1 introduzione 3 2 premessa 4 3 il fenomeno degli incendi boschivi

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1 introduzione 3 2 premessa 4 3 il fenomeno degli incendi boschivi
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INTRODUZIONE
3
2
PREMESSA
4
3
IL FENOMENO DEGLI INCENDI BOSCHIVI
5
3.1
LE CAUSE DEGLI INCENDI
6
3.2
IL COMPORTAMENTO DEL FUOCO
6
3.3
PRINCIPALI CARATTERI PIROLOGICI
8
3.4
CATEGORIE DI INCENDIO
8
4
DANNI DA INCENDIO BOSCHIVO
10
4.1
DANNI DI TIPO ECOLOGICO, NATURALISTICO E IDROGEOLOGICO
10
4.2
DANNI ALLE FUNZIONI DEL BOSCO
12
5
INDAGINE STORICA SUGLI INCENDI PREGRESSI
13
6
LA VIABILITÀ
17
7
VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI INSORGENZA DI INCENDI
21
7.1
PREMESSA
21
7.2
LA PROCEDURA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO
22
7.2.1
INDIVIDUAZIONE DEI CRITERI DI VALUTAZIONE
23
7.2.2
STRUTTURAZIONE DELLE CONOSCENZE
24
7.2.3
CARATTERISTICHE DELLA METODOLOGIA DI VALUTAZIONE
25
7.3
IL RISCHIO POTENZIALE
26
7.3.1
FATTORI PREDISPONENTI
26
7.3.2
FATTORI DETERMINANTI
29
7.3.2.1
Distanza dalle strade carrozzabili
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1
7.3.2.2
Distanza dal nucleo abitato più vicino
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7.4
IL RISCHIO STATISTICO
30
7.5
RISULTATI DELL’ANALISI DEL RISCHIO
31
INTERFACCIA URBANO-NATURALE
32
8
8.1
PREMESSA
32
8.2
DEFINIZIONE DEL RISCHIO D’INTERFACCIA
33
8.3
CARATTERISTICHE DELL’ORGANIZZAZIONE DI ESTINZIONE
33
8.4
RISCHI SPECIFICI NEGLI INCENDI DI INTERFACCIA
34
9
LA PREVENZIONE
36
9.1
PREMESSA
36
9.2
CRITERI ATTUATIVI
37
9.3
PREVENZIONE INDIRETTA
38
9.4
PREVENZIONE DIRETTA
41
9.4.1
SUL TERRITORIO – PREVENZIONE INFRASTRUTTURALE
42
9.4.2
SUL TERRITORIO – PREVENZIONE STRUTTURALE
42
9.4.3
SUL TERRITORIO – INTERVENTI SELVICOLTURALI
42
9.4.3.1
9.4.4
10
Ricostruzione dei boschi incendiati
SUL SISTEMA ANTINCENDIO – ORGANIZZAZIONE E OPERATIVITÀ
BIBLIOGRAFIA
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INTRODUZIONE
Le normative regionali n. 10 e n. 11 del 1998 unitamente al protocollo d’intesa sugli
incendi boschivi, accentuano il ruolo delle Province nella difesa dei soprassuoli forestali dal
fuoco.
A partire dalle linee guida ed operative predisposte dalla Regione Lombardia e sulla base
di una specifica fase di analisi territoriale, il Piano intende fornire un’organica pianificazione
nel comparto della prevenzione e previsione (conoscenza del rischio di incendio,
informazione e propaganda, corsi di specializzazione ed aggiornamento, impianto ed
utilizzo di stazioni di monitoraggio, interventi selvicolturali, predisposizione di
infrastrutture antincendio quali piste, vasche, piazzole, ecc.) e nel comparto dell’estinzione
(consistenza e localizzazione delle risorse disponibili, organizzazione delle squadre,
determinazione del fabbisogno di mezzi, ecc.).
Allo scopo di rendere l’analisi territoriale più agevole, dinamica ed in grado di
interfacciarsi con altre basi informative, il piano è stato supportato dall’impiego di un
Sistema Informativo Geografico (GIS, Geographic Information System). La redazione del
Piano mediante tale metodologia, affiancata alla disponibilità di personale tecnico
qualificato, permetterà alla Provincia di disporre di uno strumento in grado di rendere più
rapide ed analitiche le attività di pianificazione e gestione del territorio.
Il Piano è stato concepito come strumento di lavoro e pertanto prevede una struttura di
agile consultazione, composta da una relazione generale e da una serie di allegati tematici.
Per ciascun comparto operativo si è inoltre proceduto alla redazione di specifiche schede
tecniche da utilizzarsi nell’ambito delle attività di emergenza.
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PREMESSA
La legge 21 novembre 2000, n. 353, definisce incendio boschivo un fuoco con
suscettività ad espandersi su aree boscate, cespugliate o erborate, comprese eventuali
infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o
incolti e pascoli limitrofi a dette aree.
Secondo la legge quadro, la protezione dagli incendi viene affrontata dalle regioni anche
mediante la redazione di piani di previsione, prevenzione e lotta attiva. All’ art.3, comma 4
la stessa legge elenca i contenuti del piano.
Oltre a ciò la normativa regionale vigente prevede che anche le Comunità Montane si
dotino di specifiche norme di protezione contro gli incendi boschivi.
I vari livelli pianificatori devono comunque e necessariamente essere coerenti fra loro e
per questo, nonostante le modalità attuative siano volta per volta considerevolmente
diverse, i criteri di base da seguire sono dettati dalle pianificazioni di livello gerarchico
superiore.
La protezione dagli incendi boschivi è una materia eminentemente interdisciplinare, in
quanto la realizzazione di un piano di protezione del patrimonio boschivo dal fuoco
impone l’analisi di un elevato numero di fattori. Tale impostazione presuppone equilibrio
tra l’analisi legata al comparto dell’estinzione e quella legata al comparto della prevenzione,
che spesso risulta ingiustamente subordinato.
La riduzione del danno causato da un incendio dipende non solo dalla tempestività
dell'intervento, ma anche da un'attenta previsione del rischio ai fini dell’individuazione delle
aree a maggior rischio e di una implementazione della gestione delle risorse; obiettivo
principale del presente piano è proprio la zonizzazione del territorio in funzione del rischio
e l’ottimizzazione nell’allocazione e uso delle risorse disponibili.
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IL FENOMENO DEGLI INCENDI BOSCHIVI
La combustione necessita di tre elementi base per poter avvenire e continuare nel
tempo:
•
il combustibile, ovvero l’insieme delle sostanze vegetali;
•
il comburente ossia l’ossigeno atmosferico;
•
l’energia di accensione fornita da un qualsiasi apporto esterno, generalmente una
fiamma.
Questi tre fattori costituiscono il cosiddetto triangolo del fuoco, la cui area rappresenta
l’intensità della fiamma. Diminuendo uno dei lati del triangolo e quindi uno degli elementi
definiti in precedenza, diminuisce l’intensità della fiamma e con essa il calore sviluppato dal
fuoco.
Ossigeno
Calore (energia di accensione)
FUOCO
Combustibile
L’incendio boschivo ha inizio generalmente con la combustione di sostanze vegetali
leggere e di piccole dimensioni per progredire fino ad un aumento di energia tale da
consentire anche alla biomassa di maggiori dimensioni (tronchi) di bruciare. La
propagazione degli incendi avviene secondo modalità dovute a diversi fattori, tra cui
assumono particolare rilevanza le caratteristiche delle coperture vegetali, lo stato dei
combustibili, l’esposizione dei versanti, le caratteristiche clivometriche degli stessi ed infine
i fattori climatici, ultimi ma certamente non meno importanti.
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Lo spopolamento del territorio montano ed il conseguente deterioramento dello stato
colturale dei boschi hanno contribuito all'aumento della frequenza con cui si presentano
condizioni predisponenti lo sviluppo del fuoco, se a questo si aggiunge l'azione dell'uomo
quale causa prioritaria di incendio, si trova una spiegazione al fatto che in Italia migliaia di
ettari di superficie boscata sono annualmente percorsi dal fuoco, nonostante il
potenziamento dei mezzi tecnici di cui oggi dispongono i servizi operativi. Negli ultimi 20
anni sono stati distrutti dal fuoco circa 2.697.000 ettari di superficie boscata, su un
patrimonio boschivo nazionale di circa 8.675.100 ettari.
In questo contesto la conoscenza del pericolo di incendio, e quindi la sua previsione,
risulta fondamentale in quanto permette di organizzare in modo ottimale tutte le azioni di
prevenzione e di estinzione.
3.1
Le cause degli incendi
La probabilità che un determinato soprassuolo sia interessato da incendio dipende da
una serie di fattori raggruppabili in:
predisponenti - caratteristiche intriseche come la copertura vegetale, la giacitura, gli
aspetti selvicolturali e i fattori climatici;
determinanti - cause naturali o di origine antropica. Le prime, possono essere
rappresentate dai fulmini o dall’autocombustione (fenomeni estremamente rari nel
territorio regionale). Le cause antropiche sono le più significative e possono essere distinte
in colpose o dolose.
3.2
Il comportamento del fuoco
Il comportamento del fuoco durante un incendio boschivo dipende da alcuni parametri
tra loro interagenti:
•
velocità di propagazione del fronte di fiamma: la velocità con la quale si sposta il
fronte di fiamma è correlabile al tipo di incendio, e da essa dipende la sua
pericolosità e la sua diffusibilità. Infatti tanto più è veloce l’avanzamento del
fronte di fiamma, tanto maggiore è la difficoltà a spegnere l’incendio. Mentre la
velocità del fronte di fiamma cresce con l’aumentare della quantità di biomassa
disponibile per la combustione, la velocità di avanzamento diminuisce in
maniera proporzionale all’aumento della quantità di biomassa totale. Infatti
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maggiore è la quantità di biomassa non bruciabile, maggiore è l’umidità
trattenuta nel sottobosco da cui inizia la combustione.
•
lunghezza della fiamma: il secondo parametro per definire il comportamento del
fuoco è la lunghezza di fiamma. In condizioni reali, cioè solitamente con vento
laterale, la fiamma tende ad inclinarsi e ad allungarsi. Solitamente per queste
condizioni, il calcolo della lunghezza del fronte di fiamma è pari:
L= 0,45 x I0,46
dove
L= lunghezza della fiamma,
I= intensità del fronte di fiamma
•
intensità del fronte di fiamma: l’intensità del fronte di fiamma, che esprime
l’energia emanata nell’unità di tempo in Kcal per metro lineare, può essere
calcolata con l’espressione di Byram:
I= CxPxV
dove
I= intensità lineare del fronte di fiamma
C= potere calorifico del combustibile
P= quantità di materiale consumato durante la combustione
V= velocità di avanzamento del fronte di fiamma.
L’intensità della fiamma (I) può anche essere calcolata basandosi sull’altezza della
fiamma (H) sulla base della seguente espressione:
I= 273xH2,17
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3.3
Principali caratteri pirologici
I principali caratteri pirologici della vegetazione sono l’infiammabilità, dovuta ad una
maggiore o minore prontezza a sprigionare le fiamme, e la combustibilità, consistente
nell’attitudine a sopportare un processo di combustione più o meno rapido e durevole nel
tempo. Entrambi i caratteri dipendono da fattori biologici quali la copertura vegetazionale e
la sua composizione, densità e struttura e da fattori ambientali come le condizioni
meteorologiche e geomorfologiche tipiche della zona presa in esame.
La necromassa (lettiera, ramuli, ceppaie, alberi secchi) ed il contenuto idrico della stessa,
dipendente dall’igrometria e dalle piogge più recenti, condizionano il carattere di
infiammabilità; se abbastanza continua ed abbondante, la necromassa può condizionare
anche l’avanzamento del fuoco, finché questo attacca i tessuti verdi adiacenti
provocandone il preriscaldamento ed il disseccamento.
La combustibilità del popolamento è quindi funzione in prima istanza della necromassa
esistente ed in secondo luogo della quantità e della qualità di biomassa investita dalle
fiamme. Il grado di idratazione della biomassa è correlato allo stato fisiologico della pianta
e regolato in ogni specie dalle proprietà genetiche proprie secondo la disponibilità idrica
stagionale (precipitazioni) ed edafica (acqua di ritenzione del suolo). In ogni fase
dell’incendio, i fattori che regolano il comportamento del fuoco sono pertanto l’umidità
presente nel materiale organico, le dimensioni degli elementi, la massa relativa e
l’assembramento tra i diversi piani del bosco, ovvero la struttura dello stesso sia in senso
orizzontale sia, e soprattutto, in senso verticale.
Quanto detto fino ad ora, integrato da osservazioni generali riguardanti il clima, la
morfologia del terreno, l’esposizione dei versanti e la loro pendenza, può consentire di
attribuire ad ogni associazione vegetale dei livelli di vulnerabilità e di rischio d’incendio.
3.4
Categorie di incendio
Il fuoco può svilupparsi in diversi modi in funzione dello strato di vegetazione che va a
coinvolgere: fuoco radente, di chioma, totale e sotterraneo. Non è da escludere che durante
l’incendio il fuoco non cambi caratteristiche evolvendosi verso tipologie di incendio
diverse.
Il fuoco radente è caratterizzato in genere da una fiamma bassa in grado di bruciare gli
strati erbacei ed arbustivi, lasciando integre le chiome delle piante ed arrecando un danno
più o meno esteso solo ai tronchi. Il danno è proporzionale sia alla dimensione della pianta
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sia al tempo in cui la pianta è stata a contatto con il fuoco ed esposta al calore. In genere il
danno in questo tipo di incendio è piuttosto limitato; può diventare grave se la stessa area è
colpita da più incendi nel corso di anni consecutivi.
Un evento che arreca danni quasi totali è l’incendio della chioma. E’ un evento difficilmente
contrastabile con i mezzi ordinari e la sua evoluzione può essere considerata la
prosecuzione di un incendio con fuoco radente in un bosco ove la massa vegetale presente
nei piani intermedi consente il passaggio della fiamma dal terreno alla chioma.
L’incendio totale è caratterizzato dal fuoco che percorre tutti gli strati vegetazionali: dalla
lettiera, alla vegetazione erbacea, ai cespugli ed arbusti, fino al tronco e alla chioma degli
alberi. Il danno che deriva da questo tipo di incendio è globale ed è impossibile porvi
rimedio senza ricorrere a mezzi drastici quali la lotta con mezzi aerei o a terra tramite la
realizzazione di viali tagliafuoco con mezzi meccanici.
Un ultimo tipo di incendio è quello sotterraneo, che può durare parecchio tempo e si
sviluppa in periodi particolarmente siccitosi in presenza di umidità del terreno molto bassa.
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DANNI DA INCENDIO BOSCHIVO
Nella letteratura scientifica esistono approcci differenti alla valutazione dei danni subiti
da un ecosistema forestale a causa del passaggio del fuoco. In funzione del tipo di disciplina
che si pone l’obiettivo di stimare e quantificare questo danno, le variabili che di volta in
volta vengono prese in considerazione possono anche risultare profondamente diverse.
Accanto ai macroscopici danni al popolamento arboreo in senso stretto, esistono altre
offese, difficilmente individuabili e quantificabili, che coinvolgono il funzionamento
dell’intero ecosistema “bosco”, da un lato, e il suo ruolo come parte integrante del
territorio, dall’altro. Infatti alla perdita, totale o parziale, del soprassuolo arboreo si
affiancano profonde modificazioni alla vegetazione erbacea e arbustiva, alla fauna in
genere, alle proprietà del suolo; ma anche alla fruibilità del bosco, e al suo inserimento nel
paesaggio.
Gli effetti dannosi sono strettamente collegati alle caratteristiche vegetazionali e
morfologiche del sito, ma a parità di tali caratteristiche sono strettamente dipendenti dal
comportamento dell’incendio.
4.1
Danni di tipo ecologico, naturalistico e idrogeologico
Per quanto attiene agli effetti sul popolamento arboreo si possono considerare le
risposte dei fusti al fuoco in termini di danni ricevuti, probabilità di morte e processi di
cicatrizzazione. Queste risposte vengono verificate sia a livello dei tessuti che hanno subito
l'azione del fuoco sia a livello dell'intero individuo (Gill 1995): a livello dei tessuti, la
probabilità di danneggiamento può essere correlata ad alcuni parametri fondamentali, quali
la differenza tra la temperatura ambientale e quella letale per i tessuti, nonchè il tempo di
persistenza delle fiamme.
A livello di individuo, invece, si devono considerare molti fattori ecologici che
interagiscono, tra i quali predomina la dinamica e l'intensità dell'incendio, che crea
specifiche condizioni ambientali durante l'evento. Gli effetti dipendono dalla natura e dalla
distribuzione dei tessuti vitali, dalla natura e dallo spessore della corteccia; valore critico
presenta anche la distribuzione delle gemme. Unico segno certo e misurabile per
quantificare il danno sugli individui arborei è la valutazione delle scottature che
permangono sul fusto e l’analisi della presenza di foglie vive e ricacci, che a seconda del
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10
periodo in cui è avvenuto l’incendio, deve essere effettuata nell’anno stesso o in quello
successivo.
Ad aggravare il quadro può presentarsi una infestazione di parassiti (in genere Coleotteri
Scolitidi) che si sviluppano a spese della frazione lignea degli individui sottoposti allo stress
da incendio; quindi, se la calamità non ha distrutto completamente il popolamento,
l’intervento di tali insetti potrebbe portare a morte gli esemplari sopravvissuti che
potrebbero a loro volta costituire un pericoloso serbatoio per i popolamenti arborei
limitrofi all’area incendiata.
Analogo discorso può essere fatto per lo strato arbustivo ed erbaceo, ricordando che in
genere la probabilità di subire danni totali è generalmente superiore per queste componenti
che non per la componente arborea.
Una forte influenza alle caratteristiche assunte dalla vegetazione del sottobosco, dopo il
passaggio dell’incendio, è esercitata dalle variazioni che avvengono a livello del terreno e
che quindi si riflettono sulla fertilità:
A livello biologico, in genere, si verifica una sorta di “sterilizzazione” temporanea a
carico degli organismi fungini o animali che fungono da bioriduttori delle sostanze
organiche cadute al suolo (batteri, funghi saprofiti, acari, collemboli, nematodi,ecc…); a
livello chimico invece si assiste ad un innalzamento del pH degli strati più superficiali del
terreno a causa dell’accumulo di ceneri da combustione della lettiera, della biomassa
sovrastante e dalla demolizione degli acidi organici derivanti dall’umificazione. Anche le
caratteristiche fisiche del terreno peggiorano in funzione della distruzione della sostanza
organica con riduzione della porosità e destrutturazione del complesso, con conseguenze
sulla capacità di trattenimento dell’acqua, sulla parziale impermeabilizzazione del suolo
sottostante le ceneri (Bovio,1988) e sul suo temporaneo inaridimento.
Questo è uno dei principali motivi per cui agli incendi vengono attribuiti ingenti danni
dal punto di vista idrogeologico e della difesa del suolo; il fenomeno sopra ricordato
favorisce l’innescarsi di processi erosivi per allontanamento della parte superficiale del
terreno, processi favoriti dall’aumento del ruscellamento a causa dell’assenza di sottobosco,
e dall’inefficacia del soprassuolo bruciato a smorzare la forza erosiva della pioggia, a
prevenire il distacco di valanghe o a rallentare la loro avanzata.
Per completare il, seppur parziale, quadro relativo ai danni ecologici, naturalistici,
idrogeologici non bisogna dimenticare gli effetti indiretti e diretti sulla fauna: dalla mortalità
subita dalla popolazione animale, alla perdita di nicchie e habitat tipici. Spesso si assiste alla
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distruzione di importanti siti di riproduzione, di svernamento, di alimentazione … anche di
specie di particolare interesse ecologico, biogeografico o venatorio.
4.2
Danni alle funzioni del bosco
Accanto a questa tipologia di danni, e come conseguenza di questi, esiste tutta una serie
di effetti negativi del fenomeno incendio di tipo “pubblico/sociale”, che coinvolgono in
modo diretto o indiretto l’uomo e le sue attività. Da un lato si ha la perdita del materiale
legnoso e dei prodotti del sottobosco (funghi, tartufi, piccoli frutti,…) nonché della
selvaggina, dall’altro di tutti quei servizi che il bosco svolge e che il linguaggio economico
definisce “prodotti senza prezzo” per le difficoltà che si incontrano ad esprimere in termini
monetari il loro valore (Landi,1994). Ci si può riferire alla perdita di servizi di tipo turistico
o ricreativo, per scopi didattici o culturali, per la raccolta dei prodotti o per la caccia, per il
ruolo che il soprassuolo boscato svolge a livello estetico e nei confronti del paesaggio o alla
protezione che lo stesso esercita su abitati e infrastrutture in genere.
Il bilancio dei danni provocati dal fuoco si può riassumere in danni di ordine monetario
anche se l’approccio di stima classico non è in grado di quantificare i danni ecologici e
quelli che coinvolgono le funzioni estetiche e fruitive del bosco. A concorrere alla
quantificazione del danno monetario in genere intervengono:
•
Il valore intrinseco del bene distrutto;
•
Il costo degli interventi di spegnimento;
•
Il costo delle opere di riforestazione.
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5
INDAGINE STORICA SUGLI INCENDI PREGRESSI
Per il territorio in esame sono disponibili dati statistici ufficiali forniti dal Corpo
Forestale dello Stato - Coordinamento Provinciale di Brescia a partire dal 1994 ad oggi.
Anno
N. Incendi
Superficie
boscata (ha)
Superficie non
boscata (ha)
Superficie
totale (ha)
Fonte
1994
12
19,7
7,9
27,6
CFS
1995
7
7,7
0
7,7
CFS
1996
3
0,9
0
0,9
CFS
1997
20
61
8,2
69,2
CFS
1998
27
47,29
0,62
47,91
CFS
1999
20
66,03
2,24
68,27
CFS
2000
15
15,21
3,45
18,66
CFS
2001
4
3,7
0,3
4
CFS
2002
10
17,06
0
17,06
CFS
2003
17
63,62
23,5
87,12
CFS
Tab. 1 - Incendi censiti dal Corpo Forestale dello Stato e dalla Regione Lombardia
In base a dati forniti dal CFS si rileva una tipica distribuzione stagionale degli incendi
con un picco nel periodo tardo invernale e inizio primaverile, come rappresentato nel
successivo grafico; mentre quasi assenti sono gli incendi nel periodo estivo e autunnale,
spesso riconducibili a piccoli fuochi di ripulitura sfuggiti al controllo.
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Ripartizione incendi su base mensile
60
50
40
N. incendi 30
20
10
0
Gen.
Feb.
Mar.
Apr.
Mag.
Giu.
Lug.
Ago.
Set.
Ott.
Nov.
Dic.
Grafico 1 – Ripartizione su base mensile del numero degli incendi (cumulativo dal 1994 al 2003, fonte CFS,
Regione Lombardia)
Per quanto concerne le cause si osserva che la percentuale maggiore di incendi sono da
ricondursi a cause dolose.
Fra le cause colpose la principale è da ricondursi a pratiche agricole quali
l’abbruciamento delle rive dei terrazzi e i fuochi di ripulitura connesse a pratiche
selvicolturali.
Dubbie
17%
Colpose
8%
Dolose
75%
Grafico 2 – Ripartizione cause presunte di incendio (dal 1994 al 2003, su un totale di 151 eventi, fonte CFS)
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14
In merito alle superfici percorse da incendio dall’analisi dei dati si denota una variazione
annua delle superfici interessate da incendio di vegetazione.
Per quanto concerne l’uso del suolo le aree percorse dalle fiamme sono prevalentemente
boschive, mentre assi esigua è la porzione di superficie non boscata interessata da incendi la
situazione è giustificata dall’elevato indice di boscosità della zona e dalla mancanza di estese
superfici erbacee e arbustive potenzialmente interessabili a un incendio di vegetazione
(pascoli, incolti, etc.).
Superficie percorsa da incendio
100
90
80
Superficie (ha)
70
60
Superficie non boscata
50
Superficie boscata
40
30
20
10
0
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
G
Grafico 3 – Superficie percorsa da incendio (periodo di riferimento 1976-2002 dati CFS, Regione Lombardia)
L’analisi dei dati disponibili consente ulteriori considerazioni sull’andamento nel tempo
del fenomeno degli incendi boschivi nel territorio indagato.
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15
6.00
90
5.00
80
70
4.00
60
50
3.00
40
2.00
30
20
1.00
10
0
0.00
1994
1995
1996
1997
1998
Superficie totale
1999
2000
2001
2002
2003
Superficie media
GrGrafico 4 – Superficie percorsa da incendio e superficie media per evento
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16
Superficie media percorsa da incendio (ha)
Superficie totale percorsa da incendio (ha)
100
6
LA VIABILITÀ
La rete viabilistica presente nell’area di studio è stata classificata in funzione delle
indicazioni fornite dalla DG Agricoltura della Regione Lombardia in materia di
classificazione della viabilità locale di servizio all’attività agro-silvo-pastorale (Delibera
Giunta Regionale 8 agosto 2003, n.7/14016). Rispetto ai parametri riportati nella successiva
tabella è possibile riconoscere quattro classi di transitabilità:
I:
transito di autocarri privi di rimorchio con un peso complessivo inferiore a 180 q;
II: transito di trattori con rimorchio ed autocarri leggeri con peso complessivo
inferiore a 120 q;
III: transito di automezzi leggeri (fuoristrada, trattori senza rimorchio, ecc.) con peso
complessivo inferiore a 80 q;
IV: mezzi leggeri con peso complessivo inferiore a 50 q.
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RETE VIABILE AGRO SILVO PASTORALE
Classe di
transitabilità1
Fattore di transitabilità
Mezzi
Carico
ammissibile2, 3
Larghezza
Minima
Pendenza (%)
(m)
Prevalent
e
(q)
Raggio Tornanti
Massima
(m)
F. naturale
F. stabilizzato
I
Autocarri
180
3,54
<10
12
16
8
II
Trattori con
150
2,52
<12
14
20
6
80
2,0
<14
16
25
5
50
1,8
>14
>16
>25
<5
rimorchio
III
Piccoli
automezzi
IV
Piccoli
automezzi
Piste forestali
Mezzi
1,8
forestali
Viabilità minore
Mulattiere
tracciati a prevalente uso pedonale con larghezza minima di 1,2 m, pendenza non superiore al 25% con fondo lastricato nei
tratti a maggior pendenza. Presenza di piccole opere di regimazione delle acque superficiali (canalette e cunettoni) e di
muri di contenimento della scarpata a monte e a valle
Sentieri
tracciati ad esclusivo uso pedonale con larghezza non superiore a 1,2 m e pendenze che, in presenza di gradini, possono
raggiungere il 100%. Presenza di elementari opere d'arte per il mantenimento del fondo e della scarpata
Itinerari alpini insieme dei tracciati in zona di media e alta montagna ad esclusivo uso pedonale, con sezione ridotta, fondo spesso
irregolare e non consolidato e mancanza di opere d'arte. In zone impervie possono essere dotati di particolari attrezzature
fisse per garantire il passaggio in sicurezza (ferrate)
Tab. 2 – Classificazione della viabilità agro-silvo-pastorale della Regione Lombardia
In funzione di questa classificazione la rete viabilistica per l’attività agro-silvo-pastorale
dell’area di studio si colloca prevalentemente nella prima, nella seconda e nella quarta classe
di transitabilità, con il del 61% dei circa 234 chilometri complessivamente presenti. La
rimanente porzione (11%) ricade invece in terza classe.
1
La classe di transitabilità è determinata dal parametro più sfavorevole che ne costituisce il limite di transitabilità.
Sono consentite delle deroghe indicate nel Regolamento comunale al transito art. 13
3
Sono possibili dei carichi superiori a quelli indicati in tabella per tutte le strade ed in particolare per quelle di nuova
costruzione qualora esplicitamente valutati con prove di carico.
4
Comprensivo di banchina 0.5 m
2
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18
Classi di transitabilità
Lunghezza (km)
%
I
67
0.29
II
72
0.31
III
25
0.11
IV
69
0.30
Totale
234
100
Tab. 3 – Classificazione della viabilità agro-silvo-pastorale dell’area
E’ inoltre possibile esprimere una correlazione fra le classificazione regionale e quella
più strettamente connessa alle attività AIB (Sulli e Marchi, 1995 modif.), la quale fornisce
un’informazione diretta sulla possibilità di circolazione delle varie tipologie di automezzi
antincendio.
Classificazione regionale
I
II
III
IV
Classificazione automezzi AIB
Classe C - Automezzi pesanti per secondo intervento a media e bassa
mobilità
Classe B2 - Automezzi medi per secondo intervento (bassa mobilità)
Classe B1 - Automezzi medi per secondo intervento (alta mobilità)
Classe A - Automezzi leggeri ad alta mobilità per sorveglianza e primo
intervento
Tab. 4.- Confronto fra la classificazione regionale della transitabilità e la classificazione AIB in funzione delle
caratteristiche tecniche degli autoveicoli transitabili
Fra i più importanti fattori limitanti gli interventi di spegnimento si annoverano la larghezza
del tracciato e il raggio minimo di curvatura, mentre la pendenza non costituisce specifico
ostacolo alla percorribilità grazie alle caratteristiche orografiche della zona.
Per l’area di studio si è adottata una proposta di classificazione della viabilità forestale ai
fini della lotta agli incendi boschivi, sviluppata sulla base di criteri già elaborati e applicati in
precedenti lavori (Raudino, 1998; Ricci, 1997), la quale porta a distinguere tre tipi di
tracciato, sulla base della tipologia di automezzi AIB transitabili. Tale classificazione è
ritenuta significativa perché le limitazioni della velocità o della possibilità di accesso di
alcune classi di automezzi AIB riducono la capacità operativa del servizio AIB stesso.
Tipo di tracciato AIB
Tipo di tracciato per utilizzazioni
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Automezzi AIB
transitabili
19
Classe 3 - Tracciati a Piste trattorabili principali larghe meno di 2.5 m
limitata percorribilità
Classe A
Classe 2 - Tracciati a Piste trattorabili principali larghe più di 2.5 m e Classe A e B
media percorribilità
strade trattorabili
Classe 1 - Tracciati ad alta Strade e piste camionabili
percorribilità
Classe A, B e C
Tab. 5 - Classificazione della viabi1ità forestale ai fini AIB e relativa corrispondenza con la classificazione della
viabilità forestale ai fini delle utilizzazioni e con quella degli automezzi AIB.
Rispetto a quest’ultima classificazione i tracciati agro-silvo-forestale dell’area si collocano
principalmente in classe 2, ossia presentano una media percorribilità.
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20
7
7.1
VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI INSORGENZA DI INCENDI
Premessa
Nell’ambito della difesa dagli incendi boschivi esiste una distinzione tra pericolo,
normalmente inteso come possibilità d'incendio determinata dalle cause predisponenti, che sono
soprattutto climatiche, e rischio, definito come la probabilità che il territorio possa essere sede di eventi
pirogeni sia come luogo di innesco che di propagazione degli stessi. Il presente lavoro ha per oggetto la
valutazione di quest’ultimo.
Diversi sono gli approcci che possono essere applicati per la valutazione del rischio,
come supportato nella bibliografia sul rischio di incendi boschivi. In funzione degli
obiettivi della valutazione e del punto di vista variano infatti le variabili considerate, nonché
la scala temporale per l’uso e l’aggiornamento della conseguente mappa del rischio
prodotta.
La determinazione del pericolo di incendi boschivi presuppone in generale la
conoscenza delle condizioni del combustibile, rappresentato dalla vegetazione e dai residui
vegetali morti.
Alla variazione di queste condizioni concorrono fattori di natura diversa: condizioni
climatiche (precipitazioni atmosferiche, velocità e durata del vento, radiazione solare,
umidità relativa e temperatura dell’aria), caratteri stazionali (pendenza, esposizione,
giacitura, rocciosità), condizioni del combustibile (specie presenti, età, forma di governo e
trattamento, struttura e copertura, stadio vegetativo, stato fitosanitario, quantità e grado di
decomposizione della lettiera).
Molteplici sono le variabili in grado di influire sul fenomeno incendi; alcune di esse
possono derivare da fattori ambientali che non cambiano nel breve periodo (all’interno
dell’anno), altre invece appaiono collegate a fattori che presentano una elevata variabilità
temporale.
Nel primo caso si parla di indici strutturali, relativi ad esempio alle condizioni
morfologiche, alle tipologie di vegetazione e alle infrastrutture antropiche. La probabilità di
incidenza del fuoco e la vulnerabilità delle diverse formazioni forestali al danno da incendio
sono esempi di indici di questo tipo. Le mappe di rischio basate su questi indici hanno una
scala temporale di aggiornamento di un anno e vengono impiegate nelle attività di
pianificazione territoriale finalizzate alla prevenzione ed alla previsione degli incendi
boschivi.
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
21
Nel secondo caso si parla di indici dinamici, come ad es. stato della vegetazione e le
condizioni meteorologiche. Secondo questo approccio il rischio viene calcolato tenendo
conto lo stato della vegetazione (stress), legato alle condizioni meteorologiche, e i parametri
meteorologici stessi. Un indice dello stato della vegetazione, a seconda dei dati disponibili
può essere calcolato ogni 10-15 giorni, mentre l’indice meteorologico anche giornalmente.
Questo approccio viene maggiormente seguito a scala regionale nelle attività volte a
monitorare nel tempo il grado di rischio sul territorio.
Un terzo tipo di indici, noto come Fire Potential Index (FPI) (Burgan et al., 1998), integra
fattori strutturali, stato della vegetazione e condizioni meteorologiche. Sviluppato negli
U.S.A., è attualmente in fase di adattamento alle condizioni Europee. Si tratta di un indice
che verrà calcolato giornalmente e che potrà fornire anche una stima previsionale. Un
esempio applicazione di un indice integrato in ambiente mediterraneo è reperibile in
Chuvieco e Salas (1996).
7.2
La procedura di valutazione del rischio
Nel presente lavoro il territorio è stato caratterizzato in termini di rischio di innesco di
incendi boschivi tramite la combinazione di un rischio potenziale, valutato sulla base delle
caratteristiche ambientali ed antropiche, e di un rischio statistico, stimato in base agli
incendi pregressi.
In questo processo, accanto alla gestione dei dati territoriali tramite un GIS, ci si è
avvalsi di strumenti propri dell’Intelligenza Artificiale e in particolare dei Sistemi Esperti. Si
tratta di tecniche che tentano di ricostruire in modo più o meno raffinato il ragionamento
umano al fine di agevolare la soluzione di problemi complessi e in generale i processi
decisionali (Sani e Pettinà, 1994).
Il campo d’impiego dei Sistemi Esperti è tipicamente rappresentato da domini complessi
che non possono essere descritti in modo completo attraverso modelli matematici o
statistici, come spesso avviene nel caso della valutazione ed analisi delle risorse naturali.
La metodologia adottata si basa sui seguenti elementi (Carriero et al, 1997):
•
una base di conoscenze sul fenomeno studiato,
•
una base di dati relativi al territorio in oggetto,
•
un sistema di analisi dei dati in grado di ricostruire il percorso logico seguito dal
ragionamento di un esperto.
Le fasi di lavoro sono state:
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
22
•
individuazione e quantificazione dei criteri di valutazione significativi ai fini del
rischio di incendio, tramite analisi bibliografica e valutazione degli incendi
pregressi;
•
rappresentazione strutturata delle conoscenze secondo uno schema logico di
elaborazione (albero delle conoscenze).
In pratica il motore di analisi del GIS analizza la banca dati sulla base delle conoscenze
attualmente disponibili sul fenomeno degli incendi boschivi ed evidenzia aree a diverso
rischio potenziale di incendio boschivo.
7.2.1
Individuazione dei criteri di valutazione
In questa fase sono stati determinati i criteri di valutazione, ossia elementi o attributi
dell’ambiente in grado di rappresentare, singolarmente o in combinazione tra loro,
fenomeni anche non direttamente misurabili in unità fisiche (Eastman, 1993). I criteri
possono essere di due tipi:
•
vincoli: escludono la valutazione da certe aree, possono contenere due soli valori
(0=no, 1=si).
•
fattori: sono variabili in modo continuo o discreto; richiedono una valutazione
secondo una scala di valori omogenea e direttamente correlata con la funzione
oggetto di stima.
Sono stati pertanto individuati i principali parametri corrispondenti ai fattori biotici e
abiotici, di tipo statico, che possono, in misura più o meno accentuata, favorire l'insorgenza
del fuoco. Questi fattori possono essere distinti in fattori predisponenti e fattori
determinanti.
I primi si riferiscono alle caratteristiche morfologiche (esposizione, pendenza, altitudine,
giacitura, presenza di vallecole incassate, presenza di zone pianeggianti) e vegetazionali
(tipo colturale, specie prevalenti) che concorrono a definire la vulnerabilità intrinseca del
territorio indipendentemente dall’azione diretta dell’uomo.
I secondi sono invece relativi al fattore antropico (strade, edifici isolati, nuclei abitati),
che rappresenta la causa principale di innesco dei fenomeni di incendio.
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
23
7.2.2
Strutturazione delle conoscenze
Per l’attribuzione e la standardizzazione dei valori ci si è basati su tecniche proprie della
logica degli insiemi sfuocati o fuzzy logic (Zimmermann, 1988). Quest’ultima costituisce
un’estensione della logica tradizionale degli insiemi fissi finalizzata ad incorporare gli aspetti
dell’imprecisione, della vaghezza e dell’incertezza spesso insiti nella valutazione di
parametri non direttamente ed oggettivamente misurabili. Questo approccio permette di
utilizzare variabili semantiche o linguistiche, i cui valori non sono numeri ma espressioni in
linguaggio naturale o artificiale.
Secondo tale approccio i fattori o variabili ritenuti significativi per la stima del rischio di
incendio sono stati rappresentati secondo una struttura gerarchica a forma di albero in cui i
nodi terminali (foglie) rappresentano le informazioni contenute nel database, mentre le
combinazioni di queste portano a nodi successivi a crescente grado di conoscenza del
sistema, fino al raggiungimento della radice (goal) rappresentata dalla carta del rischio. In
figura viene rappresentata graficamente la struttura dell’albero delle conoscenze.
Il valore dei nodi terminali è stato calcolato attribuendo a ciascun fattore una funzione
di appartenenza all’insieme studiato (la propensione al rischio di incendio), definita come:
µ(x) = f (xi)
che può assumere valori compresi tra 0 e 1 con in seguente significato:
•
µ(x) = 1 quando il fattore presenta la massima predisposizione all’incendio
•
µ(x) = 0 quando il fattore presenta una predisposizione nulla all’incendio,
•
0 < µ(x) < 1 quando il fattore presenta una predisposizione intermedia
all’incendio
La funzione di appartenenza può essere di vario tipo (lineare, esponenziale, logistica,
etc.). L’attribuzione di una funzione di appartenenza a ciascun fattore si è basata sui dati
forniti dall’analisi territoriale, in particolare sui risultati dell’analisi statistica dei dati storici
sugli incendi, oltre che su indicazioni generali reperite in bibliografia.
A livello di nodo intermedio l’attribuzione dei valori dipende dalle relazioni che
combinano tra loro i nodi terminali e che possono essere di tipo logico - matematico. In
questa elaborazione si è applicata una serie di sommatorie pesate tali da attribuire ai diversi
fattori un’importanza diversificata in relazione alla stima del rischio. I pesi sono stati
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24
attribuiti utilizzando una metodologia nota come Processo Gerarchico Analitico proposta
da Saaty (1977).
Infine il rischio potenziale finale viene espresso raggruppando in classi i valori
dell’indice così calcolato.
7.2.3
Caratteristiche della metodologia di valutazione
La metodologia di valutazione sviluppata presenta le seguenti caratteristiche:
•
versatilità ed adattabilità nei confronti del contesto territoriale e delle
informazioni disponibili e/o acquisibili (possibilità di aggiungere nuovi indicatori
e/o di modificare i criteri di combinazione, le funzioni appartenenza e i pesi
proposti);
•
capacità previsionale (formulazione e confronto di diversi scenari di gestione);
•
semplicità della struttura del database analizzato;
•
chiarezza strutturale (albero delle conoscenze);
•
rigore logico e concettuale.
La carta del rischio d’incendi boschivi, essendo basata su indici di tipo statico, dovrebbe
essere sottoposta ad aggiornamento annuale al fine di massimizzarne l’efficacia. Data la sua
natura informatica, infatti, la carta non si esaurisce in se stessa ma diventa un elaborato
dinamico, in grado di aggiornarsi nel tempo recependo le modificazioni che continuamente
avvengono nel territorio.
Questa opportunità pone tuttavia anche l’esigenza di un parallelo, costante
aggiornamento della banca dati di supporto.
Per quanto riguarda l’evoluzione delle conoscenze sul fenomeno degli incendi boschivi
il sistema di analisi non è rigido ma è in grado di incorporare modifiche nelle regole di
elaborazione dei parametri oltre che inserire ulteriori nuovi parametri.
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
25
7.3
Il rischio potenziale
Il rischio potenziale di incendi boschivi deriva dall’analisi dei dati ambientali incrociata
con i risultati dell’analisi degli incendi pregressi. Quest’ultima ha infatti permesso di
sviluppare i pesi e le funzioni da applicare nel modello di valutazione.
I parametri oggetto di analisi territoriale ai fini della redazione della carta del rischio
vengono ripartiti in fattori predisponenti e fattori determinanti ed elaborati secondo la
procedura riportata di seguito.
7.3.1
Fattori predisponenti
Tra i fattori predisponenti sono stati considerati la morfologia dei versanti (forma,
esposizione, giacitura,...) e la destinazione d'uso del suolo.
Per quanto riguarda l’esposizione dei versanti, le stazioni a sud, a parità di tutti gli altri
parametri stazionali (altitudine, giacitura, roccia madre, pendenza, ecc.) risultano
ovviamente più calde (Bonani et altri, 1982). In effetti l'esposizione induce livelli
udometrici diversi pur in zone a piovosità simile; sui versanti esposti a meridione la durata
dell'effetto preventivo di una pioggia è minore rispetto a quella dei versanti opposti, come
d'altronde è diversa la permanenza del manto nevoso al suolo.
Nelle esposizioni a sud la vegetazione, pur adattata a condizioni di xericità, è più
probabile che vada incontro a stress idrico, in conseguenza del fatto che gli elevati tassi di
traspirazione richiesti portano la vegetazione erbacea, ed in parte anche quella arbustiva, a
forti diminuzioni del contenuto di acqua e quindi ad un più rapido appassimento e ad una
maggiore infiammabilità rispetto a quella di altri siti (Cesti G., Crise A.,1992).
Tali versanti, a causa delle temperature più elevate, registrano valori di umidità relativa
molto bassi; è noto quanto sia importante tale parametro nel condizionamento del
contenuto di acqua dei combustibili morti appartenenti alle prime classi di essiccamento e
di quanto ciò si traduca nella maggior predisposizione di queste zone ad essere percorse
dalle fiamme (Cesti G., Cerise A.,1992).
In base a tali considerazioni deriva che i versanti esposti a nord sono probabilmente
meno colpiti dagli incendi, mentre quelli esposti ad est e ovest lo sono in modo intermedio.
La funzione di appartenenza assume dunque il valore massimo (1) in corrispondenza
delle esposizioni Sud e Sud-Ovest, per decrescere secondo una funzione logistica
simmetrica fino ad assumere il valore minimo (0) nelle esposizioni nord.
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
26
Per quanto riguarda l’altimetria, tenendo conto che la frequenza degli incendi presenta
un massimo nella classe 800-1100 m per poi decrescere a quote superiori fino a scomparire
oltre i 1600 m, si è attribuita all’altimetria una funzione di appartenenza di tipo logistico
con massimo attorno ai 1000 m e poi decrescente (peraltro la quota massima dell’area di
indagine non supera i 1000 m)
La pendenza influisce in modo determinante sulla diffusione del fuoco, sia perché in
salita le fiamme sono più vicine al combustibile, sia perché la corrente d’aria calda
ascensionale determinata dall’incendio stesso causa un preriscaldamento ed una
disidratazione del combustibile, determinandone l’accensione più rapida; il tiraggio che
consegue alla formazione della corrente ascensionale, inoltre, comporta un arricchimento di
ossigeno nella zona in combustione, rendendo il fuoco più intenso.
Nelle pendici ripide, frammenti di legno che bruciano possono rotolare lungo il pendio,
dando inizio a nuovi fuochi; inoltre il materiale incendiato di piccole dimensioni trasportato
nell’aria dalla corrente calda può giungere più rapidamente e facilmente a contatto con il
combustibile non ancora incendiato, più a monte.
Questi diversi meccanismi concorrono a determinare un aumento del rischio di incendio
all’aumentare della pendenza. Si è osservato che la variazione del rischio è da considerare
più significativa nelle zone a pendenza minore.
La funzione di appartenenza adottata presenta valori minimi fino ad una pendenza del
5-10%, dove inizia a salire secondo una funzione a J fino a raggiungere il massimo a valori
del 100%, oltre i quali il grado di appartenenza rimane costante.
Per quanto riguarda la posizione fisiografica, i popolamenti che crescono nei
fondovalle possono usufruire di maggiori quantità di acqua di quelli che crescono sui
versanti o nelle zone di vetta, per scorrimento idrico superficiale e ipodermico dal
contorno, perciò viene ridotta la loro infiammabilità.
Nelle zone di vetta, invece, è da considerare ridotta la propagabilità dell’incendio, perché
vengono a mancare quei meccanismi che facilitano la propagazione, già evidenziati nella
parte relativa alla pendenza. I popolamenti a maggiore rischio sono dunque quelli che
crescono “a mezzacosta”, mentre nelle aree pianeggianti il rischio è intermedio.
Date le caratteristiche dell’area in esame si sono considerati gli ambiti territoriali
valutati in termini di predisposizione all’insorgenza di incendi boschivi sulla base dei dati di
controllo disponibili, secondo la seguente tabella
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27
Posizione topografica
Grado di appartenenza
Valli e versanti terrazzati
0.50
Colline moreniche
0.75
Rilievi prealpini
1.00
Pianura
0.00
Tab. 6- Grado di appartenenza in funzione della posizione fisiografica
La copertura vegetale costituisce ovviamente un fattore centrale. Per quanto riguarda
l'attribuzione di idonee ponderazioni alle diverse categorie di copertura forestale ed uso del
suolo è stato adottato un criterio in grado di mediare i due parametri principali presi in
considerazione, ovvero il grado di incendiabilità delle diverse categorie e la loro presenza
relativa nel territorio in esame e negli incendi pregressi. L’elaborato cartografico utilizzato
come base per la valutazione della copertura vegetale deriva:
•
per le formazioni boscate, dalla Carta dei tipi forestali,
•
per le aree non boscate, dalla Carta delle destinazioni d’uso dei suoli agricoli e
forestali (Dusaf) della Regione Lombardia5
In fase di prima stesura si sono considerate unicamente le formazioni boscate
I parametri della vegetazione che concorrono a definire un valore di rischio per ciascuna
tipologia di vegetazione sono: quantità di biomassa in relazione allo spazio occupato,
permanenza nel tempo della biomassa fogliare, facilità di decomposizione della lettiera,
presenza di sostanze che aumentano l’infiammabilità, contenuto di acqua nelle foglie,
attitudine a conservare rami morti, periodo di caduta delle foglie. In base a queste
caratteristiche ed alle risultanze dell’analisi storica degli incendi boschivi si sono attribuiti i
seguenti valori:
TIPOLOGIE FORESTALI
5
FUNZIONE DI APPARTENENZA
Alneto
0,425
Betuleto
0,700
Castagneto
0,600
Formazioni primitive
0,850
Lecceta
0,900
In fase di prima stesura si sono considerate unicamente le formazioni boscate
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28
Orno-ostrieto
0,850
Querceto di cerro
0,825
Querceto di rovere e farnia
0,650
Querceto di roverella
0,825
Querco-carpineto
0,475
Rimboschimento di conifere
1,000
Rimboschimento di pianura
0,450
Robinieto
0,700
Saliceto
0,300
Tab. 7 – Funzione di appartenenza delle tipologie forestali presenti
7.3.2
Fattori determinanti
L’uomo figura come il principale fattore determinante l'insorgenza degli incendi
boschivi, come conferermano le informazioni disponibili in bibliografia, secondo le quali
infatti le cause d’incendio dolose (volontarie) e colpose (involontarie) rappresentano la
quasi totalità dell’intera casistica.
Da tali considerazioni scaturisce la necessità di adottare un parametro che esprima
efficacemente l'impatto antropico sul territorio nei confronti degli incendi boschivi,
rappresentato dalla presenza dell’uomo ed espresso per semplicità in termini di distanza
dalle strade carrozzabili e dal’edificato.
7.3.2.1 Distanza dalle strade carrozzabili
E' ben noto il pericolo dei mozziconi di sigarette e dei cerini lasciati inavvertitamente
cadere su materiali facilmente infiammabili, dei fuochi dei picnic, dell'abbruciamento delle
stoppie, della ripulitura dei coltivi e delle scarpate stradali con il fuoco, dei depositi di
immondizia autorizzati o abusivi, ecc.
Sulla base di queste considerazioni l’attenzione dell’indagine si è soffermata sulla
viabilità nelle zone boscate, sia a fondo naturale che a fondo stabilizzato.
La rete viaria è fondamentale per effettuare gli interventi di difesa dagli incendi boschivi
dagli incendi, facilitando un rapido intervento dal basso delle squadre AIB. Come riportato
in letteratura, l'analisi statistica dimostra che in realtà la presenza delle strade è un elemento
che favorisce il fenomeno degli incendi, evidenziando inoltre come la maggior parte di essi
si verifica entro la distanza di 100 metri dalla strada e la quasi totalità entro un chilometro.
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
29
Pertanto la funzione di appartenenza impiegata per questo fattore presenta il valore
massimo a distanze inferiori od uguali a 100 m, per poi decrescere in modo logistico fino
ad annullarsi oltre i 1000 m.
7.3.2.2
Distanza dal nucleo abitato più vicino
La presenza di nuclei abitati, oltre a costituire indice di una più probabile frequentazione
della zona per scopi diversi e in diversi periodi dell’anno alle quali in molteplici maniere
possono essere ricondotte alcune tipologie di incendio, rende più grave l’eventuale danno
prevedibile, dato che l’incendio potrebbe coinvolgere le persone residenti, i manufatti, gli
animali domestici, oltre che la vegetazione e la fauna selvatica.
La funzione di appartenenza adottata per la distanza dai nuclei abitati è analoga a quella
della distanza dalle strade.
7.4
Il rischio statistico
E’ opportuno notare che possono esistere situazioni di elevato rischio potenziale nelle
quali non si è mai verificato alcun incendio, ed è anche possibile che zone a basso rischio
potenziale siano state in passato percorse da incendi.
Questo a causa sia di imprecisioni insite nella formulazione del modello, sia di una
componente del tutto aleatoria ed imprevedibile, ma non per questo meno importante,
insita nel fenomeno degli incendi boschivi e legata all’arbitrarietà della scelta umana.
Le informazioni sulla localizzazione degli incendi pregressi, espresse in termini di
densità d’incendi sul territorio (n. incendi/km2), tradotte in opportuni coefficienti e
sommati al coefficiente di rischio potenziale già determinato, sono in grado di aumentarlo
proporzionalmente al numero degli incendi passati e alla loro estensione.
Nella scelta dei coefficienti si è tenuto conto del numero di incendi che si sono verificati
anno per anno e della loro estensione areale. Successivamente si è operata una sommatoria
pesata tra rischio statistico e rischio potenziale per ottenere il rischio di incendi boschivi;
attribuendo nel dettaglio un peso del 20% al rischio statistico e dell’80% al potenziale.
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
30
7.5
Risultati dell’analisi del rischio
La procedura di valutazione del rischio ha permesso di determinare il rischio da
incendio attribuito alle aree boscate. Occorre sottolineare che si tratta di una valutazione
relativa e non assoluta del livello di rischio.
Classe di rischio
Superficie (ha)
Ripartizione %
classe 1
1.519
14.85
classe 2
3.579
35.10
classe 3
2.104
20.57
classe 4
2.952
28.90
classe 5
62
0.60
Totale
10.216
100.00
Tab. 8 – Risultati dell’analisi del rischio
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31
8
8.1
INTERFACCIA URBANO-NATURALE
Premessa
Il territorio oggetto del presente studio è caratterizzato da una cospicua urbanizzazione,
soprattutto nell’ambito periurbano della città di Brescia, la quale si manifesta sia in ternimi
di elevata densità abitativa, che di abbondante infrastrutturazione viaria. La presenza di un
diffuso tessuto urbano comporta l’urgenza, nell’affrontare le problematiche connesse agli
incendi boschivi, di prendere prioritariamente in considerazione il tema del rapporto fra
urbano e rurale, meglio definibile, nel contesto considerato, come interfaccia urbanonaturale, più vicina alla definizione anglosassone di wildland/urban interface, dato che spesso
attorno agli edifici vegeta una densa copertura boschiva e/o di incolti.
Nella bibliografia tali aree sono definite: “linee, superfici o zone dove costruzioni o altre strutture
create dall’uomo si incontrano o si compenetrano con aree naturali o vegetazione combustibile. Quindi luoghi
geografici dove due sistemi diversi si incontrano ed interferiscono reciprocamente” (Leone et all., 1990).
In queste aree di tensione si creano effetti sinergici fra l’incendio di vegetazione e quello
di strutture abitative, ed è quindi necessario uno specifico coordinamento fra i differenti
organi preposti allo spegnimento, tipicamente vigili del fuoco e strutture AIB (Corpo
Forestale dello Stato).
Il rischio risulta essere particolarmente accentuato se attorno alle abitazioni si
concentrano zone incolte o cespugliate; in questo caso, infatti il calore sviluppato può
essere molto forte e le fiamme possono arrivare ad alcune decine di metri d’altezza. La
situazione è particolarmente a rischio per edifici posti a mezza costa o sul crinare di una
collina, facilmente interessati da fronti propagativi che si muovono con il favore della
pendenza.
La situazione appare ancor più critica se l’abitazione è direttamente circondata dal
bosco. Il calore di irraggiamento liberato dal fronte di fiamma può superare le decine di
migliaia di kw/m e l’altezza delle fiamme superare i 20-30 m.
Assai difficile risulta inoltre definire delle distanze precise per garantire la sicurezza, in
quanto esse variano caso per caso in funzione di molteplici fattori (carico d’incendio, tipo
di specie vegetale, età del popolamento e sua densità, pendenza del terreno, etc.); è
comunque possibile fare riferimento ad alcune norme di Paesi esteri (Stati Uniti, Spagna,
Francia, etc.) che indicano fasce esterne decespugliate di larghezza compresa fra i 25 e i 100
metri a seconda dei casi. Generalmente è sempre opportuno evitare alberi troppo a ridosso
dell’abitazione, soprattutto rami che sovrastino il tetto, e favorire una densità del
popolamento arboreo basso (chiome distanziate fra loro di almeno 3 m).
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
32
8.2
Definizione del rischio d’interfaccia
Per la definizione delle aree di interfaccia sono state rilevate, a partire dalla base
cartografica, tutte le abitazioni isolate e le porzioni di urbanizzato poste a una distanza
inferiore a 50 m dal limite del bosco o da aree incolte. Il limite dei 50 m è stato scelto a
partire dalle fonti bibliografiche e in particolare dall’esperienza francese.
Il rischio di interfaccia deriva da una considerazione congiunta del rischio di innesco e
della distanza dalle infrastrutture; nello specifico a elevati rischi di innesco si fanno
corrispondere elevati rischi per le aree di interfaccia, per le quali il livello di rischio risulta
essere espresso naturalmente anche in funzione della distanza esistente fra il materiale
combustibile e le infrastrutture.
Nel dettaglio la seguente matrice esprime le combinazioni e la conseguente chiave
interpretativa adottata per l’attribuzione delle classi di rischio di interfaccia urbano-naturale:
Distanza dalle infrastrutture
Classe di rischio
0 – 50 m
50 - 100 m
1
BASSO
BASSO
2
MEDIO
BASSO
3
MEDIO
MEDIO
4
ALTO
MEDIO
5
ALTO
ALTO
Tab. 9 – Definizione delle classi di rischio di interfaccia
Nelle situazioni di maggior rischio è opportuna la definizione di idonee misure di
prevenzione diretta e indiretta, non ultima un’adeguata informazione alla popolazione
residente.
8.3
Caratteristiche dell’organizzazione di estinzione
Per gli incendi boschivi esistono specifiche indicazioni sulla condotta operativa,
generalmente dettate dalle priorità d’azione, finalizzate a ridurre il rischio per la
popolazione, tramite un’efficace opera di estinzione e di contenimento dei danni causati dal
fuoco.
In termini di organizzazione generale la sequenza delle priorità è la seguente (Cesti, G. e
C., 1999):
1. Salvezza e sicurezza della popolazione residente nella zona;
2. Controllo e circoscrizione dell’incendio;
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33
3. Contenimento del danno alle proprietà.
Per la gestione degli incendi nelle aree d’interfaccia risulta indispensabile il
coordinamento fra le energie disponibili, essendo le competenze in materia attualmente
ripartite fra le Autorità preposte alla lotta degli incendi boschivi (Corpo Forestale dello
Stato, Regione, Enti competenti) e quelle impegnate nella lotta degli incendi civili ed
industriali (Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco).
Le Squadre AIB sono generalmente attrezzate per interventi in ambito boschivo, e
addestrate e formate per fronteggiare i rischi connessi con l’operare in ambiti naturali e con
combustibili naturali, condizioni ben differenti rispetto agli incendi di edifici. E’ buona
norma pertanto che le Squadre AIB garantiscano idonea collaborazione alle Squadre dei
VVF astenendosi a interventire direttamente sulle fiamme in abitazione, questo sia per
ottimizzare le risorse disponibili che per evitare situazioni potenzialmente pericolose per gli
stessi volontari.
Incendi di vegetazione
Incendi di interfaccia Incendi civili e industriali
Squadre
AIB
VVF
Grafico 5 – Ripartizione ambiti di intervento
Risulta inoltre opportuno che le operazioni delegabili alle Squadre AIB vengano
effettivamente delegate in modo da ottimizzare il personale dei VVF su interventi o
procedure specialistiche e non delegabili.
8.4
Rischi specifici negli incendi di interfaccia
I rischi a cui gli operatori sono sottopoposti nel corso delle operazioni di estinzione di
incendi nell’interfaccia urbano-rurale sono in parte differenti rispetto ai tipici rischi
dell’attività AIB.
Fra i più comuni rischi si ricordano:
•
gli improvvisi aumenti di intensità del fronte di fiamma;
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
34
•
le variazioni di infiammabilità dei combustibili presenti nei giardini;
•
gli improvvisi aumenti di velocità del fronte di fiamma;
•
i locali aumenti di velocità e direzione del vento in prossimità degli edifici per
condizioni localizzate;
•
la caduta di materiale incendiato dai tetti;
•
la caduta di vetri per lo scoppio delle finestre;
•
il crollo di pareti o altre parti di abitazione;
Vi sono poi dei rischi tipici delle situazioni di interfaccia:
•
presenza di serbatoi di combustibile liquido in prossimità delle abitazioni. Tali serbatoi
vengono infatti spesso tenuti distanti dalle abitazioni e pertanto più vicini all’interfaccia
con le aree boscate, inoltre sono ampiamente diffusi nelle aree semirurali dove non vi è
allacciamento alla rete del metano;
•
presenza in zona di linee elettriche a bassa e media tensione oltre che cavi aerei del
telefono. La presenza di queste infrastrutture comporta gravi rischi sia per l’intervento
aereo che nelle operazioni a terra che comportino l’impiego di acqua;
•
presenza di sostanze combustibili o sostanze deflagranti immagazzinate negli edifici o
nei fabbricati di servizio. Spesso la loro presenza non viene prontamente denunciata e i
rischi conseguenti sono enormi;
•
presenza di depositi di sostanze tossiche o velenose, tipicamente concimi o
antiparassitari. In questi casi si possono avere reazioni violente quali esplosioni o lo
sviluppo di nubi tossiche o nocive, per le quali i normali dispositivi di protezione alle
vie aeree e agli occhi in dotazione alle Squadre AIB non sono sufficienti.
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35
9
9.1
LA PREVENZIONE
Premessa
La prevenzione assolve una funzione strategica nella pianificazione antincendio, la quale
comprende azioni volte a definire delle linee operative, nonché a quantificare e proporre
degli interventi e delle azioni che coinvolgano l’intero sistema antincendio, intendendo
quest’ultimo come un tutt’uno tra ambiente (oggetto delle azioni) e risorse umane (oggetto
e soggetto attuatore delle azioni).
Le varie modalità in cui la prevenzione può esplicarsi appaiono dunque l’obiettivo
comune di tali linee d’azione; l’ articolo 4, comma 2 della nuova legge in materia di incendi
boschivi (353/2000) definisce infatti la prevenzione il “…porre in essere azioni mirate a ridurre
le cause e il potenziale innesco di incendio nonché interventi finalizzati alla mitigazione dei danni
conseguenti….”.
Le diverse forme di prevenzione si distinguono primariamente se coinvolgono la sfera
conoscitiva, educativa e informativa del largo pubblico o se operano direttamente sul
territorio e le strutture antincendio. Le azioni previste sono il più possibile volte alla
riduzione del numero di fenomeni, ma poiché si è coscienti dell’impossibilità di una totale
eradicazione del problema, prevedono anche interventi mirati all’attenuazione della forza
distruttiva dell’incendio e dell’impatto sull’ecosistema al termine dell’evento perturbante.
La necessità di adottare differenti azioni nell’ambito della prevenzione è strettamente
connessa alla varietà di situazioni e problematiche presenti sul territorio; nel dettaglio,
infatti, all’interno dell’area di studio è possibile riconoscere due differenti realtà. Gli ambiti
boscati si collocano prevalentemente in corrispondenza del sistema pedemontano, ove i
boschi presenti sono in larga misura cedui in stato d’abbandono; questo fenomeno è
causato da una serie di situazioni che al momento odierno appaiono, in larga misura,
irreversibili e riconducibi al crescente divario esistente fra i costi e i ricavi che costituisce un
segnale inequivocabile della presenza latente del problema di fondo, ovvero della necessità
di ridefinire gli obiettivi colturali e di concretizzarli con indicazioni selvicolturali precise e
puntuali. Differentemente le esigue porzioni boscate presenti sul territorio pianeggiante
non sono oggetto della tipologia di fenomeni descritti.
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36
9.2
Criteri attuativi
Le proposte operative del piano, finalizzate alla prevenzione, vengono suddivise
secondo lo schema di seguito proposto; questo consente di rendere oggetto di
progettazione ogni aspetto e componente del sistema antincendio. Le proposte si
suddividono in azioni; ogni azione ha come oggetto una componente del sistema e si
concretizza in interventi. Gli interventi previsti, suddivisi in categorie che ne indicano il
grado di priorità, sono accompagnati da una stima del livello di spesa e delle possibili fonti
di finanziamento a cui la Comunità Montana può attingere per la loro esecuzione.
Le proposte si suddividono in azioni; ogni azione ha come oggetto una componente del
sistema e si concretizza in interventi. Gli interventi previsti, suddivisi in categorie che ne
indicano il grado di priorità, sono accompagnati da una stima del livello di spesa e delle
possibili fonti di finanziamento a cui la Provincia può attingere per la loro esecuzione.
INDIRETTA
INFRASTRUTTURALE
SUL
TERRITORIO
STRUTTURALE
PREVENZIONE
SELVICOLTURALE
DIRETTA
SUL SISTEMA
LOGISTICA
ANTINCENDIO
DELLE RISORSE
UMANE
SULLE
CONOSCENZE
Grafico 6 – Schema degli interventi di prevenzione
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37
Il criterio di priorità e temporalità secondo cui sono stati suddivisi gli interventi porta a
distinguere alcune categorie:
1. Interventi ad alta priorità (codice I): interventi da eseguire immediatamente dopo
l’entrata in vigore del piano.
2. Interventi a media priorità (codice II): interventi la cui esecuzione può essere
posticipata di uno o due anni dall’entrata in vigore del piano.
3. Interventi periodici a cadenza annuale (codice A): si tratta di iniziative ad ordinario
supporto al sistema antincendio provinciale e alla manutenzione delle infrastrutture di
servizio. L’attuazione di questi interventi è prevista in tutto il periodo di validità del
piano attingendo alle risorse attualmente disponibili ai sensi della l.r. 11/98, l.r. 7/2000
e del Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006.
4. Interventi periodici a cadenza pluriennale (codice B): sono progetti di
rafforzamento del sistema e dell’organizzazione antincendio e di difesa del territorio
(miglioramenti infrastrutturali, cure colturali ai soprassuoli forestali in aree ad elevato
rischio). Dovrebbero essere attuati con periodicità triennale o quinquennale. In questo
caso oltre alle leggi regionali di settore risulta importante attingere ad ulteriori risorse
quali l.r. 10/98, finanziamenti europei (Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006), ecc.
5. Interventi saltuari (codice C): si tratta di azioni di carattere non fondamentale e/o
accessorie ulteriormente volte al rafforzamento del sistema, dell’organizzazione
antincendio e di difesa del territorio (miglioramenti infrastrutturali, cure colturali ai
soprassuoli forestali in aree ad elevato rischio).
9.3
Prevenzione indiretta
Essendo l’origine degli incendi prevalentemente di tipo antropico per tentare di ridurre
il numero di incendi emerge l’importanza di intervenire prioritariamente sulla causa
scatenante: l’uomo.
L’attività di prevenzione indiretta deve pertanto porsi l’obiettivo di diminuire le cause
scatenanti gli incendi aumentando la sensibilità della popolazione nei confronti di tale
problema, inserendolo nel più ampio contesto della salvaguardia e della protezione degli
ambienti naturali. Molto spesso gli incendi si originano dal preciso intento di commettere
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38
dolo, altre volte invece sono dovuti all’ignoranza, all’incuria e alla distrazione. Alla luce di
tali considerazioni, dunque, una campagna di prevenzione ed educazione a breve ed a
lungo termine potrebbe costituire una prima soluzione del problema.
Nel lungo termine, nel tentativo di creare una coscienza civile sarebbe inoltre
auspicabilela la promozione di campagne di sensibilizzazione indirizzate prioritariamente
agli studenti della scuola dell’obbligo, agli utilizzatori del bosco, nonché a tutti i potenziali
fruitori.
A tale proposito si potrebbero prevedere:
La redazione di un documento interattivo da inserire nella rete informatica e da
distribuire ad insegnanti ed alunni.
L’organizzazione di incontri e piccole dimostrazioni tra la cittadinanza e i responsabili
dei gruppi provinciali di volontari impegnati nell’antincendio eventualmente
coadiuvati da rappresentanti del Corpo Forestale dello Stato.
Per tutti coloro che operano in prossimità di aree boschive o per cui il bosco
costituisce la sede ordinaria della loro attività si propone la redazione di un
manuale contenente una sintesi della normativa in materia di incendi boschivi,
divieti e sanzioni, le regole basilari per la prevenzione degli incendi, norme di
primo soccorso e numeri telefonici utili.
Nelle aree a rischio più elevato si prevede la posa di cartelli informativi sui
comportamenti da tenere per evitare il diffondersi di incendi.
Nel breve periodo è utile informare la cittadinanza sul grado di rischio esistente in un
dato momento; è fondamentale che l’informazione raggiunga tempestivamente le persone,
specialmente nei periodi a maggior rischio. A tale scopo, successivamente all’entrata in
vigore del presente piano, si prevede la possibilità di diramare un bollettino legato al
raggiungimento di determinate soglie di pericolo.
In effetti, tutti gli strumenti di prevenzione e difesa dagli incendi risultano
maggiormente efficienti se effettuati in funzione del grado di pericolo. Per venire a
conoscenza del grado di pericolo è necessario mettere a punto un metodo che, partendo
dalla carta del rischio, da dati meteorologici raccolti da stazioni meteo locali e da incendi
realmente verificati, consenta di stabilire la suscettibilità all’incendio nei vari periodi
dell’anno.
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39
L’indice di pericolo
Un supporto metodologico è dato dagli indici di previsione del pericolo di incendio, con
particolare riferimento all’Indice Foresta Meteo, indicato con la sigla FWI, acronimo di Fire
Weather, attualmente utilizzato in Lombardia.
Nel calcolo dell’indice FWI, cosi come espresso nel Piano regionale delle attività di
previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi della Regione Lombardia,
vengono utilizzati sei parametri normalizzati. I primi tre sono riferiti alle variazioni
giornaliere del tenore d’acqua dei principali strati di combustibile presente nel bosco
(lettiera, strati di humus di media profondità e strati profondi). Da questi tre parametri se
ne ricavano altri due relativi al comportamento del fuoco, che sprimono la velocità prevista
di propagazione e la quantità di biomassa bruciabile. Dalla combinazione di questi due
parametri si ottiene infine l’indice FWI che esprime l’intensità del fronte di fiamma.
Si segnala inoltre l’utilizzo a livello regionale dell’Indice di riduzione evapotraspirazionale di
pericolo di incendio (IREPI) (Bovio et al., 1984), specificatamente elaborato per le regioni
dell’arco alpino, caratterizzate dalla prevalenza di incendi nel periodo invernale e
primaverile.
Tale metodo, basandosi sulla perdita di acqua nel suolo, determina la differenza
giornaliera tra evapotraspirazione potenziale (ETP) ed evapotraspirazione reale (ETR),
secondo la formula:
IREPI =
ETP − ETR
* 100
ETP
La seguente tabella esprime la relazione esistente fra il valore dell’indice e il grado di
pericolo.
Classe di pericolo
Valore dell’Indice IREPI
Minimo
0 – 20
Medio
20 – 40
Alto
40 – 60
Estremo
> 60
Tab. 10 – Classi di pericolo Irepi (Piano regionale antincendio, 2003)
Lo strumento potrà essere divulgato anche tramite Internet.
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40
FORMAZIONE E - Redazione documento interattivo
DIVULGAZIONE
- Incontri e dimostrazioni
GRADO DI
PRIORITA’
INTERVENTI
CADENZA
TEMPORALE
AZIONE
C
III
B
III
- Redazione manuale operatori settore
forestale
C
II
- Posa cartelli informativi
C
II
- Redazione bollettino del rischio
comprensivo della raccolta dati ed
elaborazione
A
II
- Divulgazione bollettino del rischio
(periodico)
A
II
(periodico)
Tab. 11 – Riepilogo interventi di formazione e divulgazione
9.4
Prevenzione diretta
Comprende tutti gli interventi volti alla riduzione della superficie percorsa dal fuoco o
del numero di incendi operando direttamente sulle componenti interessate dal fenomeno
incendio:
l’ambiente e il territorio: progettazione riguardante il patrimonio boschivo, la
viabilità agro-silvo-pastorale e le strutture di interesse per l’antincendio boschivo (bacini,
sorgenti, pozzi, punti di captazione idrica, …).
il sistema antincendio: inteso come risorse umane disponibili ed organizzate in
squadre e come attrezzature e mezzi in dotazione.
le conoscenze: in riferimento alla raccolta di nuovi dati o di dati aggiuntivi a quelli
già esistenti e all’implementazione dei sistemi di elaborazione per la gestione del data
base territoriale, nonché alla revisione e all’aggiornamento della pianificazione di settore.
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
41
9.4.1
Sul territorio – Prevenzione infrastrutturale
Comprende le azioni tese a favorire il più possibile l’accessibilità delle aree boscate a
rischio, compatibilmente con la morfologia del territorio, per mezzo di adeguata viabilità
transitabile in sicurezza. La viabilità esplica anche funzione di viale taglia fuoco e consente
l’interruzione della copertura vegetale.
La continua manutenzione ordinaria della viabilità forestale e della sentieristica esistente
permetterà di migliorare l’efficienza degli operatori a terra oltre a mantenere un reticolo di
linee tagliafuoco funzionali nel caso di incendi radenti.
Nell’ambito del presente piano si prevede di incentivare la manutenzione ordinaria e
straordinaria dei tracciati esistenti in conformita con quanto contenuto nel PIANO
DELLA VIABILITA’.
9.4.2
Sul territorio – Prevenzione strutturale
E’ finalizzata all’individuazione di strutture di supporto all’attività di spegnimento, in
particolare alla creazione o all’adeguamento di piazzole di atterraggio per gli elicotteri, a
punti di rifornimento idrico per gli stessi o per i mezzi a terra.
Nell’ambito della redazione dello studio non è stato possibile acquisire dettagliate
informazioni sui punti di captazione dell’acqua e sulle opere di raccolta e distribuzione;
mancano altresì dati sull’attuale distribuzione sul territorio di piazzole per i mezzi aerei,
importante punto di appoggio soprattutto per quelle aree a scarsa accessibilità, ove risulta
difficoltosa o poco conveniente la realizzazione di nuova viabilità. Per tali aspetti connessi
alla prevenzione strutturale si esprime dunque la necessità di successivi approfondimenti
volti a indagarne la reale disponibilità sul territorio, e tesi all’adeguamento della situazione
esistente alle necessità espresse dalle azioni antincendio boschivo.
9.4.3
Sul territorio – Interventi selvicolturali
Gli interventi sul patrimonio selvicolturale raggruppano l’insieme di operazioni
finalizzate a diminuire l’impatto dannoso del passaggio di un incendio sul soprassuolo
boscato, tendendo a preservare la vegetazione dall’innesco di un incendio e cercando
contemporaneamente di agevolare le operazioni di spegnimento.
Le attività selvicolturali di miglioramento forestale possono dunque svolgere un
importante azione antincendio preventiva; esse, infatti, essendo finalizzate al mantenimento
dell’efficienza delle funzioni del bosco, determinano positivi effetti nella riduzione di
Studio Piano AIB – Piano di Indirizzo Forestale Provincia di Brescia
42
alcune condizioni favorevoli all’innesco di incendi, con particolare riferimento agli
interventi realizzati per aumentare la regolarità della densità dei soprassuoli boschivi e
ridurre la quantità di necromassa, facilmente infiammabile e spesso abbondante nei cedui
invecchiati.
I mezzi per la diminuzione della quantità di biomassa bruciabile possono essere
costituiti da semplici cure colturali che apportano benefici temporaneamente o da
interventi pianificati a lungo termine, di tutela e valorizzazione, volti a favorire modelli di
estremo equilibrio ecosistemico o in grado di aumentare la capacità di autodifesa del bosco.
Gli interventi di ripulitura a carico di organismi vegetali viventi che possano costituire
ulteriore fonte di rischio, (cure colturali nei giovani impianti, e anche la “pulizia” del
sottobosco a corredo di conversioni all’alto fusto o diradamenti) hanno comunque lo scopo
di controllare la diffusione di infestanti che, in situazioni di squilibrio conseguenti a fasi
iniziali di successioni vegetazionali degradate ed impoverite, possono determinare la
presenza di macchie dense e infiammabili, oltre a ostacolare l’evoluzione “normale” (o
desiderata) della cenosi forestale.
9.4.3.1 Ricostruzione dei boschi incendiati
L’articolo 10 della Legge 353/2000 impone il divieto di cambio di destinazione per
quindici anni nelle zone boscate e i pascoli percorsi da incendio. La ricostituzione boschiva
in genere è quindi indirizzata ad accelerare il processo naturale di rigenerazione del
soprassuolo; la necessità di intervento molto spesso si giustifica con l’urgenza di porre in
sicurezza i versanti e le strutture coinvolte.
L’articolo 56 del Regolamento Regionale n.5 del 2007, “Norme forestali regional”,
prevede che nei boschi di latifoglie percorsi dal fuoco il proprietario, o possessore, previa
presentazione di denuncia di taglio entro la fine della successiva stagione silvana, debba
eseguire la ceduazione delle ceppaie compromesse, nonché consentire l’accesso agli operai
nel caso gli interventi vengano eseguiti a cura dell’ente pubblico. Lo stesso articolo prevede
anche che i proprietari provvedano, al più tardi entro un anno, allo sgombero delle piante
irrimediabilmente compromesse.
Si prevede pertanto che dall’entrata in vigore del presente piano venga instaurata la
seguente procedura:
1 – sopralluogo del tecnico forestale competente a livello provinciale che, sulla base del
verbale e delle cartografie redatte dal responsabile del servizio antincendio, verifica i danni
al soprassuolo e propone gli interventi di recupero;
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43
2 – comunicazione scritta al proprietario o in caso al Comune di competenza affinchè
prescriva ai proprietari l’obbligo di intervento con allegate le modalità colturali da attuare;
3 – nel caso di lavori particolarmente complessi si possono prevedere le seguenti forme
di supporto ai singoli proprietari:
- Incentivi economici all’intervento sulla base di fondi provinciali e del Piano di
Sviluppo Rurale;
- Convenzioni con imprese boschive che, in cambio del legname presente, attuano
l’intervento, sollevando i proprietari dagli obblighi di legge;
Operativamente i criteri di recupero dei soprassuoli boscati possono essere brevemente
riassunti nei seguenti punti:
BOSCHI CEDUI
Tagliare le ceppaie a rasoterra per riattivare le gemme provventizie;
Effettuare il taglio durante la stagione invernale per sfruttare la piena potenzialità
delle gemme a primavera;
Praticare le cure colturali necessarie affinché i polloni siano definitivamente
affrancati;
Se la quantità di ceppaie sopravvissute è piuttosto bassa intervenire con impianti
artificiali approfittando dell’intervento per un eventuale miglioramento della
composizione;
Ridistribuire sulla superficie il materiale carbonizzato ed asportare gli elementi
possibili agenti di pericolo (piante cadute, pietrame, massi instabili,…).
FUSTAIE
Ridistribuire sulla superficie il materiale carbonizzato ed asportare gli elementi
possibili agenti di pericolo (piante cadute, pietrame, massi instabili,…).
Rinfoltire artificialmente la rinnovazione naturale o rimboschire approfittando
dell’intervento per un eventuale miglioramento della composizione;
Praticare le cure colturali necessarie affinché le giovani piantine siano
definitivamente affrancati;
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44
9.4.4
Sul sistema antincendio – Organizzazione e operatività
La Pianificazione delle procedure, il coordinamento delle strutture operative
coinvolte relativamente al “Rischio di incendi boschivi” vengono definiti dal Piano di
Emergenza Provinciale di Protezione Civile che recepisce ed attua gli indirizzi della
Pianificazione regionale e provinciale.
Le competenze operative in caso di crisi, nonché la formazione e l’equipaggiamento
dei volontari sono in capo al Settore Protezione civile della Provincia di Brescia.
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