2016 REG.RIC Clstv diniego accesso atti per il ritiro della licenza

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N. 00857/2016 REG.RIC.
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N. 06131/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00857/2016 REG.RIC.
R E P U B B L I C A
I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 857 del 2016, proposto da:
Roberto Di Angelo e Istituti di Vigilanza CLSTV Srl, rappresentati e difesi
dall'avv. Paolo Fiorilli, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma,
Via Cola di Rienzo, 180;
contro
Questura di Roma, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura dello
Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- del diniego di accesso ai documenti amministrativi che hanno costituito il
presupposto della proposta di revoca dell'autorizzazione prefettizia ex art.
134 TULPS.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Questura di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2016 il dott.
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Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe gli odierni ricorrenti impugnano il diniego di
accesso agli atti che hanno motivato la proposta di revoca della
autorizzazione prefettizia ex art. 134 T.U.L.P.S. relativa all’Istituto per la
Vigilanza privata CLSTV.
Deducono gli stessi che il Prefetto di Roma, con provvedimento prot. N.
297384 notificato in data 27 ottobre 2015 ha revocato l’autorizzazione ex
art. 134 TULPS concessa con Decreto prot. N. 222136 in data 27 dicembre
2012 al sig. Di Angelo quale legale rappresentante dell’Istituto di Vigilanza
CLSTV S.r.l., ritenendo fondate una serie di carenze organizzative in capo
alla società.
Avverso il decreto di revoca, i ricorrenti hanno proposto ricorso al TAR
Lazio che, con ordinanza n. 5296/2015, ha respinto la domanda di
sospensione del provvedimento.
Deducono i ricorrenti ricorrente che la Prefettura di Roma, in data 27
novembre 2015, ha concesso l’accesso agli atti istruttori del provvedimento
di revoca della autorizzazione amministrativa; in tale sede gli stessi hanno
potuto constatare che alla proposta di revoca della autorizzazione prefettizia
ex art. 134 TULPS non erano allegati i processi verbali di accertamento
delle carenze organizzative contestate.
Tale accertata assenza ha costituito il presupposto per la richiesta di accesso
presentata alla Questura di Roma che, con provvedimento in data 14
dicembre 2015, ha negato l’accesso.
Deducono i ricorrenti la illegittimità del provvedimento impugnato per
violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente, deducendo la
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infondatezza del ricorso.
Alla udienza del 3 maggio 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato.
L'articolata disciplina degli atti sottratti all'accesso composta dall'art. 24,
comma 2, l. n. 241/90, dall'art. 8 d.P.R. n. 352/92 e dai regolamenti
adottati dalle singole amministrazioni, si risolve nella formulazione, in via
generale ed astratta, di un giudizio di pericolosità fondato sulla presunzione
dell'idoneità dell'ostensione degli atti ascrivibili alle tipologie dei documenti
amministrativi contemplate dalle previsioni regolamentari a pregiudicare le
categorie di interessi generali classificati dalla normativa primaria come
preminenti rispetto al confliggente interesse privato all'accesso. Ne consegue
che, a fronte della richiesta di conoscenza di documenti riconducibili ad una
delle categorie di atti sottratti all'accesso, resta preclusa all'amministrazione,
e, in sede, giurisdizionale al giudice, qualsivoglia valutazione discrezionale
della pericolosità in concreto dell'ostensione di quegli atti, essendo già stata
la stessa definita in astratto, con forza normativa.
La sottrazione all'accesso, operata con la previsione regolamentare di cui
all'art. 3 comma 1 lett. b) , D.M. 10 maggio 1994 n. 415 (modificato con
D.M. 17 novembre 1997 n. 508), peraltro, deve essere coordinata con la
disposizione generale di cui all'art. 8, comma 2, del d.P.R. n. 352 del 1992,
che non ammette deroghe all'accesso ai documenti “se non quando essi siano
suscettibili di recare un pregiudizio concreto agli interessi indicati nell'art. 24, l. 7
agosto 1990 n. 241”. In sostanza, la normativa da applicare al caso concreto
mira a ottenere un bilanciamento tra l'esigenza dell'interessato a difendersi
congruamente in giudizio e l'esigenza pubblica di mantenere segrete alcune
tipologie di atti, per la difesa di un superiore interesse come l'ordine
pubblico e la sicurezza nazionale.
Osserva il Collegio, tuttavia, come nella fattispecie oggetto del presente
ricorso il provvedimento oggetto di impugnazione risulti legittimamente
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motivato in ragione della circostanza secondo cui gli atti di cui si chiede
l’accesso risultano prodromici alla attività di pubblica sicurezza ed oggetto
di specifica informativa di reato effettuata alla autorità giudiziaria; si legge
nel provvedimento, infatti, che “gli atti di cui è chiesto l’accesso rientrano tra
quelli inaccessibili di cui all’art. 3 lettera b) del D.M. n. 415/1994, in quanto
trattasi di atti per l’adozione di provvedimenti dell’Autorità di Pubblica Sicurezza e in
via mediata inerenti l’attività di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica” ex art.
3, lett. b), D.M. 10 maggio 1994.
Sotto tale profilo, dunque, il provvedimento impugnato ha esplicitamente
ricondotto gli atti e i documenti denegati nel novero di quei documenti per i
quali è precluso il diritto di accesso precisando, tra l’altro, che il contenuto
delle stesse notizie di reato “è stato oggetto di dettagliati e completi rapporti
informativi alla Prefettura di Roma, per le valutazioni e determinazioni di competenza
e per i quali è stato già consentito l’accesso e l’estrazione in copia presso quegli Uffici”.
Conseguentemente e per i motivi esposti il ricorso è infondato e, pertanto,
deve essere respinto.
Le spese, in considerazione della peculiarità della fattispecie e sussistendo
giusti motivi, possono essere compensate per intero tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2016
con l'intervento dei magistrati:
Germana Panzironi, Presidente
Italo Volpe, Consigliere
Alessandro Tomassetti, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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