Imp. Preghiera metropolitana
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Imp. Preghiera metropolitana
Via Herákleia Forme della poesia contemporanea Collana ideata da Ida Travi e Flavio Ermini 35 a cura di Flavio Ermini Elisabeth Jankowski Preghiera metropolitana Poesie Prefazione di Annarosa Buttarelli Immagine di Mutsuo Hirano Cierre Grafica Progettazione e cura grafica Raffaele Curiel 2008 © Via Herákleia – Cierre Grafica via Zambelli 15 – 37121 Verona, Italia [email protected] www.anteremedizioni.it Annarosa Buttarelli COSÌ SIA La scrittura poetica di Elisabeth Jankowski non teme la pagina bianca, anzi straborda di parole e altre ne apparirebbero, lo si avverte benissimo. Si accampa al centro della pagina, ha i margini destro e sinistro liberi, e non c’è segno poetico più efficace dello “strabordare” quando il contatto con la realtà è così denso di godimento e di riconoscenza. Noi che abbiamo la fortuna di frequentarla, sappiamo bene che la grazia fa visita alla sua persona, ma ora, leggendo questo libro, possiamo costatare che la grazia visita anche il suo modo di stare in relazione con il mondo, poiché, nel bene e nel male, lei non chiude mai gli occhi, non ha timore nemmeno dei diversi dolori che si manifestano. Eppure gli occhi dell’amica e poeta vedono un mondo abitato da gente fuori posto che incontra altra gente fuori posto, che è costretta a usare oggetti incongruenti, gente che si esprime con “lingue sconosciute” anche a sé, non di rado. Gli occhi di Elisabeth Jankowski ci restituiscono sulle pagine un mondo largamente post-umano, dove nulla trova più la sua dimora e il suo senso, dove il pullulare di eventi è colto in un affastellarsi di tableaux vivants, dove l’incalzare del gesto sorprendente fissato in un fermo-immagine fa pensare a un lungo esercizio di meditazione sull’“inquietante estraneità”. Questo sintagma traduce abbastanza bene le esperienze perturbanti – l’Unheimlich di Freud – che capitano nel mondo delle poesie raccolte in queste pagine. Tuttavia, lo sguardo di Elisabeth Jankowski è calmo, verrebbe da dire che è in contemplazione di un “caos calmo”, per rubare l’espressione a una buona intuizione dello scrittore Sandro Veronesi. Infatti, gli occhi scorgono qua e là, con desiderio, qualcosa dell’umano che non è ancora perduto, che anzi può salvarlo sempre di nuovo. La poeta, in realtà anche studiosa della lingua e di quella materna in particolare, non teme la Babele delle lingue sconosciute che invadono il nostro mondo, cambiato in tutti i punti cardinali dalle migrazioni che lo percorrono. Babele è propriamente la cifra di questo nuovo mondo, ma il fatto che la scrittura di Elisabeth non tema Babele e non ne faccia un destino tragico e biblicamente primitivo, le permette di scorgere nella lingua e nei linguaggi il luogo in cui avviene la ricreazione continua della realtà comune, la speranza della rinascita continua, la riconquista di un’apparenza armonica. Forse, è proprio quest’ultima la cifra dell’umano che Elisabeth vorrebbe restituire al mondo squassato dalle incongruenze: l’armonia; e non c’è modo migliore che farlo attraverso l’accettazione di Babele e la ricerca, al suo interno, dei miracoli della parola. 5 Del resto, la stessa poeta ha lavorato per armonizzare la sua amata lingua materna, il tedesco, con la lingua dell’accoglienza, l’italiano. Nelle sue poesie, rende continuamente omaggio a questo transitare da una lingua all’altra, scolpendo varie “pietà”: donne accosciate che allattano in luoghi improbabili e dalle quali sembrano sgorgare le filastrocche babeliche che sono le poesie di Elisabeth Jankowski. La donna che allatta e che insegna le mille lingue a suo figlio, a sua figlia, è una nuova immagine della “Pietà” insieme a quelle di ogni altra donna che “voleva andar via prima di essere morta”, come recita un verso che troveremo in queste pagine. Anche questa è una cifra del poetare di Elisabeth, forse è lei stessa: bisogna andare via, spostarsi, viaggiare, muoversi per non morire delle malattie dell’identità. La donna che “va via” è sorella della donna che allatta, punto fermo a Babele. Amore per la lingua materna che nutre amore per la capacità femminile di “andare via”, di stare a proprio agio nella mancanza di identità da difendere, sono l’offerta più importante che Elisabeth Jankowski ci porge attraverso la sua ricerca poetica. Una ricerca poetica che ha nelle sue intenzioni pietose quella di offrire cibo per i sensi, per la sensibilità acuita dallo sguardo sul dettaglio, dalle numerose elencazioni di cibi e di loro ingredienti. Una poesia nutriente e decisa ad accettare la sfida della Babele contemporanea. È per questo che Elisabeth può permettersi di chiudere quasi tutte le sue composizioni con un inaspettato Amen, un “così sia” che la dice lunga sulla sua accettazione della realtà e sull’evidente posizione di officiante del rito, una posizione che la poeta ha voluto occupare scrivendo. Nel mondo da lei rappresentato non c’è altra posizione, se si vuole scrivere, non c’è altra fiducia, e da questa posizione possiamo dire che ha ben imparato a benedire tutto e tutti, a dirci “cercate di andare in pace”. 6 cacciata dal paradiso con le mani sul viso corsero giù la strada la cacciata dal paradiso era appena iniziata la trasformazione del reale in un remoto angolo della vita doloroso sgomento sulle dita gli anelli a testimoniare il legame quasi già abbandonato già ricordo e passato rinchiuso nelle parole occupava uno spazio trascurabile leggero come una piuma le gambe pesanti ferme come un tronco fossero radici antiche per abbeverarsi in quella terra nelle sussurrate parole poi quella definitiva la partenza all’alba con le valigie in mano le lacrime asciugate zia maria ci protegga e poi la strada l’arrivo nel deserto cittadino esteso da un capo all’altro con qualche vetrina la televisione e la macchina di vidimazione gente in fila davanti a uno schermo con le mani giunte la coca cola in mano fino alla mattina gli occhi abbassati mancanza di saluto strane usanze vecchi confinati in cantina lavati velocemente la mattina nutriti di pastiglie di pane vecchio una settimana una chiamata al telefono ogni tanto un bottone telecomandato 7 per le urgenze un bacio solo a natale nelle strade due ragazzi in corsa verso cosa poi l’incendio della mente le gambe da amputare la mamma piange inutilmente ha perso l’autorità quel giorno del silenzio di fronte alla violenza del padre il paradiso è passato o è presente forse arriverà domani stava in quella capanna esposta al vento col tetto di lamiera nel respiro lento adagiato sul seno della madre o in una birra fresca sul banco dell’osteria aprendo la valigia impolverata sistemata in un angolo del ricovero di fortuna trovò ancora intatto tutto il proprio passato il sangue scorreva come prima il fuoco era acceso la madre pronunciava le parole di sempre portava un vestito consumato spingeva la figlia all’uscita non voleva che restasse desiderava per lei un’altra vita poi un messaggio cifrato annunciato da un bip allegro arrivato ieri sera all’ora di cena nel quale si leggeva “ti prometto il paradiso” now ora Amen 8 café canossa i giornali parlano di piogge estese le sedie rovesciate chinano il capo gli ombrelloni bagnati annunciano la fine di stagione la cameriera sulla porta scruta il cielo apparecchia dentro le vetrate aprono sulla piazza chiusa da una piccola chiesa turisti con scarpe bagnate e magliette troppo leggere entrano per asciugarsi i capelli e per bere sulla piazza è teso un filo da una torretta a un campanile vi camminano persone buone che rischiano continuamente di cadere nel vuoto due uomini vestiti con la sola cravatta siedono con un bicchiere di vino e parlano del bene e del male e della filosofia del calcio una ragazza nera chiede una ciotola di riso si siede per terra allatta suo figlio e attende la divina provvidenza al tavolo centrale un uomo obeso legge un articolo “come perdere peso” mangia con due forchette e con entrambe le mani in un angolo siede una signora che non ricorda dove sta di casa scrive riga dopo riga senza alzare lo sguardo chiama il cameriere con il nome del marito “oggi cresce l’erba sui rami il sapore delle ciliegie riscalda la mano” 9 la signora magra benestante davanti a un’insalata salutare manda assegni pesanti al villaggio africano il marito altrettanto attivo vende armi al paese vicino quando lui sarà morto di coma televisivo lei potrà sposare uno straniero in cerca di permesso regolare zia maria prega per entrambi salita in cielo a 94 anni non ha mai fatto la guerra né mangiato cose strane né girato il mondo non era mai uscita di casa alla fine anche lei è dovuta partire per andare in terre lontane Amen 10 città d’acqua nella città d’acqua le barche sono scese sul fondo del mare il letto del canale secco il vaporetto fermo al molo colombe volano angosciate avanti e in cerchio fiumi di immagini scorrono su uno schermo gigante attorno alla cattedrale è stretta una cintura di sicurezza la messa è in corso nessuno entra sull’altare sacrificano un essere vivente il simbolo è diventato inutile pende metallico dalla parete scorrono fiumi di sangue il sacerdote intinge la mano fa il segno della croce con il liquido sacrificale uomini e donne fedeli alle loro paure si sono rinchiusi in casa la piazza trasborda nei vicoli scende le scale la luce scivola verso un colore rosso passionale sulle panchine dei giardini dorme un marocchino avvolto nelle pagine di un giornale locale una vecchia con due sacchetti di plastica si fa il segno della pace un’altra volta, un’altra volta poi sbaglia e tocca il petto di un africano davanti al palazzo reale guardie del corpo giocano a carte il re dorme imbottito di tranquillanti il principe azzurro con scopa e straccio in mano pulisce le scale dalle quali salgono e scendono gatti senza stivali 11 le televisioni nel bar sport trasmettono solo partite di calcio un professore universitario fa il tifo per una squadra locale strappa le pagine del suo ultimo libro per farne piccoli aerei da lanciare al tavolo centrale nell’ingresso una carrozzina senza l’ombra di un bambino attende un ladro che la porti via la donna col rossetto viola fuma una sigaretta dopo l’altra deve fare l’inseminazione artificiale prima che sia troppo tardi oggi non si cucina i panini sotto vuoto sono commestibili anche se non pare un cuoco magro racconta dei tempi lontani quando si mangiava a tavola seduti davanti a un piatto caldo e… la mamma faceva i bambini il selciato trema l’ulivo dell’arredamento urbano vacilla per un istante dann ist alles wieder still il metrò è passato tutto torna come prima dal vicolo buio avanzano due donne anziane non portano borse solo grandi occhiali non parlano una regge l’altra muovono a fatica le gambe si fermano al centro della piazza e scrutano il cielo steso verso il mare poi si baciano, si abbracciano la vecchia cade a terra e muore sotto gli occhi della badante che resta disoccupata nei piani alti due coniugi preparano il letto sulla terrazza la camera matrimoniale resta vuota per paura di incubi sempre uguali parole di carta volano leggere 12 senza sostanza inquinano l’aria nessuno se ne occupa forse cercano senso bambini e bambine impiccati penzolano da un albero antico che si rifiuta di fiorire soldatini di piombo escono dalle vetrine entrano nei videogiochi si fanno mandare nelle guerre vere Amen 13 della scomparsa improvvisamente la vita le sembrava scorrere più lenta una mano piena di ciliegie la madre liberata da fantasmi d’obbedienza un ragazzo che piangeva lungo il fiume gente colorata passeggiava fino a tardi la sera le lingue liberate dall’incubo babelico si parlavano a vicenda accompagnate da onde benevoli non sempre risvegliano l’antico modo di comprendere e di amare le chiese erano affollate di gente qualcuno pregava una turista baciava la tela restaurata di recente un prete ortodosso distribuiva pane dolce come il miele una madre insegnava ai figli delle preghiere un gruppo di uomini e donne cantava testi d’amore non solo divino una sposa teneva un comizio sul ruolo maschile durante il pasto della sera tre vecchie si erano radunate attorno a una Madonna musulmana coperte di rose appena sbocciate profumanti intensamente dicevano assieme il rosario per il mese di primavera sulla fontana battesimale si librava lo spirito santo in forma trasparente i neonati lo riconoscevano rivolgevano a lui il pianto una donna argentina sulla piazza chiese un tango per tornare indietro nel tempo ma già alle prime note diventò malinconica quanti anni sono passati dal passo impaziente di quell’uomo bello perso di vista poi per sempre un mondo nuovo non le venne in mente 14 solo alcune canzoni il nome di un amico amica il piacere di bagnare i piedi nella corrente di un lago silenzioso suo figlio con le manine da neonato profumo di lavanda una tazza vuota poi piena e ancora vuota quando si versa il tempo Amen 15 figure di marmo parlano da tempo ma non si vedono in fondo al secolo siedono due figure di marmo vicino al viale qualcuno dice che sono morti ancora vent’anni fa ma parlano da sempre parleranno ancora poi le risate e i canti di quella giornata e di altre quando per un motivo insondabile erano leggeri come una piuma fino a sera i pianti e le offese si sono conservati intatti come se fosse ieri parola per parola giacciono in fondo all’anima risalgono in superficie ogni tanto per ferire non sempre alle volte per consolare il vestito della domenica le smagliature nelle calze la giacca troppo leggera a Pasqua fa ancora fresco l’amica della casa vicina va già in bicicletta si sbuccia il ginocchio quando cade giù dalla scarpata suore preghiere candele e canti figure enigmatiche dolci della festa il sangue che torna a fluire una vita spesa in cucina e nella testa immagini di libertà l’arcangelo è appena partito dal mondo boreale non si crede possibile che arrivi prima del giudizio universale salteremo un pasto e poi anche un altro lasceremo il giudizio sospeso fino al tempo dei tempi Amen 16 l’annunciazione il giorno dell’annunciazione la bibliotecaria con le belle mani allungate seduta vicino alla finestra spalancata gira delicatamente con il mignolo alzato le pagine di un libro impolverato senza accorgersi di niente non avrebbe mai acconsentito di fare la madre del figlio avrebbe evitato di stare vicino alla finestra in quella posizione di attesa con il libro aperto in mano avrebbe risposto no “mi dispiace” avere un figlio e neanche averlo deciso per fare un piacere a un altro collocato nelle alte sfere che non si rivela non può essere il mio desiderio un vento improvviso scompiglia le pagine la bibliotecaria perde la concentrazione sentendosi stanca senza ragione china il capo e l’adagia sulla pagina del libro che regge in mano perché doveva leggere libri scritti da un altro voltare pagine su pagine senza sentirsi nominata tenere in ordine quel cosmo di codici catalogati dall’alfa alla zeta libri censurati, acconsentiti, canonici catastrofici canonizzati impolverati cominciò a strappare le pagine lentamente una dopo l’altra mentre la bidella senza meravigliarsi di niente scoppiò in una risata sofisticata da far vacillare l’edificio dalla cantina alla torre di guardia poi accese un aspirapolvere fabbricato secondo il design più recente con rombo potente e interno trasparente aspirò i pezzettini caduti a terra e tutta la scienza fra le righe infilata la bibliotecaria continuò a lavorare strappando antichi codici 17 riviste di filosofia dizionari enciclopedie senza interruzione fino a un momento quasi di pazzia per togliersi il sudore si accostò brevemente alla finestra e per respirare ma proprio in quell’istante arrivò l’arcangelo Gabriele naturalmente in versione contemporanea con tuta spaziale esternamente d’argento la chiamò con un gesto della mano chiuse le ali spiegate le si rivolse per parlare di quella cosa… del bambino da portare a compimento e di quella decisione presa in alto per farla partorire spiegò anche le ragioni sociologiche la mancanza di bambini la società sempre più anziana la maternità in forte calo le ragazze da educare seguendo l’autorità della madre una maggiore gioia di procreare la bibliotecaria corse giù dalle scale per spavento saltò alcuni gradini senza torcersi niente ma con il fiato sospeso si nascose in un angolo della cantina dove la bidella la coprì con una coperta di lana tremava come una foglia viso pallido e mani sudate “non voglio bambini” disse sotto voce voglio fare figlie di carta e scrisse il suo primo romanzo lavoro doloroso come un parto Amen 18 l’armatura lo sguardo si alza i piedi prendono posizione le mani escono da un antico riserbo il peso insopportabile si libera in improvvisa leggerezza lei scaglia la prima parola circoscrive il terreno apre un fossato tutt’attorno lontano nel campo di margherite gialle un antico contadino e una profeta straniera seminano qualcosa a piene mani attendono la pioggia salvifica il calore che porti crescita un segno dal cielo i due contendenti aprono le armature escono capelli ricci e seno un uomo e una donna comandati da grandi cellulari da generali di gesso e di carta ostilità immaginarie fra l’uno e l’altra spezzano il pane mangiano con le mani sporche di sangue versano dalla brocca blu un sorso d’acqua siedono sull’erba calpestata da carri armati si sfiorano le labbra la battaglia si è trasformata in sacro rito ora si toccano abbracciami, baciami non aspettare Amen 19 l’esodo l’esodo fu lento dalla città antica altoparlanti pericolo imminente misure urgenti abbandono della propria casa inevitabile partenza diritto e ordine da rispettare prima le famiglie antiche con servitù al seguito carrozze d’argento tirate da cavalli di razza simboli di potere e di fama caricati all’ultimo momento il corteo avanzava lentamente una donna con pellicce di ogni animale capelli ricci castani incorniciavano il suo viso la bocca amara sulle dita anelli preziosi del suo corredo un frustino di cuoio elegante uomini al suo fianco amanti padroni mariti un esercito di impiegati ragionieri sulle spalle sacchi pieni oggetti di valore monete il calice rituale dorato i ponti ancora aperti nuvole e vento pericolo di gelo il cibo razionato un megaschermo con immagini di eterna primavera un carro con figure sacrali madonne, angeli, apostoli, profeti estasi mistiche per uomini d’animo mite una bambina con in braccio un agnello ancora vivo una donna bellissima con sette figlie incede regale la chioma bionda copre le sue spalle scende fino alle caviglie il petto stretto da un nastro ricamato sarà regina, sarà angelo attende le chiavi del regno dei cieli non riconosce altra autorità che quella di sua madre non teme il fuoco, l’acqua e l’aria tre anziani magri canuti la memoria rivolta al passato avanzano vacillanti 20 dietro una carrozzina di neonato uno gli tiene la mano l’altro gli accarezza le giovani guance il terzo gli canta la ninnananna di un mondo ormai scomparso anche loro desiderano un figlio forse una figlia la pelle color albicocca e pesca e riccioli dorati schiere di donne e uomini transitano verso l’altra riva qualcuno chiama Amen 21 l’ora della laurea la studentessa si china allaccia le scarpe il docente parla di “essere nel tempo” lei si soffia il naso il logos in quel momento diventa visibile comincia a parlare nessuno lo sente qualcuno lo vede volare poi si sente suonare forse una campanella forse le trombe del giudizio universale forse la fisarmonica di un emigrante analfabeti e bisognosi cantano con vocina tremolante tendono la mano mendicante a porte chiuse si parla meglio nella sala accanto è in corso una gara di bellezza tra professori universitari la stampa è presente ma non ha il permesso di scattare alla prova di laurea della studentessa attempata sono allegri solo gli invitati lo zio con lo swatch sbircia dietro le rughe le bellissime ragazze impegnate la cugina, l’amica del cuore la mamma con la corona d’alloro sorride, sorride, infinitamente sorride la figlia è nata parla sa pensare ora imparerà a guadagnare e scatta la prima foto digitale una donna anziana con i capelli bianchi studia assiduamente fino a sera la biblioteca è semivuota gli studenti fuoricorso mandano messaggi ai compagni lontani mentre lei scrive la sua decima tesi sull’uso del congiuntivo congiunto in filosofia 22 la ragazza grassa con il dizionario in mano parla otto lingue e conosce migliaia di parole ma non sa a chi rivolgersi nei momenti di urgente bisogno di comunicazione in un angolo buio del vano scale siede un frate con tonaca monacale copia assiduamente senza alzare la testa codici antichi di lingue sacrali non mangia, non beve, non ama scrive parole in estasi medievale la bidella grida disperata ha trovato nella spazzatura accanto a pagine preziose strappate dal libro sacro dell’amministrazione un panino mezzo mangiato quando passano le autorità accademiche fa un inchino e poi ne fa un altro ma loro non sopportano i gesti di sottomissione della gente che sa di non contare una ragazza rumena si fa interrogare due volte ha studiato tutto anche le pagine mancanti erano affascinanti, bellissime purtroppo poche la felicità sta nelle parole da mandare alla memoria per uso quotidiano e non solo da una scala di vetro scendono filosofe di sesso femminile predicano la differenza fra donne che amano la madre e quelle che fanno un figlio - pardon una figlia con o senza marito la comunità di Diotima è riunita in preghiera nessuno osa disturbare a ore si attende la soluzione dell’enigma mondiale poi si apre la porta solo da una piccola fessura qualcuno afferma 23 di aver sentito sussurrare ma non ha inteso il significato poi di nuovo chiusura appare in alto una scrittura luminosa con sole tre parole “la differenza resta in vigore” qualcuno ha visto lì dentro una filosofa con i guanti da pugile intenta ad abbattere concetti teorici strani inneggia al pensiero pratico delle viscere e della mente bacia il diario bruciato di una donna medievale nell’ora mistica della sera gli uomini tremano si strappano la barba ormai sono nudi le camicie tutte da stirare sono magri mangiano pastasciutta col pomodoro con una fame ancestrale non hanno figli maschi nessuno vuole ereditare il mondo ridotto a discarica solo qualche ragazza insolente si dichiara loro figlia naturale sul tetto siede uno strano animale dice di essere giudice di avere la firma unica valida per promuovere o per bocciare da quando esiste l’alma mater tutti sono uguali su questa terra la legge è unica e patriarcale non conosce eccezioni sconfina l’amore in un libretto smilzo e abbastanza compromettente da esercitare a pagamento poi si sente gridare da dentro e singhiozzare, una professoressa ha rovesciato una sedia spaccato il vetro strappato i certificati e inveisce contro il giudice che ha osato parlare di patriarcato arrabbiata furiosa sale sulla cattedra e fonda un nuovo ordine nel regno del simbolico 24 e del reale “all’inizio era la donna curiosa e insolente, cosciente di ciò che il padre eterno stava per fare, la prima scienziata al mondo inventrice della parola la parola della lingua sua madre che ti penetra nell’anima senza libertà, senza coscienza che ti serve per vivere e talvolta per filosofare” si legge sulla prima pagina della costituzione matriarcale Amen 25 la bidella la bidella prepara la tisana il professore saluta gentilmente chiede la benedizione della mente un aumento della temperatura d’ambiente un vortice di pensiero un mondo luminoso di spiritualità permanente Kafka sta leggendo in biblioteca si diverte con le suonerie dei cellulari sente le onde radiofoniche nell’aria tossisce ogni tanto scrive ancora a mano tante lettere e qualche romanzo da pubblicare in futuro sogna un testo incompiuto dai libri escono figure familiari invadono lo spazio della città in cerca di cose immateriali tracce dei loro pensieri una società cambiata una eredità spirituale realizzata oggi vanno più i giocattoli telecomandati la richiesta è calata non si vendono più la commessa scuote la testa neanche e-bay li mette sul mercato l’intervallo fra una lezione e l’altra si rivela un momento cruciale come stormi d’uccelli gli studenti escono dall’aula magna riaccendono il cellulare hanno fame e sete di qualcosa che non circola nella sala l’ombelico nudo delle ragazze spaventa il professore che accende il suo palmare la ragazza velata promette una nuova edizione del corano e srotola un foglio con lettere sacre da adorare la mensa non è lontana le cameriere fanno un’inchiesta di mercato sarà aperta giorno e notte ed anche a Natale per evitare la solitudine degli studiosi 26 e la disoccupazione del personale la pasta asciutta è garantita a tutti i cittadini con regolare permesso di soggiorno e anche un bicchiere di vino ma solo ai cristiani la bibliotecaria uscita dal mondo degli scaffali distribuisce gratuitamente copie del suo primo libro in edizione economica racconta storie davvero vissute sembra più matura ha un sorriso solare dopo una breve vacanza sull’Oceano indiano ha adottato una bambina per essere meno sola avere a cui raccontare tutte le storie anche quelle di una volta poi torna al suo portatile patinato satinato e digita l’inizio del secondo romanzo fiction in piena regola una protagonista veramente eccezionale una professoressa strana che ama il suo lavoro crede nelle parole che cambiano la vita talvolta dimentica di mangiare ma i suoi cracker di alto quoziente intellettuale fanno finta di niente si avvicinano senza sbriciolare e lei li mangia per pura compassione una studentessa sotto esame non risponde mette la mano sul cuore la commissione attende ma lei non vuole parlare la filosofia per lei è una questione sentimentale non può rivelare il suo segreto l’attesa è invana e la bidella chiude la sessione Amen 27 la casa vuota la porta aperta spoglia la soglia abbandonata uccellini entrano ed escono fanno il nido vetri rotti lo sposo a letto legge l’ennesimo libro con la televisione accesa formiche incrociano incontestato in cerca di resti di marmellata il frigo è spento le valige davanti alla casa formano una fila interminabile ma nessuno parte fuori in giardino gioca il bambino con il gatto non deve sapere niente lei siede per terra vicino alla porta in posizione fetale da quando non ricorda voleva andare via prima di essere morta ma non è riuscita a muovere una mano mancano pochi metri all’uscita con gli occhi abbassati percorre nella mente quei pochi passi avanti e indietro aveva il desiderio di impastare ancora una volta farina, burro ed acqua per fare la pace ma la bilancia si è rotta sotto il peso della verità e il forno si è incendiato la dea dell’amore pianse lacrime amare ma lei chiuse la porta per aprirla su un altro piano forse inclinato dove cresceva l’erba verde verdissima verdissimamente Amen 28 la poeta la poeta con le mani da contadina chiude gli occhi e apre la finestra ascolta il mondo scrive su fogli d’oro nell’ora della luce apre la mente e il cuore è in balìa delle voci ascolta chi parla cancella frasi vuote segue assonanze disseppellisce ciò che resta soffocato derive fantastiche e dolorose potenti allusioni la tazza vuota su un tavolo la testa nella serratura cura impasta uova e farina nutre future immagini da abitare ora si dedica al ricamo nella parola può esserci pace amore da vivere forse già domani la sua casa poggia su una sfera ora è stabile ora dondola col vento forte e col temporale si libra nello spazio impercettibile movimento dell’anima mai sereno sempre sospeso verdissimamente sferico i suoi figli hanno fame bevono il suo latte e le parole la seguono e non chiedono già la portano dentro fino alla fine del tempo anche se lei un giorno si arrenderà Amen 29 la sposa con i capelli bianchi la sposa con i capelli bianchi profuma di magnolia e di gelsomino i pesci la rincorrono sul fondo del mare cervi silenziosi la attendono sulla soglia del bosco le api estraggono nettare dal suo mite cuore il cane al suo fianco le lecca la mano le sue trecce toccano il suolo radicano in terra corteccia di un albero crosta calda del pane una foglia una pagina del suo diario da scrivere con la vita si toglie le scarpe per camminare nuda piega un ramo ma non spezza mosche e moscerini fanno corona non pungono ronzano in cerchio parlano un’altra lingua l’accompagnano non invadono comprendono senza Amen 30 la sposa il giorno delle nozze si trovava improvvisamente sull’altare senza documenti con la valigia in mano i capelli da sistemare pagine del suo diario da completare fiori gigli bianchi raccolti all’ultimo momento il viso illuminato da un raggio autunnale il rospo al suo fianco sembrava metterla in guardia ma lei firmò la sentenza senza pronunciare parola scarpe di ferro e un velo bianco le furono consegnate da un sacerdote straniero la sua nuova dimora era un paese con molti confini muri alti e viti che vi si arrampicavano in qualche punto filo spinato il fuoco ardeva giorno e notte nel focolaio da tener acceso con cura scintille allegre talvolta brucianti piccole mani di bambina illuminate da fiamme rosso-arancio pozzi torrenti pesci salterellanti sorgenti con calde acque termali in un angolo sedeva una fata raccontava storie poco convincenti di latte verde e neve color porpora in un altro angolo nascosto un rospo color fogliame un tempo principe doveva aver commesso un errore grave comunque non ammette la trasformazione è sospesa rinviata a tempo indeterminato perché la fanciulla non gioca più con la palla d’oro sul fuoco pentole padelle casseruole nella credenza piatti ciotole zuppiere 31 accatastati senza un preciso ordine bicchieri, vassoi, vasi, alambicchi di ogni misura forchette coltelli cucchiai d’argento nei cassetti erbe e antiche leggende nelle ceste piene radicchi lattuga erba amara filastrocche e canzoni il bouquet di preziosi vini e liquori memorie sottili galleggiano nell’aria “partorirai con doglie figlie e figli nel dolore verso tuo marito ti spingerà la passione ma egli vorrà dominare su di te” sul muro una bacchetta magica per trasformare il giorno in tempo sereno il coltello taglia piccole ferite e fette di pane la sposa alza la mano i chierichetti chinano il capo le campanelle suonano il mestolo dispensa nutrimento divino e formaggio parmigiano nessuno parla lei spezza il pane il pasto è caldo aperta la casa sulla soglia cresce l’erba illuminata da un sole pensieroso progetti freschi cuociono nel forno l’aria è satura odora di buono di mele cotte cannella e calore poi un giorno senza gioia si istalla già dalla mattina bussa alla porta resta fino a sera l’orologio si trascina da un’ora all’altra dal vaso di Pandora escono dieci piaghe piatti sporchi invadono la casa libri aperti ingialliti dal sole mandano parole inutili nello spazio angusto fra scatole e panni sporchi dimenticati 32 un ragno tesse la sua tela invisibile e fa un salto sotto il tavolo e sotto le scale marciscono filetti di pesce torsoli di mela gambi di sedano gusci di uova polpette bruciate cartine appiccicose la sposa fuma un sigaro lo sposo guarda la televisione suona il telefono internet vuota immagini pubblicitarie nella camera da letto mail infette riempiono la casella postale la radio non riesce a sintonizzarsi su una banda unica nessuno paga il conto manca la forza la febbre sale il cane non ha tempo per uscire deve tenere la mano consolare portare pazienza asciugare le lacrime amare le piante cominciano ad appassire la casa dorme si sente lamentare il male resta invisibile senza piaghe un incantesimo maligno cova sotto la tovaglia sfigura le parole toglie forza al sentimento sulla tavola apparecchiata a cena nessuno si ricorda più i giorni felici lei scrive un diario di disperazione annota ogni offesa e l’ora della comunicazione fuma un altro sigaro il caldo aumenta un pipistrello si perde dentro e sbatte le ali lei si spaventa gira nervosamente sopra la sua testa poi si fa invisibile ma la presenza resta turbamento in un giorno di follia la camera nuziale resta vuota lei si corica in giardino si arrotola come un gatto sotto il melograno la terra è calda 33 l’erba manda raggi verdi sulla pelle la luna pende da un ramo le zanzare si sono addormentate le luci della casa si spengono le rose parlano di petali e spine le mele cadono una per una nell’erba la terra è calda l’erba manda raggi verdi sulla pelle le rose parlano di petali e spine le mele cadono una per una nell’erba Amen 34 la torta semiotica la torta semiotica è il risultato della lettura assidua e faticosa di libri alquanto ponderosi frequentazione di convegni e seminari in luoghi di villeggiatura vicino al mare dove docenti e ascoltatrici tessono una fitta trama di relazioni come previsto dallo statuto scientifico di linguisti e linguiste famosi in uno degli affascinanti seminari in lingua straniera dove non tutto ciò che si diceva era anche vero alla presente ascoltatrice venne in mente la ricetta scientifica di una torta generativa si prendano alcuni ingredienti di Proppiana memoria cambiando denominazione degli agenti il risultato si rivela il seguente: diciamo uova, farina, zucchero, lievito burro e un ingrediente segreto a propria scelta poi si vada in prestito alla Cabala ebraica per scegliere il numero cinque la legge divina il karma personale che determina la segreta misura di coesione cinque uova cinque per cinquanta grammi di zucchero cinque per cinquanta grammi di burro di farina grammi cinque per cinquanta cinque per cinquanta grammi dell’ingrediente magico non lasciare mai la giusta misura seguendo queste istruzioni si può produrre un’infinità di torte che sembrano sempre diverse sono comunque strutturalmente uguali la velocità di preparazione è senz’altro un punto a favore non occorre leggere libri di ricette si può scrivere romanzi la quantità degli ingredienti 35 non si fatica ricordare una volta ripetuta varie volte l’operazione come se si stesse compiendo un antico gesto le mani si muovono da sole il tocco di fantasia sta esclusivamente nell’ingrediente a sorpresa segue le stagioni, le voglie i desideri si immedesima nel gusto degli ospiti e nelle fasi lunari per uomini si sceglierà noci tritate a mano cioccolato fondente a scaglie non troppo sottili per signore poete fette d’arancio candite, cioccolato, noci e un mantello di zucchero a velo al compleanno della zia il tutto farcito con gelato alla menta che si accompagna con una tisana al ritorno da una passeggiata nel bosco estivo un’affogata di crema di mirtillo con panna fresca di montagna davanti a un camino acceso per ospiti single o appena divorziate per prevenire la depressione perle di melograno imbevute di raffinato liquore per gli amici musulmani canditi, noci, mandorle, menta piperita senza la minima traccia di alcool in compenso succo di frutta ghiacciato da consumare su un tappeto con preziosi ricami per Vera la badante montagne di crema e carta di musica da affogare la nostalgia infine non dimenticate la cottura in un forno ben caldo per cinquanta minuti o anche meno finché vi sembra arrivato il momento propizio che porti consolazione Amen 36 pam pam strade deserte trattorie riservate camerieri che corrono da un tavolo all’altro il cibo non sazia clienti inappagati turisti con guida in mano strade consigliate panino celofanato non conoscono nessuno in questa città le briciole cadono nella scollatura arrossata dal sole meridiano un padre attempato spinge tra i vicoli una carrozzina con un neonato che piange disperato sputa il ciuccio e mette in bocca tutta la mano senza la voce della madre non potrà addormentarsi e il padre non parla verso il supermercato si vede gente lungo il marciapiede davanti un gruppo di mendicanti con in tasca le mani oggi è domenica non chiedono l’elemosina si chiacchiera il tempo è bello dentro non si passa un filo di diffusione trasmette musica leggera la cassiera lavora da ore si asciuga la fronte dal sudore due uomini mussulmani con la bottiglia di birra in mano chiamano la bionda che spinge il carrello peccato non è più una ragazza da sposare quanto gli manca una donna una donna vicino una vecchia demente pretende silenzio all’ora della messa si inginocchia davanti all’altare quando la cassiera chiede i soldi lei chiude gli occhi e apre la bocca aspettando la benedizione ma l’ostia non arriva il conto è comunque da pagare 37 chi non ha soldi è segnalato alla questura e viene spedito a casa forse già domani un uomo con occhialetti d’oro e abito elegante sembra girare a vuoto ma è il padrone del supermercato sorveglia la gente che non si accalchi alla cassa non scoppi una rissa e la musica proceda indisturbata una donna bollywoodiana guarda una confezione di cioccolatini come se fosse una cosa rara uomini a due o tre con le loro donne lontane comprano polli spennati da preparare in assenza le signore badanti hanno i figli già grandi non si ricordano più chi era loro marito forse beveva troppo probabilmente era disoccupato nessuno si mescola forse stasera faranno una telefonata non hanno potuto mandare i soldi sono già tutti spesi ora resta la disperazione qualcuno intona una canzone in una lingua sconosciuta alcuni lo seguono dondolando la testa battono i piedi le braccia si muovono ruotano una confezione di zucchero vola a terra sparge dolci granelli sotto i piedi canticchiano, sorridono nessuno vuole andare a casa entrano gli zingari e suonano la fisarmonica fino al mattino la cassiera dispensa a tutti un bacio nessuno paga Amen 38 penelope Penelope chiuse la porta senza disturbare la gatta poteva restare fuori tornerà scapigliata ferita affamata felicemente animale sfiorò con le dita il telaio di lunghi anni d’attesa le sere con i bambini, le veglie silenzi, febbre assenza pura assenza incompresa distanza interminabile passaggio del tempo Einsamkeit non accese nessuna luce per non svegliare tutta la casa era presente respirava ogni spigolo la toccava il soffitto piegava le travi per catturarla con le sue ragnatele delicatamente camminava da cieca senza inciampare sapeva di dover andare nella sua testa erano tracciati i sentieri il figlio e la figlia grandi da tempo il diario pieno zeppo di parole il cuore da scoppiare le tessiture completate il filo avanzato da sprecare fino alla fine del tempo Ulisse dormiva tranquillo davanti alla televisione dopo il suo viaggio avventuroso voglia di coccole e di cura a tea for two risotto pane appena sfornato pantofole calde una comoda macchina, una piccola passeggiata partite di calcio discorsi sempre uguali un bacio di gratitudine ogni tanto Penelope sapeva che non poteva più restare vivere nel piccolo cerchio privato curare un uomo stanco per intere giornate cucinare la millesima cena 39 occuparsi giorno e notte di digestione memorie del passato scrivere storie senza autore mangiarsi parole immedesimarsi in altre persone legarsi con le proprie mani con la piccola valigia in mano il mondo le sembrò straniero angosciante e seducente ma non staccava gli occhi dallo spettacolo dopo gli anni di telaio ogni luogo aveva la sua trama quando un filo incrocia un altro e un altro ancora si toccano si avvolgono si sovrappongono per creare sfioramenti una calda vicinanza carezze e tenera attesa finalmente il mondo nella sua reale presenza amiche a fianco il tempo cominciò a rallentare una casa apparve dopo l’altra un albero si componeva di foglie e rami emergeva un paesaggio sentieri, fiumi, campi il latte sapeva di bianco gli animali erano cuccioli ma non chiedevano accudimento l’accompagnavano per diletto forse una carezza o un pezzo di pane le ore si infittivano domani era distante il giorno come un giocoliere scorreva lento colmo di regali sorprese stupori contemplazioni mete ignote e nuova compagnia strade bianche assolate da percorrere senza riparo la notte era vecchia interminabile piena di calvari strettoie paure parole mute persone che la chiamavano gesti di sempre ed era già mattina talvolta sentiva la calda presenza della madre come uno scudo trasparente 40 inattaccabile non sempre alle volte la vide piangere un passo incerto segui un altro Penelope allontanò l’ombra della madre e proseguì a camminare ora tutto aveva un altro senso Amen 41 ponte pietra il ponte invade l’altra riva tiene assieme ciò che si allontana unisce in apparenza è in perenne attesa talvolta resta senza è attraversato scrive storia e storie della gente sul parapetto siede una ragazza a piedi nudi si sporge in avanti rischia di precipitare ma non succede niente sotto il ponte scorge un ragazzo risalire la corrente ancora ed ancora immerge il remo lotta con tutta la forza ma l’onda lo rovescia mentre lei grida di spavento lui riappare un mendicante si fonde con la pietra guarda con occhio vitreo in avanti oggi non è passata la signora con la moneta da mettere nella mano il pittore con un tabarro nero un quadro sotto braccio cammina a passi lenti non sa ancora di avere poco tempo morirà presto lontano da casa la ragazza straniera che lo insegue fino alla bottega del pane non immagina che il suo grande amore la lascerà per andare altrove “es waren zwei Königskinder die hatten einander so lieb“ la città aspetta l’inondazione potrebbero cedere gli argini in muratura le onde travolgere l’equilibrio instabile scatenare emozioni lontane portare vita o morte la placenta del corpo di tua madre 42 le vecchie frasi che ti ha donato tronchi sradicati qualche sacchetto di plastica e vecchi patemi che sembravano scomparsi portare tutto finalmente a valle tracimare in un punto incontrollabile allagare i campi bagnare l’orlo dei desideri tenuti a freno dalla mente colare tutta la bile trattenuta e rinsavire il sacerdote con i sandali da asceta si fa il segno della croce e benedice la pietra unisce le rive su un’unica santa sponda saluta le belle donne libere che non abbassano lo sguardo entrano nel suo sogno e nel gesto della mano non conosce rimedio al desiderio scappa giù dai vicoli oscuri meandri eterni che sbucano nel salvifico sagrato della chiesa gli studenti stranieri in visita sono vestiti troppo leggeri non ascoltano l’insegnante guardano le colline e l’acqua cercano gli occhi del loro compagno di banco per scorgere amore e lo stupore di questo istante la vecchia Maria si ricorda le foto e il suo sposo quando ancora riusciva a camminare era bianca bianchissima trascinava un lungo velo che coprì l’intero ponte e la pietra di una patina luminosissima sorrideva sorrideva barcollava di felicità Giulietta non passa mai il ponte abita su una terrazza all’ultimo piano e cura le piante da quando ha lasciato Romeo alle soglie della pensione con lamenti e mal di schiena 43 un messaggero manda doni da una parte all’altra non possono vedersi davvero perché manca nella loro relazione la parte spirituale e lui non cucina bene la torre che guarda l’orizzonte è disabitata colombe entrano ed escono per farvi l’amore il restauratore la guarda da sotto con occhio professionale mancano i fondi per la ristrutturazione il poeta inciampa nella cacca di un cane compone versi insignificanti sulla luna sul ponte sulle amiche di scrittura mentre la magnolia giapponese nel giardino accanto porta un messaggio orientale da leggere a primavera il cane fulvo al guinzaglio trascina l’uomo single in mezzo alla gente annusa le cagne di donne orgogliose che appaiono al suo padrone in siderale lontananza di notte all’insaputa delle autorità statali tre donne, una madre e due bellissime figlie muovono passi feriti verso il punto centrale si fermano baciano abbracciano mettono una piccola urna sul muretto non pregano, non fanno nessun gesto si guardano in lacrime e fanno volare le ceneri nell’aria oscura della notte saranno accolte dall’acqua in una dimora più larga e aperta al mondo “like a bridge over troubled water I will ease your mind” il matto di nome Crea grida tutte le parole della gente ed è solo al mondo “va via, non ti posso sopportare puzzi come un caprone fai schifo e non ti voglio salutare” 44 poi all’improvviso si squarcia il cielo da un lato una sposa bianchissima incede verso il colmo del ponte mentre dall’altro lato si avvicina Zeno il moro nigeriano nerissimo coll’abito coloratissimo per ricordare il suo paese niemand begleitete sie kein Fotograf nimmt sie auf si stringono in un abbraccio sentimentale mentre il ponte sussulta dalla torre si lancia uno stormo di colombe per salutare schöner, grüner Jungfernkranz veilchenblaue Seide Amen 45 sala d’attesa le lancette si trascinano da un minuto all’altro Beckett gioca a cruciverba disperato annoiato dall’attesa angosciante di un evento irreale Godot si è innamorato di una ragazza di pelle nera forse una dea scenderà dal cielo per esaudire le sue preghiere in un modo o nell’altro su una panchina dorme Biancaneve è scaduto il tempo non vuole sposare il principe ma fare pace con la madre e poi si vedrà forse si impiegherà in un’azienda multinazionale e avrà uno stipendio eccezionale vestita troppo leggera una donna sciupata intona un canto rauco muovendosi in tondo ritrova un po’ di pace ma l’ora desiderata non arriverà due ragazze sorde si raccontano la giornata le mani muovono come vele ora distese ora alzate una bella giornata allegra con parole disegnate dal lago si sente una banda suonare un walzer fino alla mattina un giovane uomo con un mazzo di rose aspetta suo padre fuma un pacchetto di sigarette intero senza respirare la salutista lesbica scuote la testa per forza il patriarcato doveva finire moriranno tutti di cancro polmonare hanno una salute debole e amano solo la madre 46 le porte girevoli si muovono entrano contadine anziane con maglie pesanti di lana fatte a mano cominciano a chiacchierare con le altre della sposa trascinata all’altare poi una cantilena sempre uguale dietro un grande libro si nasconde un intellettuale mani bianchicce umide e due paia di occhiali sarebbe invisibile se non avesse una gamba col tremolio irrefrenabile che fa vibrare la panchina scrive in abbondanza anche quello che non sa la donna nigeriana accarezza il suo pancione e sistema le sue borse di plastica sarà una bambina l’uomo con l’anello d’oro non è suo marito ma l’accompagna alla sala parto la giovane musulmana si toglie il velo e gira come un sufi in cerchio da far volare i capelli uno per uno verso il cielo un uomo sordo grida con voce di animale parole incomprese gutturali non ha mai sentito dire le parole di sua madre l’impiegata sbadiglia e dispensa un po’ di pace ieri non è mai esistito il bicchiere di latte si riempie e si beve in continuazione la mucca fa i vitellini e poi va al macello oggi è sfiorita una rosa con abbondanza di petali rossi che raccontano una storia di sì e di no di sì e di no e di sì e di no e avanti così dann ist es vollbracht und ist alles wieder still 47 l’opera è compiuta dein Wille ist geschehn l’attesa è finita Amen 48 stazione di M. sotto la poggia battente il gatto sorride beato silenziosi passeggeri in attesa di prodigio sono in ritardo portano valigie pesanti prima avanti poi in cerchio nella sala d’aspetto i bambini si sono addormentati succhiando l’alluce dormono beati un negro grida herzerweichend si strappa la pelle nera dalla mano e fa un salto lungo i binari scorrono sogni scartati un pendolino spazza via le carte sollevate il cielo ad occhi chiusi beve un bicchiere di vino suor Lucia parla alla Nigeriana come fosse sua bambina l’altoparlante annuncia ritardi la gente si affolla lungo i binari la faccia di un uomo truccato sorride da un manifesto pubblicitario strappato un cane dal pelo infeltrito mendica un pezzo di pane una prostituta africana tinge le ciglia con un pennarello nero intossicante uno studente appoggiato alla macchina di vidimazione legge un libro di filosofia contemporanea la sua ragazza vuota la sua cartella tempestata di scritte insolenti in un cestino puzzolente e torna animale 49 accarezza i capelli ricci di un uomo anziano che dondola la testa al ritmo di festa paesana “mia nipote è più vecchia di te” puntuale arriva il treno locale sparge fumo di gasolio irrespirabile apre i suoi vagoni imbrattati di immagini spruzzate a bomboletta scendono studenti disoccupati badanti con pellicce di leopardo uomini caffelatte con sacchetti di plastica color primavera si accendono le luci passa un poliziotto con cane antidroga chiede i documenti nessuno vuole essere riconosciuto nel frattempo si fa sera nessuno parla i telefonini suonano a vuoto nessuno sa dire una parola beata la donna col pancione e treccia andina si fa più pallida le poche panchine sono occupate da giovani con scarpe da ginnastica che seguono la musica in cuffia chi sa dove sono? dal sottopassaggio sale la regina di Saba con treccine raccolte in una corona di spine muove passi incerti sui tacchi a spillo canta e infibula un ago nel pene di un giovane unidimensionale che sta guardandosi allo specchio una scolaresca di tredicenni insolenti scarpe rosa con orsacchiotti fosforescenti lo stringe in cerchio gli bacia le braccia e ognuna taglia un riccio alla sua chioma lucente il capostazione fischia accende la radiolina le ragazze smorfiose ridono 50 la partita di calcio è già iniziata la palla rimbalza e finisce sui binari alcuni ragazzi brasiliani si mettono a giocare una mamma grida: il treno arriverà non attraversate i binari l’altoparlante annuncia una probabile sospensione della corsa all’altro capo della pensilina sale e scende un ascensore trasparente trasporta vecchi, carrozzine e handicappati l’uomo infibulato recita il pater patriarcale la donna senza velo si siede sulla panchina liberata dalla folla che spinge verso le scale apre la borsa piena di doni e legge il corano dalla città si sollevano voci “razza bianca razza nera razza bianca razza nera” il lupo mangia la foglia di ciliegio e si stende sull’erba fresca per riposare una suora vestita di rosa da capo a piedi stende un tappeto volante sulla pensilina in uno spazio angusto tra i piedi dei viaggiatori in attesa si toglie le scarpe comincia l’esercizio spirituale alza le braccia per salutare il sole immaginario apre le braccia per scivolare nell’immenso universale poi schiaccia il corpo a terra immobile nella stessa posizione poi si flette, si piega, forse prega im Angesicht der Zeit Mutter der Barmherzigkeit qualcuno ha visto una borsa con piccole bombe a mano 51 scoppia una rissa per scendere le scale l’ascensore di vetro si frantuma in mille schegge luccicanti volano da un capo all’altro nessuno muore i tamburi si stanno avvicinando uomini neri di pelle lucente battono il ritmo del tempo circolare piegano il capo donne del villaggio muovono le spalle gonfiano il petto fanno ruotare le mani saltano con piedi leggeri in cieli luminosi di colore la voce di una cantante nera rivolta l’interno dell’anima come un guanto scoprendo ferite, dolori, malinconie all’inizio era la felicità della nascita all’inizio sei nata bambina della madre all’inizio ti ha nutrita con il suo corpo caldo Sonnenumglänzete, Sternenbekränzete ci porgi la nera mano himmlische Rose, Krone der Erde rosa dei cieli, corona della terra bitte für uns in der Stunde unseres Lebens nell’ora della nostra vita prega per noi Amen 52 NOTIZIA E INDICE ELISABETH JANKOWSKI, tedesca di origine, vive e lavora a Verona da molti anni. Insegna la lingua tedesca all’Università di Verona; fa parte della Comunità filosofica di Diotima e di Isthar (Ass. Donne italiane e straniere). È studiosa della lingua materna e dell’insegnamento della lingua straniera. Allieva di Ida Travi, scrive poesia in lingua materna, ma anche in italiano; spesso cerca risonanze fra le due lingue. Fa parte del Gruppo laboratorio poetico “Poesia in corso”. [email protected] INDICE 5 Prefazione di Annarosa Buttarelli 7 cacciata dal paradiso 9 café canossa 11 città d’acqua 14 della scomparsa 16 figure di marmo 17 l’annunciazione 19 l’armatura 20 l’esodo 22 l’ora della laurea 26 la bidella 28 la casa vuota 29 la poeta 30 la sposa con i capelli bianchi 31 la sposa 35 la torta semiotica 37 pam pam 39 penelope 42 ponte pietra 46 sala d’attesa 49 stazione di M. VIA ERÁKLEIA ELISABETH JANKOWSKI, Preghiera metropolitana Volume stampato nel mese di aprile 2008 da Cierre Grafica, via C. Ferrari 5, Caselle di Sommacampagna, Verona