Lezione 6: Il comportamentismo di Skinner

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Lezione 6: Il comportamentismo di Skinner
Lezione 6: Il comportamentismo di Skinner
Stefano Ghirlanda
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Cesena: mer 14:30–16:30 (a fine corso: mer 10:00–12:00)
Bologna: Dip. Psicologia, V.le Berti-Pichat 5 su accordo email
Lezione 6: Il comportamentismo di Skinner
Elementi di storia della psicologia, S. Ghirlanda
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Il comportamentismo radicale
La variante del comportamentismo formulata da Skinner è
detta radicale per i seguenti motivi:
Il comportamento deve essere studiato in quanto tale,
senza riferirsi ai processi fisiologici da cui è generato. Di
questi ultimi si occupa la biologia e non la psicologia.
Tutto il comportamento, incluso quello umano, può essere
spiegato col comportamentismo radicale.
Il comportamento è completamente determinato dalla
storia personale (niente “volontà” o “libero arbitrio”).
In queste affermazioni Skinner segue Watson abbastanza da
vicino, ma il suo comportamentismo è molto più raffinato.
In particolare, Skinner non esclude gli stati interni dalla sua
analisi, e non è un semplice teorico stimolo-risposta.
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L’analisi sperimentale del comportamento
Skinner chiama la sua scienza “analisi sperimentale del
comportamento”.
Per Skinner “spiegare” un comportamento significa
identificare ed esser capaci di controllare tutte le influenze
che determinano la comparsa del comportamento.
L’organismo è concepito come “luogo” in cui l’interazione di
variabili indipendenti (stimoli o altro) produce la variabile
dipendente del comportamento. L’analisi di queste variabili e
delle loro interazioni è lo scopo della psicologia skinneriana.
Una descrizione completa di questo tipo rende inutile il
riferimento a stati o contenuti mentali: il comportamento è
visto come funzione diretta delle variabili indipendenti.
Ne segue che per Skinner una teoria è “un riassunto dei fatti
espresso più concisamente possibile” (Mach).
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Metodi sperimentali di Skinner
Il contributo di Skinner ai metodi della
psicologia sperimentale è cruciale.
Introduce la “camera operante”, o
Skinner box.
In essa l’animale è libero di fare quello
che vuole e il comportamento può
venir registrato continuamente e automaticamente.
Allo stesso tempo, è un ambiente
semplice e completamente controllabile dal ricercatore.
Ciò che viene controllato sono le condizioni in base alle quali l’animale
riceve rinforzi.
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Il comportamento operante
Skinner investiga comportamento e apprendimento in relazione
al comportamento “operante” (in quanto “opera”
sull’ambiente).
Per Skinner tali comportamenti (p.es. premere la leva da parte
del gatto di Thorndike) sono semplicemente compiuti di
quando in quando, spontaneamente.
La probabilità che un certo operante sia “emesso” può venir
cambiata da eventi “rinforzanti” (questa proprietà definisce il
rinforzo secondo Skinner).
Lo studio del comportamento operante richiede quindi lo
studio di tre elementi: la situazione in cui il comportamento è
emesso (stimolo), il comportamento stesso, e il rinforzo.
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L’apprendimento come selezione di risposte
Skinner vede quindi l’apprendimento in modo analogo
all’evoluzione darwiniana:
Le varianti spontanee del comportamento (i diversi “operanti”)
corrispondono alla generazione di variazione genetica nelle
specie.
Il rinforzo agisce in modo simile alla soluzione naturale,
aumentando o diminuendo la probabilità che un operante
“sopravviva” nel comportamento futuro.
Come Darwin aveva eliminato il concetto di “scopo” dal
comportamento, cosı̀ Skinner lo elimina dalla sua psicologia: il
comportamento esistente è semplicemente il prodotto della
selezione operata dai rinforzi ricevuti nell’arco della vita.
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L’apprendimento secondo Skinner
L’analisi che Skinner fa dell’apprendimento operante si
differenzia da una visione stimolo-risposta in almeno tre punti.
Primo, lo stimolo non causa il comportamento. Lo stimolo
permette all’animale di distinguere una situazione in cui un
rinforzo è certo o probabile da una situazione non rinforzata.
L’animale usa questa informazione per emettere l’operante
opportuno.
Skinner chiama “rispondente” il comportamento appreso per
condizionamento Pavloviano, in cui l’attività dell’animale non
è necessaria e la risposta viene prodotta “per riflesso”.
Poiché Skinner è spesso visto come successore di Watson,
erroneamente gli si attribuisce una visione stimolo-risposta del
comportamento.
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L’apprendimento secondo Skinner
Secondo, secondo Skinner non tutte le variabili indipendenti
(cause del comportamento) sono stimoli.
Per esempio, non considera la fame uno stimolo, ma
semplicemente una variabile (definita empiricamente dalla
deprivazione di cibo) in grado di influenzare il comportamento.
Per Skinner, la connessione tra variabile e comportamento,
una volta dimostrata, non necessita di essere ulteriormente
“spiegata” col ricorso a processi interni.
Sia Hull che, p.es., Freud, vedevano invece la fame e altre
“motivazioni” come stimoli interni, prodotti dal corpo e
registrati dal sistema nervoso. Per Skinner questa è una
costruzione “mentalista” che introduce solo confusione.
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L’apprendimento secondo skinner
Il terzo punto in cui Skinner si discosta dall’analisi watsoniana
del comportamento riguarda la definizione stessa di
comportamento.
Per Watson la descrizione adeguata del comportamento era in
termini di risposte muscolari.
Per Skinner, un “operante” descrive una classe di
comportamenti accomunati dal loro significato funzionale, non
dal fatto di essere simili in termini di contrazioni muscolari.
Per esempio, la presione della leva da parte del gatto di
Thorndike può essere effettuata in modi di volta in volta
diversi, ma è sempre lo stesso “operante”.
Similmente, lo stesso comportamento muscolare può
appartenere a diversi operanti, a seconda del suo significato nel
contesto.
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Skinner e Il “comportamento verbale”
Il “comportamento” verbale è per Skinner il comportamento il
cui rinforzo è mediato da altri organismi. Questo include il
linguaggio umano, ma anche la relazione tra ricercatore e
animale sperimentale.
Non si occupa quindi linguistica, ma dei modi sofisticati in cui
certi “operanti” sono rinforzati nella vita sociale.
Ciò nononstante, l’argomento principale di Verbal behavior è
proprio come comunicazione umana “costruisce” l’individuo.
Chiama “tact” un operante verbale emesso in congiunzione con
un certo stimolo; questa connessione si sviluppa perché
rinforzata dalla comunità verbale.
Quindi il “significato” di un tact è una relazione funzionale tra
certi stimoli ambientali, il tact stesso e i rinforzi ricevuti in
connessione con il tact.
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Comportamento verbale e coscienza
Per Skinner i comportamentisti sbagliano a non volersi
occupare della vita mentale degli individui.
Le sensazioni e i pensieri sono per lui stimoli privati in grado di
controllare il comportamento, quindi vanno inclusi nell’analisi
comportamentista.
Una frase come “ho mal di denti”è un operante verbale emesso
in congiunzione a un particolare stimolo interno.
Questo operante si stabilisce perché i genitori rinforzano il
bambino a descrivere la sua condizione (funziona adattiva del
comportamento verbale).
Gli stimoli privati cui apprendiamo a prestare attenzione
costituiscono la coscienza: la coscienza non è quindi “nostra”,
ma è il frutto della nostra storia di rinforzi.
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La psicologia applicata di Skinner
Skinner propone di usare i risultati dell’analisi sperimentale del
comportamento per migliorare la società.
Poiché vede le cause del comportamento nell’ambiente, non
attribuisce né colpe né meriti alle persone.
Una “tecnologia del comportamento” va invece sviluppata per
rinforzare i comportamenti desiderabili.
Per Skinner questo è un approccio razionale migliore che non
lasciare la società in mano ad antiquati concetti quali libertà,
dignità, valori, morale.
Per queste sue idee Skinner fu criticato ferocemente, spesso in
maniera infondata (non era un totalitarista, proponeva di usare
solo il rinforzo positivo, le sue figlie sono cresciute
normalmente e non si sono suicidate come si è detto).
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Riassunto: alcune varianti del comportamentismo
Classico: quello di Watson, studio oggettivo del
comportamento, niente vita mentale, niente stati interni, il
pensiero è “linguaggio implicito”.
Metodologico: studio oggettivo del comportamento “come se”
non ci fossero stati mentali, i dati della psicologia devono
essere pubblici, nessuna ricetta teorica. Due sottotipi
importanti:
Neo-comportamentismo: Hull e seguaci, approccio teorico
con variabili interne (idealmente fisiologiche).
Intenzionale: L’anticipazione di Tolman della psicologia
cognitivista.
Radicale: Skinner: tutto è comportamento, anche la vita
mentale, non considera i meccanismi ma le “cause dirette” del
comportamento.
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Il comportamentismo “mediazionale”
Non tutti erano entusiasti dell’approccio di Skinner.
Un approccio alternativo fu di estendere il
neo-comportamentismo di Hull, molto più liberale rispetto alla
teorizzazione.
Questa estensione si basa su due idee di Hull stesso:
la “risposta anticipata frazionale”, cioè un comportamento
emesso prima del tempo (per generalizzazione) e
considerato indizio di processi stimolo-risposta interni;
“l’atto di stimolo puro”, cioè comportamenti che non
operano sull’ambiente ma sembrano servire solo a
cambiare la situazione stimolante.
Questi concetti modificano la catena S → R in catene
arbitrariamente lunghe: S → r → · · · → s → R
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Il comportamentismo “mediazionale”
Le connessioni s → r interne “mediano” il comportamento,
permettendo processi arbitrariamente complessi all’interno
dell’ortodossia stimolo-risposta.
Uno stimolo esterno provoca una risposta interna, che ha
anche le caratteristiche di stimolo, e può quindi proovocare la
risposta osservabile.
Hull aveva considerato le risposte anticipate e gli atti di
stimolo puro per spiegare il comportamento osservabile, ma i
mediazionisti li applicano ai processi interni.
Inoltre, per trattare gli esseri umani sono costretti ad
abbandonare gran parte del rigore metodologico di Hull.
Il “comportamentismo”è ora pronto a diventare “cognitivismo”.
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