CFP Maître (ita)

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CFP Maître (ita)
Call for Papers
Convegno Internazionale di italianistica del CELEC di Saint-Etienne (Francia)
(nell’ambito del piano scientifico quinquennale 2011-2015 sull’«Autorità») – 12-13 febbraio 2015
Maestri, precettori e pedagoghi.
Figure dell’insegnante nella letteratura italiana
Sulla scia di un lavoro di ricerca pluriennale sulle diverse forme dell’Autorità, questo convegno
analizzerà le rappresentazioni letterarie dell’insegnante: colui che incarna l’autorità nella misura in
cui possiede e padroneggia gli strumenti della cultura e del linguaggio. Nelle sue molteplici
declinazioni – maestro, precettore, educatore, pedagogo – questa figura ha una lunga storia nella
letteratura italiana, dall’Orlando Furioso di Ariosto (1516, 1521, 1532), dove Atlante serve da
precettore a Ruggiero, passando attraverso i pedagoghi della commedia (Bibbiena, La Calandria,
1513) e i precettori delle famiglie aristocratiche del Settecento (Parini, Il giorno, 1763-1765), per
arrivare fino ai maestri di scuola del romanzo ottocentesco e alle variazioni sul tema così frequenti
nel Novecento. Se l’Atlante del Furioso – in cui rivive il vecchio Fenice tutore di Achille (Iliade,
canto IX) – è un uomo saggio, dotato di qualità superiori e anzi di facoltà magiche, il precettore
della commedia eredita i tratti grotteschi tipici di questo personaggio già nelle commedie
dell’antichità classica; non molto diversa la sorte del maestro-pedagogo del Settecento: vanitoso e
pedante, costui assomiglia invariabilmente a quel vero campione della categoria che risponde al
nome di Pangloss (Voltaire, Candide, 1759). Il caso del «precettor d’amabil rito» che cura
l’educazione del «giovin signore» nel poema di Parini è tuttavia un po’ diverso: questa figura dello
scrittore – Parini era precettore presso il duca Serbelloni a Milano – partecipa del mondo frivolo
del suo allievo, dei suoi vizi e privilegi, ma rivela al tempo stesso, attraverso la sua voce ironica, il
vuoto che lo circonda. Nel complesso, nella letteratura dei secoli dal Quattro al Settecento
l’insegnante – che sia precettore, pedagogo o semplice maestro di scuola – si va trasformando in
figura definitiva dell’infelicità. Sospeso in una posizione sociale ambigua, fra il padrone nel senso
hegeliano del termine e il servitore o lo schiavo, il maestro suscita il sospetto e l’odio degli uni e
degli altri, servitori e padroni, e diventa a sua volta ostile agli uni come agli altri. Pieno di
ambizioni frustrate, può servirsi soltanto della sua cultura e del suo talento pedagogico per
cercare di accedere a una società aristocratica o borghese, che però lo respinge, relegandolo in
un ruolo subalterno. Il maestro diventa allora, nel romanzo ottocentesco, un personaggio infelice,
‘minore’ per definizione, comico per statuto. Anche quando non è ridicolo e risulta invece fornito
di qualità morali, la tristezza e la sventura non lo abbandonano mai: il primo giorno di scuola il
Maestro Perboni, in Cuore (1886) di Edmondo De Amicis, confessa agli scolari che non ha più
famiglia né madre, ed è insomma completamente solo al mondo. Quid della figura del maestro
nella letteratura del Novecento? Fra autorità riconosciuta o – più spesso – contestata, ‘uccisione
del padre’ o viceversa omaggio all’insegnante e all’istituzione che rappresenta, gli esempi che
potranno suscitare la riflessione sono numerosi; per citarne solo alcuni: il maestro di lingua
persiana nel Dialogo dei massimi sistemi (1937) di Tommaso Landolfi; Giovanni Mosca, Ricordi di
scuola (1939); Lucio Mastronardi, Il maestro di Vigevano (1962); Natalia Ginzburg, Lessico
famigliare (1963); il personaggio di Laurana in A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia (1966);
Goliarda Sapienza, Lettera aperta (1967); la lettera a Gennariello nelle Lettere luterane di Pier
Paolo Pasolini (1976); la coppia Guglielmo da Baskerville-Adso da Melk nel Nome della rosa
(1980) di Umberto Eco; Mery per sempre (1987), testo di Aurelio Grimaldi che è all’origine del film
(1988) di Marco Risi; Io speriamo che me la cavo (1990) di Marcello D’Orta (il maestro non vi figura
direttamente, ma costituisce per così dire il presupposto del testo, perché è lui a riunire i temi
degli studenti in una raccolta che è, propriamente, il libro); i romanzi polizieschi di Margherita
Oggero; e via di seguito.
Le proposte di comunicazione devono essere spedite a:
[email protected] e [email protected]
il 15 settembre 2014 al più tardi.
Gli abstract saranno esaminati dal nostro comitato di lettura e le risposte fatte pervenire
ai partecipanti entro il 30 ottobre 2014