valutazione cognitiva e comportamentale nella malattia di alzheimer

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valutazione cognitiva e comportamentale nella malattia di alzheimer
VALUTAZIONE
COGNITIVA
E COMPORTAMENTALE
NELLA MALATTIA
DI ALZHEIMER
Prof. C. Caltagirone*, Dott. R. Perri**
*Cattedra di Neurologia, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
** IRCCS S. Lucia - Roma
La malattia di Alzheimer è una grave affezione degenerativa del Sistema Nervoso Centrale che si manifesta in genere alle soglie della terza
età e le cui cause non sono a tutt’oggi del tutto conosciute. Una importante proporzione di anziani (all’incirca tra il 3 e il 5% di tutti coloro che
nelle società cosiddette avanzate hanno superato i 65 anni di età) sono
affetti da una qualche forma di compromissione delle funzioni cognitive
di eziologia e gravità variabili; almeno la metà di questi individui sono
affetti da malattia di Alzheimer. La malattia determina una progressiva e
insidiosa compromissione di diversi aspetti delle funzioni cognitive quali
la memoria, l’attenzione, il linguaggio e produce invariabilmente una
progressiva difficoltà nello svolgimento degli atti della vita quotidiana. Le
conseguenze di questa patologia sono devastanti sia per i pazienti che ne
sono affetti sia per coloro che se ne occupano e determinano un peso
economico crescente per il nostro Paese, visto l’alto numero di anziani
che ne sono colpiti (si stima che in Italia circa 300.000 persone ne siano
affette) con costi diretti e indiretti valutati nell’ordine di migliaia di miliardi.
La malattia di Alzheimer rappresenta una sfida non solo per medici
e scienziati, ma anche per tutta la comunità soprattutto quando si tenga
conto del fenomeno del progressivo invecchiamento della popolazione e
della necessità di fronteggiare il peso sociologico, sociale e sanitario che
ne deriva. In una società che si prefigga degli obiettivi di ordinato sviluppo civile che non perdano di vista le necessità di vaste aree della popolazione, la consapevolezza della dimensione e della gravità del feno-
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meno dovrebbe produrre non solo interventi programmatori di politica
sanitaria e sociale, ma anche scelte indirizzate a potenziare le risorse da
dedicare alla ricerca scientifica sia in ambito clinico che nel campo della
ricerca di base. Nel nostro Paese questo è vero solo in minima parte, anche se nella comunità civile sembra ormai farsi largo la convinzione che
gli investimenti nella ricerca sono un presupposto irrinunciabile non
solo per lo sviluppo delle conoscenze, ma anche per individuare strategie
innovative che contribuiscano a fornire risposte adeguate alle pressanti
necessità dei malati e delle loro famiglie.
L’esordio della malattia è spesso insidioso e può passare del tutto
inosservato per lungo tempo. Frequentemente i pazienti o i loro familiari
si rivolgono al medico di base o allo specialista con la richiesta di indagare su una sintomatologia caratterizzata da disturbi della memoria e
dell’attenzione, difficoltà nello svolgere i compiti della propria attività
quotidiana o nel campo lavorativo, soprattutto di fronte a situazioni non
consuete, o quando vengano richieste strategie non usuali per la soluzione di compiti più conosciuti. Il paziente può lamentare una modificazione del tono dell’umore spesso improntato ad incertezza e pessimismo,
oppure alternato ad ingiustificato e a volte superficiale benessere e ottimismo. In questi casi solo una corretta ed esaustiva raccolta delle informazioni relative all’intera storia clinica del paziente, ed un esame clinico
accurato permettono di formulare il sospetto diagnostico di una malattia
che determina un deterioramento intellettivo e di avviare le procedure
necessarie per l’accertamento delle cause alla base della condizione clinica. Una volta escluse quelle cause generali internistiche (endocrinologiche, dismetaboliche, ematologiche, etc.) che possono produrre una
delle forme di deterioramento cognitivo cosiddette secondarie (dovute
cioè a cause primariamente extracerebrali), il compito del medico è
quello di avviare degli accertamenti rivolti primariamente ad esplorare
l’efficienza delle funzioni cognitive ed a valutare da un punto di vista
neuroradiologico le condizioni dell’encefalo del paziente.
Nonostante il favore di cui godono le indagini morfologico-strutturali basate su metodiche neuroradiologiche come la TAC e la RMN
dell’encefalo, la loro utilità risiede nella alta affidabilità da esse posseduta nell’escludere altre possibili alternative eziologiche (come affezioni
focali o diffuse dell’encefalo) e nella loro capacità di identificare condizioni potenzialmente trattabili (valga per tutte il caso dell’idrocefalo normotensivo). In ogni caso il loro contributo alla soluzione del complesso
problema clinico della diagnosi differienziale tra malattia di Alzheimer e il
normale processo di invecchiamento cerebrale e la loro utilità nel differenziare la malattia da altre condizioni degenerative associate a demenza, rimane, in definitiva, limitato e controverso.
Di particolare utilità appare invece la valutazione neuropsicologica
destinata ad accertare l’efficienza intellettiva ed in particolare ad individuare eventuali difficoltà in prestazioni cognitive quali memoria, attenzione, linguaggio, orientamento spazio-temporale, esplorazione dello spazio o altre abilità visuo-spaziali. In base ai risultati dell’esame neuro-cognitivo è possibile di solito riconoscere la presenza di un decadimento
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delle funzioni intellettive e, soprattutto, identificare il profilo qualitativo
di compromissione mettendo per esempio in luce aree di maggiore o minore efficienza. Il fine che ci si propone è naturalmente quello di riconoscere il prima possibile la presenza di un deterioramento intellettivo
compatibile con la diagnosi di malattia di Alzheimer. La diagnosi di tale
malattia è, infatti, di grande importanza allo scopo di escludere il più rapidamente possibile quelle condizioni di decadimento cognitivo che facciano riferimento a condizioni trattabili come nelle demenze secondarie,
o per identificare quelle forme di depressione dell’età involutiva che
spesso si presentano con caratteristiche di inibizione comportamentale
tali da far sospettare una demenza.
Ovviamente, una volta riconosciuta su base clinica e strumentale la
presenza di una sintomatologia che faccia riferimento ad una possibile
malattia di Alzheimer, è necessario procedere con un atteggiamento di
attenzione clinica costante, allo scopo di mettere in atto quei provvedimenti farmacologici e/o riabilitativi che si sono dimostrati promettenti,
ma, anche, per poter disporre di un adeguato follow-up che permetterà,
nello spazio di un periodo compreso tra sei mesi ed un anno, di formulare la diagnosi, sia pure su base clinica, in maniera dapprima probabile
e successivamente certa.
Per porre diagnosi di malattia di Alzheimer, in accordo con i criteri
guida generalmente riconosciuti come validi a questo fine (vedi a questo
proposito International Classification of Disease ICD-10 1992 o
Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders DSM-IV 1994),
deve essere documentata la presenza di un deterioramento caratterizzato
da declino delle funzioni mnesiche (più evidente nell’apprendimento
della nuova informazione, sebbene nei casi più gravi possa essere
compromessa anche la rievocazione dell’informazione già acquisita) e un
deterioramento del giudizio e del pensiero (ad esempio della capacità di
programmare e organizzare) e del processamento generale delle informazioni. La diagnosi è resa più certa dall’evidenza di deficit di funzioni corticali (quali l’afasia, l’agnosia, l’aprassia) che tuttavia, soprattutto nelle
fasi iniziali, non sono necessariamente presenti. Tali disturbi, che non
devono essere accompagnati da alterazioni dello stato di coscienza, devono essere manifesti da un periodo minimo di sei mesi, altrimenti, per
periodi di osservazione più brevi, si deve porre un giudizio di probabilità
e non di certezza.
Nel sospetto di malattia di Alzheimer appare perciò di fondamentale importanza poter obiettivare e quantificare il declino delle abilità cognitive quali la memoria, le capacità di giudizio e di ragionamento, e poter verificare l’eventuale presenza di disturbi afasici, agnosici, aprassici,
etc., mediante la somministrazione di batterie standardizzate di test neuropsicologici espressamente studiate al fine di porre una diagnosi precoce di demenza sia mediante una quantificazione del deterioramento
(che sia valutabile al netto di differenze imposte dalle diverse condizioni
di età e di scolarità dei soggetti esaminati), sia, nell’ambito di questo,
mediante l’individuazione di specifici profili cognitivi. Solo strumenti di
questo genere possono infatti permettere, con un ragionevole grado di
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sicurezza, di differenziare condizioni diverse dalla malattia di Alzheimer
che tuttavia presentano caratteristiche comuni ad essa.
Nella diagnosi differenziale si deve prima di tutto considerare la necessità di discriminare le fisiologiche modificazioni delle capacità cognitive legate all’invecchiamento dalle alterazioni di una demenza in fase
iniziale. Con l’invecchiamento si realizza, infatti, un declino delle funzioni cognitive, più evidente nella nona decade di vita, che tuttavia è difficilmente differenziabile dagli stati patologici e ciò è tanto più difficile
quanto più il soggetto è anziano e quanto più è scarso il suo livello socioculturale.. L' esame, in soggetti anziani normali e in pazienti con demenza degenerativa, di svariate competenze cognitive quali la memoria, il
linguaggio, le capacità visuo-spaziali, il ragionamento ha evidenziato
infatti la difficoltà nel trovare segni caratteristici o markers della demenza degenerativa che permettano di distinguere l' invecchiamento
normale da quello patologico da un punto di vista qualitativo e non solo
quantitativo (Gainotti 1984). Anche da un punto di vista anatomo-patologico queste due condizioni presentano notevoli somiglianze. La malattia
di Alzheimer ha, infatti, due markers neuropatologici visibili all’esame
microscopico dell’encefalo: formazioni extracellulari conosciute come
placche neuritiche o senili e formazioni intracellulari, visibili con il metodo dell’impregnazione argentica, chiamate zone neurofibrillari
(neurofibrillary tangles). E’ tuttavia ben noto da molti anni che queste
manifestazioni non sono esclusive della malattia ma sono presenti comunemente anche nel corso dell’invecchiamento naturale dell’encefalo
anche se con una distribuzione topografica ed una densità di lesioni differenziabili. Queste osservazioni indurrebbero a pensare all’esistenza di
un continuum fra la condizione fisiologica dell’invecchiamento e la degenerazione alzheimeriana, in cui solo differenze quantitative sono responsabili delle due diverse condizioni. Un recente lavoro (Carlesimo et al.
1997) ha tuttavia evidenziato che se alcune funzioni cognitive quali
l'apprendimento procedurale, la memoria implicita, la memoria immediata o l'oblio della memoria episodica, mostrano o non sostanziali cambiamenti o un lento declino passando dai soggetti giovani a quelli anziani
e superanziani (di età superiore agli 80 anni) fino ai pazienti affetti da
malattia di Alzheimer; altre funzioni, invece, come quelle che richiedono
l'utilizzo di strategie semantiche di codifica nella memoria episodica,
presentano un deficit specifico nei pazienti dementi e una sostanziale
stabilità nei soggetti normali di ogni età. Quest'ultimo dato suggerisce
perciò una discontinuità qualitativa e non solo quantitativa fra il fisiologico processo di invecchiamento e la condizione patologica alla base
della demenza di Alzheimer e indica un possibile marker cognitivo per la
differenziazione del decadimento intellettivo legato all'età rispetto a
quello causato dalla degenerazione alzheimeriana.
Da questi dati si evince la notevole importanza rivestita, nel processo diagnostico, da un'accurata valutazione neuropsicologica specificamente rivolta al soggetto anziano e che quindi tenga presente la facile
stancabilità e ridotta motivazione ad eseguire prove lunghe e non sufficientemente diversificate fra di loro, composta di strumenti di cui siano
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disponibili dati normativi e di validazione (Caltagirone et al. 1995). Tale
valutazione, inoltre, dovrà essere volta, oltre che a quantificare, anche a
differenziare i deficit nelle diverse aree cognitive, per evidenziare profili di
deterioramento diversi da quelli compatibili con una malattia di
Alzheimer.
L'individuazione di differenti pattern neuropsicologici appare fondamentale soprattutto per la diagnosi differenziale di quelle forme di
demenza in cui né la clinica, né gli esami neuroradiologici o di laboratorio forniscono dati discriminativi, come spesso avviene nelle forme di
pseudo-demenza depressiva, difficilmente differenziabili dalle forme iniziali di demenza degenerativa. I sintomi depressivi, infatti, sono frequenti all'esordio di una demenza degenerativa, mentre i pazienti affetti
da depressione molto frequentemente lamentano sintomi come la perdita
di memoria e il disorientamento temporale, che sono caratteristici della
demenza. La necessità di determinare se questi segni siano legati ad una
condizione di demenza iniziale o ad uno stato depressivo è particolarmente frequente nella popolazione anziana, principale bersaglio delle
patologie dementigene. Si stima infatti che più del 40% della popolazione sopra i 60 anni riporti sintomi depressivi e che nel 20% dei casi
siano presenti sentimenti di riduzione delle proprie capacità di ragionamento, di attenzione e di memoria (Des Rosiers et al. 1995). All'esame
neuropsicologico dei pazienti depressi, tuttavia, i disturbi mnesici non si
accompagnano generalmente ad ulteriori deficit di tipo cognitivo (Caltagirone et al. 1985) che sarebbero invece presenti nelle forme degenerative
sin dal loro primo manifestarsi (Jacobs et al. 1995).
Batterie testistiche studiate per una diagnosi precoce e validate su
popolazioni di pazienti di lingua italiana sono la batteria dello S.M.I.D.
(Studio Multicentrico Italiano sulle Demenze) (Bracco et al. 1990) e la
M.O.D.A. (Milan Overall Dementia Assessment) (Brazzelli et al. 1994) che
fornisce un punteggio complessivo sommatorio dei risultati di due scale
di autonomia e di orientamento e delle prestazioni in una breve batteria
neuropsicologica.
Uno strumento studiato appositamente per discriminare con un
elevato grado di accuratezza i soggetti dementi dai soggetti normali anziani, nonché per fornire informazioni sulle caratteristiche qualitative del
deficit cognitivo eventualmente presente nel paziente indagato, è la
B.D.M. (Batteria per il Deterioramento Mentale) (Caltagirone et al. 1979).
La Batteria per il Deterioramento Mentale è composta di 7 test che
forniscono 8 punteggi complessivi: 4 sono espressione dell'elaborazione
di materiale verbale e 4 derivano dall'elaborazione di materiale visuopercettivo. I test sono stati appositamente scelti per fornire informazioni
circa l'efficienza funzionale di svariati ambiti cognitivi: aspetti diversi
delle capacità mnesiche (memoria a breve termine per dati visuo-percettivi, fruibilità del magazzino di memoria semantico-lessicale, memoria a
lungo termine episodica per informazioni verbali e memoria a breve e
lungo termine per materiale verbale); capacità prassico-costruttive (con
prove che si differenziano per il diverso impegno richiesto nella pianificazione dell'attività grafica); capacità linguistiche di alto livello ed infine
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capacità di ragionamento logico-concettuale. Un innegabile pregio della
B.D.M. è la praticità: il materiale testistico è infatti agevolmente riproducibile e trasportabile ed il tempo necessario per la somministrazione dell'intera batteria è ragionevolmente contenuto (45-75 min) (Caltagirone et
al. 1995).
La B.D.M. ha dimostrato nel corso degli anni la sua validità non
solo per discriminare pazienti dementi da soggetti normali, ma anche per
individuare profili differenziali di compromissione neuropsicologica in
gruppi di pazienti affetti da varie patologie neurologiche (oltre alla malattia di Alzheimer, le encefalopatie multi-infartuali, l'idrocefalo normoteso, il morbo di Parkinson ecc.) (Gainotti et al. 1980; Caltagirone et al.
1989). In particolare, la B.D.M. ha dimostrato di essere provvista di un
buon valore diagnostico nel distinguere dementi in fase iniziale da depressi pseudo-dementi, evidenziando in questi una caduta selettiva nelle
prove di memoria verbale a differenza dei pazienti affetti da malattia di
Alzheimer che presentano una compromissione omogenea di tutte le funzioni cognitive esplorate dalla batteria (Caltagirone et al. 1985). Un altro
più recente lavoro (Carlesimo et al. 1995) ha mostrato la specificità dei
singoli test della B.D.M. ad indagare ambiti cognitivi diversi, consentendo così di individuare deficit selettivi di determinate funzioni. Quest'ultimo aspetto appare importante soprattutto nella diagnosi delle
forme degenerative focali, nelle quali ad un deterioramento progressivamente ingravescente di una singola funzione cognitiva non si accompagnano per molti anni problemi intellettivi più generalizzati.
Se l’uso di strumenti come la B.D.M. trova specifica indicazione
nella fase diagnostica, una volta posta e confermata la diagnosi di malattia di Alzheimer, è necessario poter disporre di strumenti che permettano, oltre che di seguire l’evoluzione del deterioramento nel tempo, anche di valutare il grado di interferenza che la patologia e la sua evoluzione hanno nel contesto ambientale del soggetto. Accanto alla valutazione delle capacità cognitive del paziente sarà quindi necessario affiancare una valutazione clinica degli aspetti non cognitivi della demenza, al fine di valutarne l’impatto nel vissuto sociale e sull’autonomia
di esecuzione di attività strumentali, mediante l’uso di scale che quantificano il livello di deficit funzionale del soggetto nelle sue varie dimensioni psico-fisiche quali lo stato dell'umore, il ritmo sonno-veglia, la continenza, l'autonomia nel vestirsi, nella cura dell'igiene personale o nell'alimentazione. Questi aspetti, infatti, possono essere fonte di grande preoccupazione per i familiari del paziente e possono incidere fortemente
sulla possibilità di gestione della malattia in un ambiente familiare. La
presenza di alterazioni in alcuni di questi ambiti, inoltre, può richiedere
interventi terapeutici specifici, come il trattamento con psicofarmaci di
disturbi quali l’agitazione, la depressione o le psicosi, frequentemente riscontrabili in questi soggetti. L’importanza di una valutazione congiunta
degli aspetti cognitivi e comportamentali della malattia di Alzheimer si
affianca, inoltre, alla necessità di poter confrontare nel tempo le diverse
valutazioni effettuate in uno stesso soggetto, sia perché i sintomi non cognitivi non sono necessariamente sempre presenti in un singolo
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paziente, sia per poter esprimere un giudizio sull’entità del
peggioramento o del miglioramento di alcuni o di tutti i sintomi cognitivi
e comportamentali a seguito di trattamenti specifici. Quest’ultimo
aspetto assume una particolare importanza nella sfera della
sperimentazione farmacologica. Negli ultimi anni, infatti, si sono
moltiplicati gli sforzi della comunità scientifica internazionale per trovare
strategie terapeutiche efficaci nella malattia di Alzheimer. Momento
fondamentale di questo sforzo è ovviamente la sperimentazione clinica
di nuovi farmaci antidemenza, attraverso trials farmacologici che non
possono prescindere dall’utilizzo di scale di valutazione globale delle
capacità del paziente demente e dalla possibilità di compararle nel
tempo.
Per seguire nel tempo le modificazioni nel grado di deterioramento
si possono utilizzare brevi test che valutano lo stato mentale del soggetto. Tra questi il più utilizzato è il Mini Mental State Examination
(Folstein 1975). Questo tipo di test ha il vantaggio di poter essere somministrato in tempi brevi e di essere meno impegnativo per le risorse attentive del paziente rispetto ad una batteria completa di test neuropsicologici, così da poter essere usato anche nelle fasi più avanzate della
demenza.
Scale cliniche di valutazione che si basano sia sugli aspetti cognitivi
che su quelli comportamentali della demenza più frequentemente utilizzate e disponibili in versione italiana sono: la CDR (Clinical Dementia
Rating Scale) (Hughes et al. 1982); la CIBIC-Plus (Clinician InterviewBased Impression of Change ) derivata dalla CIBI (Clinician InterviewBased Impression Change) (Knopman et al. 1994); l’ ADAS-Cog
(Alzheimer’s Disease Assessment Scale) (Rosen et al. 1984) e la CGI
(Clinical Global Impression) (Guy 1976). Sono scale che affiancano ad
una più o meno approfondita valutazione dello stato cognitivo, una raccolta di informazioni sullo stato comportamentale del soggetto derivate
sia dall’osservazione diretta del paziente (grado di cooperazione
nell’esecuzione di test cognitivi; tipo di interazione medico-paziente durante una conversazione con l’esaminatore; presenza di segni manifesti o
latenti di ansietà, depressione, allucinazioni o deliri) che da interviste ai
suoi familiari (riguardo al grado di autonomia del paziente sia nell’ambito
familiare che sociale in diverse attività; riguardo al ritmo sonno-veglia,
all’alimentazione, ai disturbi dell’umore, all’igiene personale etc.), in
modo da poter fornire un punteggio globale di gravità della demenza,
basato sostanzialmente sull’impressione clinica dell’esaminatore. Alcune
di queste, inoltre, come la CIBIC-Plus, espressamente studiata per
accertare, in modo affidabile, un cambiamento globale della condizione
clinica del soggetto demente in seguito alla somministrazione di farmaci
antidemenza, forniscono i criteri in base ai quali valutare la presenza e
l’entità di eventuali peggioramenti o miglioramenti. Perché le valutazioni
risultino il più possibile affidabili, inoltre, vengono generalmente previsti
precisi intervalli fra un’osservazione e l’altra e si richiede che
l’esaminatore e il familiare da cui vengono raccolte le notizie siano
sempre gli stessi.
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In conclusione è utile sottolineare ancora una volta l’importanza di
poter disporre di strumenti neuropsicologici diversificati che permettano
specifiche determinazioni e valutazioni di differenti aspetti della patologia alzheimeriana. Se, infatti, nella fase diagnostica e di accertamento di
questa patologia, sono indispensabili approfondite valutazioni quantitative e qualitative del profilo cognitivo di deterioramento, queste, con il
passare del tempo possono risultare eccessivamente gravose per le capacità attentive del soggetto più gravemente deteriorato e soffrire di un effetto “pavimento” che le rende meno adatte in una fase successiva. Al
contrario, strumenti che permettono una valutazione clinica globale del
paziente demente, se trovano nella fase iniziale scarsa indicazione (a
causa dell’elevata percentuale di falsi negativi che presentano nella diagnosi precoce delle forme di demenza lieve) diventano preziosi strumenti
per il suo successivo follow-up. La determinazione dello stato mentale del
soggetto mediante valutazioni rapide e poco onerose per le sue risorse
cognitive, infatti, ne permettono la somministrazione anche nelle fasi più
avanzate di malattia, mentre l’attento approfondimento degli aspetti
comportamentali del paziente demente rappresenta un momento fondamentale per assicurargli un’efficace assistenza e fornire costantemente
adeguate risposte terapeutiche e di sostegno al paziente e ai suoi familiari.
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SCALE DI PIÙ FREQUENTE UTILIZZO
PER LA VALUTAZIONE GLOBALE
DEL PAZIENTE DEMENTE
Prof. C. Caltagirone*, Dott. R. Perri**
*Cattedra di Neurologia Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"
**IRCCS S. Lucia - Roma
La scelta nell'uso dei diversi strumenti volti a monitorare il progressivo
declino delle condizioni cognitive e comportamentali del paziente affetto da
malattia di Alzheimer, deve essere dettata dalle necessità del clinico
(assistenza diretta al malato e ai suoi familiari) o del ricercatore (valutazione
dell'efficacia dei trattamenti specifici) nonché dalla gravità della demenza. Nelle
forme di grave deterioramento, infatti, valutazioni approfondite dello stato
cognitivo del soggetto possono essere impossibili e ricorrere a strumenti di
rapida informazione può risultare perciò di maggiore utilità. Scale che
forniscono una misura globale della gravità della demenza possono essere utili
sia per seguire il decorso della malattia che per confrontare campioni di
pazienti nei diversi studi. Scale specificamente rivolte alla valutazione e
quantificazione delle capacità del paziente a svolgere le comuni attività della
vita quotidiana e/o a valutare la presenza di sintomi quali depressione, agitazione, allucinazioni, forniscono informazioni di importante rilevanza clinica
essendo questi i sintomi che possono maggiormente interferire con le possibilità
di gestione del paziente da parte dei suoi familiari. Qui di seguito verranno
brevemente illustrate le scale di più frequente utilizzo e le loro indicazioni
principali.
Il Mini Mental State Examination (Folstein 1975) rappresenta un rapido e
sensibile strumento per l'esplorazione della funzione cognitiva e delle sue
modificazioni nel tempo, applicabile anche in forme di grave deterioramento.
Richiede per la somministrazione un tempo variabile di 5-10 minuti ed è
costituito da 11 items che esplorano la memoria a breve e medio termine, il
linguaggio, l'orientamento temporo-spaziale, l'attenzione, il calcolo e la prassia.
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Il punteggio totale, dato dalla somma dei punteggi che il paziente ha ottenuto a
ciascun item, può andare da un minimo di 0 (massimo deficit cognitivo) ad un
massimo di 30 (nessun deficit cognitivo). Il punteggio soglia è 23-24 e la maggior
parte delle persone anziane non dementi ottengono punteggi raramente al di
sotto di 24 (Bowling 1995). Tuttavia i valori dei punteggi cut-off riportati in studi
recenti (Anthony et al. 1984; Dick et al. 1984; Davous et al. 1987; Mant et al.
1988; O'Connor et al. 1989; Li et al. 1989; Zhang et al. 1990) variano
notevolmente nei diversi lavori, in quanto fattori come l'età e la scolarità
contribuiscono significativamente alle variazioni dei punteggi attesi nella
popolazione normale. Per tale motivo è utile ricorrere a correzioni dei punteggi
ottenuti al MMSE per l'età e la scolarità del soggetto. Sono disponibili, a questo
scopo, correzioni validate su un campione casuale di persone della popolazione
italiana (Measso et al. 1993).
Scale che coniugano l'esplorazione cognitiva con quella comportamentale
mediante indagini strutturate sono l'ADAS-Cog (Alzheimer Disease Assessment
Scale) (Rosen et al. 1984) e la CDR (Clinical Dementia Rating Scale ) (Hughes
et al. 1982).
L'ADAS-Cog richiede un tempo di somministrazione di 30-40 minuti. È
costituito da due scale una cognitiva e una non cognitiva che possono essere
somministrate insieme o separatamente a seconda delle necessità.
L'approfondita valutazione sia degli aspetti cognitivi che comportamentali della
demenza la rendono uno degli strumenti più utilizzati sia a scopi clinici che di
ricerca. La parte cognitiva dell'ADAS, preceduta da una breve conversazione con
il paziente su argomenti neutrali come il tempo, la colazione del paziente ecc,
consiste di 12 test atti a valutare la memoria a breve e medio termine
(rievocazione di parole; riconoscimento di parole; apprendimento delle istruzioni
di un test); l'orientamento temporo-spaziale; il linguaggio (abilità verbale,
difficoltà di denominazione nel linguaggio spontaneo, comprensione del
linguaggio parlato, denominazione di oggetti e dita, esecuzione di comandi); la
prassia; l'attenzione e la concentrazione. Il punteggio della maggior parte dei
test cognitivi viene assegnato sulla base di stime (ratings) cliniche effettuate
dall'esaminatore nel corso della conversazione e della sessione testistica. I
punteggi della parte cognitiva dell'ADAS vanno da zero, che equivale ad assenza
di errore ovvero di deficit, a un massimo di 75, che indica invece un deficit
grave in tutti i test. La parte non cognitiva dell'ADAS comprende la valutazione
della presenza o assenza di depressione, pianto, deliri, allucinazioni,
deambulazione compulsiva, aumento dell’attività motoria e grado di
cooperazione durante i test. Il punteggio a ciascuna fi queste aree
comportamentali (così come per i ratings della parte cognitiva) viene assegnato
in un range da 0 (nessun deficit ad un test o assenza di uno specifico
comportamento) a 5 (deficit di massima gravità ad un test o comparsa molto
13
frequente di un comportamento). Il punteggio per la parte non cognitiva,
risultante dalla somma ai punteggi assegnati nelle sette sezioni comportamentali, può andare da 0 a 35. Il punteggio totale (cognitivo più
comportamentale) varia da 0 a 110. In pratica alla parte cognitiva poche
persone, persino fra i non dementi ottengono un punteggio di zero (assenza di
deficit) poiché i test di memoria sono sufficientemente difficili da far
commettere alcuni errori anche alle persone normali. Studi longitudinali
americani su pazienti affetti da malattia di Alzheimer hanno mostrato che i
punteggi della parte cognitiva dell’ADAS aumentano in media di 9 punti l’anno.
Il tasso di cambiamento è più lento nei pazienti molto lievi e in quelli con una
demenza grave rispetto ai pazienti con forme moderate di deterioramento (Stern
et al. 1994), mentre i punteggi della parte non cognitiva dell’ADAS generalmente non mostrano un incremento con la progressione della demenza
come invece avviene con i punteggi della parte cognitiva (Zec et al. 1992).
La Clinical Dementia Rating Scale (CDR Hughes et al. 1982) fornisce una
scala per la classificazione clinica globale della demenza. Anche in questo caso
vengono prese in considerazione diverse aree di esplorazione sia cognitive (
orientamento, memoria, capacità di giudizio e di risoluzione dei problemi) che
comportamentali (attività quotidiane e capacità di interazione sociale). Richiede
un tempo di somministrazione di 1-2 ore. All’inizio viene utilizzata un’intervista
strutturata e standardizzata per raccogliere informazioni sulla storia clinica del
soggetto, che prevede parti specifiche per la valutazione del linguaggio. In
seguito al paziente vengono dati compiti di memoria, orientamento, calcolo ecc.
altrettante informazioni sulle diverse aree indagate vengono raccolte dai
familiari del soggetto. Sia l’intervista al paziente che le domande ai familiari
sono in parte orientate a valutare la presenza di depressione. I punteggi
assegnati vanno da 0 (assenza di deficit) a 3 (demenza grave). I punteggi 1 e 2
corrispondono a demenza lieve e moderata. Un punteggio di 0.5 viene assegnato
in caso di demenza dubbia. L’utilità della CDR è rappresentata dal fatto che
fornisce una scala di valutazione che prende in considerazione molte
caratteristiche di un determinato paziente rendendosi particolarmente pratica
in quelle situazioni in cui si vogliano studiare globalmente le funzioni cognitive
e comportamentali di un soggetto anziano. In tale contesto è applicabile sia
nell’ambito di forme lievi che di forme severe di demenza e a soggetti che non
sono né chiaramente sani né chiaramente dementi.
Scale di valutazione espressamente studiate come strumenti di
valutazione affidabili per accertare un cambiamento nello stato clinico del
soggetto demente durante trattamenti farmacologici sono la CGI (Clinical Global
Impression) (Guy 1976) e la CIBIC-Plus (Clinician Interview Based Impression of
Change) derivata dalla CIBI (Clinician Interview Based Impression Change)
(Knopman et al. 1994).
14
La CGI è stata ampiamente utilizzata negli ultimi 20 anni per la
misurazione di effetti farmacologici clinicamente significativi nelle
sperimentazioni e non solo quelle specificamente rivolte al trattamento della
malattia di Alzheimer. Si basa sostanzialmente sull’impressione che
l’esaminatore, sulla ba se della sua esperienza, ricava del grado di severità della
malattia e del grado di miglioramento globale presentato dal paziente
assegnando a ciascuno di questi aspetti un punteggio che varia da 0 a 7. Un
terzo item è volto ad assegnare un punteggio indice dell’efficacia di uno specifico
trattamento sulla base dell’effetto terapeutico (presenza di un miglioramento di
grado notevole, moderato o lieve, assenza di miglioramento, presenza di
peggioramento) e degli effetti collaterali (assenti, presenti ma che non
interferiscono con le prestazioni del paziente, presenti e che interferiscono o
prevalgono sulle prestazioni del paziente).
Di più recente utilizzo e specificamente costruita per l’utilizzo in trials
farmacologici di farmaci antidemenza, è la CIBIC-Plus che consiste di due
interviste semistrutturate che permettono al medico di raccogliere, sia dal
paziente sia da chi assiste il malato, le informazioni necessarie per formulare
un’impressione globale di cambiamento dello stato cognitivo e comportamentale
del soggetto.
La somministrazione può richiedere un tempo variabile di 1-2 ore. Una
valutazione di partenza in cui sono registrate le informazioni ottenute separatamente dal paziente e poi dall’accompagnatore, viene utilizzata come riferimento
per i giudizi (ratings) che verranno formulati ai follow-up successivi. L’intervista
al paziente, che deve avvenire sempre prima di quella all’accompagnatore,
prevede una valutazione cognitiva del grado di orientamento del soggetto, della
memoria, del linguaggio, della prassia e delle capacità di giudizio. La
valutazione comportamentale è volta ad indagare la presenza o assenza di
allucinazioni, deliri, cambiamenti nel tono dell’umore, la presenza di disturbi
del sonno e dell’appetito, le capacità di autonomia nelle attività della vita
quotidiana ed il grado di partecipazione alla vita sociale. Le stesse informazioni
vengono successivamente raccolte dal familiare o dalla persona deputata
generalmente ad accudire il paziente. Per il confronto fra i dati ottenuti alla
baseline e quelli ottenuti ai controlli successivi, la CIBIC-Plus fornisce una scala
di punteggi in un intervallo da 1 (notevolmente migliorato) a 7 (notevolmente
peggiorato) con 4 che rappresenta l’assenza di cambiamenti rispetto alla
baseline. Lo scopo principale della CIBIC-Plus è quello di formulare
un’impressione globale, e cioè una valutazione “olistica” del paziente nel corso
di trattamenti spe rimentali di farmaci antidemenza. Perciò nulla impedisce al
clinico di indagare in modo sistematico le aree cognitive comportamentali e
funzionali mediante altri strumenti quali il MMSE o l’ADAS-Cog. Tuttavia, nel
corso di un trial farmacologico, per permettere un giudizio indipendente sui
15
cambiamenti globali presentati dal pa ziente, le valutazioni della CIBIC-Plus non
devono essere influenzate dalle prestazioni alle altre scale utilizzate e per tale
motivo è generalmente richiesto che vengano effettuate da esaminatori diversi.
Perché le valutazioni della CIBIC-Plus risultino il più possibile affidabili,
inoltre, si richiede che l’esaminatore e il familiare da cui vengono raccolte le
notizie siano sempre gli stessi sia alla baseline che ai successivi controlli.
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CHIUDA GLI OCCHI
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23
24
INTRODUZIONE
Al fine di aumentare l’attendibilità e la validità dei punteggi ai test
dell’ADAS sono state stabilite alcune convenzioni sul modo di somministrare la
scala. I vari test della parte cognitiva dovranno essere somministrati seguendo
l’ordine di presentazione indicato dalla scheda.
Il test di rievocazione di parole è somministrato per primo, mentre quello di
riconoscimento di parole per ultimo con i rimanenti test cognitivi nel mezzo, al
fine di minimizzare la possibilità che il pa ziente possa far confusione fra le
parole delle due prove.
All’inizio della seduta, prima della somministrazione dei test di
rievocazione di parole, il testista si impegnerà in una breve conversazione con il
paziente su argomenti neutrali quali il tempo, il viaggio effettuato dal paziente
per venire alla clinica, il tipo di colazione avuta al mattino ecc. Questa
conversazione aiuterà il paziente a sentirsi a suo agio prima dell’inizio della
seduta testistica e offrirà al testista l’opportunità di osservare e valutare i vari
aspetti dell’espressione e comprensione verbale del paziente. La parte cognitiva
dell’ADAS prevede infatti 3 stime cliniche di capacità verbale: abilità verbale
(espressiva), difficoltà a trovare le parole desiderate nel linguaggio spontaneo e
comprensione del linguaggio parlato.
L’ADAS non è un test con limiti di tempo e il punteggio del pa ziente non dipende
dalla rapidità con cui porta a termine il test. I test cognitivi vanno somministrati
in modo tale che la sessione proceda sì spedita e senza ostacoli ma anche che il
paziente non si senta pressato a rispondere rapidamente. Per assicurare che la
sessione proceda spedita e che ciascun paziente abbia pari opportunità di rispondere correttamente, saranno concessi solo due tentativi di risposta ai vari
item che compongono ciascun test. Se il paziente non dovesse rispondere
correttamente dopo un secondo tentativo, il testista dovrà passare all’item
successivo. I “feedback” al paziente dovranno essere neutri e, solitamente, non
si dovrebbe far menzione della correttezza o meno della risposta. Commenti del
tipo “Va bene” o ”Lei sta andando bene” sono appropriati durante i tentativi del
paziente.
25
PUNTEGGIO
16 dei 19 test di cui è composta la scala hanno un punteggio che va da 0
(assenza di deficit) a 5 (deficit di massima gravità). La Rievocazione di parole e il
Riconoscimento di parole hanno un punteggio che va da 0 a 10 e da 0 a 12
rispettivamente, e che viene determinato dal numero di errori che i pazienti
fanno in questi test. Il punteggio del Test di orientamento va da 0 a 8 e dipende
dal numero di errori che i pazienti commettono in una serie di domande di
orientamento. Punteggio totale = somma del punteggio di tutti i test (range: 0 110).
Punteggio parte cognitiva = somma dei punteggi ai 12 test cognitivi (range: 0 75).
Punteggio parte non-cognitiva = somma dei punteggi delle 7 sezioni noncognitive (range: 0-35).
Punteggio
0 = Assente
1 = Molto lieve
2 = Lieve
3 = Medio
4 = Medio-grave
5 = Grave
Il punteggio 0-5 riflette il grado di gravità delle disfunzioni.
Il punteggio “0” equivale a nessun deficit ad un test o all’assenza di uno
specifico comportamento.
Il punteggio “5” equivale al deficit di massima gravità o alla comparsa molto
frequente di un comportamento.
Il punteggio “1” corrisponde ad un comportamento patologico presente in
misura molto lieve o a una specifica risposta ad un test.
I punteggi “2”, “3” o ‘4” corrispondono ad un deficit lieve, medio o mediograve.
I punteggi attribuiti a molti comportamenti cognitivi corrispondono ai
relativi livelli di prestazione al test.
Nel caso sia impossibile valutare la prestazione ad un test o la presenza di un
comportamento, l’esaminatore dichiara che l’item è “Non valutabile” (vicino allo spazio
riservato per il punteggio) e ne specifica le ragioni nelle “Note”.
Le righe sopra lo spazio riservato al punteggio (“Note”) vanno utilizzate per eventuali
commenti riguardanti la prestazione del paziente al test in oggetto.
26
1. RIEVOCAZIONE DI PAROLE
Vengono proposte 3 prove di lettura e rievocazione di una lista di sostantivi
ad alta frequenza d’uso e ad alto contenuto immaginativo da apprendere
- Le dieci parole sono stampate su cartoncini
- L’esaminatore deve attenersi al criterio di una presentazione ogni 2
secondi. Se il paziente non risponde, l’esaminatore, dopo 2 secondi, deve
invitarlo a rispondere leggendo la parola e facendola ripetere dal paziente
- Al termine di ciascuna lettura, chiedere al paziente di tentare di
ricordare quante più parole gli è possibile.
- Se le intrusioni diventano continue o problematiche, il testi-sta deve
riorientare il paziente (“Sono queste le parole che ha letto?” “Non si preoccupi
dell’ordine in cui le dice”)
- Forme equivalenti di questa prova, con liste di parole diverse ma
approssimativamente equivalenti per frequenza d’uso e contenuto immaginativo,
dovrebbero essere utilizzate nel caso si intenda ritestare il paziente prima che
siano trascorsi 6 mesi dall’ultima sessione.
- Il punteggio è dato dal numero medio di parole non ricordate nelle 3 prove
(massimo = 10)
- Arrotondamenti: se il punteggio medio dovesse essere, ad esempio, 3.333,
segnare nell’apposito spazio in basso: 3.3. Se invece fosse, ad es, 4.666,
segnare: 4.7.
Note:
27
28
2. DENOMINAZIONE DI OGGETTI E DITA
- La prima domanda circa ciascun oggetto sarà: “Qual è il nome di
quest’oggetto?” oppure “Come si chiama quest’oggetto?”.
Se il paziente non risponde, l’esaminatore fornirà allora il suggerimento per
quell’oggetto riportato nella pagina successiva fra pa rentesi sotto il nome. Se il
paziente continua a non rispondere o dà una risposta errata, si passa all’oggetto
successivo.
- Non c’è un particolare ordine di presentazione degli oggetti.
- Per molti degli oggetti esiste più di una risposta corretta.
Una risposta diversa da quella fornita sulla scheda va contata come corretta
se è un nome che potrebbe essere usato da una persona non demente con un
bagaglio culturale simile a quello del pa ziente. Termini correnti, dialettali o
locali sono accettabili, e vengono considerati risposte corrette.
Esempi:quotidiano per giornale; organetto, organino o fisarmonica a bocca per
armonica.
- Descrizioni degli oggetti, parafasie semantiche o fonemiche vanno
considerate risposte errate.
- Gli oggetti e la loro frequenza di riconoscimento da parte di pazienti
Alzheimeriani sono:
alta frequenza:
Fiore (artificiale)
Giornale
Forbici
Pettine
bocca)
media frequenza:
Pipa
Portafogli(o)
Letto (giocattolo)
Fischietto
bassa frequenza:
Cacciavite
Timbro
Maschera
Armonica (a
Note:
29
30
3. ESECUZIONE DI COMAND I
- Questa prova si propone di valutare la capacità di comprensione del soggetto. Al
paziente verrà chiesto di eseguire dei comandi di difficoltà crescente.
- Ciascun comando sarà letto una volta. Se il paziente non risponde o commette un
errore, il testista ripeterà l’intero comando un’altra volta. Quindi passerà al comando
successivo.
- Se il paziente sbaglia a un qualsiasi passo del comando, l’intero comando è da
considerarsi scorretto.
Note:
31
32
4. PRASSIA COSTRUTTIVA
Questa prova valuta la capa cità del paziente di copiare forme geometriche di
difficoltà diversa: da un semplice cerchio all’assai complesso cubo.
Le figure, collocate centralmente nella parte superiore di un semplice foglio
di carta, vanno presentate al soggetto una alla volta.
Le istruzioni da dare al paziente sono: “Vede questa figura?
Tenti di disegnarne una uguale qui (indicare) sul foglio.”
Al paziente sono concessi due tentativi per ogni disegno così come di
cancellare in caso di necessità. Se il paziente non è in grado di ripr odurre il
disegno in due tentativi, il testista dovrà passare alla figura successiva.
Ciascun disegno va ritenuto corretto se il paziente ha riprodotto tutte le
caratteristiche geometriche essenziali dell’originale. Modificazioni delle
dimensioni non sono valutate come errori. Piccole soluzioni di continuità tra le
linee non stanno ad indicare un errore se la forma della figura è stata
riprodotta.
L’ordine di presentazione dei disegni e i criteri per l’assegnazione del
punteggio a ciascuna figura sono:
1° Cerchio: criterio per l’assegnazione del punteggio: una figura curva, chiusa.
2° Due rettangoli sovrapposti: criterio per l’assegnazione del punteggio: le
figure devono avere 4 lati e la sovrapposizione deve essere simile al modello.
Modificazioni delle dimensioni sono accettabili.
3° Rombo (“diamante”): criterio per l’assegnazione del punteggio:
la figura deve avere 4 lati, orientati in modo tale che “le punte” siano in alto e
in basso, con i lati approssimativamente di uguale lunghezza.
4° Cubo: criterio per l’assegnazione del punteggio: la figura è tridimensionale,
con la faccia anteriore orientata correttamente e le linee interne tracciate
correttamente tra gli angoli. I lati e le superfici opposte dovranno essere
approssimativamente paralleli.
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34
35
5. PRASSIA IDEATIVA
- Questa prova vuol valutare l’abilità del paziente ad eseguire una
sequenza complessa ma familiare di azioni.
- Al paziente viene consegnato un foglio di carta A4 ed una busta lunga. Se
il foglio viene piegato in 3 o 4 parti la risposta è corretta.
- La prova si compone di cinque parti, ciascuna delle quali è sottolineata (v.
istruzione nella pagina successiva).
- Se il paziente dimentica parte del compito o è in difficoltà, il testista
ripeterà quella parte delle istruzioni dimenticata o in cui il pa ziente è in
difficoltà. Ad esempio, se il paziente si ferma dopo aver piegato la lettera e
averla messa nella busta, il testista dovrà ricordare al soggetto il passo
successivo. “Ora incolli la busta.” Se il paziente non è in grado di eseguire
questo compito, si proseguirà ricordando il passo ulteriore “Ora indirizzi la
lettera a se stesso”.
Dopo la prima istruzione completa, potrà essere fornita soltanto una
ripetizione supplementare per ciascuna parte del comando. La scorretta
esecuzione di questo test dovrebbe riflettere soltanto un deficit nell’esecuzione
di un’azione consolidata e non una difficoltà di rievocazione.
- Qualsiasi indirizzo che metta in grado un postino di recapi tare la busta va
considerato come corretto anche se non dovesse corrispondere all’indirizzo
attuale del paziente. L’indirizzo deve contenere il nome, la via, il numero e la
città. Il codice di avviamento non è necessario.
Note:
36
37
6. ORIENTAMENTO
- Il testista rivolgerà al paziente una alla volta ciascuna delle domande
riportate nella pagina successiva.
- Prima di somministrare questa prova, accertarsi che non ci siano orologi,
sveglie o calendari in vista che possano aiutare il pa ziente.
- Risposte accettabili:
±1 giorno per la data;
±1 ora per l’ora;
nome parziale per il posto;
la stagione che sta per venire, se entro una settimana dal suo inizio;
la stagione che è passata, se entro 2 settimane dalla sua fine;
mese, anno, giorno della settimana e nome e cognome della persona devono
essere esatti.
Note:
38
39
7. RICONOSCIMENTO DI PAROLE
- In questo test vengono date al paziente tre prove per apprendere una lista
di 12 parole. La parte di apprendimento di ciascuna prova è simile alla
corrispettiva del test di rievocazione di pa role: al paziente viene richiesto di
leggere ad alta voce ciascuna pa rola e di cercare di ricordarla. In ciascuna delle
tre prove, le 12 pa role da ricordare saranno quindi mescolate a 12 parole nuove
approssimativamente della stessa frequenza d’uso e contenuto immaginativo
delle parole studiate e il paziente dovrà decidere se ciascuna parola era una di
quelle precedentemente lette oppure no.
- Forme equivalenti di questa prova, cioè liste di parole differenti ma
approssimativamente della stessa frequenza d’uso a contenuto immaginativo,
dovrebbero essere usate nel caso il paziente vada ritestato prima che siano
trascorsi sei mesi dall’ultima sessione.
Le parole utilizzate in questa prova non devono necessariamente essere
parole ad alta frequenza d’uso o forte contenuto immaginativo. Ciascuna lista
include infatti sia parole ad alta frequenza d’uso e forte contenuto immaginativo
sia parole a più bassa frequenza e più astratte.
- All’inizio della 1^ prova, il testista dà al paziente le seguenti istruzioni:
“Le mostrerò un elenco di parole. Le legga ad alta voce e cerchi di
ricordarle”.
Alcune delle parole di questo test potranno non essere familiari al
paziente e questi potrà avere difficoltà a leggerle. Se il pa ziente non è in grado
di leggere una parola, la leggerà il testista a voce alta. E’ comunque importante
che il paziente guardi ogni parola e tenti di leggerla.
Terminata la lettura delle parole, il testista dirà al paziente: “Ora le
mostrerò un altro elenco di parole. In questo elenco ci sono le parole che lei
ha appena letto insieme ad altre parole che invece compaiono per la prima
volta. Per ciascuna parola lei dovrà dirmi se l’aveva già letta prima o se è
una parola nuova”.
Quindi il testista mostrerà le prime parole e chiederà al paziente “Questa
parola è una di quelle che lei ha letto prima o è una parola nuova?”. La
stessa istruzione verrà data prima della seconda pa rola.
Per le restanti parole (cioè dalla 3^ alla 24^) il testista dirà “... e questa?”
40
- Se il paziente non ricorda il compito (cioè, ad esempio, legge la parola
invece di rispondere sì o no), il testista dovrà ripetere o riformulare l’intera
domanda e prendere nota, nell’apposito spazio sotto le liste (pagina 18), del fatto
di aver ricordato al paziente le istruzioni nuovamente. La seconda e la terza
prova sono simili, e il testista dovrà prendere nota del numero di volte che è
stato costretto a ricordare al paziente le istruzioni del test.
- Le correzioni spontanee vanno considerate come risposte corrette.
- Le colonne “SI” e “NO” della pagina precedente, si riferiscono alle risposte
(“sì” o “no”) del paziente. Va segnato “SI” se il pa ziente risponde “sì”, cioè che si
tratta di una parola “VECCHIA” vista in precedenza. Va segnato “NO” se il
paziente risponde “no”, cioè che si tratta di una pa rola “NUOVA” non vista in
precedenza. “SI” e “NO” non si riferiscono quindi a una risposta corretta o
scorretta.
- Per attribuire il punteggio a questo test si deve contare il numero di
risposte errate in ciascuna prova, fino ad un massimo però di 12 errori per ogni
prova. Poiché la probabilità di indovinare per caso una risposta corretta è di 0.5
per ciascuna parola, il numero medio di errori di una persona che tenti di
indovinare a caso sarà di 12. Così, una persona che non ricordi nessuna delle
parole lette commetterà una media di 12 errori per prova se ha semplicemente
tirato ad indovinare a ciascuna parola. Un punteggio superiore a 12 errori sarà
invece dovuto a fattori diversi dalla cattiva memoria quali un tirare ad
indovinare sfortunato.
Il punteggio totale equivale al numero medio di risposte SCORRETTE nelle 3
prove (massimo = 12). Per gli arrotondamenti, vedere Istruzioni del test di
rievocazione.
Note:
41
42
8. CAPACITA’ DI RICORDARE LE ISTRUZIONI DEL TEST
DI RICONOSCIMENTO DI PAROLE
Viene valutata la capacità del paziente di ricordare le istruzioni del test di
Riconoscimento di parole. In ogni prova del test di riconoscimento, prima della
presentazione delle prime due parole, si chiede al paziente: “Questa parola è
una di quelle che lei ha letto prima o è una parola nuova?”. Per la terza
parola si chiede: “… e questa?”. Se il paziente risponde in modo appropriato
(“SI” o “NO”) il ricordo delle istruzioni si considera accurato. Se il paziente non
risponde questo significa che le istruzioni sono state dimenticate e che vanno
quindi ripetute. La procedura utilizzata per la terza parola viene ripetuta per le
parole 4-24.
Ciascuna dimenticanza delle istruzioni va registrata a nella pa gina per la
raccolta delle risposte al test di Riconoscimento di parole nell’apposito
circoletto.
Note:
43
8.Capacità di ricordare le istruzioni del test di riconoscimento di parole
Sommare a pag. 19 il numero di volte che è stato necessario ripetere le istruzioni al
paziente (= numero circoletti crocettati) e riportare qui di seguito il totale:
Punteggio:
0
1
2
3
4
5
= non è necessaria alcuna ripetizione aggiuntiva
= molto lieve: dimentica una volta
= lieve: le istruzioni devono essere ripetute 2 volte
= medio: le istruzioni devono essere ripetute 3 o 4 volte
= medio-grave: le istruzioni devono essere ripetute 5 o 6 volte
= grave: le istruzioni devono essere ripetute 7 volte o più.
punteggio |_|
44
9. ABILITA’ VERBALE
- L’abilità nel linguaggio viene valutata nel corso del colloquio e durante i
test. Le domande che richiedono una risposta sì/no valutano la comprensione
ad un livello molto elementare. Altre domande richiedono specifiche
informazioni e una capacità di comunicazione ben sviluppata, commisurata alla
scolarità del paziente.
- Non vanno prese in considerazione, in questo item, la quantità di parole
prodotta e la difficoltà a trovare le parole.
- Va notato che i punteggi più alti (4-5) a questo item vanno riservati a quei
pazienti le cui capacità di esprimersi sono così deteriorate che raramente
riescono a comunicare senza difficoltà.
10. DIFFICOLTÀ A TROVARE LE PAROLE DESIDERATE
NEL LINGUAGGIO SPONTANEO
- Anche questo item, come il precedente, è una misura della capacità
espressiva del paziente. In questo caso viene stimata soltanto la difficoltà a
trovare le parole desiderate, mentre nell’item 9 la stima riguarda più
globalmente fino a che punto il paziente è in grado di comunicare verbalmente.
- La difficoltà di denominazione viene valutata nel corso dell’intervista e
durante i test. Non si dovrà invece prendere in considerazione le risposte al
test di Denominazione di oggetti e dita.
Note:
45
46
11. COMPRENSIONE DEL LINGUAGGIO PARLATO
-
- Per stimare questo item il testista dovrà prendere in considerazione la
capacità di comprensione mostrata dal paziente nel corso del colloquio di
apertura, della sessione testistica, e, se applicabile, della parte non-cognitiva.
Non vanno considerate le risposte al Test dei comandi nella valutazione di
questo item.
47
12. CONCENTRAZIONE/DISTRAIBILITÀ’
CONCENTRAZIONE/DISTRAIBILITÀ’
- La valutazione avviene sulla base dell’interazione durante la sessione
testistica.
Note:
__________________________________________________________________________________
48
49
50
51
52
CLINICIAN’S INTERVIEW
BASED
IMPRESSION OF CHANGE
(CIBIC-PLUS)
GUIDELINES
Dott. Ugo Lucca
Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”
Dott. Bruno P. Imbimbo
Mediolanum Farmaceutici
Queste interviste dovrebbero valutare in modo sistematico tutti gli aspetti
normalmente presi in considerazione durante un esame clinico globale di un
paziente demente. La CIBIC-Plus vuole essere un mezzo per accertare, in modo
affidabile, un cambiamento globale rispetto alla baseline. Essa fornisce al clinico
una traccia semistrutturata che gli permette di raccogliere, sia dal paziente sia dal
caregiver, le informazioni necessarie per formulare un’impressione globale di
cambiamento clinico.
CLINICIAN’S INTERVIEW BASED
IMPRESSION OF CHANGE
CIBIC PLUS
SCALA PER LA VALUTAZIONE GLOBALE DELL’ANDAMENTO
DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER
Tempo di esecuzione:
°
N items:
Punteggio:
Aree esplorate:
1-2 ore
15
da 1 = notevolmente migliorato
a 7 = notevolmente peggiorato
— stato generale
— funzione cognitiva
— comportamento
— attività quotidiana
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La prima valutazione viene effettuata durante la visita di Baseline annotando le
informazioni ottenute prima dal paziente e poi dal caregiver. Questa valutazione
basale servirà come riferimento per i giudizi (ratings) che verranno formulati ai
follow-up successivi.
Una scheda simile a quella della baseline sarà utilizzata alla 6^, 12^, 24^, 36^
settimana per registrare le informazioni ottenute separatamente, prima dal paziente
e poi dal caregiver, sulla cui base verrà quindi attribuito un punteggio
all’impressione di cambiamento.
Alla 6^, l2^, 24^ e 36^ settimana infine, il clinico farà uso di una scheda
consuntiva di valutazione. Questo modulo sarà utilizzato dal clinico per
quantificare, secondo il proprio giudizio, l’ampiezza del cambiamento osservato
rispetto all’intervista iniziale (baseline).
METODO DI SOMMINISTRAZIONE
Valutazione alla baseline Alla baseline, il clinico intervista prima il paziente e
successivamente il caregiver, registrando, nella sezione apposita del modulo, le
annotazioni relative alle condizioni del paziente alla baseline. Prima dell’intervista
iniziale (baseline), il clinico che deve effettuare la CIBIC-Plus dovrebbe avere
acquisito familiarità con tutte le fonti di informazione disponibili sul paziente, fra
cui: la storia medica, i risultati dell’esame fisico, i test specialistici e di laboratorio
così come i risultati e le relazioni delle interviste a famigliari, caregivers e altri, e i
risultati dei test psicometrici. In breve, prima dell’intervista iniziale, il clinico non
ha restrizioni di sorta.
Dopo l’intervista iniziale invece, il clinico cui è affidata la CIBIC-Plus non deve
consultare nè queste nè altre fonti di informazione. Il clinico deve indicare, in un
apposito spazio della scheda, le fonti di informazione utilizzate durante la
valutazione alla baseline.
I moduli per le visite di baseline e di follow-up sono strutturati secondo uno
schema simile di registrazione delle informazioni cliniche rilevanti.
La colonna intitolata “AREA” identifica le diverse aree che devono essere prese
in considerazione nella valutazione degli eventuali cambiamenti clinici intervenuti
in un paziente. Queste aree sono quelle che di solito vengono valutate in
un’ordinaria, breve intervista comprensiva, per determinare le condizioni alla
baseline e l’eleggibilità di un paziente a una sperimentazione clinica.
La colonna “ASPETTI DA INDAGARE” fornisce dei riferimenti che possono
risultare utili al clinico per valutare un’area e si devono intendere come guide per
la raccolta di informazioni rilevanti. L’ultima colonna “NOTE” fornisce spazio per le
annotazioni del clinico.
Moduli per le visite di follow-up. Durante questo studio le interviste devono
essere condotte alla 6^, 12^, 24^ e 36^ settimana. In tutti i casi il paziente dovrà
essere intervistato prima del caregiver. Dopo aver completato le interviste del
paziente e del caregiver usando la scheda semistrutturata fornita, il clinico registra
nella scheda consuntiva di valutazione l’impressione di cambiamento clinico su
una scala a 7 punti (da miglioramento marcato a marcato peggioramento). La
CIBIC-Plus una valutazione di cambiamento e non di gravità. E’ importante che il
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clinico da solo prenda le decisioni circa il cambiamento, senza consultare il
restante personale coinvolto nello studio. Il clinico inoltre, deve evitare di chiedere
le opinioni degli intervistati che potrebbero influenzare la sua valutazione come ad
esempio opinioni riguardanti cambiamenti dei sintomi o effetti collaterali. A questo
proposito, all’inizio dell’intervista, il clinico pregherà il caregiver di astenersi dal
fornire queste informazioni.
In questa scheda di valutazione, al clinico viene richiesto anche di indicare se
abbiano pesato di più, sul proprio giudizio (rating) le informazioni raccolte durante
il colloquio col paziente o quelle derivanti dall’intervista del caregiver, ponendo un
tratto segno su una linea orizzontale.
Per le visite di follow-up, il tempo medio impiegato da cimici esperti nell’utilizzo
della CIBIC-Plus è di almeno 20 minuti per ciascuna delle due interviste (paziente e
caregiver).
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Associazione Italiana Malattia di Alzheimer (AIMA)
viale Gorizia 22, 20144 Milano, tel. (02) 89406254.
Associazione Malattie di Alzheimer
via Marino 7, 20121 Milano, tel. (02) 879850.
Alzheimer Bergamo
via Maffioli 21, 24020 Scanzorosciate (BG),
tel. (035) 599787.
Alzheimer Pisa
via Gentileschi 6, 56023 Pisa
Tel. (050) 560036.
Alzheimer Iblea
via Copernico 8, 97013 Comiso (RG)
Tel. (0932) 964094.
Alzheimer Rimini
via Covignano 95, 47037 Rimini,
tel. (054) 790134.
Alzheimer Liguria
via Fabrizi 12/17, 16148 Genova Quarto,
tel. (010) 332936, fax (010) 335473.
Alzheimer Udine
Ospedale della Misericordia, Servizio sociale
33100 Udine
tel. (0432) 552223/4, fax (0432) 5520079.
Alzheimer Piacenza
via 10 giugno 20, CP 177, 29100 Piacenza,
tel. (0523) 384420, fax (0523) 338470.
Alzheimer Veneto Orientale
via Garibaldi 119, 30027 S Donà di Piave(VE)
tel. E fax (0421) 54466.
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