Luoghi dell`anima

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Luoghi dell’anima
Miti e leggende sulle origini di Roma
IL MITO DI ENEA E LE ORIGINI
DELLA GENS JULIA
Il mito di Enea è stato reso famoso
dall’Eneide (vedi p. 386), il grande
poema scritto dal poeta latino Virgilio (70-19 a.C.) su commissione di
Ottaviano Augusto, ma in realtà è
molto più antico, se si considera che
le prime versioni erano già note tra
gli Etruschi prima del VI secolo a.C.
e in Grecia a partire dal V secolo a.C.
Enea fu collegato alle origini di Roma perché rappresentava la figura
dell’eroe rispettoso degli dèi (pius) e
quindi trasmetteva una serie di valori fondamentali che dovevano formare il bagaglio del perfetto cittadino romano.
La storia è conosciuta. Dopo la conquista di Troia da parte degli Achei,
Enea, a cui gli dèi avevano assegnato
la missione di fondare una grande
città nel Lazio, fuggì tra le fiamme
con la moglie Creusa, il figlio Ascanio e il padre Anchise. Dopo aver
perso la moglie e il padre e aver sopportato sofferenze e vicissitudini terribili, l’eroe sbarcò nel Lazio.
Tra la caduta di Troia e la fondazione
di Roma, però, erano passati circa
cinque secoli. Era quindi impossibile
che Enea avesse fondato Roma; allora il romano Catone il Censore si inventò un seguito particolare della
storia. Enea, dopo aver sposato Lavinia, figlia di Latino, un re locale, fondò la città di Lavinium e, dopo quattro anni di regno, fu assurto in cielo
e accolto nell’Olimpo accanto agli
dèi. Il figlio Ascanio (Virgilio lo chiamò Julo e lo descrisse come il fondatore della gens Julia, alla quale appartenevano Giulio Cesare e Ottaviano
Augusto) fu invece il fondatore di
Alba Longa e i suoi successori diedero origine alla dinastia dalla quale,
dopo varie generazioni, nacquero
Romolo e Remo.
È interessante notare che anche Romolo, secondo la leggenda, dopo la
Lezioni di storia antica e medievale
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morte salì in cielo; quindi anche Giulio Cesare e Augusto, che venivano
considerati suoi lontani discendenti,
poterono essere deificati.
LA LEGGENDA DI ROMOLO E REMO
E LA FONDAZIONE DI ROMA
Il mito di Enea, dunque, venne strettamente collegato alle figure di Romolo e Remo, i leggendari fondatori
di Roma.
Varie sono le versioni della nascita
dei due gemelli. La più conosciuta
racconta che Rea Silvia, una vestale
(cioè una sacerdotessa della dea Vesta), fu amata da Marte e generò i
due gemelli. Poiché le vestali avevano l’obbligo della castità, Rea Silvia
venne condannata a morte e gettata
nel fiume Aniene, il quale, impietosito, le ridiede la vita.
Intanto i gemelli, abbandonati in
una cesta sul fiume, vennero lasciati
dalla corrente sulle rive di un’ansa e
poi allattati da una lupa. Più tardi
furono trovati dal pastore Faustolo,
che li allevò assieme alla moglie Acca Larenzia.
Diventati adulti, i due fratelli spodestarono lo zio Amulio, che aveva costretto Rea Silvia a diventare vestale,
e decisero di fondare una città, ma
entrarono subito in conflitto sulla
scelta della sede. Remo proponeva
l’Aventino, Romolo il Palatino. Prevalse Romolo, al quale gli dèi, consultati, avevano espresso il loro favore con un volo di uccelli. Egli quindi
tracciò con l’aratro un solco per delimitare il pomerio, cioè la striscia di
terreno sacro che doveva separare la
città, l’Urbs, dal circostante territorio, l’Urvus. Remo però scavalcò il
solco, e Romolo lo uccise.
In tutte le civiltà del mondo antico
esistevano “riti di fondazione”, perché la nascita di una città era un fatto di grande importanza, che richiedeva il consenso degli dèi. I Romani
nella loro lunga storia fondarono
molte città, sempre con il rito che,
secondo la tradizione, aveva seguito
Romolo: per prima cosa veniva
tracciato il pomerio con un aratro e
subito dopo, esattamente al centro
del territorio delimitato dal solco,
veniva scavata una buca, il mundus
(“mondo”), che costituiva il centro
della città. Il termine mundus stava
a indicare che la buca era, appunto,
il “centro del mondo”, ovvero il
punto esatto di intersezione tra il
mondo umano (rappresentato dagli
abitanti della città), il mondo divino
e il mondo dei morti (il regno degli
Inferi).
r
Un rilievo che raffigura gli amori di Marte e Rea Silvia, dai quali nacquero, secondo la
leggenda, Romolo e Remo.
SEZIONE 3 • La civiltà di Roma
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