3 Settimana - Parrocchie Val Cavargna

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3 Settimana - Parrocchie Val Cavargna
Carissimi «. . . Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; contro di me
non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco» Gv 14,30s Ancora oggi è così, tutte le cose che sembrano di sopraffare le persone
non hanno storia, chi ha futuro è ciò che produce l’amore, l’unione. Le parole non sono sufficienti anche se necessarie, alla fine ciò che conta è lo stile di vita che assumiamo, lo stile nasce dalla cultura che
ci circonda e che facciamo nostra. Si ricomprende l’importanza della formazione delle coscienze, che
non è solo informare in modo generico, ma nella verità, con ciò che permane e risponde alla domanda
di fondo: che senso ha la vita, perché esisto. Buona settimana don Giuseppe
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Papa Francesco: La Famiglia - 14. «Ecco le tre parole per la pace in famiglia» 13 maggio 2015
Cari fratelli e sorelle buongiorno! La catechesi di oggi è come la porta d’ingresso di una serie di riflessioni
sulla vita della famiglia, la sua vita reale, con i suoi tempi e i suoi avvenimenti. Su questa porta d’ingresso sono scritte tre parole, che ho già utilizzato diverse volte. E queste parole sono: “permesso?”, “grazie”, “scusa”.
Infatti queste parole aprono la strada per vivere bene nella famiglia, per vivere in pace. Sono parole semplici,
ma non così semplici da mettere in pratica! Racchiudono una grande forza: la forza di custodire la casa, anche
attraverso mille difficoltà e prove; invece la loro mancanza, a poco a poco apre delle crepe che possono farla
persino crollare. Noi le intendiamo normalmente come le parole della “buona educazione”. Va bene, una persona ben educata chiede permesso, dice grazie o si scusa se sbaglia. Va bene, la buona educazione è molto
importante. Un grande vescovo, san Francesco di Sales, soleva dire che “la buona educazione è già mezza
santità”. Però, attenzione, nella storia abbiamo conosciuto anche un formalismo delle buone maniere che può
diventare maschera che nasconde l’aridità dell’animo e il disinteresse per l’altro. Si usa dire: “Dietro tante
buone maniere si nascondono cattive abitudini”. Nemmeno la religione è al riparo da questo rischio, che fa
scivolare l’osservanza formale nella mondanità spirituale. Il diavolo che tenta Gesù sfoggia buone maniere e
cita le Sacre Scritture, sembra un teologo! Il suo stile appare corretto, ma il suo intento è quello di sviare dalla
verità dell’amore di Dio. Noi invece intendiamo la buona educazione nei suoi termini autentici, dove lo stile
dei buoni rapporti è saldamente radicato nell’amore del bene e nel rispetto dell’altro. La famiglia vive di questa
finezza del voler bene.
La prima parola è “permesso?”. Quando ci preoccupiamo di chiedere gentilmente anche quello che magari
pensiamo di poter pretendere, noi poniamo un vero presidio per lo spirito della convivenza matrimoniale e
famigliare. Entrare nella vita dell’altro, anche quando fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. La confidenza, insomma, non autorizza a dare
tutto per scontato. E l’amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l’altro apra la porta del suo cuore. A questo proposito ricordiamo quella parola di Gesù nel
libro dell’Apocalisse: «Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io
verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20). Anche il Signore chiede il permesso per entrare! Non dimentichiamolo. Prima di fare una cosa in famiglia: “Permesso, posso farlo? Ti piace che io faccia così?”. Quel
linguaggio educato e pieno d’amore. E questo fa tanto bene alle famiglie. La seconda parola è “grazie”. Certe
volte viene da pensare che stiamo diventando una civiltà delle cattive maniere e delle cattive parole, come se
fossero un segno di emancipazione. Le sentiamo dire tante volte anche pubblicamente. La gentilezza e la ca-
pacità di ringraziare vengono viste come un segno di debolezza, a volte suscitano addirittura diffidenza. Questa tendenza va contrastata nel grembo stesso della famiglia. Dobbiamo diventare intransigenti sull’educazione
alla gratitudine, alla riconoscenza: la dignità della persona e la giustizia sociale passano entrambe da qui. Se la
vita famigliare trascura questo stile, anche la vita sociale lo perderà. La gratitudine, poi, per un credente, è nel
cuore stesso della fede: un cristiano che non sa ringraziare è uno che ha dimenticato la lingua di Dio. Sentite
bene: un cristiano che non sa ringraziare è uno che ha dimenticato la lingua di Dio. Ricordiamo la domanda di
Gesù, quando guarì dieci lebbrosi e solo uno di loro tornò a ringraziare (cfr Lc 17,18). Una volta ho sentito dire da
una persona anziana, molto saggia, molto buona, semplice, ma con quella saggezza della pietà, della vita: “La
gratitudine è una pianta che cresce soltanto nella terra delle anime nobili”. Quella nobiltà dell’anima, quella
grazia di Dio nell’anima ci spinge a dire grazie, alla gratitudine. È il fiore di un’anima nobile. È una bella cosa
questa! La terza parola è “scusa”. Parola difficile, certo, eppure così necessaria. Quando manca, piccole crepe
si allargano – anche senza volerlo – fino a diventare fossati profondi. Non per nulla nella preghiera insegnata
da Gesù, il “Padre nostro”, che riassume tutte le domande essenziali per la nostra vita, troviamo questa espressione: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Riconoscere di aver mancato, ed essere desiderosi di restituire ciò che si è tolto – rispetto, sincerità, amore – rende degni del perdono. E
così si ferma l’infezione. Se non siamo capaci di scusarci, vuol dire che neppure siamo capaci di perdonare.
Nella casa dove non ci si chiede scusa incomincia a mancare l’aria, le acque diventano stagnanti. Tante ferite
degli affetti, tante lacerazioni nelle famiglie incominciano con la perdita di questa parola preziosa: “Scusami”.
Nella vita matrimoniale si litiga, a volte anche “volano i piatti”, ma vi do un consiglio: mai finire la giornata
senza fare la pace! Sentite bene: avete litigato moglie e marito? Figli con i genitori? Avete litigato forte? Non
va bene, ma non è il vero problema. Il problema è che questo sentimento sia presente il giorno dopo. Per questo, se avete litigato, mai finire la giornata senza fare la pace in famiglia. E come devo fare la pace? Mettermi
in ginocchio? No! Soltanto un piccolo gesto, una cosina così, e l’armonia familiare torna. Basta una carezza!
Senza parole. Ma mai finire la giornata in famiglia senza fare la pace! Capito questo? Non è facile, ma si deve
fare. E con questo la vita sarà più bella. Queste tre parole-chiave della famiglia sono parole semplici, e forse in
un primo momento ci fanno sorridere. Ma quando le dimentichiamo, non c’è più niente da ridere, vero? La
nostra educazione, forse, le trascura troppo. Il Signore ci aiuti a rimetterle al giusto posto, nel nostro cuore,
nella nostra casa, e anche nella nostra convivenza civile. E adesso vi invito a ripetere tutti insieme queste tre
parole: “permesso”, “grazie”, “scusa”. Tutti insieme: (piazza) “permesso”, “grazie”, “scusa”. Sono le parole
per entrare proprio nell’amore della famiglia, perché la famiglia vada rimanga. Poi ripetiamo quel consiglio
che ho dato, tutti insieme: Mai finire la giornata senza fare la pace. Tutti: (piazza): Mai finire la giornata senza
fare la pace. Grazie.
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15 maggio 2015 Un docente dell'Istituto scolastico "Don Gnocchi" di Carate Brianza (Monza) ha modo di
ascoltare sulla BBC la testimonianza di padre Douglas Al-Bazi, sacerdote e rettore scolastico a Erbil, la
capitale del Kurdistan iracheno.
Io non "rappresento" il mio popolo: io "sono" il mio popolo, parlo come parte di esso, quindi non guardate a me come
un eroe. Sono semplicemente un iracheno cristiano fiero di esserlo, che ama il suo paese. L'Iraq ha seimila anni di
civiltà, ma oggi non abbiamo cultura. Alcuni parlano ancora l'aramaico, la lingua di Gesù. Nell'ultimo secolo, il mio
popolo è stato attaccato otto volte, e quattro volte spinto a migrare (due all'interno dell'Iraq, due all'estero). Prima del
2003, molte persone pensavano che l'epoca di Saddam fosse un'epoca d'oro, ma in realtà durante quel periodo vi fu
una guerra civile; se nasceva un bambino era proibito dargli un nome cristiano, erano consentiti solo nomi arabi e musulmani; nello spazio dedicato alla professione di fede sui documenti ufficiali si poteva indicare solo "musulmano" o
"non musulmano", senza ulteriori specifiche. Tuttavia, si viveva insieme in pace. In Iraq ci sono molte religioni, mu. . . non sarete il futuro
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se non siete già ora il presente
sulmani (sunniti e no), cristiani (cattolici e no) e altri (yazidi, ma non solo), ma c'è anche molta violenza. Attenzione: il
problema del mio paese non è il petrolio, che comunque è meno abbondante del sangue dei martiri. Il primo problema
è piuttosto il conflitto interno all'islam, fra sciiti e sunniti. La seconda ragione della violenza riguarda lo scontro per
acquisire il diritto a occupare la terra. Solo al terzo posto si pone il problema del petrolio, così abbondante da essere
meno costoso dell'acqua.
Perché i cristiani sono attaccati in Iraq? Perché si tratta dell'ultimo gruppo educato in quel territorio. L'ultimo gruppo
capace di distinguere tra il bene e il male. L'ultimo gruppo in grado di dire al governo: "Stai sbagliando". L'ultimo
gruppo che è in sé stesso una finestra sul mondo, in grado di far entrare il mondo in Iraq. . . . In seguito sono stato rapito per nove giorni, che non dimenticherò mai. Ve lo racconto perché la mia storia è la storia del mio popolo. Era un
giorno normale, dopo la Messa ero andato a trovare dei miei amici; hanno bloccato l'autostrada davanti alla mia macchina, mi hanno fatto uscire dall'auto e mi hanno messo nel bagagliaio di un'altra automobile con la quale mi han portato non so dove. Appena arrivato mi hanno bendato, avvertendomi che se mi fossi tolto la benda mi avrebbero ucciso. Il primo giorno mi hanno rotto il naso, poi mi han lasciato per quattro giorni senza acqua. Per questa ragione ancora oggi non vado mai a letto senza dell'acqua accanto; tutte le notti mi sveglio spesso, tocco la bottiglia e mi rassicuro.
Ci fu una trattativa con un amico sacerdote per il riscatto: dovevamo parlare in arabo e tutto veniva registrato, ma
quando io gli dissi in aramaico "eiela", che significa "è finita", "non c'è ritorno", il prete si fece passare i terroristi e
disse loro, prima di riattaccare: "Padre Douglas sarà per noi un altro martire". Mi portarono in una stanza orrenda, mi
incatenarono e mi costrinsero ad ascoltare notte e giorno la predicazione del Corano ad alto volume, per dimostrare ai
loro vicini che erano religiosi. Cominciarono la tortura rompendomi un dente col martello; la bocca si riempì di sangue, ma mi invitarono a non preoccuparmi di questo: "La notte è lunga e tu hai tanti denti". Poi mi ruppero un disco
della colonna vertebrale. Non posso non pensare a queste cose, ogni volta che prendo in mano un martello. Ma il peggio è quando adoperarono parolacce e insulti nei confronti della mia gente e io non potevo rispondere per un semplice
motivo: perché non sono come loro.. . . Oggi noi cristiani d'Oriente guardiamo ai cristiani d'Occidente come a gente
che dorme, che ha bisogno di essere scossa. Noi pensiamo di essere parte dello stesso corpo, ma la vostra parte dorme
mentre l'altra parte soffre. Siamo molto delusi. Non vi rimprovero, non sono qui a mendicare aiuto. Io credo che finiranno col distruggere la nostra comunità e che ci uccideranno. Però guardate il mio volto: vi sembro spaventato? Il
mio popolo ha lo stesso volto: non abbiamo paura! Per noi la nostra fede è così importante che non molliamo mai,
mai! La nostra fede l'abbiamo ricevuta dal sangue delle nostre famiglie. La domanda la pongo io a voi: qualcuno
menzionerà un giorno il mio popolo? Gli Armeni sono stati uccisi in un genocidio: c'è voluto un secolo perché Papa
Francesco lo dicesse. Ci vorrà un altro secolo perché raccontiate il genocidio del mio popolo? Vi lascio un compito:
quando racconterete la storia del mio popolo, inserite la parte in cui i cristiani d'Italia sono intervenuti nella storia del
mio popolo. Se qualcuno capisce cosa sto dicendo vince un premio: venire a Erbil. Non bastano le Bibbie: occorre il
cibo, i vestiti, l'educazione. Voi mi dite che pregate per me, e io vi ringrazio di questo, ma guardate la mia gente: loro sono il Vangelo, e la preghiera è azione. Siamo cristiani dal primo secolo, staremo ancora lì fino alla fine di questo
secolo? Quindi prendete una decisione. Non sono qui a mendicare qualcosa da voi. Fra trenta o quaranta anni, la nuova generazione dimenticherà chi ci ha perseguitato, ma non dimenticherà chi ha preso le difese del mio popolo. A quel
punto diremo che siamo stati soli, o che della gente in Italia ci ha aiutato? Prendete la vostra decisione.
17 – 24 maggio 2015 / VII settimana di Pasqua B – I / L. d. O. III
Sabato 16
ore 17.00 Cusino
ore 19.30 S. Margherita
Domenica 17
. . . non sarete il futuro
Def.
Def. Bortolo, Primino, Carlo e Maria // famiglie Mancassola e Gozzi //
Curti Luigi, Lucia e Gentile, Bortolo, Olga e Silvia, Mancassola Ebe
VII di Pasqua – Ascensione del Signore
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se non siete già ora il presente
ore 9.30 Cavargna
ore 11. 00 S. Bartolomeo
ore 17.00 S. Nazzaro
Lunedì 18
ore 17.00 S. Margherita
Martedì 19
ore 9.00 Cusino
Mercoledì 20
ore 20.00 S. Nazzaro
Giovedì 21
ore 9.00 Cavargna
ore 20.00 Cusino
Venerdì 22
ore 9.00 S. Bartolomeo
Sabato 23
ore 17.00 Cusino
ore 19.30 S. Margherita
Domenica 24
ore 9.30 Cavargna
ore 11. 00 S. Bartolomeo
ore 17.00 S. Nazzaro
Def. Capra Genoeffa e Carlo, Capra Achille e Maria // Anna, Ivano, Dino
e Serafino
Def. Paolo, Gilda e Pierina // Caneva Bortolo e Battaglia Antonia
Def. Monga Maria e Virginia, Anciolina e famiglia
Def.
Def.
Def.
S. Bernardino da Siena, sacerdote
S. Antonio
Def.
S. Messa del mese di maggio a Maria Ausiliatrice
S. Rita da Cascia, religiosa
Def.
Def. Gilda e Aurelio
Def. frazione Calbino
Pentecoste
Def. Baroni Agostino e Maria, Capra Giuditta e Giuliana
Prima Comunione
Def. Rossi Giuseppe, Teresa e famiglia, Monga Maria e Anciolina
Prima delle celebrazioni siamo disponibili per le Confessioni - Appuntamenti
Domenica 17 ore 15.00 Incontro Genitori, Madrine/Padrini in Oratorio
ore 18.30 Incontro Adolescenti e Giovani (nati nel 1999 e maggiori)
Oratorio Estivo: «TUTTIaTAVOLA» non di solo pane vive l’uomo
Martedì 19
ore 20.45 Incontro in preparazione Festa Anniversari
Giovedì 21
ore 18.00 Incontri preadolescenti (2a e 3a media) film e cena
Venerdì 22
ore 14.30 Partenza per Milano: Educatori e Animatori (Oratorio Estivo)
Sabato 23
dalle ore 15.00 possibilità di confessioni in preparazione alla Prima Comunione dei nostri ragazzi
Domenica 24 ore 18.30
Incontro Adolescenti e Giovani (nati nel 1999 e maggiori)
Decanato di Porlezza - Pellegrinaggio a Torino per la Sindone
QUOTA PER PERSONA (minimo 40) 50 pass
Euro 70,00
prenotarsi presso il proprio parroco, informazione don Giuseppe 3392999479
La quota comprende: Trasporto in pullman G.T. incluso pedaggi autostradali, parcheggi, permesso ZTL Torino, Pranzo in ristorante incluse bevande (acqua minerale e vino); Assicurazione; prenotazione visite Sacra Sindone e Sacra di S. Michele
(ingresso già incluso). La quota non comprende:
Ingressi a Musei e monumenti; mance; quanto non nella “quota comprende”
Partenza ore 7.00, ritorno ore 21.00 circa (vedi programma)
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se non siete già ora il presente