Michael Moore intervistato da Susan Sarandon e lo scandalo dell

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Michael Moore intervistato da Susan Sarandon e lo scandalo dell
Michael Moore intervistato da Susan Sarandon e lo scandalo dell’assicurazione medica e
industria farmaceutica
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Scritto da Alessandra Mattanza
Sta ancora facendo discutere tutta New York
l’incontro durante il Tribeca Film Festival in cui
Susan Sarandon ha intervistato Michael Moore.
I due, che sono molto affiatati sia per ideologia
politica che per simpatia personale, dato che
entrambi hanno ammesso di essere molto timidi
e non bravi a socializzare, hanno saputo colpire
nel segno e hanno provocato diverse discussioni
su svariati temi. Prima di tutto ha fatto eco la
notizia che alla Sarandon, da sempre attivista e schierata contro la guerra, sia stato di recente
negato il permesso di entrare alla Casa Bianca. “Non ne so il motivo, potete spiegarmelo voi?” ha
chiesto al pubblico, non celando nemmeno il sospetto che forse il suo telefono sia pure sotto
controllo a causa delle sue idee politiche. Michael Moore, che tra l’altro ha ammesso di avere
detestato il documentario “Waiting for Superman” di Davis Guggenheim perché ha evidenziato
come problema gli insegnanti che per lui invece non lo sono, pare stia indagando proprio sul tema
dell’educazione. Ma non ha voluto rilasciare indiscrezioni sul suo nuovo progetto e ha ammesso
che anche l’immigrazione sarà un argomento da trattare sicuramente in un futuro. Per cominciare
a cambiare le cose in modo concreto ha poi suggerito di essere parte del movimento Occupy Wall
Street e: “prendete parte a ogni organizzazione che sta lavorando per togliere il denaro ai politici”.
Un altro tema è stato trattato durante l’incontro: quello dell’assicurazione medica, che Moore ha
già descritto al meglio nel suo documentario “Sicko”. Pare infatti che non solo gli americani, come
è già risaputo, non siano tutelati, ma il problema sia anche un altro. “Realizzando questo
documentario ci siamo resi conto che nella maggior parte dei casi gente che stava morendo aveva
pagato in effetti l’assicurazione medica, ma non era stata curata perché la compagnia si rifiutava di
pagare. Pensate di essere al sicuro e che non avrete problemi, perché state pagando regolarmente
la vostra assicurazione, ma provate ad averne bisogno ed è allora che capirete davvero il
problema. E’ stato molto duro realizzare questo lavoro, perché avremmo voluto poter pagare i
conti di molte persone malate e lo abbiamo anche fatto alla fine” ha dichiarato Moore durante il
colloquio con la Sarandon. Si ricorda uno degli episodi più eclatanti: quello dei volontari che hanno
aiutato dopo gli attentati terroristici dell’11 settembre e a cui il governo americano ha negato
l’assistenza per malattie respiratorie e psicologiche e che, alla fine, sono stati curati niente meno
che a Cuba.
Al tempo stesso un altro documentario al Tribeca Film Festival ha trattato in maniera molto
intensa questa tematica: “Off Label” di Michael Palmieri e Donal Mosher. In esso si mette in
discussione in genere la grande industria farmaceutica. Si raccolgono infatti diverse storie
agghiaccianti. C’è quella di una coppia di giovani vagabondi che paga il suo matrimonio
“lavorando” come “guinea pigs”, come cavie da laboratorio. Un mussulmano afro-americano
ricorda gli esperimenti condotti su di lui quando era carcerato a Filadelfia e mostra gli effetti che
ancora porta addosso. Una madre narra la vicenda di suo figlio, morto suicida, dopo che la sua
salute era stata deteriorata dalla prescrizione selvaggia di medicinali di ogni genere, parte di uno
studio marketing sugli antidepressivi, quando avrebbe avuto probabilmente bisogno di un
supporto psicologico. Con una causa legale questa madre è riuscita a bloccare nel suo Stato l’uso
di medicinali a livello sperimentale, ma purtroppo pare che nella maggior parte degli altri Stati sia
ancora ammesso. E c’è una donna, bipolare, che vive assumendo dalle 25 alle 30 pastiglie al
giorno, ognuna con una funzione: quella di farla svegliare, di farla andare in bagno, di farla
mangiare, di tenerla tranquilla, di farla dormire,… Del resto come Susan Sarandon ha ricordato, lo
stesso Robert Redford ha dichiarato che i documentari sono ormai il mezzo che ha sostituito il
giornalismo investigativo e le grandi inchieste. Adesso è proprio tramite i documentari che si
possono mettere in evidenza i problemi che sta affrontando la nostra società. E, se non si trova la
distribuzione (al momento sembra molto difficile averla), si può sempre metterli in Internet e
attuare una campagna di promozione con i social media, che sono il nuovo mezzo aperto a tutti
per raggiungere una grande audience.