Rassegna Stampa del 16/09/2010
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AESVI Rassegna Stampa del 16/09/2010 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE AESVI Il capitolo non contiene articoli VIDEOGIOCHI 16/09/2010 Sole Nova PROFESSIONE gamers 4 16/09/2010 Sole Nova DOVE IMPARARE L'ARTE DEL GIOCO 6 16/09/2010 Sole Nova C'ERA UNA VOLTA LA TIMIDA SAMUS 7 VIDEOGIOCHI 3 articoli 16/09/2010 Sole Nova Pag. 4 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato PROFESSIONE gamers Davide Soliani che lavora negli studios milanesi di Ubisoft racconta come si realizzano giochi con Kinect STORIE >DIETRO LO SCHERMO LUDICO La vita, i corsi e i percorsi per imparare a programmare e concepire un videogioco LUCA TREMOLADA A Milano in via Pace c'era l'Istituto tecnico statale ad ordinamento speciale, meglio noto come Itsos. C'era perché oggi l'hanno spostato. Ma negli anni Ottanta quelli dell'Itsos se li ricordano tutti. Erano gli studenti più colorati e casinisti tanto da rubare alle manifestazioni la scena ai licei della Milano bene. L'istituto era fatiscente, le materie molto interessanti (cinema, computer, new media e arti visuali) e gli insegnanti passavano per essere rivoluzionari e vicini ai ragazzi (tra questi c'era il cantante di blues Fabio Treves). Una scuola diversa dalle altre e proprio per questo molto discussa. Da quel l'istituto è uscito uno dei pochissimi game designer italiani. Forse l'unico che oggi sta lavorando a un videogioco per Kinect, una nuovissima tecnologia Microsoft per Xbox 360 che promette di far scomparire joystick e controller e che intende rivoluzionare il modo di giocare davanti al televisore. Lui si chiama Davide Soliani, ha 37 anni, lavora negli studios milanesi di Ubisoft, e da 13 anni crea e progetta videogiochi. Un mestiere invidiato: in Giappone (ma non solo) i game designer sono considerati rock star. Personaggi come Shigeru Miyamoto (il papà di Supermario), Hideo Kojima (Metal Gear Solid) ma anche Will Wright, il creatore dei Sims, o Cliffy B (Gears of War) hanno su internet (e anche fuori) un seguito senza precedenti. Incontrarlo non è stato facile. La sua agenda è fittissima: ha una manciata di mesi per finire MotionSports, un gioco di sport prodotto in esclusiva per Kinect: «Noi ci abbiamo messo le mani da quattro mesi ma non è semplice, quelli di Microsoft ci stanno ancora lavorando e a noi tocca ogni volta ricominciare da capo», racconta a luglio Davide Soliero che, per questo progetto ha a disposizione praticamente tutto lo studio di Milano, una squadra di 40 persone più altre due strutture di Ubisoft all'estero impegnate su singoli sport. «Per un game designer è una sfida che capita una volta nella vita - ammette -. Il solco è sempre quello tracciato dalla Wii di Nintendo. Videogiochi più "sociali" adatti a qualsiasi profilo di giocatore. Proprio per questo difficili da far digerire ai "gamers" più incalliti, quelli stravaccati sul divano nella penombra con il joystick stretto nelle mani. Loro sono più difficili da conquistare. Ma il bello di questo nuovo hardware è che puoi sorprendere: immagina durante un gioco di esplorazione di poter accendere la luce di una casa semplice pronunciando la parola luce. Oppure schioccare le dita e vedere che qualche cosa accade dentro lo schermo. Per un bambino di otto anni immagino sia quanto di più vicino alla magia ci possa essere». Correre sul posto, guidare un'auto semplicemente muovendo le mani o menare calci e pugni a destra e manca interagendo con un mondo virtuale è la promessa, ma anche il limite, di Kinect. Senza bottoni e leve, senza qualche cosa di fisico da toccare è difficile misurarsi con i videogiochi, almeno come finora sono stati concepiti. Ma forse è proprio questo il bello. Un game designer pianifica e decide le regole del gioco, da quanto in alto deve saltare un personaggio alla posizione dei nemici. Quando però la tecnologia è nuova deve per forza ripartire da zero per studiare come tradurre un'emozione in un'esperienza di gioco. «Adesso è tutto più facile - riflette Davide -. Le nuove periferiche di gioco danno a noi grande libertà di immaginazione. Quando ho iniziato io, invece, i limiti erano enormi: la memoria non bastava mai. Per divertire avevamo a disposizione solo qualche pixel. Ma se ci pensiamo è così che è nato Pong, il primo videogame della storia. Una barretta che si muove in alto e in basso e una pallina da colpire. Semplice, no?». Sembrano passati millenni, ma quando ha iniziato Davide Solieri la Wii non c'era ancora e neppure la grafica in Hd. In Giappone avevano appena inventato il Tamagotchi, si giocavo molto alle avventure come The Curse of Monkey Island e Virtua Fighter 3 era il gioco più sofisticato sul fronte della grafica. «Io all'epoca ero uscito dall'Itsos, con indirizzo cinematografico. Consumavo grandi quantità di libri e videogiochi e ogni tanto scrivevo VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 16/09/2010 4 16/09/2010 Sole Nova Pag. 4 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato per qualche rivista specializzata. Quando ha aperto Ubisoft a Milano mi sono presentato come autodidatta. E loro hanno creduto da subito in me». A Milano però ci è restato poco. Voleva una esperienza all'estero. Così decise di andare a Londra per lavorare con Kuju una casa di produzione che in quegli anni sviluppava videogame con Nintendo. «Per due mesi dormivo in ufficio. Ma ero disposto a tutto per inseguire il mio sogno. Io nasco giocatore Nintendo - tiene a precisare Davide -. Volevo a tutti i costi imparare da loro». Dopo aver lavorato su Battalion War per Gamecube lascia l'Inghilterra per il Canada. Va a Montreal tornando in Ubisoft. «Parto dal gradino più basso, il level designer. In realtà è ingiustamente considerato una ruolo secondario. Il level design in realtà è colui che da solo è responsabile del 50% del gioco. È un po' come il batterista, detta il ritmo tattile del game. A ogni modo, nel giro di sei mesi torno a essere game designer. Anzi, entro a far parte del board creativo. Là, diciamo, mi scontro per la prima volta con la Wii». Per le sue mani passano titoli come Boog and Elliot a caccia di amici e il videogame tratto dal film di James Cameron, Avatar. A Montreal però non ci resta molto. Decide di tornare a Milano. «Cercavo una dimensione di lavoro più "familiare". Come in molti altri campi anche nei grandi studios lo sviluppo di videogame richiede sempre di più figure iperspecializzate che seguono solo alcune fasi della lavorazione. Io invece sono abituato a seguire il processo passo a passo insieme ai miei collaboratori. È il mio modo di concepire i giochi. In un certo senso osserva - è qualcosa che ho imparato a scuola. Anzi, in quella scuola, in via Pace». © RIPRODUZIONE RISERVATA Dicono di loro... stessi Facciamo giochi con le pistole perché con le parole è difficile e per ora non interessante Nome Cliff Bleszinski Nikname: CliffyB età: 35 anni Professione: director design Epic Games Giochi all'attivo: Jazz Jackrabbit, Gears of war I , II e III I designer dell'occidente hanno ambizione e abilità di rendere i loro sogni realtà Nome: Hideo Kojima età: 47 anni Professione: game designer, vice presidente Konami e direttore Kojima Production giochi: Metal Gears Solid Kung fu, tai chi e teatro danza hanno influenzato la mia filosofia di game designer Nome: Jonathan Blow Professione: game designer Età: 31 anni Giochi all'attivo: Braid, vincitore del "premio design"all'Independent Games Festival (2006) Foto: Studio Ubisoft Milano. Lavorano circa 40 persone. Ci sono il producer, il lead game designer e poi una decina di programmatori, 5 game designer, 5 animatori, 10 artist e il resto si divide tra scriptwriter, sound designer e tester. Foto: I bozzetti. Appesi sul muro i disegni di Davide Soliani che descrivono fasi del gioco sportivo MotionSports studiato appositamente per Kinect la periferica di Microsoft attesa in Italia a novembre. Notes e appunti. Un muro di fogliettini gialli dove tutta la squadra di Ubisoft appunta idee e progetti per lo sviluppo del gioco. Controlli di sviluppo. Un televisore con una Xbox360 collegata a Kinect. È qui che i responsabili provano e verificano gli avanzamenti sul fronte del game design. Ezio cartonato. Nella foto il protagonista di Assassin's Creed, blockbuster di Ubisoft, a grandezza quasi naturale. Il nuovo Assassin's Creed Brotherhood sarà disponibile dal 18 novembre per Xbox360 e Ps3. VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 16/09/2010 5 16/09/2010 Sole Nova Pag. 4 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato >arte>matematica>scuole DOVE IMPARARE L'ARTE DEL GIOCO Il rischio è l'effetto "saranno famosi". Diventare game designer spesso viene scambiato con un percorso professionale che ha più a che vedere con l'arte che con la matematica. Game designer di successo sono osannati dalla stampa specializzata e dagli appassionati come idoli pop. E poi ci sono i soldi: per un programmatore scrivere codice per l'industria del gaming spesso è più vantaggioso rispetto ad altre aree del software. Tuttavia, vale la pena ricordare che sono molte e diverse le professionalità che coprono la fase di progettazione, sviluppo e produzione di un videogioco. C'è lo sviluppatore di ambiente 2D e 3D, il level designer ovvero colui che progetta le meccaniche di gioco, ma anche lo sceneggiatore che scrive i dialoghi e si occupa della trama. Un blockbuster per console può avere uno staff di due-trecento persone. Mentre un gioco in flash o un "indie-games" può tranquillamente richiedere cinque programmatori di talento. Per entrare in questo mondo le strade sono molte perché non esiste un percorso istituzionalizzato. Negli Stati Uniti tra college, università e corsi di specializzazione sono salite a 300 le scuole dove imparare il mestiere. Secondo The Princeton Review e Gamepro (http://tinyurl.com/38rhw2l) le scuole da tenere d'occhio sono Sacred Heart University, The Art Institute of Vancouver (Canada), The Georgia Institute of Technology, Columbia College Chicago e University of Southern California. In Europa da segnalare l'Università di Tampere (Finlandia) e la Brunel University (Inghilterra). Anche in Italia cominciano a esserci corsi e master dedicati a chi vuole sviluppare videogame. La Luiss ha un master in video e computer game. L'Università di Verona un master universitario in Computer Game Development (le iscrizioni si chiudono il 18 settembre), mentre lo Ied ha aperto un corso di tre anni in Digital & Virtual Design, Specializzazione in CG Animation & Videogame Development. Un indirizzo formativo dedicato al l'ideazione e realizzazione di prodotti di animazione digitale per il cinema (cartoni animati in 3D) e opere multimediali interattive, tradotto videogames. (l.tre.) © RIPRODUZIONE RISERVATA VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 16/09/2010 6 16/09/2010 Sole Nova Pag. 5 La proprietà intelletuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato >Metroid Other M C'ERA UNA VOLTA LA TIMIDA SAMUS Prima di Lara Croft c'era lei, Samus Aran, bionda, introversa e gelida. La prima se non una delle più anziane eroine del mondo dei videogiochi. È comparsa in segreto nel 1986 in Metroid per console Nes di Nintendo. In segreto perché solo alla fine del gioco si scopriva che dentro l'esoscheletro il cacciatore di taglie era una lei. L'intuizione ebbe successo. Eroine femminili cominciarono a popolare l'universo videoludico. Ventiquattro anni e dodici capitoli dopo, Samus Aran torna in Metroid Other M, un gioco per Wii che intende concentrarsi sulla "guerriera" riprendendo le fila della storia dopo il titolo Super Metroid. Alla guida ancora una volta Yoshio Sakamoto, produttore e game designer storico della serie, nonché uno dei più brillanti talenti della Nintendo. Questa volta ha " operato" affiancato da Team Ninja, una casa di sviluppo nota per Dead or Alive e Ninja Gaiden, due giochi che spiccano per cura della grafica e per aver dato vita a protagoniste femminili sexy ed estroverse. Per certi versi l'opposto di Samus Aran. «In realtà spiega Sakamoto - questo gioco mostrerà quanto Samus sia sensibile contrariamente al suo aspetto freddo e professionale. Anzi, cambierete idea sul suo conto. Addirittura sono convinto che in questa nuova veste la troverete più attraente che mai». Un cambiamento di registro, quindi, e una sterzata decisiva forse dettata da un modo di "disegnare" gli eroi dei videogame più ispirato ai divi di Hollywood che alla cultura manga. Sotto questo aspetto c'è chi percepisce un ripensamento nel modo di progettare i videogiochi in Giappone, una maggiore apertura alle influenze occidentali. «Posso confermare - osserva Sakamoto - che più di ogni altra cosa Dario Argento ha rappresentato per me fonte di ispirazione. Apparentemente in questo gioco non ci sono feature che fanno paura. Ma in diversi aspetti tecnici come il movimento della telecamera nei momenti di tensione, potrete individuare la sua influenza nei miei lavori». [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Foto: Yoshio Sakamoto VIDEOGIOCHI - Rassegna Stampa 16/09/2010 7