Voltaire DROIT Droit des gens, droit naturel, droit public

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Voltaire DROIT Droit des gens, droit naturel, droit public
Voltaire
DROIT
Droit des gens, droit naturel, droit public
Introduzione di Danilo Zolo
© Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
in copertina: Balacier, Planche IV
da Recueuil de plaches sur les sciences…, vol. II, t. I, Paris 1763
Il testo di Voltaire - Droit. Droit de gens, droit naturel, droit public - è ripreso da
Voltaire, Questions sur l’Encyclopédie, par des amateurs., nouvelle édition augmentée,
S.l., s.e., 1773, IVème Partie, pp. 364 – 373.
Un prezioso frammento volteriano. L’elogio della
tolleranza e la critica della Chiesa cattolica
Danilo Zolo
Questo “Testo ritrovato”, Droit. Droit de gens, droit naturel, droit
public, non è che un frammento, ed un frammento a sua volta
frammentario, della vastissima produzione filosofica, storica,
letteraria e politica di Voltaire. Sono poche pagine, tratte dalla
serie “Questions sur l’Encyclopédie”, che Voltaire pubblicò nel
1773 in nove tomi. In essi egli aveva raccolto le voci che aveva
scritto per l’Encyclopédie, ma che non erano state comprese nel
Dizionario filosofico.
Nonostante la sua struttura disordinata e, forse,
improvvisata, questo “frammento” è di notevole interesse e
valore, perché contiene alcune autentiche pepite volteriane, alcuni
richiami adamantini ai temi centrali dell’illuminismo aristocratico
di Voltaire. E non mancano, come è caratteristico del suo stile di
pensiero e di scrittura, l’umorismo, l’ironia, la satira, l’irrisione
aperta o velata, soprattutto quando si tratta di mettere in luce la
vacuità della metafisica scolastica e le ipocrisie delle credenze
religiose tradizionali. Bersaglio centrale della sua polemica contro
la superstizione, l’intolleranza, la credulità, il fanatismo è, anche
in queste pagine, la Chiesa cattolica. La concezione deistica – non
atea – di Voltaire viene finalizzata alla critica del cattolicesimo,
inteso come fonte di intolleranza e di guerra, e quindi come il più
grave ostacolo allo sviluppo dell’umanità. Una religione
assolutista e intollerante come quella cattolica impedisce agli
uomini di servirsi della propria ragione e impone loro di compiere
atti di fede del tutto irrazionali: anzitutto per questo la Chiesa
romana merita di essere esecrata come l’enfame. Voltaire ammira
invece profondamente la convivenza, realizzatasi in Inghilterra,
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fra fedi diverse secondo uno spirito di tolleranza lontanissimo dal
fondamentalismo cattolico.
L’infamia del cattolicesimo romano – scrive Voltaire in
questo frammento – sta anzitutto nel suo uso del potere
temporale: un uso autoritario, violento e opportunistico.
L’immenso potere di cui dispone la Chiesa cattolica non è
esercitato a fini morali o spirituali: i suoi fini sono esattamente
quelli degli altri potentati mondani, anzitutto le monarchie e gli
imperi. Come i re, i pontefici romani rivendicano la loro sovranità
territoriale, e come gli imperatori i pontefici pretendono di essere
“sovrani del mondo”: se il regno di Dio, come dichiarano i testi
sacri, non è di questo mondo – allude sarcasticamente Voltaire – è
del tutto naturale che un Pontefice come Gregorio VII sostenga
che il suo regno è di questo mondo. È dunque altrettanto naturale
che l’interesse primario dei pontefici romani – Voltaire pensa
sicuramente a pontefici come Alessando VI, Giulio II, Clemente
VII – sia il loro profitto, ricercato in tutte le sue forme e
giustificato in nome di Dio. I pontefici, come i re e gli imperatori,
firmano trattati di pace in nome di Dio, ma poi non li rispettano e
scatenano guerre in malafede e senza la minima pietà umana.
Usano la violenza più spietata, compresa la pena di morte, che
Voltaire, appassionato lettore di Cesare Beccaria, vorrebbe
assolutamente eliminata.
Voltaire sostiene che lo stesso jus gentium, il diritto
internazionale in nome del quale si firmano i Trattati di pace,
mostra soprattutto l’ipocrisia dei potenti, inclusi i pontefici
romani. Essi si sono resi responsabili di assolute infamie
giustificando con la loro autorità spirituale e il loro potere
temporale guerre di sterminio contro i non credenti. I pontefici
hanno benedetto la strage di oltre dieci milioni di indios
americani, del tutto pacifici e inermi, nel corso della “conquista
del nuovo mondo”, sostenendo che non c’era nulla di più giusto e
di più santo da fare che sterminarli “puisqu’ils n’étaient pas
catholiques, apostoliques et romains”. Voltaire non la cita in
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termini espliciti, ma egli pensa sicuramente alla Bolla Intra
Arcana di Clemente VII, del 1529, che aveva autorizzato i
cattolicissimi monarchi spagnoli a “condurre le nazioni barbare
alla conoscenza del Dio autore e creatore di tutte le cose anche
con le armi e la forza, affinché le loro anime fossero obbligate a
far parte del Regno celeste”1. E naturalmente, in cinica violazione
dei Trattati, le vittime di queste stragi non sono mai state risarcite
degli immensi danni subiti e delle atroci sofferenze patite. E i
“dottori” del diritto internazionale – osserva Voltaire con
sarcasmo corrosivo – pubblicano poderosi e profondissimi trattati
sulla guerra e sulla pace, ma è evidente che il proposito appena
nascosto è di favorire i loro potenti cristianissimi padroni, non di
servire la giustizia. Al momento opportuno, comunque, ciò che
conta non è l’autorevole opinione dei giuristi: decisiva è la forza
delle armi e la violenza sanguinaria delle guerre cui ricorrono
ampiamente anche i principi cristiani.
Per concludere, si può dire che questo frammento non è una
esaltazione del droit de gens o del droit public, né è una
esortazione alla gestione illuminata del potere politico o, tanto
meno, all’uso della forza militare al servizio del bene comune. I
diversi aspetti della polemica illuministica di Voltaire trovano,
anche in questo testo, il loro centro unificatore nella difesa della
tolleranza e nell’accettazione della diversità come valore
imprescindibile per garantire pace, giustizia e progresso civile,
come egli sostiene accoratamente nel Trattato sulla tolleranza del
1763. “Disapprovo ciò che dici, ma difenderò sino alla morte il
tuo diritto di dirlo” è la famosa massima volteriana.
Sta qui, a mio parere, la sorprendente attualità di questo
testo, in un mondo dove l’uso delle armi di distruzione di massa e
il terrorismo praticato dalle grandi potenze nucleari e dai gruppi
fondamentalisti che ad esse si oppongo, non trovano il minimo
limite nella applicazione dei Trattati internazionali e del diritto
1
Cfr. G. Tosi, La teoria della schiavitù naturale nel dibattito sul Nuovo
Mondo (1510-1573), “Divus Thomas”, 105 (2002), 33, p. 247.
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internazionale generale. Mai come oggi il potere delle grandi
potenze è stato legibus solutus. E mai come oggi i pontefici
romani si sono schierati a favore del potere politico egemone,
anche nelle sue forme “imperiali”. Basterà ricordare che il 16
aprile dello scorso anno l’attuale pontefice romano, Benedetto
XVI, ha deciso di celebrare il suo ottantunesimo compleanno alla
Casa Bianca, in una atmosfera affettuosa e familiare, esprimendo
la sua totale adesione al “modello americano” e alla politica
dell’amministrazione Bush, responsabile dello sterminio di decine
di migliaia di persone innocenti, in particolare, ma non solo, in
Iraq e in Afghanistan. “La democrazia può fiorire soltanto – ha
proclamato il Pontefice nel corso della cerimonia –, come i vostri
Padri fondatori ben sapevano, quando i leader politici sono
guidati dalla Verità e usano la saggezza, generata dal principio
morale, nelle decisioni che riguardano la vita e il futuro della
Nazione”. Nulla potrebbe essere più lontano dall’illuminismo e
dal pluralismo tollerante di Voltaire e nessuna migliore conferma
potrebbe vantare la sua aspra critica dell’opportunismo politico
della Chiesa cattolica romana.
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DROIT
DROIT DES GENS, DROIT NATUREL, DROIT PUBLIC
Je ne connais rien de mieux sur ce sujet que ces vers de l’Arioste
au chant XLIV
Perché quell’apparenza esteriori
Non hanno i cor non hanno gli animi tali
Che non guardano al torto più che a diritto
Attendon formalmente al lor profitto
Rois, empereurs & successeurs de Pierre
Au nom de Dieu signent un beau traité;
Le lendemain ces gens se sont la guerre.
Pourquoi cela? C’est que la piété,
La bonne foi ne les tourmente guère.
Et que malgré St. Jacques & St. Matthieu
Lur intérêt est leur unique dieu.
S’il n’y avait que deux hommes sur la terre, comment vivraientils ensemble? Ils s’aideraient, se nuiraient. Se caresseraient, se
diraient des injures, se battraient, se réconcilieraient, ne pouraient
vivre l’un sans l’autre, ni l’un avec l’autre. Il seraient comme tous
l’homme sont aujourd’hui. Ils ont le don du raisonnement, oui;
mais ils ont aussi le don de l’instinct, & ils sentiront, & ils
raisonneront, & ils agiront toujours comme ils y sont destinés par
la nature.
Un DIEU ‘est pas venu sur notre globe pour assembler le genrehumain & pour lui dire, «J’ordonne aux Nègres & aux Cafres
d’aller tout nuds & de manger des insects. J’ordonne aux
Samoyèdes de se vêtir de peaux de rangisères & d’en manger la
chair toute insipide qu’elle est. Avec du poisson séché & puant, le
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tout sans sel. Les Tartares du Tibet croiront tout ce que leur dira
le dalaï-lama; & les Japonais croiront tout ce qu leur dira le dairi.
Les Arabes ne mangeront point de cochon, & les Westphaliens ne
se nourriront que de cochon .
Je vais tirer une ligne du mont Caucase à l’Egypte, & de l’Egypte
au mont Atlas: tout ceux qui habiteront à l’orient de cette ligne
pourront épouser plusieurs femmes, ceux qui seront à l’occident
m’en auront qu’une.
Si vers le golfe Adriatique depuis Zara jusqu’à la Polésine, ou
vers le marais du Rhin & de la Meuse, ou vers le mont Jura, ou
même dans l’île d’Albion, ou chez les Sarmates, ou chez les
Scandinaviens quelqu’un s’avise de vouloir rendre un seul
homme despotique, ou de prétendre lui-même à l’être, qu’on lui
coupe le cou au plus vite, en attendant que la destinée & moi nous
en ayons autrement ordonné.
Si quelqu’un a l’insolence & la démence de vouloir rétablir une
grande assemblée d’homme libres sur le Mançanarès ou sur la
Propontide, qu’il soit ou empâlé ou tiré à quatre chevaux.
Quiconque produira ses comptes suivant une certaine règle
d’arithmétique à Constantinople, au grand Caire, à Tafilet, à Deli,
à Andrinople, sera sur le champ empalé sans forme de procès; &
quiconque osera compter suivant une autre règle à Rome, à
Lisbonne, à Madrid, en Champagne, en Picardie & vers le
Danube depuis Ulm jusqu’à Belgrade, sera brûlé dévotement
pendant qu’on lui chantera des miserere.
Ce qui sera juste toute le long de la Loire sera injuste sur le bords
de la Tamise: car mes lois sont universelles, &c., &c., &c.»
Il faut avouer que nous n’avons pas de preuve bien claire, pas
même dans le Journal chrétien, ni dans la Clé du cabinet des
princes qu’un DIEU soit venu sur la terre promulguer ce droit
public. Il existe cependant; il est suivi à la lettre tel qu’on vient de
l’énoncer; & on a compilé, compilé, compilé sur ce droit des
nations de très beaux commentaires, qui n’ont jamais fait rendre
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un écu à ceux qui ont ét ruinés par la guerre ou par des édits, ou
par les commis des fermes.
Ces compilations ressemblent assez aux cas de confiance de
Pontas. Voici un cas de loi à examiner: il est défendu de tuer.
Tout meurtrier est puni, à moins qu’il n’ait tué en grande
compagnie & au son des trompettes; c’est la règle.
Du tems qu’il y avait encor anthropophages dans la forêt des
Ardennes, un bon villageois rencontra un anthropophage qui
emportait un enfant pour le manger. Le villageois ému de pitié,
tua le manger d’enfants, & délivrera le petit garçon qui s’enfuit
aussitôt. Deux passants voient de loin le bon homme, &
l’accusent devant le prévôt d’avoir commis un meurtre sur le
grand chemin. Le corps du délit était sous les yeux du juge, deux
témoins parlaient, on devait payer cent écus au juge pour ses
vacations; la loi était précise: le villageois fut pendu sur le champ
pour avoir fait ce qu’auraient fait à la place d’Hercule, Théseée,
Ronad & Amadis. Falait-il pendre le prévôt qui avait suivi la loi à
la lettre? Et que jugea-t-on à la grande audience? Pour résoudre
mille cas de cette espèce on a fait mille volumes
Puffendorf établit d’abord des êtres moraux. Ce sont, dit-il,
certains modes que les êtres intelligents attachent aux choses
naturelles, ou aux mouvements physiques, en vue de diriger ou de
restreindre la liberté des actions volontaires de l’homme pour
mettre quelque ordre, quelque convenance & quelque beauté
dans la vie humaine.
Ensuite, pour donner des iodées nettes aux Suédois & aux
Allemands du juste & de l’injuste, il remarque qu’il y a deux
sortes d’espace, l’un à l’égard duquel on dit que les choses sont
quelque part, par exemple ici, là; l’autre à l’égard duquel on dit
qu’elles existent en un certain tems, par exemple aujourd’hui,
hier, demain. Nous concevons aussi deux sortes d’états moraux,
l’un qui marque quelque situation morale, & qui a quelque
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conformité avec le lieu naturel; l’autre qui désigne un certain
tems en tant qu’il provient de là quelque effet moral, &c.
Ce n’est pas tous; Puffendorf distingue très curieusement les
modes moraux simples & les modes d’estimation, les qualités
formelles & les qualités opératives. Les qualités formelles sont de
simples attributs; mais les opératives doivent soigneusement se
diviser en originales & en dérivées.
En cependant Barbeirac a commencé ces belles choses, & on les
enseigne dans des universités. On y est partagés entre Grotius &
Puffendorf sur des questions de cette importance. Croyez-moi,
lisez, les offices de Cicéron.
DROIT PUBLIC
Seconde section
Rien ne contribuera peut-être plus à rendre un esprit faux, obscur,
confus, incertain, que la lecture de Grotius, de Puffendorf & de
presque tous les commentaires sur le droit public.
Il ne faut jamais un mal dans l’espérance d’un bien, dit la vertu
que personne n’écoute. Il est permis de faire la guerre à une
puissance qui devient trop prépondérante, dit l’Esprit des loix,
Quand les droits doivent-ils être constatés par la prescription? Les
publicistes appellent ici à leur secours le droit divin & le droit
humain, les théologiens se mettent de la partie. Abraham, disentils, & sa semence, avait droit sur le Canaan, car il y avait voyagé,
& DIEU le lui avait donné dans une apparition. Mais nos sages
maîtres, il y a cinq cent quarante-sept ans, selon la Vulgate, entre
Abraham qui acheta un caveau dans le pays & Josué qui en
saccagea une petite partie.. N’importe, son droit était clair & net.
Mais la prescription?...........point de prescription. Mais ce qui
s’est passé autrefois en Palestine doit-il servir de règle à
l’Allemagne & à l’Italie?.... Oui; car il l’a dit. Soit, messieurs, je
ne dispute pas contre vous, DIEU, m’en préserve,
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Leurs descendants d’Attila s’établissent, à ce qu’on dit, en
Hongrie. Dans quel tems les anciens habitants commencèrent – ils
à être tenus en conscience d’être serfs des descendants d’Attila?
Nos docteurs qui ont écrit sur la guerre & la paix sont bien
profonds; à les en croire tout appartient de droit au souverain pour
lequel ils écrivent. Il n’a pu rien aliéner de son domaine.
L’empereur doit posséder Rome, l’Italie & la France, (c’était
l’opinion de Barthole) premièrement parce que l’empereur
s’intitule roi des Romains; secondement parce que l’archevêque
de Cologne est chancelier d’Italie, & que l’archevêque de Trèves
est chancelier des Gaules. De plus, l’empereur d’Allemagne porte
un globe doré à son sacre; donc il est maître du globe de la terre.
A Rome il n’y a point de prêtre qui n’ait appris dans son cours de
théologie que le pape doit être souverain du monde, attendu qu’il
est écrit que Simon fils de Jone en Galilée, ayant surnom Pierre,
on lui dit, Tu es Pierre & sur cette pierre je bâtirai mon
assemblée. On avait beau dire à Grégoire VII, Il ne s’agit que des
âmes, il n’est question due du royaume céleste. Maudit damné,
répondait-il, il s’agit du terrestre; & il vous damnait!
Des esprits encor plus profonds fortifient cette raison par un
argument sans réplique. Celui dont l’évêque de Rome se dit
vicaire, a déclaré que son royaume n’est point de ce monde; donc
ce monde doit appartenir au vicaire quand le maître y a renoncé.
Qui doit l’emporter du genre-humain ou des décrétales? Les
décrétales sans difficulté.
On demande ensuite, s’il y eu quelque justice à massacrer en
Amérique dix ou douze millions d’hommes désarmés? On répond
qu’il n’y a rien de plus juste & de plus saint, puisqu’ils n’étaient
pas catholiques, apostoliques & romains.
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Il n’y a pas un siècle qui il était toujours ordonné dans toutes les
déclarations de guerre des princes chrétiens, de courre-sus à tous
les sujets du prince à qui des mailles & à manches pendantes.
Ainsi la signification une fois faite, si un Auvergnat rencontrait
une Allemande il était tenu de la tuer, sauf à la violer avant ou
après.
Voici une question fort épineuse dans les écoles: le ban &
l’arrière-ban étant commandés pour aller tuer & se fer tuer sur la
frontière, Les Suabes étant persuadés que la guerre ordonnée était
de la plus horrible injustice, devaient-ils marcher? quelques
docteurs disaient oui; quelques justes disaient non; que disaient
les politiques?
Quand on eut bien disputé sur ces grandes questions
préliminaires, dont jamais aucun souverain ne s’est embarrassé ni
ne s’embarrassera, il fallut discuter les droits respectifs de
cinquante ou soixante, sur le comté d’Alost, sur la ville d’Orchies,
sur le duché de Berg & de Juliers, sur la comté de Tournay, sur
celui de Nice, sur toutes les frontières de toutes les provinces; &
le plus faible perdit toujours sa cause.
On agita pendant cent ans si le ducs d’Orléans, Louis XII,
François I, avaient droit au duché de Milan, en vertu du contracte
de mariage de Valentine de Milan, petite-fille du bâtard, un brave
paysan nommé Jacob Muzio. Le procès fut jugé par la bataille de
Pavie.
Les ducs de Savoye, de Lorraine, de Toscane, prétendirent aussi
au Milanais; mais on a cru qu’il y avait dans le Frioul une famille
de pauvres gentilshommes issue en droite ligne d’Alboïn roi de
Lombard, qui avait un droit bien antérieur.
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Les publicistes ont fait de gros livres sur les droits de Jérusalem.
Les Turcs n’en ont point fait; mais Jérusalem leur appartient, du
moins jusqu’à présent dans l’année 1770; & Jérusalem n’est point
un royaume.
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