ULTIME SCRITTURE

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ULTIME SCRITTURE
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ANTONIO CASOLARI
ULTIME SCRITTURE
Splendida Opera di Laura Botti
Ultima R A C C O L T A
1995 - 2000
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New York
Sono nastri di cemento
che entrano nello spazio
come vele di vetro
e specchi d'acqua
cristallizzati in sorgenti
di fontane
che salgono
all'abitazione del vento
nella sostanza aperta dalla luce
Coralli
raccolgo anelli di sguardi
per farne coralli di memoria.
quando assieme
salteremo
sulle onde del mare
e faremo giochi di sabbia
in un cortile di sole
ti scioglierò i lacci
che porti alle caviglie
e anche tu potrai vedere
le strisce bianche e lunghe
che lasciano i pensieri
quando scivolano nel cielo
in un mattino di primavera.
nell’ aria
Il vento mi insegue tra le foglie
e i rami degli alberi
nella luce immobile della pianura;
intorno
non c' è che il tepore
di questo lento scorrere del respiro,
nel cuore della mente
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attesa
Voglio incontrare il momento
dove finisce la vita
dove ha fine l'attesa
dove se dico alle dita di muoversi
non si muovono piu
dove non importerà più se non ho fatto abbastanza
se non ho avuto pensieri veloci e superbi
se non ho catturato il tempo con neuroni di vetro e
d'argento,
se non ho saputo…se sono stanco…
voglio solo che torni il mio primo respiro
per dormirci dentro.
viso
Le foglie germogliano nel cancello dei tuoi occhi,
il viso del tuo sorriso
è l’aurora.
La rincorsa
Lo sguardo ritorna nella memoria
cerca il colore dei tuoi lunghi capelli
il respiro che muove appena i tuoi fianchi;
la rincorsa,
e questo breve discorso per portarti un fiore,
il cristallo
caduto nel disegno del tuo sguardo;
per tenerti stretta,
e rincorrerti;
vorrei sapere dove ti rifugi
quando ti raggiunge il vento
quando ti sorprende il buio
quando scende la neve..
ti prenderò:
sarai una nuvola di fotoni e di tempo.
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è un po’ tardi
Adesso
è più tardi di quanto pensassi
potrei rincorrerti, se solo tu lo volessi
potrei raggiungerti, se solo tu lo volessi
potrei essere dentro di te
come un vetro nell’acqua
senza aprire parole
solo l’ardore bruciante della tua pelle
l’ustione solare del tuo corpo
lo scorrere delle mani,
lungo, lento,
fino alla solitudine lunare
del tuo sguardo;
poi solo un urlo
dove dormire è silenzio.
cosmos
vorrei vedere
questo computer quantico
esplodere nel cuore della Galassia
vorrei sentire l' eco
di questo suono
che mi viene incontro
con il suo piccolo caldo
e mi versa
nel palmo della mano
un' isola di sole
al centro della Galassia
Immersi nell’universo
al centro di un buco nero, vellutato
che disegna la dolce curva della Galassia
lo stesso che gli astrofisici vedono nei grandi orecchi
delle strutture matematiche;
un buco nero nel cuore rotondo della Galassia
mentre ce ne andiamo tutti a un milione di chilometri all’ora
verso la costellazione del Granchio
e tutto scompare
in fondo,
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per un attimo,
poi rinasce,
forse, all’altro capo dell’universo
dove nascono i grandi sentieri
dove ogni cosa è il rovescio di ogni cosa
e il tempo, del tempo
e la giovinezza impietosa ci corre incontro
fino all’urto finale
dove ogni vita ridiventa un niente di gas e di quarks
dispersi, diffusi, abbandonati dai gluoni
nella densità immateriale del vuoto cosmico.
disegno americano
America, dove si aprono i percorsi dell'aria
e le donne hanno sorrisi e suoni nel vento;
vorrei andarmene,
da questo posto abominevole chiamato Europa
[madre delle abiezioni comunista e nazi-fascista]
vorrei essere libero,
vorrei essere vicino alle voci
che fanno germogliare sentieri sulla luna,
vorrei essere lì, America,
con tutto il canestro della mente,
vorrei affondare i piedi nella tua terra
fino a diventare un albero delle tue foreste,
vorrei essere lì, America,
nel tuo deserto di luce
dove i cancelli abbandonati
diventano boccioli di quarks
che fremono nelle mani,
dove le parole
si disperdono in una specie di pioggia..
trascinano l' universo
nel cielo profondo della mente
e gli danno forma.
nuovo inizio
Quando si aprirà
lo spazio
che ha creato il tempo
io sarò là
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tra angeli di cemento
e occhi di vetro
tra finestre e specchi di nuvole
nella solitudine dell'origine,
nella New York del mattino,
accecato dal sole;
nè un catamarano di voli
nè un tornado di parole
potranno fermare il mio sguardo;
tutto sarà oltre il confine
e tutto avrà finalmente
un nuovo inizio.
memorie
la memoria si apre,
e versa di fuori
suoni di passate stagioni.
dentro,
non rimane che la scorza abbandonata
di una barchetta di carta e di filigrana,
che mi hai regalato,
in un giorno di primavera
Chicago - 4
blocchi di spazio cristallizzato in alto,
nello specchio dell'aria
lungo tutto l'arco del lago
sulle rive del Grant Park
e vento
e sirene di foglie
e strida di merli impazziti;
più giù, più sotto
in un canyon di alberi di cemento addormentato
il verde serpente del Chicago river
fermo, immobile,
dipinto nella memoria.
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europa
avevo portato sacchi di granaglie
e cesti di girasoli
perchè sapevo
il freddo e la sete
di questi cento secoli vuoti
in questa terra disgraziata
regno di bestie
che chiamano europa.
Ho versato per terra
il mio breve bottino,
sogni, fatica, amore, sguardi;
il cammino sta per finire,
non voglio più respirare
in questo deserto di anime
tra queste sterpaglie incolte
bruciate dall'odio
isterilite dall'ignoranza
lascio qui tutto
me ne vado altrove
voglio avere le ossa rose
dalla siccità e dal vento
ma essere libero
lontano
da questo canile di idioti.
Dove
Non so quanto sia veloce il tempo,
ho solo visto il tuo sguardo
allontanarsi
nella semioscurità della tua bocca
ho il sentore delle tue mani
dentro di me,
un dono disperso,
non so dove sei,
lontano, forse
dove non vedi scorrere il tempo delle margherite,
dove sul viso come su una fronda
impazza la voglia del vento
freddo del fiordo.
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finito
eccomi, ho quasi finito.
ho trovato i suoni, aperto i cancelli
ho steso tutti i miei nastri
i miei sonagli di vetro colorato
ho visto il tuo sorriso
ho sentito la tua mano, una volta,
come un fiore di cristallo
gelido
ho abbandonato il silenzio
eccomi. è tardi. ho quasi finito.
i giorni
non ho saputo fermare il tempo
dei giorni felici
quando tu correvi e la tua gonna si alzava
e i tuoi occhi avevano voci e suoni e infinite dolcezze
non ho saputo fermare la musica delle molecole
mentre le avevo tra le dita
e ora, tutto sta per finire,
tutto sta per finire
in un fiume di neutrini senza suoni
in un covo di quarks
venuti nudi a guardar fuori
con gli occhi spalancati!
ad Arlington
In un semicerchio di granito
pallido
le tue parole
immobili
JFK
una peonia di rubino rosso
brucia senza tempo
c’è solo un rumore isolato
e un pianto irrefrenabile
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Quarks
solitudine
Non ho più voglia di correre
mi manca lo spazio
ho solo la finestra
e una parete di libri che mi protegge;
lo sguardo cerca nel vuoto un paese lontano,
lontanissimo
da quest'esilio
da questa infinita mancanza;
guardo questi piccoli quarks
rimasti sul palmo della mano
come tracce di sabbia luccicanti
e sento la nullità che avanza
con il suo respiro vuoto,
mi coprirà tutto con un mucchio di terra,
non potrò più abbracciare i libri incatenati
sarò incapace di muovermi
il silenzio mi raggiungerà
come una malattia definitiva,
non potrò più vedere il tuo sorriso
e allora qualcuno sentirà forse
nell'aria un pianto sommesso, disperato.
marzo 1997
a volte non riesco a raccogliere
nemmeno queste foglie
nemmeno questa polvere di parole
e allora ti aspetto
alla curva superiore della collina
di faccia al vento
e con quest'aria che mi entra dentro
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divento trasparente
fatto di cose leggere
come quelle che ho appreso
prima della primavera
quando ancora
non sapevo
dove germogliano
i sette ciliegi in fiore
della luce e della vita
marzo, marzo
erano sere come questa
di molto tempo fà:
ci si baciava con furia in posti riparati
l' animo traboccava nei sentieri
sembrava di avere tra le mani
il senso della vita,
una densità infinita
di amore, di sguardi,
eppoi una gran voglia di volare,
di correre tra gli alberi
nell 'aria
cercarsi le mani
e baciarsi ancora, baciarsi senza fine
in una sera come questa.
Vorrei
Vorrei dormire
all'ombra di queste stringhe cosmiche
per 15 miliardi di anni luce
vorrei salire
su queste dieci alla diciassette masse solari
vorrei sentire
il frusciare che fa il vento sulle guance
in questa pazza fuga
a un milione di chilometri all'ora
attorno al centro della galassia
verso l’orizzonte infinito;
vorrei fermarmi qui
e guardarci dentro.
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Pittsburgh
Il tempo è congelato
tra i due fiumi
poche tracce di parole
salgono alle sorgenti
di queste lastre di vetro
alte,
grattacieli dell’infinito
fiumi verticali di silenzio
sentieri ampi,
germogli della mente,
mentre lo scorrere lento
del Monongaela, coltiva
tra queste rive
la più famosa
talvolta bruna
regina dell'America
ancora e sempre chiamata
libertà
soffio
Di nuovo la farfalla
sorvola gli steli esili dell’erba
appena mossa
da un soffio inavvertibile
di leggerezza,
ondeggia
senza un pensiero,
come dentro lo sguardo,
in questa eternità lenta
e lentamente infinita
che ci raggiunge
nell’ultimo giro della trottola
che ci sfugge dalla mani,
inevitabilmente.
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marzo
La salvia splendens
si è schiusa
nel sole quasi marittimo
di questa giornata di settembre ..
le siepi sono coperte di foglie
tutto si è fermato
come dopo la pioggia;
il giallo pallido dei grappoli
delle gaggie
turba la densità cupa
di questo verde agitato dal vento.
La doppia striscia di un aereo alto
descrive una strada bianca nel cielo,
e l’aria si distende, aspetta.
Ombra
L’ombra si abbarbica all’aria
e si allontana
nella natura della memoria
raccoglie solo le foglie
di un profondissimo autunno
e chissà dove conduce
silenziosamente
questo grumo di sterpi quasi secchi
questo groviglio di sordi ritorni
evocati dalla voce
che inutilmente la prende
che inabilmente la tiene..
L’amarezza
L'amarezza vien fuori lentamente
e non sorprende nessuno
nemmeno il silenzio;
su una strada nascosta
vicino al bosco
ho posato il cappotto
ma non ho freddo,
o forse non lo so;
ho preso per mano il silenzio
perché si sogna meglio nel buio..
ed è venuta fuori lentamente
senza mordere nessuno
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quest'amarezza
Case selvatiche
Anitre selvatiche crepano tra i giunchi
umidi e scarni della brughiera
e paion sparpagli
ingollati nell'acqua e nel vento
come sugheri australi
su una cassa d'erba;
porcherie di finestre brancicanti nel vuoto
sputi nel ventre di una cornacchia adusta
spronano ancora
come allora
i porcili della fame..
lamenti di cani sepolti
paventano silenzi pieni,
mordono la sera
respiro
È verde il respiro che torna,
come il primo grigio dell'autunno
che nessuno porta;
fuma come la nebbia di paesi rossi
come solai che la campagna lontana
abbandona oltre le nuvole..
vorrei tenere la guancia sul camino
la bocca nella terra dei mattoni
inseguire le righe che li portano
dormire coi pensieri sulle tegole.
Notturno
C'è un frammento di respiro
come un'ala
che non appartiene a nessuno,
è il grano della spiga
che nel crepuscolo
è caduto giù..
e non ho sentito il rumore
solo lo sbattere di una persiana
in lontananza
ha rimandato un richiamo solitario,
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poi più niente
infinito
Quando le porte dell'infinito
ci si aprono davanti agli occhi
e i sogni macabri e inumani del delirio
ci appaiono nella loro diamantina bellezza..
il colore dei nostri pensieri
vaga tra gli specchi di un crepuscolo eterno
illuminato a tratti
da candele d'ebrezza.
Trasparente
C'è così poco
su questa strada..
una carrozza
che frange il mio silenzio..
una grossa goccia
sui vetri
che si allunga
giù in fondo,
che scivola un sentiero
come nell'anima
come s'una guancia,
trasparente
Bestiale germania
La morte ha una mano
che lentamente prende i rami avulsi
sulla pelle
vivono lunghi
i ciuffi intensi della muffa..
con un pò di rumore
nel buio
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scorre il fiume,
sotto i ponti non c'è niente,
solo ombra.
camminando nel buio
Raccolgo il gelo dell'ombra
venuta sui tuoi capelli
nel cielo della notte..
buona fortuna, caduta di stelle
sul cerchio della bocca
bianco pensiero di vento
più forte e più freddo
sentiero che cresce e strada ampia,
acqua
sonaglio di luce nel vuoto del torrente..
desiderio di una lampada davanti alla luna
Carlo Carrà a Milano
Sotto il carretto,
guardo la strada dalle ruote,
la strada con i lampioni che luccicano
le insegne specchiate nell'acqua distesa
tra le foglie..
ho visto il coleottero incurvato,
il vecchio basco sulla testa bianca
tutto felice;
vorrei mangiare garofani rossi a colazione!
ad un puledro
Il profumo dei funghi cresce
nel sottobosco
cavalli di ginepro
all'impazzata
scopano di tamburi la radura;
Solo un puledro vorrei baciare
fresco con le dita
vorrei sentir l'odore di ginepro
sotto la criniera
destare il vuoto malinconico degli occhi
rigare con un dito,
leggermente,
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il sogno del suo viso
sui miei occhi..
Corri puledro,
ti dò tutta l'aria mia
voglio che ridano i cespugli
voglio che cantino le foglie
e giostrino,
Corri, puledro!
rospo
Io non sono che un rospo
un povero rospo malinconico
e pieno di freddo
occhi pieni di fango
ossa gonfie di nebbia e d'acqua..
io non sono che un rospo
un povero rospo bagnato
e pieno di freddo,
con gli occhi pieni di fango
le ossa gonfie di nebbia,
che cadono, che cadono
l’orologio
Nell'ora che ha teso i germogli
il fiume ha rotto gli sguardi di vetro
che sostengono gli incunaboli
sui divani dell'estate, nella penombra..
cerco un suono formidabile
che ha paura di incedere
raccolgo la segale e il vino
e ne rimpiango la bocca;
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Non ho parole per te;
aspetto che l'orologio si fermi,
che calchi le mani sulle corna delle lancette
e le adeschi, le uccida!
Uomo
La voce assordante della strada
morde incessanti sussulti di voci
e di ombre..
psicologia della morte,
psicologia della quasi rotonda fortuna
di sentirmi morire uomo
uomo,
uomo di inquietudini e di parole,
catino di pendagli e di lucertole
semichiusa candela delle labbra
nella coppa delle elitre..
morire, vorrei, nelle tue braccia,
per dire finalmente:
ho finito,
ho finito,
sono libero!
Siamo soli
Ognuno vive solo, disperatamente solo
i fantasmi della comunità e del destino
non sono che lacrime e sofferenze;
null'altro;
la verità è rimasta qual'era all'inizio del mondo
e nessuno vorrebbe sognarsi ch'è una cosa incisiva.
A che servono gl'improvvisi tepori che sgelano le palpebre?
Poco dopo, come se gocce di sangue fossero sputi di ubriachi,
ognuno ritorna lontano;
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ci sentiamo tra le braccia una solitudine più piena e più grande;
ricominciamo a vivere
dimentichiamo che si è soli;
disperatamente soli.
una voce
Dormire,
quando l'esca perduta in sogno
affonda nel grembo dell'acqua
non c'è nessun rumore intorno
e sento venire dal fondo
un silenzio,
un pensiero..
il mio cappello dorme sullo steccato
ma non so dove sia..
ancora ritorno a raccogliere la mia immobilità
ancora riascolto il pensiero leggero
che cammina da sè nel sentiero sui rami;
riaprire l'onda dell'acqua con un filo lungo,
a che serve?!
è la voce più fonda,
che non posso toccare,
che non abboccherà mai!
Ragazzi
I ragazzi sono mele fiorite
quando il bianco delle luci
distese vergini sulle pareti
tinge le prime terre..
non c'è frantumarsi di cristallo
non c'è involarsi colorato di pinguini
che ti assomigli,
che ti raccolga e t’imbianchi,
te, sorella dell'acqua
infrescata dall'aria e dal vento..
terra seminuda
fascio di corbezzoli e mandorli,
neve, solamente più fredda.
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intorno
Questi abeti radicati di verde
queste vetrate di betulle
queste cortine di roveri
si aggrappano ai fili tesi
ipertesi degli anni
camminano sui capelli
folgorazioni di pensieri
gestalt di nervi.
nell'aria s'imbianca un mondo di cannibali
ancora ritorna una voce,
la penultima,
struggente virilità di una foglia,
morte, lunghissima adolescenza della vita,
Vincent
Ho dormito così a lungo
Che mi sembrava di esser morto
Ho visto la luce filtrare dalle fessure
delle finestre,
e mi sono svegliato
quasi vivo.
Ti amo,
sono innamorato di te,
ti voglio bene.
Mi chiedo come faccio a vivere senza di te
E non so darmi una risposta
Che valga qualcosa.
Ti amo,
sono innamorato di te,
ti amo,
non vedo l’ora di tornare da te.
05/01/2006 9.31.09
Ciao.
Mi fermo a guardare questi prati pieni fitti di margherite, un tappeto bianco di sguardi verso il sole quasi caldo;
solamente interrotto da qualche tarassaco, qua e la, ma piu' avanti, un generoso stuolo di giallo intenso, vivissimo,
tutti luce e sole. Mi chiedo perché avrei voglia di dire 'ti amo' ad un bel gruppo di persone. E mi vien da ricordare quel
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titolo del volumetto di Joan Baez dal titolo: 'Ti meraviglieresti, se ti dicessi che t'amo?', che non ho mai letto. Non so
che dire. Alla mia età, abbastanza rispettabile, sento continuamente il bisogno di amare, il desiderio di dire a
qualcuno, a volte anche individuato estemporaneamente: ti amo, ti voglio un bene dell'anima; ti amo. Poi il silenzio.
Perché forse non sono capace di amare, se non silenziosamente, se non con i pensieri e le parole dette lentamente,
o di furia, dentro questa tastiera che corre verso il fondo del computer, a nascondersi nel silenzio che lo masterizza.
Niente. Il silenzio. Il silenzio degli altri. Il mio silenzio, che vorrebbe spalancarsi, aprirsi a parole di luce, di tepore
solare, di sguardi quasi lunghi, di memorie che si stemperano nel silenzio . Addio. Non ho tempo per fermarmi a
guardarti, ad esserti. A fingerti piccoli fiori gialli, come pensieri, fermi, davanti alla luce, senza parole. Ma sguardi,
memorie, emozione, pensiero, ricordo, rincorse davanti ai prati fitti di margherite con lo sguardo in alto. Tutto sia
fermo così. Bisognerebbe finire tutto quì, accontentarsi di questa meraviglia di colore e di piccolo sole, di bisogno di
dire amore ti amo. E andarsene, senza voce, senza un soffio di vento. Solo. Finito. Tutto finito, per sempre. Con la
vista e l'animo pieno zeppo di giallo tarassaco, margherite e ancora un pensiero: ti amo.
Gli abitanti di Basilisca d’estate vanno tutti al mare, a Maralunga, dove vive la famosa Venere, detta appunto di
Maralunga. Costei non è quasi mai vestita, ma solo avvolta da veli leggerissimi, trasparenti, dipinti di magnifici colori,
a seconda dell’umore e dei giorni della vita: una selezione di gialli dal limone al cromo intenso, di azzurri forti, che
ricordano da vicino le profondità del mare – la leggenda suggerisce che la Venere di Maralunga sia sorta dalle acque
in un giorno di maggio di qualche anno fa, quando erano corse voci di un prossimo offuscarsi del sole meridiano; e la
sua venuta sugli scogli, fosse stata predisposta appunto per supplire con un sortilegio di splendore – il suo unico
sorriso di contro all’azzurro agitato delle acque e al bruno intenso delle rocce. Quando guarda il mare, la Venere di
Maralunga indossa un costume in parte blu e in parte bianco, che lascia esposti gli aspetti più attraenti, affascinanti
della sua fisicità: una coscia lunga e ben tornita, i piedi quasi timidi, deliziosi, un corpo ricco ma contenuto, i seni
sporgenti e consistenti, incompletamente contenuti nel tessuto; un volto straordinario, dalla bocca ansiosa, gli occhi
scuri che si intravedono in parte nascosti nel biondo denso dei capelli, un’espressione generale del viso, uno sguardo
che viene di lontano, da sapienze senza tempo, da nuvole abbarbicate all’infinito che sta sopra le cose e le case; un
senso di amore intenso, venerato, colto quotidianamente, che appena appena le modella le guance; un senso, come
un profumo forte che investe l’aria attorno. Sì, la Venere di Maralunga è felice. Sarà una felicità un poco assente; una
felicità insolita; ma è felice. È la felicità di una donna quasi libera; di una donna che sfida il proprio tempo; il
contingente; che si allunga nell’immenso cammino delle voci abitualmente nascoste alla vita, al quotidiano. Quanto
sei bella, Venere di Maralunga. Sento il bisogno di dirti quanto ti amo:
Ti amo. piu' della luna e del mare. piu' delle nebbie e del sole che le filtra silenzioso.
Ti amo come amo il vento e le notti fitte di stelle.
Ti amo come amo il silenzio.
Ti amo nel colore profondo dei tuoi occhi.
Ti amo come le cime degli alberi, coperte di verde intenso nella campagna solitaria.
Ti amo come la pianura dei pioppi lungo il fiume.
Ti amo come se tu fossi presente da sempre nella mia mente.
Ti amo come se tu fossi la mia immaginazione, il mio temperamento, la mia voce e il silenzio.
Ti amo dal profondo lontanissimo del tempo. Come tu fossi arrivata fin qui dall'infinito.
Ti amo come un concerto delle tue arpe di foglie. Che suonano sulle torri delle case disperse nell'attesa del vento.
Ti amo da sempre. Come se il tempo fosse fermo. e Nessuno volesse muoverlo. Né gli uccelli, né i pensieri che si
rincorrono sulle querce.
Ti amo con tutti i miei sentimenti, i miei sensi, le mani, il respiro, la voce.
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Ti amo intensamente. come un fuoco che brucia.
Ti amo sotto le nuvole dei tuoi sensi arancioni.
Ti amo quando cerco di leggere i tuoi pensieri nell'intreccio dei tuoi biondi capelli.
Ti amo, e ti rincorro, come fa il vento con le foglie d'autunno.
Ti amo come amo la vita. che è rinata e rinata, nelle tue esili mani .
Ti amo. non c'è pensiero che si agiti, lontano da te.
Ti amo per sempre. e oltre. senza nessuna interruzione. senza nessuna ombra. senza un'eco. senza
che la voce si sperda nell'aria. tra i tronchi del bosco. nella penombra verde del tempo lasciato
cadere lungo il sentiero. siamo arrivati. siamo quì, viso a viso. siamo davanti all'infinito.
Prendiamoci per mano, andiamo per strada assieme. fino all'ultima flessione del tempo. sulla
strada, assieme. per sempre. Ti amo.
Amo i tuoi pensieri che corrono, si rincorrono: dove vanno non so; ma ti amo, come amo la vita. Ti amo nella
penombra e nello splendore della luce abbagliante in riva al mare. In riva al fiume. Sei l’incanto della vita. Sei la
speranza di vedere; degli occhi sull’intorno. Sei il sentiero dell’anima. Sei la voce silenziosa della speranza senza
fine; senza interruzione. Sei una parte della mia anima. Sono strapazzo di te. Sei la Venere di Maralunga.