DALL`ORIENTE ALL`OCCIDENTE: la cicogna venuta
Transcript
DALL`ORIENTE ALL`OCCIDENTE: la cicogna venuta
DALL’ORIENTE ALL’OCCIDENTE: la cicogna venuta da lontano NICOLO’ … non sappiamo nemmeno noi perché, a distanza di circa un anno e mezzo, raccontiamo la nostra storia. La nostra adozione! Adozione, che bella parola. Leggevamo su di un libro (“Adottare un figlio” di Marco Scarpati) che in una lingua dell’India, adottare si traduce con “prendere sulle ginocchia”. Ed è proprio cosi’. Si prende sulle ginocchia un figlio senza genitori (a volte) e tu genitore senza figli (non sempre) diventi finalmente una famiglia. E cosi’ termina la nostra storia. Per lo meno un capitolo della nostra vita, perché adesso come adesso se ne sta aprendo un altro. Un’altra adozione e domani un’altra storia. Ma vediamo di iniziare almeno la prima. Siamo una coppia adottiva e finalmente ora genitori adottivi. Per noi non è per nulla strano, ma tanta gente, anche per strada, fermandoti ci elogia per la scelta fatta. Frasi tipo “ce ne fossero di persone come voi!” sono anche ormai obsolete e retoriche. Che siamo speciali (noi tutti genitori adottivi) lo sappiamo già, ma non perché pecchiamo di presunzione. Ce ne accorgiamo ogni volta che guardiamo nostro figlio Nicolò (nome alla nascita Nguyen Van Hung): l’unica cosa che pensiamo è che siamo stati fortunati, e per questo speciali, nell’avere un bambino così meraviglioso, intelligente, sensibile, bellissimo e altri aggettivi positivi che finora non hanno ancora inventato, proprio come tutti i bambini adottati. Le emozioni del percorso dell’adozione (soprattutto prima del decreto) sono varie: si passa dall’euforia, all’ansia, allo scoraggiamento. Il tutto armati di santa pazienza. Ulteriore pazienza, anche perché chi arriva a questa decisione non ci arriva a cuor leggero, ma dopo mesi se non anni (come noi) di riflessioni. Tutto inizia, finito il periodo delle riflessioni, nel luglio 1997. Esattamente il giorno 21 luglio 1997, quando siamo stati convocati per l’incontro di gruppo al Tribunale dei Minori di Trento, con l’assistente sociale. Siamo a Trento, provincia di una regione autonoma a statuto speciale, dove tutto è diverso dal resto d’Italia per tante cose (a volte significa soprattutto più agevolazioni e privilegi). Ma non per l’adozione. Ci sono persone che hanno atteso vari anni prima di ottenere il benedetto decreto: con noi inizia per fortuna una nuova era. Il tribunale poi dà una limitazione nell’adozione di due minori: inserisce la clausola “purché fratelli”. Dunque, siamo nel caldo luglio 1997, speranzosi che dopo le vacanze, per il tribunale durano fino a settembre, si dia il via alla chermes. Ma passa settembre, ottobre, novembre e dicembre. Lo sconforto è grande. Tanto desiderosi di intraprendere questa strada, quanto delusi dal silenzio delle istituzioni. Unico consiglio dell’assistente sociale, per altro molto buono, di appoggiarci ad alcuni gruppi volontari di genitori adottivi. Pronti! Uno a Trento e un corso a Verona. Finalmente si parla d’adozione: anche perché a volte la coppia arriva a questa decisione quasi in punta di piedi. Non hai voglia di spiegare questa scelta che ancora molti la collegano alla “colpa” della mancata procreazione. E ti compatiscono: ”Poveretti, perché non potete avere figli?” Queste serate e fine settimana ci aiutano, ci rafforzano e ci permettono di conoscere quelli che adesso sono i nostri cari amici e la maggior parte dei loro figli, la squadra vietnamita in Trentino e nel Veneto. Poi tutto all’improvviso: marzo e aprile i colloqui (che non sono per niente inquisitori) ed infine le visite mediche. E finalmente dopo un anno, il 14 luglio 1998: il decreto, la patente. Evviva, genitori (sulla carta) di due bei pargoletti, ovviamente fratelli. Per scaramanzia ci siamo mossi solo gli ultimi mesi, ovvero da maggio in poi, ma tutte le associazioni ( erano poi 3!) contattate richiedevano il decreto. Pazienza! Ad agosto un ulteriore giro di telefonate: costi, corsi, tariffe. Poi una voce, tranquilla, lontana (era dalla Spagna, in ferie ) diversa dalle altre, pacata, parlava con l’entusiasmo di un bambino della sua Associazione, che in quel momento era chiusa per le vacanze estive. E´ bastato un incontro con la responsabile di zona a Trento per decidere quale doveva essere la nostra Associazione: il NAAA. E un passo era fatto: adesso c´era solo da scegliere il paese di provienza di nostro figlio: piccolo particolare! Nella nostra mente e nei nostri discorsi il bambino è sempre stato presente, ma era senza volto, senza sesso e senza nazione. Era un piccolo angelo: ma ora dovevamo portarlo sulla Terra, in Italia. Sí, ma da dove? Scartati vari paesi per la lunga attesa prima e dopo l‘abbinamento, e per la lunga permanenza in loco con il bambino, il campo si era ristretto su Russia e Nepal. Quando la pacata voce del NAAA aveva elencato i vari paesi, tra cui il Nepal, un piccolo campanellino era scattato: perché no i paesi asiatici, cosí ricchi di storia, poi il Nepal era cosí affascinante?! Deciso, doveva essere il Nepal. Ma all´incontro a Legnano, dove ci siamo recati per comunicare la nostra decisione, ci parlano anche e soprattutto del Vietnam. Il Vietnam, paese strano, ce lo ricordavamo solo per la guerra, paese peraltro sconosciuto anche dalla maggior parte di tour turistici. Ci siamo guardati un po´ esterefatti! Poi, vinti i primi dubbi, ecco le note positive: soggiorno breve (il fattore permanenza pesa, non a livello finanziario, per lo meno in questi paesi) e soprattutto tempi di attesa altrettanto brevi (al Nord). E´ fatta! Cosí piano piano scopriamo altre qualitá: da un breve filmato, girato personalmente dai responsabili, possiamo renderci conto delle condizioni dei bambini vietnamiti negli orfanotrofi. Faccine belle, simpatiche, un po´ tristi (chi non lo sarebbe?), ma vispe, a differenza dei loro coetanei di altri paesi. E cosí in ottobre 1998, torniamo a Trento, eccitati, con un plico di carte da predisporre. Non so se fortuna, tempo o determinazione, ma nel giro di 1 settimana – 10 giorni, riusciamo ad avere tutto pronto per la spedizione alla sede NAAA, dove i documenti vengono controllati accuratamente ( ci correggono i compiti!) prima della legalizzazione, atto finale! Tutto bene. Con grande sollievo e con un po´ di ansia ( si teme sempre che non possa andar bene qualche documento, nonostante il controllo) gli stessi vengono poi spediti dall´Associazione in Vietnam. Finalmente si stava avverando il nostro sogno: una famiglia. Sul piano emotivo è un periodo felice e relativamente tranquillo. Avevamo passato indenni i colloqui per il decreto, (anzi sono stati anche piacevoli); il decreto cosí tanto sognato e sospirato, una volta ricevuto non si è rivelato che un pezzo di carta; la corsa dei documenti per il Vietnam si è conclusa ottimamente, e adesso ci godiamo il meritato relax psico-fisico. E per di piú abbiamo avuto modo di conoscere tante altre coppie e scambiare idee e suggerimenti. Ci si sente sicuri pensando di aver scaricato su altre persone (competenti), non solo i documenti, ma l´intera pratica di adozione. Il nostro desiderio, il nostro sogno in mano ad altre persone! A pensarci vengono i brividi, ma se si ripone il massimo della fiducia in queste persone, tutto diventa piú facile, anzi finalmente ci si rilassa. E cosí è stato. Una sera di gennaio (1999) una telefonata in segreteria mi avvisava di richiamare l´Associazione per comunicazioni. A conti fatti, forse era l´abbinamento. Eccome che lo era!!!! Io che l‘avevo ascoltata per prima ,non sapevo se ridere, piangere, dirlo subito a Franco, o aspettare che rientrasse di lí a poco dal lavoro. Mi rendevo conto solo che quel giorno era il piú bello della mia vita. O per lo meno ne ero convinta fino a quando 2 mesi dopo ci fu un´altra telefonata per comunicarci la partenza. Ma torniamo all´abbinamento: un bambino nato (più che nato, trovato) il 18 aprile 1998 ad Hanoi. Dalla scheda scopriamo che è stato abbandonato dalla madre (una piccola fortuna, e lo scopriremo quando ci troviamo ad Hanoi per la cerimonia). Una sola foto, tipo fototessera, ingrandita dall´Associazione. Ma noi quella foto ce la siamo messa dappertutto: sul computer come save screen, nel portafoglio, abbiamo tappezzato la casa di ulteriori ingrandimenti. Avevamo persino fatto le fotocopie delle schede che tenevo sempre in borsa. Gli originali erano ben chiusi in un cassetto a prova di polvere e di stroppicciamenti. Il primo mese dopo l´abbinamento è passato abbastanza in fretta: eravamo ancora sull´onda dell´entusiasmo. Ma poi è bastata una serata in compagnia di altri due genitori adottivi (Nicoletta e Lucio Rosati) in attesa di partire anch´essi per il Vietnam a farci scoppiare la frenesia. Dal giorno dopo abbiamo iniziato i preparativi: assemblato la cameretta, montato il lettino, fatto shopping. Mai shopping fu cosí liberatorio. Ci siamo proprio divertiti a riempire il carrello di magliette, pantaloni, tutine, body, calzini. Per il suo complimese ( 18 febbraio festeggiava i 10 mesi) gli ho persino comprato un regalo! Serviva più a me che a lui; a quel tempo era lontano migliaia e migliaia di km. Era ancora troppo lontano. L´Associazione giustamente non si sbilanciava sulla partenza, non sapendola nemmeno loro, e continuavano a ripeterci che ogni adozione ha una sua storia e un suo tempo. Non potevamo basarci su esperienze precedenti: d´altronde dai 5 – 8 mesi preventivati per la partenza si era passati ai 2- 3 mesi ( il Nord è piú veloce). Pazienza, aspetteremo. Non facciamo altro da un anno e mezzo, continueremo a farlo. Un bel giorno ( è proprio il caso di dirlo) sul lavoro vengo chiamata dal responsabile di Legnano: strano, ma in fondo non aspettavo altro. Con una semplicitá allarmante mi comunica che si parte. Bisogna essere ad Hanoi per il giorno 28 marzo 1999!! Eccolo il piú bel giorno della mia vita. Quel giorno non sono piú riuscita a lavorare. Ero presente fisicamente, ma camminavo 20 cm dal pavimento e la mia testa era giá sull´aereo. Ultimi giorni da coppia! Ultime corse per spedire passaporti, riceverli con il visto appena il giorno prima della partenza! Tra l´altro siamo quasi vicini alle vacanze pasquali, per cui i voli sono tutti pieni, ma un paio di posti per noi li hanno trovati. Le valigie del bambino e quelle zeppe di regali da portare all´orfanotrofio sono pronte da un bel pezzo. Le nostre si fa presto a farle. Ricapitolando 5 (cinque!) valigie: 1 per noi, 1 per Nicoló e 3 per l´orfanotrofio. Quest´ultime sono piene di vestiti, giocattoli e altri beni che abbiamo radunato con il passaparola tra amici. Nessuno si è tirato indietro. I colleghi, gli amici, i parenti ben contenti di partecipare ad una iniziativa benefica che avrà una destinazione certa. All´emozione della partenza si somma l´emozione di andare a prendere nostro figlio! Il viaggio, piacevole, sembra non finire mai, anche perche` sono tante le ore di volo (2 ore da Venezia a Parigi e poi altre 14 ore da Parigi ad Hanoi). Come saranno i nostri prossimi giorni? Come sará l´incontro con lui? Per tanti anni lo abbiamo immaginato, ed ogni volta era diverso. Un caldo avvolgente ci accoglie all´aereoporto di Hanoi. Siamo partiti con il cappotto ( 28 marzo!) e qui si gira in maniche corte. Nella baraonda del terminal arrivi, piena di tassisti, e di gente che ti invita non so dove, riconosciamo con sollievo il gagliardetto dell´Associazione NAAA con il nostro cognome: PAULETTO. Durante il tragitto tra l‘aereoporto e la città di Hanoi, tentiamo pure di fare conversazione in inglese con il nostro accompagnatore, ma francamente non siamo in grado di capirlo. E´un inglese che tira piú sul vietnamita! Stanchi e sfasati dalla differenza del fuso, facciamo un giro di perlustrazione nel centro di Hanoi dopo aver depositato tutti i nostri bagagli nell´Hotel. Hotel provvisorio in attesa che l´indomani ci si trasferisca all´hotel Claudia. L´impatto con Hanoi non è stato dei migliori: l´alberghetto un po´scadente, il giro turistico a stretto contatto con la povertá di questo popolo, la lontananza da casa ( ebbene si, siamo un po´campanilisti), ci ha messo un po´ di malinconia. Poco male, una buona dormita non ci fará che bene. Dormire, chi ci riesce?? Ogni tanto ci viene in mente il motivo di questo viaggio: e l´indomani sará il grande giorno. E il giorno seguente, le ore che ci separavano dall´incontro sono state lunghe, molto lunghe. Ma finalmente a mezzogiorno cambio di Hotel e ad aspettarci c´era nostro figlio! Piccolo, spaventato, spaurito in braccio ad un assistente dell´Associazione Americana IMH. Non ha fiatato quando è passato da un braccio all´altro. Dal suo al nostro. E poi abbiamo capito il perché: aveva la febbre e alta. Quindi abbiamo passato le ore successive con lui sempre in braccio, addormentato o comunque semi-incosciente. Noi sprovveduti, buoni zii, ma inesperti genitori siamo stati accompagnati in questa avventura dalla dolce presenza di „mama Claudia“, (Mrs. Thuy dell‘Hotel Claudia) la quale aveva una medicina per tutto; un´attenzione non solo per Nicoló, ma anche per questi due poveri pirla senza una benchè minima esperienza. Una volta guarito dalla febbre, si scopre la scabbia: pazienza, poteva avere di peggio. Creme, cremette, bagnetti sono durati per quasi due mesi. Intanto tra le operazioni di pulizia nostra e soprattutto sua, incominciano i progressi. Due giorni dopo il nostro incontro, Nicolo´ ha voglia di gattonare, e qui i primi pianti di commozione; poi i primi passi, i suoi primi abbracci, addormentarsi l´uno nelle braccia dell´altro. E giu´ altri pianti. Gli ormoni di Roberta erano impazziti: qualsiasi motivo era buono per far lacrimare gli occhi! Quando abbracciavamo quell´esserino di circa 8 kg pensavamo che era tutto quello che avevamo finora desiderato. E chi non si commuoverebbe? Altra occasione per bagnare i fazzoletti ce l´ha data la cerimonia ufficiale per l´adozione: quando si firmano i documenti con la direttrice dell´orfanotrofio, i funzionari statali, gli interpreti e i genitori naturali. E´un momento che di sicuro non dimenticheremo mai, vedere due genitori, oppure una madre, firmare dei documenti e abbracciare per l´ultima volta il proprio figlio. Scioglierebbe anche il piú duro dei duri. E per nostro figlio non c´era nessuno: nessun papá, nessuna mamma. Peccato o fortuna? Due settimane sono sembrate due mesi. Per noi adulti, abituati alla libertá piú assoluta, dipendere dai suoi pasti (basati ancora su latte in polvere e crema di riso a quasi 12 mesi!), dai suoi sonnellini e soprattutto dalle incombenze burocratiche (svolte con un altro prezioso supporto: Bobo, un nome, un programma!) era psicologicamente faticoso. Cosí di quello che ora reputiamo uno stupendo paese, abbiamo assaporato veramente poco. I soliti giretti, abbastanza brevi, in mezzo ad una cittá caotica, piena di biciclette e motorini, e mediamente molto povera. Ed è quest´ultimo particolare che ti mette in imbarazzo. La gente che incontri per strada ti guarda, vede il bambino, un loro bambino e poi ti sorride e dice: „Baby Vietnam“, quasi contenti di sapere che almeno lui, il nostro baby Vietnam, avrá una vita piú facile della loro. La nostra vita a Hanoi è stata ulteriormente complicata dal fatto che eravamo gli unici italiani ospiti di mama Claudia. Eravamo in mezzo ad americani e canadesi, e quindi la nostra vita sociale era veramente ridotta al minimo. Eravamo davvero soli, e questo non ha certo contribuito a rilassarci e goderci pienamente il paese di nostro figlio, con nostro figlio! Questo è successo per fortuna dopo, a casa, nella sicurezza delle nostre mura domestiche, guardando il video, le foto e ricordando. Abbiamo adottato non solo un bambino vietnamita, ma l’intero paese. Siamo fieri del Vietnam ed ora qualsiasi cosa che riguarda quel piccolo paese lontano ore 18 di volo richiama la nostra attenzione, come qualsiasi problematica inerente i bambini. Non ci sentiamo più buoni perché abbiamo adottato, ma molto più sensibili in quanto semplici genitori. Abbiamo rallentato la nostra precedente vita frenetica, per soffermarci sui problemi dell’infanzia e stimoliamo i nostri amici, conoscenti e parenti a fare altrettanto. Ogni occasione è buona per pensare a chi non è stato fortunato come nostro figlio, e gli altri suoi amici, a trovare una famiglia. E infine un pensiero va anche alla madre naturale Nicolò, che aleggia sopra le nostre teste come un angelo. Sì, un angelo e non un fantasma! Di lei possiamo solo fare congetture: forse troppo giovane, forse ragazza madre. Di lei possiamo solo pensare alla disperazione di dover abbandonare il suo bambino, e chissà ora se sta immaginando a dove lui possa essere. Forse è un’immagine troppo romantica dell’abbandono, ma preferiamo pensarla così. Forse in fondo ai nostri cuori, esserle riconoscenti di aver scelto di far vivere nostro figlio per ben due volte!! FEDERICO Una storia, la seconda. Un‘adozione, la seconda. E tutto ricomincia da capo, anche se è tutto diverso. Denominatore comune: le solite affermazioni della gente, rincarate questa volta: „ ma che bravi, … due…“ – „ voi avete fatto del bene“. E noi sorridiamo, perché in cuor nostro pensiamo di avere fatto del bene solo a noi stessi e ai nostri figli, come se un‘adozione fosse un gesto più umanitario che mettere al mondo dei bambini. Se davvero volessimo far del bene ce li porteremo via tutti quei bambini dall´orfanotrofio, faremo in modo che non ci siano piú bambini che muoiono di fame o per la guerra. Questo è fare davvero del bene, ma è una cosa più grande di noi e anche se nel nostro piccolo contribuiamo, non è abbastanza. Scusate se con queste premesse vi abbiamo annoiato, di sicuro non è né il tempo né il luogo: la consideriamo una piccola riflessione prima di una storia con il lieto fine (…speriamo…) L‘anno di preaffido del nostro primo figlio adottivo Nicolò non era ancora terminato, che avevamo già in mente il secondo. Masochisti? Forse! Certo diventare genitori e metterlo in pratica ogni santo giorno è faticoso, indipendentemente dall‘adozione, ma non ci sentivamo completi. Siamo passati da una semplice coppia ad una famiglia, ..sì, ma il nostro obiettivo ed il nostro cuore ci spingeva oltre. Ed è così che è nato Federico. E´nato nei nostri cuori, appena siamo tornati nel marzo 1999 dal Vietnam con Nicolò. Avevamo tra le mani il nostro primo frugoletto di circa un anno, ed eravamo davvero presi da questo, ma nella nostra mente già si sognava il secondo. Era una scappatoia dalla realtà troppo cruda di essere genitore, dopo averne sentito parlare per tanti anni?? Durante il percorso dell‘adozione una coppia non fa altro che parlare di come si può diventare (buoni) genitori e si fantastica su tutto: per primo l‘incontro con tuo figlio, ma quello lo avevamo già ampiamente superato e a pieni voti; poi si fantastica sulla vita quotidiana, e qui vengono le prime delusioni. Quella persona che tanto avevi sognato non sempre ti regala momenti splendidi; quell‘esserino di pochi chili mette in discussione anni di vita in comune tra te e tuo marito e candidamente ti fa capire che non sempre sei il genitore perfetto che vorresti essere per lui. La depressione post-partum esiste anche nell‘adozione. In questi momenti in cui ero molto fragile, per fortuna non erano tanti, sono stata supportata con professionalità e un tocco di amicizia da una cara amica, la nostra amica Cinzia (la psicologa dell‘associazione) che ha sempre trovato tempo per rispondere alle mie domande, ed è stata, anche per la seconda adozione, un punto luce molto importante. Federico è nato burocraticamente nel luglio 2000 quando abbiamo depositato la dichiarazione di disponibilità al Tribunale di Trento. Con Nicolò presente pensavamo di affrontare in maniera tranquilla l‘attesa del secondo. Ma non è stato così: siamo capitati nel periodo dell‘applicazione della nuova legge, e del passaggio di competenze dal Tribunale dei Minori, al Servizio Sociale della Provincia di Trento, quindi uno stop improvviso senza nessuna certezza. L‘unica, ma negativa, era quella che il NAAA non era operativo, in quel momento, per il Vietnam. Abbiamo passato dei mesi nel tentativo di spronare gli organi competenti ad applicare la nuova legge, che prevedeva un periodo ben definito per ricevere il decreto di idoneità. Abbiamo passato dei mesi a chiedere notizie sul Vietnam ad Ingrid, Ferry, Cinzia, Giancarlo, alla nostra referente Nicoletta (lo staff NAAA) o a chiunque ci capitasse al telefono e, nonostante il momento davvero delicato, sono sempre stati gentili con noi. Poi all‘improvviso la Provincia si sveglia e nel giro di un mese ci convocano per il colloquio con la psicologa ed il mese seguente il Tribunale di Trento ci emette il decreto di idoneità. Il colloquio con la psicologa, la stessa della prima adozione, di cui tra l‘altro conserviamo un buonissimo ricordo, viene fissato per il giorno 18 aprile 2001. Il compleanno di Nicolò, il terzo compleanno….destino. Nel destino noi ci crediamo. Il destino è stato quello che ci ha fatto incontrare i nostri figli. Se facciamo un passo indietro ci accorgiamo che Nicolò è stato concepito nel mese in cui abbiamo inoltrato al tribunale di Trento la sua domanda di adozione (era luglio 1997). Nicolò, poi, è stato abbandonato da una signora (la mamma??) in un „salone da tè“ (chi è stato in Vietnam se lo può immaginare..) e Franco lavora presso una societá che commercializza il tè. E adesso un altro legame, per lo meno tra i presunti fratelli: Federico ha fatto un bel regalo di compleanno a Nicolò, ancora prima di nascere. Il resto è copione già visto. Maggio 2001: il decreto. Giugno e luglio 2001: iscrizione al NAAA. Settembre 2001: preparazione documenti per il Vietnam, che nel frattempo nel mese di giugno è stato riaperto con nostra massima soddisfazione. L´emozione di spedire tutti i documenti è stata, come sempre, grande. Mio figlio, in quel momento, anche se era nella pancia di un‘altra , pesava 500 grammi, tanto pesava il pacchetto pieno di firme autenticate, documenti in copia, documenti originali, fotografie e quantaltro, che abbiamo spedito al NAAA. Perché il Vietnam?? Se la prima volta è stato casuale, la seconda è stato fortemente voluto. Non sarei riuscita ad immaginare un secondo figlio nato in un altro paese. Ci si innamora del paese che ha generato il tuo bambino e poi, non meno importante, volevamo dare una continuità alla famiglia che avevamo „creato“ e che ora stava aumentando. Ottobre 2001, mentre seguiamo con il pensiero i nostri documenti, che dovrebbero essere arrivati all‘Ambasciata per l‘atto finale e poi ripartiti per il Vietnam, una ragazza di 22 anni, in un paesino sperduto a circa 200 km a nord di Hanoi, in mezzo ad un paesaggio da favola tra le colline vietnamite, mette al mondo nostro figlio, Hoang Tuan Minh. E´il 28 ottobre 2001. Quaranta giorni dopo, arriva „la telefonata“, la prima delle telefonate che tanto aspetti sin dall‘inizio di questa avventura. Le solite informazioni, nome, cognome, data di nascita, luogo di nascita. Una piccola fotocopia del certificato di nascita mostra un viso di un neonato, e quando la faccio vedere orgogliosa a Nicolò lui rimane deluso e mi dice: „Ma è brutto!“ Beh, effettivamente non ha tutti i torti…la fotocopia in bianco e nero non gli fa certo onore. Gennaio 2002: altra telefonata, si parte il giorno 17 febbraio !!! Al telefono Ferry spara buone notizie una dopo l‘altra. Partenza assieme ad altre due coppie, sul posto ce ne sono altre che riempiono Hotel Claudia, Ferry ci scorterà fino a Bac Kan, Cinzia è gia in loco per la sua adozione e non meno importante, facciamo un viaggio unico, e non due come era in previsione. Per un momento ho chiuso gli occhi e mi sono lasciata andare ad un pianto – riso isterico. E da qui che Nicolò ha capito che la sua vita sarebbe cambiata al più presto! Arriva il giorno della partenza. Il viaggio è piacevole, lungo come sempre, ma tranquillo. Sbarchiamo ad Hanoi nel nuovo aereoporto verso le 17 ora locale. Tre coppie, due bambini piccoli, un mucchio di valigie, tanto che il pulmino non era sufficiente e abbiamo noleggiato un‘altra autovettura. Dall‘aereoporto all‘hotel è stato un transfer stupendo: eravamo tutti euforici, e tra un commento e l‘altro, il sole stava lentamente scendendo sui campi di riso, sulle strade trafficate dei soliti motorini e biciclette. E´un‘immagine stupenda, da cartolina, quella che ho impresso nella mente e tentato di farlo con la telecamera. Arriviamo al Claudia Hotel dove ci sono le altre coppie ad aspettarci, con Ferry e Cinzia. Baci e abbracci per tutti, anche per Mrs Thuy. Non ci siamo mai dimenticati di lei, della sua cortesia, del suo prezioso aiuto con Nicolò, la volta precedente. Tutto è perfetto…..anche se manca Federico, il motivo del nostro viaggio, ma siamo sicuri che domani anche lui sarà qui con noi. Unico problemino: Nicolò non è proprio in gran forma. Reduce da influenze guarite in tempo record, ne porta i segni sulla e in bocca, e poi il viaggio, il fuso hanno fatto il resto. Non ha mangiato per quattro giorni, continuava a dormire ed era perennemente sul mio braccio (quello della mamma). Era provato fisicamente e penso moralmente. Un vero strazio vederlo così. Il giorno dopo sveglia all‘alba per il trasferimento a Bac Kan. Fuori è ancora buio, ma la città è già sveglia e si prepara per un altro giorno di lavoro, sempre però con il sorriso sulle labbra. Nonostante siano passati solo 3 anni abbiamo notato alcuni cambiamenti nel modo di vivere: si incontrano più turisti e questa volta anche italiani; i giovani, che scrutavamo con avidità la volta precedente per capire come sarebbe diventato fisicamente Nicolò, ora hanno i capelli colorati ed un look davvero impressionante…si stanno adeguando al pensiero e ai modi occidentali; le gentili signore che ci fermavano allora e ci fermano anche adesso per „benedire“ il nostro „baby Vietnam“ alcune pero‘ ti fanno una domanda che ti raggela: „How much??“(quanto lo abbiamo pagato?!!). Insomma il progresso davvero ha un rovescio della medaglia, e non è sempre bello. Il viaggio di circa 5 ore, con delle strade pazzesche, con un imprevisto prevedibile: una gomma bucata, ed i maligni (tra cui Bobo, il referente IMH ) hanno fatto notare che era dalla parte di Ferry.. che non abbia retto alla tensione???In compenso il paesaggio è da mozzafiato: colline verdeggianti, montagne, villaggi suggestivi, ma ancora più poveri rispetto alla città, bambini con le loro divise che vanno a scuola in bicicletta, buoi o animali simili che trainano un aratro, contadine immerse nelle risaie fino alle ginocchia. Davvero un paesaggio da favola, per noi che veniamo, prendiamo e torniamo a casa, nelle nostre comode case. Non deve essere molto facile la vita quaggiù e ammiro sempre più questa gente che ha la forza di continuare e non si ferma tanto facilmente davanti alle avversità. La prima cosa che ho fatto quando ho visto Federico è stata quella di piangere. Non l‘avevo fatto con Nicolò e mi ero ripromessa di non farlo anche con Federico. Ma è stato qualcosa più forte di me, è salito da non so dove ed è uscito dagli occhi. Era in braccio ad una infermiera con il suo cappellino nero, infagottato nei vestitini di lana (e noi eravamo in maniche corte) e la prima cosa che sono riuscita a dire in mezzo alle lacrime: „Ma è bellissimo……“ Effettivamente non assomigliava affatto alla scarna fotografia che in questi mesi ci aveva fatto compagnia. Ho ringraziato e baciato tutti, la famiglia affidataria, assieme ai loro due figli, con la quale Federico aveva trascorso i suoi primi mesi, una splendida famiglia..le infermiere. Intanto un pubblico incuriosito si era fatto avanti: la provincia era nuova per il NAAA, eravamo, quindi, le prime famiglie e abbiamo portato un po‘ di subbuglio nel solito tram tram quotidiano. Le infermiere, 4 per ogni bambino, si spintovano allegre per poter vestire i loro bambini con le cose che avevamo portato, ed intanto quella che era stata la sorella ormai adolescente di Federico, piangeva singhiozzando a più non posso. Ha voluto tenerlo in braccio lei e ci ha scortato fino al pulmino…. Ancora adesso, quando rivedo il filmato, piango in silenzio con lei. I giorni ad Hanoi sono tutti uguali: passeggiate, acquisti, foto ricordo, pranzo, incombenze burocratiche,cena. Questa volta però sempre in compagnia. Avevamo requisito in piano superiore di Mama Rosa per la sera: i bambini grandicelli potevano muoversi senza dar fastidio e noi potevamo tranquillamente confrontarci sui problemi che ci creava l‘ambientamento dei più piccolini. E loro dove potevano essere?? Dalla mitica Mrs Thuy e dai suoi ragazzi che li coccolavano con tenerezza. Se ci mettiamo nei loro panni, il cambiamento era veramente notevole: dalla tranquillità di una famiglia indigena, catapultati nella frenesia della città, con persone che parlano una lingua diversa, con odori diversi, e spesso la sera prima di addormentarsi Federico e i suoi amici, piangevano anche per 1 ora angosciati, senza darci la possibilità di consolarli. E poi dovevamo fare i conti anche con i loro fratelli maggiori. Nicolò è stato fino al 17 febbraio il principino della nostra casa. La sua mamma era tutta per lui, nei giochi, nella compagnia, spesso leggevamo insieme i libri, ci coccolavamo a vicenda. Ed ora, lontano da casa, nella sua patria, ma senza esserne consapevole, si trovava spodestato e a dover crescere in fretta. Per questo, almeno per due ore, la sera, ci concentravamo su di lui. All‘inizio Nicolò è stato un pochino freddo nei confronti di Federico: certo non l‘ha platealmente rifiutato, ma lo guardava con certo distacco. Si arrabbiava però se qualcuno, al di fuori di noi e lui, lo coccolava. „ E´mio..“ diceva alla sua amica Francesca ( Ruggeri di Cremona) „ tu hai Marco“, come se invece che i loro fratellini fossero giocattoli. Piano piano però, con il passare dei giorni e dei mesi, Nicolò è diventato a pieno titolo il „fratello maggiore“, quello protettivo, quello che si rivolge a Federico con le stesse espressioni grottesce che usano gli adulti nei confronti dei neonati, quello che lo deve salutare con un bacio quando va alla scuola materna, o quando lo porto a letto, oppure nei momenti più impensati, quello che „i suoi giocattoli sono anche i miei, ed i miei solo miei“ ma se poi chiedo il permesso di usarne qualcuno dei suoi, lui acconsente, quello che mi aiuta quando devo cambiare il pannolino a Federico, quello che se mangia un gelato, glielo porge per un minuscolo assaggio. Quanti baci che ha ricevuto Federico da Nicolò… speriamo un giorno se li possa ricordare. Nicolò è stato un ponte ideale tra Federico ed il resto del mondo. Federico osservava e osserva tuttora suo fratello con gli occhi di un innamorato, e credo sia stato un buon punto di appoggio per affrontare il cambiamento radicale della sua vita. I giorni ad Hanoi sono tutti uguali, rilassanti, piacevoli e consumati in buona compagnia. Ci sono stati dei momenti critici, quando alle coppie che dovevano ritornare dopo una lunga permanenza è stata rinviata la partenza per problemi burocratici. A noi mancava ancora una settimana ed eravamo ottimisti: queste cose a noi, non potevano succedere!! Il giorno della nostra partenza non avevamo ancora l‘autorizzazione per l‘entrata in Italia del minore da parte della Commissione italiana…ma le valigie fatte sì. Speravamo tutti quanti che si potesse ripetere il miracolo che all‘ultimo minuto ci permettesse di prendere quel benedetto aereo. Il fax è arrivato con due ore di ritardo, quando mestamente avevamo già disfatto le valigie! L‘aereo era partito senza di noi..le nostre stanze erano ancora la nostra casa e non sapevamo per quanti giorni. Per un momento ho avuto uno strano pensiero decisamente controcorrente: „meglio così“. Partire in quella maniera, mi dava la sensazione di essere dei ladri che scappano velocemente. Senza un saluto ai nostri amici ristoratori, Ben l‘australiano, i simpatici camerieri di Mama Rosa, senza un ultimo sguardo e silenzioso arrivederci al lago, ai mercatini, alle strade con il commercio monotematico. Ero consapevole che un giorno ci saremo tornati in Vietnam, ad Hanoi, ma non sapevo quando. Di sicuro quando i miei figli potranno capire il loro paese e gustarlo come abbiamo fatto noi, o magari per un‘altra adozione. Una notizia agghiacciante mi riporta con i piedi per terra: non ci sono posti per noi sui prossimi voli, nemmeno su un qualsiasi aereo che, per lo meno, ci faccia arrivare, se non a Parigi, in Europa. Ops… „aiuto Mrs Thuy!“. E lei ha detto la frase magica: „ci penso io“. E lo ha fatto: ha trovato ben 11 biglietti: 6 adulti, 2 bambini e 3 culle, sul volo del giorno dopo. Ecco l‘ultimo giorno, ecco l‘ultimo giro, le ultime affannose compere e i preparativi per la partenza. Ed è proprio nell‘ultimo giorno che siamo riusciti a visitare l‘orfanotrofio di Hanoi. Piccola sorpresa: era lo stesso dove Nicolò ha passato il suo primo anno. E´stata una forte emozione, vedere quei bambini uno più bello dell‘altro, lì che stavano aspettando i loro genitori… chissà per quanto. Alcuni, pensiamo, non riusciranno a trovarne e ci si stringeva il cuore pensare a loro. Con i nostri amici ci siamo guardati negli occhi e abbiamo condiviso un unico pensiero: „ ci vuole molto coraggio nel dover scegliere tra quei bambini quello che diventerà tuo figlio; dopo averli visti tutti…vorresti portarteli via tutti“ . E con una certa felicità malinconica abbiamo consumato la nostra ultima cena ad Hanoi. I discorsi di quella sera sono stati improntati sull‘ inaspettato incontro con l‘Ambasciatore Italiano, che aveva convocato i nostri mariti in Ambasciata poche prima. Piccolo brivido… i visti ormai erano pronti, i voli prenotati, cosa poteva essere successo??? Nulla, solo quattro chiacchiere non molto amichevoli sulla situazione generale delle adozioni in Vietnam. Questo signore, poco diplomatico, nonostante la sua carica, ha fatto delle basse insinuazioni sull‘operato delle Associazioni in Vietnam, e francamente ha fatto una misera figura. Bella rappresentanza… 13 marzo 2002: partenza da Hanoi. L‘atrio dell‘Hotel Claudia era invaso dalle nostre valigie, comunque si fa presto, visto la grandezza. Un‘ultima foto ricordo con il nostro angelo Mrs Thuy, un abbraccio forte, un „grazie“ sussurrato tra le lacrime e poi di corsa all‘aereoporto. Questa volta il viaggio dall‘hotel all‘aereoporto lo abbiamo fatto in silenzio. Ogni parola sarebbe stata di troppo, bastavano i nostri pensieri, i nostri sguardi avidi di incamerare ricordi. Non mi stancherò mai di parlare con entusiasmo di questo paese. Abbiamo vissuto splendidi giorni, emozioni intense, in mezzo a tanti amici ed è bello ritrovarci ancora e continuare a ricordare le nostre peripezie di quei giorni. Siamo fortunati, possiamo rivedere negli occhi dei nostri figli la loro terra, le loro tradizioni, la loro cultura, e ne siamo fieri. Durante i colloqui avuti nei percorsi delle due adozioni, le domande frequenti, a cui francamente non sapevamo cosa rispondere, riguardavano l‘inserimento di un bambino proveniente da un paese diverso nel nostro contesto sociale. Le nostre risposte, ovvie, è che eravamo pronti a difendere a spada tratta i nostri figli contro qualsiasi forma di „razzismo“ o „di inferioritá“. Finora non ci è servito: tutti sono rimasti affascinati da questi splendidi chicchi di riso, e si sono accorti che hanno una marcia in più. Ce l‘hanno nel sangue, nei cromosomi e noi li osserviamo innamorati più che mai. Di certo hanno una buona stella che, anche se da lontano, li sta proteggendo, e sempre li proteggerà: è la gialla stella del loro paese, la bianca stella delle loro madri, che hanno compiuto un grosso gesto d‘affetto, e la rossa stella del nostro infinito amore.