La Bibbia - Cap. 5 - Suore della Carità Cristiana

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La Bibbia - Cap. 5 - Suore della Carità Cristiana
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I cinque rotoli
della “Legge” di Mosè
La nascita del «pentateuco» fu un processo complicato.
Gli autori materiali ci sono sconosciuti, e gli scritti sono stati stesi in un arco di tempo
che abbraccia diversi secoli della storia d’Israele. Un lungo processo di crescita e di
elaborazione conclusosi in tempi differenti.….
I
l Pentateuco può essere paragonato
a una grande cattedrale in cui pilastri, archi, muri, contrafforti, vetrate
sono elementi diversi ma organizzati
in un insieme armonico e coerente. Il
Pentateuco presenta sostanzialmente il
progetto di Dio per la nostra salvezza, ma
lo fa in modi diversi, attraverso canti di
celebrazione, discorsi di commemorazione, racconti tramandati, leggende, miti,
professioni di fede, preghiere, regole di
vita, ricordi di famiglia, formulazione di
leggi..
Ma non fermiamoci a guardare la pelle, la corteccia, l’esterno, di quest’opera,
cerchiamo di comprendere come è stata
costruita.
I primi cinque libri della Bibbia compongono un insieme che i giudei chiamano la «legge», la torah. La prima testimonianza certa di questa definizione si
trova nella prefazione del Siracide («Molti
e profondi insegnamenti ci sono stati dati
nella Legge, nei Profeti e negli altri scritti
successivi» Sir pr. gr. 1-2). L’appellativo
era corrente ai tempi di Gesù che indica
così i primi cinque libri della Bibbia (cf
per es. Mt 5,17: «Non pensate che io sia
venuto ad abolire la Legge o i Profeti»[…]»).
La preoccupazione di avere copie
maneggevoli di questo grande insieme
fece sì che si dividesse il suo testo in
cinque rotoli di lunghezza quasi uguale.
Di là viene il nome che gli fu dato negli
ambienti di lingua greca: pentateuco=«il
libro in cinque volumi che fu trascritto in
latino Pentateuchus (sottinteso liber) da
dove viene l’italiano Pentateuco.
Questa divisione in cinque libri è attestata prima della nostra èra dalla versione greca dei LXX. Questa poi – e il suo
uso si è imposto alla Chiesa – chiamava i
volumi secondo il loro contenuto:
Genesi
perché inizia con le origini del mondo
Esodo
che comincia con l’uscita dall’Egitto
Levitico
che contiene la legge dei sacerdoti
della tribù di Levi
Numeri
a causa delle enumerazione dei cc. 1-4
Deuteronomio
la «seconda legge» o
«la ripetizione della legge».
Ma in ebraico, i giudei designano
ancora ogni libro con la prima parola
del suo testo. E questo non ci deve meravigliare perché è un metodo utilizzato
ancor oggi, per esempio con le encicliche
del Papa.
La composizione di questa vasta
raccolta era attribuita a Mosè, tant’è che
anche il Cristo e gli apostoli si conformarono a questa opinione:
Qui sotto:
il tracciato della
cosiddetta
«mezzaluna
fertile».
Gv 1,45
«Abbiamo trovato colui del quale hanno
scritto Mosè nella Legge, e i Profeti…».
Gv 5,47
«Se credeste infatti a Mosè, credereste
anche a me; perché di me egli ha scritto…».
Rom 10,5
«Mosè infatti descrive la giustizia che
viene dalla legge così: L’uomo che la
pratica vivrà per essa (Lv 18,5)».
Ma le tradizioni più antiche non avevano mai affermato esplicitamente che
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LA «TORAH»
«Torah», in ebraico, deriva dal verbo «mostrare»,
per cui originariamente significava «indicazione».
Nell’ambito del rapporto maestro-alunno diventa
«l’indicazione» che il maestro dà e perciò e stata
tradotta anche come «istruzione».
Quando JHWH stabilisce un’alleanza con Israele,
ne diventa la sua guida, il suo Signore, il suo maestro, perciò gli dona le «istruzioni», le «indicazioni
pratiche» per poter essere fedele a questo patto di
alleanza.
Perciò «torah» fu tradotta con «legge». Ma questa parola non ha lo stesso significato di legge che
abbiamo oggi. È qualcosa di più profondo, un legame vitale che impegna Dio e l’uomo. Ed è anche più
di una legge morale: la «torah» è un dono.
Questa legge, per gli ebrei è canonizzata nei primi cinque libri della Bibbia che si chiamano appunto «torah» (i Settanta tradurranno aritmeticamente
Pentateuco = raccolta di cinque libri).
Ancora oggi la «torah» è la carta costituzionalereligiosa dell’ebraismo, e l’ebreo osservante si
attiene a queste «istruzioni» di Dio.
Mosè fosse il redattore di tutto il Pentateuco. Quando lo stesso Pentateuco dice
molto raramente che «Mosè ha scritto»,
applica queste formule a un passo particolare. Non solo, ma lo studio moderno
di questi libri ha fatto spiccare differenze
di stile, ripetizioni e disordini nei racconti, che impediscono di vedervi un’opera
uscita tutta intera dalla mano di un solo
autore. E allora, come si è formato il testo
che è arrivato fino a noi?
Un intreccio di tradizioni
Gli studiosi della Sacra Scrittura sono
arrivati a formulare una teoria per la
quale il Pentateuco sarebbe il risultato
della fusione di quattro documenti, o
fonti, diversi per età e ambiente di origine, ma tutti molto posteriori a Mosè.
Soltanto lentamente si sarebbe messo
per iscritto ciò che generazioni e generazioni di Israeliti avevano raccontato a
voce e tramandato a memoria come un
tesoro prezioso: la storia della propria
famiglia, della propria tribù, la propria
esperienza di Dio, del mondo, degli uo-
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mini. Così sarebbero nate dapprima due
opere narrative: lo Jahvista (J) caratterizzata dall’uso del nome di JHWH e
l’Elohista (E), che designa Dio con il
nome comune di Elohim, plurale maiestatico di El =«Dio».
La jahvista sarebbe stata messa per
iscritto nel secolo IX (a.C., naturalmente!) in Giudea, l’Elohista un po’ più tardi
in Israele. Dopo la rovina del regno del
nord nel 722 a.C., i due documenti sarebbero stati fusi in uno solo (JE). Dopo
Giosia (609 a.C.) vi sarebbe stato aggiunto il documento Deuteronomista (D) e,
dopo l’esilio, il codice Sacerdotale (P)
che conteneva soprattutto leggi.
Per correggere l’evidente schematismo
di cui soffre questa teoria, non dovremo
dimenticare che queste quattro fonti,
sono state precedute da tradizioni orali e
scritte e che ognuna di esse, anche la più
recente, contiene elementi molto antichi
Molti elementi e racconti tradizionali
si conservarono per secoli nei santuari,
o furono trasmessi da narratori popolari
costituendo così dei cicli poi messi per
iscritto dalla mano di qualche personalità
eminente.
Queste redazioni furono revisionate,
ampliate e combinate fra loro per costituire quel Pentateuco che noi possediamo.
Le correnti di tradizione hanno cristallizzato, per così dire, un lungo processo di
sviluppo.
Una spia che permette anche al lettore
«medio» della Bibbia di rendersi conto
di questa pluralità e sovrapposizione di
fonti è data dagli evidenti doppioni, dalle
ripetizioni, dalle discordanze che colpiscono fin dalle prime pagine.
Nella Genesi ci sono, per esempio, due
racconti della creazione (1-2,4a e 2,4b3,24), due genealogie di Caino-Kenan
(Gen 4,17s e 5,12-17); due racconti combinati del diluvio (6-8).
Procedendo nella storia dei patriarchi
ci sono due presentazioni dell’alleanza
con Abramo (Gen 15 e 17); due espulsioni di Agar (Gen 16 e 21); tre racconti
della disavventura della moglie di un
patriarca in un paese straniero (Gen
12,10-20; 20; 26,1-11); due storie combinate di Giuseppe e dei suoi fratelli negli
ultimi capitoli della Genesi.
Andando avanti, ci sono due racconti
della vocazione di Mosè (Es 3,1-4,17 e
6,0-7,7); due miracoli dell’acqua a Meri-
ba (Es 17,1-7 e Num 20,1-13), due testi del
decalogo (Es 20,1-17 e Dt 5,6-21); quattro
calendari liturgici, ecc., ecc…
Jahvista, Elohista e altro…
La tradizione «Jahvista» (così chiamata perché utilizza JHWH = Signore
come nome di Dio fin dalla creazione), ha
uno stile vivo e colorito; in essa JHWH
è vicino all’uomo e dialoga con lui da
persona a persona. In forma figurata e
con ricchezza narrativa, dà una risposta
profonda alle gravi domande che ogni
uomo si pone. Come prologo alla storia
degli antenati di Israele, i Patriarchi, la
tradizione J ha messo un sommario della
storia dell’umanità che inizia con la creazione della prima coppia.
Questa tradizione è stata probabilmente redatta sotto il regno di Salomone,
intorno al 950, alla corte di Gerusalemme
e raccoglie materiale che viene da fonti
arcaiche e anche da una fonte che gli studiosi chiamano «Nomadica», cioè risalente agli «aramei erranti».
La tradizione «Elohista» che ha per
caratteristica più esterna l’uso del nome
comune Elohim (= Dio) si distingue dalla
tradizione jahvista per uno stile più sobrio e più piatto, una morale più esigente.
Sottolinea quanto Dio, immensamente
più grande dell’uomo, faccia risuonare la
sua voce dal cielo (ad es. Es 20,18-21) e si
preoccupa di mantenere le distanze. Questa tradizione comincia solo da Abramo e
non ha i racconti della creazione.
La tradizione E è probabilmente più
recente di J e si collega in genere alle tribù del nord, dove sarebbe stata messa per
iscritto verso il 750 a.C., dopo che l’unità
del regno fu distrutta.
Ma attenzione. Malgrado le caratteristiche che li distinguono, i racconti di J e
E narrano sostanzialmente la stessa storia: le due tradizioni hanno perciò un’origine comune. I gruppi del Sud e quelli del
Nord, infatti, condividevano una stessa
storia che raccoglieva in un certo ordine
i ricordi delle tribù, la successione dei tre
patriarchi, Abramo, Isacco e Giacobbe;
l’uscita dall’Egitto legata al raggiungimento della terra promessa. Queste due
tradizioni contengono pochissimi testi
legislativi.
Le leggi costituiscono invece la parte
principale della tradizione «Sacerdotale»
(viene indicata con P, abbreviazione della
parola tedesca Priestercodex = codice sacerdotale), che dedica un interesse particolare all’organizzazione del tempio, alle
feste, ai sacrifici, alle funzioni di Aronne
e dei suoi discendenti. Ama i computi e le
genealogie e si riconosce facilmente per
il suo stile astratto e ridondante e per lo
spirito liturgico e legalista da cui è animata.
P conserva la tradizione dei sacerdoti
del tempio di Gerusalemme ma, pur contenendo reliquie antiche, si è costituita
durante l’Esilio di Babilonia e ha trovato
il suo compimento in Palestina, dopo il
ritorno, verso il 450 a.C.
L’esempio più noto di testo P è il primo
racconto della creazione (Gen 1,1 - 2,4a),
un canto di lode a Dio che ha creato il
mondo intero dal caos e gli ha dato un
proprio ordine. I sacerdoti in esilio ne
erano convinti: Israele deve comprendere
che ogni cosa creata e ogni ordinamento
è dono di Dio. E Dio che ha «fatto ogni
cosa buona», avrà il potere di riportare in
patria i suoi figli.
Dopo i Numeri e fino agli ultimi capitoli del Deuteronomio, le tradizioni J,
E e P scompaiono per lasciare spazio ad
un’unica tradizione, quella «Deuteronomista» (D): essa si caratterizza per uno stile ampio e oratorio segnato da formule ben
coniate che ritornano spesso per affermare costantemente questa dottrina: tra
tutti i popoli Dio ha scelto Israele come
suo popolo per puro compiacimento, ma
questa elezione deve essere contraccambiata con la fedeltà di Israele alla legge
del suo Dio e con il culto da rendergli in
un santuario unico.
Imparentata con la corrente E e con
il movimento profetico del nord, la tradizione D, forse già inquadrata in un discorso di Mosè, fu deposta nel tempio di
Gerusalemme. E nel tempio fu ritrovata
al tempo di Giosia, nell’anno 622 (cf 2Re
23,24: «Giosia fece poi scomparire anche i
negromanti, gli indovini, i terafim, gli idoli
e tutti gli abomini che erano nel paese di
Giuda e in Gerusalemme, per mettere in
pratica le parole della legge scritte nel libro
trovato dal sacerdote Chelkia nel tempio»)
che la promulgò di nuovo per avviare la
riforma religiosa che gli stava a cuore.
Naturalmente ciò che noi possediamo
oggi è la redazione stesa all’inizio dell’esilio nel VI secolo. Nel baratro di una crisi
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di fede, Israele si domanda: «Perché si
è giunti alla rovina? Cosa rimane delle
promesse di Dio? La tradizione D assicura che Dio continua a rimanere fedele
alla sua elezione e dopo la purificazione
accoglierà un popolo ben disposto.
Di tappa in tappa fino a Esdra
A partire da queste diverse tradizioni,
la crescita del Pentateuco è avvenuta in
parecchie tappe difficili da precisare.
Una cosa certa sappiamo: che quando
Esdra torna da Babilonia dopo l’editto di
Ciro (538 a.C.), porta con sé la «legge di
Mosè» (cf Ne 8,1s) che ormai rappresenta tutto il Pentateuco già vicino alla sua
forma finale.
Anche se non fu Esdra a stendere la
redazione dei primi cinque libri della
Bibbia così come noi li possediamo oggi,
certamente fu uno di quegli scribi-sacerdoti da lui ben rappresentati che vi pose
mano con autorevolezza.
Dunque, per riassumere in una battuta, la «legge di Mosè», cioè il Pentateuco,
non è stato scritto né da Mosè né alla sua
epoca, ma nonostante ciò la personalità
di Mosè è quella che domina gli inizi della fede jahvista di Israele.
Egli è stato l’iniziatore religioso del popolo e il suo primo legislatore. Le tradizioni che lo riguardano e gli avvenimenti
in cui è stato coinvolto sono diventati una
epopea nazionale: la fede, l’esperienza religiosa di Mosè ha segnato per sempre la
fede e le pratiche del popolo d’Israele. Gli
adattamenti imposti dal mutamento dei
tempi avvennero secondo il suo spirito e
si coprirono della sua autorità. Importa
poco che noi non possiamo attribuirgli
con sicurezza la redazione di nessuno dei
testi del Pentateuco: egli ne è il personaggio centrale e la tradizione giudaica aveva
ragione di chiamare il Pentateuco il libro
della «legge di Mosè».
Quando si dice «storia»
Da tutto ciò che siamo venuti dicendo
fino ad ora comprendiamo che i racconti
biblici del Pentateuco giunti fino a noi
non sono la cronaca fedele di avvenimenti
storici! No, essi raccolgono il patrimonio vivente di un popolo, sostengono la
sua fede… Sarebbe assurdo domandare
a questi testi il rigore che userebbe uno
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storico moderno.
Ma, allo stesso modo, non possiamo
negare loro ogni verità perché manca loro
questo rigore moderno.
I primi undici capitoli della Genesi
sono da considerare a parte. Descrivono in modo popolare l’origine del genere
umano e proclamano, con uno stile semplice e figurato, le verità fondamentali
della storia della salvezza: la creazione da
parte di Dio all’inizio dei tempi, l’intervento speciale di Dio che crea l’uomo e la
donna, l’unità del genere umano, la colpa
dei progenitori. Queste sono le verità che
ci vengono trasmesse e nelle quali noi
crediamo; ma il fatto che siano verità di
fede, implica anche che si riferiscano ad
avvenimenti reali dei quali però noi non
possiamo precisare i contorni che restano
nascosti sotto il rivestimento mitico e la
mentalità del tempo e dell’ambiente.
Ma andiamo avanti. C’è la storia
patriarcale che comprende il resto del
Genesi. Essa è una storia di famiglia:
raduna i ricordi che si conservavano
degli antenati, Abramo, Isacco, Giacobbe,
Giuseppe… È una storia popolare che si
sofferma sugli aneddoti personali e sui
tratti pittoreschi. Ma è anche una storia
religiosa: tutte le svolte decisive sono
segnate da un intervento divino e tutto
vi appare come provvidenziale. Inoltre i
fatti sono introdotti, spiegati e raggruppati per dimostrare una tesi religiosa: c’è
un Dio che ha formato un popolo e gli
ha dato un paese; questo Dio è JHWH,
questo popolo è Israele, questo paese è la
Terra Santa.
La storicità di questi racconti sta nel
fatto che narrano, alla loro maniera,
avvenimenti reali; danno un’immagine
fedele delle migrazioni, degli antenati
d’Israele, dei loro legami geografici e
etnici, del loro comportamento morale
e religioso. Ormai, i sospetti che hanno
circondato questi racconti hanno ceduto
davanti alla testimonianza favorevole di
scoperte recenti nel campo della storia e
dell’archeologia orientali.
L’Esodo e i Numeri – dopo una lacuna molto lunga – raccontano gli avvenimenti che vanno dalla nascita alla
morte di Mosè: l’uscita dall’Egitto, la
sosta nel Sinai, la salita verso Kades, il
cammino attraverso la Transgiordania e
l’installazione nelle steppe di Moab.
La realtà storica di questi fatti e della
LE QUATTRO REDAZIONI DEL PENTATEUCO
Dopo 51 anni di esilio a Babilonia, nel 358 a.C., il re persiano Ciro permette ai Giudei di
ritornare alla loro terra. In questo periodo, VI secolo a.C., la maggior parte dei libri dell’AT
riceve la sua quasi definitiva redazione scritta. I giudei rimpatriati cercano di ricostruire
il tempio e di riorganizzare la comunità religiosa e politica intorno ai libri della Scrittura.
Nell’occasione, lo scriba Esdra riporta a Gerusalemme la «legge di Mosè», quello che noi
oggi chiamiamo il «pentateuco», la «torah» nella quale i sapienti di Israele avevano fuso
insieme documenti più antichi (le redazioni J, E, D, P) preesistenti. Ricordiamo schematicamente le caratteristiche di queste quattro redazioni.
J
(Jahvista)
STILE
CARATTERISTICHE TEOLOGICHE E LETTERARIE
TEMPO - COMPOSIZIONE - LUOGO
Dio è chiamato JHWH
E
(Elohista)
Dio è chiamato Elohim
D
(Deuteronomista)
P
(Sacerdotale)
regno di Giuda
(a Sud)
regno di Israele
(a nord)
esilio di Babilonia (587538 a.C.)
•composto ai tempi di
Ezechiele dai sacerdoti
•redatto forse durante
l’esilio di Babilonia
IX secolo a.C.
VIII secolo a.C.
•creato al tempo del
re di Giuda, Giosia
•presentato come «libro
ritrovato»
nel 621 a. C.
• cf 2 Re 22, 23
•letto in pubblico
a Gerusalemme
da Esdra (444 a.C.)
• ha preoccupazioni
filosofiche e di come
Israele è stato salvato
• ha un carattere riflessivo, dottrinale, teologico
•evidenzia l’amore di
JHWH per Israele: Dio
libera Israele dall’Egitto
per amore
•si preoccupa di organizzare il culto a JHWH
• Israele deve ricambiare questo amore
•evita in modo assoluto
gli antropomorfismi
• interpreta gli eventi
dalla partenza del Sinai
fino alla morte di Mosè
•presenta JHWH come
un Dio trascendente
•stile oratorio
•tipico di chi vuol orientare qualcuno
•stile astratto, monotono, amante delle
formule e dei numeri,
con genealogie e riti
• ci sono antropomorfismi
• è redatto sulla base di
antiche tradizioni orali
• redige una «storia della salvezza» che va dalla
creazione fino all’ingresso nella terra promessa
• ha uno stile popolare,
semplice, vivo, naturale
•evita gli antropomorfismi
• è redatta sulla base di
antiche tradizioni orali
•redige delle tradizioni
orali da Abramo fino a
Giosuè (entrata nella
terra promessa)
• molto sobrio
•tipico di trattazioni
dottrinali e riflessive.
•stabilisce cronologie
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persona di Mosè non si può negare, pena
l’inspiegabilità del seguito della storia di
Israele.
È in questo tempo che Israele fa il suo
ingresso nella storia generale e, sebbene
non ci sia ancora alcun documento che lo
menzioni – salvo un oscuro accenno, in
una stele egiziana che nell’anno 5° del faraone Mernepta (1224-1204) che menziona una vittoria sul «popolo d’Israele» – ciò
che la Bibbia dice concorda, nelle grandi
linee, con ciò che i testi e l’archeologia ci
insegnano sulla discesa di gruppi semitici
in Egitto, sull’amministrazione egiziana
del delta, sullo stato politico della Transgiordania.
Confrontando i dati della Bibbia con i
fatti della storia generale – con le riserve
che impongono l’insufficienza delle indicazioni della Bibbia e l’incertezza della
cronologia extra-biblica – si potrà dire
che Abramo visse in Canaan verso il 1850
a.C., che Giuseppe fece carriera in Egitto
e che altri «figli di Giacobbe» lo raggiunsero un po’ dopo il 1700.
Per la data dell’esodo dobbiamo fidarci di quanto dice Es 1,11, passo in cui si
afferma che gli ebrei hanno lavorato alla
Ricorda:
n Il Pentateuco, chiamato «la legge di Mosè»,
è formato da cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio.
n Questi cinque libri, raccolgono tradizioni
antiche che si sono formate prima oralmente
e poi sono state messe per iscritto in luoghi,
tempi e situazioni diverse. Le tradizioni principali cui il Pentateuco attinge sono quattro: la
Javhista (J), Elohista (E), Deuteronomista (D) e
Sacerdotale (P).
n I fatti che il Pentateuco racconta, riguardano
la storia di Israele: i patriarchi, Giuseppe e i «figli di Giacobbe» in Egitto; l’epopea dell’Esodo,
la permanenza di una generazione nel deserto,
la conquista della Transgiordania, la terra promessa ai padri.
26 - LA BIBBIA
costruzione delle città deposito di Pitom
e di Ramses. I lavori della città di Ramses cominciarono all’inizio del regno del
faraone Ramses II ed è verosimile che
l’uscita del gruppo di Mosè abbia avuto
luogo verso la metà di questo lungo regno
(1290-1224), diciamo verso il 1250 a. C. o
poco prima. Se si tiene conto della tradizione biblica sul soggiorno nel deserto
durante una generazione, l’installazione
in Transgiordania si potrebbe collocare
verso il 1225 a.C.
Fili d’oro
Perché la storia è tanto importante per
il Pentateuco e per la Bibbia in genere?
Perché la religione dell’AT – come quella
del NT, per altro – è una religione storica:
si fonda sulla rivelazione fatta da Dio a
uomini precisi, in luoghi precisi, in circostanze precise. Il Pentateuco che traccia
la storia di queste relazioni di Dio con il
mondo, è il fondamento della religione
giudaica. L’israelita vi trovava la spiegazione del suo destino.
All’inizio della Genesi aveva la risposta alle questioni che ogni uomo si pone
sul mondo e sulla vita, sulla sofferenza
e sulla morte. E poi aveva la risposta al
suo problema particolare: perché JHWH,
l’Unico, è il Dio di Israele? Perché Israele
è il suo popolo tra tutte le nazioni della
terra. Da qui la storia delle promesse ai
patriarchi e le alleanze che si succedono… e il dono della Legge.
Questi temi della promessa, dell’elezione, dell’alleanza e della legge, sono i
fili d’oro che si incrociano sulla trama del
Pentateuco e continueranno a percorrere
tutto l’AT fino al momento della realizzazione.