbirciare. Vide la figlia abbandonata sul
letto, con la faccia affondata nel cuscino e le
mani richiuse a pugno intorno ai due lembi
superiori del guanciale. Ogni tanto il suo
corpo sobbalzava per un singhiozzo e subito
dopo si sentiva un risucchio ovattato. Nora
si sentì morire. Si avvicinò al letto con
cautela e accarezzò la testa di Nikki. La
ragazza riconobbe immediatamente la
mano. Alzò la testa, lasciando una conca
bagnata nel cuscino.
“Mamma…” mormorò, con la bocca
impastata dalle lacrime. Nora sorrise
tristemente e si sedette accanto alla figlia,
che nel frattempo si era tirata su e le aveva
fatto posto. Erano una accanto all’altra, con
le gambe penzoloni dal letto. Nikki ebbe un
altro sussulto e si portò una mano davanti
alla bocca per coprire un gemito troppo
forte. La madre le circondò le spalle con un
braccio e la strinse forte a sé, passandole
una mano sulla guancia umida in una dolce
carezza.
“Adesso calmati…” le sussurrò, dandole un
bacio sulla fronte. “Piangere non serve a
93
niente, papà non tornerà indietro… quindi
tanto vale che ti rilassi e ti metti il cuore in
pace.”
“Se piangere non serve a niente, allora
perché lo stai facendo anche tu?” la
rimproverò Nikki, avendo notato gli occhi
gonfi e le guance umide della madre.
Aveva ragione, pensò Nora. A dire il vero
non lo sapeva neanche lei perché stesse
piangendo, quando sconsigliava a sua figlia
di farlo. “Perché piangere un po’ fa bene, ma
non bisogna piangere per sempre.” si limitò
a rispondere. “E’ come quando si cade con la
bicicletta, da bambini. All’inizio ci si fa un
bel pianto depuratore, perché la ferita fa
male. Poi, però, questa ferita si cicatrizza e
non c’è più bisogno di piangere, perché il
dolore se n’è andato.”
Nikki sorrise. Si sentiva di nuovo bambina,
con sua madre lì a consolarla. Quella donna
la stupiva ogni volta con i suoi paragoni così
scontati e per questo impensabili. Era una
bella sensazione: si sentiva protetta.
Restarono insieme ancora per qualche
minuto a parlare, come facevano quando
Nikki era ragazzina e raccontava senza
sosta dei suoi amori impossibili. Ora però
94
era diverso, i discorsi si erano fatti più seri,
più adulti. Erano cresciuti e maturati
insieme a loro. Ciò che non era cambiato
però era l’entusiasmo con cui le due donne
dialogavano.
“Sei sicura di non voler venire a stare da
noi?” chiese Nikki alla madre.
“No, sarei solo d’intralcio. Tu e Josh avete
bisogno della vostra intimità.” disse Nora.
“Ma d’ora in poi sarai sola in casa” continuò
la figlia.
“Non ti preoccupare per me. Io starò
benissimo.”
Nikki non volle insistere di fronte alla solida
convinzione della madre. Si ricordò di
quando, a sedici anni, le chiedeva di uscire
la sera con gli amici e lei rispondeva con un
secco “no”. Era irremovibile. A questo
pensiero le venne da sorridere. Nora capì e
sorrise a sua volta. Dopo un pomeriggio
passato fra le lacrime, finalmente entrambe
si sentivano meglio.
Quella sera, dopo che Nora ebbe lasciato la
casa, Josh raggiunse Nikki a letto con un
vassoio pieno di dolci. La ragazza non aveva
voluto cenare, ma lui era certo che non
95
avrebbe rifiutato un dolcetto. La conosceva
troppo bene.
“Dolcetto o scherzetto?” domandò, aprendo
la porta della camera con un calcio per via
delle mani impegnate. Nikki sorrise appena.
“Scusa, non ho fame.” disse, con tono piatto.
“Queste tortine le ho fatte con le mie mani.
Se non le assaggi mi offendo.” la minacciò
Josh, sedendosi accanto a lei e porgendole il
vassoio con una decina di dolcetti marroni
sbilenchi appoggiati sopra alla rinfusa. Nikki
ne prese uno con l’aria poco convinta. Lo
guardò da varie angolazioni, poi lo addentò.
“Ti conviene fartelo piacere” aggiunse Josh.
Si avvicinò al suo orecchio. “ho fatto un
disastro in cucina…” confessò, abbassando
la voce come se avesse paura di essere
ascoltato da qualcun altro all’infuori di
Nikki. Lei finalmente rise.
“Domani vedrò il pasticcio che hai
combinato. Poi ti farò pulire tutto con la
lingua.” lo minacciò. “Goditi le tue ultime
ore di libertà, caro mio.” Risero entrambi.
Josh appoggiò il vassoio sul comodino e poi
si voltò a guardare Nikki, con uno sguardo
perfido. Cinque secondi dopo si era
avventato su di lei per farle il solletico.
96
“Non puoi più darmi ordini, tenente!”
urlava, cercando di sovrastare le risate della
ragazza.
“Oh, sì che posso!” strillava lei.
Dopo qualche minuto si fermarono, esausti
ma ancora con il sorriso stampato sulle
labbra. Nikki era distesa sopra Josh e faceva
scorrere le mani tra i suoi riccioli biondi.
Josh le accarezzava la schiena.
“Ti ho tirato un po’ su?” le chiese lui.
Nikki annuì sorridendo; si chinò per
baciarlo e le sembrò di ritrovare quel
contatto dopo anni di lontananza. “Era da
un sacco di tempo che non mi chiamavi
‘tenente’.” osservò, staccandosi dalle sue
labbra.
“È passato quasi un anno, ormai.”
“Non ti manca la Marina?” gli chiese
all’improvviso.
“E perché dovrebbe? Io ho te, non mi serve
altro.”
97
Capitolo 15
La mattina seguente, quando Josh si svegliò,
si trovò da solo a letto. Si alzò e andò in
cucina per preparare un caffè. Lì trovò
Nikki, seduta su uno sgabello accanto alla
finestra, che si rigirava tra le mani una foto.
Si avvicinò a lei da dietro, la abbracciò e le
diede un bacio sul collo. Da quella posizione
poteva vedere con chiarezza l’uomo nella
foto. Era Anthony con la divisa da pesca,
ritratto mentre teneva un grosso pesce per
la coda. Aveva vinto il primo premio per
aver pescato il pesce più grande del lago: sul
suo petto spiccava una coccarda blu con un
grande numero uno stampato sopra. Sul
margine inferiore della foto c’era scritto
“Lilydale Lake’s fishing competition”.
Anthony sorrideva e abbracciava un altro
uomo, che Josh non conosceva. Si
assomigliavano, probabilmente era suo
fratello.
“Gli piaceva pescare?” chiese il ragazzo, per
rompere il ghiaccio.
“Sì.” fece Nikki, carezzando la fotografia con
il pollice. “Avrebbe voluto portarci anche te,
un giorno.” D’un tratto si fece molto seria.
98
“Ma purtroppo la tubercolosi se l’è portato
via.”
“Gli volevi molto bene, vero?”
“Sì.”
“Si vede. Invidio il modo in cui voi due
eravate legati, sai? Io e mio padre non ci
siamo mai sopportati.” disse Josh con
risentimento. “L’unico problema è che poi,
quando una persona se ne va, soffriamo di
più se la amavamo.” aggiunse.
“Vuoi dire che se morisse tuo padre tu non
ci staresti male?” chiese Nikki, un po’
stupita dalla freddezza con cui Josh parlava
del genitore.
“Probabilmente no.” rispose lui con tono
rilassato, come se fosse la cosa più naturale
del mondo.
“Sei un mostro.” sbottò Nikki, saltando giù
dallo sgabello con le lacrime agli occhi e
correndo a chiudersi in camera. Josh rimase
fermo dov’era, pietrificato. Quello non era
esattamente il tipo di conforto che avrebbe
voluto darle. Decise che sarebbe stato
meglio non andare da lei. Si sedette sullo
sgabello, incerto sul da farsi. Dopo qualche
minuto passato a fissare il vaso di fiori
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arancioni e blu sistemato al centro del
tavolo prese la giacca e uscì.
Al bar c’era così tanto chiasso che Josh
faticava a pensare. O forse era lui che si era
ormai abituato al silenzio religioso di casa
sua e ora si trovava spaesato in quella realtà
così violenta e aggressiva. C’era gente che
gridava da ogni parte, erano solo uomini,
perché una donna non avrebbe messo piede
al Joey’s neanche per scommessa. Inoltre,
pensava Josh, le scommesse non erano roba
da donne. In un angolo vicino al bancone
due ragazzi sulla trentina giocavano a
biliardo, rivolgendosi insulti pesanti. Dietro
ognuno di loro, una decina di giovani
tifavano facendo tintinnare i bicchieri di
vetro che tenevano in mano, nei quali era
contenuto un liquido trasparente che di
sicuro non era acqua. Josh non era un
grande intenditore di alcolici, ma quella gli
sembrava Vodka. Erano tutti un po’ brilli,
notò. Si stupì di come, già alle dieci del
mattino, qualcuno potesse essere capace di
ubriacarsi. Dal suo tavolino al centro del
locale aveva una buona vista su tutta la sala,
ma quella vista era tutt’altro che piacevole.
100
Oltre ai giocatori di biliardo c’erano altri tre
ragazzi, in piedi vicino alle slot machines.
Due si stavano picchiando, mentre il terzo
cercava di dividerli. Uno di quegli aggeggi
infernali aveva “mangiato” i soldi al ragazzo
alto, che si era infuriato con quello grasso
perché gli aveva dato dell’idiota. Questo fu
quello che Josh riuscì a cogliere da alcuni
brandelli di conversazione che giunsero al
suo tavolo. Attese che arrivasse qualcuno
del personale a placare la rissa, ma non
arrivò nessuno. Anzi, il barista e i camerieri
continuavano a svolgere il loro lavoro come
se niente fosse. Ormai la violenza era
diventata una cosa normale in quel locale,
pensò con orrore. Sorseggiò lentamente la
sua birra, continuando a guardarsi intorno.
Percepiva il liquido dorato scendergli giù
per la gola, fino allo stomaco. Si sentiva
piacevolmente rinfrescato da quel gusto
amaro e frizzante. Una volta che ebbe
terminato di bere lasciò sul tavolino una
banconota da cinque dollari e uscì.
Nikki era ancora in camera, distesa sul letto.
Si sentiva in colpa per quello che aveva
detto a Josh. Forse era stata troppo dura con
101
lui, in fondo era libero di pensare ciò che
voleva, se odiava suo padre ci doveva essere
sotto un motivo serio. Era curiosa di
scoprire quale fosse quel motivo, inoltre era
certa che se si fosse sfogato con qualcuno si
sarebbe sentito meglio.
Aprì di scatto la porta.
“Josh…” La sua frase rimase sospesa a
mezz’aria quando trovò sul pavimento
davanti a lei un mazzo di rose rosse con un
biglietto. Sorrise tra sé e sé. Raccolse i fiori e
tornò dentro. Si sedette sul letto dando le
spalle all’uscio e lesse il biglietto ad alta
voce.
“Alla donna più bella e più dolce che sa
essere anche la più forte. Carissima Nikki,
voglio dedicarti le parole di Paul Géraldy:
‘Se ti amo così male è perché...” si fermò
quando avvertì una presenza dietro di lei.
Qualcuno le stava mettendo al collo una
sottile collana argentata con un ciondolo a
forma di delfino.
“…ti amo troppo.’ ” continuò l’uomo alle sue
spalle.
Josh la baciò sul collo mentre le avvolgeva le
braccia intorno alla vita e si sedeva accanto
a lei. Rimase a guardarla per alcuni secondi.
102
Quel suo sorriso così luminoso lo spiazzava
ogni volta. E quella volta era stata ancora
più speciale delle altre, perché una cosa che
si torna a fare dopo tanto tempo è più
importante di una cosa che si fa
abitualmente. Nikki tornava a sorridere
dopo molti mesi passati a soffrire per la
questione di Fulton e la morte del padre, e
questo era per lei il traguardo più grande.
“Cosa dovevi farti perdonare?” gli chiese
con tono malizioso, guardando il ciondolo
luccicante della sua catenina.
“Il fatto di non essere stato capace di
confortarti in un momento così difficile e
anzi, di aver messo il dito nella piaga.”
spiegò lui, con una nota di vergogna nella
voce. “Sono il solito cretino e buono a nulla.”
piagnucolò, abbassando la testa come un
bambino di cinque anni che si fa piccolo
piccolo di fronte ai rimproveri della madre.
Nikki rise. “Tu non sei un buono a nulla!
Forse sei un po’ cretino, su questo ti do
ragione, ma non sei un buono a nulla.” lo
rassicurò, prendendogli la testa tra le mani e
guardandolo fisso negli occhi. “Non sei un
buono a nulla.” gli ripeté più piano,
avvicinando le labbra alle sue. Josh sentiva il
103
fiato caldo della ragazza sulla bocca. Gli
faceva il solletico, ma senza dargli fastidio. Si
spinse in avanti per baciarla e lei gli allacciò
le braccia al collo, scivolando all’indietro in
modo da distendersi sul letto. Ricambiò il
bacio con entusiasmo. Quando, qualche
minuto più tardi, si furono staccati e sdraiati
l’uno accanto all’altra, Nikki azzardò una
domanda: “Cos’è successo con tuo padre?”
Josh s’incupì. Lei sentì il suo braccio sinistro,
quello che la avvolgeva, indurirsi e stringerla
con violenza, quasi facendole male. “È una
lunga storia.” si limitò a dire lui a denti
stretti. “Fidati, è meglio che tu non lo sappia.
Specialmente in questo momento così
difficile per te. Hai già abbastanza problemi a
cui pensare.”
“Cosa non dovrei sapere?” La voce di Nikki
era sempre più curiosa ma al tempo stesso
preoccupata.
“Lascia stare.”
“Sono la tua futura moglie, non devi aver
paura di confidarti con me!” La voce della
ragazza cominciava ad assumere un tono
irritato.
“Non è per questo, Nik…”
“E allora cosa c’è?” sbottò lei.
104
“È un ricordo doloroso.” ammise infine Josh,
dopo una breve pausa.
Nikki parve calmarsi di colpo. “Mi dispiace,
non credevo…” cercò di giustificarsi.
“Tranquilla.” la interruppe “In fondo hai
ragione tu. È giusto che io condivida questa
cosa con te.”
“No, davvero, se ti fa male non devi sentirti
obbligato a…” prima che Nikki potesse finire
la frase lui aveva già cominciato a riversarle
addosso tutta la sua sofferenza.
“Fin da quando ero bambino mio padre non
mi aveva mai lasciato fantasticare su mondi
incantati o su draghi sputafuoco o su altre
cose che di solito interessavano quelli della
mia età. Non mi ha lasciato vivere la mia
infanzia, insomma. A sei anni mi disse che
Babbo Natale e la Fatina dei denti erano
tutte invenzioni a cui abboccavano solo gli
allocchi e che se mi avesse sorpreso a
scrivere una letterina di Natale o a mettere
un dentino sotto il cuscino mi avrebbe
cacciato di casa. Ovviamente non lo avrebbe
fatto sul serio, ma per un bambino di sei
anni quella era una minaccia in piena
regola.”
105
“E il tuo odio profondo nei suoi confronti è
dovuto a questo?” intervenne Nikki allibita,
ponendo particolare enfasi sulle ultime due
parole.
“No, assolutamente…” la tranquillizzò lui,
vedendo lo sguardo fulminante che gli
aveva rivolto. “C’è dell’altro. Come tu sai, io
ho due sorelle, Amelia e Clare. Essendo
l’unico figlio maschio ero particolarmente
coccolato da mia madre. Mi difendeva in
ogni occasione. Per questo quando mio
padre mi faceva il lavaggio del cervello con i
suoi discorsi da uomo lei stava male. Stava
male perché io stavo male. Dopo vari anni
passati a piangere di nascosto quando mio
padre dormiva, cadde in depressione. Si
imbottiva di farmaci dalla mattina alla sera
ma quelli non le davano nessun sollievo. Un
giorno ebbe un malore e la portammo in
ospedale. La operarono e fortunatamente
riuscirono a salvarla. Da quel giorno ho
giurato che non avrei mai perdonato mio
padre per quello che le aveva fatto.” Josh
fece una pausa per riprendere fiato. “Mia
madre ha rischiato di morire di overdose
per colpa sua!” urlò. Una lacrima gli rigò il
viso. Nikki gli appoggiò una mano sulla
106
guancia e gliela asciugò con il pollice. Anche
lei aveva gli occhi lucidi. “Ora chi è che deve
essere consolato?” scherzò la ragazza,
accennando a una risatina.
Josh sorrise. “Mi vergogno così tanto…”
ammise. “Un uomo non piange mai.”
“Chi l’ha detto? È una delle perle di saggezza
di tuo padre?” rise Nikki.
“Indovinato.”
“Beh, tuo padre si sbaglia…” sussurrò lei,
avvolgendo un braccio intorno al collo del
ragazzo e baciandolo delicatamente. “Solo
chi piange è un vero uomo… gli altri non
sono né uomini né tantomeno esseri umani:
gli esseri umani si distinguono dagli oggetti
inanimati perché hanno la capacità di
esprimere emozioni e il pianto è la maniera
più immediata per farlo. Se non piangi non
sei un essere umano.”
Josh sentiva che quella frase gli sarebbe
rimasta radicata nella testa per il resto della
sua vita. Ancora una volta Nikki aveva
ragione, e suo padre aveva torto. Capì che
ora era il suo turno di dire qualcosa di
rassicurante. “E comunque se mio padre
dovesse morire preferirei che ci lasciassimo
senza più rancore. Tu sei stata molto
107
fortunata: eri in ottimi rapporti con
Anthony e non dovevate chiarire nulla.
Credimi, sarebbe stato peggio se tuo padre
se ne fosse andato e tu avessi ancora un
conto in sospeso con lui. Non avresti potuto
risolvere mai più la questione. E la certezza
che vi sareste odiati per sempre sarebbe
rimasta a tormentarti per il resto della tua
vita. Vedila in questo modo: tuo padre aveva
finito di svolgere i suoi compiti sulla Terra e
per questo è stato richiamato lassù. Ora è un
angelo che passeggia per i prati fioriti del
Paradiso e veglia sempre su di te. Forse ti è
addirittura più vicino ora che quando era
ancora vivo, perché è sempre con te.
Quando morirà mio padre, invece, diventerà
uno spirito oscuro che passerà le sue
giornate
a
tormentarmi
facendomi
rimpiangere di non aver sistemato le cose
con lui quando ero ancora in tempo.”
“Certo, vedendola in questo modo è tutto
diverso…” commentò Nikki, portandosi
l’indice sulle labbra. Stette in silenzio per un
attimo, pensando che fosse necessario
tranquillizzare Josh riguardo ai problemi
con il padre. No, per quello c’era ancora
tempo, si disse. In quel momento era lei ad
108
aver bisogno di conforto. “È molto bello
quello che hai detto su mio padre. Grazie
per essermi vicino in ogni situazione.”
aggiunse. Josh la abbracciò e lei scoppiò a
piangere.
“E adesso che ti prende?” domandò lui,
sorpreso. “Fino a un secondo fa eri così
contenta!”
Nikki sorrise tra le lacrime. “Avevo bisogno
di
sfogarmi.”
disse
semplicemente,
tornando a rincantucciarsi sulla spalla di
Josh. Certo, il pianto era la via più breve per
espellere tutta la tensione che aveva
accumulato in quegli ultimi giorni. Dopo
aver pianto ci si sente rigenerati. Questa
sensazione Josh l’aveva provata davvero
raramente, ma da quel momento le cose
sarebbero cambiate. Avrebbe pianto più
spesso perché piangere è umano, quindi era
un suo diritto. Josh circondò la vita di Nikki
con un braccio e con l’altra mano iniziò ad
accarezzarle i capelli castani. Inspirò
profondamente per riempirsi i polmoni del
profumo di Nikki, mirtilli e vaniglia, il suo
preferito. “Sei al sicuro con me.” le sussurrò
all’orecchio.
109
Capitolo 16
Quel pomeriggio si tenne il funerale di
Anthony. Nikki arrivò in anticipo al
cimitero. Entrò nella cappella di famiglia,
sulla cui facciata spiccavano in argento le
lettere che componevano il suo cognome,
Caetano. S’inginocchiò sul banchetto di
legno facendo attenzione che il suo lungo
vestito di raso nero non si rovinasse. Si
guardò intorno: cinque persone dall’aria
triste la osservavano dall’interno delle
rispettive cornici. Nonno Thomas, zio
Albert, zia Ella e altri due signori che Nikki
non aveva mai visto prima, forse dei prozii.
Ancora le lettere argentate annunciavano i
loro nomi: Robert e Chip. Accanto ad ogni
fotografia c’era un vaso con dentro un
ciclamino e una margherita ormai secchi.
Vicino al nonno c’era un loculo vuoto. Nikki
rabbrividì. Quello era per suo padre. Si alzò
e fece il giro di tutta la cappella,
accarezzando le foto dei parenti. Si fermò
davanti a quella che di lì a poco sarebbe
diventata la nuova eterna dimora di
Anthony. Rimase a fissarla per alcuni
secondi, immaginandovi dentro la bara con
110
la salma del padre. Un altro brivido le
percorse la schiena. Da quel momento la
cosa più bella che avesse potuto fare per lui
sarebbe stata portargli ogni tanto dei fiori,
che sarebbero appassiti nel raggio di una
settimana.
Appassiti proprio come lui.
Mezz’ora dopo la chiesetta del cimitero
pullulava di gente in nero. Amici, parenti,
sconosciuti. Erano venuti proprio tutti. In
prima fila era seduta Nora, che cercava di
coprirsi la faccia con il cappello nero per
nascondere le lacrime. Evidentemente
quando le aveva detto “Non bisogna
piangere per sempre” non intendeva
neanche che bisognasse smettere troppo
presto, pensò Nikki. Mentre la madre
continuava a singhiozzare lei si avvicinò
all’altare davanti al quale c’era la bara di
Anthony, aperta. Al suo interno giaceva la
salma, pallida, con le mani incrociate sul
petto. Nikki non riuscì a sopportare la vista
e scoppiò a piangere, coprendosi la bocca
con la mano. Josh arrivò alle sue spalle, la
circondò con entrambe le braccia e le
affondò la testa nella spalla. “Vieni via.” le
111
sussurrò, sospingendola verso la panca su
cui era seduta la madre. Nikki diede un
ultimo sguardo a suo padre da sopra la
spalla di Josh, poi si lasciò trascinare
lontano. Si accomodò all’estremità sinistra
della panca, accanto alla carrozzina in cui
dormiva Victoria. Josh aveva portato anche
lei, non avendo trovato nessuno a cui
lasciarla. Il ragazzo si sedette di fianco alla
fidanzata e vicino a lui i tre fratelli di Nikki,
Lance, il maggiore, Scott e Dylan. Nikki
rivolse loro uno sguardo addolorato, senza
dire una parola.
Al termine della funzione la salma venne
portata nella cappella di famiglia. Nikki
guardò la bara che veniva inghiottita
dall’oscurità del loculo spinta dal becchino e
sentì un vuoto crescere nel suo cuore. Non
avrebbe più rivisto suo padre, mai più. Il
suo viso ovale, l’espressione sempre
arrabbiata che poteva diventare accogliente
se ci si soffermava a guardarlo più
attentamente, i suoi piccoli occhiali
argentati dalla montatura sottile dietro i
quali spiccavano due vispi occhietti azzurri,
i suoi radi capelli bianchi, le sue mani, sì, le
mani che le avevano regalato tutte quelle
112
carezze ogni volta che ne aveva avuto
bisogno. Non restava più niente. Era tutto
sparito insieme alla bara, dentro quel buco
nero. A Nikki ora risultava sempre più
difficile mettere a fuoco i lineamenti di suo
padre, i suoi gesti, la sua voce. L’uomo che
l’aveva educata e cresciuta si stava
trasformando in un semplice ricordo, che
sarebbe diventato sempre più sfocato con il
passare degli anni, fino a scomparire. Allora
lei avrebbe dovuto piantare gli occhi in una
sua foto per rinfrescarsi la memoria. E
avrebbe ricominciato a soffrire di una
sofferenza che nessuno può placare. A volte
un bel ricordo è seguito da un altro
doloroso e in questi casi quando si richiama
alla memoria qualcosa di piacevole si finisce
per ricordare anche tutto il resto che ha
fatto soffrire il cuore. Per Nikki era così:
guardando la foto di suo padre le tornava in
mente quanto fosse onesto, affidabile,
iperprotettivo, determinato e… morto.
Ormai quel ricordo era stato macchiato
dall’inchiostro nero della morte e ogni
qualvolta fosse riaffiorato alla mente lo
avrebbe fatto velato da un alone di
malinconia e nostalgia. Era inevitabile. Per
113
la prima volta Nikki sentì di non poter fare
nulla per aiutare se stessa o suo padre, che
da quel momento in poi non avrebbe potuto
essere più di un ricordo per lei. Un piatto,
muto ricordo. Si chiedeva come potesse
quel becchino restare impassibile di fronte
a tutto il dolore che lo circondava. Ci si era
abituato, ormai, a vedere la gente che
soffriva. Orribile.
L’uomo incastrò la lapide nell’apertura e poi
si allontanò, chiudendo le porte a vetri della
cappella e strisciando silenzioso come un
gatto verso l’uscita. Nikki pensò che nella
sua camminata ingobbita ci fosse qualcosa
di inquietante. La ragazza si avvicinò alle
porte a vetri e diede un’occhiata dentro.
Accanto a quella del nonno c’era la lapide
marmorea di suo padre, sulla quale
luccicavano
delle
lettere
argentate:
“Anthony John Caetano”. Distolse lo sguardo
quasi subito, non appena sentì qualcuno
toccarle la spalla. Era Kate. Anche lei
indossava un abito nero e aveva una faccia
che esprimeva tutta la comprensione che le
era possibile esternare. Non ebbe bisogno di
dire niente. I suoi occhi parlavano da soli.
Nikki la abbracciò lentamente e lei le
114
accarezzò la schiena. Da sopra la spalla
dell’amica Nikki poteva vedere l’equipaggio
della Hammersley al completo. Sul volto del
comandante si era congelato un sorriso
legnoso e apprensivo, un piccolo invito a
contare sempre su di lui. Il classico
comportamento da comandante, pensò
Nikki. Ricordava ancora bene tutte quelle
volte in cui lui l’aveva sostenuta con quei
suoi sorrisi, un po’ perché era compito suo
supportare l’equipaggio, un po’ perché la
vedeva come una giovane donna indifesa
che aveva bisogno di un punto di
riferimento. In fondo, lei lo vedeva come un
padre. Già, un padre. A pensarci le venne da
piangere. Ora l’unico padre - se così si
poteva definire - a esserle rimasto era il
comandante Mike Flynn. Nikki incontrò il
suo sguardo e intuì che lui aveva capito a
cosa
stesse
pensando.
Si
sciolse
dall’abbraccio di Kate e gli andò incontro.
Mike la accolse tra le sue braccia e lei
sprofondò con la testa nel suo petto. “Per
qualsiasi cosa puoi contare sempre su di
me, Nikki.” le sussurrò.
Mentre si avviavano tutti verso l’uscita,
Nikki ricevette condoglianze da amici e
115
parenti e da persone mai viste prima. Una
volta raggiunti i cancelli Josh le si avvicinò
per dirle che avrebbe portato a casa Nora e
la bambina.
“Spider, puoi riportare Nikki a casa?”
aggiunse rivolto al componente più giovane
dell’equipaggio. “Io devo accompagnare sua
madre, è sconvolta e non resisterebbe un
minuto di più qui.” Spider annuì e Josh si
allontanò diretto verso la cappella davanti
alla quale Nora si era piantata da quando la
folla aveva cominciato a sciamare verso
l’uscita.
“A furia di versare lacrime farà crescere una
foresta, qui” scherzò. Si pentì subito di ciò
che aveva detto quando incrociò lo sguardo
lacrimoso della donna. Capì che non era
proprio il caso di fare ironia. Lei non ribatté,
non ne aveva le forze né la voglia. Gli passò
davanti come un fantasma e imboccò il
sentiero di ghiaia che portava all’uscita.
Nikki guardava con aria assorta le strisce
bianche della strada che sparivano sotto la
vettura. Le ricordavano la bara del padre
che era scomparsa dentro il loculo. Aveva
paura che da quel momento in poi tutto ciò
116
che la circondava le avrebbe ricordato suo
padre.
Il silenzio pesante che era calato nell’auto
da quando erano partiti fu rotto da Spider,
che voleva tirare su il morale a Nikki:
“Almeno ora saprai sempre dove trovarlo.”
ironizzò. Nikki lo fulminò con lo sguardo ma
prima ancora che potesse aprire bocca
Charge, che era seduto sul sedile posteriore,
agì per lei mollando a Spider un ceffone
sulla nuca. “Non è proprio il caso.” gli sibilò
fra i denti.
“Perdonami, Nikki.” si scusò il ragazzo,
massaggiandosi il punto in cui Charge lo
aveva colpito.
117
Capitolo 17
Bastò poco meno di un anno per far sì che la
ferita di cui parlava Nora si rimarginasse.
Come gli occhi dopo un po’ si abituano al
buio di una stanza e non si ha più paura,
così Nikki si era abituata alla perdita del
padre e il suo cuore non soffriva più.
A settembre di quello stesso anno Victoria
avrebbe compiuto il suo primo anno di vita
e questo dava a Nikki qualcosa di bello a cui
pensare. Per l’occasione Josh aveva
comprato dei festoni esagerati di varie
forme e colori. Avrebbe voluto prendere
anche una torta alla vaniglia con le
meringhe e i fiorellini di zucchero, ma Nora
aveva tanto insistito per prepararne una
con le sue mani e lui aveva dovuto cedere.
“Josh, perché hai comprato tutta quella
roba?” era stato il commento di Nikki di
fronte a tutta quella paccottiglia multicolore
che Josh aveva riportato a casa la mattina
del 3 settembre.
“Perché oggi... è il compleanno di nostra
figlia.” spiegò lui, con la voce affaticata per il
peso delle ghirlande che aveva tra le braccia
e che gli nascondevano completamente la
118
faccia. Nikki si avvicinò a quel colorato
ammasso ambulante che era diventato il
suo fidanzato e spostò alcuni fiori di carta,
in modo da poterlo guardare negli occhi.
“Vuoi proprio fare le cose in grande.”
mormorò con un sorriso, avvicinando il viso
a quello di Josh e baciandolo dolcemente. Il
ragazzo perse l’equilibrio e cadde
all’indietro trascinando con sé anche Nikki,
che atterrò sopra di lui. Furono sommersi
dalla carta colorata e iniziarono a ridere
come due ragazzini.
“Ti sei fatto male?” domandò Nikki, tra le
risate.
“No, stai tranquilla.” la rassicurò Josh.
“Qualche ghirlanda deve aver attutito il
colpo.” Si guardò bene dal dire a Nikki che
in realtà cadendo sopra di lui gli aveva
provocato una leggera fitta all’addome, nel
punto in cui c’era la cicatrice riportata dallo
scontro con Fulton. Nonostante fosse
passato quasi un anno da quell’orribile
giorno ogni tanto il dolore si riaccendeva
nel ventre di Josh, anche se la ferita morale
per il ricordo di ciò che era accaduto quel
giorno lo faceva soffrire più del dolore
fisico.
119
Quando si tirò su notò che un mucchio di
festoni stropicciati giacevano dove era stato
disteso fino a poco prima. “Ma guarda, ora
metà delle decorazioni è da buttare.” si
lamentò.
“Per quante ne hai comprate, non credo che
questo sia un problema.” lo rimbeccò Nikki.
In quel momento una manina afferrò la
caviglia di Josh. “Pa-pa.” balbettò una
vocina. Josh abbassò la testa e vide una
bimbetta dai riccissimi capelli color
cioccolato accoccolata sulla sua gamba. Lo
guardava con i suoi due occhioni azzurri e
sorrideva, mostrando qualche dentino
appena spuntato. Josh la prese in braccio
con un sorriso che gli andava da orecchio a
orecchio. Poi si rivolse a Nikki, quasi
incredulo: “Hai sentito che ha detto?”
La ragazza annuì sorridente. Era ora che
imparasse a dire ‘papà’, pensò: ‘mamma’
aveva già imparato a dirlo da un sacco di
tempo!
“Ripetilo, su!” Josh incoraggiò la piccola.
“Pa-pa!” ripeté Victoria, battendo le manine
entusiasta.
120
Nikki stava finendo di imbandire il tavolo
con gli stuzzichini e le bibite mentre Josh
stava appendendo le ultime ghirlande al
lampadario, quando suonarono alla porta.
Nikki aprì e fece strada verso la cucina alla
madre, che aveva tra le braccia una grossa
torta al cioccolato ornata da glassa rosa alla
fragola, sistemata in modo da comporre il
nome della piccola Victoria.
“Dov’è la mia nipotina?” domandò Nora con
impazienza, non appena ebbe affidato al più
robusto ripiano del frigorifero il suo
capolavoro di alta pasticceria. Victoria
giocava con le costruzioni sul tappeto del
salotto. Componeva delle torri con i cubi
colorati e poi le guardava crollare impotenti
di fronte alla forza di gravità, commentando
l’accaduto con un gridolino scocciato.
“Tanti
auguri,
Viky.”
disse
Nora,
abbassandosi al livello della piccola e
dandole un bacio a stampo sulla guancia.
Notò che le era rimasto il segno del
lucidalabbra, così la pulì con il pollice unto
di saliva. La bambina scoppiò a piangere
non appena avvertì l’umidità sulla pelle.
Nikki si attivò subito per consolarla,
121
prendendola in braccio e dandole dei piccoli
baci su tutto il viso.
“Mamma, sai che a Victoria non piacciono i
tuoi modi antiquati di pulirla!” rimproverò
la madre.
“Ci credo, l’avete viziata!” brontolò Nora di
rimando. “Cos’è che usate voi oggigiorno?
Salviettine umidificate? Chissà che cosa ci
mettono dentro a quelle porcherie, magari
roba tossica! E poi, perché dovreste
spendere un occhio della testa per degli
inutili foglietti di carta quando avete la
buona vecchia saliva?”
Quando si trattava di difendere i “bei vecchi
tempi”, Nora sapeva il fatto suo, riconobbe
Nikki. Sospirò, rassegnata di fronte alla
testardaggine della madre.
“Bene, io e Victoria andiamo a prepararci.”
annunciò, con tono disinvolto.
Josh aveva assistito allo scambio di parole
tra madre e figlia dall’alto della sua scala,
facendo finta di niente. Aveva imparato che
non era conveniente mettersi in mezzo ai
battibecchi delle donne, se non si voleva
finire ridotti a brandelli.
Venti minuti più tardi Nikki e Victoria
fecero il loro ingresso in salotto avvolte in
122
splendidi vestiti di pizzo, blu per la madre e
rosso per la piccola. La bimba indossava le
scarpette rosse regalatele da Kate il giorno
della sua nascita. Josh e Nora, seduti sul
divano, le accolsero con un applauso e un
sorriso. Josh si alzò e prese la bambina dalle
braccia di Nikki.
“Siete uno splendore, milady.” disse alla
figlia con fare riverente, roteando la mano
libera e abbassando il capo in un inchino
principesco. La bimba rise mostrando di
nuovo i suoi dentini appena spuntati. Le
piaceva quando il papà la faceva sentire
importante usando prole che per lei
avevano un significato ignoto. Josh si rivolse
poi a Nikki, prendendole la mano e
facendole fare una giravolta.
“E anche la madre di questa principessina è
splendida.” Sorrise e avvicinò Nikki a sé
circondandole la vita con il braccio libero.
Lei si accoccolò sulla sua spalla.
In quel momento suonarono di nuovo il
campanello. Quando Nora andò ad aprire
venne travolta da una decina di ospiti
chiassosi che si fecero strada verso il salotto
come una furia. Non avevano bisogno di
essere annunciati: Nikki e Josh avevano già
123
capito di chi si trattasse. L’intero equipaggio
della Hammersley si schierò davanti al
tavolo del salotto carico di regali e gingilli
vari. Kate e Mike erano in piedi: la donna
teneva in mano tre bandierine con le lettere
H,A e P, mentre il comandante aveva
un’altra P e la Y. Accovacciati a terra c’erano
Spider con la lettera B, 2dads con la I, Buffer
con la R, Swain con la T, Robert con la H,
Bomber con la D e Charge con le lettere A e
Y. Quell’insolito gruppetto iniziò a intonare
la consueta canzoncina di compleanno
sventolando le bandierine con le lettere.
Appena terminato il coro scoppiò un
fragoroso applauso da parte di Nora, Josh e
Nikki. Anche la piccola Victoria agitava
senza sosta le piccole manine paffute.
I ragazzi che erano seduti a terra si
rialzarono a fatica a causa delle ghirlande e
dei regali che avevano sparso sul pavimento
e si accomodarono sui divani del salotto,
non mancando però prima di dare ognuno
un bacio alla festeggiata e di farle dei
complimenti.
“Ma come sei cresciuta!” era stato il
commento di Charge mentre le faceva il
baciamano.
124
“Questo vestitino ti sta proprio bene
signorina!” Bomber.
“Sei quasi più bella della tua mamma!”
2dads. Nikki rivolse a quest’ultimo uno
sguardo severo: quel ragazzetto con la
faccia da angelo e i lineamenti sovietici non
le era andato a genio sin da quando l’aveva
conosciuto al funerale di Anthony. Aveva
annunciato la sua presenza facendo cadere
uno dei ceri dall’altare. 2dads le dava
l’impressione di essere una persona
noncurante e superficiale.
Mentre gli invitati si servivano gli
stuzzichini e parlavano delle ultime novità,
suonarono di nuovo alla porta.
“Aspettavamo qualcun altro?” chiese Josh a
Nikki. La ragazza alzò le spalle. Josh si alzò
dalla poltrona sulla quale si era seduto
tenendo Victoria sulle gambe e andò ad
aprire con la bambina ancora in braccio.
Impallidì alla vista delle due persone ferme
sull’uscio.
“Che ci fai tu qui?” chiese Josh a suo padre,
gelido.
“Tua suocera ci ha detto che oggi è il
compleanno di Victoria, così io e tua madre
125
abbiamo pensato di fare un salto qui.”
spiegò l’uomo.
“È stata una pessima idea.” commentò il
ragazzo. Proprio mentre stava per chiudere
la porta in faccia ai genitori sentì Bomber
urlare dal salotto: “Allora? Non ci presenti i
nuovi ospiti?”
“Entrate.” bofonchiò Josh rassegnato, rivolto
alla madre e al padre. Fece loro strada fino
al salotto e durante il percorso la signora
Holiday strinse una manina di Victoria da
sopra la spalla del figlio. La bambina la
guardò incuriosita, non avendola mai vista
prima. I signori Holiday non si erano mai
fatti avanti per via dei rapporti difficili tra
Josh e suo padre.
“Loro sono Micaela e John.” annunciò Josh ai
presenti. “I miei genitori.” aggiunse con un
tono cupo.
“Come mai non ci avevi mai parlato di loro?”
chiese innocentemente Bomber. Nikki
scattò in piedi dalla poltrona e, cercando di
mascherare il nervosismo, comunicò: “Bene,
è arrivato il momento di portare la torta!”
dopodiché sparì in cucina seguita dalla
madre.
126
“Perché hai interrotto la conversazione così
bruscamente?” chiese Nora alla figlia, una
volta che si fu assicurata di essere fuori dal
campo uditivo degli altri ospiti.
“Quella domanda aveva messo Josh in
difficoltà.” si limitò a dire Nikki.
“E tu come fai a saperlo? Perché mai
dovrebbe averlo messo in difficoltà?”
continuò imperterrita Nora, ansiosa di
sapere cosa le stesse nascondendo la figlia
riguardo alla famiglia del suo ragazzo. Forse
erano dei poco di buono, ipotizzò. O magari
erano addirittura pericolosi!
“Tra Josh e suo padre non corre buon
sangue.” tagliò corto Nikki, tirando fuori la
torta dal frigo e infilandovi al centro una
candelina a forma di numero uno. Il tono di
voce fermo sanciva la fine del discorso. “Dai,
aiutami a portare la torta di là.” incalzò la
madre, prendendo l’accendino per dar fuoco
allo stoppino della candelina.
Nora prese un bordo del grande piatto di
plastica gialla e precedette la figlia nel
corridoio, spegnendo la luce del salotto una
volta arrivata all’interruttore. Appena la
torta fece il suo ingresso gli invitati
riattaccarono la canzoncina di buon
127
compleanno. Josh sistemò sul seggiolone la
bambina, che faceva ondeggiare le manine a
ritmo e rideva. Quando la torta raggiunse il
tavolo il papà avvicinò il viso a quello della
figlia e la aiutò a spegnere la candelina. Il
salotto fu invaso dagli applausi. A un tratto
John Holiday si schiarì la voce. “Vorrei fare i
miei più sinceri auguri di buon compleanno
alla mia nipotina Victoria.” disse.
“Alla tua nipotina?” ringhiò Josh, in preda a
un improvviso attacco d’ira. “Tu non hai il
diritto di considerarti suo nonno!” lo
aggredì. “Per tutto quello che hai fatto avrei
dovuto cacciarti da casa mia già da un
pezzo!”
Nikki tentò di calmarlo accarezzandogli le
spalle ma lui se la scrollò di dosso con una
gomitata, colpendola quasi in un occhio. La
ragazza indietreggiò terrorizzata tenendosi
una mano sullo zigomo sinistro.
Intanto Josh continuava a inveire sul padre.
“Tu non sei stato capace di fare il padre:
come puoi pretendere ora di saper fare il
nonno?”
John era immobile in un angolo e non dava
segno di voler controbattere. Teneva gli
occhi chiusi, come un condannato alla
128
fucilazione che attende rassegnato il colpo
mortale dei cecchini.
“C’è mancato poco che non avessi il peso di
una vita sulla coscienza, vero John?”
continuò Josh, cercando di provocarlo.
“Tanto non sarebbe cambiato niente per te,
visto che hai già il peso della mia infanzia
sulla coscienza!” Josh si lanciò verso il padre
ma fu preceduto da Buffer, che lo afferrò e
gli bloccò le mani dietro la schiena.
“Josh, adesso calmati!” gridò l’amico,
cercando di tenerlo fermo. Dopo aver
lottato a lungo per la libertà, Josh si arrese.
Fece scorrere lo sguardo lungo tutto il
salotto, che nel frattempo era tornato ad
essere illuminato, e si soffermò su ognuno
dei volti allibiti dei presenti. Notò che
all’appello mancavano tre persone: Nora,
Nikki e la bambina. Si rese immediatamente
conto di aver esagerato e sentì crescere nel
suo cuore la certezza che stavolta Nikki non
lo avrebbe perdonato.
Charge si schiarì la voce: “Bene, a questo
punto credo sia meglio togliere il disturbo.”
disse, alzandosi dal divano e dirigendosi
verso la porta. Fu seguito a ruota da tutto
l’equipaggio della Hammersley.
129
130
Capitolo 18
Appena sentì la porta chiudersi dietro le
spalle dell’ultimo ospite, Josh si lasciò
crollare sul divano portandosi le mani sul
viso.
“Ho rovinato il primo compleanno di mia
figlia.” mormorò. Micaela prese posto
accanto a lui e gli passò una mano sulla
schiena con fare confortante. Fece un cenno
con gli occhi al marito, che era rimasto
impalato al lato del tavolo, come per
esortarlo a dire qualcosa.
“Josh...” cominciò timidamente l’uomo.
“Tu sta’ zitto!” gli urlò contro il figlio,
sollevando la testa dalle mani e piantando
gli occhi azzurri in quelli color cenere del
padre. “Se tu non fossi venuto non sarebbe
successo tutto questo casino!”
“Victoria è mia nipote, ho il diritto di
vederla!” ribatté John, tirando fuori tutto il
coraggio che fino a quel momento aveva
tenuto nascosto in una qualche parte
remota dentro di sé. “Non puoi odiarmi per
sempre, Josh! Il passato è passato, ora devi
pensare al tuo futuro e a quello di tua figlia.
E nel vostro futuro io non posso mancare!
131
Ora che hai Victoria, se mi escludi dalla tua
vita mi escludi anche dalla sua! Lei non
merita questo, Josh. Merita di avere un
nonno come tutti gli altri bambini. A lei non
ho fatto niente, non c’è alcun motivo valido
per cui non debba vedermi!”
“E invece un motivo valido c’è! E sai qual è?”
domandò Josh, aspro. “Tu la farai diventare
come me! Io non voglio che mia figlia
trascorra un’infanzia come quella che ho
avuto io! È una bambina, e come tale deve
fare tutto ciò che fanno quelli della sua età!
Non voglio che ripensi alla sua infanzia
come a un periodo buio e doloroso. Io non
ho avuto la possibilità di imparare
sperimentando perché tutte le regole
secondo cui va il mondo me le avevi già
imposte tu! È difficile dare consigli agli altri
se non si hanno esperienze pratiche ma solo
verità assolute, sai? Mia figlia non potrà mai
fare affidamento su uno come me, che non
le sa dare nemmeno un consiglio! E di tutto
questo la colpa indovina di chi è?”
John sbuffò per l’esasperazione e si passò
una mano sugli occhi. “Mi domando perché
io mi sia lasciato convincere dalla tua
132
fidanzata a venire qui. Non l’ho certo fatto
per farmi insultare da te!”
“Come hai detto? La mia fidanzata?” Josh si
alzò dal divano, incredulo. “Non avevi detto
che era stata la madre di Nikki a dirvi del
compleanno?”
“Ti ho mentito, figliolo.” ammise John. “Ma
sappi che l’ho fatto soltanto per evitare che
tu e la tua ragazza litigaste davanti a tutti.”
“M-ma come? Quando? Lei non ti conosce
nemmeno!” farfugliò confuso Josh.
“Non so come abbia fatto a trovarmi, so solo
che quando mi ha chiamato, una settimana
fa, sembrava parecchio preoccupata.
Abbiamo chiacchierato un po’, e alla fine mi
ha invitato al compleanno di Victoria. Ha
insistito tanto perché venissi.”
Erano troppe le domande che si affollavano
nella testa di Josh in quel momento. Si
domandava perché Nikki avesse sentito un
bisogno così impellente di informare suo
padre del compleanno e soprattutto si
chiedeva cosa si fossero detti quei due al
telefono.
“Tu non avresti dovuto accettare, in ogni
caso. Hai rovinato il compleanno di mia
133
figlia.” Josh tornò all’attacco, con tono
sempre più duro.
“Avanti Josh, smettiamola. Ormai non c’è più
motivo di continuare con questa farsa.
Sappiamo entrambi che muori dalla voglia
di riconciliarti con me.” In quel momento gli
occhi di John incontrarono quelli stupefatti
del figlio e li attirarono come una calamita.
Per alcuni secondi i due rimasero immobili
al centro della stanza a fissarsi. Quelle
parole avevano trafitto Josh con la
prepotenza con cui una spada trapassava il
petto del guerriero perdente, nelle arene
dell’antica Roma. Solo che Josh di guerriero
aveva ben poco, visto che per tutti quegli
anni, invece di affrontare suo padre, aveva
scelto vigliaccamente e pigramente la strada
del rancore. In quel momento si sentiva
quasi in colpa per aver buttato via tutti
quegli anni della sua vita a odiarlo.
“Sì, Nikki mi ha raccontato della vostra
chiacchierata, se è questo che ti stai
chiedendo.” John anticipò la domanda del
figlio dandogli direttamente la risposta che
si aspettava. Josh sospirò passandosi una
mano tra i capelli. Fece qualche passo verso
il divano, poi vi ricadde pesantemente. Si
134
sentiva nudo di fronte a suo padre. Ormai
era stato privato di tutte le sue armi: della
rabbia prima di tutto. Gli era stata strappata
via da quelle parole. Fino a qualche istante
prima avrebbe potuto contare sull’aspetto
insofferente e adirato con cui appariva – o
meglio credeva di apparire – di fronte a suo
padre, perché lui non conosceva i suoi reali
desideri e avrebbe potuto sentirsi davvero
in colpa vedendolo in quelle condizioni. Ora
gli sembrava tutto inutile. John conosceva la
verità e tutto quello che a Josh restava da
fare era riappacificarsi con lui. Una lacrima
corse giù per la sua guancia. Sprofondò la
testa nelle mani per coprirla. John si
avvicinò lentamente e si sedette accanto a
lui.
“Mi dispiace...” singhiozzò Josh.
“Non preoccuparti, figliolo... il passato è
passato.” disse John con fare paterno,
abbozzando un tenero sorriso.
“È che... cerca di capirmi...”
“Non devi cercare giustificazioni.” lo
interruppe il padre “Semmai sono io a
doverlo fare, anche se per me non credo ce
ne siano. Hai tutte le ragioni del mondo per
accusarmi.”
135
“Credo di averti rivolto già troppe accuse in
questi anni, ora basta. Come dici tu, bisogna
voltare pagina e andare avanti.” Anche Josh
abbozzò un piccolo sorriso. “La morte di
Anthony Caetano mi ha fatto riflettere sul
nostro rapporto e mi sono accorto che il mio
comportamento non mi avrebbe portato da
nessuna parte.”
“Questo significa crescere, Josh. Saper
riconoscere i propri errori è fondamentale
nella
vita.
Altrimenti
nel
mondo
regnerebbero
la
prepotenza
e
l’incomprensione. Questa è una virtù che
solo i veri uomini possiedono.” Padre e
figlio si sorrisero, ricordando quanto dolore
e quanta sofferenza la parola “uomo” avesse
portato nella loro famiglia. Così come
l’aveva portata, almeno ora se la stava
trascinando via.
“Ovviamente, anch’io riconosco di aver fatto
degli errori. Ne ho fatti molti, e gravi.”
aggiunse John. “Ma questo lo sai già e me lo
hai fatto notare più volte...”
“Adesso basta, papà!” lo interruppe Josh.
“Hai il mio perdono, se è questo che vuoi
sentirti dire!”
136
John guardò il figlio, stupito. “C-come mi hai
chiamato?” balbettò. “Mi hai chiamato
papà?”
“Sì, papà, ti ho chiamato papà.” confermò
Josh, con tono spiritoso.
“Ti voglio bene, figliolo.”
“Ti voglio bene anch’io, papà.”
137
Capitolo 19
Dopo una riconciliazione ci si sente
rigenerati. Nella propria anima torna a
regnare la tranquillità e le lacrime si
asciugano sul viso senza tuttavia lasciarlo
privo di segni, come un fiume che perde
tutta la sua acqua nel periodo di magra
lasciando un solco profondo nella terra che
ha attraversato. Così le lacrime lasciano
profondo il ricordo della sofferenza che le
ha causate, anche dopo che il peggio è
passato. Il cuore ricomincia a battere
regolarmente, il respiro si fa calmo e si ha la
sensazione che i polmoni abbiano
improvvisamente acquisito la capacità di
accogliere più aria al loro interno.
Josh aveva vinto una battaglia, ma non
ancora la guerra. Per vincere la guerra
avrebbe dovuto affrontare l’ultimo, delicato
scontro: quello con la sua futura moglie, che
lo aspettava in camera con le spiegazioni
che cercava. Dopo aver congedato i genitori
si prese un po’ di tempo per respirare e
recuperare il controllo di se stesso, poi si
avviò verso la stanza da letto.
“Ho avuto paura...”
138
“Era fuori di sé, non l’avevo mai visto così...”
Quei pochi brandelli di conversazione che
Josh riuscì ad afferrare da dietro la porta
chiusa lo atterrirono. Nikki aveva paura di
lui. Di suo marito. Sapeva che non l’avrebbe
mai ammesso di fronte a lui; Nikki era una
donna forte, avrebbe nascosto il suo reale
stato d’animo fino alla morte pur di non
lasciar intravedere la sua fragilità. Ma Josh
lo avrebbe scoperto lo stesso. La conosceva
troppo bene per non accorgersi anche di un
sottile cambiamento del suo umore. Nikki
era di fronte a Josh come lui aveva appena
scoperto di essere di fronte a suo padre.
Totalmente inerme e trasparente. Il fatto
che Nikki avesse paura di lui lo faceva
sentire un mostro. Nessuna donna dovrebbe
avere paura del suo uomo, pensava. E in
primo luogo nessun uomo dovrebbe fare in
modo che la sua donna abbia paura di lui. Se
mai Josh le avesse dato un buon motivo per
farlo, beh, allora avrebbe rimediato
all’istante. Bussò e il bisbigliare sommesso
cessò immediatamente. Aprì con cautela la
porta e sedute sul letto vide Nora, sua figlia,
e la figlia di sua figlia. La madre di Nikki le
stava tamponando l’occhio con un fazzoletto
139
di stoffa ripieno di ghiaccio. Nikki rivolse a
Josh un rapido sguardo che esternava un
misto tra pudore e sottomissione, poi
abbassò gli occhi. Tra le sue braccia Victoria
dormiva. Per qualche minuto nella stanza
regnò il silenzio. Un silenzio che il cuore di
Josh colmava con i suoi battiti incessanti e
sempre più forti e ravvicinati. Finalmente,
dopo cinque minuti passati a evitare l’uno lo
sguardo dell’altra, Josh si decise a parlare
per pronunciare un sommesso ma distinto:
“Dai a me, faccio io.” rivolto a Nora. La
donna gli consegnò il fazzoletto senza
proferir parola, prese la bambina dalle
braccia della figlia e uscì dalla stanza. Josh si
sedette al posto di Nora e fece per
tamponare il livido violaceo intorno
all’occhio di Nikki ma lei si scostò,
togliendogli bruscamente l’arnese di mano.
“Posso fare da sola, non ho bisogno del tuo
aiuto.”
Proprio come Josh si aspettava. Paura
mascherata con la durezza.
“Senti, mi dispiace...” cominciò. Nessuna
risposta. Dopo qualche secondo continuò:
“Non volevo colpirti. È stato un incidente, ti
sei messa lì dietro...”
140
“Quindi adesso sarebbe colpa mia?”
Finalmente Nikki si decise a parlare.
“No, no, assolutamente, non sto dicendo
questo. È solo che... sono stato preso alla
sprovvista... era normale che reagissi così.”
“Tu la violenza la chiami ‘normale’?” strillò
Nikki, in preda alla collera. Scattò in piedi
come una molla, con gli occhi iniettati di
sangue. “Davanti a nostra figlia, poi!”
“Senti, ti ho già detto che mi dispiace,
cos’altro vuoi? Dovrei mettermi in ginocchio
e chiederti perdono? Ecco, lo faccio, se è
questo che vuoi!” Josh si inginocchiò sul
pavimento prendendo la mano di Nikki tra
le sue. “Perdono, perdono...” cantilenò.
“Smettila, non sono in vena di scherzare.” lo
ammonì lei, divincolandosi dalla sua presa.
“Non stai dando la giusta importanza alla
situazione se credi di poterci ridere su!” Lo
aiutò ad alzarsi.
“D’accordo, perdonami... di nuovo.” Si scusò
ancora una volta Josh. Ad un tratto i suoi
occhi s’infiammarono e si puntarono
rapidamente in quelli di Nikki: “Però tu non
puoi certo considerarti del tutto innocente,
visto che hai chiamato i miei genitori senza
avvisarmi!”
141
Nikki ebbe un attimo di esitazione, in cui si
chiese come Josh fosse entrato in possesso
di quell’informazione. Avrebbe dovuto
restare un segreto tra lei e John, pensò con
una nota di delusone. Sperò che almeno
quella rivelazione fosse riuscita a calmare le
acque tra padre e figlio. “Adesso non cercare
di addossarmi tutta la colpa!” urlò. “Hai
ragione, avrei dovuto dirtelo. Ho sbagliato,
lo ammetto. Ma sappi che l’ho fatto soltanto
per te. Non avresti mai accettato di rivedere
tuo padre se non fossi stato costretto dalle
circostanze. In ogni caso il tuo
comportamento è stato imperdonabile! Hai
dimostrato una grandissima immaturità e
maleducazione. Certo, John non sarà stato il
padre migliore del mondo, ma è pur sempre
tuo padre e devi portargli rispetto! Non
avresti dovuto umiliarlo in quel modo
davanti a tutti!”
Josh sbuffò. “Ora pretendi pure di farmi la
predica!”
“Voglio solo che tu riconosca di aver
sbagliato. Non crescerai mai se non ti
accorgi di quanto tu sia ancora immaturo e
impulsivo.”
142
Al risuonar nelle orecchie di quelle parole
così familiari Josh ebbe un fremito. Si
avvicinò a Nikki, le prese le mani e appoggiò
la fronte contro la sua.
“Ho chiesto scusa a mio padre, questa è la
cosa
più
importante.
Ora
voglio
sinceramente chiedere perdono a te per
averti colpito e a Victoria per aver rovinato
la sua festa di compleanno.” sussurrò. “Ti
basta?”
Nikki fece segno di sì con la testa.
“Domani vi porto al mare.” propose Josh.
“Così mi faccio perdonare.”
Nikki sorrise. “D’inverno?” gli domandò
divertita.
“Certo!” rispose Josh, come se fosse la cosa
più ovvia del mondo. “Le famiglie normali
vanno al mare d’estate, ma noi non siamo
una famiglia normale!”
“Avrei dovuto immaginarlo...” sospirò Nikki.
Capitolo 20
Il vento di settembre sferzava i visi dei due
ragazzi e della piccola Victoria, infiltrandosi
143
nelle cavità oculari con la stessa irruenza di
minuscole schegge di ghiaccio. I loro corpi
ondeggiavano come fuscelli sospinti dalla
brezza fresca. Nikki stringeva la manina
della piccola Victoria, che si teneva in piedi
a fatica e si protendeva verso le onde che
agitavano la superficie del mare; saltellava e
oscillava anche lei, come per imitarne il
movimento tortuoso.
“Victoria sembra avere un amore innato per
il mare.” osservò Josh. Nikki sorrise. Non
smetteva di guardare quella piccolina che si
agitava attaccata al suo braccio. Se lei non
l’avesse trattenuta non avrebbe esitato un
attimo a precipitarsi tra le braccia
gigantesche e pericolose del Pacifico. Quelle
stesse braccia che, quasi due anni prima,
c’era mancato poco che non si portassero
via Josh. Se lo ricordava bene quel giorno.
La sera prima Josh era andato a casa sua e
avevano passato la notte insieme. La
mattina seguente le aveva lasciato una
dolcissima lettera sul cuscino in cui le
spiegava che era andato a “lavorare per
loro”, ovvero a fare immersioni.
Qualche ora più tardi in porto era tutto
pronto per la partenza. I motori della
144
Hammersley accesi, l’equipaggio già a
bordo. Il comandante, Kate, Bomber, Spider,
Charge, Buffer, Robert, Swain, c’erano
proprio tutti. Tutti tranne Josh. Aveva
promesso che sarebbe tornato in tempo, ma
non aveva mantenuto la promessa. Nikki
ricordava ancora quanto fosse stata in pena
in quel momento. Quello che la faceva stare
peggio era la consapevolezza di non potersi
sfogare con nessuno. La storia d’amore tra
lei e Josh doveva restare segreta.
Clandestina.
Erano partiti senza di lui. Nikki guardava
crescere la distanza tra la nave e la
banchina. E con essa tutta la sua
preoccupazione. E poi l’avvistamento. Otto
corpi giacenti sulla spiaggia, equipaggiati
con la muta da sub. Una fitta le attraversò
improvvisamente il petto. Si sentì mancare
il respiro. Spinse via a gomitate i suoi
compagni che si affollavano alla postazione
d’imbarco, pronti a salire sulla scialuppa
che li avrebbe portati a riva. Urlò e sbraitò
sotto gli sguardi attoniti di tutti e alla fine
riuscì a farsi accordare dal comandante il
permesso di partecipare all’operazione di
soccorso. Durante il tragitto dalla nave alla
145
spiaggia scrutava in lungo e in largo la costa
nella speranza di scorgere Josh, ma era
impossibile dato che i subacquei
indossavano tutti la stessa muta. Fu la
prima a scendere dalla scialuppa e a
precipitarsi vicino al primo corpo. Non era
Josh.
Ed
era
morto.
Ispezionò
personalmente tutti gli altri. Morti. L’ultimo
doveva per forza essere lui, pensò: gli altri
sub erano i suoi compagni, li aveva visti
qualche volta e avrebbe saputo riconoscerli.
Voltò l’ultimo uomo. Josh. Aveva il volto
pallido e irrigidito dal sale e non dava segni
di vita. Nikki gli controllò le pulsazioni ed
ebbe un sussulto quando sotto le sue dita
premute sul collo del ragazzo si fece strada
un flebile battito. “È vivo!” urlò con tutte le
energie che le restavano in corpo.
Josh fu trasportato sulla Hammersley. Nikki
ormai non tratteneva più le lacrime: le
lasciava scorrere liberamente sulle sue
guance come un fiume in piena. Stette
vicino a lui per tutto il percorso fino al
porto, e poi fino all’ospedale. Non gli lasciò
la mano finché non la separarono a forza dal
giovane morente e semicosciente disteso
sulla barella e diretto in terapia intensiva.
146
Passarono giorni prima che potesse vederlo.
Giorni trascorsi nell’agonia del non sapere
se Josh si sarebbe salvato o meno. Quando
lo aveva trovato, su quella spiaggia
maledetta, era ridotto davvero male.
Dopo dieci giorni di silenzio arrivò la notizia
che Josh si era svegliato e che era fuori
pericolo. Le lacrime bagnarono di nuovo il
viso di Nikki. Lacrime di gioia, stavolta.
Era passato così tanto tempo dal giorno dell’
“incidente”, se così si può chiamarlo: infatti
era probabile, anzi, Nikki ne aveva la
certezza, che ci fosse di mezzo Fulton. Aveva
paura che Josh potesse raccontare del loro
incontro sulla barca da pesca e dell’altro
incidente, per questo avrà pensato di farla
finita per sempre tentando di annegare lui e
altre otto vite innocenti. Non a caso, qualche
girono prima del risveglio di Josh, delle
indagini sulla barca dei sommozzatori
avevano rivelato che l’apporto di ossigeno
alle bombole era stato modificato da
qualcuno, e quel qualcuno non poteva certo
essere stato uno di loro. Che senso avrebbe
avuto? Per giunta, oltre ad essere un agente
federale, Fulton lavorava anche per la stessa
società di pesca subacquea di Josh. Possibile
147
che dovessero sempre ritrovarselo tra i
piedi?
Il caso non era mai stato risolto. Col tempo
era passato in secondo piano, fino a essere
dimenticato. Dimenticato da tutti tranne che
da Nikki: lei non aveva mai smesso di
pensarci, neanche un momento. Rivedeva il
viso inespressivo e cadaverico di Josh tra le
sue braccia su quella spiaggia ogni volta che
lo guardava sorridere, pensare, mangiare.
“Lasciala andare”
“Che cosa, l’orribile sensazione di perderti
che ho ogni volta che ti guardo negli occhi?”
“No, la bambina, lasciala andare.”
“No.”
“Sì.” Disse Josh deciso, forzando Nikki ad
aprire il pugno serrato per liberare la
manina di Victoria. “Se riesci a lasciar
andare lei, lascerai andare anche la tua
paura.” Appena fu libera, la bimba corse
precariamente verso la riva fermandosi a
pochi centimetri dall’acqua. Si abbassò e
affondò la manina nel liquido gelido.
“Hai visto? Non è successo niente.” Sussurrò
Josh all’orecchio di Nikki. Questa si strinse a
lui. Tremava.
“Grazie.” mormorò.
148
“E di cosa?” domandò Josh divertito. “Sono
orgoglioso di te.” sussurrò poi, carezzandola
dolcemente sulla testa. I due genitori
rimasero lì immobili per molto tempo, a
guardare come ipnotizzati la figlioletta che
andava alla scoperta del mondo. Il loro
mondo. Il mare.
149
Capitolo 21
Finalmente era arrivato il giorno tanto
atteso. Dopo una serie di lunghe peripezie
durate più di un anno e mezzo, finalmente
Josh e Nikki potevano compiere quell’ultimo
passo, quello che avrebbe chiuso il cerchio e
li avrebbe resi una famiglia ancora più unita
di quanto già non fosse grazie al supporto
reciproco che si erano dati in tutti i
momenti di difficoltà che avevano dovuto
affrontare. “Nella gioia e nel dolore, nella
salute e nella malattia.”
Nikki era bellissima nel suo abito da sposa
color pesca, che si intonava perfettamente
al colore ramato dei suoi capelli facendola
assomigliare a una ninfa marina. L’abito era
lungo fino ai piedi e si prolungava anche
oltre attraverso un morbido accostamento
di pizzi ricamati che si spandevano
tutt’intorno a lei come le onde increspate
del mare. Il tutto era arricchito da alcune
rose di delicata seta qua e là, che andavano
addensandosi man mano che si saliva verso
il corpetto, completamente ricoperto di quei
fiori dai morbidi petali. Aveva i capelli
raccolti con un grande fermaglio rosso a
150
forma di stella marina tempestato di
paillettes.
“Muoviti, Kate.” Nikki incalzò l’amica che
stava lottando con l’abito da testimone, uno
strettissimo vestito lungo fino al ginocchio e
interamente ricoperto di strass blu.
“Sto facendo il possibile, ma questo vestito è
peggio di una pelle di serpente” si lamentò
la donna, ansimando. Dopo svariati tentativi
finalmente il vestito entrò e Kate crollò sul
divano con un sospiro. Nikki la guardò
divertita, scuotendo la testa.
“Sai, Nik, dubito che riuscirò ad arrivare
viva alla fine della cerimonia.” Disse la
bionda mentre abbandonava la testa
all’indietro sullo schienale. Nikki sorrise e
rimase a contemplare l’amica morente per
qualche istante, finché Kate non si alzò
barcollando per prendere tutto l’occorrente
per il trucco.
“Siediti, dai, così ti posso truccare.” Ordinò
cercando di assumere un contegno serio per
quanto il vestito glielo permettesse. La
sposa obbedì e nel giro di un’ora era già
truccata e pettinata, pronta per salire
sull’altare e sposare l’uomo della sua vita,
quello che era rimasto quando tutti se ne
151
erano andati, quello che era stato forte
anche per lei nei momenti difficili, quello
che era stato per lei l’ultima sponda per
essere felice, la luce in fondo al tunnel
dell’orrore, sempre e comunque.
Il porto risplendeva dei colori del tramonto,
decorato a festa per l’evento che di lì a poco
avrebbe avuto luogo. Alla fine del lungo
molo che si immetteva in acqua con il suo
lungo braccio di legno era stato allestito un
piccolo patio bianco ricoperto di fiori. Lì era
stato posto l’altare. La Hammersley era
tornata in porto per l’occasione e ora
giaceva tranquillamente attraccata alla
banchina. L’equipaggio era già a terra, e non
solo quello della Hammersley: tutte le
squadre erano scese in porto per il grande
giorno e si stavano ora schierando
ordinatamente in base alla pattuglia di
provenienza. A un lato del molo era
attraccata anche la Hammersley II, che
attendeva gli sposi per accompagnarli in
una splendida luna di miele alla volta delle
più belle coste australiane. Sulla fiancata
scintillava più che mai la frase che a Josh
stava così tanto a cuore: “Il legame con
152
l’oceano non può essere spezzato neanche
dalla più possente delle tenaglie.” Nikki
pensò che da quel momento sarebbe
diventato il loro motto, qualcosa di speciale
e segreto, qualcosa in cui ritrovarsi qualora
si fossero persi o allontanati, qualcosa che
avrebbero condiviso per sempre. Una frase
da pronunciare come una preghiera nel
buio tenebroso della notte per ritrovare la
pace.
Dalla finestra del salotto di Kate, la cui casa
si affacciava sul porto, la sposa contemplava
pensierosa la scena che si stava animando
sotto i suoi occhi. La gente che correva in
qua e in là per accaparrarsi prima di tutti un
posto in prima fila contrastava con
l’immobilità quasi statuaria dei militari
della Marina, sistemati tutt’intorno alle file
di sedie bianche.
A mezz’ora dall’inizio della cerimonia il
porto era gremito di gente e Nikki scrutava i
visi – conosciuti e non – in cerca di quello di
Josh, ma non riuscì a scorgerlo. Si stava
innervosendo.
“Dove diavolo si è cacciato Josh?” pensò ad
alta voce. Tutta quell’attesa era frustrante.
Kate si avvicinò alla finestra e guardò giù:
153
proprio in quel momento una grande
macchina nera si stava fermando all’inizio
del corridoio di accesso al molo, lungo il
quale era stato steso un bel tappeto rosso.
“Guarda, eccolo lì.” Kate fece segno alla
sposa di guardare in basso. Dalla vettura
fecero capolino tre uomini, uno biondo, uno
moro e uno brizzolato. Josh e i suoi
testimoni Buffer e Mike sfilarono lungo
tutto il molo fino a raggiungere la loro
postazione accanto all’altare. Nikki rimase a
fissarli per alcuni minuti come incantata, gli
occhi che le brillavano. Josh era la sua luce,
era la fiamma che accende la candela e che
riscalda sia il corpo che l’anima, era il sole
che subentra alla luna per rischiarare il
giorno quando la notte volge al termine. Sì,
Josh e Nikki erano un po’ come il sole e la
luna, che si sostengono a vicenda quando il
tempo di uno dei due sta per finire e le sue
forze non bastano più per mantenere accesa
la luce nel mondo. Così Nikki e Josh si
offrivano aiuto reciproco quando l’uno o
l’altra non era abbastanza forte per
mantenere accesa la luce nella propria
anima. Erano due luci complementari e
differenti: debole ma ipnotica quella della
154
luna, il lato femminile; forte e quasi
eccessiva quella del sole, il lato maschile.
Proprio per questo motivo, attraverso
l’amore Josh donava un po’ della sua luce
alla sua amata luna, in modo da permetterle
di brillare di luce propria qualora lui non
fosse stato presente. E la luna assorbiva
quella luce quasi fosse un nutrimento da
sempre atteso.
La marcia verso l’altare sembrò durare
secoli. Nikki avanzava sul tappeto rosso con
passo incerto, sostenuta da quello sicuro di
suo fratello Lance, che faceva le veci del loro
defunto padre. La brezza marina
incorniciava la scena e li accompagnava
anche in quel momento come un angelo
custode. La marcia nuziale risuonava
solenne nell’aria e Nikki si sentiva
avvampare sotto gli sguardi fissi degli
invitati. Poco più avanti, Josh la stava
aspettando; la sua postura era a dir poco
ingessata, quasi buffa, e sul suo viso
spiccava un enorme sorriso. Nikki ricambiò
il suo sguardo divertita. Accanto a Josh,
Buffer e Mike se ne stavano anche loro ritti
come due manici di scopa. Le uniche a
155
sembrare a proprio agio erano Kate e
Bomber, le testimoni della sposa, che la
osservavano avanzare con i loro sguardi
sognanti. Sicuramente stavano pensando a
quando sarebbe arrivato il loro, di grande
giorno.
Una volta raggiunto il patio bianco, Lance
pose la mano di sua sorella in quella dello
sposo e prese posto accanto a Nora. Josh
salutò Nikki con un leggero bacio sulla
guancia e la strinse dolcemente a sé,
assaporando l’aroma di mirtilli e vaniglia
che creava un connubio perfetto con l’odore
di salsedine che s’infiltrava tra i suoi capelli.
Per tutta la durata della cerimonia Nikki e
Josh non si staccarono un attimo gli occhi di
dosso. Quelli blu di lui immersi in quelli
grigio-verde di lei. Le mani fredde di lei
strette in quelle calde di lui.
“Nicole, ricevi questo anello, segno del mio
amore e della mia fedeltà. Nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”
“Josh, ricevi questo anello, segno del mio
amore e della mia fedeltà. Nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.”
156
“In virtù dei poteri a me conferiti, io vi
dichiaro... marito e moglie. Lo sposo può
baciare la sposa.”
Tutte le emozioni che li avevano travolti
negli ultimi anni si affollavano ora nei loro
cuori e si rivelavano in quel bacio pieno di
passione.
La notizia della gravidanza.
La sorpresa di Josh.
Victoria.
Le incomprensioni.
La proposta di matrimonio.
Fulton.
L’ospedale e gli sguardi addolorati di tutti i
loro cari quando avevano temuto che fosse
davvero la fine.
La morte di Anthony.
La riconciliazione tra Josh e suo padre.
Il mare. Il loro amato mare. La loro storia
non poteva che concludersi con il frastuono
delle onde che si infrangevano sulla
banchina esplodendo in un miriade di
spruzzi come fuochi d’artificio.
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