giovaniPasc 16 - Piccole Ancelle del Sacro Cuore
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SE TT EM BR E — OT TO BR E 20 06 N. 16 Benedetto XVI e il santo di Assisi «Un playboy che si aprì a Dio» Castel Gandolfo 1/9/2006 San Francesco era un «playboy», ma poi è successo qualche cosa che gli ha cambiato l’esistenza. Benedetto XVI, in vacanza a Castel Gandolfo, risponde a braccio ai sacerdoti della diocesi di Albano e, come spesso capita, quando non è legato a un testo scritto, appare particolarmente incisivo. «San Francesco, ha spiegato il Pontefice, prima era quasi una specie di playboy ma poi ha visto che questo non era sufficiente, ha capito che doveva allargare la sua vita aprendosi a Dio e agli altri, ha sentito la voce del Signore e man mano ha capito cosa vuol dire costruire la casa del Signore». Ovviamente il tema della risposta era legato alle difficoltà di far pervenire il messaggio cristiano ai giovani di oggi, a come entrare in contatto con loro. Il Papa ha detto che è importante «che i giovani non siano lasciati alle discoteche, ma abbiano degli impegni, che pos- sano fare qualcosa di bene - e sentendo di fare qualcosa di bene per l'umanità, per un gruppo - sentano l’impulso a trovare un'etica cristiana».Sempre riferendosi al santo di Assisi, Benedetto XVI ha voluto mettere qualche puntino sulle «i». Bisogna «entrare nella personalità di san Francesco», ha spiegato, e questo vuole dire «entrare in un contesto di tradizione cristiana, e, diciamo, svegliare la fede; conoscere meglio da dove ha bevuto questo santo perché non era solo un ambientalista o un pacifista, ma era soprattutto un uomo convertito». Si legge in filigrana tutto il fastidio che può provare papa Ratzinger di fronte a una lettura «secolarizzata», per non dire politicizzata, del santo di Assisi. E infatti ha aggiunto: «Ho letto con grande piacere che il vescovo di Assisi, monsignor Sorrentino, proprio per ovviare a questo abuso della figura di san Francesco nell’occasione del giubileo della sua conversione vuole indire un “anno di conversione” per far vedere qual è la vera sfida; e forse possiamo animare la gioventù a cercare che cosa è la conversione, collegandosi anche alla figura di san Francesco ... ». Il Papa ha voluto poi lanciare un messaggio di fiducia sul futuro della Chiesa: vivrà «nonostante tante sofferenze e fallimenti». È sopravvissuta in «duemila anni di storia», superando nei secoli passati le invasioni musulmane, le correnti illuministe, Marx e Hitler «che voleva distruggere il cattolicesimo». «La Chiesa vive - ha detto -. Abbiamo 2000 anni di storia nonostante tante sofferenze e fallimenti». Ha ricordato le difficoltà del passato superate via via dai cristiani dell'Asia Minore, o a quanto è «fiorente la Chiesa dell'Africa del Nord» a dispetto delle «invasioni musulmane». «Rousseau o Voltaire» pensarono che la Chiesa fosse agli sgoccioli; ma poi «il XIX secolo fu il secolo dei santi, delle congregazioni religiose. La fede è più forte di tutte le correnti che vanno e vengono». Hitler «era convinto che solo un cattolico poteva distruggere il cattolicesimo» e lui poteva avere «tutti i mezzi per farlo». Lo stesso avvenne con il propagarsi del marxismo; ma anche in questo caso «le parole di Cristo» furono più forti della visione marxista. LA PAROLA DI DIO DA PREGARE E DA VIVERE PAGINA 2 TESTIMONI DI GESU’ RISORTO Dal 16 al 20 ottobre prossimo si celebrerà a Verona il IV Convegno ecclesiale nazionale. Il tema da approfondire: “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”. Un convegno che vuole aiutare i cristiani a ritrovare il ruolo che devono svolgere nel contesto della realtà storica in cui vivono e operano. Dove ritrovare le radici della “speranza viva”? la Chiesa italiana si è soffermata a riflette sulla prima lettera di Pietro, un testo di rara bellezza e di grande efficacia comunicativa. Una lettera scritta intorno agli anni 80 d.C., una lettera che circola tra le comunità cristiane sottoposte a diverse prove e sofferenze, perseguitate, incomprese, accusate … i cristiani sono invitati allora da Pietro ad un atteggiamento di speranza, virtù che può generare dolcezza e rispetto tra loro e verso tutti. Soprattutto potrà suscitare in loro prontezza nel “rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”(cfr 1Pt 3,15a). Per meglio comprendere... Alla luce di questa Parola diamo uno sguardo al mondo col cuore in mano, perché, se vogliamo parlare di speranza viva, vera, efficace essa deve toccare l’esistenza quotidiana in tutta la sua concretezza: dagli affetti al lavoro, dal tempo libero all’impegno. Speranza che si esprime nell’accoglienza della fragilità del nascituro e del bambino, nella cura del malato, nell’assistenza all’incurabile, nel soccorso al povero, nell’amore in famiglia, nel rispetto della cultura diversa e dell’ambiente … Questo perché il cristiano è nello stesso tempo membro della Chiesa e cittadino in senso pieno. La speranza cristiana non viene meno di fronte al dolore, alla sofferenza, al terrorismo suicida che ha creato ai nostri giorni un’atmosfera di paura e di sfiducia reciproca tra i popoli. La speranza cristiana è incrollabile perché ha un nome: “Cristo!” - Cristo, nostra speranza, è risorto - canta la liturgia pasquale. È questo fatto gioioso e inaudito che sta alla base della nostra speranza. Nel suo grande amore, Dio ci ha rigenerati mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe non si macchia e non marcisce. (1Pt 1,3b 4). Se vivi in prima persona la gioia di questo fatto inaudito, con la parola o con la dolcezza, col sorriso o col perdono… a chiunque incontri e in qualsiasi situazione, comunichi: Gesù Cristo risorto! risorto! È qui con noi. Soffre e gioisce. È caparra della nostra personale risurrezioSr. Carla ne. PAGINA 3 Fe d e ? P a r l i a m o n e Credo in Dio Padre creatore del cielo e della terra … L’universo dalle mille bellezze, dalle mille profondità. Tempo di ricominciare Grazie, Signore per le settimane d’estate, per le scoperte e gli incontri, per la bellezza contemplata, per il silenzio e l’amicizia, per l’amore rinnovato e il riposo! Grazie per questo tesoro: lo conservo nel mio corpo e nel mio cuore. Ora è tempo di ricominciare: bisogna ritornare alle cose ordinarie. Ma non ritornerò alle cose di sempre, alle pratiche del passato; non ricomincerò con le mie abitudini. Ritornerò con il desiderio di lottare, con la voglia di amare, con la debolezza che accoglie. Ritornerò con la misericordia ed un sorriso aperto, con limpidezza e coraggio. Ritornerò, ancora una volta, con la gioia contagiosa del Vangelo. Ora è tempo di ricominciare: vieni con me, Signore! Afferma lo scienziato Rubbia: “L’universo non è frutto del caso, come qualcuno vorrebbe, non proviene da una materia eterna, è stato creato in una frazione infinitesimale di secondo”. Nel fare tale affermazione, lo scienziato è partito dall’ evidenza oggi assolutamente conclusiva dell’inizio dello spazio e del tempo. Il big bang, 15 miliardi di anni fa. Né spazio né tempo avevano significato prima. Esiste quindi un momento preciso a partire dal quale l’universo è stato creato. Nulla esisteva prima di esso. La creazione dell’universo tutto intero avvenne in un brevissimo istante. La Bibbia - osserva Küng, teologo svizzero - non parla il linguaggio scientifico dei fatti, ma quello metaforico delle immagini. I due racconti biblici della creazione - il primo scritto intorno al 900 a.c. e il secondo intorno al 500 a.c. non informano sull’origine dell’universo in senso scientifico. Offrono invece una testimonianza alla fede sulla sua origine ultima, che le scienze naturali non sono in grado di confermare né di confutare. E questa testimonianza afferma: all’inizio del mondo non sta il caso o l’arbitrio, un demone o una cieca energia, sta invece Dio stesso, la sua intenzione buona nei confronti della creazione. Credere nel Creatore del mondo significa affermare, con fondata fiducia, che mondo e uomo non restano senza la spiegazione della loro origine ultima, che uomo e mondo non sono caos ma cosmo, perché hanno una sicurezza prima e ultima in Dio in quanto loro origine, autore e creatore. Scrive il card. Tettamanzi, arcivescovo di Milano: “Confessare la nostra fede in Dio, Creatore del cielo e della terra, significa guardare a tutta la realtà creata con profondo rispetto, allontanando da noi l’orgoglio e l’avidità che la deturpano e impegnandoci a custodirla e a coltivarla, usandone con cuore umile e grato, sollecito dei diritti e dei bisogni di tutti”. Quello che ci è chiesto è un autentico “sguardo contemplativo” perché - come recita il salmo 18,1 - “ I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento”. Questo nostro mondo, questo “universo dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bellezze e dalle mille profondità” (Paolo VI), è un riverbero e un riflesso di Dio, del suo amore. da: il Credo dei giovani PAGINA 4 GIOVANI CHE SI INCONTRANO - Albania 2006 mento anche con attività molto elementari e spontanee. Questo mi ha fatto capire quanto poco basta per creare un’atmosfera di accoglienza e di gioia nello stare assieme. L’esperienza missionaria in terra albanese è durata solo quindici giorni ma per intensità di avvenimenti, incontri e situazioni vissute sembra sia stata molto di più. Guidate dalla frase del Vangelo “Vi riconosceranno da come vi amerete”, io, Jessica, Lorenza e Rosanna accompagnate da sr. Gisella e da sr. Michela, abbiamo cercato di portare la gioia, l’unione e la serenità unite alla creatività e alla fantasia dell’intero “gruppo Giovani PASC” in terra di missione e… secondo me, ci siamo riuscite. Infatti, abbiamo cercato di trasmettere alle ragazze, ai bambini e ad ogni persona che abbiamo incontrato, l’amore gli uni per gli altri, la gioia dello stare assieme e del costruire assieme un incontro, un’attività, un’amicizia. L’esperienza in terra albanese è stata per me molto importante e formativa per numerosi motivi. Il primo e il più importante di questi è stato il rapporto di amicizia e di collaborazione instaurati con le ragazze animatrici albanesi. Non è stato un nostro insegnare a fare le attività, ma un incontro di storie, di caratteri, uno scambio di idee. Abbiamo incontrato i loro sguardi, ascoltato le loro parole in un ammirevole italiano (al confronto del nostro insufficiente albanese), stretto le loro mani per condividere le loro aspettative e i loro sogni. Profondi e significativi sono stati i momenti di formazione, di condivisione e di preghiera, durante i quali ci sono stati suggeriti molti spunti di riflessione che speriamo accompagnino noi e le ragazze albanesi anche ora, che il nostro stare insieme si è concluso. Altrettanto intensa e importante è stata l’attività con i bambini. Io, assieme ad Ida, un’animatrice albanese, mi sono occupata dei momenti di preghiera sviluppati intorno ai seguenti temi: sogno, perdono e amicizia e che aprivano ogni giornata di attività. Inoltre ho aiutato, sempre insieme a Ida, i bambini a dipingere la propria maglietta. Stando con i bambini mi hanno colpito la loro semplicità, il loro coinvolgi- Ultimo aspetto, ma tutt’altro che meno importante, sono state le uscite per visitare alcuni paesi non lontano da Plug. Questo mi ha permesso di conoscere, seppur parzialmente, la realtà albanese nei suoi aspetti logistici, economici e naturali. Senza dubbio ci sono molte cose da migliorare se non addirittura da costruire, dal nulla. Ci vorrà molto tempo, pazienza e soprattutto educazione al credere in ciò che si sta facendo. Al credere che nulla si costruisce senza sudore e sacrificio. Mi sono però convinta che, anche l’Albania, è una terra ricca di risorse da sfruttare e valorizzare. L’aspetto più bello e più importante di questa esperienza, che porterò sempre con me, è l’aver imparato a donare, costruire, seminare, lavorare con gli altri e per gli altri senza aspettarmi nulla in cambio. Ciò mi ha fatto crescere molto come persona. Nel cuore c’è il desiderio di ritornare in terra albanese e mi auguro che il futuro mi riserverà questa possibilità. Elena da Monselice PD PAGINA 5 Il seme della speranza Quando penso al Kenya, mi viene in mente che ho dei fratelli neri e che mi chiedono di pregare per loro. Ricordo le notti trascorse lì, dove ho imparato a non subire il tempo, ma ad assumerlo con decisione e fermezza. Più la notte avanzava, più pensavo a loro e cercavo di comprendere tutta la loro tristezza o la loro gioia, sentivo di pregare con loro e per loro. Molto spesso le mie preghiere erano senza vita. Non mi sentivo in comunione. Agivo, facevo qualcosa per loro, ma non comprendevo la loro situazione reale. Tacevo davanti a loro, ma il mio cuore era aperto a cogliere la loro disperazione esistenziale. Mi domandavano pane, un servizio materiale, oppure niente. Mi chiesi: “di che cosa parlano?”. Al di là delle parole, percepii la loro fame d’amore. Mi scoprii divenuta più sensibile, attenta e silenziosa. Stavo imparando a guardarli e ad amarli.. È stata dura. Ho sperimentato il senso tragico della mia esistenza. Mi sentivo come in pericolo, povera e colpevole. Avevo soprattutto fame della luce e della vita di Dio, mi sentivo obbligata ad abbandonarmi e lasciarmi lavorare dal suo amore. Sento di voler ringraziare questi fratelli perché, tramite loro, e per grazia di Dio, durante la notte ho imparato a pregare, mi hanno reso più sensibile alla loro sofferenza e capace di gridarla a Dio. Hanno reso più sicure le radici della mia fede, più forte quel seme di speranza che mi porto dentro. Floriana da Arezzo I simpatici ragazzi delle foto sono della parrocchia di San Giorgio a Liri. Ci hanno comunicato il loro cammino di amicizia e di formazione insieme a suor Anna Santa e il proprio parroco don Pius. Venuti a conoscenza dei progetti che le Piccole Ancelle del Sacro Cuore cercano di realizzare con l’aiuto di tanti amici italiani, in Kenya, Albania e Ecuador, si sono dati da fare preparando loro stessi ramoscelli d’ulivo che distribuito ai fedeli, raccogliendo generose offerte che, hanno poi devoluto alle nostre missioni. Così anche loro si sono sentiti missionari nella Chiesa e nel mondo. Complimenti ragazzi! Continuate, ad incontrarvi. Non abbiate paura di affacciarvi sul mondo, con la tanta voglia, che già avete dimostrato, di portare uno spruzzo d’amore, e poi un altro… un altro ancora … e così via in un mondo bisognoso di calore umano, solidarietà e amore cristiano. sr. Annarita PAGINA 6 Arcobaleno di anime Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete TESTIMONI a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”. Atti 1, 7-8 La sola testimonianza è già di per sé un’emozione inebriante. Lo è ancora di più se questa emozione contempla l’essere testimoni di un’esperienza di umanità e di missione, diffondere agli altri, rimasti ad aspettarti, la propria gioia di servizio e leggere nei loro occhi il desiderio di venire in futuro con te… Partire con il cuore sereno ed umile, questo mi ero prefissa. Avevo detto (e scritto) che sarei andata in quella terra affascinante che è l’Albania, così vicina, ma apparentemente così lontana, senza troppe aspettative, senza pregiudizi, senza preconcetti. E con questo animo sono partita, lasciando a casa la mia innata iperattività. In fondo, me lo sentivo che sarei tornata entusiasta. Tutti mi avevano parlato di un’esperienza incredibile. Tuttavia, la missione è sempre una sorpresa e, per mantenerla tale, ho evitato di fare troppe domande per tacitare la mia curiosità e la mia insicurezza; l’Albania volevo scoprirla attraverso i miei occhi. Tante le riflessioni al ritorno, i “perché” soprattutto si affollavano nella mente. E poi una strana pacatezza, figlia di un’esperienza umanamente forte in mezzo a “donne e uomini non solo gente” che erano proprio lì in quel momento, perché Dio aveva stabilito un nostro incontro con loro, secondo il Suo disegno. Vivendo con e attraverso i gesti, le parole, gli sguardi del popolo albanese, credo di avere imparato piccole grandi cose che prima consideravo importanti, ma non nel loro significato così relativo Da quando ho rimesso piede in Italia, non è passato un solo giorno che il mio pensiero non sia volato in Albania, a ricordare “quell’arcobaleno di anime” che ha vissuto con noi la gioia dello stare insieme in nome di un unico Dio, anche se chiamato, con altri nomi differenti. Lorenza da Arezzo PAGINA 7 Mal d’Africa Prima della partenza per la missione in Kenya, diverse persone mi hanno detto che al mio ritorno avrei sofferto del cosiddetto “mal d’Africa”… Ovviamente mi domandavo cosa fosse questo male di cui tutti mi parlavano per sentito dire… Bene, ora lo so: è una vera malattia dalla quale non si può guarire, un virus che penetra nel sangue, gira per il corpo, dal cuore al cervello, allo stomaco… Se ci fosse una definizione sul dizionario dovrebbe esserci scritto: patologia virale che colpisce l’intero organismo, provocando un arricchimento profondo delle emozioni più autentiche e semplici dell’uomo, e producendo notevoli, lenti, intensi cambiamenti nell’affrontare e guardare la vita. Mai avrei pensato che questa esperienza potesse risultare così unica ed indescrivibile! Cause del “mal d’Africa”: dal momento in cui si atterra con l’aereo in Kenya, si viene assaliti da così tante sensazioni nuove, diverse, forti, rare, che descriverle fedelmente è quasi impossibile, perché si è di fronte ad una realtà che solo se si vive si può capire ed amare: è un mondo totalmente differente dalla realtà che conosciamo. Dai più piccoli dettagli ai più grandi aspetti della vita, il Kenya offre un’infinità di scoperte e preziose diversità alle quali ci si adatta non senza fatica, perché lo scenario è realmente impensabile ed incredibile. Il Kenya è un paese incantevole: lo stupore e la meraviglia si insinuano nella mente tanto da lasciare stregato chiunque passi attraverso quel territorio rosso, per la terra, e verde, per la natura, attraverso quei paesaggi suggestivi ed i panorami selvaggi, attraverso luoghi che l’armonia della natura e di animali insoliti rende spettacolari. Camminando per la strada si incontra tanta gente, così ospitale e gentile, gioiosa e sorridente, colorata nel vestire, forte e sobria nel comportamento, che desidera comunicare, condividere, conoscere. Ciò che mi ha colpito e commosso di più è proprio la gente, tutte le persone che abbiamo incrociato e conosciuto, con le quali abbiamo parlato, lavorato, passato del tempo; questa è la loro più grande ricchezza: stare insieme! Trascorrere alcune ore insieme, condividere la propria vita, comunicare, ascoltare, cantare, pregare … Uomini e donne che affrontano con estrema serenità, dignità e rispetto tutte le difficoltà che la vita ha messo loro di fronte, che guardano negli occhi l’altro per stabilire un vero contatto, che hanno fede e speranza, che sono poveri di mezzi ma assai ricchi di spirito, che hanno una rara passione per la vita, che non demordono ma vanno avanti dando importanza ad ogni gesto. Per non parlare dei bambini: così tanti, belli, allegri, curiosi, che chiedono solo attenzioni ed af- fetto, che si stupiscono delle piccole cose, che gioiscono per semplici gesti, che adorano giocare in compagnia, che sono già più grandi di quanto in realtà non siano… Naturalmente è capitato che alcune persone ci guardassero con diffidenza, timore e sospetto, ma è successo in luoghi di estrema povertà e miseria: è accaduto a Korogocho, uno degli slum nell’area urbana di Nairobi, dove non c’è mancanza solo di beni materiali, ma anche di valori morali, per cui ciò che emerge è l’assenza di speranza, di fede, e prevale una rassegnazione pura ed una sopravvivenza forzata. Di fronte a quella realtà non poteva non nascere un generale senso di confusione ed impotenza… Non è semplice riuscire ad esprimere certi stati d’animo tanto devastanti, perché nel riportare situazioni in cui si ritrovano solo tristezza, sopportazione, fame, povertà assoluta, pur con mille racconti dalle infinite sfumature ed informazioni dai minuziosi dettagli o con un eloquente reportage di foto e filmino, risulta davvero difficile rendere il dolore intenso e le emozioni contrastanti che pervadono il cuore. Il “mal d’Africa” esiste, avvince e coinvolge: la malinconia e la nostalgia possono lasciare senza fiato, ma la forza e la dignità che ho osservato in quelle persone mi danno il coraggio e la fermezza di valorizzare il patrimonio di esperienze, valori umani e religiosi, emozioni che mi hanno arricchito in questa missione. Elisabetta da Roma PAGINA 8 Pagina Dal Kenya ai giovani pasc Sì, voi non siete come gli altri visitatori che ho incontrato provenienti dall’ Italia. Il vostro modo di essere e di fare ha cambiato la mia esperienza in Italia e perfino ha dato una risposta alla domanda che da sempre mi interpella. Quando ero in Italia ho vissuto molte belle esperienze che mi hanno aiutato a crescere umanamente e nella fede. Tra queste c’è quella con i giovani italiani. In alcune parti d’Italia ci sono pochi giovani che vanno in Chiesa e non sono interessati a Dio. Nelle Chiese si trovano molte persone anziane. Questa constatazione è stata così forte che ho iniziato a domandarmi “Come si può evangelizzare i giovani italiani?”. Il vostro arrivo qui, nelle nostre comunità del Kenia, ha portato una risposta che mi ha reso veramente felice. Anche se molti giovani sono come quelli descritti sopra, ci sono però i “Giovani PASC” che assomigliano a una specie di “rosa” che sta sbocciando e crescendo in un “deserto”. In voi vedo la speranza di una nuova evangelizzazione. Voi siete come una piccola “luce” nel buio totale. Voi non avete paura del buio e insieme dite “io credo”. Ringrazio Dio che vi dona questo “coraggio” nel mondo di oggi. Continuate ad ascoltare la “Parola di Dio” perché Dio con voi e in voi sta creando qualcosa di nuovo. Non dico queste parole solo per farvi piacere, ma la vostra presenza, i piccoli gesti di preghiera, l’essere insieme, il condividere insieme … mi hanno commosso. È stata un’esperienza veramente speciale per me. Ringrazio la Madre Generale e il suo Consiglio che hanno fatto diventare realtà la possibilità di condividere il carisma con i Laici. Giovani PASC continuiamo a camminare insieme! Sr. Nancy Se vuoi conoscere il gruppo dei GiovaniPasc . Contattaci: •Sr. Annarita Spaccini via G. Cocci, 60 - 52100 Arezzo E-mail: [email protected] •Sr. Daniela Littamè via XI Settembre, 34 06012 Città di Castello Pg E-mail: [email protected] •Sr. Michela Agostini via Amendola, 20 - 61100 Pesaro E-mail: [email protected] LA STORIA DELLA MATITA Il bambino guardava la nonna che stava scrivendo una lettera. A un certo punto le domandò: -Stai scrivendo una storia che è capitata a noi? E che magari parla di me. La nonna interruppe la scrittura, sorrise e disse al nipote: -E' vero, sto scrivendo qualcosa di te. Tuttavia, più importante delle parole, è la matita con la quale scrivo. Vorrei che la usassi tu quando sarai cresciuto. Incuriosito il bambino guardò la matita, senza trovarvi alcunchè di speciale. -Ma è uguale a tutte le altre matite che ho visto nella mia vita! -Dipende dal modo in cui guardi le cose. Questa matita possiede 5 qualità: se riuscirai a trasporle nell'esistenza, sarai sempre una persona in pace col mondo. Prima qualità:puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi, 'Dio?: ecco come chiamiamo questa mano! Egli deve condurti sempre verso la Sua volontà. Seconda qualità: di tanto in tanto, devo interrompere la scrittura e usare il temperino. E' un'azione che provoca una certa sofferenza alla matita ma, alla fine, essa risulta più appuntita. Ecco perchè devi imparare a sopportare alcuni dolori: ti faranno diventare un uomo migliore. Terza qualità:il tratto della matita ci permette di usare una gomma per cancellare ciò che è sbagliato. Correggere un'azione o un comportamento non è necessariamente qualcosa di negativo:anzi, è importante per riuscire a mantenere la retta via della giustizia. Quarta qualità: ciò che è realmente importante nella matita non è il legno o la sua forma esteriore, bensì la grafite della mina racchiusa in essa. Dunque, presta sempre attenzione a quello che accade dentro di te. Ecco la quinta qualità della matita: essa lascia sempre un segno. Allo stesso modo, tutto ciò che farai nella vita, lascerà una traccia: di conseguenza, impegnati per avere piena coscienza di ogni tua azione. da "Sono come il fiume che scorre" di Paulo Coelho 2006 Ti piace navigare ? Perché non visitare anche il nostro Sito Internet? www. piccoleancelledelsacrocuore.net