DUMA 67 - Duma Onlus
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DUMA 67 - Duma Onlus
Associazione D.U.MA. O.N.L.U.S. Località Noceto 13 - 14030 Frinco At Tel. e Fax: 0141 904106 e-mail: [email protected] Sito Internet: DUMAONLUS.IT DUMA 67 - MAGGIO 2011 Anche quest'anno sarà possibile destinare il 5 x mille dell'Irpef a sostegno delle organizzazioni non profit. Dona il tuo 5 x 1000 a DUMA ONLUS e aiutaci a sostenere tanti bambini in Costa d’Avorio. A te non costa nulla, per noi il tuo regalo è molto. Al momento della dichiarazione dei redditi inserisci il nostro Codice Fiscale 910.178.900.12 Cari amici che sostenete con l’adozione a distanza tanti bambini della Costa d’Avorio e che aiuMonica e Francesco tate con la vostra generosità coloro che sperano di guarire nel Centro per la Cura dell’Ulcera di Buruli, veniamo a voi con questa novità del Notiziario Duma per informarvi innanzitutto sui gravi scontri avvenuti ultimamente in Costa d’Avorio, raccontati da chi vive in prima persona questa situazione. Poi vi informiamo di aver provveduto a GIORGIO KOUASSI Il nostro collaboratore ci scrive dalla Costa d’Avorio. Situazione dei bambini adottati a distanza durante la crisi ivoriana! E’ forse necessario ricordare che il primo turno delle elezioni in Costa d'Avorio si è tenuto il 31 Ottobre 2010 ed entrambi i fare la domanda per il 5 x 1000 all’Agenzia delle Entrate come descritto qui sopra. Infine abbiamo pensato di inviarvi notizie in questo periodo dell’anno in una forma più sobria in modo da ridurre le spese e di lasciare il Duma di dicembre, stampato nella forma classica. Come avrete capito, quest’anno Monica non ha potuto andare in Costa d’Avorio, a causa della guerra, quindi le notizie e le foto riguardanti le adozioni a distanza sono rinviate a tempi migliori. Grazie a tutti per la collaborazione. Monica e Francesco candidati, Laurent Gbagbo e Alassane Ouattara, sono passati al secondo turno. La seconda votazione era prevista per il 28 novembre 2010. A seguito di questa ultima consultazione popolare, i risultati sono stati contestati da entrambe le parti; ognuno asserisce di aver vinto e qui è nata la crisi. Cinque mesi di crisi! Con due settimane di intensi combattimenti in particolare ad Abidjan tra i pro-Ouattara ed i pro-Gbagbo! Questa crisi è stata accompagnata dalla chiusura delle banche, delle scuole, saccheggi, mancanza di cibo, spo1 stamenti di popolazioni, ecc. ... La città di San Pedro, non è stata risparmiata, in quanto è stata occupata dai militari che hanno preso il porto. I bambini adottati a distanza e le loro famiglie, attraversano momenti duri che con il tempo diventano insopportabili! Le famiglie sono in continuo spostamento per cercare riparo e cibo; infatti diventa sempre più complicato trovare alimenti e per quel poco che si trova, il prezzo è triplicato. Le notizie sono difficili da ottenere perché il telefono è sovente bloccato. Comunque nonostante tutto con buona volontà abbiamo cercato di consolare e aiutare tutte le famiglie ed i loro bambini. Il paese cerca di ritornare alla normalità e, probabilmente, con la futura riapertura delle banche si potrà ottenere una rapida ripresa di aiuto per tutta la popolazione che in questo momento si trova in una situazione di disagio! Dio aiuti la Costa d'Avorio! non hanno ricevuto lo stipendio. Alle apparecchiature che servono per la cura vengono a mancare le forniture per il loro funzionamento ed il magazzino in pratica è vuoto! I pazienti si trovano in difficoltà a causa del cibo, perché questa malattia (ulcera di Buruli) che spesso porta ad anemia grave, richiede una dieta equilibrata giornaliera (molto importante!), ma che fare? Con la grazia di Dio, Suor Donata ha compiuto grandi sforzi per tutte queste esigenze, ma non è affatto facile per lei, povera suora! Diverse persone di buona volontà vengono a offrire alcune ciotole di riso per questi bambini malati. Nonostante le difficoltà, Sr Donata trova sempre un modo per essere presente al “Centro” e sostenere i malati: in realtà ha un cuore pieno di amore e compassione! Oltre a tutte questi problemi, i pazienti continuano ad arrivare e il numero sta crescendo. Speriamo vivamente che questa crisi finisca in modo definitivo e che non si ripeta più una situazione simile! Dio ci protegga! Amen! Giorgio Kouassi Centro per la Cura dell’Ulcera di Buruli” Il “Centro” ha anche risentito della crisi per via della chiusura delle banche! Per quasi due mesi i lavoratori al suo interno, 2 Padre DARIO Dozio faccio dire due volte: tiro il fiato e riparto a gran velocità. Non so ancora che altri 14 sbarramenti mi aspettano prima di arrivare alla SMA. Martedì 8 marzo. Tutto chiuso Venerdì 25 febbraio 2011 Da più giorni me ne sto tranquillo in casa. Fuori si sentono raffiche di kalachnikov ed Tornando da San Pedro... è meglio non uscire: ora ho tutto il tempo che voglio per mandare avanti i lavoretti lasciati in La strada è incredibilmente vuota stasera. sospeso, leggere quel che avevo messo da parte Sto tornando da San Pedro e non vedo l’ora d’arda secoli e anche pregare un po’ di più, che ne rivare a casa: dopo sei ore di asfalto scassato, ho bisogno. Ogni tanto metto il naso fuori dal con i vestiti incollati addosso per la polvere ed cancello per vedere chi passa e chiedo com’è la il sudore, tutto quello che desidero è una buona situazione in città. Ma le macchine sono rare e la doccia fredda e una birra in frigo... Poi d’imgente se ne va di fretta. Poi è inutile uscire: tutti provviso il caos! Mi trovo davanti una marea di i negozi sono chiusi, chiuse le banche, gli uffici, gente che urla e corre. Appena il tempo di frenail mercato... E ogni 500 metri trovi uno sbarrare e mi circondano la macchina. Hanno invaso la mento di giovani patrioti che si eccitano quando strada: tavoli rovesciati, tronchi d’albero e altro vedono un europeo. materiale non ben definito sbarra il passaggio. Un fumo nero e intenso sale da nord : è il Mi vedono e subito lanciano l’allarme: “...un mercato di Attécoubé che bianco! ...un francese!” In sta bruciando. Si sente anun attimo li ho tutti intorno. cora sparare. Non le solite Uno sventola in aria il maraffiche: stavolta sono colpi cete: ha il volto pitturato di di arma pesante. All’inizio carbone e fronde infilate nei capelli. "ONU vai via...! ... con la sua presenza in Costa d’Avorio sembrava un forte temporale che veniva da Abobo (il ci racconta come sono andate le cose Sarkozi lasciaci in pace...!” grande quartiere popolare a in questo periodo di guerra civile ... - mi grida addosso. Un’altro maggioranza pro Ouattara), cerca di aprire la portiera e ma adesso le detonazioni sono sempre più tremi mostra un bastone picchettato di chiodi. mende e fanno paura. La radio dell’ONU, la sola “...Ma io sono italiano... - è tutto quel che mi non offuscata, a parte quella del governo in carivien da dire - italiano e missionario.” E cerco di ca, dice che la ribellione ha ormai preso tutto la sorridere con la mia faccia da prete più bonaria zona nord di Abidjan. Ma è difficile avere un’iche posso. Ma tutt’intorno è un gran casino: uno dea esatta di quel che succede. Le notizie sono parla, l’altro grida... chi batte con la mano sulla di parte e spesso contraddittorie, puoi sentire macchina, chi mi dice di scendere... Mi salva il tutto e il suo contrario, a secondo della fonte di calcio e la carta d’identità. Viva l’Italia! Non son provenienza. Ha ragione chi ha detto : la verità è mai stato così contento di essere connazionale di quel che fa piacere a chi comanda. Gattuso e della Squadra Azzurra. Però mi fanno ... TESTIMONIANZA DI PADRE DARIO ... scendere lo stesso. Frugano la macchina in ogni angolo. Le banane e gli ananas che avevo nel cofano se ne vanno per metà. Mi frugano anche in tasca; uno cerca di sfilarmi il portafoglio, ma è beccato dal suo vicino: “Vergogna: non siamo ladri, ma patrioti!” Riconosco il giovane che parla: domenica scorsa ha letto in chiesa durante la messa. Ora anche lui ha il volto dipinto e una sbarra in mano. “Mon père, cerchiamo le armi che l’ONU e i francesi portano ai ribelli.” - e mi fa segno di partire - "Presto, vai via; e non uscire di casa : aujourd'hui ça chauffe!” Non me lo Venerdì 11 marzo. Cioccolato Amaro Non sono uccel di gabbia e più di tanto non resisto al chiuso. Stamattina non si sente sparare e tutto sembra calmo; così tento un giro in centro città. Chiedo qual’è la strada più sicura. “A destra ci sono gli sbarramenti dei patrioti - mi dice il vicino -; ci vorranno due ore: ti tocca scendere ogni volta e lasciarti perquisire con tanta pazienza; a sinistra invece la strada è libe3 ra... ma rischi di trovare i ribelli”. Vado a sinistra. In effetti si viaggia bene. Incrocio decine di persone che camminano in senso contrario al mio, con valigie in mano e cartoni in testa, spingendo carriole piene di tutto quel che possono caricare. Sono gli abitanti dei quartieri occupati dalla ribellione. Scappano: da giorni i militari pro Gbagbo stanno contrattaccando per scacciare gli avversari. La maggior parte sono donne, alcune anziane, altre con i bambini aggrappati alla schiena... Cercano rifugio da parenti o amici, dormono nelle chiese, nelle scuole o dove capita, aspettando di trovare l’occasione per lasciare Abidjan e tornare ai loro villaggi di origine. Sono loro le prime vittime di questa guerra che nessuno vuole ma di cui non si trova la via di uscita. In centro invece la vita continua quasi come prima. Tanti uffici sono aperti e anche i negozi lavorano: fanno orario continuato fino alle 15. Così ne approfitto per un po’ di compere: riso, pane, zucchero, verdure... Non si può sapere quel che ci riserva il domani... Anche da un’ambasciata ci hanno telefonato invitandoci a partire. Gentile l’impiegata che parlava al telefono; mi ha pure consigliato di mangiare cioccolato amaro ogni sera: pare faccia bene contro le stress... Giovedì 17 marzo. Fino a quando? Sono tante le cose amare che mi tocca inghiottire ogni giorno. Sopratutto vedere chi sta male ...e non poter fare niente. Mi chiama sul cellulare Josephine: stanno sparando forte nel suo quartiere; lei e i suoi bambini hanno paura e mi chiede aiuto... Cosa dirle per telefono? Ieri era Frank, padre di famiglia, che non riceve il salario da due mesi ...e le banche sono chiuse. Poi i profughi, sempre più numerosi, che vedo ogni giorno passare: scappano e non sanno dove andare... Ma nonostante tutto, qui si continua a sperare e ad avere fiducia in Dio. Ma, fino a quando? Anche nella nostra cappellina sono sempre più numerosi i vicini che vengono ogni mattina alla messa. E non si contano i rosari, le novene, i digiuni... Mi chiedo come faccia il Signore a non vedere tutte queste preghiere per la pace in Costa d’Avorio. È successo ieri, proprio dopo la messa del mattino. La gente stava ancora cantando alla Madonna, quando sento un gran schiamazzo fuori dal cancello. Corro subito: un gruppo di “giovani patrioti” sta spingendo a legnate un povero disgraziato che non si regge nemmeno in piedi. Mi dicono che è un ribelle. A me sembra un ragazzo impaurito, sui 18 anni, alto e magro, che non sa nemmeno parlare francese. “Faceva domande in djoula (lingua del nord) e porta molti amuleti su di lui...” è tutto quello che mi sanno dare come accusa. Cerco di calmarli, ma senza successo. Poi arriva un gruppo di militari: una fortuna, penso; almeno loro sapranno far rispettare la legge. Infatti prendono il ragazzo... e mi mandano via in modo brusco: "rentrez chez-vous, vite!”. Non posso che obbedire. Verso l’ora di pranzo vedo del fumo salire dietro il muro di cinta, ma non ci faccio caso: forse bruciano gli arbusti nel terreno vuoto dietro casa nostra. E’ solo alla sera che mi raccontano il seguito: i militari hanno ridato il povero disgraziato ai giovani del quartiere; questi lo hanno bastonato per bene, poi cosparso di petrolio e bruciato con dei vecchi pneumatici. Proprio dietro casa nostra, sotto gli occhi di tutti, anche di chi cantava in chiesa qualche ora prima... Domenica 20 marzo Nonostante tutto Una domenica molto strana questa: non si sentono i cori delle chiese evangeliche nè la musica che di solito arriva a tutto volume dai bar del quartiere, ma una grande calma mai vista prima e che fa paura. Da qualche giorno corre voce di un attacco imminente e molti si sono lasciati prendere dal panico. La stazione dei badjan (camioncini per il trasporto di persone) è invasa dalla folla; tanti hanno dormito lì, per terra, aspettando un posto libero per andarsene... Io invece resto, come pure tutti i miei colleghi. Ha telefonato suor Rosaria, una suorina del dispensario di Abobo, dove i bombardamenti sono stati più intensi; neppure lei si è mossa: ha continuato a curare i feriti giorno e notte. Padre Luigi ha mandato in Ghana i seminaristi, però lui e gli altri tre formatori sono rimasti sul posto. Così in tutte le parrocchie. Certo, non possiamo far grandi cose, si vive giorno per giorno e spesso ci si chiede come sarà domani... Ma il mio amico dice che, nonostante tutto, una cosa è certa: per quanto buia sia la notte, prima o poi farà giorno. 4 PADRE DARIO CONTINUA A RACCONTARE ... Abidjan, 14 aprile 2011 Carissimi, è difficile descrivere gli avvenimenti di questi giorni. Rinchiuso alla Casa Regionale di Abidjan con altri 8 miei confratelli, sentivo i rumori dei combattimenti, vedevo salire denso fumo nero verso il cielo, osservavo gli elicotteri girare sopra le nostre teste... senza sapere bene quel che realmente stava succedendo. A volte le notizie arrivavano dall’Italia o dalla Francia... quando c’era corrente o il cellulare riprendeva la linea. E ora il caos non è ancora terminato: a Abidjan la vita non ha ancora ripreso il suo corso normale. Nel nostro quartiere di Abobodoumé l’esercito repubblicano non è ancora entrato, i miliziani di Gbagbo girano armati ed è rischioso uscire per strada. Approfitto di una chiave USB che si è rimessa a funzionare, per mandarvi queste righe di notizie e dirvi grazie per la vostra amicizia e preghiera. A presto. P. Dario Venerdì 1° aprile Mi sveglio d'improvviso mentre risuonano colpi fortissimi che fanno tremare anche le mura di casa. Guardo l'orologio: la una e mezzo di notte. Impossibile starsene a letto: l'attacco è cominciato. Salgo al piano superiore per cercare di capire quel che succede. Sembra che le cannonate vengano dall'altra parte della laguna, dove c'è il Palazzo Presidenziale. Ma i colpi sono sempre più forti e devo mettermi al riparo, lontano dalle finestre, tra due spesse mura. La notte è lunga da passare in questo bunker improvvisato (...il bagno del sottoscala!). All'alba torna la calma; mi sto chiedendo cosa sia successo, quando vedo arrivare della gente: sono i fedelissimi della messa mattutina, venuti nonostante il pericolo. Così celebriamo una eucaristia veloce e piena di fervore : "...aspettavamo la pace ed ecco la sventura!" dice il salmo. I combattimenti riprendono durante la giornata in un caos di raffiche e cannonate che sembrano caderci sulla testa. A colazione dobbiamo ritirarci in fretta con i piatti in mano: cominciano a piovere pallottole un po' ovunque ...come nei film western. Sabato 2 aprile. La nostra casa è situata in un quartiere di Yopougon : Abobodoumé, una delle roccaforti di Gbagbo. Patrioti e militari che gli sono rimasti fedeli occupano tutte le strade. Numerosissimi giovani passano avanti e indietro cantando e scandendo slogan di guerra. Hanno risposto in massa all'appello di Blé Goudé, il loro capo, che li ha chiamati a "difendere la patria dai ribelli, dall'ONU e dalla Francia". Per chi ha la pelle bianca come me, è meglio starsene tranquilli in casa senza farsi troppo vedere. Anche la veste da prete e il passaporto Italiano ormai non servono: " non si fa differenza tra bianchi." Speriamo che tutto questo caos finisca presto. Mi chiamano al cellulare: un professore del Seminario Maggiore mi dice un gruppo di “ribelli” sono entrati nella nostra casa di formazione (Ebimpé). Hanno sfondato le porte e ora la stanno saccheggiando : macchine, frigorifero, tavoli... tutto quello che riescono a prendere, se lo portano via. "Ma è meglio perdere la roba che la vita" - mi dice per consolarmi, mentre guarda dalla finestra la colonna di gente che se ne va con i nostri materassi in testa. I telefoni fissi non funzionano più. Hanno tagliato anche internet e posta elettronica. Le strade sono sbarrate dai militari ed è impossibile viaggiare. Solo alcuni numeri di cellulare passano ancora: allora tento un giro telefonico delle nostre missioni. A Adjamé (Abidjan) i padri stanno rinchiusi in casa. P. Giovanni Benetti mi racconta del clima molto teso nel loro quartiere popolare e delle pallottole che hanno forato in vari punti il tetto della chiesa; una bomba ha toccato la porta (in ferro) dell'ufficio di p. Marc: per fortuna erano a messa. Invece alla "Riviera-trois”, una cannonata ha sfondato il tetto della casa delle Suore di Messina... Anche qui le suore non si sono fatte nulla: si erano ritirate in cappella a pregare. A San Pedro centinaia di persone hanno cercato rifugio nelle chiese. La più parte sono Krumen e Bété (gruppi legati al presidente uscente). I "ribelli" (ora chiamati "Forze Repubblicane di Costa d'Avorio" : FRCI) sono entrati in città senza trovare resistenza: militari e gendarmi erano scappati da giorni. Passano di quartiere in quartiere alla ricerca di armi e oppositori. Hanno fatto irruzione anche alla Missione di Seweke, senza trovare nulla. Invece alla Cattedrale (la mia ex parrocchia) ci sono stati dei morti tra la gente che si era ammassata vicino alla residenza del 5 vescovo. P. Ramon da Korhogo mi assicura che nella loro diocesi tutti i padri stanno bene e che continuano normalmente il lavoro pastorale di quaresima. Credo lo stesso per quanti si trovano nella diocesi di Odienné: come nelle altre parti del nord ( zone della ex ribellione), non c'è niente di grave da segnalare. La situazione è molto più critica al confine con la Liberia, sopratutto verso Guiglo: la radio parlava di centinaia di morti e il parroco di St Joseph raccontava di orrori mai visti prima. P. Fidelis mi chiama da Tabou. Mi racconta la sua triste avventura: stamattina la sua macchina 4x4 è stata presa da un gruppo di giovani armati (patrioti krumen). Mi richiama in serata: i suoi parrocchiani, dopo varie ricerche, hanno potuto ricuperarla a Béréby. Anche a Grabo telefono e internet non funzionano più; però p. Emmanuel è riuscito ad avere la linea chiamando dalla vicina società di lavorazione dell'olio di palma. Mi dice che per il momento tutto è calmo, le "Forze Repubblicane" non sono ancora arrivate e anche quelli che si erano prudentemente nascosti in foresta, ora stanno rientrando un po' alla volta in città. Da Adzopé, p. Francesco mi chiede cosa sta succedendo: l'ospedale Raul Follereau è a una quindicina di chilometri di pista dalla città e fin ora non è stato visitato da nessun gruppo armato. La televisione di stato che non funzionava da giorni, questa sera ha ripreso il suo segnale. Così abbiamo seguito i due telegiornali opposti ( RTI - pro Gbagbo et TCI - pro Ouattara) che davano notizie contraddittorie: la confusione è totale e non si sa più dov’è la verità. Domenica 3 aprile. Mentre preparo l'altare per la messa, sento gridare. Corro subito per vedere cosa succede, ma i fedeli mi impediscono di uscire dal cancello: " I patrioti hanno preso dei ribelli – mi dicono - e ora li stanno ammazzando". Cerco di intervenire, nella speranza di calmarli: settimana scorsa hanno già bruciato vivo un giovane, proprio dietro il nostro muro di cinta e io non ho potuto far niente per impedirlo. Ma loro insistono: "Pardon, mon père. Se ti vedono, uccidono anche te ...dicono che i bianchi aiutano i ribelli". E mi obbligano a rientrare. Poco dopo si sentono degli spari... le grida smettono di colpo... e io non so più come pregare, con due corpi sgozzati a pochi passi dalla cappella. Lunedì 4 aprile. La situazione è sempre più confusa e allarmante. Ho avuto ancora al telefono p. Giovanni. È disperato: più di duemila persone hanno cercato rifugio nella sua parrocchia per ripararsi dagli scontri tra i due gruppi armati. Entrano nella casa, rubano e uccidono chi si oppone ai loro saccheggi. Padri e suore sono sommersi dalle domande di aiuto: c'è chi è ferito, chi sta male, chi non mangia da giorni... Una donna ha partorito nel cortile della chiesa. Le linee telefoniche sono bloccate e non riesco più a entrare in contatto con le diverse missioni. Sembra che le FRCI siano arrivate anche a Tabou e che ci siano stati diversi morti tra i giovani “guerrieri krumen”. In serata e durante tutta la notte assistiamo a dei violenti combattimenti. I colpi risuonano fortissimi. Parlano di “assalto finale”. Dalla casa regionale, osservo gli elicotteri francesi lanciare spettacolari proiettili luminosi che scendono fischiando per esplodere sulla vicina Base della Marina Militare. Martedì 5 aprile. Finalmente il "cessate il fuoco". Dopo una notte terribile, stamani, verso le 11, ritorna il silenzio. La radio parla di discussioni a alto livello per cercare una uscita dalla crisi. Questa notte, finalmente, si potrà dormire. Respiriamo: è ritornata l'acqua nei rubinetti (mancava da più giorni), ... però i viveri nella dispensa cominciano a finire. Per tutta la settimana si alternano momenti di calma e violenti combattimenti. Le poche notizie che riusciamo ad avere (radio Onuci e Afrique 24) non sono molto rassicuranti. Rinchiusi alla Casa Regionale, sembra che questa guerra non abbia fine. Mercoledì 13 aprile. Dopo l'arresto di Gbagbo e dei suoi collaboratori, ora anche da noi la situazione è molto migliorata. Non ci sono più i terribili bombardamenti dei giorni scorsi, ma le milizie del presidente dimesso continuano a tenere il nostro quartiere. Giorno e notte si sentono raffiche di mitra. La vicina farmacia e tutti i negozi sono stati svaligiati: meglio non ammalarsi in questi giorni. Per avere del cibo, bisogna passare la laguna in piroga e fare almeno un ora di cammino prima di trovare un mercato aperto. Naturalmente i prezzi 6 sono alle stelle. Il vicino vuol prendersi i nostri gatti; gli dico di lasciarcene almeno uno. Arrivano tre giovani con il kalashnikov in spalla: sono militari pro-Gbagbo e cercano un po’ di soldi. Mi dicono che non mangiano da giorni e che la loro situazione è disperata: da tempo non ricevono la paga, l’esercito repubblicano sta per intervenire e non sanno dove andare... Ho mandato una ragazza a cercare del pesce: siamo in otto a tavola e le provviste sono quasi terminate. È tornata dopo un po’ senza niente in mano e tutta spaventata : ai bordi della laguna stavano bruciando 15 “ribelli” e nell’acqua galleggiavano senza vita i corpi di due bianchi (militari francesi?). I “patrioti” invece esultavano, sparando raffiche in aria. Attualmente sono loro, questi “giovani patrioti”, a far paura. Sono stati armati e lasciati liberi di agire. Dicono che l’arresto di Gbagbo è tutto un montaggio mediatico della Francia: il presidente uscente è sempre libero e tra poco riprenderà in mano il paese. Ho paura che quando arriverà l’esercito repubblicano, da noi sarà un macello. Non so più dove può arrivare la follia umana. (fine delle notizie inviate da Padre Dario) Inseriamo alcuni articoli estrapolati da giornali vari 19 aprile Con l'avvio dei negoziati di pace in Costa d'Avorio é' iniziata la corsa alla semina di riso e mais. Per sostenere i contadini in vista dell'arrivo delle piogge, periodo di semina, la Fao ha organizzato la distribuzione di semi, attrezzi e fertilizzanti a 12mila contadini in Costa d'Avorio e in Liberia, dove si stima che abbiano trovato rifugio oltre 150mila ivoriani fuggiti dalle violenze scoppiate lo scorso novembre. Come ha spiegato Luc Genot, coordinatore per le emergenze della Fao, la situazione al momento e' tesa: "Non c'e' cibo a sufficienza per coprire il periodo fino ai prossimi raccolti e una pressione ancora maggiore e' dovuta al grande numero di profughi scappati dalle campagne". Per l'agenzia Onu "e' necessario aiutare immediatamente queste persone per scongiurare il bisogno di un'assistenza alimentare prolungata". All'interno degli oltre 160 milioni di dollari chiesti dalla Fao per l'intervento umanitario in Costa d'Avorio e Liberia, 4,25 milioni di dollari saranno destinati all'emergenza agricola. (AGIAFRO) COSTA D’AVORIO, QUALE FUTURO? L’intervista In Costa d’Avorio si apre una nuova pagina di storia. Le sfide di Alassane Ouattara sono tante e il Paese è ancora ben lontano dall’essere pacificato. Beatrice Nicolini, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università Cattolica di Milano mette a fuoco le peculiarità del Paese africano. È uno Stato che, fin dalla sua indipendenza dalla Francia, ha sempre avuto sistemi dittatoriali, con un partito unico, con costituzioni militari e un potere esercitato con la forza su un area densa di popolazioni diverse dal punto di vista etnico e religioso, spesso in conflitto fra di loro. Questo conflitto è la vera guerra che è in corso da moltissimi anni e che ha visto genocidi e stupri di massa. Una situazione di conflittualità permanente, quindi, in cui regimi corrotti hanno esercitato il loro potere sulle risorse naturali del Paese: cacao, olio di cocco e più recentemente petrolio. E la popolazione non ha mai tratto benefici da queste ricchezze. Qual è il paradigma, lo schema politico che governa lo Stato? Non esiste il concetto di opposizione politica. Chi si oppone è un nemico che va eliminato. Il ruolo della Francia. Un ruolo importantissimo, storicamente. Ma vissuto sempre con insofferenza da parte degli ivoriani. I francesi hanno fortissimi interessi econo- 7 mici nel Paese. Ma ci sono anche altri interessi stranieri Sì: da un lato in Costa d’Avorio ci sono ingenti movimenti finanziari legati all’importazione di diamanti dai Paesi contigui. Dall’altro c’è una forte presenza libanese che si occupa del riciclaggio del denaro sporco. E infine, una comunità cinese anch’essa con forti interessi, ora evacuata. La Costa d’Avorio del futuro, in previsione di una diminuzione della presenza dei caschi blu e dei francesi? Quando il controllo militare sarà inferiore, è verosimile che a fronte di una frammentazione etnico-religioso-economica così profonda, non ci sarà la possibilità per Ouattara di conservare il potere ed evitare spaccature. Con una conseguente guerra civile. Le difficoltà di analisi derivano dal fatto che il focus dei commentatori è sui leader e non sull’enorme buio che c’è sotto. Per capire l’Africa e in particolare la Costa d’Avorio, bisognerebbe identificare altre realtà a partire dalle società. Fino a quando l’Europa immaginerà di capire un mondo così complesso guardando solo ai capi, ai leader, saremo sempre privi di strumenti di lettura. rebbe dal finanziare il suo esercito e chiederebbe in cambio riforme strutturali del Paese. Un appoggio internazionale mirato e temporaneo in cambio di più democrazia? Sì, per far cadere il business del mantenimento dell’esercito. Per evitare improvvisi golpe. Certo, da un lato, c’è la lobby internazionale delle armi che spinge per continuare a fare affari. Dall’altro, poteri autoritari di questo tipo in realtà multietniche e multireligiose non sono gestibili senza armi… Ha senso parlare di esportazione della democrazia in Africa o è una pretesa necolonialista? Non ha senso parlare di democrazia in questa area del mondo. Non premia. Per governare, bisogna fare leva sui consigli degli anziani, che si occupano degli interessi delle piccole comunità, come il virtuoso esempio storico delle Ujamaa in Tanzania. Bisogna lavorare sulle piccole unità autosufficienti, sulle comunità locali. E dall’altro lato garantire la conservazione del potere con una protezione internazionale a fronte di chiari intenti riformatori. Ritorno alla stessa domanda: il modello democratico occidentale è esportabile in Africa? Non certo con gli elicotteri da guerra, e non sostituendo a un politico un altro politico che controlla l’economia. Una soluzione alla crisi Ivoriana, simile per certi versi a quella di altri Paesi africani? C’è un’utopica proposta di Paul Collier, dell’Università di Oxford, autore del saggio Guerre armi e democrazia. L’unica soluzione è smantellare completamente l’esercito e impedire a questi Paesi di usare le casse statali già prosciugate per le spese militari. La comunità internazionale, secondo questa teoria, garantirebbe un pronto intervento al dittatore del momento e garantirebbe una “protezione” entro 48 ore. Ma lo solleve8