Infrastrutture e sviluppo territoriale nell`Europa allargata

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Infrastrutture e sviluppo territoriale nell`Europa allargata
SEMINARI EUROPEI, 2
L'AMPLIAMENTO DELL'UNIONE:
PER UNA RIFLESSIONE SULLE CONSEGUENZE ECONOM ICHE PER L'ITALIA
FONDAZIONE GIOVANNI AGNELLI - TORINO, 6 MARZO 2002
Scenari e prospettive infrastrutturali1
Lanfranco Senn
Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano
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Il testo costituisce una versione riveduta e integrata dall’autore dell’intervento presentato nel corso del
seminario.
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Occupandomi di economia territoriale, economia dei trasporti, economia dello
sviluppo regionale sento di avere «i piedi per terra», in senso stretto, e le considerazioni
e le riflessioni di Antonio Calafati e poi l'intervento di Dario Velo, mi fanno temere di
aver preparato un intervento così «terra terra» da non poter dialogare con il livello delle
problematiche che lo hanno sollevato; quindi sintetizzerò la parte introduttiva che avevo
preparato sull’assetto economico-infrastrutturale dei paesi candidati ad entrare
nell’Unione, e cercherò di riallacciarmi ai quattro scenari che Calafati ha dipinto
mostrando come il tema delle infrastrutture in realtà possa essere uno di quegli elementi
fortemente interdipendenti e non affrontabili in modo autonomo per riuscire a capire
dove l'Italia, in modo particolare, potrebbe o dovrebbe muoversi per riuscire a collocarsi
quanto meno in uno dei due scenari «con» che Calafati ha definito: cioè «con una
strategia», «con un ruolo attivo», sia che prevalga l'ipotesi della decostruzione
economica europea, sia che prevalga quella della riunificazione.
Parlando di trasporti, di infrastrutture, di movimenti fisici di merce e di persone fra
questi due nuovi grandi mondi che ex novo, o in modo rinnovato, interagiranno a
seguito dell'allargamento dell'Unione, viene immediatamente da richiamare la
sottolineatura che Calafati richiamava nel suo testo, sulla nuova o recuperata importanza
della dimensione geografica. In realtà se si pensa alla mappa dell'Europa allargata,
appare un'immagine territoriale, geografica, molto più compatta di oggi. I confini attuali
dell'Europa a quindici sono molto più sfrangiati: dalla Finlandia al Portogallo, dalla
Grecia all'Irlanda abbiamo un'immagine di compattezza molto minore di quanto non
emerga con lo scenario futuro. Se la geografia riacquista importanza perché sta alla base
della geopolitica - e quindi delle relazioni economiche e politiche che caratterizzeranno
l’Europa allargata – essa assume un’importanza ancora maggiore perché è sul territorio
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fisico che si articolano i flussi delle merci, gli scambi commerciali, la mobilità del
lavoro, la trasmissione delle informazioni, le opportunità e i rischi degli investimenti.
In questo quadro l’Italia si trova al centro dell’Europa allargata, lungo un asse NordSud che vede l’Italia in continuità con la Germania nella separazione tra Est e Ovest, e
la Germania in continuità con l’Italia nella prospettiva Sud-Nord (si noti che
l’inversione della prospettiva non è irrilevante dal punto di vista geopolitico). Ma l'Italia
si trova altresì in una posizione di assoluto privilegio anche per quanto riguarda l’altra
area geopolitica in grande crescita di relazioni con l’Unione Europea: quella del
Mediterraneo. Insieme alla penisola iberica, l’Italia rappresenta la propaggine più
avanzata dell’Unione nell’affacciamento sul Mediterraneo, cioè su tutto il sistema Nord
africano e mediorientale. Il ruolo di cerniera, e quindi il ruolo geopolitico potenziale che
l'Italia può giocare in questo sistema, è evidentemente di assoluto rilievo ed esige una
grande attenzione. È necessario porre tale attenzione nel cogliere le opportunità di
relazioni che vanno maturando con questi paesi, tenendo contemporaneamente conto
della nuova dimensione del mercato allargato, che vede un peso economico e una
variabilità dei redditi pro-capite assolutamente clamorosi e – come si può vedere dalla
tabella allegata – molto differenziati tra l’Unione Europea attuale, i futuri paesi aderenti
e i paesi che si affacciano sull’altra sponda del Mediterraneo.
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Soffermandosi sull’analisi dei tredici paesi candidati all’allargamento dell’Unione,
va osservato che essi rivelano una propensione a interagire con l'attuale Unione Europea
per il 57 per cento e 55 per cento, rispettivamente in importazione e in esportazione. Il
che vuol dire che qualunque sia il futuro scenario, l'interazione - che Calafati chiamava
il «di fatto dell'integrazione economica europea» - è già molto alta oggi.
Data la rilevanza di questi numeri, di questi comportamenti e di queste propensioni,
non è difficile immaginare che per effetto del conseguimento dell’acquis
communautaire da parte dei paesi candidati, avverrà in primo luogo la liberalizzazione
del trasporto merci anche nei paesi dell'Est; e per facilitare l'accelerazione dei tempi di
spostamento si assisterà a una riduzione delle frizioni doganali o delle barriere di tipo
fisico, e a un processo di armonizzazione dei sistemi di tariffazione stradale. Si può
citare a quest’ultimo riguardo che le varie società autostradali stanno pensando di
integrare e di armonizzare i vari sistemi di tariffazione, per poter arrivare da Lisbona
fino a Kiev senza uscire dall'autostrada e senza fermarsi ad alcuna nuova barriera.
L'interoperabilità ferroviaria è una politica comunitaria ma è anche un «must» dal
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punto di vista della possibilità delle compagnie ferroviarie, per erodere quote di mercato
e recuperare un po' di competitività nei confronti della strada.
Non minore rilevanza ha l’aspetto turistico, considerato che sempre più turisti dei
paesi dell'Est, sia per motivi di lavoro che di svago, verranno (e già vengono) nei paesi
dell’Unione attuale; anche il flusso da parte dei paesi dell'Ovest verso i paesi dell'Est si
sta del resto già intensificando.
Tutto questo comporterà un inevitabile adeguamento di infrastrutturazione, ma
questo è quasi ovvio affermarlo. Il problema fondamentale però è, nel caso delle
infrastrutture, verificare quanto tempo occorre per adeguare l'offerta a livelli di
domanda che si stimano in crescita. Gli studi sull’evoluzione del traffico avevano in
effetti già previsto che il traffico aumentasse, in conseguenza della maggiore
integrazione economica, e che il traffico su strada continuasse a erodere quote di
mercato al ferro, crescendo ad un tasso decisamente superiore a quello delle ferrovie, sia
nel trasporto merci sia passeggeri.
I risultati principali degli studi di previsione della domanda di trasporto interna ai
paesi dell’Est Europeo e da questi verso l’Unione2 (in prospettiva 2015, base 1995), in
assenza di nuove rilevanti infrastrutture stradali e ferroviarie indicavano:
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Traffico merci (tutti i modi di trasporto):
Traffico su strada (passeggeri+merci):
Traffico su ferro (passeggeri+merci):
+ 3,6 % annuo
+ 4,6 % annuo
+ 0,6 % annuo
Queste erano previsioni del 1995, in base alle quali la Comunità Europea ha poi
disegnato il sistema delle TEN (trans-european networks); il fatto che queste previsioni
siano già state superate, evidentemente la dice lunga su come la mobilità reagisce allo
sviluppo e all'integrazione economica. Si noti infatti come già all’anno 2000, a fronte di
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TINA Group, «Traffic Scenario for the TINA Countries»; Autovie Venete, «Studio di fattibilità tecnico-
economica del Corridoio TEN n.5»
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una sostanziale stabilità nel traffico passeggeri, il traffico (interno e internazionale)
merci (in Mton*km)3:
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su strada, cresceva a un tasso annuo di 4,8%
su ferro, diminuiva di un tasso annuo di -5,1%
Se da una parte la ferrovia deve comunque ristrutturarsi per cercare di riguadagnare
quote di mercato; se il traffico stradale, visto che aumenta di molto la domanda di
trasporto su strada, comporta comunque un adeguamento delle infrastrutture stradali,
vuol dire che sia nell'uno che nell'altro caso siamo di fronte a una domanda di
infrastrutturazione decisamente crescente, sia da una parte che dall'altra parte dello
spartiacque - o di quello che sarà un vecchio spartiacque - tra i paesi dell'Est e i paesi
dell'Ovest.
Si avranno alcuni impatti molto concreti anche sui valichi alpini – si pensi in
particolare a Brennero e Tarvisio - decisamente caratterizzati da una necessità di
ampliamento delle infrastrutture. Si può rilevare come già oggi il traffico su quei valichi
cresca a un ritmo più veloce di quello preventivato dallo studio di previsione
commissionato dalla DG VII alla Prognos nel 1995: a fronte di un’ipotesi di crescita
«solo» del 2%, si sono verificati nel periodo 1992-2000 incrementi del traffico ai valichi
del 5,5% su strada e del 4% su ferrovia.
L’Italia avrà bisogno di nuove infrastrutture e di nuovi investimenti
tecnologicamente più avanzati: si pensi al sistema dell'alta velocità che dovrebbe
attraversare tutta la pianura Padana, dal Frejus via Torino, Milano, Venezia, fino a
Trieste. Avremo anche il problema di rafforzare il nostro sistema stradale e autostradale,
perché con gli aumenti di domanda previsti le attuali capacità della rete stradale e
ferroviaria non sono ulteriormente sfruttabili; se poi pensiamo ad alcuni nodi, in
particolare nel nord-est e nella stessa Lombardia, il problema appare in tutta la sua
evidenza.
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Fonte: ECMT, 2000. Dati disponibili per Bulgaria, Croazia, Rep.Ceca, Romania, Rep.Slovacca,
Slovenia, Ungheria.
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L’Unione Europea ha già inserito alcune grandi infrastrutture tra le priorità assolute
del disegno di mobilità europea.
Il Libro Bianco UE del 2001, rilanciando un elenco di opere di trasporto
transeuropeo, ribadisce la necessità di realizzare:
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l’asse ferroviario alta velocità/trasporto combinato ferroviario Nord - Sud,
(che interessa il Brennero)
il collegamento alta velocità/trasporto combinato tra Francia e Italia e
sull’asse Torino–Milano–Venezia–Trieste
Laddove si evince immediatamente come la stessa Unione riveli una certa
consapevolezza sulla necessità di adeguare le infrastrutture di corridoio italiane ai nuovi
flussi provenienti da est. L’ostacolo, semmai, sta nelle differenze di strategia e di
priorità a livello europeo. I segmenti italiani delle TEN, ad esempio, subiscono la
concorrenza della Germania e della Francia centro-settentrionale – all’altezza di Parigi
per intenderci – le quali hanno espresso un’opzione nei collegamenti verso i paesi
dell’Est che testimonia un orientamento «centro-europeo» molto forte. Questa opzione
fa rischiare che l'Unione Europea decida di interconnettersi con i nuovi paesi aderenti,
attraverso un asse Parigi-Berlino e un corridoio derivato Strasburgo-Monaco-Vienna.
Tali scelte costituirebbero un bypass dell'Italia e modificherebbero la volontà finora
dichiarata in sede europea di realizzare le citate infrastrutture in territorio italiano.
L'Italia tuttavia, in continuità con la Germania dal punto di vista geografico nello
svolgere una funzione di cerniera con i paesi dell'Est, presenta un vantaggio ulteriore
per l’Unione, che è quello di affacciarsi anche sul Mediterraneo. Essa può quindi
trovarsi alleati non solo alcuni dei paesi candidati, ma anche la Francia meridionale, in
modo particolare tutta l'area di Lione-Marsiglia, la Spagna e il Portogallo; questo tipo di
alleanza potrebbe giocare in futuro sulle scelte di comportamento, per reagire agli
scenari prospettati da Calafati.
Tutti sappiamo che cosa sono i corridoi pan-europei. Si tratta di grandi assi di
mobilità che la Comunità ha disegnato a Helsinki nel 1997, sotto l’egida dell’ECMT4.
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European Conference of Ministries of Transport.
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Questi Corridoi sono in realtà dei «fasci di infrastrutturazione» che dovrebbero
consentire una mobilità privilegiata su cui creare economie di scala ed economie di
concentrazione dei flussi di mobilità. Il Corridoio V, in particolare, dovrebbe connettere
Venezia, Trieste con Lubiana, Budapest fino a Kiev. Oggi si parla di estendere il
Corridoio V a Ovest, da Venezia verso Torino, Marsiglia, Lione, Mercantour incluso,
verso Montpellier, Barcellona, Madrid e Lisbona. Un gruppo di pressione ben
strutturato che raccoglie esponenti del mondo economico portoghese, spagnolo, italiano
e francese, oltre che sloveno e ungherese, sta muovendosi in modo molto determinato
perché questo spostamento a Sud dell'asse est-ovest possa avvenire rendendo le
infrastrutture capaci di rispondere alla domanda di maggiore interazione che possiamo
prevedere tra est e ovest al momento dell'allargamento.
Anche il Corridoio VIII è di grande interesse per l'Italia. In realtà esso parte dall'altra
sponda dell'Adriatico: da Durazzo va verso Tirana fino a Varna sul Mar Nero, in
Bulgaria. Questo corridoio sostanzialmente dovrebbe rispondere alle esigenze di
mobilità che connettono l'Albania col Mar Nero e quindi con la Turchia, altro paese
candidato sui generis. Anche questo è un punto importantissimo per l'Italia, perché i due
punti di partenza dei due corridoi pan-europei attuali sono Trieste e Durazzo, ed
entrambi si affacciano sull'Adriatico. L'Adriatico, forse più che il Tirreno, dovrebbe
diventare in previsione dell'allargamento un nucleo centrale di flussi di mobilità
assolutamente determinante; l'Adriatico da questo punto di vista diventa un punto
prioritario di interfacciamento sia nella direzione nord-sud, sia nella direzione est-ovest.
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Su questi corridoi si sta progettando e costruendo, sia sul fronte stradale, sia sul
fronte ferroviario e terminalistico. Nei quadri allegati sono riportate le infrastrutture in
costruzione e il loro stato di avanzamento.
I riquadri testimoniano che si sta facendo molto a Est, perché questi paesi hanno
percepito la necessità e l'importanza della dimensione infrastrutturale per poter
interagire con i paesi dell'Ovest, e quindi si sono attivati, ormai da parecchi anni, per
garantire una qualità migliore delle infrastrutture attualmente esistenti anche sul
Corridoio VIII, con i due progetti PATHE (Patrasso-Tessaloniké = Patrasso-Salonicco)
e della Via Egnatia, che corre più a nord nella geografia greca.
L'Italia, in questo quadro infrastrutturale, si deve porre il problema di essere una
porta importante dei due corridoi verso Est; deve quindi attrezzare i porti e le reti che
giungono ad interfacciarsi con l'Est in modo sicuramente più determinato di quanto non
abbia fatto finora. Se non lo facesse rischierebbe di essere emarginata dalle grandi
opportunità offerte dall’allargamento ad Est. Invece questo processo di
infrastrutturazione necessario a rafforzare l'accessibilità a Est è solo all’inizio.
L’estensione delle linee ferroviarie realizzate è minima, mentre le linee in costruzione o
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in ammodernamento, sono tante, ma sono principalmente opere di adeguamento di
infrastrutture esistenti. Le nuove linee in progetto, cioè il Frejus e il tunnel del
Brennero, sono invece ancora in alto mare, per non parlare dell'alta velocità, sia sulla
direttrice Torino-Venezia che sulla direttrice Milano-Genova. Ciò significa che le
infrastrutture su ferro sono ancora indietro, e che l’attenzione a quelle stradali che
dovrebbero far fronte alla crescente domanda di mobilità verso Est è quasi solo allo
stadio della progettazione iniziale.
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Esiste solo una piccola parte del «fabbisogno autostradale» in progettazione
esecutiva. Si pensi in modo particolare all'Asti-Cuneo e alla Bre.Be.Mi. (MilanoBrescia) e a qualche altro asse: la Pedemontana lombarda, la Pedemontana veneta, il
passante di Mestre, il raccordo A22-A15 (corridoio TIBRE). Questo è il puzzle, ancora
molto scoordinato, con cui l’Italia sta cercando di far fronte alla nuova domanda di
trasporto.
Viceversa sui porti si sta facendo qualcosa di più e ci stiamo attrezzando in modo
decisamente più tempestivo.
Si può dunque concludere con alcune considerazioni finali che si ricollegano agli
scenari disegnati da Calafati.
L’Italia è lenta nel provvedere all’infrastrutturazione che consente un suo accesso
competitivo a Est: quindi il rischio di muoverci lungo gli scenari che Calafati disegnava
come scenari B e D, cioè gli scenari «senza» strategia, cioè senza ruolo attivo e
programmatico da parte italiana sono reali; o per lo meno i tempi necessari per passare
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agli scenari «con» una strategia esplicita, cioè uno scenario A o uno scenario C sono
ancora lunghi.
Che cosa differenzia questi scenari? Calafati dice: l'ipotesi della decostruzione
economica in vista dell'allargamento obbliga Bruxelles a rilasciare alla «periferia»
dell’Unione, Stati o Regioni, la scelta di fare le politiche economiche e infrastrutturali,
perché un sistema così largo riesce difficilmente a essere regolato e governato dal
centro. Se così fosse, l’Italia si trova in una situazione in cui o lo Stato nazionale assume
un comportamento «con strategia», con comportamenti fortemente attivi e dinamici
(che, per esempio, pianifichino il sistema infrastrutturale, garantiscano tutta una serie di
accordi, intensifichino gli scambi istituzionali tra paesi); oppure, se prevarrà la
componente regionale, federalista, più decentrata dello sviluppo del paese, saranno le
Regioni e quasi inevitabilmente le regioni del Nord a dover prendere l’iniziativa, perché
pressate in modo forte dalle esigenze di mobilità e di spostamento competitivo della
trasversale est-ovest verso sud e verso il Mediterraneo invece che a Nord delle Alpi.
Dipenderà dunque molto dal peso contrattuale tra Stato e Regioni se prevarrà l’iniziativa
di livello nazionale o quella di livello decentrato (regionale), quale sarà l'interlocuzione
con Bruxelles e parallelamente con i paesi dell'Est.
Se lo Stato nazionale non prende una posizione forte, decisa e tempestiva, e prevarrà
l’iniziativa delle Regioni, allora è evidente il rischio di una spaccatura interna al paese
in vista dell'allargamento, perché saranno le Regioni del Nord - più forti e più capaci, e
più reattive di fronte all'esigenza e alla domanda di infrastrutturazione - a darsi quelle
risposte che viceversa le regioni del Sud potrebbero dare in modo più problematico. Se
viceversa il ruolo prevalente fosse quello statale, allora, con riferimento allo scenario B
(riunificazione economica dell'Europa), il ruolo dello Stato italiano non potrebbe che
essere quello di partecipare, ex ante e non ex-post, al progetto e al processo di
riunificazione o l'allargamento dell’Unione, premendo su Bruxelles, perché, quanto
meno in termini di infrastrutture, si privilegino alcuni assi di mobilità: gli assi che ci
vedrebbero svolgere un ruolo attivo ed effettivo di cerniera tra est e ovest, e tra nord e
sud, facendo acquisire all'Italia un ruolo geografico o geo-politico di assoluto rilievo che
in questo caso dovrebbe e potrebbe interloquire con la Germania in modo paritario, e
non in modo subordinato.
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