Luca Carlevarijs Le fabriche e vedute di Venetia

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Luca Carlevarijs Le fabriche e vedute di Venetia
Luca Carlevarijs Le fabriche e vedute di Venetia
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Pittore ed incisore (Udine, 1663 - Venezia, 1730).
Giunse a Venezia nel 1679, ed ebbe il grande merito
di introdurre in quella città la pittura di vedute basata
sulla più rigorosa tecnica prospettica. Nel 1703
pubblicò 104 vedute di Venezia incise ad acquaforte
dedicate al Doge Alvise Mocenigo, riunite nel
volume LE FABRICHE, E VEDUTE - DI VENETIA DISEGNATE, POSTE IN PROSPETTIVA - ET INTAGLIATE
- DA LUCA CARLEVARIIS -CON PRIVILEGII.
Non si tratta di capolavori, ed anzi mostrano ripetutamente momenti di impaccio ed incertezza che
sono propri anche della pittura del C.
L'opera di questo artista, però, è da
celebrare più per la sua importanza storica
che per le qualità estetiche. Cominciò con
questo lavoro, che ebbe almeno tre
edizioni e una ristampa, la grande stagione
della pittura veneta di vedute.
Tecnicamente, il C. non fu incisore
eccelso. Forse per inesperienza, fece
ricorso all'uso di artifici quali la camera
oscura, il pettine e il tiralinee. Il risultato è
un tratteggio preciso, che però rischia di
diventare monotono. Del C. si conoscono
anche due vedute sciolte, il Seminario e il
Vescovado di Treviso. Le fabriche, e
vedute di Venetia disegnate, poste in
prospettiva et intagliate da Luca
Carlevarijs .
Il libro del Carlevarijs è considerato oggi
come l'atto di nascita del vedutismo
veneziano settecentesco.
Pubblicato da Finazzi nel 1703, il titolo è evidentemente ispirato ad un lavoro analogo, le ''Vedute
delle Fabriche, Piazze, et strade fatte fare nuovamente in Roma dalla S.tà di N. S. Alessandro
VII'', pubblicato nel 1665 da Giambattista Falda a Roma.
Nel lavoro del Falda, per la prima volta, l'attenzione viene concentrata non tanto sulle rovine di
Roma antica, viste come residui di un'epoca mitica e perduta, ma piuttosto sulla Roma moderna,
sull'alternarsi di rovine maestose e casupole popolari che circondano i monumenti antichi. Il libro
del Carlevarijs (anche lui utilizza il termine ''vedute'' nel titolo) ebbe un successo enorme e fu più
volte ristampato nel corso del secolo, al punto che le lastre incise si consumarono quasi del tutto e
Vincenzo Coronelli realizzò dei plagi che inserì nelle ''Singolarità di Venezia'' (1708-1709), così
come fece Martin Engelbrecht, che le ricopiò per un'edizione tedesca.
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L'attività incisoria del Carlevarijs fu limitata a queste incisioni e ai due grandi fogli con il
seminario di Treviso. La novità dell'opera fu però subito compresa dai contemporanei, primo fra
tutti il Canaletto.
La subordinazione dei vari elementi compositivi agli effetti atmosferici, l'audacia prospettica, la
pulizia del tratto sono elementi che si ritroveranno nei principali vedutisti successivi, compresi i
grandi come lo stesso Canaletto e il Bellotto. E' tuttavia da notare come la silloge acquafortistica
del Carlevarijs, che ebbe tanto successo immediato, sia stata dimenticata del tutto nell'Ottocento e
per gran parte del Novecento. Anche se Sambon, nel 1928, scriveva, a proposito delle incisioni
dell'artista friulano, che ''il suo colorito è brillante e gioioso; i suo personaggi, sinceramente
osservati, smaltano di chiazze piacevoli la monotonia del terreno soleggiato... i suoi cieli sono
d'una chiarità e semplicità incomparabili...'', tuttavia la Pittaluga, nel 1939, ancora esprimeva un
giudizio severo sull'artista: ''... se a volte... l'emozione ha preso, nonostante tutto, il sopravvento, è
stato per poco: qualche frammento di veduta se ne è vivificato, non mai tutta la veduta, ché
l'emozione si è spenta troppo presto. Anche nel campo dell'acquaforte, dunque, il merito del C. sta
non in ciò che ha dato effettivamente, ma in ciò che, in potenza., era nella sua visione. egli ha
dischiuso una via.''
Lo stesso Pallucchini, forse condizionato dall'autorevolezza di questa posizione, nel catalogo della
grande mostra del 1941 scriveva che C. era più importante dal punto di vista storico che per i
risultati artistici. Il giudizio fu rettificato oltre venti anni dopo, quando ormai le posizioni dei
critici stavano decisamente cambiando e, nel 1967, lo stesso Pallucchini non esitava ad affermare
che: ''Con la sua raccolta d'incisioni, il Carlkevarijs viene per la prima volta traducendo su un
piano d'arte quegli aspetti monumentali e pittoreschi di Venezia...''.
E, ancor più recentemente (1994), Dario Succi ha scritto: ''Su tutti questi elementi architettonici,
naturale ed umani, Carlevarijs inteerviene operando la sintesi poetica attraverso la funzione
travisante e unificante della luce... il gioco delle reciproche reazioni tra masse illuminate e parti
in ombra viene dall'artista sublimato in un diffuso candore..'' Per quanto riguarda le varie edizioni,
l'opera completa comprende il titolo (Le Fabriche, e Vedute di Venetia disegnate, poste in
prospettiva et intagliate da Luca Carlevaijs con privilegii, il frontespizio inciso (veduta
panoramica di Venezia) con dedica a Luigi Mocenigo e data Venezia li 27 maggio 1703,
centoquattro acqueforti. Ogni lastra è di dimensioni di circa 21 x 30 cm., la parte incisa di circa
18,2 x 28,8 cm. In realtà la prima edizione comprendeva cento o centouno tavole non numerate;
nel frontespizio figura l'indicazione In Venetia Appresso Gio: Battista Foinazzi A San Gio:
Grisostomo. La trentanovesima tavola è una veduta della Scuola dello Spirito Santo, non più
presente nelle edizioni successive.
In questa edizione mancano le tavole che nelle edizioni successive sono indicate coi numeri 98
(Palazzo Morosini), 101 (Palazzo Vendramino), 102 (Palazzo Zanne), 103 (Veduta del Casino
Zanne). In alcuni esemplari la prima edizione comprende anche, in fine, una veduta del Palazzo
Vendramino alla Guidecca (sic).
Nella seconda edizione si trovano centouno tavole numerate fino a cento. Vi compare la tavola 98
(Palazzo Morosini a San Cantiano) e la veduta finale di Palazzo Vendramino alla Giudecca, non
numerata. Sono corretti alcuni errori nelle iscrizioni della prima edizione, incise da Angela Baroni.
La terza edizione comprende centotré tavole, numerate a destra fino alla centouno (Palazzo
Vendramino alla Giudecca, con iscrizione corretta). Sono aggiunte la 102 (Palazzo Zanne) e la 103
(Veduta del Casino Zanne), numerate a sinistra.
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La quarta edizione differisce dalla terza solo per la presenza al titolo dell'iscrizione: ''Questa
raccolta, opera d'un autore degnamente lodato e celebre, già da più anni giacente e quasi sepolta,
/trovasi ora appresso Giuseppe Wagner, che fece acquisto dei 105 rami che la compongono.
Perciò/ la ridona egli al Pubblico, stampata con diligenza e proprietà; e trovasi vendibile al suo
Negozio./ In Venezia, nella Merceria di S. Giuliano/ MDCCLXVIII''.
La quinta edizione è la peggiore dal punto di vista tecnico. Mancano i nomi dell'editore e dello
stampatore, e la maggior parte delle lastre sono esauste. Le tavole sono tutte numerate a destra,
tranne le ultime due. Si ritiene realizzata intorno al 1780. La sesta edizione fu realizzata a fine
Settecento, ad opera dell'editore Pedrali, al quale appartenevano le lastre in quel periodo.
Le condizioni delle lastre, ormai finite, richiesero abbondanti reincisioni,con la perdita di gran
parte della qualità artistica delle stesse. Sotto ogni veduta compare l'iscrizione: ''Appo Gio. Maria
Pedrali/ S. Giovanni Evangelista Venezia N. 2164. Quasi tutti i disegni preparatori sono conservati
al British Museum.
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