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Cass. 29.4.2015 n. 8655
Data: 30.4.2015 18:15:51
FULL ACCOUNTIG
S.P.A
Sistema Integrato
Cass. 29.4.2015 n. 8655
Svolgimento del processo
Con atto stipulato il 9.12.2003 la Banca Alfa s.p.a. (poi divenuta Beta s.p.a., incorporata in
Banca Gamma e infine fusa nel Delta soc. coop.) conferiva a Epsilon s.p.a. un ramo d'azienda
costituito dal complesso dei propri immobili (strumentali e non), dei contratti di locazione e dei
rapporti di outsourcing organizzati per la gestione degli immobili, nonché dalle passività relative
al personale trasferito. Quale corrispettivo del conferimento riceveva azioni di nuova emissione
di Epsilon, previo corrispondente aumento del capitale sociale di questa. Il 30.6.2004 la Banca
Alfa cedeva a Zeta s.p.a., controllante la Epsilon, la partecipazione ricevuta in corrispettivo del
conferimento, al prezzo di euro 127.000.000,00 identico alla stima del valore corrente del ramo
d'azienda al lordo della fiscalità latente.
Sulla base di questi fatti, l'agenzia delle entrate notificava un avviso di liquidazione dell'
imposta proporzionale di registro (con interessi e sanzioni) riqualificando l'operazione nel suo
complesso come finalizzata alla cessione dell' azienda, ai sensi dell'art. 20 del DPR n. 131 del
1986.
Le parti - Banca Gamma e Epsilon - insorgevano contro l'avviso formulando eccezioni di nullità
per violazione dell'art. 37-bis del DPR n. 600 del 1973 e per carenza di motivazione, e
comunque contestando la pretesa per ragioni di merito.
Radicatosi in contraddittorio, l'adita commissione tributaria provinciale di Milano respingeva i
primi due rilievi e accoglieva il ricorso nel merito.
La statuizione è stata confermata dalla commissione tributaria regionale della Lombardia giusta
sentenza depositata il 14.12.2010, avverso la quale l'amministrazione erariale propone ora
ricorso per cassazione sorretto da tre motivi. Replicano con controricorso il Delta (in qualità di
società derivante dalla fusione di Banca Eta e di Banca Gamma) e Epsilon s.p.a., i quali
propongono a loro volta ricorso incidentale affidato a due motivi e illustrato da memoria.
Motivi della decisione
I. - L'impugnata sentenza risulta motivata nel modo che segue. Premesso che l'operazione
posta in essere dalle parti aveva portato, attraverso le richiamate operazioni intermedie, alla
cessione del ramo aziendale, la quale, effettuata direttamente, avrebbe comportato
l'assoggettamento alla più gravosa imposta di registro, l'art. 20 del DPR n. 131 del 1986 non
consentiva all'ufficio "di andare al di là degli effetti giuridici desumibili da un' interpretazione
complessiva dell' atto" e dunque "di negare gli effetti del comportamento delle parti che
pongono in essere uno o più negozi per raggiungere, oltre agli effetti tipici di essi, altri effetti
indiretti". La norma, secondo la commissione, ove altrimenti interpretata si sarebbe risolta in
una indebita compressione dell' autonomia negoziale e, quindi, delle libertà individuali in campo
economico, costituzionalmente tutelate. Inoltre, non rilevando il conferimento d'azienda, ex art.
176 del Tuir (testo pro tempore), ai fini dell'art. 37-bis del DPR n. 600 del 1973 quanto alle
imposte dirette, dovevasi ritenere difficilmente sostenibile la configurazione di un abuso dei
contraenti al distinto fine dell' imposta di registro; che, in quanto imposta d'atto, comunque
precludeva all'ufficio l'utilizzo di elementi extratestuali nell'attività di interpretazione dell'atto
soggetto a registrazione.
II. - Simile ratio decidendo, in forza della quale è stato confermato l'annullamento dell' atto
impositivo, viene censurata dall'amministrazione finanziaria a mezzo di tre motivi coi quali,
rispettivamente, essa denunzia:
(i) la violazione e la falsa applicazione dell'art. 20 del DPR n. 131 del 1986;
(ii) la violazione e falsa applicazione degli artt. 176, comma 3, del Tuir e dell'art. 37-bis del DPR
n. 600 del 1973, non essendosi affatto considerato il peculiare ambito di applicazione di tali
norme rispetto a quella ex art. 20 del DPR n. 131 del 1986 che sola rilevava in causa;
(iii) l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza su punti decisivi della controversia.
III. - I motivi, tra loro strettamente connessi, sono fondati nei termini di seguito esposti.
L'art. 20 del DPR n. 131 del 1986, secondo cui "l'imposta è applicata secondo la intrinseca
natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il
titolo o la forma apparente" impone il prevalere, ai fini dell'imposta di registro, della causa reale
dell'operazione sull'assetto cartolare impresso dalle parti. Invero più volte questa corte ha
affermato (anche in controversie coinvolgenti il riassetto societario del Delta) che la scelta
compiuta dal legislatore con l'art. 20 è stata appunto quella di privilegiare la intrinseca natura e
gli effetti giuridici al titolo o alla forma apparente degli atti sottoposti a registrazione.
Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione tributaria regionale,
l'autonomia contrattuale nella scelta degli strumenti ritenuti più idonei per il conseguimento
dello scopo perseguito e la rilevanza degli effetti giuridici dei singoli negozi a esso preordinati
restano circoscritte sul piano della regolamentazione formale degli interessi delle parti, e non si
estendono alla loro rilevanza fiscale (cfr. tra le tante Sez. 5 n. 10273/2007; n. 3584/2012; n.
14150/2013; n. 17965/2013; n. 6405/2014; n. 12775/2014). In questo specifico senso l'art.
20 del DPR n. 131 del 1986 introduce un criterio di qualificazione autonomo rispetto alle
ordinarie ipotesi interpretative civilistiche, che impone di tener conto, nella qualificazione del
negozio, della sua causa reale e degli interessi effettivamente perseguiti dai contraenti, anche
qualora siano stati stipulati, pur in tempi diversi, più atti (v. difatti, in operazione del tutto
analoga a quella che qui rileva, Sez. 5 n. 28265/2013 e n. 28259/2013). E la prova di un
intento elusivo dei contraenti, quanto all'imposta di registro, non rileva affatto.
L'impugnata sentenza si è chiaramente discostata dai suddetti principi, donde va cassata. Non è
necessario affrontare, in tale prospettiva e per le ragioni di cui infra, la questione posta
dall'amministrazione ricorrente circa il nesso tra la norma citata e l'art. 176 del Tuir.
IV. - Coi due motivi del ricorso incidentale le società a loro volta denunziano:
(i) la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 37-bis del DPR n. 600 del
1973 e 53-bis del DPR n. 131 del 1986, nonché del principio del contraddittorio anticipato,
quanto alla statuizione con la quale l'impugnata sentenza ha rigettato la doglianza relativa alla
nullità dell'avviso di liquidazione per violazione delle garanzia procedimentali previste da dette
norme;
(ii) la nullità della sentenza per violazione dell' art. 112 c.p.c., attesa l'omessa pronuncia sul
motivo di appello riguardante la nullità o l'illegittimità dell' avviso di liquidazione per difetto di
motivazione; motivo di appello specificamente riferito al fatto di non avere l'avviso recato
l'indicazione chiara e inequivocabile (a) dell'ammontare delle imposte accertate, (b) della
eventuale irrogazione di sanzioni e (c) della natura dell'imposta accertata.
Infine le società ripropongono nel controricorso gli ulteriori motivi di doglianza prospettati nel
giudizio di merito e non analizzati dalla commissione tributaria perché rimasti assorbiti.
V. - Osserva la corte che il primo motivo del ricorso incidentale è manifestamente infondato
giacché l'art. 20 del DPR n. 131 del 1986 non involge la tematica dell'abuso codificato nell'art.
37-bis del DPR n. 600 del 1973 (v. da ultimo Sez. 5 n. 12775/2014 e n. 15319/2013).
L'art. 20 del DPR n. 131 del 1986 è norma che, per quanto ispirata pure a finalità
genericamente antielusive, non configura una "disposizione antielusiva". Donde il richiamo
all'art. 37-bis, operato dalle società, e parimenti il riferimento dell'impugnata sentenza all'art.
176 del Tuir, non è pertinente. Non solo difatti la formulazione dell'art. 20, mutuata da altra
ancora previgente, è storicamente ben anteriore al diffondersi del dibattito sull'elusione e/o
sull'abuso. Ma soprattutto essa interviene a delineare positivamente 1'ambito oggettivo del
rapporto giuridico tributario di riferimento con specifica opzione per i contenuti sostanziali degli
atti registrati rispetto ai relativi profili meramente cartolari (v. già Sez. 5 n. 10273/2007 e n.
2713/2002) . Non pone, quindi, come invece fa (in relazione a situazioni specifiche) l'art. 37-bis
del DPR n. 600/1973, una clausola antielusiva "di chiusura" tesa a rendere comunque
inopponibili all'amministrazione finanziaria atti, fatti e negozi che siano risultati privi di valide
ragioni economiche (o diretti solo ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento
tributario). La prospettiva dell'art. 20 del DPR n. 131 del 1986 è tutt'altra e postula soltanto che
si proceda alla ricostruzione dell'obiettiva portata dell'attività negoziale sul piano degli effetti
giuridici, quale che sia la scelta operata dalle parti del contratto sul piano della forma.
Pertanto, non essendo essenziale l'intento elusivo, non possono rilevare, ai fini dell'applicazione
della previsione citata, le condizioni procedimentali prescritte nell'ambito della disciplina dell'art.
37-bis, e in particolare quella attinente all'obbligatorietà del contraddittorio preventivo.
VI. - Il secondo motivo del ricorso incidentale è egualmente infondato in quanto a integrare gli
estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza dell' espressa statuizione richiesta
dalla parte, ma è necessario che sia stato omesso il provvedimento che si palesa indispensabile
alla soluzione del caso concreto.
In senso proprio va sottolineato che ricorre la figura dell'assorbimento, e non l'omessa
pronuncia, quando la decisione sulla domanda diviene superflua per sopravvenuto difetto di
interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente abbia conseguito la
tutela richiesta nel modo più pieno. Per tale ragione comunemente si sostiene che
l'assorbimento non comporta un'omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in
realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di non luogo a
provvedere o di rigetto per difetto di interesse) anche sulle questioni assorbite, la cui
motivazione è proprio quella dell'assorbimento (v. ex aliis Sez. 5 n. 7663/2012 nonché Sez. 1
n. 28663/2013).
Nel caso di specie la commissione tributaria regionale non ha esaminato la doglianza delle
società avente a oggetto il presunto difetto di motivazione dell'avviso di liquidazione
semplicemente perché ha deciso di annullare l'avviso medesimo per altra concorrente ragione
di merito, considerata più liquida. In simile situazione la eccepita omissione di pronuncia è solo
apparente (e, appunto, formale) e il vizio ex art. 112 c.p.c. non sussiste affatto, essendo stato
invocato in presenza di una decisione (d'appello) assorbente, favorevole alle società, che aveva
coinvolto tutte le questioni ulteriormente da queste sollevate avverso l'atto impositivo.
VII. - Infine è inammissibile la riproposizione in questa sede delle questioni ulteriormente
assorbite dall'impugnata sentenza. Le questioni invero potranno essere riproposte dinanzi al
giudice del rinvio. Alla cassazione dell'impugnata sentenza in relazione ai motivi del ricorso
principale, accolti, deve far seguito il rinvio alla medesima commissione tributaria regionale,
diversa sezione, per nuovo esame anche delle questioni assorbite, fermo restando che la
commissione si uniformerà ai principi di diritto esposti, provvedendo anche sulle spese del
giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta l'incidentale, cassa l'impugnata sentenza in
relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla
commissione tributaria regionale della Lombardia.