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Fondazione Culturale Responsabilità Etica
Aprile 2015
#VENTILIBERI
la XX° Giornata della Memoria e dell’Impegno antimafia a
Bologna
Di Simone Grillo
La legalità in cammino
Il 21 marzo, primo giorno di primavera, si celebra la Giornata della Memoria e dell’Impegno
per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie. Ad organizzarla è “Libera”, il coordinamento
di oltre 1.500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base territorialmente impegnate nella diffusione
della cultura della legalità.1 Ad affiancare Libera nell’organizzazione di questa iniziativa è Avviso
Pubblico, la rete degli enti locali e delle Regioni per la formazione civile contro le mafie,
associazione nata nel 1996 allo scopo di collegare ed organizzare gli amministratori pubblici
impegnati nella promozione della legalità democratica nella politica e nella pubblica
amministrazione così come sui territori da essi amministrati. Ad oggi conta più di 270 soci tra varie
amministrazioni locali.2
La Giornata della Memoria e dell’Impegno è una iniziativa sentita, ormai nota anche a chi non è
direttamente impegnato nell’antimafia sociale, eppure non è una ricorrenza istituzionale, bensì
della società civile. La prima marcia si è svolta a Roma nel 1996 e, in venti anni, ha toccato
Niscemi (Caltanissetta), Reggio Calabria, Corleone (Palermo), Casarano (Lecce), Torre
Annunziata (Napoli), Nuoro, Modena, Gela, Torino, Polistena, Bari, Napoli, Milano, Potenza,
Genova, Firenze, per approdare quest’anno nel capoluogo emiliano.3
La manifestazione dedicata alle vittime delle mafie è però anche occasione per dimostrare
l’attenzione della cittadinanza attiva nei confronti del fenomeno mafioso, sempre più pervasivo in
Italia ed Europa, data la sua capacità di infiltrare l’economia, la politica, le istituzioni.
Di qui la richiesta dei cittadini di normative all’avanguardia, di maggiori risorse e strumenti per le
autorità investigative ed inquirenti. Di qui, soprattutto e prima di tutto, la richiesta rivolta a chi
ricopre ruoli di rilievo pubblico, di rimettere l’etica della responsabilità al centro della propria azione.
1. Emilia Romagna “Terra di mafia”
Ad oggi <<quella che una volta era orgogliosamente indicata come una Regione costituente
modello di sana amministrazione ed invidiata per l’elevato livello medio di vita dei suoi abitanti,
oggi può ben definirsi “Terra di mafia” nel senso pieno della espressione, essendosi verificato quel
triste fenomeno cui si era accennato nella relazione dello scorso anno, quando si era scritto di una
“ infiltrazione che ha riguardato, più che il territorio in quanto tale con una occupazione “militare”, i
cittadini e le loro menti; con un condizionamento, quindi, ancor più grave”>>.4
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, maggiori informazioni sul sito istituzionale www.libera.it
Avviso Pubblico.it, maggiori informazioni sul sito istituzionale www.avvisopubblico.it
3 Libera, cos’è il 21 marzo, http://www.libera.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/472
4 Roberto Pennisi, Distretto di Bologna, in Direzione Nazionale Antimafia, Relazione Annuale sulle Attività svolte dal
Procuratore Nazionale Antimafia e dalla Direzione Nazionale Antimafia, nonché sulle dinamiche e strategie della
criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo 1° luglio 2013 – 30 giugno 2014, Gennaio 2015, pag. 431
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Queste righe costituiscono il passaggio forse più forte dell’intervento di
Roberto Pennisi, magistrato già impegnato presso la Direzione
Distrettuale Antimafia di Bologna e che ha scritto, in qualità di Consigliere,
il resoconto sulle attività antimafia del distretto facente capo al capoluogo
emiliano all’interno della recente Relazione Annuale sulle Attività svolte dal
Procuratore Nazionale Antimafia e dalla Direzione Nazionale Antimafia (di seguito DNA), nonché
sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso.
Le parole di Pennisi hanno inevitabilmente suscitato un sussulto negli animi di molti, rendendo
quasi spontanea l’esigenza di un’analisi specifica del problema così come delle sue origini. Del
resto, se è vero che, nel corso degli ultimi anni, i segnali di infiltrazione delle mafie a livello locale si
erano moltiplicati, è altrettanto vero che il tema era stato posto sul tappeto già da diverso tempo
prima.
Nel 1998, ad esempio, uno dei massimi studiosi del crimine organizzato, il docente universitario
Enzo Ciconte, aveva dato alle stampe il libro “Mafia, camorra, ‘ndrangheta in Emilia Romagna”.
Nel testo si spiegava come non solo l’ndrangheta, ma anche camorra e cosa nostra fossero
presenti in Regione, attivandosi tanto in mercati illeciti (certamente nel traffico di stupefacenti)
quanto nell’economia legale, in particolare nell’edilizia, comparto nel quale emergeva l’utilizzo del
meccanismo del “massimo ribasso” nel sistema degli appalti, una pratica che Ciconte già allora
definiva errata e che riteneva attirasse i mafiosi verso il Nord. Le aziende mafiose, analizzava il
docente, risultavano le uniche che potessero permettersi di aggiudicarsi i lavori a un costo minimo,
anche perché il loro obiettivo, ovviamente, non era l’edilizia in sé, ma l’accesso al sistema di
relazioni che essa poteva garantire. Oltre a mettere in piedi realtà nuove, infatti, l’edilizia ha
consentito alle mafie di stringere rapporti con amministratori e funzionari pubblici locali, oltre che
con il mondo delle professioni. Relazioni che rappresentavano investimenti per il futuro e che
delineavano <<qualcosa di diverso dal tradizionale controllo del territorio, tipico del sud>>.
Tuttavia, Ciconte sottolinea come in Emilia vi sia stata maggiore attenzione rispetto ad altri casi di
infiltrazione in aree esterne a quelle di origine delle mafie. Egli ricorda, ad esempio, come già nel
1999 la Regione gli avesse commissionato uno studio sul fenomeno, al quale ne sono seguiti
diversi altri fino al 2012.
Già in queste ricerche emergeva, in particolare nell’area di Reggio Emilia, la capacità
dell’ndrangheta di inserirsi nel territorio ed influenzare l’economia. Un sistema nel quale già allora
si rilevava la presenza di elementi legati all’imprenditoria locale. Di fronte a quelle prime valutazioni
alcuni amministratori locali, ma non tutti, dimostrarono adeguate sensibilità.
In Regione, ricorda sempre Ciconte, erano certo presenti anticorpi importanti i quali, tuttavia, non
sono stati coltivati, cosa che ha determinato la loro mutazione. Il primo cedimento registrato dal
professore è proprio quello dell’economia e degli imprenditori, che hanno trovato convenienza
nei servizi offerti dalla criminalità. Subito dopo viene rilevato il cedimento del corpo politico,
diviso tra chi ha fatto finta di niente, anche per inconsapevolezza, e chi avrebbe preso voti e usato
rapporti. Sul piano della repressione giudiziaria, Ciconte osserva come limiti vi siano stati, più che
altro, nella magistratura giudicante, ad esempio in quei processi reggiani nei quali si
accoglievano le accuse di traffico di droga senza tuttavia riconoscere la sussistenza del reato di
associazione mafiosa, scelta che Ciconte collega alle impressioni di coloro i quali ritenevano che,
al massimo, l’Emilia potesse risentire di singole presenza ma non di organizzazioni vere e proprie.
Nei giorni immediatamente successivi all'evento sismico del 2012, che si verificò nella pianura
padana colpendo principalmente le province di Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia, Bologna
http://www.camera.it/temiap/2015/03/04/OCD177-1033.pdf
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e Rovigo, lo studioso non ha esitato a dare per certa una iniziativa delle
mafie a infiltrarsi negli appalti delle ricostruzioni, osservando che il
tema si sarebbe dovuto spostare sulla necessità di cacciarle. Viene così
ricostruito l’excursus di una infiltrazione nata certo, anche qui, a seguito
dell’immigrazione e dei casi di soggiorno obbligato, in particolare di soggetti del cutrese. Una
dinamica che rende ancor più necessario sottolineare come non siano certo i cutresi in quanto tali
ad aderire all’ndrangheta; al contrario, specifica Ciconte, molti cittadini originari di questa piccola
località del crotonese sono persone oneste, vittime due volte della presenza dell’ndrangheta: da un
lato a causa del fatto di essere stati costretti ad abbandonare la propria terra per motivi di lavoro,
dall’altro a causa del fatto che proprio i cutresi sono costretti a pagare il pizzo in Emilia, per paura
delle ritorsioni che potrebbero esserci nei confronti dei loro cari rimasti in Calabria.5
Si arriva così all’attualità, in particolare alla già citata Relazione 2015 della DNA, nella quale
l’Emilia Romagna compare già a pag. 37, nel capitolo che fa riferimento all’ndrangheta, laddove si
indica come anche in questa regione siano presenti gruppi criminali proiezioni dei sodalizi esistenti
in Calabria.
Pur essendo vero che tali gruppi presentino spesso una loro piena soggettività ed autonomia
operativa, essi mantengono una salda relazione con le organizzazioni di origine, tanto per l’iniziale
richiesta di legittimazione quanto per continuare a gestire importanti investimenti finanziari, a volte
in piena autonomia e altre volte secondo sistematiche e periodiche direttive. Formazioni
‘ndranghetiste risultano presenti nelle province di Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza,
secondo un sistema di colonizzazione caratterizzato dalla presenza di “locali”, ossia di
organizzazioni che si formano nel territorio di espansione.
La Relazione della DNA conferma le analisi di Ciconte sulla non esclusività della presenza
della criminalità calabrese in Emilia e sui rischi di infiltrazione derivanti dal sisma del 2012. La
Relazione antimafia, infatti, sottolinea la presenza nel territorio della camorra casalese,
verosimilmente dovuta sia agli stanziamenti di denaro pubblico per le ricostruzioni del dopoterremoto, che <<alla particolare modalità di atteggiarsi del crimine organizzato in Emilia, che lo ha
reso proclive a stringere accordi con la camorra casalese alle cui tipologie comportamentali la
‘ndrangheta ha ritenuto di ispirarsi>>, il che ha comportato <<l’ulteriore effetto del confondersi e/o
fondersi delle modalità di comportamento>>. Da recenti indagini appaiono inoltre emergere
propensioni del crimine emiliano verso l’area bresciana ed il Veneto.
Nella Relazione si riscontra anche la ricorrenza dell’Emilia Romagna come territorio dal quale
provengono quantità significative di segnalazioni di operazioni di sospetto riciclaggio di
proventi illeciti, le quali vengono presentate dai soggetti titolari di obblighi antiriciclaggio, dalle
banche ai liberi professionisti non finanziari.6
Un tema, quello del rischio di utilizzo del territorio regionale per ripulire proventi illeciti che trova
conferma anche nella recente I° Relazione Semestrale 2014 della Direzione Investigativa
Antimafia, laddove si rileva che l’Emilia Romagna è la quarta regione d’Italia per segnalazioni di
operazioni sospette, dietro a Lazio, Lombardia e Puglia: delle 29.468 segnalazioni ricevute al
Mario Portanova, ‘Ndrangheta in Emilia, Ciconte: “Politici e imprenditori hanno ceduto alle mafie”, Il Fatto
Quotidiano, 28 gennaio 2015 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/28/ndrangheta-in-emilia-ciconte-politiciimprenditori-ceduto-alle-mafie/1377210/
6 Il dato è ripreso da Direzione Nazionale Antimafia, Relazione annuale, op. cit. pag. 37; 38 - 407
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primo semestre dello scorso anno, 2.532 provenivano dall’Emilia
Romagna.7
Nelle pagine della Relazione della DNA riferite al lavoro del Distretto di
Bologna, si rileva come nella Regione si assista, soprattutto nella zona
emiliana, a una interazione tra consorterie criminali di diversa matrice, mentre la Romagna vede
una più spiccata presenza delle organizzazioni criminali di origine campana. Sui membri della DDA
gravano delicate indagini che spaziano dal crimine organizzato, al traffico di narcotici, alla tratta,
all’ immigrazione clandestina; agli investimenti mafiosi nell’economia, ai traffici illeciti di rifiuti.
L’Emilia si trova di fronte a una aggressione alla quale, tuttavia, le istituzioni cercano di
rispondere. La stessa Relazione della DNA rileva, infatti, non solo il ruolo delle indagini della
Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna (composta peraltro dall’esiguo numero di quattro
magistrati coordinati dal Procuratore della Repubblica), ma anche il lavoro preventivo svolto dagli
Uffici Territoriali di Governo (Prefetture, n.d.a.) attraverso misure interdittive di vario genere, le
quali hanno sempre superato il vaglio del giudice amministrativo.
La gravità del tema dell’illegalità in Emilia Romagna è tale da spingere il relatore Pennisi a usare
toni decisamente gravi: << anche nella Regione Emilia e Romagna si constata quel fenomeno,
diffuso in gran parte del territorio nazionale, della non coincidenza tra politica ed economia da una
parte, e legalità dall’altra. Quanto di meglio possa esistere perché sulla scena della società faccia
il suo ingresso in grande stile il crimine organizzato di tutti i tipi ed a tutti i livelli. Proprio quella
criminalità che ha permeato di sé una Regione, già duramente colpita dalla crisi economica (che è
crisi anche di legalità) e dagli eventi naturali, oltre che da quelli geopolitici. E la mafia (intesa in
termini moderni, come organizzazione del sistema corruttivo che lega potere criminale, potere
politico e potere economico) ha iniziato da qualche tempo a spadroneggiare>.>
Il fatto che l’Emilia sia ormai una “Terra di Mafia” è ritenuto tanto più grave in quanto si
considera come tale realtà non risulti frutto di un contagio dato dalla presenza dell’ndrangheta in
altre aree del Nord Italia (Lombardia, Piemonte, Liguria), ma da dinamiche criminali distinte. Quello
a cui si assiste, specie a seguito delle più recenti indagini, è <<un autentico disastro ambientale
criminale, nel cui ambito i veleni della malavita organizzata calabrese hanno raggiunto i gangli
vitali dell’economia, della politica e di alcune istituzioni>>.
La presenza mafiosa in Emilia è denunciata senza mezzi termini, così come l’insieme di delitti
che accompagnano una tale presenza: estorsioni, usura, riciclaggio, fatturazioni per operazioni
inesistenti, corruzioni, traffici di droga e di rifiuti, interferenze nelle consultazioni elettorali,
danneggiamenti, incendi, e così via. Tutte operazioni portate avanti con dinamiche moderne, tese
a impedire la possibilità che si sveli il sodalizio criminale, per cui si evitano anche quelle cerimonie
di affiliazione o creazioni di più strutture locali che l’ndrangheta reggina ha attuato in parte di
Lombardia, Piemonte o Liguria.
La relazione, del resto, non nasconde che l’azione repressiva non potrà certo risanare i danni
determinati al tessuto sociale dal contatto col sistema mafioso, per cui sarà necessaria <<una
massiccia terapia a base di legalità>>, sulla quale basare una guarigione prevedibilmente lenta.8
Direzione Investigativa Antimafia, Relazione del Ministero dell’Interno al Parlamento su attività svolta e risultati
conseguiti dalla Direzione Investigativa, Antimafia, I Semestre 2014 pag. 209 (grafico)
http://www1.interno.gov.it/dip_ps/dia/semestrali/sem/2014/1sem2014.pdf
8 Questi ed altri dati, relativi anche a possibili attività illecite legate alla camorra o a cosa nostra, nonché sull’azione
repressiva delle autorità competenti, sono ripresi da Direzione Nazionale Antimafia, Relazione annuale, op. cit. pag. 38;
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Dati allarmanti confermati anche da una pubblicazione ancora più
recente, l’edizione 2014-2015 del “Mosaico di Mafie e Antimafia” realizzato
dalla Fondazione LiberaInformazione e voluto dall’Assemblea Legislativa
dell’Emilia Romagna. Il sottotitolo è particolarmente significativo: “Aemilia:
un terremoto di nome ‘ndrangheta”, evidente riferimento all’operazione
scattata lo scorso 28 gennaio 2015, la quale dovrà certamente passare al vaglio della magistratura
giudicante, ma che intanto rende necessario riflettere ulteriormente sulla permeabilità del territorio
emiliano romagnolo ad interessi illeciti.9
2. La Verità illumina la giustizia
Di fronte al quadro sin qui dipinto era evidente il bisogno di un segnale importante, necessario
per permettere alla società civile di mostrare la propria vicinanza alle vittime ed ai testimoni di
giustizia; di esprimere il proprio sostegno alle autorità impegnate in prima linea per la legalità; di
chiedere alle amministrazioni locali di essere sempre più vigili non solo contro le infiltrazioni
mafiose ma anche contro la corruzione; di far comprendere alle mafie e a chi si rende responsabile
di illeciti di ogni sorta (nel campo dell’economia legale o illegale) che il senso civico delle persone è
più forte della crisi economica così come delle disillusioni che possono determinarsi seguendo la
cronaca giudiziaria.
Sono queste le premesse, difficili ma necessarie a comprendere l’importanza della scelta di
Libera e Avviso Pubblico di aver organizzato proprio a Bologna La XX° Giornata della memoria e
dell’impegno e questo significato è contenuto nel titolo dato alla Giornata: “La verità illumina la
giustizia”.
La verità, del resto, è il presupposto necessario per affermare la legalità, come ben può
testimoniare Bologna. Chiunque abbia raggiunto il capoluogo emiliano spostandosi in treno, sarà
molto probabilmente sceso alla Stazione Centrale, dove più di un simbolo ricorda l’attentato
terroristico del 2 agosto 1980, costato la vita a 85 persone che attendevano nella sala d’aspetto il
treno per le vacanze estive. Un crimine odioso al quale la città seppe rispondere con coraggio ed
orgoglio, guadagnandosi una medaglia al valor civile. Bologna, però, è anche la città dalla quale
partì, il 27 giugno 1980, l’aereo ITAVIA DC 9, che trasportava 81 persone dirette a Palermo,
rimaste vittime di una tragedia consumatasi nei cieli di una zona che ha dato il nome a una delle
pagine più oscure della nostra storia: la strage di Ustica.10
Su questi eventi non si è mai fatta piena luce e questa mancanza di verità, questa mancanza di
giustizia indebolisce la Repubblica e le sue istituzioni, quelle stesse istituzioni chiamate a
contrastare con vigore l’azione delle mafie, in Emilia, in Italia, in Europa, e che certo trarrebbero
giovamento, nella loro azione al servizio dei cittadini, se della loro storia si potessero chiarire
alcune pagine.
Una sintesi dei contenuti del rapporto è disponibile in LiberaInformazione, Le mafie in Emilia Romagna, il brusco
risveglio, LiberaInformazione, 12 marzo 2015 http://www.liberainformazione.org/2015/03/12/le-mafie-in-emiliaromagna-il-brusco-risveglio/ . Il testo del dossier è disponibile sul sito della Regione Emilia Romagna
http://www.assemblea.emr.it/pdf/dossiermafie20142015
10 Su questa vicenda si deve ricordare la recente Sentenza della Prima Sezione Civile della Corte d’Appello di Palermo,
la quale ha stabilito che la strage fu causata da un missile e che ha confermato i risarcimenti ai parenti delle vittime. I
giudici d’appello hanno dichiarato prescritto il danno per depistaggio, il quale è stato peraltro riconosciuto. Il Fatto
Quotidiano, Ustica, Corte d’Appello conferma: “Il Dc – 9 venne abbattuto da un missile”, 8 aprile 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/08/ustica-corte-dappello-conferma-dc-9-venne-abbattuto-missile/1573006/
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Una mancanza di verità e giustizia che colpisce, anzitutto, i parenti delle
vittime di questi fatti, le cui associazioni si sono unite ai parenti delle
vittime di mafia proprio il 21 marzo. Del resto non è facile fare i conti con
la storia, anche con quella più recente, fatta di cronaca criminale dietro la
quale si celano però scenari impensabili, che colpiscono laddove meno ci
si aspetterebbe.
A Bologna questo significa fare i conti con la tremenda vicenda della “Banda della Uno Bianca”,
un gruppo criminale che ha seminato il terrore, a Bologna e non solo, nei primi anni ’90, venendo
stroncato da una coraggiosa attività investigativa che ha portato, tra l’altro, a scoprire che i soggetti
di riferimento del gruppo criminale indossassero la divisa della Polizia di Stato, circostanza che ha
permesso alla banda di essere per lungo tempo inafferrabile.
Così, il 21 marzo è stata occasione per ricordare anche queste vittime e per supportare i loro
familiari, così come sono state ricordate le vittime della strage del “Rapido 904”, treno esploso il 23
dicembre 1984 causando la morte di 17 persone.11 Il corteo partito da Via Andrea Costa 174, zona
antistante lo Stadio Renato Dall’Ara, si è mostrato partecipato e multiforme, capace di spaziare
dagli studenti, alle associazioni, dai movimenti di base, alle organizzazioni sindacali, agli
scout, alle amministrazioni locali con i loro gonfaloni. Le donne e gli uomini delle istituzioni, il 21
marzo, hanno così marciato assieme ai cittadini, e questo è qualcosa di più di un dato di cronaca.
E’ Un segnale importante in un’epoca segnata da un progressivo scollamento tra cittadinanza e
politica, persino in una Regione come l’Emilia Romagna, che dopo essere stata a lungo tra le aree
del Paese con la più alta percentuale di elettori votanti, nelle ultime elezioni regionali ha espresso
un dato clamoroso: gli elettori sono stati il 37,7% degli aventi diritto (nelle elezioni regionali
precedenti l’affluenza si era attestata al 68,06 %).12 Un dato che, a parere di chi scrive, è stato
forse dimenticato troppo velocemente, nonostante sia strettamente legato alle difficoltà che si
vivono anche in questa terra, difficoltà che certo rendono più difficile la tutela della legalità.
E’ un segnale di speranza in un momento storico segnato da picchi sempre più elevati di
“corruzione percepita”, forse l’ostacolo principale che oggi occorre superare per riaffermare il
primato della politica, la trasparenza delle istituzioni, l’efficienza e la responsabilità dell’economia.
E’ dunque per questo motivo che il tema della lotta alla corruzione è stato posto al centro degli
interventi che, dal palco montato in Piazza VIII Agosto, hanno preparato i partecipanti alla lettura
dei nomi delle vittime celebrate dalla Giornata.
<<Illegalità e mafie le pagano i cittadini con meno servizi e diritti>> ha esordito Roberto Montà,
sindaco di Grugliasco (Torino) e Presidente di Avviso Pubblico, spronando il legislatore a emanare
buone leggi su lotta alla corruzione, falso in bilancio e prescrizione dei processi. Quello di Montà,
peraltro, non è stato solo un elenco di richieste, ma una riflessione politica, centrata sul concetto
per cui <<non può essere la magistratura a selezionare la classe dirigente>> e sull’esigenza che
la politica si assuma le proprie responsabilità. Montà ha sottolineato come sia necessario
rendere effettiva ed esigibile la Costituzione, anche attraverso l’opera di quegli amministratori
locali che esercitano il proprio ruolo coerentemente a come lo intende l’art. 54 della Carta
fondamentale della Repubblica: con disciplina e onore.
Il 14 aprile 2015 la Corte d’Assise di Firenze ha assolto Totò Riina dall’accusa di essere il mandante della strage. Ansa,
Assolto Totò Riina al processo sul rapido 904, 14 aprile 2015 http://www.ansa.it/toscana/notizie/2015/04/14/assoltototo-riina-al-processo-sul-rapido-904_1df3c2e9-5de3-435f-8fd9-14357550af9e.html
12 Il dato è ripreso dal portale della Regione Emilia Romagna, https://wwwservizi.regione.emiliaromagna.it/elezioni2014/Affluenza.aspx
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Il saluto di Avviso Pubblico ha così lasciato lo spazio ai protagonisti
della Giornata della Memoria, quei familiari delle vittime il cui coraggio
rende possibile da venti anni non solo una celebrazione ma una serie di
iniziative di sensibilizzazione lungo tutto il territorio nazionale, organizzate
da Libera così come da altri movimenti impegnati per la legalità e la
giustizia.
A rappresentare idealmente questi sforzi è stato il toccante intervento di Margherita Asta, la
quale ha esordito ricordando la presenza a Bologna di parenti delle vittime da tutto il mondo, tutte
accomunate dalla ricerca di verità e giustizia. Sono state in effetti presenti delegazioni dall’America
Latina e da Srebrenica. <<Il 70% di noi non sa perché i loro cari siano morti>>, è un dato che si
può leggere anche nella cartina informativa distribuita dai volontari di Libera, ma sentirlo dalla viva
voce di un diretto interessato attribuisce un senso pieno a quello che altrimenti rischierebbe di
passare come un calcolo matematico.
Si tratta, invece, di una cifra che da il senso a una battaglia, alla quale Margherita Asta
contribuisce con la testimonianza della sua storia, legata alla Strage di Pizzolungo, avvenuta il 2
aprile 1985, nella quale ha perso la madre e due fratelli.13 Una testimonianza di siciliana
impegnata proprio in Emilia Romagna per sensibilizzare i cittadini sui lati oscuri della storia del
nostro Paese, e sull’esigenza di fare chiarezza. Una chiarezza necessaria per tutte le vittime
perché <<per noi tutte le vittime hanno pari dignità: da quelle della criminalità comune a quelle
delle stragi>>. Nel suo discorso, Margherita Asta ribadisce la richiesta di una giornata nazionale di
memoria che sia ufficializzata dallo Stato, il quale dovrebbe predisporre misure di sostegno
concreto alla ricerca di verità dei parenti; misure quali la de-secretazione di tutti gli atti pubblici
rilevanti.
A sintetizzare i tantissimi spunti di questa giornata, dalla memoria delle vittime, alla minaccia
delle mafie al nord, dalle ferite della nostra storia a quelle di una corruzione che appare sempre più
connotata alla vita quotidiana del Paese, è stato come sempre Don Luigi Ciotti, che se ne è fatto
carico allo scopo di chiamare tutti alla responsabilità di dare risposte a una piazza di 200.000
cittadini consapevoli. Quando il fondatore del Gruppo Abele e di Libera inizia a parlare l’incontro di
Piazza VIII agosto è iniziato da tempo, eppure la coda del corteo sta ancora concludendo il
percorso che ha attraversato la città. Don Ciotti inizia proprio dalle vittime, perché <<le mafie si
possono studiare e raccontare con efficacia, ma è difficile capirle senza ascoltare il dolore e le
fatiche delle vittime>>. L’impegno per la verità, nelle parole di Don Ciotti, è anche impegno per la
democrazia, la quale <<è incompatibile con il potere imposto ma anche con quello segreto>>, il
che fa capire chiaramente come il prezzo della “ragion di Stato” non possa essere il bisogno di
verità.
Dall’animatore di Libera sono arrivate parole chiare anche in materia di corruzione, nelle
giornate in cui si discuteva il ddl proposto da Piero Grasso sin dal primo giorno in cui ha preso
posto tra i banchi del Senato, un ddl il cui iter egli ha poi dovuto abbandonare, dal momento della
sua elezione allo scranno più alto di Palazzo Madama.14 Don Ciotti celebra il coraggio di quella
proposta di legge ma non si esime da alcune amare considerazioni sui due anni fatti trascorrere
La vicenda è ricordata in Roberto Saviano, Margherita e il giudice sopravvissuti alla mafia, La Repubblica, 26 marzo
2015 http://www.repubblica.it/cultura/2015/03/26/news/margherita_asta_carlo_palermo_roberto_saviano_libro110482639/
14 Per l’analisi del provvedimento e del suo iter si rimanda ai dati disponibili sull’Osservatorio di Avviso Pubblico,
http://www.avvisopubblico.it/osservatorio/contenuti-dellosservatorio/attivita-legislativa/progetti-di-legge-indiscussione/disposizioni-in-materia-di-contrasto-alla-corruzione-ac-19-e-abb-sintesi-del-progetto-di-legge-indiscussione-al-senato/
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senza approvarla, tenendo conto di come il prezzo di tutto questo lo
paghino i cittadini, attraverso la precarietà, la disoccupazione, il taglio dei
servizi e l’espansione delle mafie.
Il fenomeno della corruzione appare però anche come una lente,
capace di far vedere in un modo nuovo il rapporto delle mafie con l’economia legale. Don Ciotti,
infatti, rileva anche come non si debba più parlare di “infiltrazione”, dato che la corruzione fa si che
le mafie trovino <<porte aperte, strade spianate, passerelle, comitati di accoglienza>>. Un concetto
che aiuta a capire la capacità di dialogo dei sodalizi anche con le imprese e le professioni, il che
riporta tutti al bisogno <<di una comprensione nuova del fenomeno>>. Quello che occorre è
dunque un salto di qualità, che spinga oltre <<una legalità formale, scritta più nei codici che nelle
coscienze>>.
Anche da Don Ciotti arrivano indicazioni puntuali: dal bisogno di far funzionare meglio l’agenzia
nazionale sui beni confiscati a quello di approvare senza ulteriori modifiche il ddl sugli ecoreati;
all’esigenza di precisare la definizione del reato di autoriciclaggio; alla richiesta di un
provvedimento sui Regolamenti Parlamentari per la cessazione immediata del vitalizio per i
condannati in via definitiva per mafia e corruzione;15 al bisogno di evitare l’accorpamento del
Corpo Forestale dello Stato, organismo molto importante proprio nella tutela del territorio dagli
illeciti ambientali.
La legalità, nelle parole del fondatore di Libera, si coniugano però sempre con la giustizia
sociale: da qui la richiesta di introdurre il reddito minimo (ormai mancante solo in Italia e Grecia).
Infine, importanti indicazioni riguardano la richiesta di attuare il Regolamento per l’assunzione
dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione e di sostenere il ddl per l’approvazione del
21 marzo quale giornata nazionale di memoria delle vittime,16 così come la richiesta di riconoscere
le ferie a quei dipendenti pubblici che vanno nelle scuole a fare formazione sulla legalità.
Quello della scuola è un tema che consente a Don Ciotti di tornare sui giovani, ribadendo il no al
doping e al gioco d’azzardo, così come la richiesta di aiutare chi desidera affrancarsi dalle mafie
per garantire un futuro degno ai propri figli. Le ultime parole del fondatore di Libera sono per le
coscienze dei cittadini, le quali devono essere risvegliate se si vuole davvero sconfiggere le mafie,
le quali <<maturano nella superficialità>>.
Occorre dunque non sentirsi comodamente dalla parte giusta, in quanto la legalità non è certo
un luogo, ma una prospettiva da costruire insieme.
3. L’impegno da rinnovare
Questo articolo, per una volta, non nasce tanto da una mera attività di ricerca, ma
dall’esperienza della giornata del 21 marzo. Come altre duecentomila persone, anche io ho
partecipato alla marcia in memoria delle vittime, per la verità e la giustizia, che è certo servita a
rimarcare come la memoria sia più forte dell’oblio al quale i carnefici vorrebbero condannare le
proprie vittime.
Il tema è oggetto di una specifica raccolta firme, che riguarda anche i casi di condanna in via definitiva per truffe con
fondi pubblici e frodi fiscali avviata dalla campagna “Riparte il Futuro”, gestita da Libera e Gruppo Abele,
http://www.riparteilfuturo.it/stopvitalizio
16 Sul punto si veda il testo presentato in Senato nel 2013
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00703791.pdf
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Fondazione Culturale Responsabilità Etica
Aprile 2015
Dei tanti aspetti che si potrebbero ricordare della fase conclusiva della
Giornata, uno sicuramente assume una particolare rilevanza ai fini del
senso per cui è nato l’Osservatorio Finanza e Legalità. Esso ha a che fare
con il momento più importante del 21 marzo: la declamazione dei nomi
delle vittime.
Il primo nome, pronunciato dalla Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Rosy
Bindi è stato, infatti, quello di Emanuele Notarbratolo. Capita raramente di constatare come il primo
nome annoverato tra le vittime censite delle mafie sia quello di un uomo delle istituzioni (fu sindaco
di Palermo) ucciso soprattutto per l’impegno che profuse per la trasparenza del Banco di Sicilia,
denunciando il rischio di speculazioni al servizio di interessi indebiti.17
Il lavoro che Banca Etica svolge da anni, anche a fianco di Libera, si basa proprio su questo: sul
concetto per cui una finanza responsabile è necessaria alla tutela della legalità. Un lavoro che,
dunque, ha radici profonde, ma che occorre coltivare per far si che la finanza possa essere messa
al servizio dello sviluppo sostenibile e responsabile e non diventare strumento per riciclare proventi
che derivano da crimini odiosi e violazioni dei diritti umani.
L’antimafia sociale riparte dalla consapevolezza di una bellissima piazza nel primo giorno di
primavera, nel quale la verità illumina la giustizia.
La vicenda è ricordata anche in un dossier a cura di Avviso Pubblico,
http://archiviostorico.avvisopubblico.it/news/allegati/2012-12-07_amministratori-sotto-tiro2012/files/SCHEDE_BIOGRAFICHE_AMMINISTRATORI_2012.pdf
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