Lettura Magistrale. Obi e Medicina d`Urgenza quale futuro

Transcript

Lettura Magistrale. Obi e Medicina d`Urgenza quale futuro
IL FUTURO DELLA OSSERVAZIONE BREVE INTENSIVA E DELLA MEDICINA D’URGENZA
Fare previsioni sul futuro è un esercizio alquanto difficile,ciò non significa che immaginare quello che
potrebbe verificarsi in un arco di tempo più o meno lontano sia un’impresa impossibile, ma non
possiamo neanche affidare decisioni importanti al verdetto di un oracolo o ad un veggente.
La previsione è ancora più problematica quando ci si trova di fronte a Sistemi Complessi Adattattivi che
non ci consentono di prevedere con matematica certezza i diversi stadi in cui il sistema evolverà, visto
che non si basano unicamente sulle leggi deterministiche di causa-effetto.
I Sistemi Complessi Adattativi vedono al loro interno una fitta rete di componenti e fattori determinanti
intrecciati tra loro, capaci di interagire e di adattarsi alle modifiche ambientali, sulle quali si inseriscono
altri scenari che rendono ancora più ardua la previsione.
Detto ciò, immaginare il futuro è un esercizio doveroso e utile soprattutto in un’area ove i cambiamenti
sono rapidi ed estesi e gli effetti incerti e contrastanti. Per esempio la costruzione di un nuovo ospedale
o la ristrutturazione di certi servizi deve tener conto dello sviluppo di alcune attività rispetto ad altre con
una previsione a medio e lungo termine che deve considerare attentamente anche il continuo
avanzamento tecnologico.
Esempi:
•
•
•
lo sviluppo delle attività di Day Surgery ha comportato la costruzione di ospedali totalmente
inadeguati alle nuove esigenze di assistenza (sale attesa e sale operatorie dedicate);
Lo sviluppo della chirurgia ortopedica con il boom della chirurgia protesica impone percorsi rapidi di
riabilitazione-ortogeriatrie?
a Parma si è costruito il nuovo PS, ampio e spazioso e capace di accogliere un gran numero di
accessi e una Medicina d’Urgenza che conta 50 posti letto, quando la previsione di come
evolveranno questi reparti è ancora del tutto impossibile
Alcuni dei macroscenari determinanti il sistema sanità nel prossimo futuro sono:
Tecnologia – scenari sociologici e demografici – scenari economico-politici
•
•
•
•
•
•
•
•
•
La popolazione complessiva è destinata ad aumentare; nel 2025 la popolazione mondiale
raggiungerà gli 8 miliardi di persone
L’aspettativa di vita continuerà ad aumentare e la differenza tra i sessi a ridursi; il numero degli ultra
80enni è destinato a triplicarsi nei prossimi 20 anni.
Si espanderanno i flussi migratori e la popolazione tenderà a concentrarsi nelle aree urbane
I costi della salute tenderanno a salire costringendo gli amministratori a definire quali prestazioni
erogare con fondi pubblici e quali lasciare a carico dei cittadini.
La domanda di prestazioni dei soggetti con patologie croniche( diabete,insufficienza renale,
scompenso ecc) tenderà a crescere
Si assisterà allo spostamento di prestazioni ospedaliere soprattutto chirurgiche in regime
diurno/ambulatoriale e la nascita di centri altamente specializzati.
Aumenteranno i servizi erogati a domicilio.
Vi sarà una maggior attenzione alla efficienza,efficacia ed equità dell’assistenza.
I pazienti saranno sempre più informati sui rischi e sulle alternative disponibili ed i pazienti cronici
tenderanno ad essere più informati dei loro medici curanti.
E la gestione politica della sanità pubblica quanto influisce nella previsione del futuro?
E’ sicuramente una variabile imprevedibile e condizionerà alcuni dei punti detti in precedenza; si faceva
infatti riferimento all’espansione dei flussi migratori, ma se chi governa tenterà di limitarne o
contrastarne gli effetti renderà ancor più incerta la previsione; e ancora, si faceva riferimento
all’aumento di spesa ma come e dove saranno distribuiti i denari lo decide la politica; si darà più impulso
alla Sanità Pubblica o si punterà sul Privato Accreditato?.
La gestione politica della sanità pubblica è una determinante importantissima e le leggi che via via si
susseguiranno, determineranno cambiamenti che, se non correlate ad una corretta previsione delle
conseguenze, modificheranno il sistema salute in una fase in cui questo non è ancora adeguato e
preparato a reggere l’impatto di tali cambiamenti.
Questo è quello che è avvenuto negli anni 90 e che ha indotto la nascita della Medicina Osservazionale
ed i successivi mutamenti avvenuti nell’ambito di accettazione ospedaliera.
La riforma del SSN degli anni ’90 ha portato:
•
•
•
•
alla ridefinizione dei compiti rispettivamente affidati allo Stato e alle Regioni,con un
ridimensionamento delle attribuzioni del livello centrale ed un rafforzamento dei poteri delle
regioni in materia di, programmazione,finanziamento organizzazione,funzionamento e controllo
delle attività
al passaggio da saldo della sanità da parte dello Stato a “piè di lista”, alla remunerazione delle
prestazioni effettuate secondo il sistema DRG e alla ripartizione dei fondi destinati alle regioni in
base alla quota procapite pesata.
Nota a latere: alcune regioni forse non si sono accorte della legge!
all’aziendalizzazione delle usl con obbligo di pareggio di bilancio
La soluzione più semplice per sviluppare le economie ed i risparmi atti a riequilibrare i bilanci delle
Aziende è stata la riduzione progressiva dei posti letto per acuti; questa soluzione è stata messa in atto
attraverso due modalità:
• Chiusura dei piccoli ospedali e sviluppo contestuale dei sistemi di rete Hub and Spoke
• Riduzione del numero dei posti letto all’interno delle singole UU.OO
Intanto la chiusura degli ospedali non ha coinvolto alla stessa maniera tutte le regioni italiane ed in
quelle in cui questo processo è stato parziale oggi si sconta la difficoltà a mantenete il pareggio di
bilancio economico finanziario.
Per quel che riguarda poi il ridimensionamento delle UU.OO ci si è mossi attraverso con procedure
subdole tipo : alla riapertura delle uuoo soprattutto internistiche, dopo ristrutturazioni estive,il numero
dei posti letti era ridotto senza mettere in atto provvedimenti volti a ridurre l’impatto di tale riduzione.
In Italia siamo passati dai 5,3 posti letto per 1000 abitanti nel 1995 a 3,2 posti letto per 1000 abitanti nel
2008. In RER 3,7 per mille sono per acuti e 0,9 per lungodegenza e riabilitazione per un totale di 19.777
p.l. in ospedali pubblici e privati accreditati.
Negli ultimi anni inoltre, quale esito delle modifiche sociali economiche e politiche, si e’ assistito ad un
utilizzo crescente delle strutture dedicate all’emergenza-urgenza ed in particolare del Pronto Soccorso
che ha portato ad un incremento degli accessi di circa il 50% nel nostro Paese e nella maggior parte dei
Paesi industrializzati.
Le cause di questo fenomeno che non starò ad elencare, sono state ben individuate e sono note a tutti ,
ma tra queste ricordo solamente la crisi del sistema delle cure primarie che è tutt’ora inadeguato ad
assorbire gli effetti della deospedalizzazione delle cure.
Questa esplosione nella richiesta di prestazioni sanitarie ha portato al superaffollamento (
OVERCROWDING) nei Dipartimenti d’Emergenza con richieste di cure sempre più complesse spesso in
condizioni di carenza di personale e/o di risorse in genere, ma soprattutto il sistema è andato in crisi per
l’indisponibilità cronica dei posti letto (access blok)
L’Osservazione breve intensiva pertanto nasce per l’istinto di sopravvivenza dei medici di P.S.
I posti letto sono sempre meno, le UUOO scoppiano e diventa pratica comune il cosiddetto “ fuori
reparto”, occorre trovare soluzioni in assenza di piani e/o progetti condivisi dalle DG.
Il paziente deve essere inviato a domicilio e per non rischiare dimissioni inappropriate ed eventi avversi,
si cerca di parcheggiare coloro che inevitabilmente dovevano essere ricoverati e di indagare più
possibile i pazienti prima di dimetterli. La % dei ricoveri da Pronto soccorso è passata in RER dal 14,65
nel 2007 al 13,86 nel 2008. Attenzione a diminuire ancora questa percentuale ….si corre il rischio di
commettere gravi errore. Nota su come considerare la % dei ricoveri.
La limitata disponibilità di risorse, spazio e tempo, versus la necessità di valutazione e trattamento
corretti e adeguati produce la medicina osservazionale, intesa però in senso generico, multispecialistico
.
Mi riferisco a quelle unità di OBI, che poi sono la maggior parte nel nostro paese, che vengono definite
come multi-purpose observation unit, cioè reparti in cui vengono assistiti pazienti con patologie diverse
tra loro.
Questa puntualizzazione è importante perché spiega la difficoltà di reperire materiale scientifico su
questa tipologia di servizi.
Infatti in letteratura esistono molti studi comparati e con buone prove d’efficacia che dimostrano la
validità dell’osservazione breve in patologie specifiche e molto circoscritte ( chest pain unit, asma ..vedi
i temi del convegno) mentre su multi-purpose observation unit esistono pochi studi osservazionali e i
benefici non possono risultare evidenti.
Nel 1960 esce sul Glasgow Herald il primo articolo sull’OBI dove si afferma senza dare nessuna altra
indicazione, che i letti di osservazione sono essenziali per un buon servizio di pronto soccorso.
Per circa 20 anni non se ne è più sentito parlare di OBI, poi nel 1980 uno studio osservazionale elencava
i benefici di tali strutture in termini generici e non comparabili.
Successivamente la letteratura si è concentrata quasi escusivamente su studi riferibili a patologie
specifiche e per le quali possono essere arruolati pazienti con caratteristiche simili mentre per le obi
multi specialistiche la possibilità di sviluppare unicamente studi di tipo osservazionale ne ha ridotto la
produzione scientifica.
Ho guardato due revisioni sistematiche del 2003 una australiana e l’altra inglese ed entrambe giungono
alla stessa conclusione:
“La pressione indotta dalla crescente domanda assistenziale sui sistemi sanitari, impone l'imperativo di
fornire una cura tempestiva, efficace ed economicamente efficiente. L’adozione di nuovi approcci che
hanno il potenziale di razionalizzare il flusso dei pazienti, pur mantenendo la qualità di erogazione dei
servizi e l'aumento della soddisfazione dei pazienti devono esseri considerati con attenzione”.
Il beneficio di un reparto di degenza di breve durata è dimostrato per alcuni gruppi diagnostici: i pazienti
asmatici, pazienti con dolore toracico, politraumi ecc. (vedi convegno)
Questi sono gli anni in cui anche gli amministratori incominciano a capire che sviluppare questo tipo di
organizzazione porta a delle economie: alla sanità costa molto meno una OBI rispetto ad un periodo di
degenza ordinaria e visto che l’OBI non è a costo zero come afferma il dott. Lenzi in un lavoro del 2008,
si è cominciato a valorizzarla con un peso DRG che in pratica influisce sulla quota economica della
mobilità passiva.
Si sposta il concetto del “admit to work” a quello di “work to admit”.
Dal punto di vista clinico – organizzativo qualche spunto di come si dovrebbero modificare le regole e i
percorsi nelle OBI scaturiscono da questi lavori e si possono cosi riassumere:
•
•
•
•
La Gestione dei pazienti in OBI deve essere affidata ad un Medico esperto (senior)
Il tempo limite di 24 ore va tenuto in considerazione nella scelta della tipologia dei pazienti,
pertanto occorre definire esattamente il paziente che non abbisogna di cure prolungate
Sarà necessario definire e condividere con i Dipartimenti i percorsi diagnostici e di cura
Sarà imperativo mantenere standard adeguati riguardo organico e strutture
Ad un’altra domanda dovremo darci risposta nel prossimo futuro:
In quale ambiente fare l’osservazione?
Anche questa scelta ha avuto una evoluzione naturale e si è basata su soluzioni di buon senso e non
programmate e motivate con progetti specifici.
Ad oggi le UU.OO. che hanno attivato soluzioni di medicina osservazionale in linea di massima, sono per
ovvi motivi, la Pediatria e l’Ostetricia, (motivare) ma perché non sperimentare soluzioni simili anche in
altri reparti? Chirurgia, Cardiologia ecc.
Anche in questo caso però non si può pensare che azioni di questo tipo possano trovare applicazione
senza impegnare risorse (aggiuntive o ridistribuite) e senza modificare la mentalità dei Medici di reparto.
Si diceva che la chiusura o meglio la riqualificazione dei piccoli ospedali ha spostato l’organizzazione dei
sistemi sanitari verso il Modello di rete Hub and Spoke:
Il ruolo del medico di P.S. è fondamentale in questo sistema di rete e assume caratteristiche e
responsabilità diverse a seconda che si trovi ad operare in un ospedale Hub o in un ospedale Spoke.
Nel primo caso, il medico di P.S. in un ospedale Hub è nella posizione in cui deve governare (fare
riferimento a policoro e matera) il sistema dell’accettazione.
Egli si trova al centro e le varie uu.oo. sono distribuite tutto attorno.
Sia che i reparti vengano considerati come luoghi di cura differenziati in base alla vocazione specialistica
o in base a criteri d’intensità di cura (di cui parleremo tra un attimo), il Medico di P.S. ha la
responsabilità di governare gli accessi in base a percorsi discussi e condivisi con i Dipartimenti
prevedendo una certa flessibilità.
Faccio riferimento alla flessibilità pensando a quei periodi in cui l’iperafflusso di pazienti in
concomitanza di pandemie, picchi influenzali o altri fenomeni stagionali, impone una ridistribuzione dei
posti letto e una forte contrazione dei ricoveri programmati con conseguenze importanti che non
devono ricadere unicamente sul medico di PS ma deve essere evidente a tutti che si tratta di una scelta
aziendale.
Allo stesso modo le connessioni della rete extra ed intra ospedaliere devono essere organizzate e
condivise.
Nel secondo caso, il medico di PS di un ospedale spoke per poter garantire il corretto processo di cura al
paziente in tempi congrui deve molto spesso avvalersi dei percorsi della rete. Ha come compito
principale quello del trattamento immediato e stabilizzazione del paziente e deve governare soprattutto
il sistema dei trasporti quale punto di forza della rete.
Il modello di rete ha avuto e avrà innegabili vantaggi sul sistema sanità soprattutto per quanto riguarda
la sostenibilità economica a fronte di un buon livello di cure erogate, per questo motivo per molti anni
ancora verrà sostenuto e potenziato, anche a fronte della profonda trasformazione che gli ospedali
cosiddetti a “ livelli di intensità di cura”porteranno nel sistema sanità.
Anche rispetto a questo nuovo scenario il Medico di Pronto Soccorso manterrà la funzione di centralità
e sarà il punto di governo dell’intero sistema d’accettazione ospedaliera.
NUOVO MODELLO DI OSPEDALE AD INTENSITA’ DI CURE
Partendo dal presupposto che: “l’ospedale viene visto come una risorsa estrema - da usare solo quando e`
indispensabile e per il tempo strettamente necessario e deve essere ideato ed organizzato ponendo al
centro il paziente, con la sua esigenza di cura ed i suoi bisogni d’assistenza“
Se ancora è forte, nell’immaginario collettivo, il concetto di maggiore affidabilità dell’ospedale, occorre
lavorare non tanto per contrastare l’inappropriatezza di alcuni ricoveri, quanto per valorizzare, anche sul
piano del sentire comune, l’appropriatezza dei servizi territoriali.
Questo percorso si può completare nella misura in cui si riescano a trasferire nel territorio, dando loro
visibilità, quelle quote di risposta svolte per anni dall’ospedale con la stessa affidabilità in termini di
sicurezza, protezione, tempestività, livello elevato di specializzazione.
L’ospedale ad “intensità di cure” è in senso letterale solo uno degli elementi che concorrono a definire il
“nuovo modello di ospedale” , ma di fatto nella prassi esso rappresenta l’elemento-guida, e viene quindi ad
identificarsi con l’idea del “nuovo ospedale” tout court che ha come scopo quello di mettere il paziente al
centro della struttura e organizzare l’assistenza per intensità di cura.
Cosa desidera il paziente ormai è ben noto a tutti:
• essere preso in carico da un riferimento certo e unico
• avere informazioni sullo sviluppo del proprio percorso di cura
• avere coordinamento, integrazione, continuità tra le fasi del percorso
• essere ascoltato, rassicurato, accolto
• comfort, privacy e tutela della dignità
• percepire omogeneità ed equità nell’accesso e nella fruizione dei servizi
Pertanto ciascun paziente deve essere indirizzato verso un percorso unico con riferimenti sanitari certi, per
favorire l’appropriatezza nell’uso delle strutture ed un’assistenza continua e personalizzata. Così si sviluppa
il concetto di “ intensità di cura”.
Infatti attualmente ci si spinge a sperimentare sistemi che facilitino il passaggio da un modello di
ricovero per patologie, ad un modello di ricovero per intensità clinico assistenziale, cercando di
individuare i setting assistenziali in un ottica multi professionale e di stratificazione dei livelli clinici.
Si può immaginare il sistema come un cerchio: territorio -> diagnostiche dedicate -> area intensiva e/o
area alta intensità -> area media intensità (medica e chirurgica) -> bassa intensità -> territorio
Graduare l’intensità di cura per ogni singolo paziente significa rispondere in modo diverso per tecnologie,
competenze, per quantità e qualità del personale assegnato ai diversi gradi di instabilità clinica e
complessità assistenziale.
In altre parole, i gradi di complessità assistenziale sia medica che infermieristica (associata al livello di
monitorizzazione ed intervento richiesto) devono essere modulati per intensità di cura, in setting omogenei
per tecnologie, quantità e composizione del personale assegnato.
Il principio ispiratore dell’organizzazione della degenza diventa quindi la similarità dei bisogni e l’intensità di
cure richieste, piuttosto che la contiguità tra patologie afferenti ad una disciplina specialistica.
Il DEU stratifica clinicamente il paziente e lo invia al livello che gli compete. I termini e i confini della presa
in carico da parte del DEU e le indicazioni all’invio nell’area di degenza appropriata devono essere oggetto
di discussione con i Direttori dei Dipartimenti e portare alla stesura di protocolli condivisi.
Il DEU necessita di posti letto di OBI con due finalità: 0-4 ore fase prediagnostica e di stabilizzazione; 4-24
ore osservazione e trattamento in presunzione di dimissione – questi ultimi ppll non sono logicamente da
attribuire ad un livello di cura, mantenendosi la presunzione di dimissione.
Il modello poggia su un ruolo importante di filtro del DEU e sulla condivisione dei criteri di accesso ai vari
livelli.
I LIVELLI
Livello 1 (area intensiva)
Deve essere centralizzato e polivalente ed avere una opportuna adiacenza logistica di tutti i letti per avere
maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse. Deve essere presidiato e curare la reale instabilità clinica
(esempio utilizzo delle utic non sedi di emodinamica).
Occorre presidiare adeguatamente l’accesso alle TI ed alle subintensive: il nuovo modello deve tendere a
superare quella percentuale oggi alta di inappropriatezza (30-35% - Istituto Mario Negri, Progetto
Margherita, Rapporto 2005, Sestante edizioni, Bergamo)
Livello 2 (area a media intensità)
In questo livello va a confluire la gran parte della casistica, che continua a presentare al suo interno
importanti elementi di differenza di complessità medica ed infermieristica.
Esistono diverse soluzioni organizzative per fronteggiare questa forte variabilità interna e non è ancora
chiaro quali siano le migliori:
• se sia necessario individuare moduli a più alta intensità (2A e 2B) (esempio chirurgia di Rimini)
• o layout per patologia (esempi: ictus, scompenso NYHA III-IV),
• oppure se non sia sufficiente una appropriata erogazione dell’assistenza.
Livello 3 (area a bassa intensità di cura)
Esempio lungodegenze e/o unità operative di post-acuti a gestione infermieristica con solide integrazione
con le strutture territoriali e con percorsi ben definiti di domiciliarizzazione o ricovero in ambienti protetti
(RSA ; sezioni dedicate alla week surgery con chiusura nei fine settimana e corretta organizzazione delle
sale operatorie; ortogeriatria)
LA FIGURA DEL MEDICO TUTOR
Il medico tutor prende in carico il paziente quanto prima (entro 24h) dopo l’accettazione dello stesso,
stende il piano clinico ed è responsabile del singolo percorso sul singolo paziente; si interfaccia con il MMG
di cui è il principale interlocutore per il vissuto del paziente nell’ospedale. Il medico Tutor e’ il referente
informativo del paziente e della sua famiglia.
E’ il Direttore di U.O. ad assegnare il medico tutor: il paziente, o i suoi familiari, ne avrà/avranno
conoscenza formale tramite un documento scritto che contiene questa ed altre informazioni.
L’ INFERMIERE REFERENTE
L’infermiere referente è responsabile dell’assistenza al paziente affidatogli e dei risultati del progetto
assistenziale. Gli altri infermieri svolgono il ruolo di “associati”: erogano prestazioni secondo programma e
garantiscono la continuità assistenziale in assenza dell’Infermiere referente.
CONCLUSIONI
•
•
•
•
•
•
•
Il sistema OBI sarà potenziato, ma occorrerà definire meglio e condividere i percorsi di diagnosi e
cura per specifiche patologie individuate sulla base delle strutture presenti nel territorio di
riferimento.
Come ho detto in precedenza:
1. La Gestione dei pazienti in OBI deve essere affidata ad un Medico esperto (senior)
2. Il tempo limite di 24 ore va tenuto in considerazione nella scelta della tipologia dei pazienti,
pertanto occorre definire esattamente il paziente che non abbisogna di cure prolungate
3. Sarà necessario definire e condividere con i Dipartimenti i percorsi diagnostici e di cura
4. Sarà imperativo mantenere standard adeguati riguardo organico e strutture
Occorrerà valutare l’opportunità di attivare punti di osservazione breve al di fuori del DEU
Il Medico di Pronto Soccorso resterà la figura centrale di governo del sistema di accettazione ed
ammissione dei pazienti negli ospedali per acuti.
Qualsiasi sarà il modello di ospedale del futuro il sistema di rete Hub and Spoke andrà potenziato e
definito tramite percorsi sempre più definiti e condivisi
Il rapporto territorio - DEU deve essere integrato e rafforzato
Anche a fronte della realizzazione di ospedali ad intensità di cura il ruolo del medico di PS sarà
centrale ma sarà obbligato a cambiare l’approccio al paziente non considerandolo più in base alla
presunta o certa patologia che lo affligge ma dal bisogno di cure che ne determinerà il livello di
assistenza
IL futuro della Medicina d’Urgenza è ancora più incerto e indefinibile. Si discute e si attivano modelli
diversi non solo tra Regioni ma anche tra Aziende della stessa Regione.
Non è ancora chiaro se le UU.OO.di Medicina d’Urgenza dovranno assumere valenza di accettazione in
prima battuta di tutti i ricoveri per poi indirizzare i pazienti nei reparti appropriati o ai livelli definiti o se
invece si trasformeranno in reparti di “sub intensiva” inseriti nei livelli di assistenza 1 con una selezione
dei casi ancora più defina e specifica ( intossicazioni, politrauma, stroke trombo lisati ecc.)
Come ultima riflessione mi rivolgo agli amministratori e a coloro che determinano i cambiamenti in
sanità. Qualsiasi modello di trasformazione ci troveremo a dover affrontare, passa attraverso la
necessità di garantire l’assistenza territoriale intesa in tutte le sue articolazioni.
Affinchè il sistema possa girare fluido occorre mettere a disposizione un numero di posti letto adeguato
alle esigenze di dimissione dei reparti ospedalieri.
Occorrono letti di lungo-degenza, letti di assistenza sanitaria assistita, letti di riabilitazione funzionale
estensiva ed intensiva, programmi chiari di domiciliarizzazione e di ospedalizzazione domiciliare.
Occorre potenziare i servizi di assistenza domiciliare e i progetti di sviluppo dei Nuclei delle Cure
Primarie devono essere concentrati nel trattamento e presa in carico delle patologie croniche.
La ripartizione dei fondi regionali per la sanità in ER ha spostato quote di finanziamento dall’assistenza
ospedaliera a quella territoriale, raggiungendo quasi il 60% sul territorio ed il 40% per l’assistenza
ospedaliera.
Solo in questo modo si può immaginare che gli ospedali possano svolgere a pieno il loro ruolo di
strutture per acuti; se non si intraprende questo percorso, parlare di sviluppo e di futuro in sanità è una
perdita di tempo per tutti.