DUMA 67 - Duma Onlus

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DUMA 67 - Duma Onlus
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DUMA 67 - MAGGIO 2011
Anche quest'anno sarà possibile destinare il 5 x mille dell'Irpef a sostegno delle organizzazioni non profit.
Dona il tuo 5 x 1000 a DUMA ONLUS
e aiutaci a sostenere tanti bambini in Costa d’Avorio. A te non costa nulla, per noi il tuo regalo è molto.
Al momento della dichiarazione dei redditi inserisci il nostro Codice Fiscale
910.178.900.12
Cari amici che sostenete con l’adozione a distanza tanti
bambini della Costa
d’Avorio e che aiuMonica e Francesco
tate con la vostra generosità coloro che sperano di guarire nel
Centro per la Cura dell’Ulcera di Buruli,
veniamo a voi con questa novità del Notiziario Duma per informarvi innanzitutto sui gravi scontri avvenuti ultimamente
in Costa d’Avorio, raccontati da chi vive
in prima persona questa situazione.
Poi vi informiamo di aver provveduto a
GIORGIO
KOUASSI
Il nostro collaboratore
ci scrive dalla Costa d’Avorio.
Situazione dei bambini
adottati a distanza
durante la crisi ivoriana!
E’ forse necessario ricordare che il primo
turno delle elezioni in Costa d'Avorio si è
tenuto il 31 Ottobre 2010 ed entrambi i
fare la domanda per il 5 x 1000 all’Agenzia delle Entrate come descritto qui sopra.
Infine abbiamo pensato di inviarvi notizie in questo periodo dell’anno in una
forma più sobria in modo da ridurre le
spese e di lasciare il Duma di dicembre,
stampato nella forma classica. Come avrete capito, quest’anno Monica non ha
potuto andare in Costa d’Avorio, a causa
della guerra, quindi le notizie e le foto
riguardanti le adozioni a distanza sono
rinviate a tempi migliori. Grazie a tutti
per la collaborazione.
Monica e Francesco
candidati, Laurent Gbagbo e Alassane
Ouattara, sono passati al secondo turno.
La seconda votazione era prevista per il
28 novembre 2010. A seguito di questa
ultima consultazione popolare, i risultati
sono stati contestati da entrambe le parti;
ognuno asserisce di aver vinto e qui è nata la crisi. Cinque mesi di crisi! Con due
settimane di intensi combattimenti in particolare ad Abidjan tra i pro-Ouattara ed i
pro-Gbagbo! Questa crisi è stata accompagnata dalla chiusura delle banche, delle
scuole, saccheggi, mancanza di cibo, spo1
stamenti di popolazioni, ecc. ...
La città di San Pedro, non è stata risparmiata, in quanto
è stata occupata dai
militari che hanno preso il porto.
I bambini adottati a distanza e le loro famiglie, attraversano momenti duri che
con il tempo diventano insopportabili!
Le famiglie sono in continuo spostamento
per cercare riparo e cibo; infatti diventa
sempre più complicato trovare alimenti e
per quel poco che si trova, il prezzo è triplicato.
Le notizie sono difficili da ottenere perché il telefono è sovente bloccato.
Comunque nonostante tutto con buona
volontà abbiamo cercato di consolare e
aiutare tutte le famiglie ed i loro bambini.
Il paese cerca di ritornare alla normalità
e, probabilmente, con la futura riapertura
delle banche si potrà ottenere una rapida
ripresa di aiuto per tutta la popolazione
che in questo momento si trova in una situazione di disagio!
Dio aiuti la Costa d'Avorio!
non hanno ricevuto lo stipendio.
Alle apparecchiature che servono per la
cura vengono a mancare le forniture per
il loro funzionamento ed il magazzino in
pratica è vuoto!
I pazienti si trovano in difficoltà a causa
del cibo, perché questa malattia (ulcera di
Buruli) che spesso
porta ad anemia grave,
richiede una dieta equilibrata giornaliera
(molto importante!),
ma che fare?
Con la grazia di Dio,
Suor Donata ha compiuto grandi sforzi
per tutte queste esigenze, ma non è affatto
facile per lei, povera suora!
Diverse persone di buona volontà vengono a offrire alcune ciotole di riso per
questi bambini malati.
Nonostante le difficoltà, Sr Donata trova
sempre un modo per essere presente al
“Centro” e sostenere i malati: in realtà ha
un cuore pieno di amore e compassione!
Oltre a tutte questi problemi, i pazienti
continuano ad arrivare e il numero sta
crescendo.
Speriamo vivamente che questa crisi finisca in modo definitivo e che non si ripeta più una situazione simile!
Dio ci protegga! Amen!
Giorgio Kouassi
Centro per la Cura
dell’Ulcera di Buruli”
Il “Centro” ha anche risentito della crisi
per via della chiusura delle banche! Per
quasi due mesi i lavoratori al suo interno,
2
Padre
DARIO
Dozio
faccio dire due volte: tiro il fiato e
riparto a gran velocità. Non so ancora che altri 14 sbarramenti mi aspettano prima di arrivare alla SMA.
Martedì 8 marzo.
Tutto chiuso
Venerdì 25 febbraio 2011
Da più giorni me ne sto tranquillo in
casa. Fuori si sentono raffiche di kalachnikov ed
Tornando da San Pedro...
è meglio non uscire: ora ho tutto il tempo che
voglio per mandare avanti i lavoretti lasciati in
La strada è incredibilmente vuota stasera.
sospeso, leggere quel che avevo messo da parte
Sto tornando da San Pedro e non vedo l’ora d’arda secoli e anche pregare un po’ di più, che ne
rivare a casa: dopo sei ore di asfalto scassato,
ho bisogno. Ogni tanto metto il naso fuori dal
con i vestiti incollati addosso per la polvere ed
cancello per vedere chi passa e chiedo com’è la
il sudore, tutto quello che desidero è una buona
situazione in città. Ma le macchine sono rare e la
doccia fredda e una birra in frigo... Poi d’imgente se ne va di fretta. Poi è inutile uscire: tutti
provviso il caos! Mi trovo davanti una marea di
i negozi sono chiusi, chiuse le banche, gli uffici,
gente che urla e corre. Appena il tempo di frenail mercato... E ogni 500 metri trovi uno sbarrare e mi circondano la macchina. Hanno invaso la
mento di giovani patrioti che si eccitano quando
strada: tavoli rovesciati, tronchi d’albero e altro
vedono un europeo.
materiale non ben definito sbarra il passaggio.
Un fumo nero e intenso sale da nord : è il
Mi vedono e subito lanciano l’allarme: “...un
mercato di Attécoubé che
bianco! ...un francese!” In
sta bruciando. Si sente anun attimo li ho tutti intorno.
cora sparare. Non le solite
Uno sventola in aria il maraffiche: stavolta sono colpi
cete: ha il volto pitturato di
di arma pesante. All’inizio
carbone e fronde infilate nei
capelli. "ONU vai via...! ... con la sua presenza in Costa d’Avorio sembrava un forte temporale che veniva da Abobo (il
ci racconta come sono andate le cose
Sarkozi lasciaci in pace...!”
grande quartiere popolare a
in questo periodo di guerra civile ...
- mi grida addosso. Un’altro
maggioranza pro Ouattara),
cerca di aprire la portiera e
ma
adesso
le
detonazioni
sono sempre più tremi mostra un bastone picchettato di chiodi.
mende e fanno paura. La radio dell’ONU, la sola
“...Ma io sono italiano... - è tutto quel che mi
non offuscata, a parte quella del governo in carivien da dire - italiano e missionario.” E cerco di
ca, dice che la ribellione ha ormai preso tutto la
sorridere con la mia faccia da prete più bonaria
zona nord di Abidjan. Ma è difficile avere un’iche posso. Ma tutt’intorno è un gran casino: uno
dea esatta di quel che succede. Le notizie sono
parla, l’altro grida... chi batte con la mano sulla
di parte e spesso contraddittorie, puoi sentire
macchina, chi mi dice di scendere... Mi salva il
tutto e il suo contrario, a secondo della fonte di
calcio e la carta d’identità. Viva l’Italia! Non son
provenienza. Ha ragione chi ha detto : la verità è
mai stato così contento di essere connazionale di
quel che fa piacere a chi comanda.
Gattuso e della Squadra Azzurra. Però mi fanno
... TESTIMONIANZA
DI PADRE DARIO ...
scendere lo stesso. Frugano la macchina in ogni
angolo. Le banane e gli ananas che avevo nel
cofano se ne vanno per metà. Mi frugano anche
in tasca; uno cerca di sfilarmi il portafoglio, ma
è beccato dal suo vicino: “Vergogna: non siamo
ladri, ma patrioti!” Riconosco il giovane che
parla: domenica scorsa ha letto in chiesa durante
la messa. Ora anche lui ha il volto dipinto e una
sbarra in mano. “Mon père, cerchiamo le armi
che l’ONU e i francesi portano ai ribelli.” - e mi
fa segno di partire - "Presto, vai via; e non uscire di casa : aujourd'hui ça chauffe!” Non me lo
Venerdì 11 marzo.
Cioccolato Amaro
Non sono uccel di gabbia e più di tanto
non resisto al chiuso. Stamattina non si sente
sparare e tutto sembra calmo; così tento un giro
in centro città. Chiedo qual’è la strada più sicura. “A destra ci sono gli sbarramenti dei patrioti
- mi dice il vicino -; ci vorranno due ore: ti tocca scendere ogni volta e lasciarti perquisire con
tanta pazienza; a sinistra invece la strada è libe3
ra... ma rischi di trovare i ribelli”. Vado a sinistra. In effetti si viaggia bene. Incrocio decine di
persone che camminano in senso contrario al
mio, con valigie in mano e cartoni in testa, spingendo carriole piene di tutto quel che possono
caricare. Sono gli abitanti dei quartieri occupati
dalla ribellione. Scappano: da giorni i militari
pro Gbagbo stanno contrattaccando per scacciare
gli avversari. La maggior parte sono donne, alcune anziane, altre con i bambini aggrappati alla
schiena... Cercano rifugio da parenti o amici,
dormono nelle chiese, nelle scuole o dove capita,
aspettando di trovare l’occasione per lasciare
Abidjan e tornare ai loro villaggi di origine. Sono loro le prime vittime di questa guerra che
nessuno vuole ma di cui non si trova la via di
uscita.
In centro invece la vita continua quasi
come prima. Tanti uffici sono aperti e anche i
negozi lavorano: fanno orario continuato fino
alle 15. Così ne approfitto per un po’ di compere: riso, pane, zucchero, verdure... Non si può
sapere quel che ci riserva il domani... Anche da
un’ambasciata ci hanno telefonato invitandoci a
partire. Gentile l’impiegata che parlava al telefono; mi ha pure consigliato di mangiare cioccolato amaro ogni sera: pare faccia bene contro le
stress...
Giovedì 17 marzo.
Fino a quando?
Sono tante le cose amare che mi tocca
inghiottire ogni giorno. Sopratutto vedere chi sta
male ...e non poter fare niente. Mi chiama sul
cellulare Josephine: stanno sparando forte nel
suo quartiere; lei e i suoi bambini hanno paura e
mi chiede aiuto... Cosa dirle per telefono? Ieri
era Frank, padre di famiglia, che non riceve il
salario da due mesi ...e le banche sono chiuse.
Poi i profughi, sempre più numerosi, che vedo
ogni giorno passare: scappano e non sanno dove
andare... Ma nonostante tutto, qui si continua a
sperare e ad avere fiducia in Dio. Ma, fino a
quando? Anche nella nostra cappellina sono
sempre più numerosi i vicini che vengono ogni
mattina alla messa. E non si contano i rosari, le
novene, i digiuni... Mi chiedo come faccia il Signore a non vedere tutte queste preghiere per la
pace in Costa d’Avorio.
È successo ieri, proprio dopo la messa
del mattino. La gente stava ancora cantando alla
Madonna, quando sento un gran schiamazzo
fuori dal cancello. Corro subito: un gruppo di
“giovani patrioti” sta spingendo a legnate un povero disgraziato che non si regge nemmeno in
piedi. Mi dicono che è un ribelle. A me sembra
un ragazzo impaurito, sui 18 anni, alto e magro,
che non sa nemmeno parlare francese. “Faceva
domande in djoula (lingua del nord) e porta
molti amuleti su di lui...” è tutto quello che mi
sanno dare come accusa. Cerco di calmarli, ma
senza successo. Poi arriva un gruppo di militari:
una fortuna, penso; almeno loro sapranno far
rispettare la legge. Infatti prendono il ragazzo...
e mi mandano via in modo brusco: "rentrez
chez-vous, vite!”. Non posso che obbedire. Verso l’ora di pranzo vedo del fumo salire dietro il
muro di cinta, ma non ci faccio caso: forse bruciano gli arbusti nel terreno vuoto dietro casa
nostra. E’ solo alla sera che mi raccontano il seguito: i militari hanno ridato il povero disgraziato ai giovani del quartiere; questi lo hanno bastonato per bene, poi cosparso di petrolio e bruciato
con dei vecchi pneumatici. Proprio dietro casa
nostra, sotto gli occhi di tutti, anche di chi cantava in chiesa qualche ora prima...
Domenica 20 marzo
Nonostante tutto
Una domenica molto strana questa: non
si sentono i cori delle chiese evangeliche nè la
musica che di solito arriva a tutto volume dai bar
del quartiere, ma una grande calma mai vista
prima e che fa paura. Da qualche giorno corre
voce di un attacco imminente e molti si sono lasciati prendere dal panico. La stazione dei badjan (camioncini per il trasporto di persone) è
invasa dalla folla; tanti hanno dormito lì, per terra, aspettando un posto libero per andarsene...
Io invece resto, come pure tutti i miei colleghi.
Ha telefonato suor Rosaria, una suorina del dispensario di Abobo, dove i bombardamenti sono
stati più intensi; neppure lei si è mossa: ha continuato a curare i feriti giorno e notte. Padre Luigi
ha mandato in Ghana i seminaristi, però lui e gli
altri tre formatori sono rimasti sul posto. Così in
tutte le parrocchie. Certo, non possiamo far
grandi cose, si vive giorno per giorno e spesso ci
si chiede come sarà domani... Ma il mio amico
dice che, nonostante tutto, una cosa è certa: per
quanto buia sia la notte, prima o poi farà giorno.
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PADRE DARIO
CONTINUA
A RACCONTARE ...
Abidjan, 14 aprile 2011
Carissimi,
è difficile descrivere gli avvenimenti di
questi giorni. Rinchiuso alla Casa Regionale di
Abidjan con altri 8 miei confratelli, sentivo i rumori dei combattimenti, vedevo salire denso fumo nero verso il cielo, osservavo gli elicotteri
girare sopra le nostre teste... senza sapere bene
quel che realmente stava succedendo. A volte le
notizie arrivavano dall’Italia o dalla Francia...
quando c’era corrente o il cellulare riprendeva
la linea. E ora il caos non è ancora terminato: a
Abidjan la vita non ha ancora ripreso il suo corso normale. Nel nostro quartiere di Abobodoumé l’esercito repubblicano non è ancora entrato, i miliziani di Gbagbo girano armati ed è rischioso uscire per strada. Approfitto di una
chiave USB che si è rimessa a funzionare, per
mandarvi queste righe di notizie e dirvi grazie
per la vostra amicizia e preghiera.
A presto. P. Dario
Venerdì 1° aprile
Mi sveglio d'improvviso mentre risuonano colpi fortissimi che fanno tremare anche le
mura di casa. Guardo l'orologio: la una e mezzo
di notte. Impossibile starsene a letto: l'attacco è
cominciato. Salgo al piano superiore per cercare
di capire quel che succede. Sembra che le cannonate vengano dall'altra parte della laguna, dove
c'è il Palazzo Presidenziale. Ma i colpi sono
sempre più forti e devo mettermi al riparo, lontano dalle finestre, tra due spesse mura. La notte è
lunga da passare in questo bunker improvvisato
(...il bagno del sottoscala!). All'alba torna la calma; mi sto chiedendo cosa sia successo, quando
vedo arrivare della gente: sono i fedelissimi della messa mattutina, venuti nonostante il pericolo.
Così celebriamo una eucaristia veloce e piena di
fervore : "...aspettavamo la pace ed ecco la sventura!" dice il salmo.
I combattimenti riprendono durante la
giornata in un caos di raffiche e cannonate che
sembrano caderci sulla testa. A colazione dobbiamo ritirarci in fretta con i piatti in mano: cominciano a piovere pallottole un po' ovunque ...come nei film western.
Sabato 2 aprile.
La nostra casa è situata in un quartiere di
Yopougon : Abobodoumé, una delle roccaforti
di Gbagbo. Patrioti e militari che gli sono rimasti
fedeli occupano tutte le strade. Numerosissimi
giovani passano avanti e indietro cantando e
scandendo slogan di guerra. Hanno risposto in
massa all'appello di Blé Goudé, il loro capo, che
li ha chiamati a "difendere la patria dai ribelli,
dall'ONU e dalla Francia". Per chi ha la pelle
bianca come me, è meglio starsene tranquilli in
casa senza farsi troppo vedere. Anche la veste da
prete e il passaporto Italiano ormai non servono:
" non si fa differenza tra bianchi." Speriamo che
tutto questo caos finisca presto.
Mi chiamano al cellulare: un professore del Seminario Maggiore mi dice un gruppo di “ribelli”
sono entrati nella nostra casa di formazione
(Ebimpé). Hanno sfondato le porte e ora la stanno saccheggiando : macchine, frigorifero, tavoli... tutto quello che riescono a prendere, se lo
portano via. "Ma è meglio perdere la roba che la
vita" - mi dice per consolarmi, mentre guarda
dalla finestra la colonna di gente che se ne va
con i nostri materassi in testa.
I telefoni fissi non funzionano più. Hanno tagliato anche internet e posta elettronica. Le strade
sono sbarrate dai militari ed è impossibile viaggiare. Solo alcuni numeri di cellulare passano
ancora: allora tento un giro telefonico delle nostre missioni.
A Adjamé (Abidjan) i padri stanno rinchiusi in
casa. P. Giovanni Benetti mi racconta del clima
molto teso nel loro quartiere popolare e delle
pallottole che hanno forato in vari punti il tetto
della chiesa; una bomba ha toccato la porta (in
ferro) dell'ufficio di p. Marc: per fortuna erano a
messa. Invece alla "Riviera-trois”, una cannonata ha sfondato il tetto della casa delle Suore di
Messina... Anche qui le suore non si sono fatte
nulla: si erano ritirate in cappella a pregare.
A San Pedro centinaia di persone hanno cercato
rifugio nelle chiese. La più parte sono Krumen e
Bété (gruppi legati al presidente uscente). I
"ribelli" (ora chiamati "Forze Repubblicane di
Costa d'Avorio" : FRCI) sono entrati in città senza trovare resistenza: militari e gendarmi erano
scappati da giorni. Passano di quartiere in quartiere alla ricerca di armi e oppositori. Hanno fatto irruzione anche alla Missione di Seweke, senza trovare nulla. Invece alla Cattedrale (la mia
ex parrocchia) ci sono stati dei morti tra la gente
che si era ammassata vicino alla residenza del
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vescovo.
P. Ramon da Korhogo mi assicura che nella loro
diocesi tutti i padri stanno bene e che continuano
normalmente il lavoro pastorale di quaresima.
Credo lo stesso per quanti si trovano nella diocesi di Odienné: come nelle altre parti del nord
( zone della ex ribellione), non c'è niente di grave da segnalare.
La situazione è molto più critica al confine con
la Liberia, sopratutto verso Guiglo: la radio parlava di centinaia di morti e il parroco di St Joseph raccontava di orrori mai visti prima.
P. Fidelis mi chiama da Tabou. Mi racconta la
sua triste avventura: stamattina la sua macchina
4x4 è stata presa da un gruppo di giovani armati
(patrioti krumen). Mi richiama in serata: i suoi
parrocchiani, dopo varie ricerche, hanno potuto
ricuperarla a Béréby.
Anche a Grabo telefono e internet non funzionano più; però p. Emmanuel è riuscito ad avere
la linea chiamando dalla vicina società di lavorazione dell'olio di palma. Mi dice che per il momento tutto è calmo, le "Forze Repubblicane"
non sono ancora arrivate e anche quelli che si
erano prudentemente nascosti in foresta, ora
stanno rientrando un po' alla volta in città.
Da Adzopé, p. Francesco mi chiede cosa sta
succedendo: l'ospedale Raul Follereau è a una
quindicina di chilometri di pista dalla città e fin
ora non è stato visitato da nessun gruppo armato.
La televisione di stato che non funzionava da
giorni, questa sera ha ripreso il suo segnale. Così
abbiamo seguito i due telegiornali opposti ( RTI
- pro Gbagbo et TCI - pro Ouattara) che davano
notizie contraddittorie: la confusione è totale e
non si sa più dov’è la verità.
Domenica 3 aprile.
Mentre preparo l'altare per la messa,
sento gridare. Corro subito per vedere cosa succede, ma i fedeli mi impediscono di uscire dal
cancello: " I patrioti hanno preso dei ribelli – mi
dicono - e ora li stanno ammazzando". Cerco di
intervenire, nella speranza di calmarli: settimana
scorsa hanno già bruciato vivo un giovane, proprio dietro il nostro muro di cinta e io non ho
potuto far niente per impedirlo. Ma loro insistono: "Pardon, mon père. Se ti vedono, uccidono
anche te ...dicono che i bianchi aiutano i ribelli".
E mi obbligano a rientrare. Poco dopo si sentono
degli spari... le grida smettono di colpo... e io
non so più come pregare, con due corpi sgozzati
a pochi passi dalla cappella.
Lunedì 4 aprile.
La situazione è sempre più confusa e allarmante. Ho avuto ancora al telefono p. Giovanni. È disperato: più di duemila persone hanno
cercato rifugio nella sua parrocchia per ripararsi
dagli scontri tra i due gruppi armati. Entrano nella casa, rubano e uccidono chi si oppone ai loro
saccheggi. Padri e suore sono sommersi dalle
domande di aiuto: c'è chi è ferito, chi sta male,
chi non mangia da giorni... Una donna ha partorito nel cortile della chiesa.
Le linee telefoniche sono bloccate e non riesco
più a entrare in contatto con le diverse missioni.
Sembra che le FRCI siano arrivate anche a Tabou e che ci siano stati diversi morti tra i giovani
“guerrieri krumen”.
In serata e durante tutta la notte assistiamo a dei
violenti combattimenti. I colpi risuonano fortissimi. Parlano di “assalto finale”. Dalla casa regionale, osservo gli elicotteri francesi lanciare
spettacolari proiettili luminosi che scendono fischiando per esplodere sulla vicina Base della
Marina Militare.
Martedì 5 aprile.
Finalmente il "cessate il fuoco". Dopo una notte
terribile, stamani, verso le 11, ritorna il silenzio.
La radio parla di discussioni a alto livello per
cercare una uscita dalla crisi. Questa notte, finalmente, si potrà dormire. Respiriamo: è ritornata
l'acqua nei rubinetti (mancava da più giorni), ...
però i viveri nella dispensa cominciano a finire.
Per tutta la settimana si alternano momenti di
calma e violenti combattimenti. Le poche notizie
che riusciamo ad avere (radio Onuci e Afrique
24) non sono molto rassicuranti. Rinchiusi alla
Casa Regionale, sembra che questa guerra non
abbia fine.
Mercoledì 13 aprile.
Dopo l'arresto di Gbagbo e dei suoi collaboratori, ora anche da noi la situazione è molto migliorata. Non ci sono più i terribili bombardamenti
dei giorni scorsi, ma le milizie del presidente
dimesso continuano a tenere il nostro quartiere.
Giorno e notte si sentono raffiche di mitra. La
vicina farmacia e tutti i negozi sono stati svaligiati: meglio non ammalarsi in questi giorni. Per
avere del cibo, bisogna passare la laguna in piroga e fare almeno un ora di cammino prima di
trovare un mercato aperto. Naturalmente i prezzi
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sono alle stelle. Il vicino vuol prendersi i nostri
gatti; gli dico di lasciarcene almeno uno.
Arrivano tre giovani con il kalashnikov in spalla:
sono militari pro-Gbagbo e cercano un po’ di
soldi. Mi dicono che non mangiano da giorni e
che la loro situazione è disperata: da tempo non
ricevono la paga, l’esercito repubblicano sta per
intervenire e non sanno dove andare...
Ho mandato una ragazza a cercare del pesce:
siamo in otto a tavola e le provviste sono quasi
terminate. È tornata dopo un po’ senza niente in
mano e tutta spaventata : ai bordi della laguna
stavano bruciando 15 “ribelli” e nell’acqua galleggiavano senza vita i corpi di due bianchi
(militari francesi?). I “patrioti” invece esultavano, sparando raffiche in aria.
Attualmente sono loro, questi “giovani patrioti”,
a far paura. Sono stati armati e lasciati liberi di
agire. Dicono che l’arresto di Gbagbo è tutto un
montaggio mediatico della Francia: il presidente
uscente è sempre libero e tra poco riprenderà in
mano il paese. Ho paura che quando arriverà l’esercito repubblicano, da noi sarà un macello.
Non so più dove può arrivare la follia umana.
(fine delle notizie inviate da Padre Dario)
Inseriamo alcuni articoli
estrapolati da giornali vari
19 aprile
Con l'avvio dei negoziati di pace in Costa d'Avorio é' iniziata la corsa alla semina di riso e mais.
Per sostenere i contadini in vista dell'arrivo delle
piogge, periodo di semina, la Fao ha organizzato
la distribuzione di semi, attrezzi e fertilizzanti a
12mila contadini in Costa d'Avorio e in Liberia,
dove si stima che abbiano trovato rifugio oltre
150mila ivoriani fuggiti dalle violenze scoppiate
lo scorso novembre. Come ha spiegato Luc Genot, coordinatore per le emergenze della Fao, la
situazione al momento e' tesa: "Non c'e' cibo a
sufficienza per coprire il periodo fino ai prossimi
raccolti e una pressione ancora maggiore e' dovuta al grande numero di profughi scappati dalle
campagne". Per l'agenzia Onu "e' necessario aiutare immediatamente queste persone per
scongiurare il bisogno di un'assistenza alimentare prolungata". All'interno degli oltre 160 milioni di dollari chiesti dalla Fao per l'intervento
umanitario in Costa d'Avorio e Liberia, 4,25 milioni di dollari saranno destinati all'emergenza
agricola. (AGIAFRO)
COSTA D’AVORIO,
QUALE FUTURO?
L’intervista
In Costa d’Avorio si apre una nuova pagina di
storia. Le sfide di Alassane Ouattara sono tante e
il Paese è ancora ben lontano dall’essere pacificato. Beatrice Nicolini, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università Cattolica di
Milano mette a fuoco le peculiarità del Paese
africano.
È uno Stato che, fin dalla sua indipendenza dalla
Francia, ha sempre avuto sistemi dittatoriali, con
un partito unico, con costituzioni militari e un
potere esercitato con la forza su un area densa di
popolazioni diverse dal punto di vista etnico e
religioso, spesso in conflitto fra di loro. Questo
conflitto è la vera guerra che è in corso da
moltissimi anni e che ha visto genocidi e stupri
di massa. Una situazione di conflittualità permanente, quindi, in cui regimi corrotti hanno esercitato il loro potere sulle risorse naturali del Paese: cacao, olio di cocco e più recentemente petrolio. E la popolazione non ha mai tratto benefici da queste ricchezze.
Qual è il paradigma, lo schema politico che
governa lo Stato?
Non esiste il concetto di opposizione politica.
Chi si oppone è un nemico che va eliminato.
Il ruolo della Francia.
Un ruolo importantissimo, storicamente. Ma vissuto sempre con insofferenza da parte degli ivoriani. I francesi hanno fortissimi interessi econo-
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mici nel Paese.
Ma ci sono anche altri
interessi stranieri
Sì: da un lato in Costa
d’Avorio ci sono ingenti
movimenti finanziari legati all’importazione di
diamanti dai Paesi contigui. Dall’altro c’è una
forte presenza libanese che si occupa del riciclaggio del denaro sporco. E infine, una comunità cinese anch’essa con forti interessi, ora evacuata.
La Costa d’Avorio del futuro, in previsione di
una diminuzione della presenza dei caschi blu
e dei francesi?
Quando il controllo militare sarà inferiore, è verosimile che a fronte di una frammentazione etnico-religioso-economica così profonda, non ci
sarà la possibilità per Ouattara di conservare il
potere ed evitare spaccature.
Con una conseguente guerra civile. Le difficoltà
di analisi derivano dal fatto che il focus dei commentatori è sui leader e non sull’enorme buio
che c’è sotto. Per capire l’Africa e in particolare
la Costa d’Avorio, bisognerebbe identificare altre realtà a partire dalle società. Fino a quando
l’Europa immaginerà di capire un mondo così
complesso guardando solo ai capi, ai leader, saremo sempre privi di strumenti di lettura.
rebbe dal finanziare il suo esercito e chiederebbe
in cambio riforme strutturali del Paese.
Un appoggio internazionale mirato e temporaneo in cambio di più democrazia?
Sì, per far cadere il business del mantenimento
dell’esercito. Per evitare improvvisi golpe. Certo, da un lato, c’è la lobby internazionale delle
armi che spinge per continuare a fare affari. Dall’altro, poteri autoritari di questo tipo in realtà
multietniche e multireligiose non sono gestibili
senza armi…
Ha senso parlare di esportazione della democrazia in Africa o è una pretesa necolonialista?
Non ha senso parlare di democrazia in questa
area del mondo. Non premia. Per governare, bisogna fare leva sui consigli degli anziani, che si
occupano degli interessi delle piccole comunità,
come il virtuoso esempio storico delle Ujamaa
in Tanzania. Bisogna lavorare sulle piccole unità
autosufficienti, sulle comunità locali. E dall’altro
lato garantire la conservazione del potere con
una protezione internazionale a fronte di chiari
intenti riformatori.
Ritorno alla stessa domanda: il modello democratico occidentale è esportabile in Africa?
Non certo con gli elicotteri da guerra, e non sostituendo a un politico un altro politico che controlla l’economia.
Una soluzione alla crisi Ivoriana, simile per
certi versi a quella di altri Paesi africani?
C’è un’utopica proposta di
Paul Collier, dell’Università di Oxford, autore del saggio Guerre armi e democrazia. L’unica soluzione è
smantellare completamente
l’esercito e impedire a questi Paesi di usare le casse
statali già prosciugate per le
spese militari. La comunità
internazionale, secondo
questa teoria, garantirebbe
un pronto intervento al dittatore del momento e garantirebbe una “protezione”
entro 48 ore. Ma lo solleve8