Banche: affari in crescita per chi rileva i crediti in sofferenza “H

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Banche: affari in crescita per chi rileva i crediti in sofferenza “H
PRIMO TEMPO
Finanza
Banche: affari in crescita per
chi rileva i crediti in sofferenza
NEL 2016, IL MERCATO ITALIANO DEI “NON PERFORMING LOANS” TOCCHERÀ QUOTA 20 MILIARDI DI EURO
Negli ultimi 4 anni sono passati di mano circa 30 miliardi di euro di
“prestiti deteriorati”. Ecco chi sono e come operano i soggetti che ne
fanno un business. In attesa degli effetti della riforma del Governo
di Luca Martinelli
“H
57,2%
la crescita del
valore delle
azioni di Banca
IFIS negli ultimi
12 mesi
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ai ricevuto la lettera di notifica?”
chiede CrediFamiglia agli utenti
che si collegano su www.credifamiglia.it. La risposta è due righe più
sotto: “Banca IFIS ha acquistato il
tuo debito da un’altra Società che aveva originariamente concesso il finanziamento. Per onorare
i tuoi impegni dovrai ora pagare quanto dovuto a
Banca IFIS”. Un istituto di credito che nel corso
del 2015 “ha acquistato sul mercato 4 miliardi di
euro di crediti in sofferenza, superando gli 8 miliardi di portafoglio complessivo” come spiega ad
Ae Andrea Clamer, responsabile Area NPL, cioè
non performing loans. Banca IFIS ha sede a Mestre,
è quotata in Borsa e presieduta da Sebastien von
Fürstenberg. Ha chiuso il 2015 con un utile netto
di 162 milioni di euro, in crescita del 68,9% rispetto all’anno precedente. A differenza delle altre banche, in 12 mesi ha visto crescere del 57,2%
il valore delle sue azioni a Piazza Affari: Banca
IFIS non dà prestiti, e perciò non ha un problema con le sofferenze, cioè i crediti inesigibili. Il
suo core business è invece l’acquisto e la gestione
di “pacchetti di sofferenze” altrui.
Chi vende lo fa per affrontare due ordini di problemi. Intanto, gestisce una massa significativa
di posizioni con un’unica operazione, mentre
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in media ci vogliono oltre 7 anni per recuperare un credito di questo tipo, secondo le stime di
Cerved, società leader in Italia nell’analisi del rischio che si è specializzata anche nella gestione
delle sofferenze, agendo come servicer (vedi box).
Chi cede, cioè, si affida ad un soggetto specializzato, come Banca IFIS. Cancellando questi crediti
divenuti difficilmente esigibili, inoltre, le banche
migliorano i propri conti, incidendo sui parametri vigilati da Banca d’Italia e Banca centrale europea: si alza la qualità degli impieghi, cioè dei
prestiti, e si riduce il volume delle riserve che devono essere accantonate per fare fronte alle sofferenze, e in questo modo gli istituti possono aumentare l’offerta di credito.
Chi cerca di capire come sia possibile creare ricchezza a partire da crediti deteriorati, deve invece tenere a mente un dato: Banca IFIS li acquista pagando -spiega Clamer- “in media il 4 e il
5% del valore outstanding”, cioè reale. Significa
che un portafoglio da 4,1 miliardi di euro (quello acquisito nel 2015) è costato circa 200 milioni
di euro. Come lavora Banca IFIS? “Partiamo con
la segmentazione del portafoglio. Abbiamo industrializzato il processo di gestione: attraverso call
center, interni ed esterni, e azioni domiciliari (andiamo a casa del debitore), con una rete di 100
agenti professionisti, che fanno parte del brand
CrediFamiglia (Banca IFIS figura tra i clienti della GE. RI. Srl, società di recupero crediti recentemente sanzionata dall’Antitrust per pratiche
commerciali scorrette, ndr). L’obiettivo è trovare un piano di rientro: se proponessimo rate non
sostenibili, il danno sarebbe per tutti. Ci rivolgiamo a legali per quei soggetti, pochi, che hanno
una capacità teorica di far fronte al debito, ma
non la volontà di farlo. La maggioranza delle posizioni riguarda però debitori verso i quali non
possiamo andare avanti con l’azione di recupero”.
Banca IFIS, conclude Clamer, è attiva in un segmento ben definito di mercato: “I debitori sono
persone fisiche, e sostanzialmente non ci sono
garanzie. Si tratta di una fetta piccola ed estremamente frammentata: tante controparti con
importi bassi, rispetto ai crediti alle aziende.
L’importo medio di 8-10mila euro”.
I dati raccolti dalla società di consulenza
PricewaterhouseCoopers (PWC) evidenziano
come negli ultimi 4 anni in Italia siano passati di
mano circa 30 miliardi di euro di crediti in sofferenza, la maggior parte dei quali sono crediti
al consumo. Secondo stime di PWC, nel 2016 il
mercato dei non performing loans nel nostro Paese
potrebbe toccare i 20 miliardi di euro.
Ancora più grande è la massa di crediti in sofferenza che potrebbero “sbloccarsi” grazie alle
misure elaborate dal ministero dell’Economia
(Mef) e validate dalla Commissione europea (CE),
al centro di un accordo raggiunto a fine gennaio tra il ministro Pier Carlo Padoan e il commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager.
I tecnici del Mef parlano di circa 70 miliardi di
euro. A disposizione degli istituti di credito c’è
un nuovo strumento, invero per niente innovativo: fa riferimento, infatti, all’idea di una “cartolarizzazione”. I crediti inesigibili vengono ceduti dopo esser state “impacchettate” in veicoli
finanziari, che avendo quei prestiti (deteriorati) come sottostante potranno emettere obbligazioni, collocate sul mercato. “Dovrebbero essere destinate agli investitori istituzionali, e
non cedute ai clienti, al dettaglio” spiega ad Ae
Angelo Baglioni, del Dipartimento di Economia
e Finanza dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore. Lo Stato italiano offrirà delle garanzie,
ma solo per i crediti definiti senior, ovvero quelli
meno rischiosi: se il recupero non andrà a buon
fine, cioè, e il veicolo non sarà in grado di remunerare gli obbligazionisti, questi verranno rimborsati con risorse pubbliche. La garanzia ha
un costo, e sarà venduta a prezzo di mercato.
“CrediFamiglia”
è la piattaforma
di Banca IFIS
rivolta ai debitori. L’istituto ha
rilevato la loro
posizione da
un precedente
finanziatore
IN DETTAGLIO
CHI RECUPERA I CREDITI DELLE BANCHE
Una massa di quasi 80 miliardi di euro di crediti in sofferenza è
affidata dalle banche a dieci soggetti esterni, definiti “servicer”.
Queste realtà non acquistano i non performing loans ma ne curano la gestione e si occupano del recupero crediti in cambio di una
fee, una percentuale degli incassi effettivi sul portafoglio gestito. I
primi operatori sul mercato italiano sono Italfondiario (controllato
dal fondo Usa Fortress), Cerved (quotata alla Borsa di Milano e
partecipata da fondi d’investimento e dalla banca centrale norvegese), Prelios (quotata a Piazza Affari, e partecipata da China
National Chemical Corporation, Marco Tronchetti Provera, Mps,
Unicredit, Intesa Sanpaolo), Centrale Attività Finanziarie S.p.A.
(di Paolo Giorgio Bassi, già presidente di BPM e vice presidente
dell’Associazione bancaria italiana) e Primus Partners, partecipata al 10% dal governo cinese, tramite Genertec, e da Sovigest,
società valorizzazione immobiliari e gestioni il cui vicepresidente,
Luigi Scimia, è stato direttore centrale di Banca d’Italia.
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Marzo 2016
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PRIMO TEMPO
Finanza
IL MERCATO ITALIANO DEI NON PERFORMING LOANS (NPL)
miliardi di €
12
8
4
5
2012
2013
2014
2015*
* dato aggiornato al 30 settembre 2015
LE COMPRAVENDITE PIÙ SIGNIFICATIVE DEL 2015
miliardi di €
CHI HA COMPRATO
VALORE CHI HA VENDUTO
Fortress+Prelios
2,4Unicredit
Banca IFIS 1,63
MPS Consum.it, Findomestic, Santander Bank
ANACAP
1,2Unicredit
Horst Finance
1,16
Banco Popolare (2 operazioni)
PRA Group
0,625Unicredit
CRC (Christofferson, 0,32BCC
Robb & Company)
FONSPA-Credito Fondiario spa 0,302
Banca Etruria
Algebris
0,172
Deutsche Bank
Fonte: PWC, 2015
PAROLA CHIAVE
SOFFERENZA
Si parla di sofferenza quando il cliente di una banca è valutato
in stato di insolvenza, e considerato cioè irreversibilmente incapace di saldare il proprio debito. Non è necessario che lo stato
venga accertato in sede giudiziaria, ovvero con una sentenza
che riconosca il fallimento. GBV, o Gross Book Value (valore
contabile lordo), è la misura del volume delle sofferenze -o non
performing loans, NPL, in inglese-: indica la cifra cui le stesse
sono iscritte nei bilanci degli istituti di credito. Normalmente, chi
acquista “pacchetti di sofferenze” lo fa a sconto, cioè contrattando il pagamento di una percentuale del GBV.
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Altreconomia
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A fine dicembre 2015, la società
Algebris guidata da Davide Serra
-tra i finanziatori della fondazione
legata al presidente del Consiglio,
Matteo Renzi- ha acquistato
172 milioni di euro di crediti in
sofferenza da Deutsche Bank
Si andrà a creare una sorta di “mercato secondario” per i crediti in sofferenza, cui guarda
anche il Fondo monetario internazionale, che 12
mesi fa ha pubblicato un paper dedicato alle strategie per “sviluppare un mercato per i non performing loans in Italia”. Secondo gli analisti, a limitarlo sono alcune caratteristiche del sistema
bancario del nostro Paese, come il rischio reputazionale legato a una eventuale scelta di disfarsi di
crediti in sofferenza nei confronti di soggetti con
cui l’istituto vanta relazioni di lungo periodo, o il
fatto che circa i due terzi dei non performing loans
siano garantiti, e che in molti casi queste siano
rappresentate da immobili. “La scelta di vendere le garanzie al di sotto del loro valore contabile
-spiega il working paper del Fondo monetario- potrebbe modificare il prezzo di altre garanzie simili”, e in questo caso il vantaggio per l’istituto di
credito potrebbe essere vanificato.
Quello dei “crediti in sofferenza” è in ogni caso
un nuovo mercato che alcuni soggetti hanno saputo leggere ed anticipare, come la holding Tages
che a fine 2013 ha acquisito Credito Fondiario
spa (FONSPA, www.fonspa.it) “con l’obiettivo di
creare una piattaforma di natura bancaria focalizzata sul mercato del credito deteriorato e illiquido in Italia”. Dopo aver “trattato” l’acquisto
di sofferenze di Banca Marche, Fonspa ha concluso -nel novembre scorso- un accordo per circa 300 milioni di euro di non performing loans di
Banca Etruria. Si tratta di due dei 4 istituti di crediti commissariati a fine novembre dal Governo
italiano, proprio per un problema di sofferenze
in eccesso. Il presidente di Credito Fondiario è
Piero Gnudi, già ministro degli Affari regionali nel governo di Mario Monti, oggi commissario per l’ILVA, nominato dal governo Renzi, e del
cda di Tages fa parte anche Lorenzo Bini Smaghi,
che è anche presidente del gruppo bancario francese Société Générale (presente in 76 Paesi) e
potrebbe diventarlo a breve anche di Chianti
Banca, una delle maggiori BCC toscane. Il meccanismo di cartolarizzazione, però, non dice niente
circa l’effettiva capacità di risolvere la sofferenza, obbligando il debitore a pagare. C’è, così, chi
ha fatto scelte più concrete: Algebris Investment,
guidato dall’italiano Davide Serra, ad esempio,
ha lanciato un fondo denominato Algebris NPL
Italy Fund, che a fine dicembre 2015 ha acquistato da Deutsche Bank un portafoglio di crediti
in sofferenza il cui valore è pari a 172 milioni di
euro. Comprende 130 crediti, 48 debitori e 698
unità immobiliari, l’83% delle quali localizzata in
Lombardia. Il pacchetto di Npl è passato di mano
per un ammontare pari a circa il 41% del valore
lordo, cioè 65-70 milioni.
La differenza nella valutazione tra le sofferenze comprate da Banca IFIS e quelle acquistate
da Algebris è che le seconde sono garantite da
beni che possono essere venduti, e cioè immobili. Il 10 febbraio, nel corso della conferenza
stampa a margine di un Consiglio dei ministri,
il presidente Matteo Renzi (Serra è tra i finanziatori della Fondazione Open, che promuove la
manifestazione Leopolda, legata al premier) ha
annunciato una misura per agevolare la vendita di immobili “in esito a procedure esecutive”,
legate ad esempio al fallimento dell’azienda che
aveva posto quell’immobile a garanzia di un prestito. Dovrebbe prevedere (il testo non è ancora
stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale) una netta
riduzione dell’imposta di registro “che -si legge
nel comunicato- deve essere versata nella misura fissa di 200 euro (anziché del 9% per valore di
assegnazione)”. Una misura -spiega il professor
Baglioni della Cattolica- volta “a facilitare il realizzo del valore delle garanzie”. Ma le banche hanno capito la lezione? “Le imprese lamentano che
l’offerta di credito sia ristretta”. Una misurazione
fondata sulla quantità, e non sulla qualità.
300
milioni di euro,
il portafoglio di
crediti in sofferenza di Banca
Etruria acquistati
da FONSPA