Indicazioni di buone pratiche cliniche per il trattamento

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Indicazioni di buone pratiche cliniche per il trattamento
DIPARTIMENTO DELLE DIPENDENZE
Certificato secondo la norma UNI EN ISO 9001
Indicazioni di buone pratiche cliniche
per il trattamento farmacologico
del Disturbo da uso di Alcol.
Pubblicazioni scientifiche n. 4 - 2014
Direttore dott. Marco Riglietta - via Borgo Palazzo, 130 - 24125 Bergamo Italy - Tel +390352270382 - Fax +390352270393
posta elettronica certificata (PEC): [email protected] posta elettronica ordinaria (PEO): [email protected]
Dipartimento delle Dipendenze ASL della provincia di Bergamo - Pubblicazioni scientifiche n. 4 /2014
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Indicazioni di buone pratiche cliniche per il trattamento farmacologico
del Disturbo da uso di Alcol.
A cura di Fabrizio Cheli, Paolo Donadoni, Marco Riglietta
Il disturbo da uso di alcol è una patologia eterogenea, comprendente diversi sottotipi di pazienti (come ad
esempio le tipologie di Cloninger); diversi sottogruppi di pazienti inoltre possono beneficiare di terapie
farmacologiche differenti.
Parlare di una terapia farmacologica univoca e standard per il trattamento dell’alcolismo risulta quindi
riduttivo.
Negli ultimi anni è stato evidenziato infatti che non esiste un farmaco “Gold Standard”, efficace per tutte
le differenti tipologie di pazienti alcolisti, ed è stato invece rilevato che esistono diverse tipologie di etilismo
e differenti tipi di craving, che rispondono maggiormente a certe tipologie di farmaco.
Per poter individuare il trattamento più adatto in base alle caratteristiche specifiche di un determinato
paziente, è sempre necessario effettuare
una preliminare valutazione diagnostica estremamente
accurata.
Trattamenti farmacologici
La terapia farmacologica del disturbo da uso di alcol permette innanzitutto di attenuare o di controllare il
craving per l’alcol stesso, aspetto della patologia particolarmente considerato nell’ultima versione del DSM
(manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali- APA 2013).
Il controllo completo o parziale del craving garantisce una migliore capacità relazionale del soggetto con
disturbo da uso di alcol, una maggiore disponibilità all’alleanza terapeutica, un migliore coinvolgimento
nei programmi riabilitativi psicosociali per il raggiungimento ed il mantenimento dell’astinenza da alcol o
della riduzione del consumo di alcol, una migliore prevenzione delle ricadute.
Vengono descritti principalmente due tipi di craving (19):
1. reward
craving,
da
ricompensa,
dopaminergico/oppioidergica
che
si
ipotizza
legato
ad
una
disregolazione
2. relief craving, da tensione che sarebbe legato ad una disregolazione GABA-ergica/glutammatergica
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Nei casi di un’eventuale comorbilità psichiatrica la terapia prevede anche l’uso di farmaci specifici per il
disturbo psicopatologico nelle dosi e nei tempi adeguati: antidepressivi, stabilizzatori dell’umore, ansiolitici e
ipnotici, neurolettici tipici e atipici (8).
In questo momento in Italia i farmaci approvati in modo specifico per il trattamento dell’alcolismo sono:
FARMACO
MECCANISMO D’AZIONE
-Disulfiram
avversivante
-GHB
anti-craving/anti-ricaduta
(sodio oxibato)
-Naltrexone
anti-craving/anti-ricaduta
-Acamprosato
anti-craving/anti-ricaduta
Nalmefene
anti-craving/anti-ricaduta
Nel trattamento della dipendenza da alcol la scelta del farmaco è effettuata in considerazione di vari
fattori:
1-indicazioni e controindicazioni specifiche dei vari farmaci
2- precedenti trattamenti farmacologici e loro esiti
3- la preferenza e la scelta del paziente
Il disulfiram ha una azione di tipo avversativo, l’obiettivo del trattamento è quello di creare una avversione
all’alcol. Esso agisce attraverso un blocco dell’enzima acetaldeide-deidrogenasi, causando così
l’accumulo dell’acetaldeide che si forma in seguito all’ossidazione dell’etanolo. I sintomi revulsivanti
(“sindrome da acetaldeide”) compaiono 5-15 minuti dopo l’assunzione di alcol e possono durare alcune
ore.
Viene impiegato abitualmente a dosaggi di 200-400 mg/die. Si consigliano 400 mg/die per i primi giorni, poi
200 mg/die per 6-12 mesi.
L’obiettivo della terapia sul consumo di alcol è in questo caso l’astensione assoluta.
La consapevolezza del rischio di comparsa dei sintomi da accumulo di acetaldeide funge da deterrente
nei confronti dell’assunzione di alcol. La terapia con disulfiram ha bisogno di un’astensione completa
dall’alcol e per questo motivo è indicata per:
-
alcolisti ben motivati,
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-
alcolisti astinenti già da almeno 24 ore.
E’ Inoltre indicata per alcolisti che associano all’alcol anche il consumo di cocaina. Il disulfiram, infatti,
sarebbe in grado di ridurre il consumo di cocaina, sia inibendo i consumi di alcol spesso associati al
consumo di cocaina (impedendo così la formazione del cocaetilene), sia presumibilmente attraverso il suo
effetti di blocco sull’enzima dopamina-decarbossilasi che, riducendo la degradazione della dopamina
aumenterebbe la presenza del neurotrasmettitore principe della “via del reward”.
E’ sempre consigliata la collaborazione di un familiare nella gestione della terapia con disulfiram,
soprattutto nelle fasi iniziali al fine di verificare il grado di effettiva compliance del paziente a questa
terapia farmacologica.
Controindicazioni della terapia con disulfiram:
ipersensibilità individuale accertata
insufficienza cardiaca, coronaropatia
gravidanza, allattamento
Per il trattamento con disulfiram è indispensabile attuare speciali precauzioni e massima attenzione in
alcuni casi:
pazienti con gravi malattie psichiatriche, come la depressione o la psicosi
diabete mellito
insufficienza renale
insufficienza epatica
epilessia
pazienti con neuropatie
pazienti che non appaiono ben determinati nella scelta della sobrietà, per i quali può risultare
pericoloso
Il disulfiram in casi rari può causare epatite, per cui è consigliabile eseguire controlli degli enzimi di
epatocitonecrosi (GOT, GPT) dopo 1, 3 e 6 mesi di trattamento.
Un trattamento per un periodo superiore ai 6 mesi aumenta il rischio di neuropatie periferiche.
Il GHB (sodio oxibato) è prescrivibile in Italia dal 1992 per l’alcolismo, mentre è considerata sostanza illegale
in alcuni paesi esteri. Esso ha un’azione alcolmimetica ed è perciò assimilabile a un “sostitutivo” dell’alcol.
Il GHB ha un’azione dopaminergica indiretta legandosi ai recettori GHB e GABAb.
Il GHB è stato identificato in tutte le regioni del cervello dei mammiferi (neurotrasmettitore endogeno).
La terapia con GHB è efficace sia nel contrastare i sintomi di astinenza sia nel ridurre il craving per l’alcol
(4).
La sua azione di agonista gabaergico provoca un aumento del rilascio di dopamina nei sistemi cerebrali
della ricompensa, mimando, quindi, gli effetti gratificanti dell’alcol.
È impiegato a dosaggi di circa 50-100 mg/kg/die distribuiti in almeno tre assunzioni al giorno.
Ai pazienti che presentano una scarsa risposta al farmaco si può proporre un maggiore frazionamento
della stessa dose; spesso infatti il grado di efficacia (riduzione del craving e mantenimento della condizione
di astinenza) è maggiore usando dosi più frazionate (5-6 somministrazioni anziché 3).
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Gli obiettivi della terapia sono la riduzione del craving, la riduzione dei sintomi astinenziali e sul consumo di
alcol la riduzione del numero di drinks/die con l’aumento del numero dei giorni di astinenza consecutivi.
Dosi terapeutiche di GHB non creano abitualmente dipendenza e il paziente non manifesta generalmente
sintomi di astinenza all’interruzione del trattamento (2).
Il GHB è indicato per:
-
-alcolisti in fase attiva,
-
-alcolisti a esordio prevalentemente tardivo (es. Tipo I di Cloninger)
-
-pazienti che associano alcol e benzodiazepine
-
-pazienti in trattamento di disassuefazione.
-pazienti con craving da tensione e da ricompensa
Per le proprietà gratificanti, euforizzanti e rinforzanti (simili all’alcol), è stato segnalato un rischio potenziale
di abuso, confermato da alcune indagini cliniche. Per i rischi connessi allo sviluppo di craving ed episodi di
abuso di GHB, è consigliato uno stretto monitoraggio clinico durante la terapia (5).
Nella fase iniziale di trattamento è utile ottenere la collaborazione di un familiare di riferimento, in modo da
poter individuare celermente l’eventuale insorgenza di craving ed abuso verso il GHB; ciò è ancora più
importante laddove vengano evidenziati i presupposti clinici per una polidipendenza.
IL GHB non è indicato per:
alcolisti epilettici,
pazienti con abuso di cocaina e poliabuso,
-particolare cautela nei pazienti con disturbo borderline di personalità o sensation seekers (per
l’aumento del rischio di abuso).
La durata del trattamento con GHB è solitamente variabile tra i 3 e i 12 mesi.
Il naltrexone possiede un’azione anti-reward, cioè capace di ridurre il rinforzo positivo (effetti piacevoli)
dell’alcol, tramite un’attività antagonista sui recettori cerebrali mu degli oppioidi..
Numerosi studi mostrano che l’alcol induce un aumento dell’attività degli oppioidi endogeni (endorfine),
che potrebbe essere implicato nelle proprietà di rinforzo tipiche dell’alcol, tramite una azione a livello del
sistema dopaminergico mesolimbico.. Il naltrexone blocca l’azione degli oppioidi prodotti dal nostro
organismo e quindi una diminuzione del rilascio di dopamina nel sistema libico; così determina una
riduzione degli effetti piacevoli dell’alcol e del craving.
Viene usato al dosaggio di 50-100 mg/die.
Obiettivo della terapia con naltrexone è la riduzione del craving per l’alcol, la riduzione del numero dei
drinks/die, la riduzione del numero delle ricadute gravi; il naltrexone induce una significativa riduzione della
frequenza ed entità dell’assunzione di alcol, mentre non sembra avere significativo effetto sul
mantenimento di una completa astinenza dall’alcol. (11).
Indicato per:
-
alcolisti in fase attiva,
-
alcolisti ad esordio precoce e familiarità positiva (es.Tipo II di Cloninger),
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-
pazienti con craving da ricompensa
-
pazienti con binge-drinking ed heavy drinking
pazienti con craving di grado severo
Controindicato in modo assoluto per:
-
eroinomani attuali o pregressi , e comunque nelle persone con dipendenza da oppiacei anche in
remissione o che utilizzano farmaci antidolorifici a base oppiacea
-
pazienti in gravidanza;
-
particolare cautela deve essere posta per i pazienti con gravi epatopatie.
L’acamprosato è indicato per ridurre il desiderio di assumere alcol, ridurre il consumo e per il
mantenimento dell’astinenza nel paziente alcoldipendente.
In vari studi l’acamprosato si è dimostrato in grado di ridurre l’incidenza, la frequenza e la severità delle
ricadute, con un aumento invece dei giorni di astinenza (6,7).
Il farmaco è un derivato sintetico di un aminoacido, simile al GABA; il suo effetto anti-craving sembra
mediato dalla modulazione della trasmissione GABAergica e dalla capacità di regolare l’attività del
sistema neurotrasmettitoriale del glutammato (normalizzazione dell’ipertono glutammatergico). Il farmaco
possiede un effetto di neuroprotezione, tramite una attività antagonista sul recettore N-metil-D-aspartato
del glutammato con conseguente normalizzazione dell’ipertono glutammatergico ed una successiva
riduzione dell’eccessiva entrata di ioni calcio intracellulari. Questo meccanismo migliora il disturbo disforico
spesso presente negli alcolisti
Viene usato a dosaggi di 6 cp al giorno ripartite in 3 somministrazioni, per un soggetto di peso superiore a
60 kg (2+2+2).
La dose è di 4 cp al giorno ripartite in 3 somministrazioni per un soggetto di peso inferiore a 60 kg (2+1+1).
Il farmaco può essere associato ai vari farmaci attualmente indicati per il trattamento della
da alcol, e associato ai vari psicofarmaci.
dipendenza
Il farmaco è indicato per pazienti con craving da tensione.
L’acamprosato è controindicato per:
-
pazienti con compromissione renale (creatinina sierica superiore 120 micromoli /l)
-
donne in gravidanza e durante allattamento
E’ stato osservato che la sua efficacia aumenta in funzione della durata del trattamento; la durata
raccomandata del trattamento è di almeno un anno.
Il nalmefene è indicato per la riduzione del consumo di alcol nei pazienti con dipendenza da alcol (23).
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Esso deve essere prescritto solo nei pazienti che non hanno sintomi fisici da sospensione in atto e che non
richiedono interventi immediati di disintossicazione.
La sua azione è legata a un’attività antagonista sui recettori cerebrali degli oppioidi mu e agonismo
parziale sui recettori k (9).
I recettori per gli oppiacei rivestono un ruolo fondamentale nelle dipendenze; legandosi a tali recettori e
modificandone l'attività, il nalmefene contribuisce a ridurre il desiderio di consumare alcol nei soggetti
abituati
a
farne
un
consumo
molto
importante.
Il farmaco è usato al bisogno, quando il paziente percepisce il rischio di iniziare a bere alcol,
preferibilmente 1-2 ore prima dell’orario previsto per il consumo di alcol.
La dose massima del farmaco è di una compressa al giorno. Se il paziente ha già iniziato a consumare
alcol senza avere assunto il nalmefene, deve assumere una compressa il più presto possibile.
I dati disponibili sull'uso di nalmefene tratti da studi clinici standard, si riferiscono a un periodo di 6-12 mesi. Si
raccomanda cautela nel caso in cui il nalmefene sia prescritto per un periodo superiore a un anno.
Nei vari studi effettuati le principali misure dell'efficacia del farmaco erano la riduzione del numero di giorni
di consumo elevato di alcol e il consumo medio giornaliero di alcol a distanza di sei mesi dal trattamento.
Indicato per:
-
alcolisti in fase attiva per i quali l’obiettivo è una riduzione del consumo di alcol,
-
pazienti con binge-drinking
-
pazienti con craving da ricompensa (reward craving)
Controindicato in modo assoluto per:
-
pazienti con dipendenza da oppioidi attuale o pregressa,
-
pazienti che assumono farmaci antidolorifici oppioidi
-
pazienti in gravidanza
-
pazienti con grave insufficienza epatica e renale.
-
pazienti con anamnesi recente di sindrome acuta da sospensione da alcol
Ci sono poi altri farmaci impiegati abitualmente in alcologia su sintomi specifici, in modo diverso a seconda
della sintomatologia presente: tiapride, benzodiazepine.
La tiapride è un neurolettico antagonista selettivo dei recettori D2, dotato di scarse capacità di indurre
sedazione, nonché di scarsa interazione con l’alcol.
In alcuni trial clinici si è osservato una maggiore efficacia rispetto al placebo nel mantenere l’astinenza
dall’alcol e nel diminuire la quantità di alcol assunto mentre altri studi non hanno però confermato questi
risultati positivi.
La tiapride è approvata dalla FDA per il trattamento sia acuto che cronico dell’alcolismo.
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In questo momento in Italia è indicato nei disturbi del comportamento con agitazione ed ansia nell’etilismo
acuto e cronico.
Nelle manifestazioni dell’etilismo cronico è consigliato alla dose di 1-2 compresse al giorno.
L’attività antidopaminergica selettiva può spiegare l’efficacia clinica di tiapride in molti disturbi che
comportano una funzione dopaminergica aumentata quali disturbi psicocomportamentali osservati in
pazienti etilisti, efficacia accompagnata da un minor numero di effetti collaterali neurologici, rispetto a
quanto osservato con i neurolettici tipici.
Tiapride può indurre il prolungamento dell’intervallo QT all’ECG. Come’è noto questo effetto potenzia il
rischio di aritmia ventricolare grave come la torsione di punta, fino al possibile arresto cardiaco.
Usare con cautela nei pazienti con malattie cardiovascolari, con una storia familiare di prolungamento del
QT, quando usato in concomitanza con altri farmaci che prolungano il QT, poiché il rischio di insorgenza di
aritmie aumenta.
Ad esempio tra le associazioni non raccomandate è inclusa quella con Metadone, per l’aumento del
rischio di aritmia ventricolare, in particolare torsione di punta.
Le BDZ si sono dimostrate utili nel trattamento della sindrome astinenziale acuta da alcol, ma non se ne
raccomanda l’uso a lungo termine nel trattamento dei soggetti alcolisti. L’uso delle BDZ in questi pazienti
va limitato a periodi brevi per il forte rischio di abuso e dipendenza.
Altri farmaci utilizzati negli alcoldipendenti ma ancora “off-label” in Italia sono: antidepressivi SSRI, baclofen,
topiramato.
Gli SSRI agiscono tramite una inibizione del re-uptake della serotonina e sarebbero in grado di ridurre in
modo generico il consumo di alcol. (12,13).
L’impiego degli SSRI in alcolisti con comorbidità psichiatrica (depressione, ansia, schizofrenia) migliora i
sintomi della malattia psichiatrica con conseguente riduzione della spinta ad “auto-medicarsi” con l’alcol.
Indicati per:
-
bevitori con dipendenza non grave,
-
pazienti alcolisti con depressione o PTSD.
Il baclofene è un farmaco con effetto miorilassante, agisce da agonista dei recettori GABAb. E’ consigliato
a dosaggi di 10 mg x 3/die; sarebbe in grado di ridurre il craving, il quantitativo di alcol consumato ed i
pensieri ossessivi associati all’alcol. (10,14)
Poiché non possiede gli stessi effetti psicotropi piacevoli del GHB il suo impiego non comporterebbe il
rischio di abuso.
Indicato per:
alcolisti in trattamento di disassuefazione,
alcolisti con elevato craving,
alcolisti che consumano anche cocaina.
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Il topiramato è un farmaco ad azione sul sistema gabaergico, attualmente in uso nella terapia
dell’epilessia, ma si è dimostrato utile anche nella profilassi dell’emicrania, nel disturbo bipolare. E’ stato
proposto anche come farmaco nel trattamento dell’alcoldipendenza. (15,16).
Esso si è dimostrato efficace nella riduzione del craving (usato nella dose di 300 mg/die), nella riduzione
della quantità di alcol assunta giornalmente, nella riduzione del numero dei giorni nei quali i soggetti
assumono quantità elevate di alcol, con un miglioramento del senso di benessere e della qualità della vita
dei pazienti alcolisti.
Si pensa che l’azione anti-craving del topiramato sia riconducibile all’inibizione del rinforzo positivo indotto
dall’alcol attraverso l’aumento dell’attività GABA-ergica prodotto dal topiramato.
Principali effetti collaterali riscontrati:parestesie, alterazioni del gusto, anoressia.
Sono comunque ancora necessari studi specifici per riuscire ad identificare le dosi ottimali di topiramato
utili nel trattamento della dipendenza alcolica.
Nel trattamento della dipendenza da alcol, la scelta del farmaco è fatta in considerazione di vari fattori:
1- indicazioni e controindicazioni dei vari farmaci
2- precedenti trattamenti farmacologici e loro esiti
3- la preferenza e la scelta del paziente
Come già accennato la dipendenza da alcol è un disturbo eterogeneo, che comprende diversi sottotipi di
pazienti, con caratteristiche diverse tra loro, (es. le tipologie di Cloninger), e differenti sottogruppi di pazienti
rispondono maggiormente a certe tipologie di farmaco (21).
Si prevede quindi nel futuro una sempre maggiore “personalizzazione della terapia farmacologica”, in
quanto le diverse categorie di pazienti rispondono in maniera più specifica a determinati farmaci.
Cloninger ha proposto la suddivisione degli alcolisti in due sottogruppi, con caratteristiche specifiche
(1988):
ALCOLISMO TIPO I
ALCOLISMO TIPO II
Inizio tardivo, (sopra i 25 anni) reattivo a eventi
della vita (traumi, lutti ecc).
Inizio precoce, (sotto i 25 anni) associato a
componente genetica
comportamento prevalente: evitamento (harm
avoidance)
comportamento
sensazioni intense,
sensazioni nuove
prevalente:ricerca
di
tendenza ad esplorare
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effetto ricercato: ansiolitico,
rilassamento psicofisico
antidepressivo,
effetto ricercato:gratificazione
craving: relief craving (desiderio di ridurre la
tensione)
craving:
reward
craving
ricompensa, di piacere)
capacità di gratificazione:buona
capacità di gratificazione: scarsa (Reward
deficency Sindrome)
capacità di contatto con gli altri:buona
capacità di contatto con gli altri: scarsa e
problematica
(desiderio
di
Riprendendo queste differenti tipologie e i diversi tipi di craving, è stata fatta una ipotesi di trattamento
farmacologico in rapporto all’efficacia e alle diverse tipologie di alcolismo (Caputo F e coll. Alcologia
2012)
disulfiram
indicato per alcolisti con buona motivazione al mantenimento dell’astinenza e con presenza di un familiare
di riferimento per l’affido e la somministrazione controllata del farmaco
sodio oxibato
indicato per alcolisti con craving da ricompensa e da tensione. Più efficace di disulfiram e del naltrexone
nel mantenimento della completa astinenza da alcol.
Utilizzare con estrema cautela nei pazienti con polidipendenza e con disturbo di personalità di tipo
borderline per il rischio di sviluppo di craving e di episodi di abuso del farmaco stesso.
naltrexone/nalmefene
indicato per alcolisti con craving da ricompensa dove l’obiettivo è la riduzione del consumo di alcol
(heavy drinker e binge drinker)
acamprosato
indicato per alcolisti con craving da tensione (effetto anticraving indiretto) e disforia (effetto
neuroprotettivo).
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ASSOCIAZIONI FARMACOLOGICHE
Sono stati fatti molti studi al fine di indagare la superiorità di efficacia dell’associazione di più farmaci
rispetto alla monoterapia, sfruttando un possibile effetto addizionale o sinergico dei vari farmaci.
•
L’associazione tra GHB (effetto anti-craving) e Disulfiram (effetto avversivante) si è dimostrata utile
per aumentare l’efficacia rispetto ai due farmaci somministrati da soli. Ad esempio può aumentare la
compliance al trattamento avversivante, nei casi nei quali è indicata l’astensione completa (20).
•
L’associazione tra GHB e NTX sarebbe in grado di produrre un miglioramento del risultato
terapeutico nei soggetti resistenti al solo GHB; s’ipotizza una somma dell’effetto anti reward-craving del NTX
con l’effetto anti relief -craving del GHB. (10, 22).
•
Utile l’associazione tra acamprosato (effetto anti-craving) e disulfiram (effetto avversivante)
•
Studiata anche l’associazione tra acamprosato (effetto anti relief-craving) e naltrexone (effetto
anti reward-craving), che dimostrerebbe una superiorità della terapia combinata rispetto alla
monoterapia.
•
Al momento, pur essendoci alcune associazioni farmacologiche che hanno dato risultati interessanti
in termini di efficacia clinica, non esistono ancora chiare evidenze scientifiche univoche per sostenere che
una combinazione di due farmaci sia più efficace della monoterapia. Sono necessari ulteriori studi per
poter avere conclusioni scientifiche definitive (18).
•
Tutte le associazioni farmacologiche, ad eccezione di quella tra disulfiram e NTX, si sono rivelate
superiori in termini di efficacia rispetto alla monoterapia, anche se talvolta non in modo statisticamente
significativo.
•
Le terapie combinate non hanno prodotto effetti collaterali gravi, né un aumento di effetti
collaterali tali da portare ad un aumento significativo dei drop-out.
•
Quindi l’associazione di più farmaci non può essere la prima scelta per il trattamento
dell’alcoldipendenza, ma dopo il fallimento di una terapia con un singolo farmaco, si può associare un
altro farmaco tenendo presente le evidenze di efficacia prodotte in letteratura.
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