vivere la vita - associazione pitagorica

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vivere la vita - associazione pitagorica
VIVERE LA VITA
Dio è la vita: scoprirLo in ogni riposto aspetto della stessa, è saggezza, viverLo
nell'essenzialità d’ogni ora, realizzarLo nella pienezza e nella compiutezza d’ogni
contrastante manifestazione è ineffabile felicità. Perché questa felicità? Perché,
nella fluttuazione costante della manifestazione accidentale, l'uomo può
realizzarsi nell'immobilità dell’essenzialità. Così da non venire più turbato da moti
e trasformazioni di materia e da forme di passionalità o d’impazienza.
Qualcuno potrà dire che questo non è vivere la vita, ma è astrarsi, è rinunziare
alla vita: errore, errore madornale! Costui dimostra che egli nulla sa, nulla ha
compreso della vita; dimostra come egli non viva, bensì si lasci vivere, proprio
come uno che si lascia travolgere dalle acque senza reagire, abbandonandosi al
loro impeto e finendo con l’annegare. Costui, ripeto, non vive, perché vivere
significa dominare e dirigere ogni aspetto della vita, non già esserne dominati o
diretti. Ma per far ciò è indispensabile conoscere l'essenzialità della vita stessa, al
di la della molteplicità contraddittoria delle manifestazioni fenomeniche.
L'essenzialità della vita è nell’Immanifesto, mentre l'accidentalità è, appunto,
contenuta nel manifesto. La peculiarità delle caratteristiche di questi due aspetti
della vita sono, l'immobilità per l'una, la mobilità per l'altra, quindi l’attento
osservatore ha una guida, pressoché infallibile, per dirigere a conoscenza vera le
percezioni limitate della sua coscienza individuale. Se l'Essenziale è immoto e
l'accidentale è mobile, ne viene di logica conseguenza che è necessario basare
l'osservazione e la valutazione dei veri valori vitali in ciò che è per sua natura
immutabile, quindi Essenziale e dare, invece, un minimo valore a quanto, per la
sua perenne mutabilità, dimostra di essere puramente accidentale.
Quindi, la vita nelle forme passionali ed emozionali, pur avendo un peculiare
significato di altissimo valore spirituale, non deve incidere che molto
limitatamente in quella che è la vera vita dell'Essere contenuta, appunto,
nell'essenzialità dei rapporti spirituali con il Padre che è in noi, rapporti spirituali
nei quali è contenuto l'alto significato della Vita reale. Fuori da questi rapporti
non vi è che il caos, inesprimibile ed inespresso, della forma moltiplicante e
distruggente perennemente se stessa in virtù dell'impulso primigenio, causa del
moto primo.
Sbaglia, quindi, chi ripone solo nel perenne mutabile la sede delle sue
emozioni, dei suoi piaceri e dei suoi dolori, in quanto egli è come un fanciullo che
si diletta a far bolle di sapone volendo afferrarle e conservarle. Egli, senza dubbio,
soffrirà molto se non riuscirà a capire che è sì un suo potere far bolle di sapone,
ma non lo è di conservarle.
Sbaglia però, del pari, colui che vuol fissare il valore della vita solo nei suoi
rapporti spirituali con il Padre, in quanto egli viene ad inaridire la sorgente stessa
di questi rapporti, non accettando, quale aspetto dell'Essenzialità, l'accidentalità.
Nell’uno come nell'altro caso non c’è dominazione e direzione della vita, ma un
succube lasciarsi trascinare dalle acque, una supina rinunzia all'esercizio di quel
libero arbitrio di cui Dio insignorì l'uomo quando lo concepì fatto a Sua immagine
e somiglianza.
Vive la vita, dominandola e dirigendola, colui che, edotto dal duplice aspetto
della vita stessa, con reverente libertà colloca al giusto posto e nel giusto aspetto i
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valori differenziali della stessa. Colui che, riferendo all’Essenzialità Divina
l'accidentalità della materia, si sente cittadino del regno dello spirito e turista in
quello della materia.
A bella posta uso la parola " turista " anziché quella di “pellegrino " o di
"passeggero" (il pellegrino, alla ricerca di una meta, il passeggero sospinto
dall'ansia di arrivare, non sono né liberi né sereni). Il "turista” è colui che
liberamente ha lasciato il suo paese per conoscerne altri, inoltre, per viaggiare
spende e vuole spendere bene la sua moneta. Così, chi passa da “turista” nel
regno delle forme, ne accetta transitoriamente le Leggi, ma non se ne fa
soverchiare e si trattiene il tempo necessario, contraendo buoni rapporti con tutto
e tutti, non accettando vincoli, rispettando tutte le bandiere, ma portando la sua
con sacra fierezza, sapendo sempre, in ogni tempo e luogo, di essere un
volontario, curioso visitatore.
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