Recenti sviluppi nelle relazioni tra economia e finanza nel governo

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Recenti sviluppi nelle relazioni tra economia e finanza nel governo
Recenti sviluppi nelle relazioni tra economia e
finanza nel governo dell’impresa:
spunti di riflessione
GAETANO M. GOLINELLI*
Abstract
Partendo dalle riflessioni emerse nel corso del convegno di Sinergie del 1995 presso
l’Università Cattolica di Milano sul tema dei rapporti tra economia e finanza, viene svolta
una “rivisitazione” sul tema.
Dopo una analisi delle più evidenti manifestazioni qualificanti il capitalismo finanziario,
si evidenzia come nel contesto si vada manifestando la presenza di altre entità a carattere
sistemico. Si viene così a palesare un possibile passaggio dal capitalismo finanziario al
capitalismo “sistemico”, con notevoli riflessi sul governo e sul ruolo delle organizzazione
imprenditoriali.
Key words: finanza, capitalismo sistemico, sistema finanziario
Starting from the reflections emerged during the Sinergie Convention held in 1995 at the
University “Cattolica” of Milan, a revisiting of the topic of the relationship between
economics and finance is presented.
After analysing the most evident manifestations qualifying financial capitalism, it will be
emphasized how the presence of other systemic entities is manifesting itself in the context. A
possible shifting from financial capitalism to “systemic” capitalism is thus made evident with
considerable effects on the management and the role of entrepreneurial organizations.
Key words: finance, systemic capitalism, financial system
1. Introduzione
Nell’ormai lontano 1995 si teneva a Milano, presso l’Università Cattolica, il VII
Convegno di Sinergie sul tema Economia e Finanza nel Governo dell’Impresa.
Gli atti del convegno venivano pubblicati nel numero 39 di Sinergie. Un numero
importante, di particolare significato per la Rivista in quanto iniziava con un lucido
saggio di Ivano Paci in ricordo di Roberto Fazzi allora appena scomparso.
*
Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese – Università “La Sapienza”, Roma
e-mail: [email protected]
sinergie n. 67/05
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Nel saggio si declinava l’apporto culturale, rilevando che “i contenuti del
governo d’impresa” costituiscono “il focus” costante della “meditazione” del
Maestro.
Nei confronti di Roberto Fazzi forte è il debito culturale.
Un debito culturale che si manifesta anzitutto nel riconoscimento
dell’importanza del connubio tra teoria e pratica per la generazione di conoscenza
sull’impresa. L’una intesa come identificazione e sistematizzazione delle uniformità,
l’altra come costante ed intelligente aderenza alle reali ed attuali problematiche
operative delle organizzazioni imprenditoriali.
Un debito culturale che si manifesta, infine, nella rilevanza attribuita al concetto
di struttura, con le sue componenti e relazioni, quale modello di indagine,
rappresentazione e governo dell’impresa, nei suoi aspetti qualitativi e quantitativi,
quale momento decisivo di impostazione e modificazione della dinamica evolutiva
del sistema impresa.
Nel decennale della scomparsa di Roberto Fazzi, la sua Scuola lo ricorda con
affetto. La Direzione della Rivista si unisce al ricordo e ripercorre, in un saggio che
verrà accolto negli atti di questo Convegno, alcuni momenti del Suo pensiero che
permangono di grande attualità, restituendoci il senso profondo del debito culturale
che ci lega ai nostri Maestri.
2. Il contributo del Convegno di Milano nel 1995
Il numero 39 di Sinergie ospitava poi contributi significativi di Giordano
Caprara, Luigi Guatri, Francesco Cesarini, Gianni Lorenzoni ed una lucida sintesi di
Pietro Genco.
Consentitemi pertanto di ricordare brevemente le principali conclusioni di tali
contributi per impostare alcune riflessioni sulle tendenze in atto nei rapporti tra
questi due momenti - economia e finanza - di governo delle organizzazioni
imprenditoriali che con il loro mutuo intrecciarsi e condizionarsi ne qualificano la
dinamica evolutiva.
Giordano Caprara esplicita i limiti dell’approccio funzionale che può contribuire
a “frammentare l’impresa in inerti e astratte configurazioni”, rivendicando “l’unità
dell’impresa” ed il ruolo del contesto.
Luigi Guatri con il saggio “La teoria del valore tra economia e finanza”
ricordava i due momenti in tema di creazione del valore: la “produzione” e la
“misurazione”. Osservava Guatri che la produzione di valore investe gli aspetti reali
della gestione e concludeva ricordando che:
-
Dal mondo anglosassone abbiamo importato la tendenza a studiare l’economia
dell’impresa per separate funzioni. Questo approccio contiene luci ed ombre; va
perciò applicato con criterio.
Non si può da un lato dubitare che lo studio per funzioni abbia consentito
progressi alle nostre discipline. Ma è d’altro lato certo che una specializzazione
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-
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troppo spinta, fondata sull’idea che una singola funzione possa essere analizzata
e compiutamente studiata a se stante, perdendo di vista l’organismo del quale è
parte e che essa integra, è una pericolosa illusione.
Ugo Caprara sintetizzava questi concetti con un efficace aforisma “chi ha
capacità di reddito ha capacità di credito”.
Gianni Lorenzoni, nel saggio curato insieme a Sandro Sandri, approfondiva le
implicazioni finanziarie degli accordi tra imprese chiarendo che “quella finanziaria è
la dimensione nascosta degli accordi tra imprese che ha richiamato scarse attenzioni
e una lettura distratta”.
Una lettura importante, che evidenzia ancora il legame tra economia e finanza, in
quanto il processo e l’intensità della crescita sono determinati dalla capacità di
relazione/transazione piuttosto che dalle risorse finanziarie generate.
Le chiare considerazioni permangono di piena attualità e rappresentano momenti
fondanti per l’economia e gestione delle imprese, una disciplina dove la ricerca e la
speculazione debbono favorire l’individuazione di concrete azioni di governo capaci
di guidare la dinamica evolutiva del sistema impresa alla continua creazione di
valore, incrementandone così la probabilità di sopravvivenza nell’interesse di tutti
gli stakeholder. Il contributo di Francesco Cesarini, come ricorda Pietro Genco nelle
sue “conclusioni” delinea le linee evolutive che andavano affermandosi nei sistemi
finanziari “che tendono a spostare il proprio baricentro dall’intermediazione
creditizia all’intermediazione mobiliare” in un contesto di integrazione dei mercati.
Chi vi parla partecipava con il saggio “Economia e finanza nel governo
dell’impresa” che partendo da una rilettura dei contributi di qualificati studiosi sia
italiani che stranieri sottolineava:
-
l’approccio finanziario al processo decisionale rappresenta un interessante
contributo all’analisi del comportamento delle organizzazioni imprenditoriali;
le politiche finanziarie e quelle reali hanno origini diverse; le prime nascono e
restano collegate al mercato dei capitali; le seconde al mercato dei business.
Sovente, nelle imprese, le divisioni tra le impostazioni di strategia industriale e
finanziaria rimangono nette.
Ne discendono due considerazioni:
-
-
la prospettiva finanziaria, con l’enfasi sulla “massimizzazione della ricchezza per
l’azionista” ha avuto il merito di richiamare al rispetto dell’investitore, sia esso
pubblico o privato, piccolo o grande, di minoranza o di maggioranza, persona
fisica o giuridica, banca, fondo d’investimento, fondo pensione;
l’esigenza, per chi governa il sistema impresa, di collegare, in un percorso
continuo di configurazione/riconfigurazione del processo decisionale, il mercato
dei business e quindi il comportamento dell’impresa sui mercati reali, con il
comportamento dei mercati finanziari e quindi con le attese e le pressioni degli
investitori e degli intermediari.
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3. Gli sviluppi
Cosa dire a distanza di dieci anni sui rapporti tra economia e finanza nel governo
dell’impresa e sui conseguenti riflessi sul capitalismo, inteso come forma
organizzativa della produzione industriale, anche alla luce delle riflessioni di allora?
Le linee evolutive del sistema finanziario, evidenziate dieci anni fa da Francesco
Cesarini, si sono rapidamente concretate. Il rapporto tra l’impresa ed il sistema
finanziario si è infatti profondamente trasformato con una sensibile crescita delle
forme di finanziamento diretto delle imprese attraverso il ricorso al mercato, in
particolare con emissioni obbligazionarie (emissioni corporate) rispetto alle quali le
banche hanno assunto la funzione di collocamento ed intermediazione.
Le conseguenze di tali rapidi e profondi mutamenti nel rapporto banca/impresa,
l’affermazione della banca universale, l’integrazione dei mercati finanziari, i
processi di deregolamentazione e privatizzazione hanno comportato conseguenze
significative. Tra le principali:
a) La banca, componente strutturale di grande significato del sistema finanziario,
viene a svolgere un duplice ruolo: da un lato essa orienta lo sviluppo industriale
attraverso le sue scelte nella concessione del credito; dall’altro è partner delle
imprese che seguono la via del finanziamento diretto sui mercati dei capitali sia
nelle attività connesse alla quotazione di borsa (valutazione e collocamento delle
quote di capitale) sia in quelle relative al collocamento di prestiti obbligazionari.
b) L’assunzione di partecipazioni incrociate con la detenzione di quote di capitale
degli istituti bancari da parte di gruppi industriali e la presenza di imprenditori
nell’organo di governo della banca.
L’articolata rete di relazioni che ne è scaturita contiene intrinsecamente motivi
dei possibili conflitti di interesse sia nel rapporto banca/impresa che in quello
banca/investitore.
c) La possibilità per le imprese di “aggirare” il rapporto stabilito nel diritto
societario tra mezzi propri ed emissioni obbligazionarie attraverso emissioni
all’estero anche avvalendosi di società collegate aventi sede all’estero.
In tale contesto, come evidenziato dal Governatore della Banca d’Italia
nell’audizione dinanzi alle Commissioni riunite Camera e Senato, la stessa
Centrale dei Rischi perde di significato per una razionale valutazione del profilo
di rischio dell’impresa1.
1
Cfr. Fazio A. (2004), Indagine Conoscitiva sui Rapporti tra il Sistema delle Imprese, i
Mercati Finanziari e la Tutela del Risparmio, Roma: Senato della Repubblica. In
particolare, il Governatore osserva che: “[…] Tra le informazioni statistiche in materia
creditizia figurano quelle raccolte nella Centrale dei rischi, un archivio istituito nel 1962
dalla Banca d’Italia in collaborazione con il sistema bancario per fornire agli intermediari
informazioni utili ai fini del contenimento dei rischi derivanti dal cumulo degli
affidamenti in capo a un medesimo soggetto. La Centrale dei rischi rileva solo i prestiti
erogati dalle banche italiane e dagli altri intermediari vigilati. Non consente la
ricostruzione dell’indebitamento di gruppi industriali che fanno ricorso ad intermediari
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d) La possibilità per la banca di traslare i propri rischi sull’investitore (fondi e
risparmiatori) attraverso il collocamento di emissioni obbligazionarie da parte di
imprese in difficoltà affidate dalla stessa banca.
e) Lo sviluppo degli investitori istituzionali con comportamenti qualificati sovente
da un’ottica di breve termine e volatilità degli investimenti.
f) Lo sviluppo di contratti e prodotti finanziari, sempre più complessi, offerti dal
sistema finanziario.
g) Le sempre più numerose categorie di operatori, componenti la struttura del
sistema finanziario, che presentano relazioni con le imprese che si fanno sempre
più articolate.
h) La finanza coinvolge anche le imprese di più limitata dimensione.
In buona sostanza si è assistito alla progressiva affermazione del capitalismo
finanziario (o patrimoniale come si preferisce dire in Francia), con il superamento
del capitalismo manageriale sia nella connotazione della public company tipica del
modello anglosassone che dell’impresa a ristretta base azionaria.
G. Rossi, in un recente saggio, si è soffermato sulle problematiche connesse allo
sviluppo del capitalismo finanziario, con particolare riferimento al tema del conflitto
di interesse che è passato dallo stato “endemico” a quello “epidemico”2.
Sembra trattarsi per l’Autore di una crisi senza vie d’uscita.
La crisi di emittenti imprese con obbligazioni diffuse ha fatto esplodere
quell’esigenza di “rispetto dell’investitore” evidenziata nel convegno del 1995. Si è
così sviluppato, sotto la spinta del sistema istituzionale, un processo di ricerca di una
valida corporate governance termine ormai polisenso ma che, come evidenziato nel
noto rapporto Cadbury” è “il sistema con il quale le società di capitali sono dirette e
controllate”3.
La ricerca di una valida corporate governance si è incentrata:
a) Sulla regolazione per legge dell’attività degli intermediari nei confronti
dell’investitore attraverso:
- la regolazione dei conflitti di interesse;
- la trasparenza dell’informazione;
- la verifica da parte dell’intermediario della rispondenza o meno dell’investimento al profilo di rischio del cliente (la cosiddetta adeguatezza).
b) Sulla individuazione di migliori impostazioni nel governo societario attraverso la
complementarità tra legge e codici di autoregolamentazione nel convincimento
che dove arriva il diritto societario non occorre che intervenga
l’autoregolamentazione; dove il diritto societario tace o è insufficiente interviene
l’autoregolamentazione.
2
3
esteri o al mercato finanziario. Nel caso Parmalat i dati della Centrale dei rischi sono
rappresentativi di una quota dell’ordine di un quarto dell’indebitamento finora accertato”
(p. 12).
Cfr. Rossi G. (2003), Il Conflitto Epidemico, Milano, Adelphi.
Cfr. Report of the Committee on the Financial Aspects of Corporate Governance,
London, 1992 (noto come Cadbury Report), pag. 15.
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Leggi, codici di autoregolamentazione con indicazioni sulla composizione
dell’organo di governo, controlli interni ed esterni, sono le componenti strutturali
della corporate governance.
Una struttura che si arricchisce di nuove componenti e dove alcune ampliano il
loro ruolo: è sufficiente in proposito far riferimento al recepimento nel nostro
ordinamento della class action ed al crescente ruolo del rating.
Particolare significato nel contesto delineato riveste la legge Serbanes-Oxley
approvata nel luglio del 2002 negli USA con i suoi principi basilari4:
-
i consiglieri di amministrazione sono incoraggiati ad assumere responsabilità più
puntuali nell’azione di governo;
viene posta particolare enfasi sul ruolo dei consiglieri indipendenti nel controllo
degli executives;
il Consiglio deve essere composto in maggioranza da consiglieri indipendenti;
la responsabilità per la veridicità dei dati è affidata all’Audit Committee;
viene rafforzata l’indipendenza degli auditor attraverso misure quali la rotazione
delle società di revisione e limitazioni nello svolgimento di attività non audit;
trasparenza sui compensi dei consiglieri.
La lettura in ottica sistemica di quanto si è o si sta verificando può così
sintetizzarsi:
- emerge un sistema del risparmio dotato di crescente capacità di pressione sul
sistema istituzionale, sul sistema finanziario e sull’impresa;
- la pressione del sistema istituzionale, del sistema del risparmio e del sistema
finanziario sull’impresa per l’adozione di una migliore corporate governance è
crescente.
Tali impostazioni meritano attenzione ove si rifletta che sovente i criteri obiettivi
di misurazione delle performance non tengono conto adeguatamente dei
fondamentali delle imprese e sono orientati al breve periodo mentre sussistono
conflitti di interesse nella stessa filiera dei controlli con riferimento alle relazioni tra
analisti di borsa e merchant bank, tra società di rating ed intermediari.
In proposito deve osservarsi come il contesto che si va delineando può portare:
- ad un allontanamento dell’impresa dai mercati finanziari (mi riferisco al
cosiddetto delisting) e più in generale a frenare la crescita dell’impresa;
- alla formazione di una cultura del contesto non favorevole all’impresa; ad
esempio la diffusione di atteggiamenti di sospetto indiscriminato nei riguardi del
mercato obbligazionario potrebbe recare grave danno all’impresa, al mercato
finanziario, all’intero sistema economico.
Il mancato rispetto dell’investitore non ha certo giovato allo sviluppo del sistema
delle imprese.
4
Al riguardo, cfr. Comito V. (2003), “Crisi Finanziaria e Sistemi di Governance”, Sviluppo
ed Organizzazione, vol.199, pp.105-117.
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4. Le prospettive: verso un capitalismo diverso
I rischi di una corporate governance allineata alle direttive della finanza sono
significativi.
Uno studioso francese, F. Lordon, vicino agli ambienti “no-global” rileva “[…]
cosa è la corporate governance se non un insieme di disposizioni che hanno come
effetto principale quello di assicurare il perfetto allineamento delle imprese sulle
direttive della finanza, di far penetrare la logica della finanza nel cuore stesso
dell’impresa”5.
L’impresa da elemento centrale per la creazione di ricchezza per la collettività
sembra divenire strumento per il perseguimento di fini particolari.
La risposta a tali interrogativi deve scaturire dall’affermazione forte e condivisa,
di portata culturale, che l’azione di governo del sistema impresa deve partire dalla
consapevolezza che il contesto è la risultante di una ormai fitta rete di
relazioni/interazioni tra variegati sistemi portatori di attese e capaci di esercitare
pressioni.
Sistemi che, singolarmente presi, hanno la capacità di esercitare pressioni
sull’impresa. Una capacità di pressione che si amplifica per gli effetti sinergici,
connessi alla ricordata fitta trama di relazioni/interazioni tra i sistemi.
Nel contesto delineato, caratterizzato dal progressivo formarsi di un sistema di
regolazione e controllo funzionale alla sopravvivenza del capitalismo finanziario,
altri sistemi sembrano emergere prepotentemente. Sistemi che, usando le parole di
Galbraith, stanno esercitando un “potere bilanciante” rispetto alle pressioni
esercitate dal sistema finanziario sulle imprese6.
Al sistema del risparmio si aggiunge quello del consumo. Un sistema questo che
assume sempre più caratteri di vitalità intesa come capacità di autorganizzazione e
quindi di risposta al verificarsi di eventi o comportamenti delle imprese non
conformi alle attese.
Una vitalità che scaturisce dall’arricchimento della struttura (ad esempio la
normativa inerente la class action), dallo sviluppo dell’ICT con i suoi effetti
sull’ampiezza dell’informazione, dalla presenza di centri di aggregazione.
Le disposizioni sulla tracciabilità dei prodotti, i frequenti casi di ritiro di prodotti
dal mercato sono manifestazione della capacità di pressione del sistema del consumo
e delle sue relazioni con il sistema istituzionale.
Parallelamente avvertiamo l’emergere di un sistema a presidio dell’ambiente
fisico. Un sistema la cui struttura è composta da una filiera di soggetti deputati a
regolare il rapporto impresa/ambiente fisico. Si pensi alla normativa inerente
l’inquinamento da biossido di carbonio, la cosiddetta Direttiva sull’Emissions
Trading, che entrerà in vigore nel 2005 e sulla base della quale si avrà
un’assegnazione iniziale alle imprese di “diritti di emissione” che successivamente
potranno essere oggetto di compravendita su appositi mercati.
5
6
Cfr. Lordon F. (2003), Et la Vertu Sauvera le Monde, Paris, Raisons d’Agir Editions.
Cfr. Galbraith J.K. (1968), Il nuovo Stato Industriale, Torino, Einaudi.
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L’impresa, in relazione alle sue politiche di sviluppo in termini di produzione,
tecnologia, ecc. potrà essere venditrice o acquirente di diritti di emissione.
E’ ovvio, peraltro, che percorsi di crescita dimensionale non supportati da
un’adeguata politica tecnologica, con conseguenti acquisti di diritti di emissione e
con i conseguenti riflessi sul rischio potranno comportare ricadute negative nei
rapporti con il sistema finanziario.
Per quanto attiene i rapporti con il sistema finanziario questi saranno oggetto di
più puntuale regolazione con l’avvento di Basilea 2.
Il profilo rischio/rendimento si qualifica così quale ponte sul quale debbono
essere veicolati i rapporti tra impresa e sistema finanziario.
Il rischio e la sua qualificazione e gestione assumono determinante rilievo nel
governo dell’impresa e nei rapporti con il sistema finanziario.
Si palesano di grande attualità i contributi di un nostro grande Maestro, Gaetano
Corsani. Diviene centrale la distinzione tra rischio aleatorio (che può trovare
copertura negli accantonamenti e polizze assicurative) ed il rischio di non
conoscenza.
In buona sostanza, la normativa di Basilea 2 trasferisce anche ai rapporti
banca/impresa quel concetto di capitale allocato sviluppato nell’ambito del sistema
finanziario.
Capitale allocato espressione del rischio di non conoscenza e suo presidio di
competenza della proprietà. Il rapporto o la differenza tra il capitale allocato e i
mezzi propri qualifica il grado di capitalizzazione dell’impresa ed è elemento
determinante per il rating della stessa, in quanto espressione sintetica della sua
affidabilità complessiva, influenzandone il costo del capitale di credito.
5. Conclusione
La crescente qualificazione del contesto come sintesi di una pluralità di sistemi
tra loro interrelati conferma l’esigenza di un’azione di governo capace di coniugare
reale e finanza.
Il comportamento nei mercati reali non può prescindere dal considerare le attese
e capacità di pressione del sistema finanziario a sua volta oggetto di pressioni ed
attese da parte del sistema istituzionale e del risparmio.
Ma il discorso si fa più ampio e complesso.
A nostro giudizio al capitalismo finanziario sembra sostituirsi un capitalismo di
tipo “sistemico” con le imprese “sotto i riflettori” esposte a valutazioni e scrutinio di
funzionari statali, azionisti, investitori, consumatori, professionisti e attivisti.
Se abbastanza delineata sembra la tendenza al formarsi di un capitalismo
sistemico ancora ambigui sono gli effetti che avranno tali cambiamenti sulla
capacità competitiva, innovativa e sullo sviluppo dimensionale dell’impresa.
Non è da escludere che nel mutato contesto l’impresa possa riacquisire quella
centralità che l’ha qualificata, nel divenire nel tempo, come momento fondante del
progresso economico e sociale.
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Cari colleghi, amici.
Ho iniziato questo mio intervento ricordando Roberto Fazzi.
Consentitemi di chiudere ricordando Claudio Dematté recentemente scomparso.
E ciò non solo per il desiderio di ricordare lo studioso e l’amico.
Nelle numerose occasioni che ho avuto di lavorare con lui, anche nella
realizzazione di significativi processi di ristrutturazione di istituzioni finanziarie, è
sempre emersa con forza l’ansia dello studioso e dell’operatore nella ricerca di una
finanza tesa allo sviluppo del progresso economico e sociale.
Bibliografia
FAZIO A., Indagine Conoscitiva sui Rapporti tra il Sistema delle Imprese, i Mercati
Finanziari e la Tutela del Risparmio, Senato della Repubblica, Roma, 2004.
COMITO V., “Crisi Finanziaria e Sistemi di Governance”, Sviluppo ed Organizzazione, vol.
199, 2003.
GALBRAITH J.K., Il nuovo Stato Industriale, Einaudi, Torino, 1968.
LORDON F., Et la Vertu Sauvera le Monde, Raisons d’Agir Editions, Paris, 2003.
ROSSI G., Il Conflitto Epidemico, Adelphi, Milano, 2003
REPORT OF THE COMMITTEE ON THE FINANCIAL ASPECTS OF CORPORATE
GOVERNANCE, London, 1992.