Dpef - Abi

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SELLA: DPEF BUONO, MA È URGENTE
PROSEGUIRE IL CAMMINO DELLE RIFORME
“Percorrere con passo deciso il cammino di riforme già tracciato negli anni scorsi ma che non
sono affrontate estensivamente nell’attuale Dpef”. Ad un giudizio “nel complesso positivo” del
documento, il presidente dell’Abi Maurizio Sella – ascoltato oggi in audizione – affianca un forte
richiamo alla necessità di procedere sulla strada delle riforme. Dal fisco, alla previdenza, alla
giustizia. Riforme che “rivestono, secondo le banche italiane, rilevanza fondamentale per le
decisioni delle famiglie e delle imprese, per il rilancio degli investimenti privati, per creare
quelle condizioni che sono indispensabili per elevare il tasso di sviluppo effettivo e potenziale
della nostra economia”.
La ripresa economica
Dopo aver analizzato il contesto macroeconomico – “l’Associazione Bancaria Italiana condivide,
nei suoi tratti fondamentali, le analisi proposte nel Dpef” – Sella si è soffermato sull’evoluzione
dell’economia italiana. “Le valutazioni del sistema bancario, espresse recentemente nell’Afo (le
previsioni di consenso di un ampio panel di banche) non presentano discrepanze rispetto a
quelle governative per quanto riguarda l’anno in corso; registrano invece un modesto scarto, in
peggio, per quanto riguarda la crescita nel 2004 (1,8 per cento in luogo del 2 per cento
stimato dal governo). E’ insita nella previsione relativa all’anno in corso (+0,8 per cento)
l’ipotesi di una ripresa comunque importante per il terzo e quarto trimestre di quest’anno”.
La finanza pubblica
“Nel recente passato – ha detto Sella - pur se il deficit non ha superato il limite del 3 per cento
del pil posto dal Trattato di Maastricht (cosa che è invece successa in Francia e Germania: 3,1
e 3,6 per cento rispettivamente) anche in Italia la finanza pubblica ha registrato andamenti
insoddisfacenti. Il pronto intervento del governo attraverso misure straordinarie (decreto
blocca spese, vendite straordinarie di immobili, ecc) che non hanno ridotto il reddito disponibile
permanente delle famiglie, ha consentito di attenuare i riflessi macroeconomici sulla finanza
pubblica. Ma al di là degli effetti degli interventi straordinari da oltre due anni i nostri conti
pubblici sembrano essere interessati da un peggioramento di fondo dei principali saldi”. Il
presidente dell’Abi ha quindi concluso che: “L’Abi ritiene che il piano di rimodulazione degli
interventi correttivi previsto nel Dpef sia in linea con il contesto macroeconomico ma che
diventa a questo punto cruciale che, nei tempi annunciati (1/3 l’anno prossimo e un altro terzo
l’anno successivo), si dia corso alla sostituzione delle misure straordinarie con provvedimenti
duraturi”.
Le riforme strutturali
“Appare importante – ha detto Sella – in un contesto in cui la politica fiscale nel suo complesso
non potrà essere di stimolo alla domanda aggregata, che si compiano velocemente passi
decisivi sul fronte di quel largo insieme di riforme a carattere microeconomico che possono
controbilanciare - e sperabilmente più che controbilanciare - gli effetti restrittivi delle manovre
di bilancio sia creando finalmente le migliori condizioni per incentivare consumi e investimenti
sia creando una quadro di riferimento certo per famiglie ed imprese in maniera da orientare in
direzione positiva le aspettative di tali operatori”.
“Cruciale” è stata definita la riforma fiscale: “Un paese che voglia fondare su basi più solide il
proprio futuro – ha detto Sella - non può non porsi l’obiettivo di un alleggerimento consistente
del peso del fisco nell’economia, nell’indiscusso presupposto che una eccessiva tassazione
distorce la corretta allocazione dei fattori produttivi, scoraggia il lavoro, spinge i fattori più
mobili della produzione verso i paesi che presentano più basse aliquote effettive di imposte e
contributi”. “Il governo appare consapevole di tale esigenza”, ma che l’apertura di un forum di
discussione telematico sulla bozza delle norme con le quali si intende dare attuazione alla
riforma dell’imposizione societaria non risolve di per sé il problema di fondo, e cioè la necessità
“di conoscere tutti gli elementi che andranno a comporre il nuovo disegno legislativo”. “Troppi
elementi sono lasciati indefiniti, e compaiono solo limitati elementi di raccordo con le “altre”
riforme in atto”. Sella ha anche ribadito la necessità per il sistema bancario di una riduzione
del livello complessivo delle imposte (quindi sia di quelle erariali sia di quelle locali).
Centrale anche il tema delle Pensioni: “Abi condivide l’esigenza di una revisione del sistema
previdenziale che consenta di pervenire ad un significativo contenimento della spesa
pensionistica e ad un effettivo sviluppo del secondo pilastro previdenziale (cui le Banche sono
direttamente e prioritariamente interessate in veste di principali soggetti dell’intermediazione
finanziaria)”. Quanto al settore bancario nello specifico, “è essenziale che si realizzino le
condizioni per una sensibile diminuzione del costo del lavoro sotto il profilo degli oneri
contributivi gravanti sui datori di lavoro” e in particolare che “le preannunciate misure in tema
di elevazione dell’età effettiva di pensionamento e di incentivazione al mantenimento in
servizio non comportino riflessi negativi in termini di maggiori oneri per le aziende che
utilizzano le prestazioni del “Fondo di solidarietà per il personale delle imprese del credito”, che
è a totale carico delle banche”. Sella ha inoltre ribadito “l’importanza di definire un assetto
della previdenza complementare caratterizzato dalla parità competitiva tra fondi pensione
negoziali e aperti, allo scopo – oltreché di favorire la diffusione della previdenza
complementare nei confronti di una vasta platea di beneficiari – di sviluppare i mercati
finanziari secondo regole di competitività ed efficienza”. Le indicazioni dell’Abi riguardano: la
necessità di rimuovere gli ostacoli normativi e fiscali che impediscono un’effettiva concorrenza
tra fondi pensione negoziali e aperti e di elevare lo standing dei fondi pensione aperti, in modo
da renderli percepibili come alternativa credibile, innalzandoli conseguentemente al rango di
forma pensionistica di 2° pilastro, mediante il potenziamento dei meccanismi di “governance”.
Legata alla questione della previdenza è la riforma degli ammortizzatori sociali. Pur esprimendo
una condivisione di massima del disegno di legge delega tuttora all’esame del Senato, “Abi
considera obiettivo prioritario la previsione di adeguate garanzie affinché la futura disciplina
degli ammortizzatori sociali non produca riflessi negativi per le aziende del credito in termini di
maggiori oneri sul piano contributivo”. Abi riconferma quindi le esigenza che: la
determinazione del futuro c.d. “contributo di equilibrio” per il settore del credito avvenga
tenendo ben presente che, a fronte del vigente onere contributivo (1,31% della retribuzione
imponibile), le aziende bancarie non vengono a fruire, in concreto, della corrispondente
prestazione a favore dei lavoratori interessati; la misura del previsto contributo di solidarietà
venga fissata tenendo effettivamente conto dei parametri indicati nel richiamato Patto
(consistenza numerica degli assicurati nel settore; prestazioni utilizzate), al fine di contenere il
carico contributivo attinente al titolo in parola.
Per quanto riguarda la giustizia, “E’ improrogabile – ha detto Sella - la modifica della legge
fallimentare” per arrivare a: diminuzione dei tempi (doppi rispetto a quelli europei) e dei costi
delle procedure; misure flessibili di prevenzione della crisi in grado di lasciare spazio agli
accordi fra impresa e creditori, su cui il giudice svolga compiti di verifica del rispetto delle
regole e non valutazioni di merito; maggiore stabilità degli atti posti in essere prima della crisi
e, quindi, riduzione dell’ambito di applicazione dell’azione revocatoria. Su queste posizioni,
condivise dall’intero mondo produttivo, non vi è convergenza nell’ambito della Commissione
ministeriale incaricata della riforma. Gravissimo sarebbe se anche questa legislatura si
chiudesse senza il varo di una legge fallimentare ispirata a principi di reale efficacia.
Mezzogiorno
Giudizio positivo, per le misure contenute nel Dpef riguardanti le infrastrutture (“la capacità
delle imprese di competere sul mercato, domestico ed estero è saldamente legata alla qualità
dei servizi offerti da un’adeguata rete infrastrutturale” e il Mezzogiorno (“condividiamo molte
delle cose evidenziate nel Documento, a cominciare dalla giusta sottolineatura del positivo
scarto dei tassi di crescita evidenziatosi negli ultimi anni - +0,2 decimi di punto in media nel
quinquennio 1997-2001 e +0,4 decimi nel 2002 - e dall’evoluzione della demografia delle
imprese. Il pieno sviluppo delle aree sottoutilizzate del paese passa anche attraverso un
riordino degli strumenti di incentivazione). Sempre a proposito di Mezzogiorno Sella ha però
sottolineato che “Se molte delle considerazioni sviluppate con riguardo alle aree sotto utilizzate
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sono da ritenere condivisibili, ci appare viceversa leggera l’analisi riguardante il settore del
credito ed in particolare il legame tra credito ed economia meridionale”. “Il problema cruciale
del Mezzogiorno resta, in primis, quello di creare condizioni di effettiva competitività delle sue
imprese. Per risolverlo occorrono: una maggiore aderenza tra condizioni di produttività e
condizioni di prezzo del fattore lavoro; una adeguata rete di infrastrutture fisiche e materiali;
un maggiore impegno dal parte delle Istituzioni a realizzare quelle condizioni d’ambiente capaci
di innescare davvero un circolo virtuoso che puo’ poi portare all’approfondimento delle relazioni
banca-impresa che pure già vi sono e sono diffuse”.
Quanto al richiamo, contenuto nel Dpef, all’esigenza di un ampio accordo tra le parti sociali per
riforme, competitività, sviluppo ed equilibrio finanziario, “l’Abi condivide questa impostazione
programmatica e sottolinea l’esigenza di attuare riforme strutturali nel contesto del dialogo
sociale. In tale ambito si esprime apprezzamento per il proposito di realizzare, nella prossima
legge finanziaria, attraverso un “accordo per riforme, competitività, sviluppo ed equilibrio
finanziario”, gli impegni derivanti dal “Patto per l’Italia” e, sostanzialmente, anche dal “Patto
per la competitività”, il quale, peraltro, risulta sottoscritto soltanto da una Associazione
imprenditoriale e, quindi, non ha visto il necessario coinvolgimento delle altre Organizzazioni
datoriali.
Roma, Palazzo Altieri, 23luglio 2003
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