E - Cenni
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E - Cenni
1 2 3 Ho un’immagine precisa di Harry Stundenplan: quella di uomo che racconta con fermezza, con precisione l’inferno che ha visto e tocca Così facendo restituisce a me e alla mia famiglia l’orrore della guerra e la vita di chi ha vissuto in un campo di guerra in cui era considerato meno di un animale, una pedina da scartare … un semplice numero! Ho ancora presente la visione precisa di quell’uomo che mi raccontava gli ultimi momenti di vita del mio amato Steven … Era… E cosi passano i minuti, le ore, le giornate... tutto è lento, il tempo sembra fermo. Ogni tanto c’è qualcosa che mi rende felice, lui, mio figlio. Lo sento dentro di me ed è meraviglioso… Come vorrei che tu fossi qui per poggiare le tue mani, nere di fumo, sul mio grembo! Ieri ho parlato con la mammana mi ha detto che tutto procede per il giusto verso, mancano pochi giorni, finalmente, lo avrò tra le 4 mie braccia… Amore mio, sapessi com’è inquieto quanti calci mi assesta, vuole uscire per conoscere il mondo… un mondo in cui la guerra tiene le redini... Era il 4 novembre 1985, una grande emozione prendeva la giovane Rebecca, da sola metteva al mondo il figlio tanto atteso, la stanza si riempiva di luce nuova allietata dal vagito di chi si annunciava al mondo… Il tempo nessuno lo può fermare, scorre inesorabilmente, tutto trasforma, chi nasce cresce e gioisce delle gioie che la vita gli riserva, chi assapora tormenti e disperazione. Così qualche anno dopo… “Nonna, Nonna “ sentii urlare… mio nipote, un angelo direi! “Nonna sai oggi è la giornata in memoria dei caduti in guerra. A scuola abbiamo pregato per tutti i soldati morti e la mamma mi ha raccontato che Nonno era un soldato arruolato nell’esercito ai tempi della Guerra Partigiana … è vero? È vero Nonna?” Sì, piccolo mio è vero, ma è una storia che ti racconterò un altro giorno. Oggi sono stanca. Da bravo vai a giocare. Come potevo dimenticare una giornata così importante. La stessa, identica giornata che, circa quarant’anni fa, portò via un pezzo del mio 5 giovane cuore. Anche quel giorno, seduta sulla mia sedia a dondolo posta vicino al caminetto, sorseggiavo il mio solito tè delle 17:15… Aspettavo con ansia il ritorno di Steven … nulla di buono si preannunciava. Affascinata, mi soffermai a osservare il fuoco… le fiamme si attorcigliavano e bruciavano lentamente la legna scoppiettante, le scintille balzavano di qua e di là… sembravano quasi ballare una lenta danza. Un leggero filo di vento, d’improvviso, mi distolse da quell’atmosfera … mi voltai verso la finestra, il sole era già tramontato, le nubi, in lontananza, impetuosamente avanzavano colorando il cielo di nero. Una tempesta si annunciava, un tuono mi fece sobbalzare, la paura prese il sopravvento, il vento a raffiche incessanti scuoteva bruscamente gli alberi del giardino. Scese un buio profondo che non prometteva niente di buono, meglio andare a dormire… Mi stesi… piovaschi violenti si abbattevano sugli alberi… un lampo, un tuono … poi ancora, ancora più veloce l’acqua scrosciava sui tetti della casa, la paura mi tormentava e mi assaliva. Dormire era impossibile … ero agitata e pensierosa … un unico pensiero Steven. La voglia improvvisa e imperterrita di rivedere, anche solo per un istante i suoi occhi, il suo viso, 6 le sue labbra, mi spingeva a seguire il mio istinto. Presa una candela, avanzai lentamente lungo le scale che portavano in soffitta. Aprii la porta, lì, proprio dove l’avevo lasciato, trovai quel vecchio baule. Dio da quanto tempo non lo aprivo! Era pieno di polvere, ragnatele … gli angoli arrugginiti e qua e là consumato dai tarli. Tremante e già con le lacrime agli occhi aprii lentamente il lucchetto …, ogni cosa in esso riposta apparteneva al mio uomo, iniziai a tirar fuori le sue medaglie… improvvisamente, il mio viso era solcato e bagnato da lacrime furtive, le quali lentamente sfioravano le mie labbra e cadevano su una foto … la sua! La presi … la baciai, l’accarezzai, la guardai … quante emozioni!... Sul retro notai dei numeri… una data, la festa patronale in paese… Era il 14 agosto 1943 … rivivevo il giorno del nostro primo incontro quando il suo sorriso e la luce dei suoi occhi si fermarono nei miei. Nasceva… Era la mattina del 15 agosto, nasceva il giorno, la luce del sole trapelava dalla finestra, inondava di raggi luminosi la camera di Rebecca. Il calore 7 del sole sul viso risvegliò la ragazza dal suo profondo sonno, ancora stordita si levò dal letto e si diresse alla specchiera. Si guardò a lungo, quella mattina si sentiva diversa, qualcosa nel suo sguardo era mutato. La sera prima tornò nel pensiero, era la festa del santo Patrono e come ogni anno, Rebecca e le sue amiche , per divertirsi e ballare, si recavano nella piazzetta in festa. Rebecca, mai come allora, nel prepararsi alla festa, si era impegnata e curata nei minimi dettagli, voleva fosse tutto perfetto quella sera. Dopo tanto tempo, Steven, il ragazzo conosciuto l’estate prima al mare e di cui si era innamorata ritornava in paese. Rebecca aveva passato la giornata in ansia e in agitazione, verso le 18:00 corse nella sua stanza a prepararsi. Nel vestirsi non trovava niente che le stesse fino in fondo bene, provò tutti i vestiti, almeno due volte, alla fine scelse un leggero abito color pesca che le sottolineava la figura e la faceva sentire una giovane donna e non più una ragazzina. Appuntò una spilla a forma di rosa sul petto e sollevò i capelli sulla nuca fermandoli con un fermaglio. Stava per uscire, notò che le mancava qualcosa che le desse un tocco speciale. Corse in camera della madre aprì una 8 custodia e preso un filo di piccole perle, lo legò al collo, spruzzò un soffio di colonia e scappò alla finestra, felice ed eccitata, osservava dall’alto le vie del paese che l’avevano vista felice e innamorata e che di lì a poco l’avrebbero rivista con l’uomo dei sogni, Steven... Qualcuno bussò alla sua stanza, Rebecca distolse per un attimo i suoi pensieri. Tutto svaniva, anche i pensieri più intensi della sera prima. Apri, Sono la mamma! “Buongiorno Cara, hai dormito bene? Ieri sera sei uscita, non ti ho visto rincasare.” Così dicendo le porse una lettera. Sulla busta non c’era il mittente solo il suo nome. Rebecca intuì chi l’avesse scritta. Aspettò che la madre fosse andata via, si sedette sul letto e aprì quella busta. Come aveva immaginato, era Steven a scriverle, lesse tutto di un fiato, che emozione! Per lei quel momento era più importante di un carico d’oro. Poggiò sul cuore quel foglio e sospirando si perse di nuovo fra i ricordi della sera precedente lasciandosi di nuovo trasportare in quell’atmosfera a dir poco magica. Come dimenticare quei momenti, l’attimo in cui aveva incrociato lo sguardo di Steven e tutto quello che c’era stato dopo. Il ricordo era ancora vivo nella sua mente: l’avvicinarsi in silenzio di Steven , il profumo di tabacco il 9 dilatarsi delle labbra stampavano sul suo viso uno splendido sorriso, poi un suono di parole, “Non ti ricordavo così bella, eri una ragazzina appena un’estate fa!” Così tra ricordi, sguardi e strette di mano nasceva un sentimento, quello che Rebecca aveva pensato e sognato stava per avverarsi. Senza rendersene conto s’inoltrano tra la gente, a un tratto si ritrovano in un vicolo, lontani dalla piazza in festa brulicante di persone. Si erano guardati negli occhi, fu un attimo, ma a Rebecca sembrò un’eternità, i loro visi si sfiorarono, si avvicinarono sempre di più fino a unirsi in un lungo bacio. Rebecca al solo pensiero avvertiva un senso di tremore. La sera precedente era stata la più magica della sua vita. Qualcuno la chiamava dal piano di sotto, ripose la lettera nella busta dalla quale cadde un bigliettino che non aveva notato prima, “ Ci vediamo stasera alla processione, Steven”, lo poggiò sul comodino e corse giù con la gioia nel cuore per tutto quello che le stava succedendo. 10 Lentamente La processione procedeva lentamente fermandosi nei pressi della porta di ogni abitazione. La gente pregava affidandosi al santo. Rebecca notava tra la gente le occhiate vogliose dei giovani, che apprezzavano le sue movenze lente e sensuali, erano così insistenti tanto da sentirle sfiorare il corpo. Il cuore le batteva. Temeva che Steven non si presentasse all’appuntamento tanto da pensare che non le piacesse. Ripensava a tutte le attenzioni che aveva avuto nello scegliere il vestito, le scarpe, la lunghezza della gonna, i capelli legati con due forcine lasciavano cadere una ciocca sulla fronte, all’altezza del naso. Voleva essere più bella che mai. Giunta vicino alla fontana, guardatasi intorno, vide solo i giovani del paese, mancava solo Steven. Un passo, poi un altro, si diresse verso la piazza, niente, Steven non c’era. La speranza di non vederlo aumentava nel suo cuore e l’ansia le serrava le gambe. Forse per rabbia, una lacrima le bagnò le guance rosee e vellutate. In quel momento molti pensieri affollavano la mente, non riusciva a farsene una ragione anche per giustificare le 11 bugie dette o che avrebbe pensato di dire al papà per uscire. Ma quale tradimento? Era la forza dell’amore che la spingeva a tanto, sapeva che sarebbe caduta tra le sue braccia al primo incontro e si sarebbe donata a lui alla prima carezza. Più il tempo passava più aumentava la consapevolezza di trovare Steven come si cerca il sole dopo una pioggia lunga e uggiosa, come si cerca l’aria dopo il soffocamento. Comprendeva che Steven era già parte integrante della sua vita. Questo la spaventava e sapeva di dover tacere anche a lui le sue debolezze. Sapeva che avrebbe dovuto comprendere le sue intenzioni prima di lasciarsi andare e abbandonare tra le sue braccia. Non aveva ancora finito quel suo repentino dannarsi quando lì a pochi passi da lei un ragazzo raggiante nel suo aspetto la osservava e le andava incontro, era Steven! Agli occhi di Rebecca era bellissimo; era una giornata afosa, lui indossava un paio di pantaloni scuri e una leggera camicia bianca. Si guardarono negli occhi; in quel momento le parole erano superflue, gli sguardi parlavano per loro. Lentamente s’incamminarono come sospinti da un leggero soffio di vento, giunsero in un giardino, erano entrambi imbarazzati, cosa dire, 12 come rompere quei silenziosi momenti, gli occhi continuavano a parlare e a desiderarsi. Man mano il loro imbarazzo svaniva, il desiderio di conoscersi aumentava. Un gesto spontaneo, le mani si sfiorarono, Steven si avvicinò, sussurrando qualcosa, quel suono stravolse quella mente innamorata tanto da non rendersi conto che le labbra di Steven sfioravano le sue, quella stretta fu fatale ai giovani amanti. Al cuor non si comanda, a quella tenerezza iniziale ne seguirono altre, il tempo tiranno passò rapidamente, si era fatto tardi, era giunta l’ora del rientro non gli restava che salutarsi, ancora un po’ anima mia, ancora un bacio, ancora… a domani, a domani, ora lasciami andare. Mentre una sera all’ora del tramonto, nell’aria color vermiglio, guardandoti negli occhi ti ho detto addio… Luci offuscate, emozioni intense e tanta paura in me. Bèh … potrei dire una sera indimenticabile, ma, nello stesso tempo, timore di lasciarti andare. Erano le 17:00 avevo quasi terminato di sistemarmi il rossetto, eccitata di incontrarti avevo dimenticato di legarmi i capelli. Anche se 13 sapevo che tu mi avresti guardata con gli stessi occhi innamorati di sempre. Non t’importava del ciuffo disordinato o di qualche minuto di ritardo, quando mi attendevi ai piedi della scala della Signora Gina, sognando la nostra vita insieme. Mi facevi sorridere, parlavo di tutto con te, mi fidavo di te, mi rifugiavo in te. Sapevo che le mie parole sarebbero state custodite e chiuse all’interno del tuo cuore. Ecco! Questo era il mio amore! L’angelo che amavo e continuerò sempre ad amare. Scesi dalle scale e tu preso dall’entusiasmo di stringermi, mi afferrasti per le braccia per volare, e volare … fino a sentirci liberi dal mondo, solo io e te. Ma non fu così. Trascorremmo un pomeriggio da favola. Una storia, però, non a lieto fine. Ti amavo ogni minuto di più. Ormai eri diventato la mia vita. Esistevo solo per te. Mi prendesti la mano, mi fermasti, mi fissasti senza pronunciare alcuna parola. I tuoi occhi tristi. Le tue labbra sorprese, senza sorriso, il tuo volto trasformato. Capii subito che qualcosa non andava, mi dovevi parlare. Gli dissi: “Non è una cosa bella se ci metti tanto a dirla”. Continuò a fissarmi dritto nelle mie pupille verdi chiaro senza staccare un solo istante il suo sguardo penetrante. Sospirò. Mi strinse le mani. 14 Non sapeva quale fosse il modo giusto per comunicarmi la notizia che avrebbe sconvolto la mia vita. In realtà, non esistevano modi giusti per non farmi soffrire. Soltanto dolore. “Rebecca” … mi disse. “Partirò”. Ed io “ Tutti alla fine partiamo”. E lui, con gli occhi pieni di sofferenza, disse “ Si, ma io parto per la guerra, ho fatto domanda di arruolamento nella squadriglia ICEP. Voglio significare qualcosa per questo paese. ‹Amore e Onore› sono le mie guide. Tu, però, dovrai essere la mia forza, così voglio ritrovarti quando ritorno. Sorridente più che mai, il mio cuore ha bisogno di una spinta. Le mie pulsazioni saranno presenti solo se ci sarai tu a riscaldarmi il cuore. Voglio svegliarmi la mattina, guardare il sole sorgere con i tuoi occhi che brillano di luce splendente, per poi addormentarmi al tramonto per mandarti un ultimo bacio.”. L’ultimo tramonto vissuto insieme. Le lacrime scorrevano ininterrotte. Senza fine. In quel silenzio così unico, guardammo il sole abbandonarsi nel mare profondo e scomparire nel nulla. Così, il mio amore mi lasciò. Un ultimo bacio. Il rossetto ormai affievolito ricoprì finemente le sue labbra. Avrei voluto non toccare più le mie dopo il suo dolce bacio per 15 lasciare per sempre il ricordo del mio unico vero amore. Un addio momentaneo per rivedersi l’indomani, per stringersi e vivere momenti indimenticabili. Leggendo il tuo messaggio… In una giornata piovosa e cupa all’angolo del cortile, una vecchietta creava cappellini e scarpette di lana per bambini… Rebecca, all’uscita di casa le rivolse il saluto, ne fu ricambiata, quella mattina la signora aveva una strana luce negli occhi, di sua spontanea volontà le disse che un ragazzo alto e moro, di buon mattino aveva messo una lettera nel paniere usato per tirare su gli alimenti. Beh! chi poteva essere se non Steven l’amico del cuore! Rebecca si affrettò, l’ansia era tanta, la curiosità era forte e aprendo la lettera rimase molto sorpresa. Le parole riportate su quel foglio erano belle, uniche… non aveva mai ricevuto una lettera così. Il messaggio riportava: “Cara Rebecca, ti scrivo per confidarti che la mia vita senza di te non avrà senso, il futuro mi darà sofferenza e tristezza. Il solo pensiero di non vederti a lungo mi rende 16 infelice. Le emozioni trascorse insieme, spero, rimangano per sempre nel tuo cuore e che la storia d’amore nata tra noi due duri ancora a lungo. Non mi vergogno di dirti ti amo….si TI AMO! Tuo per sempre Steven.” Quante volte Rebecca ha scorso quelle righe, le apparivano sempre diverse, un’emozione insolita la invadeva, era felice di amare, di scoprire le gioie della vita, di sognare… I compagni accorsi Il duello per costringere l’avversario a piegarsi alla propria volontà andava avanti. Gli uomini erano in conflitto a causa d’interessi e di visioni contrapposte e, almeno in apparenza, inconciliabili. Le formazioni partigiane erano opposte nel campo militare e politico, nell’ambito della seconda guerra mondiale, la presenza della Germania nazista come alleata e in seguito nemica e la svolta della Repubblica Sociale Italiana. Steven era sul campo di battaglia, luogo cruento e drammatico, essere ancora in vita, consolava solo in parte l’angoscia e la tristezza subite. L’armata avanzava, stavano 17 arrivando i rinforzi con nuovi rifornimenti e nuove truppe fresche, i feriti aumentavano. L’artiglieria aprì il fuoco abbattendo una parte degli uomini. La difesa fu rafforzata. I soldati aggrediti, il loro impeto fermato con gravi perdite. Tutto era subordinato alla lotta armata per la cacciata dei tedeschi; tutte le organizzazioni furono mobilitate per questo scopo, i compagni accorsi erano posizionati in formazioni di combattimento per la lotta armata partigiana contro i nazisti e i fascisti loro alleati. Steven manteneva le sue truppe in posizione e ci fu un attacco improvviso dell’armata nemica. Si ritrovò proteso a faccia in giù, nel fango, nel sangue, mentre le pallottole e le bombe gli passavano sulla testa e gli cadevano addosso, fu ferito. Era un inferno. I compagni morti, i corpi dilaniati, non si potevano dimenticare. Steven respirava a fatica, in lontananza scorse un punto luminoso, arrivarci significava aver franca la vita. I combattimenti cessarono per un po’, alcuni commilitoni si facevano spazio fra i compagni deceduti, Steven era riverso al suolo, il volto, una maschera di sangue, si avvicinarono, lo aiutarono a rialzarsi, a provvedere alle prime cure. Tremavano, tanta era la paura, non bisognava perdere tempo, i combattimenti 18 potevano riprendere da un momento all’altro. Al compagno che asciugava e ripuliva il volto di Steven, fu indicata la direzione Nord-Ovest, poco distante da loro si estendeva un grande bagliore, s’incamminarono verso la luce, ad ogni passo questa appariva sempre più intensa, sempre più calda, quando la raggiunsero, esclamarono urla di gioia, erano tutti salvi. Steven si compiaceva di essere ancora in vita, piangeva di felicità, in quegli attimi rivedeva gli amici scomparsi, il loro valore, l’amore che essi avevano per la vita, aveva aiutato tutti, quando conseguiva, un obiettivo era sempre lui a ringraziare l’amico per avergli risparmiato sofferenze e forse la morte. Steven si riprese in breve tempo, fu un brutto momento ma non tale da distoglierlo dal suo orgoglio patriottico, combattere era una necessità, conquistare la libertà era il sogno agognato con la donna della sua vita. Essere liberi era un privilegio di pochi mentr’egli desiderava un futuro di uguaglianza e libertà per i figli… 19 Poi… Rebecca seduta sulla sedia a dondolo nel porticato di casa sua, guadava lo svolazzare degli uccelli e ascoltava il loro garrire. La vista del postino la distolse, “Signora un telegramma per lei”. Non aspettava notizie le aveva avute il giorno prima da Steven, un telegramma poi… Col cuore in gola, lesse quelle brevi parole, non capiva cosa volessero dire. Il mittente il comandante di Reggimento al quale Steven era stato assegnato, cosa mai voleva da lei? Il messaggio freddo e distaccato recitava: ”Il signor Steven, in un agguato è stato gravemente ferito. Si è distinto in coraggio e solidarietà per i compagni. È ricoverato all’ospedale Giovanni XXIII di Forlì. Firmato, il generale Poekie.” Incredula, gelida in volto e nel cuore, non credeva ai propri occhi, Dio sa quante volte lesse quelle parole, poi un urlo liberatorio: “ Signore, perché! Salvagli la vita! Aiutalo! Fallo ritornare da me! Chi guiderà il mio domani, chi mi darà la forza di continuare, chi… se lui non si salverà!“. Rebecca sconvolta e sfinita dalle urla disperate cadde singhiozzante in ginocchio, le mani giunte rivolte al cielo, con voce calda pregava Dio. 20 Pianse per ore, nessuno era accorso al suo dolore, dalla stanchezza il sonno sopravvenne, lì sulla seggiola, un brivido di freddo la svegliò, era ormai notte. Il telegramma l’era scivolato di mano, era lì a pochi centimetri da lei, lentamente gocce di pioggia bagnarono il giardino adiacente e la strada, il Signore aveva provato dolore, ne aveva pianto inviando acqua vivifica di speranza, solidarietà e di aiuto per la giovane. Come per incanto Rebecca si calmò, serena percorse nei suoi pensieri i momenti felici vissuti con il suo Steven. Risuonavano nella sua mente le ultime parole dette dal suo uomo, prima di partire: “Amore, ritornerò sano e salvo”. Steven non lo poteva perdere, doveva ritornare a lei! Il sonno ebbe ancora una volta la meglio sulla giovane, non piangeva più, era sorridente, in sogno era in compagnia di Steven, la consolava dicendole: “ Non ti avvilire amore mio sii forte, io sarò sempre al tuo fianco ti custodirò per sempre.” Quando si destò, era più serena, pronunciò poche parole, ” L’ amore di una madre è più forte di qualsiasi avversità”. Portandosi la mano sul grembo disse: “Non preoccuparti figlio mio, vivremo con papà, tu crescerai sano, insieme formeremo una famiglia unita e felice.”. 21 Da quando Steven si era arruolato, erano trascorsi pochi mesi, due per essere precisi, quante cose erano cambiate, il sorriso era scomparso dal viso di Rebecca e Steven tra ansie, paure e tormenti, pensava al tempo vissuto con la donna del cuore. Emozioni passate e presenti rallegravano il pensiero degli innamorati. Una sorpresa con due esiti contrastanti, il primo la gioia di Rebecca di aspettare un bambino, il secondo il rancore di vivere da sola la gravidanza. Disperazione, poco rispetto da parte dei compaesani che condannavano la leggerezza con la quale si era concessa al suo ragazzo. La vergogna dei genitori al gesto d’amore della figlia considerato un’offesa e tradimento, nella mente della mamma e del papà si ripetevano tante domande, sempre le stesse senza una risposta, cosa fare… Intanto il frutto dell’amore prendeva forma, il grembo sviluppava e i vestiti giorno per giorno erano sempre più corti, Rebecca in solitudine attendeva, progettava, sognava… Donna coraggio fu chiamata! Gli incontri prima della partenza furono vissuti con intensità. I giovani innamorati incuranti delle conseguenze si lasciarono andare. Rebecca tra 22 sogno e realtà si accorse di aspettare un bambino, attimi di paura invasero la sua mente. Come glielo dirò? Cosa penserà di me? Poi un’improvvisa serenità. La donna in attesa non ha paura di nulla perché quel momento è unico, si è troppo felici e nulla e nessuno può fermare quell’entusiasmo. Le parole scritte furono un amalgama di gioia, speranza e amore per il cuore di Steven. Una notte tra ricordi e promesse, decise di rendere partecipe il suo uomo dell’evento che l’avvolgeva, così tra gioia e speranza lo spazio della lettera per incanto si riempiva, un bacio e una lacrima come sigilli e ancora… a presto tesoro, non lasciarmi sola, corona con me la promessa, il frutto d’amore che cresce in me, ha bisogno di te, di te che hai saputo cogliere la mia purezza con tenerezza e sensibilità. Una voce nel silenzio della sera… All’imbrunire, una luce meravigliosa fatta di rosso e di oro penetrava nella stanza. Ero seduta su una sedia di legno, mi dondolavo al suono delle parole del libro che stavo leggendo. 23 Le ombre della sera scendevano silenziose e all’improvviso, una voce mi riempiva la mente. Posai il libro e una strana sensazione mi avvolse, a un tratto la solitudine incalzò, a volte era insostenibile e i ricordi di lui presero il sopravvento. Mille pensieri si affollavano dentro di me, era come se avessi un presentimento, qualcosa non andava. Senza pensarci avvolsi le braccia attorno al mio grembo per avere e dare protezione, una lacrima silenziosa e lenta rigava il mio volto, mentre Steven riempiva la mia mente, mi apparve un’immagine, che prendeva la forma del suo volto. “Che espressione strana, insolita!” Pensai. Non riuscivo a capire e tantomeno credere a tutto quello che stava accadendo, ma continuai a fissare il suo bel viso così insistentemente senza mai distogliere lo sguardo dal suo.” Nonostante la confusione che regnava in me, rivedere il suo volto mi riempiva il cuore di gioia e quel vuoto lasciato alla sua partenza si colmò di felicità, anche se fu solo per un istante. Steven scomparve, la paura prese di nuovo il sopravvento e così in preda ad essa mi addormentai. Li ricordo come se fossero ieri quei giorni, i più brutti della mia vita. 24 Dopo una notte satura di agitazione e ansia, mi svegliai, a dir poco, stravolta, la paura era ancora sovrana e le sensazioni della sera precedente non erano svanite, così presi una tisana nella speranza di calmarmi, ma servì a ben poco. Ricordo ogni minimo particolare, erano circa le 10:30 quando il campanello di casa interruppe il silenzio nella stanza, andai ad aprire velocemente, rimasi stupita nel vedere dietro quella porta Harry, l’amico più caro di Steven, ne aveva parlato tanto nelle sue lettere, mi sembrava di conoscerlo da sempre. Mi commosse la sua vista, lo feci entrare, lo strinsi in un forte abbraccio, mi legò a sé, poi iniziò a raccontare delle storie di cui non capivo il senso, la sua voce era quasi un sussurro. Harry aveva uno strano comportamento, era agitato, pensieroso, triste, i suoi occhi lo erano, non lo avevo mai visto, ma quello stato agitò anche me. Alzò lo sguardo, mi fissò e con gli occhi tristi pronunciò quelle parole di cui avevo tanto timore. Con voce smorzata dal pianto, mi disse che Steven non sarebbe più tornato a casa; rimasi immobile, senza fiato, qualcosa in me si spezzò, 25 tutto il mondo svanì e mi ritrovai sola come non mai. Cadevi… L’amico di Steven con evidente commozione racconta gli ultimi momenti guerreschi vissuti dall’amico. Si era appena levato il sole, qualche raggio di luce filtrava nella nebbia, gli occhi si chiudevano dalla stanchezza, aveva vegliato tutta la notte, aspettava il cambio del turno di guardia con serenità e sicurezza. Dai sacchi di sabbia posti all’estremità della trincea non si vedevano beni i comportamenti del nemico, ma se ne conoscevano gli umori. Non potevano che essere gli stessi della nostra linea difensiva; di coloro che per forza avevano lasciato la loro terra, i figli, la moglie in attesa di altri eredi e di chi si apprestava a dare alla luce il primo. Quante paure in quelle ore di guardia, al buio, al freddo, premere il grilletto all’avvicinarsi della prima ombra e tener pronta la baionetta per infilzare chi, eventualmente, fosse riuscito a passare il campo minato e aveva avuto la meglio sul tiro delle pallottole, colpirlo senza riflettere senza aver un istante di esitazione prima 26 di esserne preda, sapendo che in quell’istante poteva finire la propria vita o quella dell’altro, per poi ripetersi, la stessa situazione, qualche istante più in là. Steven aspettava la fine del turno in tutta serenità. Toccava a Harry sostituirlo nella guardia. Steven, durante la notte, era stato attento, concentrato e speranzoso di portare a casa la propria vita. Il desiderio di Rebecca gli aveva tenuto compagnia tutta la notte, sentiva la sua mancanza, ma nello stesso tempo avvertiva la sua vicinanza. Riusciva a sentire con la mente i battiti del suo cuore: non solo quello di lei ma di chi portava in grembo. Ardeva dal forte desiderio di abbracciarli di stargli vicino, di chiamarlo, si chiamarlo, come? Ancora non aveva deciso quale nome assegnare al nascituro, unica certezza quel nome doveva essere una parola di pace. Pensava a Emmanuelle o a quello del santo protettore del paese. Diceva tra sé e sé, se nascerà femmina le darò il nome di mamma, se sarà maschio Francesco come papà. Sperava che avesse avuto gli occhi verdi della madre. Ormai è fatta, l’ora del cambio è arrivata, sente i passi dell’amico, è lì, gli dà una pacca sulla spalla sinistra. 27 I due si guardano negli occhi, si fermano, si scambiano alcune parole: stai attento! Il nemico può avvicinarsi da un momento all’altro, con questa nebbia la visibilità si riduce a pochi metri, è un brutto momento! Steven porgeva le spalle ai sacchi di sabbia, l’amico gli stava di fronte, si posizionava e imbracciava il fucile. Mentre Steven si allontanava un’ombra spuntata dalla nebbia, lo afferra per il braccio sinistro, lo porta velocemente verso di sé e inesorabilmente come un accanito omicida sferra uno, due, tre fendenti. Steven impotente cade sulla terra inumidita dai fiotti di sangue caldo che il corpo giovane versa. Harry con uno scatto felino si avventa sull’aggressore, lo colpisce alle spalle, esamine cade sul corpo dell’amico, con rabbia lo solleva liberando il corpo ferito di Steven, lo scuote, lo schiaffeggia. L’amico apre gli occhi, solo qualche parola: “sto per morire! Di una cosa ti prego quando vedrai mia moglie dille del mio amore, donale il mio sorriso e il mio cuore donalo al bimbo che nascerà.” Il suo corpo retto solo dalle forze di Harry è in una situazione molto critica. Il silenzio è rotto dalle grida disperate dell’amico, il quale non si dà 28 pace per una colpa che non ha, poi si fa coraggio e chiama aiuto affinché lo soccorrano. Nell’aria umida del mattino si odono le grida disperate che il vento trasporta lungo il campo di battaglia gelando l’animo di chi l’ascolta. “È colpa mia” gridava, “è colpa mia.” Disperato batteva i pugni sulla testa. Perdonami, sono stato un ingenuo, non pensavo che l’alba fosse fatale. Io dovevo avere la peggio non tu! Mentre giungevano i soccorsi, tra lacrime e singhiozzi, prendeva forma una parola, sempre la stessa, un nome, un nome di donna, Rebecca. Come farò! Chi mi darà la forza… Signore dammi coraggio e amore. Ancora un abbraccio, non può essere vero, del sangue fuoriusciva dallo sguancio sul petto, quante volte avrà pensato che quel sangue fosse il suo e non dell’amico, fatti coraggio, ancora un poco, ma ad ogni richiamo dalle labbra usciva solo un debole respiro. Quei lamenti disperati giunsero ai compagni, in meno che non si dica li raggiunsero, davanti ai loro occhi si presentava un quadro di dolore e disperazione visto tante altre volte. La testa poggiata sul braccio dell’amico, la mano gli accarezza i capelli, lo tiene stretto a sé, in quel gesto ognuno rivede la deposizione di Cristo 29 Signore. Poi il coraggio gli dà la forza necessaria di alzarsi e andare con l’amico tra le braccia. Camminava lentamente, lo guardava come se fosse un figlio, il figlio prediletto. Arrivato in luogo sicuro accerchiato dagli altri soldati, distende quel corpo, mani esperte gli danno conforto e fanno di tutto per poterlo guarire. Di lato Harry osserva, tende di abbracciarlo, lo accarezza, lo chiama… Tra le braccia Tra le braccia del tuo amico, ormai sofferente cercavi di alzarti, ma le tue gambe deboli non riuscivano a muoversi. I tuoi compagni ti stavano vicino e insieme con te lottavano per salvarti la vita, più passava il tempo e più le tue condizioni peggioravano. Amore Harry si è offerto di accompagnarmi, che bello domani verrò a trovarti, aspetto con ansia questo momento. Finalmente è trascorsa questa notte, è stata la notte più lunga e più brutta della mia vita, il mio pensiero era sempre rivolto a te, ora sono qui ad aspettare che Harry arrivi per portarmi da te. Ecco, hanno bussato alla porta, dovrebbe essere proprio lui, infatti, lo è. Ancora un momento, prendo la nostra foto e un rosario, mi avvio verso 30 la macchina, lui mi chiede se sono sicura di volerti vedere, io non rispondo, apro lo sportello e mi siedo. Lungo il percorso, incredula ripeto “Perché! Perché!… Come sta!” In quello stato solo pensando a Steven trovo il coraggio di andare, finalmente Harry mi mostra l’ospedale. Il mio cuore batte forte dall’emozione. Entro nella stanza, ti vedo sofferente, i miei occhi si riempiono di lacrime, bagnano il viso, mi avvicino al letto, ti prendo la mano, sento muovere dentro di me il nostro bambino, anche lui è contento di vederti. Ti accarezzo non mi sembra vero di averti accanto, sto vivendo un sogno, tu sei qui in questo letto d’ospedale, immobile, il cuore batte con ritmo ridotto ma sei ancora vivo, la mia presenza, amore mio, ti aiuterà a passare questo brutto momento. Ora sono qui su questa sedia a pensare a noi, al nostro bambino che attende di nascere, piango perché la vita è stata crudele con noi, era il nostro momento, si progettava il futuro insieme, stavamo creando una famiglia tutta nostra, qualcuno ha voluto che il nostro sogno terminasse qui. Mi hanno detto che in quel tragico momento hai urlato il mio nome poi non ci sei più riuscito, dalla tua bocca non è uscito più alcun suono. Amore mio non puoi immaginare come mi senta al solo 31 pensiero che tu non sarai più con me. Steven, mi mancano i tuoi abbracci, le attenzioni che mi davi e l’amore che solo tu hai saputo darmi. Prego ogni istante Dio che interceda su di te facendoti guarire. Tu lottavi per la vita… Si ritrovava in quel letto, pallido in viso e il rossore degli occhi cancellava il suo bel colore verde, due borse nere mostravano il contorno degli occhi, nonostante ciò si poteva notare la sua bellezza. In quella camera buia si notava un piccolo mobiletto e su di esso un vaso con dei fiori, a lato del letto una piccola sedia occupata dalla donna amata. La ragazza molto giovane portava in viso il dolore e la paura di perdere il suo compagno, in grembo portava il frutto del loro amore. Di lì a poco la vita di Steven sarebbe svanita e quella di Rebecca condotta nel baratro. Il bambino era l’unico motivo per lei di non togliersi la vita. I minuti passavano e l’agonia aumentava. Un filo di luce passò tra le tapparelle abbassate, Rebecca si accorse che aveva passato la notte a vegliare Steven senza riposare un secondo. Non poteva fare altro che 32 attendere con la speranza di aiutarlo a guarire e dirgli di amarlo, sapeva di non potersi concedere tempo per dormire. Non avrebbe sprecato nemmeno un minuto se non per stargli accanto in quel tragico momento. Rebecca, gli restava accanto, gli teneva la mano e pregava per la sua vita. Il suo unico amore la lasciava sola, lei avrebbe fatto di tutto ma sapeva che Steven lottava per la vita. L’orologio batteva i suoi colpi, indifferente segnava lo scorrere dei minuti, nella mente della ragazza passava di tutto, sapeva quello che sarebbe successo. Di lì a poco la sua vita avrebbe perso il senso, a riportarla alla realtà fu un piccolo calcio all’interno del ventre materno, era la risposta per lei, avrebbe lottato e dato la sua stessa vita per quella creatura e quel gesto le fece capire di non fare sciocchezze, di non arrendersi. Rebecca poggiò la mano sul suo grembo e promise a quell’essere protezione e amore. Steven si agitava nel letto d’ospedale, sudava, si divincolava, nel suo stato di agonia pronunciava “ Scusa, scusa se ti lascio sola” . Al suono delle parole la commozione prese il sopravvento, dal viso della ragazza scendevano lacrime amare, a quelle Rebecca rispose “ Avrò sempre il tuo ricordo, sarà la cosa più preziosa 33 che custodirò nel mio cuore, pensa al regalo che mi lasci! Il nostro bambino! Avrò cura di lui, guardarlo sarà gioia e felicità per me perché in lui vedrò te amore mio”. La sua voce ridestò, per qualche istante, il compagno, il quale aprì gli occhi stanchi, le strinse la mano, un mezzo sorriso poi... a quel gesto Rebecca scoppiò in un pianto rotto e disperato, capì che quella sarebbe stata l’ultima volta che si fosse specchiata in quegli occhi. Lui lottava per la vita. La temperatura corporea di Steven aumentava, un urlo straziante gli uscì dalla bocca “ Ti amo” si udì in quella stanza fredda d’ospedale, incertezza e incredulità serpeggiavano nel suo cuore, poi un suono inarrestabile di parole, sempre le stesse, sempre più belle perché uniscono chi si ama, “Ti amo, Ti amo gioia della vita mia”. Per non svegliarti più.. Pioveva fortissimo, la corrente elettrica andava via spesso, ero rannicchiata lì sul tuo letto, cercavo una risposta a quanto si era abbattuto su di noi. Non è stato facile accettare la realtà. 34 Mi sembrava tutto un incubo da cui non c’era più risveglio. Desideravo morire al suo posto, ma avrei causato la morte della creatura innocente che cresceva in me. Come ho potuto immaginare una cosa del genere se per me è l’unica ragione di vita! Mi ritrovavo ancora in quella stanza umida e infreddolita, i miei pensieri erano pieni di rabbia e dolore, non sapevo nemmeno cosa era giusto o no. Mi sentivo debole, le braccia penzoloni cadevano giù; mi aggrappai alle lenzuola le strinsi, le mie mani si portarono alla ricerca di te, ti stringevano, ti accarezzavano, avvertivano il senso di freddo, il tuo corpo diventava sempre più gelido. Nella mia testa solo una domanda perché ti ho fatto partire? Non dovevo permettere quell’assurda partenza, perché sei andato via da me… è tutta colpa mia... non me lo perdonerò mai! Dall’uscio Harry osservava con attenzione ogni azione, dalle sue labbra solo poche parole: “ Ormai non c’è più niente da fare, Steven non può essere più salvato lo vuoi capire! È morto! fattene una ragione!” Steven non mi poteva più rispondere, era lì immobile. 35 Con un tono minaccioso Harry continuava a esclamare che dovevamo andare via, non riuscivo a comprendere, non volevo, non potevo lasciare il mio uomo da solo mentre diventava sempre più freddo. Harry mi cinse con le sue robuste braccia dicendomi: ”Non puoi rimanere qui da sola!” Incredula piangevo su quel corpo senza vita! Singhiozzavo e pregavo, non mi davo pace. Come in un film mi passavano davanti agli occhi flash di una vita vissuta insieme, di un amore che mi riservava ancora tante cose. Harry mi sollevò con forza, mi tirò per un braccio, mi condusse fuori dalla stanza non voleva vedermi soffrire. Non so chi mi diede tanta forza, gridai ancora una volta, ”Steven non può restare qui da solo senza di me! Ha bisogno di me!” Ero sull’orlo dello esaurimento, Harry se ne avvide, mi allungò uno schiaffo secco sulla guancia sinistra, scoppiai a piangere. Non me lo sarei mai aspettato. Ero impazzita non sapevo ormai più quello che stavo dicendo. Ci fu un silenzio profondo. Di lì a poco mi calmai, Harry tenendomi per mano disse: ” Ti voglio bene, sarò sempre al tuo fianco”. Non sapevo cosa fare, volevo scappare lontano, Harry me lo proibì, mi stringeva a sé, ci guardammo negli occhi, fu l’attimo cruciale, un 36 pianto liberatorio ci diede il coraggio di continuare. Eravamo rimasti immobili sotto la pioggia, ma eravamo lontano da tutto. Tutto era inutile, non ci restava che tornare a casa. Per Steven non potevamo fare più nulla, solo pregare e custodirlo nello scrigno dei ricordi. Il suo destino aveva già deciso per lui… Svaniva… Il sogno di una vita insieme con te… della mia vita, quella vita che ormai la tua morte ha trascinato via con sé, svaniva... Non ci sei più… ora sei lassù, nella Sua stanza colma di una grande luce… ed io sono quaggiù, nella mia, dove la luce non c’è più. Questa notte non finisce mai, ho smarrito il tuo viso che mi arrecava tranquillità e serenità, in te trovavo pace e mi addormentavo felice. Mi accompagna la tua immagine, mi appari nel momento del sacrificio, una baionetta puntato verso di te, il sibilo dell’aria e poi uno squarcio nel petto... Non trovo pace, questa è l’unica immagine che mi accompagna, l’ho fissa davanti agli occhi. Tutte le nostre speranze, tutti i nostri sogni, i nostri desideri, quella voglia grande di costruire un 37 futuro insieme, svanivano lì, insieme a quei colpi… Eri tu che ogni notte poggiavi le mani sul mio cuore sussurrandomi parole d’amore. Mi portavi altrove, dove nessuno ci vedeva… quell’innocenza che adesso non si spiega. “ Dio, rendimi le forze, dammi energia e voce fammi vivere momenti d’amore, fa che la mia voce lo svegli e lo porti a me che sono la sua vita!”; ogni preghiera è vana, tutto è impossibile… “te lo sei portato via lasciandomi sola con il mio dolore, nulla e nessuno mi potrà aiutare. Dammi solo una certezza, non farmi dimenticare il suo amore”. È tardi, è notte fonda, vorrei tornare in quella stanza, non ci riesco, i ricordi non mi fanno respirare, sono stanca, sono avvilita, a volte, uno spiraglio luminoso mi appare, per un attimo ti rivedo al mare, siamo insieme felici a guardare il cielo sprofondare nelle acque azzurre, mentre gioivi con me il fiore dei tuoi anni. Ho il tuo sorriso impresso nel cuore, Signore non allontanarlo da me, scolpiscilo in me, fammi sentire ancora sua. I ricordi, compagni fedeli, mi aiutano a superare le avversità, passo dopo passo come in un fotogramma rivedo le sequenze della nostra vita, la prima volta che mi hai preso per mano, 38 quando guardandomi negli occhi mi hai baciata dolcemente, mi hai sussurrato la parola “ti amo” e poi accarezzandomi mi hai fatto tua, era la prima volta per me..., tu sapevi come prendermi e fu amore vero, pulito, dolce… Le stelle spiavano il nostro dormire, eravamo due angeli uniti, oggi sono sola, tu non ci sei. Tutto svanisce, alla fine, nessuno può farsene una ragione, o meglio, io no: come potrei! C’è solo vuoto intorno a me! È un vuoto profondo, un baratro dove son caduta… e da quaggiù sarà difficile, forse impossibile, risalire in cima. Forse, per ora, è meglio che io stia qui: non vedrò il sole, la luna, le stelle, il mare, le montagne, i fiori, l’erba, tutte quelle meraviglie che guardavo con te. Non voglio più vedere il cielo, quella meraviglia impossibile da raggiungere se non con la morte, che accoglie chi non vive più. Tu percorri gli spazi sconfinati dell’universo alla ricerca di me, sussurri nenie d’amore per la compagna dei tempi passati, un frammento di stella si stacca dal cielo, cade, si ferma vicina al mio letto mi sussurra parole d’amore. Un lamento, un pianto forte che nessuno può capire… tutte le cose belle che fanno ricordare, un sogno infranto che fa male. 39 Nulla è come prima. Una di quelle storie sull’amore che leggevo da bambina si è strappata… i ricordi di una gioia che adesso è svanita… Chissà, forse un giorno rivedrò il colore del cielo, risentirò il calore del sole… ma sarà tutto diverso: sarà un risveglio, una vita che non conoscerò. Non credo a chi mi dice che il tempo rimarginerà le ferite… lui non sa com’è straziato il mio cuore! Anche da lassù portami per mano, abbracciami, guidami, fammi ancora tua, aiutami ad amare ancora la vita… aiutami!… Mentre un’immagine parlare… si allontanava senza Ripenso ancora, al giorno in cui ti ho incontrato, alle tue parole, ai tuoi gesti… alle cose quotidiane, semplici ma belle perché si ha sempre qualcosa da raccontare e l’opportunità propizia che si stava vivendo, l’attesa di un figlio, esperienza particolare perché unico il momento, gradito perché dono del Signore e condividerlo insieme sarebbe stato un sogno. Il grembo materno cresce giorno dopo giorno, la mia mano lo accarezza e spesso parlo con il frutto del nostro amore, gli racconto di te di 40 quanto fossi speciale e quanto sarei stata felice di vivere insieme, ma… tu mi sei stato portato via troppo in fretta… Ti penso amore mio, il destino ha scelto per noi, per me solo una cosa conta quello di averti amato, lentamente una lacrima bagna il viso, questo mi accade tutte le volte, ormai da tantissimo tempo che ripenso alla nostra storia… a te che non ci sei più… mi assale la paura di perderti di nuovo, di non ricordare…, la tua mancanza mi ha lasciato un vuoto incolmabile. Quel pensiero è sempre più pregnante, a un tratto un’immagine mi appare, silenziosa mi osserva senza parlare, la sua mano sfiora le mie labbra, le stringe, accarezza il mio viso indebolito dal dolore, un sorriso, non una parola… poi scompare, ritorna su di me il tedio di vivere… Un unico ricordo… Un ricordo si aggirava senza meta nella mia mente nel guardare quei pezzi di carta che riportava il suo volto, l’annuncio della sua partenza. Quella sera il gelo si abbatteva sul paesello, la nebbia avvolgeva l’aria, il vento soffiava forte e spifferi s’infiltravano tra le fessure della finestra. 41 Il camino scoppiettante irradiava il suo calore, noi felici allungavamo le nostre mani per assorbire quel calore. Mi disse “mi mancherai!”. Stupita, lo guardai e gli chiesi spiegazioni. “Amore non vorrei lasciarti qui da sola ma devo farlo, mi è giunta la lettera di chiamata per le armi, devo andare in guerra, partirò domani all’alba”. Il mondo in quel momento sembrò mi cadesse addosso, un nodo alla gola non mi permetteva di parlare, il mio cuore si congelò… Il silenzio regnava nella stanza, in sottofondo il fuoco ardeva scoppiettante. Lacrime spontanee bagnavano i miei occhi, lui accarezzò il viso asciugandomele, mi rassicurò con un abbraccio forte e duraturo, aggiunse “Tu sei la mia unica forza per affrontare tutto questo!”. Non volevo stargli nemmeno un minuto lontano. Avevo paura! Non sapevo a cosa andassimo incontro, quale sarebbe stato il nostro destino, se ci fosse stato un futuro insieme. Desideravo che la luce del giorno tardasse ad arrivare, che lui non varcasse quella soglia… Quel silenzio struggente aumentava l’ansia. Il tempo trascorreva veloce. Noi, incatenati in un abbraccio, rimanemmo immobili a fissarci. I nostri occhi lucidi 42 evidenziavano sofferenza e paura di doversi separare, chissà quando, chissà dove avrebbero rivissuto la gioia di stare insieme. Il rintocco della campana ci portò alla realtà, era mattutino, era giunta l’ora della partenza, il fatidico momento. Lui si alzò, si avvicinò alla porta d’ingresso, io lo accompagnai, mi strinse e con un’angoscia mi disse “ Stai tranquilla tornerò presto, ti amo!”. Un ultimo bacio poi… lo seguii con lo sguardo finché non scomparve, un senso di buio scese su di me… Mi sentivo inerme perché non potevo fermarlo. Avevo contato i suoi passi lenti con la speranza che si fermasse e tornasse indietro da me. Ora nello specchio dei pensieri miei ti vedo ma non ti raggiungo mai. Oggi vivo del tuo insegnamento E così passano i minuti, le ore, le giornate…, tutto è cosi lento, il tempo sembra non passi mai. Ogni tanto c’è qualcosa che mi rende felice, “lui” mio figlio, lo sento dentro di me ed è meraviglioso… Come vorrei che tu fossi qui per poggiare le tue mani, nere di fumo, bianche d’amore, sul mio grembo! Ieri ho parlato con la mammana mi ha detto che tutto procede bene, mancano solo pochi giorni, poi lo avrò tra le mie braccia… 43 amore mio, sapessi com’è irrequieto, i calci che mi affibbia sono tanti, vuole uscire per conoscere il mondo… un mondo in cui la guerra tiene le redini. Amore, amore non so cosa mi stia succedendo ho tanta paura, non capisco, soffro, ho dei dolori, ci siamo il travaglio è iniziato, sento qualcosa scorrere lungo le gambe, mio Dio! Si sono rotte le acque! Sono sola, dammi la forza di superare questo momento. Una luce invase la stanza, in quel bagliore prendeva forma un’ombra, paura e speranza si alternavano finché in me si fece sempre più insistente una sensazione nuova vissuta nel passato. Una sensazione… Sembra quasi tu fossi qui con me a stringermi le mani… Ecco, è arrivato il momento, amore sto piangendo, piango dalla felicità, dal dolore, non so il perché piango, so solo che è un pianto forte proprio come il vagito che sto sentendo! E’ nato amore, è nato Steven... è meraviglioso, è uguale a te… ha i tuoi stessi occhi, com’è bello stringerlo tra le mie braccia. Lentamente quel bagliore così come si era sviluppato svaniva, tutto tornava a una normalità che tale non era e non poteva esserla, ero diventata madre di un bellissimo bambino dagli occhi verdi. Saprò essere una brava mamma? 44 Di una cosa sono sicura, diventerà un meraviglioso uomo, noi vivremo nel tuo ricordo, la vita ci darà la forza di credere e di vivere del tuo insegnamento. 45 46