la bassa fecondita` tra costrizioni economiche e cambio di
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la bassa fecondita` tra costrizioni economiche e cambio di
Università degli Studi di Firenze Viale Morgagni, 59 – 50134 FIRENZE Telefono: 055 4237211 – Telex: UNIFI 572460 – e-mail: [email protected] Fax: 055 4223560 LA BASSA FECONDITA’ TRA COSTRIZIONI ECONOMICHE E CAMBIO DI VALORI: UNO STUDIO SULLE DONNE FIORENTINE CON FOCUS GROUP Elisabetta Sbraci ([email protected]) Firenze, Settembre 2003 1 INDICE INTRODUZIONE ............................................................................................................................... 3 1. IL FOCUS GROUP NELLA RICERCA “LA BASSA FECONDITÀ TRA COSTRIZIONI ECONOMICHE E CAMBIO DI VALORI” ....................................................................................... 4 1.1 La scelta dello strumento ........................................................................................................... 4 1.2 L’organizzazione dei focus group a Firenze.............................................................................. 4 1.3 Le caratteristiche delle partecipanti fiorentine........................................................................... 8 1.4 La realizzazione dei focus group a Firenze ............................................................................. 11 1.5 La traccia di discussione .......................................................................................................... 11 1.6 La metodologia utilizzata per l’analisi dei contenuti............................................................... 13 2. I RISULTATI DELLA RICERCA................................................................................................ 15 2.1 Le presentazioni....................................................................................................................... 15 2.2 La donna realizzata .................................................................................................................. 16 2.3 La coppia che funziona ............................................................................................................ 19 2.4 Organizzazione pratica della vita quotidiana........................................................................... 21 2.5 Le differenze rispetto al passato nell’essere genitori............................................................... 24 2.6 Le motivazioni per non aver avuto un figlio (o un figlio in più) ............................................. 26 2.6.1 Le motivazioni delle donne senza figli ............................................................................. 27 2.6.2 Le motivazioni delle donne con un figlio ......................................................................... 38 2.7 Tre figli: una scelta di vita ....................................................................................................... 43 2.8 Il ruolo delle politiche.............................................................................................................. 44 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI.................................................................................................... 50 APPENDICE METODOLOGICA .................................................................................................... 58 Allegato A. La lettera per contattare le partecipanti ...................................................................... 58 Allegato B. Il questionario per lo screening telefonico ................................................................. 60 Allegato C. La traccia per la discussione....................................................................................... 66 2 INTRODUZIONE Il progetto di ricerca “La bassa fecondità italiana tra costrizioni economiche e cambio di valori”, partendo dalle conoscenze già acquisite con le principali indagini a carattere nazionale (la Seconda Indagine Nazionale sulla Fecondità, l’Indagine Multiscopo), si propone di approfondire alcuni aspetti legati alle scelte di fecondità. La ricerca, finanziata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) per il biennio 2000 – 2002 e coordinata dal Prof. Livi Bacci (Università degli Studi di Firenze), è stata attuata grazie al lavoro e alla collaborazione di sei Università italiane (Firenze, Messina, Padova, Udine, Urbino e Verona). I dati sono stati raccolti attraverso diverse modalità d’indagine: questionari auto-amministrati1, telefonici e utilizzando la tecnica del focus group. Con quest’ultima, in particolare, si intendeva rivolgere un’attenzione specifica all’analisi delle motivazioni sottostanti le scelte riproduttive. Inoltre, si volevano comprendere le opinioni delle coppie coniugate circa i cambiamenti che avvengono nella qualità della vita con la nascita dei figli, sul valore della genitorialità, sui costi economici e non dei figli, sulle possibili politiche pubbliche a sostegno della maternità e della famiglia. Il focus group è stato quindi utilizzato per tracciare alcune possibili spiegazioni del motivo per cui soggetti con caratteristiche simili (luogo di residenza, età, titolo di studio, condizione occupazionale) mettono in atto differenti scelte di fecondità (nulla, limitata, elevata). Il presente rapporto si propone principalmente di analizzare i risultati dei sette focus group che sono stati effettuati dalla sede di Firenze nell’ambito della ricerca e che hanno coinvolto in totale sessantotto donne fiorentine, con e senza figli, nella fase finale della loro vita riproduttiva. La prima parte della trattazione è dedicata alle caratteristiche della tecnica d’indagine ed al suo funzionamento. Allo stesso tempo si è cercato di descrivere gli obiettivi conoscitivi dell’indagine ed i criteri adottati per la formazione dei gruppi. In particolare, si è operata un’attenta descrizione delle modalità di selezione delle partecipanti e delle loro caratteristiche. La seconda parte del rapporto contiene, invece, l’analisi dei contenuti emersi nel corso dei focus group, esaminando ciò che le partecipanti hanno raccontato, tema per tema (la realizzazione personale e di coppia, la genitorialità, i costi dei figli, le politiche di sostegno alla famiglia). Attraverso questa analisi si è cercato di valutare se esiste un sentire comune sui temi sopraccitati, mettendo in evidenza quali sono le opinioni maggiormente condivise, ma anche quali sono i temi che hanno messo in luce alcune differenze tra le diverse tipologie di donne. In particolare, utilizzando i contenuti dei focus group delle donne senza figli e con un figlio si è evidenziato, oltre ad alcuni aspetti legati alla qualità della vita, quali sono state le motivazioni o gli ostacoli che hanno determinato la scelta di non avere un figlio o di averne uno in più. Le opinioni espresse dalle donne con tre figli sono state, invece, prevalentemente utilizzate in un’ottica integrativa e comparativa. 1 Per l’analisi dei dati ottenuti con i questionari auto-amministrati, relativi alla città di Firenze, si veda L. Mencarini, S. Salvini, M. L. Tanturri, “Scelte di fecondità tra costrizioni economiche e cambio di valori: un’indagine sulle madri fiorentine”, 2003. 3 1. IL FOCUS GROUP NELLA RICERCA “LA BASSA FECONDITÀ TRA COSTRIZIONI ECONOMICHE E CAMBIO DI VALORI” 1.1 La scelta dello strumento Il focus group è uno strumento d’indagine basato sull’interazione tra un piccolo gruppo di persone (8 – 12) alla presenza di un moderatore che suggerisce alcuni temi specifici, interessanti per la ricerca, sui quali discutere1. Per le sue caratteristiche il focus group, può essere utilizzato in varie fasi di una ricerca. Nella fase iniziale esso consente di ottenere informazioni generali e sul contesto del tema che è interesse di studio e può stimolare nuove idee fino a generare ipotesi che potranno poi essere verificate tramite indagini di tipo quantitativo2. Allo stesso tempo però può essere un valido strumento da utilizzare anche nella fase conclusiva di un’indagine per interpretare i dati ottenuti tramite metodi quantitativi3 o per indagare le motivazioni che producono determinati comportamenti sociali. Si è quindi ritenuto che, grazie all’utilizzo di questa metodologia d’indagine, fosse possibile approfondire anche il tema delle motivazioni sottostanti i comportamenti e le scelte relative alla fecondità, avendo cura di formare gruppi di persone con caratteristiche il più possibile omogenee (sesso, età, livello d’istruzione, occupazione) ma che avessero attuato comportamenti riproduttivi diversi (zero figli, un figlio, tre figli)4. Tra gli obiettivi c’è quello di verificare se e quanto sia diffusa la convinzione che ad un aumento del numero dei figli corrisponda un cambiamento nella qualità della vita dei genitori. Allo stesso tempo, si intende valutare se le costrizioni economiche siano determinanti per decidere quanti figli avere. 1.2 L’organizzazione dei focus group a Firenze Il progetto di ricerca iniziale prevedeva che venissero svolti almeno sei focus group per ciascuna sede. L’intenzione principale era quella di verificare perché soggetti con caratteristiche socio-demografiche simili mettono in atto scelte di fecondità diverse. Il gruppo di ricerca dell’unità locale di Firenze ha scelto quindi di formare tre diversi tipi di gruppi di donne5: con zero figli, con un figlio e con tre figli, al fine di verificare le motivazioni che spingono donne con caratteristiche simili a porre in essere una fecondità bassa o nulla 1 Volendo dare una definizione sintetica di focus group si può affermare che è “Una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale, basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori, focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità” [Corrao, 1999]. 2 Statera [1997] afferma che il focus group può essere utilizzato “nella fascia preliminare dell’indagine al fine di mettere a fuoco aree problematiche, punti di vista, orientamenti di valori (…) per la costruzione di un questionario”. 3 Statera [Ibidem] suggerisce anche che “i focus group possono essere usati anche per determinare le motivazioni sottostanti a determinate categorie di risposte di un questionario, per commentare un dato quantitativo”. 4 Fabris [1967] sostiene che “nello studio dei fenomeni sociali il gruppo rappresenta la sede più adatta per cogliere la specificità che ci interessa”. Inoltre, in questa ricerca i focus group, non essendo l’unica metodologia di indagine utilizzata, possono integrare e spiegare i dati ottenuti utilizzando sistemi di tipo quantitativo. 5 Dovendo limitare, a causa dei costi abbastanza elevati, il numero di focus group da realizzare, si è preferito effettuare soltanto quelli con donne, dato che i risultati sarebbero stati maggiormente confrontabili con quelli delle indagini di tipo quantitativo precedentemente realizzate nel progetto di ricerca. 4 (donne con un figlio o senza figli) oppure elevata (donne con tre figli). Come suggerito dai maggiori esperti di questa tecnica [Kreuger, 1994; Morgan, 1998], è sempre opportuno effettuare almeno due focus group per ciascuna tipologia di soggetti da intervistare. È stato quindi previsto che si formassero sei gruppi così suddivisi: due gruppi di donne senza figli, due gruppi di donne con un figlio, due gruppi di donne con tre figli6. La selezione del campione7 è una delle fasi più delicate nell’organizzazione di focus group, determinante per creare gruppi omogenei e idonei a fornire le informazioni desiderate. L’obiettivo principale della sede di Firenze era quello di riuscire a formare dei gruppi di donne che fossero nella fase conclusiva del ciclo riproduttivo e che quindi presumibilmente avessero ormai raggiunto il livello di fecondità desiderato. Il campione è stato scelto tenendo conto di alcune precise caratteristiche. In primo luogo sono state selezionate soltanto donne con un’età compresa tra i trentasei e i quarantacinque anni, presupponendo che questa sia la fascia di età8 nella quale si sono già poste in essere le proprie scelte di fecondità. Allo stesso tempo dovevano essere coniugate da più di cinque anni, questa caratteristica è stata scelta con l’obiettivo di ottenere un campione di donne omogeneo e con un’esperienza di coppia consolidata9. Per le donne con tre figli è stato utilizzato un ulteriore criterio: non sono state selezionate coloro che avevano figli con cognomi diversi, supponendo che questi fossero nati da relazioni con partner diversi. Si è considerato che si poteva trattare di donne con esperienze sentimentali “travagliate” terminate per vari motivi (separazione, vedovanza) e che proprio l’esperienza del cambiamento del partner potesse avere influito sulle loro scelte riproduttive una volta entrate in una nuova unione. Al fine di favorire la partecipazione ai focus group sono stati posti in essere alcuni accorgimenti: abbiamo contattato le potenziali partecipanti in un primo momento tramite una lettera (si veda l’allegato A) spedita alla residenza e successivamente attraverso un contatto telefonico, durante il quale sono state poste anche alcune domande volte a scartare le persone con determinate caratteristiche. Per la scelta della numerosità del campione a Firenze abbiamo considerato un numero medio di dodici persone per ciascun gruppo per ottenere un numero medio finale di otto partecipanti per gruppo, considerando che non tutti coloro che affermano di venire all’incontro poi lo fanno effettivamente. Per stabilire il numero di lettere da spedire, si è tenuto conto del fatto che: - essendo necessario uno spostamento da casa per recarsi nel luogo dell’incontro, la disponibilità a partecipare sarebbe stata minore rispetto, ad esempio, ad un’intervista telefonica; - parte di coloro che danno la loro disponibilità a partecipare possono poi essere scartate perché le loro caratteristiche non corrispondono a quelle volute. In particolare, per le donne senza figli il criterio di selezione è ancora più rigido: rispetto alle altre tipologie di donne ci sono maggiori 6 In seguito è stato deciso di effettuare un ulteriore gruppo per le donne senza figli poiché nei primi due gruppi svolti erano emersi contenuti importanti e particolarmente significativi per la ricerca. 7 Nel nostro caso si tratta di un campione mirato per obiettivi, selezionato in base alla presenza di particolari caratteristiche nei casi. 8 La fascia di età coinvolta è abbastanza ristretta per non creare grosse oscillazioni tra i membri dei gruppi. 9 Non sono state quindi prese in considerazione le coppie di fatto. 5 possibilità di doverne scartare alcune, un esempio sono le donne con problemi di infertilità (si veda il questionario per lo screening telefonico, allegato B). Il numero finale di lettere da spedire è stato determinato tenendo conto degli elementi sopra indicati ed in modo da garantire una certa tranquillità nel reperire un numero sufficiente di persone. Pertanto, è stato ritenuto opportuno spedire più di millequattrocento lettere. La lettera, spedita in data 3 settembre 2002, aveva l’obiettivo di informare le possibili partecipanti del fatto che l’Università di Firenze stava effettuando una ricerca che prevedeva alcune interviste di gruppo ad una delle quali era richiesta la loro presenza. Non sono però state date loro informazioni sui contenuti della ricerca se non in linea molto generale. Sono state, invece, informate del fatto che era previsto un buono per l’acquisto di libri come omaggio per coloro che avrebbero partecipato. Infine, sono state avvertite del fatto che sarebbero state contattate telefonicamente da un ricercatore nei giorni successivi. In un secondo momento (a partire dal 16 settembre 2002) si è provveduto a contattare telefonicamente10 le donne alle quali erano state spedite le lettere per raccogliere la loro disponibilità ma anche per ottenere informazioni utili a selezionare le possibili partecipanti in base ad alcune caratteristiche, inoltre sono state proposte delle possibili date per l’incontro. Lo screening telefonico è stato effettuato utilizzando il software di gestione CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing) che consente di ottenere numerosi vantaggi11 rispetto ad una raccolta dei dati su cartaceo. L’intervistatrice telefonica si presentava facendo riferimento alla lettera che la persona doveva aver ricevuto12 e, dopo avere nuovamente fatto una breve presentazione della ricerca e risposto ad eventuali domande di chiarimento, chiedeva la disponibilità di massima a partecipare all’incontro. In caso di risposta affermativa procedeva con lo screening. Le domande-filtro contenute in esso erano mirate a selezionare donne con caratteristiche simili. Prima di tutto si chiedeva alla persona se svolgeva un’attività lavorativa, in caso di risposta negativa l’intervista era conclusa e la persona scartata, in quanto si era preventivamente stabilito che fossero tutte donne con un’occupazione. Tale scelta è stata determinata prima di tutto dal fatto che tra gli obiettivi dell’indagine vi era quello di cercare di comprendere meglio come una donna possa conciliare l’attività lavorativa con quella di genitore e quali siano le difficoltà che incontra oggi e, in secondo luogo, era una caratteristica necessaria per formare gruppi omogenei. Per quanto riguarda il tipo di occupazione svolta si sono scartate coloro che svolgevano la professione di assistente sociale in quanto i temi trattati potevano essere loro più familiari rispetto alle altre donne. In secondo luogo, è stato chiesto il titolo di studio, per scartare coloro con un titolo inferiore alla licenza media inferiore (al fine di garantire un livello di studio medio-alto) e le laureate in psicologia o sociologia (per una presunta familiarità che avrebbero potuto avere con la metodologia d’indagine). Si è 10 Le interviste sono state effettuate nell’arco di quattro giorni (dal 16 al 20 settembre 2002 nella fascia oraria che va dalle 18.00 alle 22.00) dai membri del gruppo di ricerca opportunamente formati. 11 Tra i principali vantaggi che si possono ottenere utilizzando il sistema CATI c’è quello di ottenere una gestione automatica della sequenza delle domande (mediante la programmazione di filtri) con un notevole guadagno in termini di velocità e di praticità nel porre le domande e nel registrare direttamente le risposte su un file. 12 Un numero consistente di persone ci ha riferito che la lettera non era pervenuta a destinazione, le cause ci sono sconosciute ma probabilmente si tratta di errori da rintracciarsi nell’indirizzo. 6 provveduto poi a verificare alcuni dati anagrafici quali l’anno di nascita, l’anno del matrimonio, il numero di figli ed il loro anno di nascita. Infine, prima di proporre alcune date ed orari per l’incontro sono state poste alcune domande più delicate che avevano però lo scopo di verificare alcune importanti caratteristiche. Ad esempio, volevamo selezionare soltanto donne coniugate, quindi abbiamo chiesto a tutte e tre le tipologie di donne se si trovavano in una situazione di separazione di fatto o di vedovanza. Quest’accorgimento è stato adottato al fine di creare gruppi omogenei e per il fatto che nel corso del focus group erano previste domande sulla vita di coppia che avrebbero avuto poco senso e avrebbero potuto creare imbarazzo nelle persone che si trovavano in tali situazioni. Alle donne che hanno dichiarato di avere zero o un figlio è stato chiesto anche se pensavano di essere in attesa di un figlio perché qualora lo fossero state non sarebbero più risultate collocabili nel gruppo attribuito loro inizialmente. Infine, alle donne senza figli è stato chiesto se credevano di trovarsi in una situazione di infertilità13, questa domanda è stata inserita con lo scopo di evitare di intervistare, nella tipologia di gruppo delle donne senza figli, persone che non avevano avuto una maternità per motivi di salute e non per una propria scelta14. Nel caso in cui le caratteristiche della persona intervistata fossero risultate corrispondenti ai criteri predisposti per la formazione dei gruppi, l’intervistatore proponeva due possibili date per l’incontro chiedendo anche una preferenza per l’orario (le ore 18.00 o le 21.00). Terminato lo screening telefonico, era l’intervistatore che doveva rispondere ad una domanda: gli veniva, infatti, chiesto se, secondo il suo giudizio, la persona sembrava adatta a partecipare ad un focus group. Le persone che si dimostrano, ad esempio, particolarmente aggressive o poco collaborative, probabilmente non sono adatte a partecipare ad un focus group perché possono essere fonte di situazioni poco piacevoli e creare disagio al gruppo. Conclusa la fase delle interviste telefoniche, abbiamo provveduto alla formazione dei gruppi, considerando le disponibilità date dalle donne con le caratteristiche stabilite. La maggior parte delle donne intervistate ha preferito come orario per l’incontro le ore 18.00, così abbiamo proceduto formando dei gruppi omogenei, di circa dodici persone, secondo le disponibilità per quell’orario e la data. Abbiamo poi ricontattato telefonicamente le persone che avrebbero dovuto partecipare dando loro comunicazione del giorno e dell’orario definitivo e le informazioni per raggiungere il luogo dell’incontro. Infine, il giorno precedente l’incontro, tutte le persone sono state ricontattate per avere un’ulteriore conferma della loro partecipazione. Il luogo preventivamente stabilito per l’incontro, e già comunicato tramite lettera, era il Dipartimento di Statistica dell’Università di Firenze, facilmente raggiungibile sia in auto sia con gli autobus e tale da garantire la scientificità della ricerca. Era importante, infatti, che le possibili partecipanti comprendessero la serietà dell’indagine, senza fini commerciali ma solo scientifici, e che non si sentissero a disagio per il luogo 13 Alle donne senza figli non è stato chiesto di rispondere direttamente a questo quesito ma soltanto di dire se si riconoscevano in alcune situazioni (in attesa di un figlio, in stato di infertilità, di separazione o di vedovanza) senza, eventualmente, specificare in quale di queste. Si veda l’allegato B (Il questionario per lo screening telefonico). 14 Nonostante questa domanda nei gruppi di donne senza figli si sono avuti comunque alcuni casi di persone che hanno raccontato di trovarsi in una situazione di infertilità non personale ma di coppia. 7 prescelto15. Inoltre, a tutte le partecipanti era stato promesso un buono omaggio per l’acquisto di libri del valore di venticinque euro in segno di ringraziamento. Grazie agli accorgimenti adottati e ad un’alta partecipazione di tutte coloro che avevano garantito la loro presenza, la numerosità di ciascun gruppo è variata tra otto e undici persone (tabella 1), mentre il numero medio di partecipanti per ciascun focus group è stato di 9,71: sono stati quindi rispettati i canoni indicati in letteratura. Hanno partecipato ai sette focus group un totale di sessantotto donne. Tabella 1 Numerosità dei gruppi TIPOLOGIA DI DONNA Senza 16 figli NUMERO DI PARTECIPANTI Con un Con tre figlio figli Totale Min 8 10 9 8 Max 10 11 10 11 Totale 28 21 19 68 1.3 Le caratteristiche delle partecipanti fiorentine Il criterio di selezione per età è stato pienamente rispettato, infatti, le partecipanti di ciascuna tipologia di gruppo hanno un’età compresa tra i trentasei e i quarantacinque anni, con una media di 41,5 anni. Per quanto riguarda il titolo di studio, ci sono state delle variazioni rispetto a quanto preventivato. In un primo momento, precedente lo screening telefonico, avevamo stabilito di scartare soltanto le donne con un livello d’istruzione che fosse al di sotto della licenza media inferiore. Quando poi però sono state analizzate le caratteristiche delle donne che avevano dato la disponibilità a partecipare ad un focus group si è rilevato che, in generale, il titolo di studio era piuttosto alto e che erano molto poche le donne con una bassa istruzione. Si è pensato, quindi, che fosse opportuno scartare anche le poche donne che avevano come titolo di studio la licenza media inferiore, al fine di creare gruppi che fossero il più possibile omogenei. Una differenza sostanziale si è riscontrata per quanto riguarda la tipologia delle donne senza figli: qui il livello d’istruzione riscontrato è ancora più elevato rispetto alle altre tipologie, infatti, la maggior parte è in possesso di una laurea. Nel grafico 1 è riportata una sintesi del titolo di studio per ciascuna tipologia di gruppo. 15 Fabris [1967] sostiene che “la scelta del luogo in cui avverrà la riunione deve essere preventivamente studiata per evitare di inserire nell’intervista un elemento perturbatore quale potrebbe essere appunto, il luogo in cui si svolge la riunione”. Un esempio della non adeguatezza del luogo si può avere qualora venga scelto, per delle interviste di gruppo, un albergo di lusso che può facilmente mettere a disagio i partecipanti di livello sociale non elevato e che certamente non facilita la creazione di un’atmosfera intima e familiare. 16 Per la tipologia di gruppo delle donne senza figli sono stati effettuati tre focus group anziché due come per le altre tipologie. 8 TITOLO DI STUDIO 50 0 Grafico 1 0 figli 1 3 figli tutte diploma 7 15 14 36 laurea 21 6 5 32 Titolo di studio delle partecipanti17 Una delle possibili spiegazioni per il titolo di studio delle partecipanti così elevato può essere data dal fatto che le persone con un grado di istruzione medio-alto sono più propense a rendersi disponibili per partecipare ad indagini e ricerche di questo tipo, soprattutto se realizzate da un ente come l’Università. L’occupazione delle donne con un figlio (tabella 2) è poco diversificata: sono quasi tutte impiegate. Tra le donne con tre figli sono numerose le insegnanti, quasi in numero pari alle impiegate, scarso, invece, in tutte le tipologie di donne, il numero di coloro che svolgono mansioni di tipo dirigenziale. Inoltre, è interessante notare che, tra le donne senza figli, ci sono ben cinque libere professioniste, mentre nelle altre tipologie di donne non se ne rintraccia neanche una. 17 I valori indicati sono assoluti. 9 Tabella 218 Distribuzione dei tipi di occupazione per ciascuna tipologia di donna19 TIPOLOGIA DI DONNA TIPO DI OCCUPAZIONE Senza figli Con un figlio Con tre figli Totale Medico 2 1 - 3 Imprenditore 1 - - 1 Dirigente, Funzionario 1 2 1 4 Insegnante 4 3 6 13 Impiegata 10 14 7 31 Tecnico, Infermiere professionale 1 1 1 3 Libero Professionista 5 - - 5 Commerciante - - 1 1 Casalinga - - 2 2 Disoccupata 1 - - 1 Altro 3 - 1 4 Tabella 3 Durata del matrimonio in anni NUMERO DI ANNI DI MATRIMONIO Min Max Media Senza figli 6 21 11 TIPOLOGIA DI DONNA Con un figlio Con tre figli 11 10 21 21 16 17 Totale 6 21 14 Tra i requisiti per la selezione vi era la durata del matrimonio, nella tabella 3 sono riportate le durate in anni medie, minime e massime per ciascuna tipologia di donna. L’età del primo figlio varia tra gli otto e i venti anni, senza significative differenze nelle due tipologie di donne con figli, l’età media è di quattordici anni. I secondogeniti, delle donne con tre figli, hanno un’età compresa tra i quattro e sedici anni, l’età media è di undici anni. I terzogeniti, infine, vanno dagli uno ai dieci anni, per un’età media di cinque anni. In seguito allo screening telefonico, nel procedere con la formazione dei gruppi, si è ritenuto opportuno scartare le donne con tre figli che avessero avuto parti gemellari20. Infatti, si è considerato che, 18 Nonostante avessimo posto come requisito necessario il fatto che svolgessero un’occupazione, due donne risultano essere casalinghe, ciò è stato probabilmente dovuto ad errori durante lo screening telefonico. Mentre per quanto riguarda la persona in cerca di occupazione, si trattava di una donna che aveva perso il lavoro da poco tempo ma che comunque aveva sempre lavorato. 19 I valori indicati sono assoluti. 10 probabilmente, parte di coloro che hanno avuto tre figli grazie ad un parto gemellare senza questa particolare circostanza ne avrebbero avuti due. Un dato interessante è quello dell’età della donna al primo figlio; come si può vedere dalla tabella 4, le donne con tre figli hanno avuto in media il primo ad un’età inferiore rispetto alle donne con un solo figlio. Tabella 4 Età della donna al primo figlio TIPOLOGIA DI DONNA ETÀ AL PRIMO FIGLIO Con un figlio Con tre figli Totale Da 21 23 21 A 35 30 35 Media 29 26,7 27,9 1.4 La realizzazione dei focus group a Firenze A Firenze sono stati realizzati sette focus group, due ciascuno per la tipologia delle donne con uno e tre figli, mentre per la tipologia delle donne senza figli ne sono stati realizzati tre. I focus group sono stati effettuati tra il 25 settembre e il 9 ottobre 2002 in una stanza appositamente allestita presso il Dipartimento di Statistica dell’Università di Firenze21. La durata di ciascun incontro non ha mai superato le due ore, come preventivato. Oltre al moderatore erano presenti un assistente, un recorder ed un recorder metodologico22. La presenza di quattro persone, facenti parte del gruppo di ricerca, non ha creato particolare imbarazzo alle partecipanti che hanno anzi solitamente dimostrato di trovarsi a loro agio23. 1.5 La traccia di discussione Per la costruzione della traccia di discussione si è tenuto conto sia degli obiettivi dell’indagine sia delle possibili reazioni alle domande da parte delle partecipanti. Dalla letteratura sul focus group, infatti, è nota l’importanza di formulare domande chiare e dirette che stimolino il dibattito e consentano di ottenere le informazioni volute. Si è cercato, inoltre, di circoscrivere i temi da proporre al gruppo al fine di far intervenire il più possibile tutte le partecipanti sugli argomenti interessanti per l’indagine. 20 Ciò è stato possibile grazie alla domanda contenuta nello screening telefonico che chiedeva l’anno di nascita dei figli, quelli nati nello stesso anno sono quasi sicuramente gemelli. 21 Nella stanza si trovava un tavolo rettangolare intorno al quale, in modo che si potessero vedere tra loro, sedevano le partecipanti, ognuna con davanti il proprio nome scritto su un cartellino per facilitare la comunicazione. 22 Il compito del recorder metodologico era quello di annotare tutto ciò che esulava dai contenuti ma che poteva essere significativo per studiare le dinamiche che emergevano nei vari gruppi. 23 Le conversazioni sono state registrate tramite due registratori-audio collocati alle opposte estremità del tavolo, con il consenso preventivo delle partecipanti. La registrazione si è resa necessaria per integrare gli appunti presi dal recorder durante la conversazione e riuscire così ad avere la possibilità di trascrivere integralmente ciò che le partecipanti raccontavano. 11 Dopo una breve introduzione volta a presentare la ricerca (caratteristiche, finalità) e ad illustrare il funzionamento della discussione, ciascuna partecipante era invitata a fare una breve presentazione di sé (nome, lavoro, tempo libero). Nella maggior parte dei casi, le donne comprendevano subito di essere state raggruppate in relazione al numero di figli, poiché è un’informazione che, solitamente, ciascuna dava nel corso della presentazione. Lo scoprire di avere lo stesso numero di figli come caratteristica comune a tutte le partecipanti, ci è sembrato che desse loro un senso di appartenenza e di condivisione di esperienze di vita che ha reso più semplice la conversazione successiva24. La traccia è stata costruita su quattro macro-temi: 1. La realizzazione personale e di coppia; 2. La genitorialità; 3. I benefici e i costi dei figli; 4. Le politiche. Durante la prima parte della discussione si volevano ottenere informazioni sul ruolo e l’importanza che la realizzazione personale, la dimensione lavorativa e le relazioni amicali hanno nella vita quotidiana delle partecipanti. Attraverso domande piuttosto generali, alle quali ogni donna poteva rispondere introducendo il tema che sentiva più vicino, si voleva comprendere quali sono gli aspetti che la persona percepisce come prioritari all’interno della propria vita: se ha maggiormente importanza, ad esempio, la dimensione familiare piuttosto che l’attività lavorativa, se nella vita di tutti i giorni, dopo la famiglia ed il lavoro, rimane lo spazio per coltivare interessi personali ed hobby. Inoltre, attraverso alcuni stimoli mirati, si intendeva indagare su alcuni aspetti della vita a due: quali sono le caratteristiche di una coppia che funziona, le sue diversità rispetto al passato, il suo stile di vita. Veniva poi suggerito ai membri del gruppo di parlare di come è organizzata la gestione della vita quotidiana nella loro famiglia, con l’obiettivo di verificare il grado di partecipazione di ciascun componente della coppia nella gestione della casa e dei figli. Con questo stimolo si è cercato di capire se all’interno della coppia esiste uno squilibrio nella divisione dei compiti tra uomo e donna. Dati recenti (Istat, 1999) indicano che la condivisione delle attività familiari, anche quando la donna lavora, è piuttosto scarsa; infatti, sussiste un’asimmetria di genere che vede mariti poco collaborativi nelle attività domestiche (pulizia della casa, preparazione dei pasti, ecc.) e mogli che si dividono tra impegni lavorativi e familiari. È interessante indagare questo aspetto della vita quotidiana confrontandolo nelle diverse realtà familiari (famiglie senza figli, con un unico figlio o numerose) per comprendere se esistono differenze significative. I recenti studi sulla bassa fecondità, tra i quali anche la Seconda Indagine Nazionale sulla Fecondità (Inf-2), hanno cercato di approfondire gli aspetti legati all’asimmetria di genere ritenendo che possa essere talvolta una determinante della bassa fecondità [Ongaro, 2002; Mencarini, Tanturri, 2002]. Una seconda area tematica riguardava la genitorialità25: quali sono le differenze tra le esperienze dei genitori di oggi rispetto a quelli del passato, come è cambiato nel corso delle ultime generazioni il significato 24 Questo dimostra l’importanza di formare i gruppi con persone dalle caratteristiche simili. Alcune domande appartenenti a questa area non sono state rivolte alle donne senza figli perché relative ad esperienze strettamente legate alla genitorialità e che quindi non le riguardava in modo diretto. 25 12 dell’essere genitore. Attraverso una serie di domande, si voleva far emergere il parere degli intervistati sui prerequisiti (ad esempio di tipo economico) per avere un figlio e sugli ostacoli che rendono difficile la scelta di avere un figlio o di averne uno in più. Questa area tematica ha consentito di trarre un gran numero di informazioni sull’esperienza delle partecipanti per quanto riguarda le decisioni riguardanti la genitorialità, fornendo utili notizie sul percorso riproduttivo della coppia. Molte delle partecipanti, infatti, hanno raccontato la loro esperienza diretta integrandola anche con quella di persone a loro vicine. Con un’altra serie di stimoli si è cercato di conoscere quali fossero le opinioni delle donne intervistate circa il costo dei figli. Con il termine “costi” si intende sia quelli di tipo economico, strettamente monetari, sia quelli non economici. Questi ultimi sono rappresentati dalla percezione dell’individuo del cambiamento di alcuni aspetti della vita che avviene con la nascita dei figli: la disponibilità di tempo libero, la qualità della vita di coppia, la conciliazione di lavoro e carriera con la famiglia. Inoltre, si intendeva verificare se costituisce opinione comune che tali costi crescano all’aumentare del numero dei figli. Infine, si chiedeva alle partecipanti dei focus group di esprimere la loro opinione sui possibili interventi pubblici utili ed efficaci per favorire la maternità e la famiglia. Tra quelli proposti dal moderatore c’erano: assegni familiari o sgravi fiscali, incentivi alla flessibilità del lavoro, interventi finalizzati a migliorare, sia quantitativamente sia qualitativamente, le strutture di supporto alla famiglia (ad esempio gli asili nido). Le partecipanti esprimevano la loro preferenza supponendo di poter formulare ai politici delle richieste dirette. 1.6 La metodologia utilizzata per l’analisi dei contenuti Moltissimi sono i testi che forniscono informazioni sulla conduzione dei focus group, sulla selezione dei partecipanti, e su tutto ciò che attiene al funzionamento del gruppo, ma poche sono le indicazioni su come procedere nell’interpretazione e nell’analisi di ciò che emerge durante le sessioni. Bertrand, Brown e Ward [1992] spiegano che ciò è probabilmente dovuto ad una serie di ragioni tra le quali il fatto che la scelta di come avvicinarsi all’analisi dei dati qualitativi è vista da molti come una prerogativa del ricercatore. Per quanto riguarda l’analisi dei focus group svolti a Firenze, si è ritenuto opportuno operare nel seguente modo26: una volta effettuate le trascrizioni integrali di ciò che era stato detto durante le sette sessioni di focus group, si è proceduto alla costruzione di una griglia per l’analisi27. Nella griglia, si è cercato di raggruppare per temi (prendendo in considerazione le risposte agli stimoli posti) i contenuti emersi, utilizzando una riga per ciascun gruppo28. A lato poi, è stata inserita una breve sintesi delle posizioni emerse dalle partecipanti nel corso della discussione. La costruzione della griglia ha facilitato l’analisi dei contenuti 26 Per l’analisi si è tenuto conto dell’esperienza della sede di Urbino, anche al fine di uniformare il metodo di analisi tra le varie sedi della ricerca. 27 La griglia consiste, essenzialmente, in una tabella formata da righe e colonne. Le quattro colonne indicano rispettivamente, in ordine: il numero del focus group, il numero di figli delle donne di quel gruppo, una sintesi delle posizioni e le trascrizioni relative ad un tema proposto. Ciascuna riga corrisponde invece ad un focus group. 28 Si sono ordinate le righe partendo dai gruppi delle donne con tre figli seguiti da quelli delle donne con un figlio e da quelli delle senza figli. 13 emersi, evitando di perdersi nell’enorme quantità di opinioni espresse. A volte, nel corso della conversazione, le persone tendono ad esprimere opinioni su cose che non sono state loro chieste, talvolta rispondendo a domande poste in precedenza o anticipando temi proposti in seguito, ma dando comunque informazioni interessanti per la ricerca. La griglia consente di ricollegare questi interventi all’interno dei temi contenuti nella traccia, consentendo così di confrontarli con quelli delle altre partecipanti29. Sintetizzando, con questo sistema, chi analizza i dati ha il vantaggio di ridurre una vasta quantità di informazioni in una forma maneggevole; va aggiunto però che, con questa ulteriore e lunga operazione di riduzione, si perde una parte della ricchezza dei dettagli che ciascun partecipante esprime [Bertrand, Brown, Ward, 1992]. Partendo dalla griglia di analisi, si è quindi cercato di riassumere, tema per tema, ciò che è emerso durante i focus group citando gli interventi più significativi. 29 Ciascuna riga corrisponde ad un gruppo, questo permette di paragonare i contenuti in base alla sua tipologia. È più semplice, ad esempio, il confronto tra quanto emerso per la tipologia delle donne senza figli con quello delle donne con tre figli, essendo le opinioni di questi due gruppi già suddivise. 14 2. I RISULTATI DELLA RICERCA 2.1 Le presentazioni Già dalla presentazione di sé che ciascuna partecipante fa, è possibile delineare alcuni profili paradigmatici. Innanzitutto, si può dire che si riscontrano alcune differenze tra le donne che appartengono a tipologie familiari diverse. Le donne con tre figli evidenziano soprattutto la difficoltà nel conciliare la famiglia con il lavoro, il tempo per gli hobby è ridotto al minimo anche se c’è comunque la volontà di trovare lo spazio per dedicarsi a qualche attività extra-familiare (pittura, palestra). Ma il tempo per sé tende ad essere residuale, quello che resta dopo le attività dei figli, i quali necessitano di essere accompagnati nei vari luoghi per fare sport, lezioni di musica, ecc. Spesso, quindi, esse parlano di hobby casalinghi (lettura, cucina, ricamo). Alcune raccontano di aver cambiato lavoro, oppure ridotto il proprio orario, per seguire meglio la famiglia, mentre il marito ha spesso un lavoro che lo tiene fuori casa molto a lungo e che di conseguenza non consente di essere molto presente con i figli. Quanto è emerso è in linea con i risultati di ricerche relative ai comportamenti lavorativi di uomini e donne in presenza di figli: è stato spesso messo in luce, infatti, che all’aumentare del numero di figli mentre la madre riduce l’impegno lavorativo, l’uomo lo aumenta, probabilmente anche per far fronte alle accresciute esigenze economiche che una famiglia numerosa impone [Tanturri, Mencarini, 2003; IRP, 1998]. Di hobby ce ne avrei tantissimi… la calza, l’uncinetto è il massimo del mio hobby, non c’ho quasi mai tempo, mio marito lavora tantissimo e… e poi, bene o male, si incastra le palestre, i calci, le scuole di danza, i saggi, musica (FG 5, 3 F)1 gli hobby sono quelli dei figli perché il tempo è quello che è, poi un po’ di televisione, un po’ di lettura e i lavori manuali, il punto in croce e i ferri e la calza (FG 6, 3 F) Anche le donne con un figlio esprimono la difficoltà di conciliare lavoro e famiglia, anche se forse esse percepiscono maggiormente il lavoro come ostacolo per dedicarsi agli hobby (teatro, palestra) che comunque sono, in generale, abbastanza coltivati. Probabilmente questo è determinato dal fatto che le donne con un figlio non hanno ridotto, nella maggior parte dei casi, il loro orario di lavoro dopo la nascita del figlio. hobby purtroppo no perché lavoro troppo, è un lavoro molto stressante il mio, che prende anche le 24 ore (FG 1, 1 F) mi barcameno fra lavoro che mi prende tutto il giorno e la famiglia che mi prende totalmente (FG 1, 1 F) Alcune sostanziali differenze si riscontrano, invece, per le donne senza figli: nella loro presentazione, infatti, emerge molto più spesso l’importanza che ha per loro l’attività lavorativa, molte hanno un lavoro che le impegna molto sia per la durata sia per la concentrazione necessaria, qualcuna di loro svolge anche due 1 Tra parentesi sono indicati il numero del focus group (FG) ed il numero di figli (F). 15 attività. Per le donne senza figli la definizione del modello ideale lavoro-famiglia è più orientato verso il modello maschile che privilegia la dimensione lavorativa [IRP, 1998]. In sostanza, tutte le donne raccontano di avere uno o più hobby (bricolage, trekking) e di coltivare interessi culturali (lettura, cinema, teatro) anche se il lavoro lascia loro a disposizione poco tempo libero. Dicono di amare molto i viaggi o comunque attività esterne alle mura domestiche e spesso molti dei loro interessi sono condivisi anche con il marito. Tempo per l’hobby ne ho poco perché avendo due lavori abbastanza importanti, comunque mi piace molto leggere, andare a teatro, cinema e passeggiare (FG 3, 0 F) Hobby: pochi in realtà perché sto continuando a studiare, sono al nono corso post-laurea, quindi…c’ho questo hobby (…). E poi ho altri lavori, il mio hobby è fare altri lavori, in realtà… (FG 3, 0 F) Gli hobby, beh diversi: mi piace molto a livello culturale, insomma, il cinema, teatro, tutte queste manifestazioni, la lettura, ovviamente, è uno dei miei passatempi preferiti e viaggiare, mi piace tantissimo, passione che ovviamente condivido con mio marito (FG 3, 0 F) In due gruppi su tre, alcune donne, una volta resesi conto di essere tutte accomunate dal fatto di non avere figli, hanno sentito la necessità di spiegare la motivazione di ciò, raccontando la loro esperienza di donna senza figli, argomento che poi sarà ripreso ampiamente con le domande relative alla genitorialità. non ho figli per scelta perché mi piace molto viaggiare, quindi ho cercato di farlo il più possibile nella mia vita, anch’io lavoro troppo rispetto a quello che dovrei… (FG 4, 0 F) Non ho figli un po’ direi per scelta poco consapevole, un po’ per caso, un po’ non so, un po’ per scelta (FG 7, 0 F) non ho figli ahimè! Prima perché non mi interessava, non ci pensavo fino intorno ai trentaquattro/trentasei anni ho fatto una vita splendida nel senso uscivo, amiche, cose, tutte quello che non avevo avuto tempo di fare prima poi a un certo punto invece il desiderio di maternità è stato proprio forte però non sono venuti e allora pace! (FG 7, 0 F) 2.2 La donna realizzata Quando è stato chiesto alle partecipanti, quali caratteristiche dovesse avere, a loro giudizio, una donna realizzata, le risposte sono state abbastanza diversificate tra loro. Molte hanno detto che non si può dare una definizione univoca e che si tratta di un concetto molto soggettivo. In un caso in particolare (focus group n°1) questa domanda ha causato addirittura irritazione nelle partecipanti perché, a loro giudizio, si trattava di un concetto superato, anche perché la realizzazione tout court non esiste. In generale però, si può affermare che la maggior parte delle partecipanti ritiene che per essere realizzati si debba star bene con se stessi e che sia necessario avere un certo equilibrio tra famiglia e lavoro, spesso ottenuto con qualche compromesso e 16 rinuncia. Anche se le diverse tipologie di donna sembrano avere delle scale di valori differenti, sia il lavoro sia la famiglia sono importanti all’interno delle loro vite. io poi credo che essere realizzati ti porta sempre a qualche compromesso nel senso che se porti avanti il lavoro devi togliere qualcosa alla famiglia, se metti avanti la famiglia hai tolto qualcosa comunque a quello che erano le tue aspirazioni o il tuo volerti impegnare nel lavoro quindi forse noi, non so, che abbiamo tre figli e bene o male lavoriamo a fatica stiamo cercando di realizzare qualcosa… (FG 6, 3 F) l’ideale non saprei perché non so cosa può essere, di solito manca sempre qualche cosa alla realizzazione totale, se una ha realizzato nel lavoro ha trascurato la famiglia, se uno ha realizzato nella famiglia ha tagliato sul lavoro… tutto è difficile (FG 6, 3 F) le cose importanti sono: la salute, la famiglia, gli affetti familiari, il lavoro, che sia un lavoro che ti soddisfa… (FG 2, 1 F) è molto soggettiva la realizzazione, cioè essere realizzati è un concetto proprio soggettivo, essere contenti di quello che si ha, di quello che si è… (FG 3, 0 F) la mia risposta sarebbe stata molto più semplicemente la donna realizzata forse è la donna che è riuscita a trovare un equilibrio fra la professione e la famiglia e che riesce comunque a ritagliarsi degli spazi in cui non è né moglie né mamma né professionista né lavoratrice ma è se stessa (FG 7, 0 F) Le donne senza figli hanno posto maggiormente l’accento sull’importanza del lavoro nella realizzazione personale, probabilmente anche perché le attività che svolgono sono di livello piuttosto elevato, ma rimane importante anche per loro la famiglia ed il tempo libero; a volte hanno sottolineato che la loro è un’esperienza diversa rispetto a quella di chi ha figli. io non avendo figli penso non è che abbia una visuale molto ampia. Io penso: molto spesso, molte donne che lavorano sono combattute continuamente dall’idea di conciliare lavoro, famiglia, insomma non sempre tutte ci riescono (…) il lavoro è molto importante, anche realizzarsi, però… sarebbe ideale trovare un felice compromesso, fare un lavoro che magari ci piace, ci può interessare e nello stesso tempo non trascurare il marito, figli se se ne hanno, non sempre è facile (FG 3, 0 F) una donna ideale realizzata, è realizzata soprattutto nel lavoro, questo non significa poi che si trascuri la famiglia o certamente gli affetti, però una donna realizzata, secondo me, è una donna realizzata dal punto di vista lavorativo e questo secondo me aiuta anche nel rapporto (…) io do molta importanza alla soddisfazione nel lavoro e alla realizzazione (FG 3, 0 F) io sono stata molto concentrata su di me per molti anni perché volevo assolutamente raggiungere qualcosa di mio, trovare una strada, esprimermi e penso di averla trovata questa strada, non sono ancora pienamente soddisfatta di quello che ho ma sono molto più soddisfatta di alcuni anni fa però questo si è un po’ realizzato a spese di altri equilibri, insomma all’interno della coppia. Io non ho mai voluto figli, però questo evidentemente non è stato accettato fino in fondo per cui si sono creati degli squilibri ma io non credo di essere pentita in questo perché per me era comunque qualcosa che mi guidava, dovevo assolutamente farlo (FG 7, 0 F) 17 È interessante notare che, alla richiesta di esprimere un’opinione su che cosa significhi essere una donna realizzata, sia un gruppo di donne con tre figli sia uno di quelli composto con donne senza figli non ha parlato di che cosa sia la realizzazione ma ha introdotto il tema della disapprovazione sociale. Le donne con tre figli si sentono stigmatizzate per il fatto di aver “esagerato” nel procreare, sono talvolta oggetto di battute di spirito e spesso non è stato compreso il loro desiderio di maternità oltre il secondo figlio, quasi come se questo fosse considerato il limite massimo da poter raggiungere. Le donne senza figli, invece, sentono una pressione sociale molto forte nei loro confronti, si sentono “ghettizzate” per non aver avuto figli, come se la società non contemplasse neanche l’ipotesi che si possa scegliere di non procreare. La disapprovazione sembra provenire soprattutto da parte di familiari ed amici. Questi due gruppi sono quindi accomunati dal fatto di sentire di trasgredire una norma sociale, le prime perché hanno superato lo standard di riferimento, le altre perché hanno rinunciato alla maternità. Spesso poi le donne con tre figli hanno raccontato di esperienze difficili anche sul posto di lavoro, che hanno in alcuni casi portato anche alla perdita del lavoro stesso. mi fa piacere di essere in tante a avere tre figli perché io pensavo di essere veramente la mosca bianca, una pazza, perché oggigiorno quando vai a dire che hai tre figli ti guardano dall’alto in basso, addirittura mi sono dovuta ritrovare il lavoro, anche questa è stata una cosa importante perché col terzo figlio, dopo la gravidanza mi licenziarono (…) è molto faticosa la terza gravidanza, per le battutacce che ti dicono, io…proprio una cosa scandalosa, io non so voi ma catalogate…come se…ma non lo so, a una gli dissi: “Scusa, ma io fossi la ragazza madre del 1800”, voglio dire…il terzo figlio, no era il terzo figlio voluto mio “Ma sei pazza?! Ma come pensi…” (…) la maggior parte che mi circonda, anche a lavoro, in ospedale, tutti uno, quasi tutti uno, nemmeno due, uno, figli unici (…) non lo so è un’impressione strana è come se ti dicessero: “Ma che sei imbecille? non conosci i metodi contraccettivi?” (FG 5, 3 F) …io quando andavo a portare i curriculum cancellavo i tre figli e mettevo figli, senza numero perché quando vedevano che avevo tre figli mi accantonavano la domanda, cioè proprio non mi prendevano in considerazione per niente (FG 5, 3 F) vedevo più da parte degli altri diffidenza perché in realtà poi quando mi hanno visto per la terza volta con la pancia, perché poi sono…in quattro anni, in cinque anni mi sono nati tre figli…non mi hanno chiamato più perché erano contratti a scadenza e quindi…cioè è anche una discriminante nel campo del lavoro (FG 5, 3 F) al terzo a me mi hanno fatto battute anche in maternità (…)quando sono arrivata in maternità “Prima gravidanza?” – “No” – “Seconda gravidanza?” – “No” – “Terza gravidanza?” – “Sì” – “Avevi due maschi?” – “No” – “Due femmine?” – “No” – “E allora perché questo?” cioè proprio questo…però a me riusciva, cioè devo dire mi piaceva molto che rimanessero quasi shockati (FG 5, 3 F) In un focus group (il quarto) formato da donne senza figli, le partecipanti hanno iniziato spontaneamente a parlare della situazione in cui si trova chi sceglie di non essere madre, come se percepissero di essere interrogate per questo loro aspetto e sentissero di doversi in qualche modo giustificare (come hanno detto di essere di solito costrette a fare con le persone che conoscono). …per qualcuno può essere una tragedia [il fatto di non avere figli, ndr] per altri invece può essere un caso che te accetti e che compensi con altre cose… (FG 4, 0 F) 18 secondo me si deve passare sempre da un monte di…vecchie mentalità, cioè non lo so, in qualsiasi modo uno accetti in maniera positiva o negativa o per scelta o qualsiasi cosa, sicuramente bisogna avere un marchio in fronte perché uno non ha figli sia per scelta che per cause di qualsiasi tipo (…) io al momento ho scelto di non averne, per tanti motivi, di famiglia, di lavoro, di studio, per tante cose, forse si pensa di progettarli, penso ma non è detto poi, però ecco io penso una cosa soltanto: diventa un obbligo, secondo me, avere per forza un figlio, se non hai un figlio sei una donna di seconda categoria e l’ho riscontrato perché io sono nove anni che sono sposata dopo un mese di matrimonio le domande cominciavano a circolare “ma?…ma?…ma?” (FG 4, 0 F) io non li ho voluti e, in casa mia no, la famiglia mia no, ma la famiglia di mio marito mi fanno quasi sentire in colpa, ci proverebbero ma non ci riescono tra parentesi, insomma, perché io non li ho voluti, ho dato più importanza al lavoro, alla carriera, a altre cose e non ho…cioè come se fossi una bestia… (FG 4, 0 F) A volte, sono proprio le donne con tre figli che esprimono giudizi su coloro che non ne hanno e viceversa. Esse sentono di avere delle profonde diversità dovute alle differenti scelte che hanno fatto nel corso delle loro vite. a volte appunto pensando a quello realizzato mi viene in mente chi si è laureato però poi non è vero neanche loro, tutto sommato non tornerei indietro, sono contenta, quando vedo donne in carriera che non hanno figli, che sono sole, che magari a quarant’anni va bene però dopo a cinquanta/sessanta insomma si sentono sole allora si buttano sui nipoti, si buttano…mi fanno un po’ tristezza per cui sì, non è che poi le invidi più di tanto io penso sia giusto cercare di realizzarsi sia nel lavoro, comunque chi non lavora insomma negli hobby in qualsiasi cosa, e anche in questo rapporto con i figli ecco però cercare di portare avanti anche se stessi ecco, proprio per il bene dei figli (FG 6, 3 F) io, a volte ho avuto la fortuna, diciamo, di conoscere donne che nonostante abbiano avuto figli, quindi la vita ti cambia, gli impegni crescono, però non hanno mai rinunciato, cioè non si atrofizzano ogni tanto trovano anche il tempo di leggere un bel libro, non so, e altre che invece, ahimè, praticamente si chiudono in casa e non le vedi più, è anche un po’ un peccato (FG 3, 0 F) 2.3 La coppia che funziona Nel descrivere gli elementi che contraddistinguono una coppia che funziona si è riscontrato un certo accordo tra quasi tutte le partecipanti, ma con alcune diversità dovute alle differenti composizioni familiari. Per la maggior parte delle partecipanti è importante avere la possibilità di trovare dei momenti per la coppia ma anche per sé, avere, quindi, un’autonomia sia economica sia di spazi. Il rapporto, vissuto quotidianamente, deve essere coltivato e mantenuto vivo. Sono prioritarie: la comunicazione, la condivisione e la complicità tra i partner. Le donne con tre figli raccontano di faticare maggiormente per trovare spazi che siano solo per la coppia, spesso vengono loro in soccorso i nonni, disponibili ad occuparsi dei nipoti, che consentono così di staccare, anche se solo per poco tempo, dai figli. Talvolta, sentono che la coppia non si distingue più dal 19 resto della famiglia e che il dialogo tra i coniugi è diminuito, alcune hanno anche raccontato di percepire una sorta di gelosia da parte del marito nei confronti dei figli per il fatto di sottrarre tempo alla coppia. bisogna ritrovare i momenti per rincontrarsi, anche quando le cose ci tritano, alcune volte capita (…) avere comunque la voglia di ritrovarsi come coppia, al di là dei figli (FG 5, 3 F) molto dei figli si basa sul fatto di avere i nonni, cioè tutta l’organizzazione io trovo…quasi della vita in Italia sia…confidi sul fatto che esistono dei nonni che possono badare ai nipoti (…)Per quanto riguarda il marito, cioè i rapporti di coppia, noi siamo arrivati al punto che non si riesce a distinguere dai figli, cioè ci sono dei momenti di coppia che noi vogliamo condividere con i nostri figli, per cui sì ci sono anche dei momenti nostri separati che però sono molto ridotti ma non per questo meno importanti perché comunque ci sono dei momenti di condivisione con tutta la famiglia che sono di estrema soddisfazione (FG 5, 3 F) …a volte mi accorgo che, che è un po’ geloso dei bambini, anche se gli vuole bene, però è geloso perché il mio tempo naturalmente è dedicato parecchio a loro (…) mi sono accorta che quando non c’erano i figli parlavo molto di più con mio marito (FG 5, 3 F) io mi ritrovo un po’ anche in questa cosa, cioè, non che…io e mio marito, ecco il discorso centrale era un po’ i figli, nel senso anche per lui sono la cosa principale, io a volte sento…no uguale quasi all’incontrario…sento quasi come se non ci fossero, allora? Noi dove siamo andati a finire? (FG 5, 3 F) poi magari possono sorgere nella coppia problemi anche dell’uomo geloso dei figli mi è capitato quest’estate che ho lasciato i due piccoli con i miei genitori al mare e il grande che era in vacanza da degli amici, abbiamo avuti un mese da soli, forse lui è stato contento di questo fatto che siamo stati dopo tanti anni un mese da soli, perché riconosco che quando ci sono i figli io sono presente sempre ai figli e non dico me ne dimentico del marito però riconosco che è difficile, almeno per me, saper insomma conciliare…(FG 6, 3 F) Per le donne senza figli la coppia sembra, come era prevedibile, avere una centralità maggiore all’interno della vita quotidiana. La realizzazione personale passa anche attraverso quella di coppia. Quest’ultima deve avere un’autonomia di spazi ma allo stesso tempo voler condividere alcuni interessi, inoltre è molto importante anche ottenere riconoscimento e stima da parte del proprio compagno. uno degli elementi essenziali anche per sentirsi realizzata, è avere un rapporto di coppia che funziona perché altrimenti (…) non solo il fatto che lui accetti, anzi che riconosca anche il mio ruolo, la mia realizzazione professionale, ma che insieme possiamo coltivare anche tutta una serie di idealità o di hobby, passatempi, eccetera secondo me ci vuole…Io con una persona che sia completamente diversa da me o che abbia degli interessi che esulano completamente dal mio modus vivendi, per esempio, non riuscirei a starci molto bene, non per paura ma proprio per bisogno di arricchirsi insieme facendo tante cose (FG 3, 0 F) ritengo che nel rapporto di coppia l’autonomia sia una cosa fondamentale ed è, almeno dal mio punto di vista, basilare anche per la buona riuscita del rapporto. Autonomia che deve essere sia economica, è necessario, indispensabile che una persona anche se decide di riprodursi, ha un figlio, anche con venti figli deve lavorare, deve avere i suoi spazi (FG 3, 0 F) una coppia funziona bene se ognuna delle due persone funziona bene per conto suo e tutte e due continuano per la voglia di rimanere insieme…(FG 7, 0 F) 20 2.4 Organizzazione pratica della vita quotidiana Oggi, rispetto al passato, è sicuramente più elevato il numero delle donne che svolgono un’attività lavorativa e che di conseguenza non si dedicano a tempo pieno alla cura della casa e dei figli come avviene solitamente nel caso delle casalinghe. Ci si potrebbe aspettare, quindi, una divisione equa tra uomo e donna dei compiti familiari, ma in realtà spesso non è così, se non in minima misura, come hanno dimostrato numerose ricerche. La scarsità di partecipazione dell’uomo italiano al lavoro familiare rispetto a quella della donna è stata messa in luce da un recente studio dell’IRP (1998) ma anche altre indagini2 hanno confermato tale andamento, evidenziando che la “latitanza maschile” riguarda anche la cura dei figli piccoli ed il seguirli nei compiti o nel gioco. Saraceno [1998] sostiene che, proprio questo sbilanciamento a sfavore della donna con una richiesta di doppio lavoro (retribuito e non), tende a mantenere bassa la fecondità sia delle donne che lavorano sia di quelle che intendono entrare nel mercato del lavoro quando il figlio necessiterà di minori cure. Molte donne, infatti, percepiscono una crescente difficoltà nel conciliare il tempo libero con quello per la cura della prole, all’aumentare del numero dei figli. Quanto è emerso dai focus group svoltisi a Firenze, circa l’organizzazione pratica della vita quotidiana (cura della casa e dei figli) ha evidenziato alcune differenze tra i gruppi ed altre anche tra le partecipanti di ciascun incontro ma tende, sostanzialmente, a confermare quanto è emerso dalle indagini sopra citate. In generale, si può affermare che la gestione della casa, almeno per le donne con figli, è prevalentemente affidata alla moglie3. Le attività domestiche svolte dal marito sono il più delle volte marginali anche perché, spesso, è assente da casa per tutto il giorno a causa degli impegni lavorativi e questo pare che giustifichi, agli occhi della moglie, la sua scarsa partecipazione. nell’organizzazione della casa e dei figli mio marito zero! Torna tardi, non c’è mai ma anche quando c’è, cioè siamo in vacanza al mare tutto quello che può fare può far fare la giratina a quella di diciotto mesi in bicicletta nel passeggino ma poi me la riporta dopo un quarto d’ora, basta! (FG 6, 3 F) stessa situazione perché il mio esce alle otto, torna alle otto e mezzo la sera è chiaro che l’organizzazione è mia e basta (FG 6, 3 F) il marito va via la mattina alle otto e torna la sera alle otto, quindi poveraccio…come posso io pretendere…cioè io non posso…devo rispettarle anche le sue esigenze (FG 6, 3 F) tanti anni fa ho scelto di lavorare un po’ meno, meno ore, lavoravo in un’agenzia di viaggio, però tornavo a casa la sera alle otto, poi mi è nato il figlio, ho cambiato lavoro. E lì ho fatto una scelta di lavorare meno e quindi sono più in casa e quindi toccano di più a me (FG 1, 1 F) 2 Si ricordano la Seconda Indagine Nazionale sulla Fecondità e l’Indagine Multiscopo e quella effettuata con questionari auto-amministrati sulle madri, nell’ambito della ricerca “La bassa fecondità tra costrizioni economiche e cambio di valori”. 3 Si ricorda che per selezionare, tramite screening telefonico, le donne che avrebbero partecipato ai focus group, era stato posto come requisito che fossero lavoratrici. Pertanto, il lavoro domestico da loro svolto va ad aggiungersi a quello retribuito. 21 il mio problema è quello, che io lavoro tutto il giorno però c’è chi lavora più di me, addirittura, per cui io c’ho il peso del lavoro più otto ore, che poi sono più otto e mezzo nove, più tutto questo peso domestico, appunto, anche organizzativo…(FG 1, 1 F) Alcune partecipanti, un numero piuttosto ridotto in verità, hanno raccontato di una condivisione dei compiti quasi paritaria, ma ottenuta con una notevole fatica poiché la partecipazione del marito deve essere il più delle volte sollecitata. La società, in generale, attribuisce alla donna il compito di prendersi cura della casa, Piazza [1991], ad esempio, parla di “un meccanismo di etero-attribuzione da parte degli altri membri della famiglia, e più complessivamente da parte della società”. Il modello femminile di riferimento delle donne e degli uomini di oggi è, nella maggior parte dei casi, quello delle loro madri e delle loro nonne, donne per lo più casalinghe che si occupavano della completa gestione della casa e della cura dei figli. Si rileva un uniformarsi a questo modello anche da parte della maggioranza delle donne di oggi con la differenza però che esse svolgono anche un’attività lavorativa extradomestica. Ciò determina che il farsi carico completo dei lavori casalinghi sia per loro di gran lunga più faticoso. Quello che è emerso dai focus group tende a confermare che sia questo il modello di riferimento prevalente; infatti, le partecipanti hanno raccontato che il marito, anche se collabora, percepisce come “un obbligo femminile” lo svolgimento dei compiti familiari e domestici e che una sua eventuale partecipazione alla gestione pratica della vita quotidiana è al massimo “un aiuto”. mio marito in casa fa tutto però devo continuamente non mollare, se mollo lui sarebbe ben contento di non andare a far la spesa, di non cucinare…di non stare con i figlioli, cioè mi accorgo che non è la prima cosa nei suoi pensieri questo, le fa però le fa dicendo: “Eh sì sì le faccio e tu sei anche fortunata perché le faccio”… (FG 6, 3 F) …quello che fanno loro, qui ci metto anche il mio prima l’ho lodato e adesso…no, nel senso che lui a volte fa questi discorsi di dire: “Eh, se fossi un marito che non ti aiuta…” e io rispondo sempre “Se fossi un marito che non mi aiuta io ti avrei di già mollato” (…) mio marito, insomma, mi aiuta tantissimo però (…) il mio è un obbligo femminile, non so se capite cosa voglio dire, bene? Io non faccio un piacere a nessuno quando stiro, mi tocca stirare e basta, quando stira lui dice “Oh! Ti ho stirato!” – “Ti ho svuotato la lavastoviglie” questo…ce l’hanno (…) che ci si aiuti sì mi va bene ma che uno pensi che l’altro comunque lo debba fare per obbligo o per sesso, perché sei donna allora queste cose ti competono, questo mi ha sempre dato noia… (FG 6, 3 F) La maggior parte delle donne intervistate ha detto di pensare che l’uomo non ha molta capacità per quanto concerne l’organizzazione pratica della vita quotidiana, che ha bisogno di essere costantemente “istruito” sulle cose da fare dalla moglie, è, in pratica, poco capace di prendere iniziative personali per quanto riguarda la gestione familiare quotidiana. Questo aspetto crea nella donna un certo disagio perché le fa sentire in modo molto forte il peso dell’organizzazione della gestione della casa. gli uomini non hanno la nostra capacità di organizzare la vita, cioè magari poi nel loro lavoro sono bravissimi, efficienti, tutto calcolato, in casa hanno comunque bisogno di uno che dice: “Guarda, manca il sale, lo puoi andare a comprare?” – “Ah mancava non me ne sono accorto” ecco, cioè questa capacità loro ancora non l’hanno acquisita…(FG 6, 3 F) 22 l’altro nella coppia a volte dorme, nel senso che non si rende conto, probabilmente perché c’è qualcun altro che per lui pensa, organizza mentalmente, l’altro si adagia, almeno questa è la mia visione personale, perché c’è quell’altro che sta già organizzando, quindi c’è l’aspettativa che tutto venga risolto, organizzato dall’altro, perché l’altra prima di andare, per dire, a fare le prove di teatro, lascia tutto pulito, la cena preparata, quindi l’organizzazione di cui sopra e quindi l’altro non è che non collabora e come un ragazzino al quale si deve dire io ho organizzato, ho previsto che questa cosa si faccia, per piacere, ti dispiacerebbe, che so, infilare i piatti in lavastoviglie, ti dispiacerebbe fare… perché o dormono o sono ciechi, nel senso che non vedono perché si adagiano sull’altro (FG 1, 1 F) io avverto su di me, il peso dell’organizzazione, per il 70%, non è legato a quanto questa persona stasera prepari la cena, certo che la prepara se io torno alle nove, vorrei ben vedere, ma è una questione di testa, di nuovo, cioè legata a tutta la macchina-famiglia, questa macchina-famiglia, perlomeno se guardo la mia, le sue relazioni, i genitori, figli, amici, la gran parte…il motore è organizzato da me (…)Io non credo che a mio marito, per il lavoro che fa lui…gli venga in mente una mattina, tipo stamattina “ma c’è il pane?”. Naturalmente se lui deve far la spesa, ma fa la spesa benissimo, ma il pensiero…dal punto di vista poi di esecuzione dei compiti certo lo fa… (FG 1, 1 F) C’è poi una serie di donne che potrebbero essere definite “rassegnate” per quanto riguarda la gestione separata dei compiti domestici, esse accettano, in qualche modo, la norma sociale che le vede obbligate a farsi carico della cura della casa e dei figli. Molte di loro utilizzano espressioni tipo: “mio marito mi aiuta” oppure “mi stira e mi lava” dimostrando così di considerare l’intervento del marito in casa come qualcosa di straordinario, che non sarebbe tenuto a fare in base al suo ruolo perché si tratta di compiti destinati per tradizione alla donna. …è logico che se tornano tutti e due tardi la sera, è logico che se c’è da mettere insieme una cena, logicamente, no logicamente, per tradizione, lo fa prima una donna, che se aspetti un uomo…(FG 1, 1 F) io, invece, mi accontento se mi fa la lavatrice…non c’è un ruolo stabilito…è chiaro che normalmente lo faccio io, però…(FG 2, 1 F) La visione delle donne senza figli non sembra essere, in questo caso, molto diversa rispetto a quella delle altre tipologie di donne, se non per qualche eccezione. Anche loro condividono l’idea che gli uomini siano meno capaci nell’organizzazione quotidiana, inoltre, a loro giudizio, sono particolarmente lenti nello svolgimento dei compiti domestici e tendono a scansare il più possibile le responsabilità delegandole alla moglie. Molte di loro hanno mostrato stupore quando qualcuna ha raccontato che il marito stira, quasi come se fosse impensabile che un uomo possa svolgere quest’attività. ci sono stati, per esempio, nel mio rapporto dei periodi in cui ho visto che mio marito mi aiutava di meno, se ne fregava…insomma dovevo pensarci più io rispetto a lui e credo che in fondo sia istintivo da parte dell’uomo cercare…cioè fare finta di non vedere determinate cose in giro, quindi queste sono cose che magari fanno…a lungo andare…pesano…(FG 3, 0 F) 23 - …ho la soddisfazione che lui mi fa la lavatrice e mi stira e quindi è una cosa che non è da poco, considerato…è tenuta in alta considerazione - ti stira? - sì stira e lava - Complimenti! Complimenti! Una delle principali differenze che si riscontrano da quello che è emerso in questi gruppi è il fatto che molte delle donne senza figli intervistate si avvalgono di un aiuto esterno a pagamento per lo svolgimento della pulizia della casa, lo stirare, ecc. Questo è probabilmente dovuto al fatto che sono comunque donne con un lavoro abbastanza impegnativo ed un reddito elevato che consente loro di permettersi un aiuto che è, invece, troppo oneroso per altre famiglie. Di conseguenza, esse sentono in misura minore il peso dei lavori domestici. mio marito sapeva fare tutto, tutto proprio, perché lui ha vissuto dieci anni da solo, cucinava, eccetera quando ci siamo sposati ha smesso di fare tutto però non è mai stato un problema perché non è una persona che ha bisogno dell’ordine, dell’avere per forza le cose cucinate, per cui abbiamo risolto prendendo anche noi un aiuto esterno, ce lo potevamo permettere, per carità, va benissimo (FG 3, 0 F) Un’altra differenza rilevata è che solo un gruppo di donne senza figli ha introdotto l’importanza della divisione dei compiti familiari per il buon andamento della vita di coppia, mentre gli altri gruppi hanno parlato di questo aspetto solo dopo che era stata posta loro la domanda. cioè penso che si possa dare per scontato che, siamo donne che ovviamente lavorando poi abbiamo anche una condivisione di compiti familiari e guai se non fosse così eh! Nel senso che io a questo, ovviamente, ci tengo moltissimo e…un rapporto secondo me alla lunga non può funzionare se non c’è un accordo su queste cose qua… (FG 3, 0 F) 2.5 Le differenze rispetto al passato nell’essere genitori Nel corso dei focus group è stato chiesto alle partecipanti di cercare di esprimere, secondo la loro opinione, qual è il significato dell’essere genitori oggi e quali sono le principali differenze che si riscontrano rispetto al passato. È opinione comune a molte delle partecipanti che ci siano varie differenze date soprattutto dai cambiamenti nello stile di vita e dai pericoli esterni accresciuti; molte affermano che essere genitori oggi comporta una responsabilità superiore rispetto al passato e che le attenzioni che si devono dare ad un figlio sono sicuramente maggiori. Il dialogo con i loro figli è più intenso rispetto all’esperienza che hanno vissuto loro stesse in qualità di figlie ma, in generale, sentono di dover porre molta attenzione a non abbandonare il ruolo di genitore per diventare le amiche dei figli. Inoltre, il ruolo dei genitori in passato era, a loro avviso, ben determinato. Molte sostengono che c’è una carenza di modelli di riferimento e che sentono spesso di doversi mettere in discussione come genitore. Qualcuna ha detto di sentire, talvolta, la necessità di aiuti esterni che forniscano consulenze psicologiche di supporto, sia per l’educazione sia per il rapporto con i figli. 24 Ci sono poi tutta una serie di problemi strettamente pratici, dovuti al fatto che i figli di oggi hanno la necessità di essere seguiti in misura maggiore sia nella scuola sia nelle attività extrascolastiche (sport, musica, eccetera). Questo si accompagna anche al fatto che le madri di oggi hanno meno tempo a disposizione perché lavorano e non sono casalinghe come erano, invece, spesso le madri del passato. l’aspetto di cercare di parlarci tanto (…) se io mi guardo all’indietro non era prioritario tantissimo quando ero piccola io, era più prioritario che ci fosse le cose che servivano, indispensabili per andare a scuola... forse per questo io ho abbastanza, diciamo così, calcato l’aspetto più di rapporto interpersonale (FG 5, 3 F) essere genitori oggi è sicuramente molto più impegnativo che in passato perché io continuo a fare il confronto con mia madre, a parte l’aspetto pratico che proprio c’è un abisso, mia madre era casalinga, ma chiaramente non faceva la vita che faccio io, cioè tutta un’altra…molto più rilassata, molto più riposata, molto…non faceva, non si interessava neanche di noi a livello proprio che ne so? scolastico, era scontato che si dovesse andare bene a scuola (…)oggi è tutta un’altra cosa ecco, cioè ci mettiamo molti più problemi o ci sono ecco molti più problemi e quindi ci sentiamo investiti sicuramente di grosse responsabilità… (FG 5, 3 F) la differenza, la differenza è che oggi è molto più complicato, non vorrei dire cose trite e ritrite, perché il mondo è completamente diverso, i ragazzi sono diversi (FG 1, 1 F) io penso, rispetto alla mia esperienza con il bambino, che la mia famiglia, abbia tutto sommato faticato di più di me a crescere me, in termini economici, perché lavorava soltanto il babbo, non lavorava la mamma, quindi, da un punto di vista economico c’era veramente poco da scialare e abbia, invece faticato molto meno di me, in termini di rapporto e in termini di senso di responsabilità e di senso di colpa, e di senso di qui, e di inadeguatezza, e di là, e di cose che potrebbero essere migliorate (…) mio figlio, poi io posso essere smentita, però io lo tampino, in qualche modo, molto di più di quanto loro non abbiano fatto con me (…) loro avevano, avranno avuto il loro tormento ma avevano i loro punti di riferimento, queste sono le cose da passare, “occhio a non restare incinta” era una delle loro fondamentali preoccupazioni, ma non è che quando mi veniva detto poi quella stava male a pensare quello che mi aveva detto…come se io sbaglio una frase con il mio figliolo e poi ci ripenso 24 ore (…) in una situazione di normalità, di semplicità e positività della vita, secondo me è più faticoso fare i genitori oggi, soltanto tutti i posti dove li dobbiamo portare…io stavo sempre in casa, e poi se andavo al catechismo, ci andavo da sola (FG 1, 1 F) sono cambiate le attenzioni che un genitore deve verso il figlio, secondo me, prima si aveva semplicemente l’attenzione di educarlo o comunque di fargli seguire un certo tipo di istruzione o far diventare questo figlio quello che comunque al genitore piaceva che diventasse, oggigiorno bisogna stare attenti a tante altre cose (…) ci vuole anche tanta attenzione da parte mia a non fare né troppo il genitore né troppo l’amica. È molto difficile questo, una volta era più semplice, c’era il genitore e si faceva come voleva lui, punto e chiuso (FG 2, 1 F) Le donne senza figli, rispetto a questo tema, danno una valutazione da un altro punto di vista: parlano della loro esperienza di figlie e di quello che percepiscono osservando i genitori di oggi dall’esterno, facendo, a volte, alcune considerazioni su come si comporterebbero loro nel caso in cui diventassero genitore. Spesso fanno alcune riflessioni sul tempo necessario da dedicare ai figli considerando che con gli impegni lavorativi il loro è piuttosto limitato. Nella maggior parte dei casi giungono alla conclusione che è più importante la qualità del tempo che viene dedicata ai figli della quantità (questa espressione è stata utilizzata più volte all’interno di gruppi diversi). C’è quindi la consapevolezza che, avendo minor tempo a 25 disposizione da dedicare ai figli rispetto al passato, quello che viene loro offerto deve essere di una qualità più elevata. la mamma è una vocazione e anche un mestiere, forse…io per vari motivi ho scelto di non avere figli, non me ne sono pentita ma chissà? (…)Però mi rendo conto che se sono riuscite, anche queste donne a raggiungere questo obiettivo, l’hanno fatto con una grandissima fatica, molto sacrificio, non è facile (FG 3, 0 F) è un mestiere difficile, il figlio prima forse ci si parlava un po’ meno, io mi ricordo mia madre…non c’è stato mai il rapporto come vedo adesso, forse sono anche esagerate a entrare…perché vogliono essere l’amica… (FG 4, 0 F) secondo me sono più attenti i genitori oggi (FG 4, 0 F) Qualcuna è, invece, più critica nei confronti dei genitori di oggi e afferma che essi sono troppo presenti e pressanti nella vita dei loro figli, scandendo il loro tempo con impegni continui e concedendo loro troppi beni materiali. Inoltre, qualcuna ritiene che lo stile di vita che conducono, denso di impegni di lavoro e non, sia incompatibile con le cure necessarie alla crescita di un bambino e che, di conseguenza, voler essere genitore in una tale situazione sia sinonimo di egoismo. l’idea di mettere al mondo un figlio oggi, secondo me, se risponde a un’esigenza biologica comprensibilissima, corrisponde anche a un egoismo spaventoso. Perché io mi domando nelle dinamiche che noi ci siamo raccontate stasera, quante di noi, lei che ha lottato per il suo lavoro che ha detto di aver fatto dei grossi sacrifici per cercare la sua identità…quanto spazio nelle nostre vite rimarrebbe per un bambino? Che invece ha necessità, a mio avviso, di avere molto più spazio di quello che è un ritaglio tra le nostre ossessioni nel lavoro, le nostre ossessioni col marito, le nostre ossessioni in generale (…) non ho voluto figli perché pensavo che i figli avessero necessità di avere molto, molto, molto di più di quanto io potessi dargli (FG 4, 0 F) io i genitori di oggi li vedo molto come bambini irreggimentati cioè alle dieci c’è inglese, alle sei ti porto a pallacanestro, alle sette c’è il party con le amichette. Cioè già siamo noi così, facciamo una vita così ormai regolata da orari che ci vengono imposti, cioè complicarla col fatto di avere dei bambini e imporli anche a loro… (FG 4, 0 F) 2.6 Le motivazioni per non aver avuto un figlio (o un figlio in più) Nel corso degli incontri le partecipanti sono state invitate a parlare di alcuni aspetti legati alla genitorialità (prerequisiti e ostacoli per avere dei figli, benefici e costi che questi portano con sé). Mentre attraverso gli stimoli precedenti della traccia, dei quali abbiamo già analizzato i risultati, si mirava essenzialmente ad ottenere delle informazioni generali sullo stile di vita delle donne fiorentine, attraverso quelli relativi alla genitorialità ed ai costi, l’obiettivo principale era quello di ottenere informazioni riguardo alle pre-condizioni che una coppia ritiene necessarie, se non indispensabili, per avere un figlio. Infatti, è stato possibile cogliere quali sono stati alcuni dei meccanismi e delle motivazioni che hanno determinato i diversi percorsi riproduttivi delle tre tipologie di donne. Dalle opinioni espresse dalle donne senza figli e con un figlio si è 26 potuto operare una catalogazione delle differenti motivazioni e dei comportamenti che hanno determinato una loro nulla o bassa fecondità. Allo stesso tempo, si sono rivelate importanti anche le informazioni date dalle donne con tre figli perché hanno messo in luce le ragioni della loro diversa scelta procreativa, le difficoltà che esse hanno incontrato con le gravidanze e con la crescita dei figli. Tali difficoltà sono, in genere, le stesse che hanno spinto le donne con un figlio a non averne altri. In alcuni casi, le opinioni espresse dalle donne con tre figli hanno coinciso con quelle emerse nei focus group delle altre due tipologie di donne, dando così l’impressione che su certi aspetti esista un “sentire comune”4. 2.6.1 Le motivazioni delle donne senza figli Per quanto riguarda i contenuti emersi, si è cercato di raggruppare per temi le motivazioni per non aver avuto figli che le donne hanno dato attraverso i loro racconti. Le partecipanti hanno in molti casi parlato delle condizioni di coppia, economiche e lavorative, che hanno fatto maturare la decisione di non avere figli5. Ecco, di seguito, riportate le principali motivazioni che esse hanno dato: 1. Mancanza di una sicurezza economica e lavorativa; 2. Motivazioni legate al lavoro e/o alla carriera: - difficoltà di conciliare lavoro e famiglia; - difficoltà di conciliare carriera e famiglia; 3. La carenza di servizi e strutture di supporto alla famiglia; 4. La precarietà del rapporto affettivo di coppia; 5. Una scelta determinata dalla ferma volontà di non volere figli; 6. Motivazioni psicologiche: - “Se ci pensi non li fai”; - la mancanza del desiderio di maternità; - la sensazione che avere figli produca troppe rinunce e complicazioni; 7. Motivazioni legate al ritardo: - tappe rigide prima del figlio; - rinvio; - l’abitudine ad una vita senza figli. 4 Alcune citazioni tratte dalle trascrizioni dei focus group delle donne con tre figli andranno ad integrare quanto sostenuto dalle partecipanti degli altri gruppi. 5 Nella maggior parte dei casi le donne senza figli che hanno partecipato ai focus group hanno detto che la loro maternità mancata è stata frutto di una scelta precisa, solo in qualche caso è dipesa da un’infertilità di coppia. Ciò grazie anche alla domanda contenuta nello screening telefonico che aveva consentito di individuare la maggior parte delle donne con problemi di infertilità. 27 MANCANZA DI UNA SICUREZZA ECONOMICA E LAVORATIVA - Livi Bacci [2001] sostiene che “la strada verso la riproduzione implica la graduale costruzione di una stabilità”, le affermazioni delle donne senza figli sembrano concordi con quest’idea. La sicurezza economica è uno dei prerequisiti fondamentali per pensare di avere dei figli secondo la maggior parte delle donne senza figli che hanno partecipato ai focus group. Quando le intervistate parlano di sicurezza economica, vi includono vari elementi: primo fra tutti avere un lavoro che consenta una discreta continuità e stabilità economica. Alcune di loro hanno raccontato di aver deciso di rimandare o, addirittura di escludere, la nascita di un figlio perché vivevano in una situazione di precarietà economica che a loro avviso era incompatibile con la crescita di un bambino. dopo che avrò un lavoro fisso forse penserò di avere un figlio (FG 4, 0 F) nel mio caso è dovuto…tempi…un’età tale dovuta…la laurea, dottorato di ricerca, non hai niente, cioè poi se ti viene lo prendi ma con due dottorati, si prendeva un milione a testa, si pagava ottocentomila lire di affitto, pensare di mettere al mondo un figlio (…) non è un discorso di avere una realizzazione, è almeno uno dei due avere la sicurezza che porti qualcosa a casa (…) se non l’ho fatto finora era perché a tutti e due, con una precarietà tale che pensare di mettere al mondo…cioè te sei grande, in qualche modo…non vai al cinema, non c’hai i soldi non ci vai, mangiare qualcosa mangi, i genitori non è che ti fanno morire di fame, però scegliere di avere un figlio, cioè secondo me bisogna avere delle certezze, almeno dal punto di vista…ma non delle certezze…no, ti dico economiche, perché voglio dire, te puoi fare in tanti modi: una sera vai a cena dalla mamma, una sera vai a cena dalla suocera…in qualche modo…certo minimo, oppure stai due mesi senza…“Va bè poi tanto mi danno l’assegno dopo” quando c’hai un figlio già hai…un impegno grosso, avere anche la preoccupazione che non c’hai lo stipendio “Ohi Ohi, aiuto, ora come si fa?…” (FG 3, 0 F) …ha coinciso con un processo di cambiamento, per quanto mi riguarda. Ostacoli anche concreti tipo, non so non abbiamo la casa per cui aspettiamo di avere una situazione più stabile per oppure…lavoro lontano per cui ho problemi di seguimento del bambino eccetera, cioè ci sono questi ostacoli poi ci sono degli ostacoli interni (FG 7, 0 F) Tra gli elementi necessari per avere una sicurezza economica è stata spesso citata anche l’abitazione di proprietà. Se, infatti, in passato era un’usanza abbastanza diffusa quella di restare a vivere, anche in seguito alle nozze, nella casa dei genitori nella quale uno dei due era cresciuto, oggi le nuove coppie di sposi sentono l’esigenza, nella maggior parte dei casi, di iniziare la vita coniugale da soli, in un’altra abitazione. Il problema della casa è molto sentito, soprattutto a Firenze, in quanto da una parte gli affitti sono talmente elevati da non consentire a molti la possibilità di accedervi e dall’altra anche i costi per l’acquisto degli immobili sono altissimi. Spesso la mancanza di una casa propria ha portato ad un ritardo del matrimonio e di conseguenza anche del momento di affrontare la maternità. MOTIVAZIONI LEGATE AL LAVORO E/O ALLA CARRIERA - In passato era quasi sempre solo il marito a svolgere un’attività lavorativa, mentre la donna si occupava esclusivamente della casa e della cura dei figli, oggi sempre più spesso non è così: la donna ha la necessità per vari motivi di essere occupata anche 28 al di fuori della casa e della famiglia6. Le motivazioni sono prima di tutto economiche: sempre più frequentemente, infatti, un solo reddito può non essere sufficiente a coprire le necessità della famiglia. In secondo luogo, oggi molte donne sentono l’esigenza di lavorare per la propria realizzazione personale e per ottenere un’indipendenza economica. Di conseguenza le coppie di oggi si trovano a dover affrontare alcune difficoltà, legate al reperimento da parte della donna di un’occupazione stabile e alla necessità di conciliare il lavoro con la famiglia. Alcune donne senza figli hanno detto che il lavoro può essere un ostacolo per avere dei figli: in qualche caso perché impedisce di accudire un bambino in modo adeguato ed in prima persona, a causa soprattutto della scarsità di tempo che costringe a delegare ad altri (nonni, baby-sitter) la cura del proprio figlio. In altri casi, le difficoltà sarebbero causate proprio dal tipo di lavoro, dai suoi orari, dalla lontananza della sede, dagli spostamenti che impone, eccetera. Io ho sempre detto che io avrei voluto fare un figlio quando avessi potuto smettere di lavorare, mio marito li avrebbe voluti anche subito e io ho sempre detto che l’avrei fatto se lui mi permetteva di smettere di lavorare, siccome non era possibile, perché con uno stipendio era impossibile, visti i tempi (…) io mi sono sempre rifiutata di fare un figlio e farlo godere a qualcun altro… per me era un sacrificio troppo grosso fare un figlio per farmelo guardare dalla baby-sitter o dalla mamma…io sentivo questo, poi è vero anch’io per tanti anni li ho scansati poi dopo arrivi alla scadenza biologica dici: “Oh mamma, si avvicina i quarant’anni, aspetta…” Poi dopo non ti viene più (FG 4, 0 F) Ci sono poi molte donne che hanno percepito che l’avere dei figli fosse di ostacolo o addirittura inconciliabile con la loro carriera. Nella vita delle donne di oggi il lavoro non è visto solo come fonte di reddito e di autonomia ma anche di realizzazione personale: di conseguenza se la maternità è ritenuta inconciliabile con il proprio percorso lavorativo talvolta alcune donne decidono di anteporre la realizzazione professionale a quella familiare. La maternità può essere quindi rimandata ad un’età più elevata oppure addirittura esclusa del tutto dalla propria vita. Le partecipanti sembrano sentire la necessità di dedicare molto del loro tempo al lavoro per raggiungere gli obiettivi di carriera che si sono prefissate. anche quello della realizzazione professionale, perché comunque fai la scelta di anteporre la tua realizzazione e tranquillità a quella di avere un figlio (…) mi riferivo magari all’idea di aspettare e anteporre la realizzazione professionale a quella della realizzazione come madre. Neanche io ci ho rinunciato, anche se mi rendo conto che ormai per avere figli non mi rimane moltissimo tempo… (FG 3, 0 F) ora io ho quarantatré anni non lo prendo nemmeno in considerazione più, proprio mi sento vecchia per avere dei figli ma quando avevo l’età giusta per farli, io se avessi scelto per un figlio avrei come professione deciso di fare un lavoro da segretaria nell’ambiente dove vivevo io, senza problemi, se lo avessi fatto per scelta perché preferivo il figlio alla carriera, io preferivo fare un’altra cosa e il figlio proprio non ci incastrava, cioè non…come facevo a stare a Pontedera lavoravo a Firenze tornavo a Pontedera a volte solamente il venerdì sera per il fine settimana, stavo in cantiere Sicilia, Milano…ecco questa era la mia realtà (FG 4, 0 F) 6 Tra il 1970 e il 2000 l’occupazione femminile in Italia è cresciuta del 70%, oggi le donne costituiscono circa il 40% del totale della forza lavoro [Livi Bacci, 2001]. 29 non ti vengono incontro neanche le aziende, le strutture del lavoro, se non dedichi tutto il giorno al lavoro non arrivi (…) dopo quando il figlio cresce, quando il figlio è grande ti ritrovi con dei sensi di colpa da dire: “Perché non ho fatto questo? Perché non ho fatto questo? Perché non ho fatto quest’altro?” (FG 4, 0 F) Inoltre, alcune delle partecipanti ai focus group hanno raccontato di avere la sensazione che, negli ambienti di lavoro, esista una certa discriminazione verso le donne in generale, poiché esse non darebbero garanzie di continuità al datore di lavoro a causa delle possibili lunghe assenze che farebbero nel caso di una gravidanza. Questo aspetto, come vedremo in seguito, è stato messo in luce soprattutto dalle donne con figli che in molti casi hanno vissuto l’esperienza della discriminazione sul lavoro in prima persona. la sensazione che si ha sui posti di lavoro è che rispetto a dieci anni fa le cose non stanno andando meglio anzi, la discriminazione in questo senso sta rivenendo fuori e lo si vede anche in posti di lavoro come il mio cioè vuol dire un posto pubblico (…) le mamme sono viste…le donne sono discriminate insomma le mamme lo sono di più, io non lo sono quasi già più in questo senso perché io mamma è da tempo che non posso diventare quindi do una certa garanzia che una che ha qualche anno meno di me non dà e la si guarda con un certo sospetto (…) i posti di lavoro che contano da noi le donne non li hanno raggiunti (…) io sento che appunto c’è la voglia di tornare un po’ indietro comunque di non favorire ulteriormente la maternità, certamente no, comunque se la vedranno quelli più giovani di me di sicuro… però è evidente, c’è un dato oggettivo che noi siamo qui a parlare di lavoro appunto ma i dirigenti che ci comandano a qualunque livello non sono donne (…) poi a casa abbiamo da faticare, poi chi ha i figli traffica un sacco più di noi quindi…(FG 7, 0 F) In generale, le donne che hanno scelto la carriera al posto dei figli hanno affermato di sentire su di sé, in misura ancora più forte, il peso di una “condanna sociale”7: la generazione delle loro madri, nella quale la donna ricopriva il più delle volte solo il ruolo di moglie e di madre, stenta ad accettare che la donna rinunci al suo ruolo classico per perseguire i propri interessi personali. In molti casi, nell’immaginario comune, soprattutto delle persone anziane, la donna deve sacrificare le proprie aspirazioni personali per la famiglia. Talvolta, è il compagno stesso che non accetta che la donna rinunci alla maternità per la carriera; in Italia non sono pochi i casi in cui la motivazione addotta per la separazione è il non avere avuto dei figli [Bonazzi, 2001]. Tra le partecipanti ai focus group di Firenze sono state due le donne senza figli ad evidenziare che la scelta di privilegiare il lavoro piuttosto che la maternità ha portato a qualche problema all’interno della coppia8 anche se non ha determinato la separazione. Le difficoltà che portano a pensare di non voler avere un figlio non sono dovute soltanto al perseguimento di un’ascesa nel proprio lavoro ma, in qualche caso, anche al mantenimento del lavoro stesso. I problemi principali sono dati dalla tipologia del contratto di lavoro: i lavori cosiddetti atipici (come le collaborazioni coordinate e continuative) o con contratto a termine spesso non consentono di pianificare una gravidanza poiché la sospensione del lavoro per il periodo della maternità, anche se ridotto al minimo, 7 La disapprovazione sociale riguarda, in generale, tutte le donne senza figli. A tal proposito si veda il paragrafo “La donna realizzata”. 8 Si ricorda che, per la selezione, tramite screening telefonico, delle donne che avrebbero partecipato, era stato posto come requisito che non fossero in una situazione di separazione di fatto. 30 potrebbe determinarne la perdita. Pertanto, in alcuni casi, la donna preferisce la carriera, intesa non tanto come escalation ma come opportunità lavorativa, al figlio. io sono ancora con un contratto a termine, è un motivo per cui non ho figli perché…non è per una questione di soldi, la mia è perché…preferisco continuare a lavorare al figlio in questo momento non perché mi manchino, sennò con lo stipendio di mio marito si poteva fare, è perché ho fatto una scelta diversa, perché mi piace il lavoro che fo e me lo voglio tenere, capite qual è il problema? E allora dico sono a contratto a termine me lo rinnovano di sei mesi in sei mesi, potrei avere una gravidanza che va tutto bene, potrei stare nove mesi a letto, se io sto nove mesi a letto che mi succede? Me lo rinnovano il prossimo anno? C’è subito il rincalzo pronto, cosa si fa? Si aspetta, si aspetta un lavoro fisso, il lavoro fisso non arriva e i figli non vengono, cioè capito qual è anche il discorso? Ma non perché non ci sono soldi ma perché a me piace fare il lavoro che faccio (FG 4, 0 F) LA CARENZA DI SERVIZI E STRUTTURE DI SUPPORTO ALLA FAMIGLIA - Con una serie di stimoli finali contenuti nella traccia di discussione (“Le politiche”) si chiedeva alle partecipanti di indicare quali sono, a loro avviso, gli interventi pubblici che possono favorire la maternità9. Tra quelli proposti dal moderatore vi era anche il potenziamento dei servizi di supporto alla famiglia. In qualche caso però alcune partecipanti hanno introdotto spontaneamente il tema dei servizi tra gli ostacoli per pensare di avere un figlio. La mancanza di servizi o il loro cattivo funzionamento rispetto alle proprie esigenze può “scoraggiare” qualche coppia dall’avere figli. Non sempre c’è la possibilità o la volontà di affidarsi ai nonni per la cura dei figli quando non è possibile occuparsene in prima persona, di conseguenza le coppie senza figli, nelle quali entrambi i partner hanno un’occupazione, possono pensare che, qualora avessero un figlio, si troverebbero di fronte a molte difficoltà dovute soprattutto alla scarsità ed al cattivo funzionamento dei servizi pubblici (in particolari gli asili) a disposizione. …l’aspetto pratico sì, la società non ti aiuta perché è inconcepibile che gli asili chiudano alle quattro…(FG 3, 0 F) …basta che uno osservi come stanno le cose, cioè dov’è che si fanno più figli, almeno in Italia al Sud d’Italia dove c’è una mentalità un po’ più tradizionalista e poi in Europa, si fanno nei paesi europei più ricchi, dove…i tedeschi che arrivano in Italia con tre o quattro figlioli, li vedi tutti uno dietro a quell’altro, cioè perché hanno delle strutture sociali che gli permettono di farli, cioè gli asili nelle grandi industrie o nelle piccole e medie industrie, l’asilo nido dove te metti il bambino e ci vai magari a mangiare insieme nella pausa pranzo per me è una cosa fondamentale, io probabilmente, non ci ho mai pensato a avere figli però se Fondiaria avesse avuto un…dove c’andavo io a portarlo la mattina, chissà forse… (FG 4, 0 F) …una persona media oggi un bambino se lo può permettere, però in generale, il fatto di avere figli, secondo me, anche le strutture sociali che ti devono mettere a disposizione per non gravare troppo sui nonni…oppure se sei lontana non hai nessuno per essere più… (FG 4, 0 F) 9 I contenuti emersi grazie a questo stimolo saranno trattati successivamente in un paragrafo dedicato esclusivamente alle politiche. 31 LA PRECARIETÀ DEL RAPPORTO AFFETTIVO DI COPPIA - La stabilità della coppia è considerata uno degli elementi fondamentali prima di pensare di avere dei figli. Al matrimonio è riconosciuta una certa precarietà, non è considerato una garanzia né di durata della coppia, né del suo affiatamento. L’idea generale emersa è che per avere dei figli, o comunque, almeno nel momento in cui si decide di averne, si deve avere una sicurezza affettiva del rapporto di coppia, pensare di aver trovato il compagno per la vita. Prima di essere genitori si deve essere una coppia consolidata poiché è opinione comune che con la nascita dei figli e la conseguente diminuzione di tempo solo per la coppia, le difficoltà nel rapporto a due tendono ad aumentare. Una crisi della coppia può determinare la decisione di rimandare la maternità perché, come alcune partecipanti hanno sottolineato, mettere al mondo un figlio nel momento della crisi può anche comportare la rottura definitiva del rapporto e, comunque, un clima non adatto alla crescita di un figlio. c’è un altro aspetto, il sentirsi sicuri anche del rapporto, cosa che poi volendo uno…però, ecco, direi che una cosa sana è quella comunque di essere, perlomeno nel momento in cui si sceglie di fare, molto tranquilli, sia dal punto di vista economico che affettivo, cioè ci sono tante coppie che mettono al mondo un figliolo proprio nel momento della crisi, sbagliatissimo…per me è una cosa…eppure ce ne sono ancora tante…una stabilità economica ma soprattutto quella affettiva ci vuole (FG 3, 0 F) …se fosse venuto un bambino forse sarebbe stato ben accetto diciamo che la decisione, la decisione di non farli è dipesa anche da un’insicurezza del rapporto di coppia poi dopo arriva la scadenza biologica a questo punto si dice: “Mah, cosa si fa?” (…) quando attraversi un periodo di crisi uno ci pensa un pochino eh! (FG 4, 0 F) UNA SCELTA DETERMINATA DALLA FERMA VOLONTÀ DI NON VOLERE FIGLI - In passato le coppie non avevano figli spesso come conseguenza dei problemi di infertilità di uno dei due partner; molto raramente l’infecondità era il frutto di una scelta precisa e consapevole. Oggi, non è più così, sono sempre di più le coppie che decidono, secondo la propria volontà, di non procreare. Nel corso dei focus group un numero abbastanza consistente di donne ha detto di avere scelto consapevolmente di non avere figli, non per particolari motivazioni come possono essere, ad esempio, quelle strettamente legate a fattori economici o lavorativi, ma proprio per una scelta di vita personale e/o di coppia. …la mamma è una vocazione e anche un mestiere, forse…io per vari motivi ho scelto di non avere figli, non me ne sono pentita ma chissà? Magari un domani posso avere un rimpianto (FG 3, 0 F) non ho figli per scelta perché mi piace molto viaggiare, quindi ho cercato di farlo il più possibile nella mia vita (FG 4, 0 F) …per quanto è venuto fuori che ci siamo dette per lo più è stata una scelta almeno fino a una certa età (…) per me è stata una scelta, io l’ho detto fin dall’inizio non mi piace dire consapevole perché è una consapevolezza molto relativa quella che puoi avere rispetto a scegliere o no la maternità io non mi sento nemmeno di parlare di oggi, ieri perché proprio la trovo una cosa per me complicatissima. Io so quello che mi è capitato, fino appunto ai miei trentasei/trentasette anni non ho…mi sembra di non avere mai affrontato il problema, cioè non è mai stato un problema o 32 almeno mi pare che non sia mai stato un problema perché poi sotto sotto non lo so davvero ma comunque non è mai stato un argomento di dibattito nell’ambito della coppia perché mio marito, che allora magari non era ancora mio marito, forse ha dimostrato ancora maggiore determinazione di me a non volere figli, avvicinandomi ai quarant’anni, è evidente uno realizza beh certo finora ho detto non li voglio ora comincio a dire forse non li posso più avere… (FG 7, 0 F) MOTIVAZIONI PSICOLOGICHE - Per spiegare la decisione di non avere figli, sono state date anche una serie di motivazioni che possono essere definite “psicologiche”. Un’espressione che è stata usata più volte dalle partecipanti è “Se ci pensi non li fai”, intendendo con questa frase che la maternità dovrebbe essere un avvenimento spontaneo poiché iper-razionalizzare l’idea di avere figli può portare la coppia a non averne10. Una lunga riflessione sulle conseguenze di una maternità, può portare a prendere in considerazione alcuni aspetti della vita che cambierebbero in negativo con la nascita di un figlio. Inoltre, molte hanno mostrato di essere convinte che tale riflessione è più frequente alle età elevate poiché, solitamente, c’è una minore disponibilità a “mettersi in gioco” ed a modificare il proprio stile di vita ormai consolidato. un figlio naturale veramente è una cosa che a volte io non ci credo che la maternità sia tanto responsabile, nel senso…a volte viene da sé, ci si pensa, sì uno programma però almeno, non per l’esperienza diretta, ma per quello che sento dire dalle persone che ho intorno, dagli amici, il più delle volte non è che ci hanno riflettuto tanto, se uno ci riflette tanto poi va a finire che non ne fa di niente (…) uno non ci deve pensare, lo deve fare, basta, perché se ti metti a fare i conti dopo dici mamma mia! (FG 3, 0 F) …sì, se ci pensi non li fai, ecco e più spesso a quarant’anni ci pensi, cioè a vent’anni non ci pensi a quaranta a quarantadue/quarantatre cavolo se ci pensi… (FG 7, 0 F) Su questo tema si è riscontrata un’alta concordanza sia tra le donne senza figli sia tra quelle con figli. In particolare, l’espressione sopra citata è stata più volte usata anche dalle donne con tre figli. secondo me è pensarci troppo l’ostacolo perché se uno pensa agli ostacoli probabilmente non lo farà mai perché non esiste…secondo me è proprio il sentire, il sentire che è una necessità… ripeto se io ero razionale non ne avevo fatti punti a maggior ragione dopo il primo avevo smesso perché era una cosa da pazzi quella che ho fatto e ho fatto una cosa da pazzi e sono contenta, questo è quello che penso io, la gente non li fa perché non si butta (FG 5, 3 F) Tra le motivazioni psicologiche si può includere anche quello che molte hanno chiamato semplicemente “la mancanza del desiderio di maternità”11. Alcune hanno raccontato di non aver sentito la 10 “Per avere un figlio bisogna innanzitutto “decidere di non decidere” (…) mettere in secondo piano la convenienza, lasciando prevalere altre componenti della razionalità” [Dalla Zuanna, Righi, 1999] 11 Si potrebbe pensare che non esista una distinzione tra chi afferma di essere senza figli per scelta e chi ha motivato ciò con una mancanza del desiderio di maternità. Dai racconti delle partecipanti però sembra di poter cogliere una sottile differenza. Le donne che hanno affermato di non aver sentito il desiderio di avere un figlio non avevano escluso del tutto la maternità, ma l’avevano forse rimandata pensando che sarebbe arrivato un momento nella loro vita in cui avrebbero sentito una forte spinta interiore, una sorta di bisogno fisiologico di avere dei figli, ma che in realtà non è mai giunto. Le donne che hanno detto di aver scelto di non avere figli, invece, sembrano avere avuto un percorso decisionale che le ha fermamente convinte a non procreare. 33 spinta interiore, traducibile in senso materno che, secondo la loro opinione, sentirebbero le donne determinate ad avere un figlio. per me personalmente manca solo la voglia, c’è comunque una scintilla che scatta in un momento, cioè al momento in cui dici “Non ho abbastanza lavoro, non ho abbastanza soldi, non ho abbastanza tempo, non ho abbastanza anni…” vuol dire che non c’hai abbastanza voglia (FG 4, 0 F) non avendo neanche un grande senso materno, questo desiderio anch’io, forse ci accomuna questa cosa… non l’ho mai sentita, cioè se anche fosse venuto sarebbe stata una cosa così naturale, magari un momento gioioso, un momento di realizzazione anche… però sinceramente vedo forse più svantaggi che vantaggi, se dovessi vedere… (FG 4, 0 F) Inoltre, alcune delle partecipanti senza figli hanno maturato, nel corso della loro vita, l’idea che avere dei figli produca troppe rinunce e complicazioni. Le rinunce, che esse hanno elencato, consistono essenzialmente in una minore disponibilità di tempo per la coppia e per coltivare liberamente i propri interessi personali e culturali. In generale, dai loro racconti si percepisce un certo timore di sconvolgere l’equilibrio creato, personale e di coppia, con la nascita di un figlio. Sarebbero, quindi, donne che attribuiscono una maggiore importanza rispetto alle altre ad alcuni aspetti della vita (come, ad esempio, il tempo a disposizione per sé) che sarebbero in qualche modo, a loro giudizio, in contrapposizione con la maternità. Tra le tante teorie che tentano di spiegare da quali fattori siano determinate le scelte di fecondità, vi è quella “valoriale”: secondo questo approccio sarebbero valori strettamente individualistici come il perseguimento della libertà personale e dell’autorealizzazione ad avere la priorità rispetto ad un figlio (espressione, invece, di valori altruistici) [Van de Kaa, 2001; Lestahaeghe, Surkin, 1988]. Questa teoria sembrerebbe corrispondere con quanto emerso dai racconti di alcune partecipanti. devi comunque rinunciare a una serie di cose, non so se delle coppie consolidate quali quelle che abbiamo noi, abbiamo detto tutti che amiamo molto il cinema, teatro, trekking… (FG 3, 0 F) devi calibrare la tua vita sulle sue necessità e questo è un cambiamento enorme…(FG 4, 0 F) …già siamo noi così, facciamo una vita così ormai regolata da orari che ci vengono imposti, cioè complicarla col fatto di avere dei bambini e imporli anche a loro…(FG 7, 0 F) [dopo la nascita del figlio, ndr] la coppia sparisce, questo a me mi ha sempre fatto un po’ paura ecco…(FG 7, 0 F) MOTIVAZIONI LEGATE AL RITARDO - Infine, uno dei temi che è emerso con forza dai racconti delle partecipanti senza figli è quello che Livi Bacci [2001], per spiegare la bassa fecondità in Italia chiama la “sindrome del ritardo”. Questo aspetto è stato ed è tuttora oggetto di studio di varie indagini (tra le quali anche Inf-2). “Rimanere senza figli può essere conseguenza non di una scelta ma di una serie di rinvii e posticipazione di eventi che riguardano altre sfere della vita, per cui il tempo di fare un figlio non arriva mai o arriva troppo tardi per la capacità riproduttiva della donna” [De Rose, 1997]. Infatti, alcune delle donne 34 fiorentine hanno raccontato che il fatto di non avere figli non è stato il frutto di una scelta, ma la conseguenza del loro percorso di vita. Molte di loro hanno mostrato di possedere una certa consapevolezza del fatto che esistono delle tappe “canoniche” da rispettare prima di avere un figlio. Prima fra tutte il compimento della formazione scolastica che in alcuni casi ha richiesto tempi molto lunghi dati dal conseguimento della laurea e in qualche caso del dottorato o di altri corsi post-laurea12. Una volta concluso il percorso formativo ci sono poi dei tempi, più o meno lunghi, dovuti alla ricerca di un’occupazione ed al raggiungimento della propria realizzazione professionale. A ciò si deve aggiungere ancora il tempo necessario per il reperimento di un alloggio che, come si è illustrato precedentemente, non è un aspetto irrilevante13. L’ultima tappa è quindi il matrimonio, che è ancora considerato da molti un evento importante, una volta raggiunta la stabilità affettiva con la persona che si ritiene possa essere il compagno per la vita. Solo dopo aver terminato questo lungo percorso si può iniziare, secondo un’idea piuttosto diffusa, a pensare di costituire una famiglia propria, evento che di conseguenza, come confermano anche i dati statistici a livello nazionale, avviene sempre più ad età elevate14. …per tante donne della nostra generazione ha portato a questo ritardo, a procrastinare sulle tematiche che poi non sono mai arrivate perché…ti laurei, la casa, prima il lavoro… (FG 4, 0 F) la laurea, il dottorato, il post-dottorato…e dopo non lo fai più, sei vecchio! (FG 4, 0 F) In altri casi, il ritardo non è la conseguenza del lungo percorso che porta al matrimonio ma è causato dall’avere rimandato il momento di decidere di avere un figlio. Il rinviare questa decisione all’avvicinarsi dei quarant’anni, può portare talvolta come conseguenza che la donna si senta “troppo vecchia” per una gravidanza o che lo sia effettivamente dal punto di vista della fertilità poiché, ovviamente, all’aumentare dell’età della donna le probabilità di un concepimento diminuiscono costantemente15. Di conseguenza, il ritardo si traduce in una rinuncia alla maternità. “Sono poche le coppie che davvero decidono di non volere figli in assoluto: molto spesso la coppia sposta in avanti, in genere intorno ai quarant’anni, il concepimento, perché è ormai abbastanza diffusa la convinzione che si possa diventare genitori sempre più tardi. Ma poi può accadere che, anche se il tempo biologico della procreazione per l’uomo non scade mai, sia il corpo della 12 Si ricorda che il titolo di studio delle donne senza figli era piuttosto elevato, infatti, nel 75% dei casi esse erano in possesso di una laurea. 13 Dalla Zuanna e Righi [1999] parlano di “vincoli oggettivi” (l’impossibilità di reperire un’abitazione in affitto a prezzi accessibili, l’onerosità dei mutui, ma anche il costo elevato della cerimonia nuziale) come determinanti per il declino della nuzialità e della fecondità. 14 Dai risultati della Seconda Indagine Nazionale sulla Fecondità è emerso che sono proprio le donne del Centro–Italia che procrastinano maggiormente il momento di una vita indipendente. Inoltre, il ritardo del momento del parto si rileva in modo più incisivo tra le donne con un’istruzione di livello medio-alto, le quali hanno il primo figlio ad età più elevate e non raggiungono mai i livelli di fecondità delle altre [De Sandre et al. 1997]. Si noti che entrambe queste caratteristiche corrispondono a quelle delle donne senza figli che hanno partecipato ai focus group. 15 Alcune indagini sull’infertilità di coppia, riferite all’età della donna, hanno mostrato che tra i trenta e i quarant’anni il fenomeno aumenta notevolmente, passando dal 10% al 40% [Leridon, 1995]. 35 donna a non rispondere più. È questa la fase in cui si scoprono problemi fisiologici, magari sterilità insospettate, ma ormai è troppo tardi” [Betti16 in Bonazzi, 2001]. - a ventiquattro-venticinque anni mi avessero detto: “Vuoi rimanere…vuoi un bambino?” avrei detto sicuramente di sì poi sono stati i fatti della vita che non hanno consentito questo anche perché…ora a quarantadue “Che cosa fai?” - “Ma non lo so, boh!” - è successa anche a me una cosa del genere nel senso che prima sei giovane “c’è tanto tempo, c’ho tempo per pensare, c’ho tempo per pensare” ora ci sto pensando ma è tardino, però ancora non l’ho neanche deciso17, è quello il bello (FG 3, 0 F) ma non lo so tutte noi ci abbiamo pensato tardi perché io pensare ci ho pensato tanto non è mica vero… è che ci ho pensato tardi! (FG 4, 0 F) non ho figli ahimè! Prima perché non mi interessava, non ci pensavo fino intorno ai trentaquattro/trentasei anni ho fatto una vita splendida nel senso uscivo, amiche, cose…tutto quello che non avevo avuto tempo di fare prima, poi a un certo punto invece il desiderio di maternità è stato proprio forte però non sono venuti e allora pace! (FG 7, 0 F) Qualcuna ha parlato di una cattiva informazione diffusa dai media circa le tecniche di fecondazione assistita. I mezzi di comunicazione darebbero l’impressione che chiunque ed a qualsiasi età possa ricorrere alla fecondazione artificiale con successo. L’avere questa percezione spingerebbe in qualche caso a rimandare il momento della maternità ad età più avanzate con la convinzione che, con il supporto delle tecniche mediche, si possa ottenere facilmente una gravidanza anche dopo i quarant’anni. mi pareva di aver già deciso su tutto, invece no, cioè io sono stata fino a trentanove anni convinta, anche per motivi concreti, che appena avessi potuto avrei fatto un figlio, a trentanove anni ho scoperto che non era vero e che non li avrei fatti mai (…) ci sono delle cose…oltretutto anche avallate dai giornali e dalla cattiva informazione perché ti fanno credere che a quaranta anni che vuoi che ci voglia basta volere e uno il figliolo lo fa, non è vero nulla (…) se ti informi a proposito della fecondazione assistita, ti dicono: “Eh sì, 20% sotto i trent’anni, dopo i trent’anni il 2-3%” cioè, uno dice: “Ah! Credevo, credevo che bastasse decidere!” (…) qualunque mezzo di comunicazione tu ascolti ti dà la sensazione, almeno che tu non l’abbia già scoperto che non è così, che non ti preoccupare tanto c’è tempo (FG 4, 0 F) Molte, però, hanno parlato di avere la sensazione che ci sia “un orologio biologico che corre”, mettendo in luce di percepire e comprendere che ci sono delle “scadenze” da rispettare. ti senti sempre uguale diciamo, che non ti rendi conto che appunto l’orologio biologico corre quindi comunque… (FG 4, 0 F) Infine, un altro aspetto collegato con il ritardo è il fatto che con l’avanzare dell’età diminuisce anche la disponibilità a cambiare il proprio stile di vita, la coppia, dopo anni vissuti solo in due, si abitua ad una vita senza figli ed è poco propensa a cambiare le proprie abitudini, talvolta esiste il timore di sconvolgere 16 Simonetta Betti è una psicologa e psicoterapeuta specialista in sessuologia, docente alla Facoltà di Medicina della Statale di Milano. 17 Si noti che questo intervento è stato fatto da una donna di quarantatre anni. 36 l’equilibrio consolidato18. “…a forza di rinviare, anche quando si trova la persona giusta, viene meno la voglia di (ri)mettersi in gioco; a fatica si rinuncia alle abitudini da rapporto “a due”, si è sempre meno disponibili alla notte in bianco (…) a volte poi, quando suona la sveglia del timer biologico, subentrano obiettive difficoltà fisiche…” [Bonazzi, 2001]. Anche le donne con tre figli hanno mostrato di avere la consapevolezza che con il passare degli anni gli ostacoli psicologici riguardo al fatto di avere figli aumentano e sembrano concordare con l’idea che la maternità in giovane età sia vissuta in modo più spontaneo. Un dato che conferma questo aspetto è quello dell’età media delle partecipanti al primo figlio, infatti, quella delle donne con tre figli è più bassa (26,7) rispetto a quella delle donne che hanno avuto un solo figlio (29). …perché tutto sommato comunque un figlio…ci si prende il cane oggi come oggi perché insomma il cane non ti mette mai in discussione puoi venire…dove lo porti, è bellino, ti fa le feste e poi forse tutte l’abbiamo fatto…il primo lo abbiamo avuto abbastanza giovani e anche andare in là con gli anni penso possa essere un ostacolo psicologico perché tutto sommato uno si sclerotizza in una certa veste e deve comunque riconfrontarsi al di fuori e quello invece secondo me, tutto sommato se è una cosa possibile un po’ di sana…non un po’ di sana incoscienza però ancora la voglia di un attimo di avventura, di dono, cioè secondo me c’è meno egoismo sotto i trent’anni che non sopra i trenta (FG 5, 3 F) sicuramente oggigiorno uno ci arriva più tardi rispetto…io rispetto alle mie amiche a tutti i miei amici, mi sento un po’ la mosca bianca perché noi i figlioli si sono fatti presto, perlomeno i primi due si sono fatti presto, il primo bambino l’ho avuto a ventitre anni però tutti i nostri amici lo hanno avuto parecchi anni dopo (…) è chiaro perché si studia, si studia di più, si arriva al lavoro più tardi, e forse poi a quel punto scatta un tipo di…anche di percezione diversa di quello che uno vuole dalla vita (…) oggigiorno tante volte, all’inizio mi sembra che sia un problema…ci siano tanti problemi pratici, proprio così: i soldi, il lavoro, finire di studiare, una casa, perché non è più scontato vivere con i genitori (…) io lo vedo nei miei amici, nelle persone che conosco, che poi anche quando si arriva ad avere anche tutte queste cose, non è che subito allora uno dice: “Faccio un figliolo” no perché allora “No, ancora non sono pronto, ancora…però prima voglio fare altre cose” quasi che nell’immaginario comune il figlio voglia dire poi non poter più fare tante cose no? Siccome questa cosa io non l’ho vissuta da parte mia, la osservo e mi domando che cosa significhi, però penso anche che a ventiquattro anni o a ventitre come c’avevo io desideri quello e lo fai, volevo fare questa esperienza, volevo avere un figliolo, mio marito lo stesso eccetera, dopo forse si pensa tanto di più che ne so io? Forse uno a trent’anni…(…) forse perché uno a quel punto vede se stesso in maniera diversa di come si vedeva a ventiquattro anni… (FG 6, 3 F) I COSTI ECONOMICI SONO UN ALIBI - Uno degli obiettivi della ricerca “La bassa fecondità in Italia tra costrizioni economiche e cambio di valori” era quello di verificare se le costrizioni economiche possono essere determinanti per scegliere quanti figli avere. A questo scopo nella traccia di discussione erano compresi alcuni stimoli relativi al costo economico dei figli. Dagli interventi delle donne senza figli questa componente non sembra essere stata decisiva. Infatti, la maggior parte di loro afferma che i costi economici esistono e sono per qualche aspetto anche elevati ma non sono la motivazione determinante per non avere un 18 Questo aspetto era già stato precedentemente messo in evidenza nel paragrafo “Motivazioni psicologiche”, nel quale si trattava della percezione delle partecipanti circa le rinunce e le complicazioni che la nascita di un figlio può portare con sé. 37 figlio. Più volte è stata utilizzata la parola “alibi” collegata ai costi, infatti, esse sembrano ritenere che le motivazioni che spingono una donna a non avere figli non siano determinate da fattori economici anche se, a loro giudizio, molti per semplificare, talvolta utilizzano questi come motivazione. Va detto, però, che le donne senza figli che hanno partecipato ai focus group presumibilmente hanno un livello economico medioalto, come si può desumere dal loro titolo di studio e dalla loro occupazione19. Un figlio costa ma il costo non è un problema, si farà a meno di un vestito, si farà a meno di un viaggio, si farà a meno di un paio di scarpe… (FG 4, 0 F) …perché sennò ci sono gente che hanno magari ottocentomila lire al mese e c’hanno quattro o cinque figli, quindi non è quello (…) non è necessario essere ricchi per fare i figli…ma neanche benestanti…basta volerli forse, desiderarli tanto, chi non li può avere è un altro discorso, chi lo fa per scelta (…) non è certo perché non ha i soldi che uno non fa un figlio, almeno che non sia sotto un ponte e allora dice: “Va be’ non so come dargli il latte…” però gli zingari li fanno lo stesso e…secondo me sono tutti alibi che uno si cerca per giustificare il fatto di non fare figli (FG 4, 0 F) sì costa tanto ma insomma ma quanta gente che ha davvero dei problemi economici si pone il problema della maternità consapevole? Perché sennò secondo me ci si prende un po’ in giro, cioè è molto più frequente che il libero professionista che non ha problemi economici, si ponga il problema della maternità consapevole, a torto o a ragione io non voglio dare…voglio dire valenze moraliste a…ma piuttosto che chi ha…appunto chi appartiene a tutt’altro ceto, a tutt’altra sfera, che ha davvero problemi economici e che fa quattro figli, quindi il problema economico sarà anche vero ma non è quella la molla che ti fa avere o non avere il figlio, via! (FG 7, 0 F) Da queste affermazioni sembrerebbe che, nel loro caso, i costi elevati non siano stati determinanti per scegliere una fecondità limitata. 2.6.2 Le motivazioni delle donne con un figlio Alle donne con un figlio è stato proposto, in un primo momento, di parlare dei requisiti che ritenevano indispensabili per avere il primo figlio. La stabilità economica e lavorativa si è rivelata un presupposto necessario prima di decidere di avere la prima maternità, così come era emerso anche dalle opinioni espresse dalle donne senza figli. Successivamente, attraverso altri stimoli, si è cercato di capire se ci possono essere stati dei fattori determinanti per decidere di non avere un figlio in più. Non si sono, in generale, riscontrate notevoli differenze rispetto alle motivazioni date dalle donne senza figli se non per la diversa esperienza data dal fatto che le donne con un figlio avevano già avuto una maternità. Di seguito sono riportate le tematiche che sono emerse con maggiore rilievo nel corso dei dibattiti di gruppo: 19 L’aspetto economico può in ogni caso condizionare pesantemente la possibilità di entrare in unione e conseguentemente determinare un rinvio della maternità, come hanno sostenuto anche le partecipanti. 38 1. La carenza di servizi e strutture di supporto alle famiglie; 2. Motivazioni psicologiche: - “Se ci pensi non lo fai, il secondo”; - Il secondo figlio implica delle rinunce; 3. Motivazioni legate al lavoro/carriera: - Difficoltà di rientro al lavoro dopo il primo figlio; 4. Esperienze negative con il primo figlio. Come si è visto, i primi due temi erano emersi anche dai focus group con le donne senza figli che avevano citato sia la carenza di servizi e strutture di supporto alle famiglie, sia le motivazioni psicologiche come elementi che possono scoraggiare la maternità. Quest’ultimo aspetto, per le donne con un figlio, si traduce in una riflessione maggiore sull’opportunità di avere un altro figlio, poiché il desiderio di maternità sembra sia già stato appagato con la nascita del primo. - Sul secondo, secondo me, ci si riflette un po’ di più, e riflettendo riflettendo, si vagliano tante cose e alcune volte si desiste - Dicono che quello che ci vuole per fare il secondo è non riflettere… - A non riflettere, si ottiene e viene, ecco (FG 1, 1 F) io non ho programmato niente per il primo, abbiamo tentato di programmare il secondo quest’altro tra un po’ fa diciotto anni e noi il secondo non l’abbiamo fatto, secondo me anche tanti programmi… aspettiamo quello, magari ti avvicinano con il lavoro, aspettiamo magari che abbiamo finito di pagare il salotto, aspettiamo che cambiamo la macchina, questo figlio non è arrivato. Penso che a questo punto non arrivi assolutamente… (FG 2, 1 F) Inoltre, qualcuna ha sottolineato che tra le motivazioni per non aver voluto un altro figlio c’è il fatto che il dover seguire la crescita e l’accudire un altro bambino, avrebbe comportato un numero maggiore di rinunce e di complicazioni poiché il tempo a disposizione per sé diminuisce notevolmente. Ci sarebbe, quindi, una componente “egoistica” per non cercare il secondo figlio. devi considerare tante cose per il secondo. Prima di tutto è il doppio del sacrificio…già la vita produce uno stress, pensare di mettere al mondo e dover seguire anche un secondo figlio uno ci pensa bene, prima di… (FG 1, 1 F) egoisticamente, deve entrare il tempo anche per me, allora io dico: “Se avessi più figli, mi entrerebbe di fare questo, questo, quest’altro…?” forse no (…) forse con più figli dovrei correre molto di più, ma forse dovrei correre molto di più per loro non forse per me, a me piace correre anche per me, devo dire la verità, le soddisfazioni ci vogliono anche a me perché vivo anch’io… (FG 2, 1 F) La parola “egoismo” è stata spesso utilizzata dalle donne con tre figli in riferimento a chi ha scelto di non procreare o di avere al massimo un unico figlio, nei loro confronti esse hanno mostrato una disapprovazione piuttosto accentuata. 39 …io vedo tanti genitori con un figlio solo e dicono: “Basta mi fermo qui perché è già troppo perché…” cioè non si riesce a superare il proprio egoismo, quando si diventa genitori secondo me bisogna mettersi un attimino in secondo piano è questa la cosa più difficile… (FG 6, 3 F) io penso a chi non ne ha oppure a chi ne ha uno solo, tristezza…egoismo tanto vero (FG 6, 3 F) MOTIVAZIONI LEGATE AL LAVORO E ALLA CARRIERA - Uno degli aspetti emersi con maggiore forza tra le donne con un figlio20 ma anche tra quelle con tre figli, sono state le difficoltà legate al mondo del lavoro. Molte di loro hanno raccontato di avere subito situazioni di mobbing dopo aver annunciato una gravidanza o al ritorno al lavoro dopo la maternità. Hanno parlato delle proprie esperienze personali, o di quelle raccontate dal marito, riguardo a come viene accettata la maternità da parte del datore di lavoro sia nel settore pubblico sia in quello privato. In generale, si sono trovate concordi nell’affermare che c’è una certa ostilità nei confronti delle donne che hanno una gravidanza soprattutto nel settore privato, dove molte delle garanzie presenti nel pubblico (tutela del posto di lavoro, aspettativa, congedi parentali) talvolta vengono a mancare, comportando non pochi problemi di ordine pratico. dopo che si rientra sul lavoro, dopo che si è fatto un figlio, bisogna riaffermarsi un pochino, perché comunque è un anno che tu sei fuori e poi siccome sei una donna, devi faticare il doppio perché ti riesce anche a te fare le cose che sanno fare gli uomini, però te c’hai che non dormi la notte, bla…bla. Allora dopo quattro - cinque anni che ti sei fatta questa faticata, ci vuole grosso…a parte le motivazioni soggettive che valgono sempre, ci vuole tanto aiuto esterno per riaffrontare un’interruzione… (FG 1, 1 F) - il secondo figlio è una rinuncia - soprattutto nell’ambito del privato - io vedo lì dove lavora mio marito, dove ci sono molte donne, ciascuna che ha avuto un figlio ha lentamente o smesso, nel migliore dei casi sono andate al part-time e poi hanno smesso, questo ambiente privato come dice lei… - il pubblico non si conta perché sei tutelata, già nel privato è diverso, perché io vedo i ragazzi che escono dall’università: collaborazione coordinata e continuativa, sai per quanto tempo. L’assumi…oppure sono prestazioni occasionali che sono fritte…quando arrivi ad assumerle, se sono donne, la prima cosa, almeno dove sono io… “mi raccomando…” prima ce lo dicevano i genitori…ora… “speriamo non mi resti incinta!” - oppure addirittura battute tipo: “tutte le sfortune!”, il datore di lavoro usa queste espressioni ripetutamente, “un’altra volta!?”. Nella scuola è tutta un’altra cosa però nel mondo privato…mi risulta…è terrificante - anche nel pubblico, ti viene più incontro su altre cose, il permesso - sì ma nel pubblico non ti buttano fuori! - magari ti ritrovi sbattuta da un’altra parte senza neanche la scrivania, però… - lo stipendio ce l’hai lo stesso, poi magari ti licenziano quando rientri, sì lo stipendio ce l’hai lo stesso nel privato… - …ti affidano ruoli diversi, secondari, non puoi fare carriera - devi ricominciare - prova a telefonare al privato per dire: “Il bambino ha la febbre sto a casa”! (FG 1, 1 F) 20 In particolare, nel corso del primo focus group si è scatenato un accesso dibattito sull’argomento. 40 Le difficoltà sul posto di lavoro, evidentemente non rilevanti per decidere di avere dei figli dopo il primo, sono state messe in luce anche dalle donne con tre figli anche se, dai loro racconti, si percepisce una rassegnazione non riscontrabile nelle donne con un figlio. Esse, sembrano accettare il fatto di non fare carriera poiché sono loro stesse che non danno la disponibilità a spostamenti o ad impegni troppo onerosi dal punto di vista dell’orario di lavoro. In molti casi, esse hanno scelto un lavoro meno impegnativo oppure il part-time, per seguire maggiormente i figli, di conseguenza sono consapevoli di privilegiare la famiglia piuttosto che il lavoro. Inoltre, hanno posto maggiormente l’accento sul fatto che la discriminazione nell’ambito lavorativo riguarda più in generale il sesso che non il numero di figli. mio marito lavora in banca quindi diciamo la banca è proprio un settore in cui uno può fare un’escalation tutta la vita insomma, partire dal commesso, impiegato, capo-ufficio, funzionario, dirigente e lui mi dice che ce n’è pochissime donne che fanno carriera, c’è pochissime donne con tre figli che fanno carriera cioè forse la questione discriminante iniziale è che le donne fanno pochissima carriera specialmente…se c’è la donna che fa carriera all’interno della banca massimo ha un figlio (FG 5, 3 F) lì dipende dalla disponibilità che sei…che vuoi dare, giustamente se io dirigessi un’azienda, se devo far fare carriera a qualcuno la fo fare a chi mi dà il massimo della disponibilità, io penso di…mi presento a lavoro volentieri ci sto bene, faccio il mio lavoro però a quell’ora lì ho bisogno di staccare, non posso rimproverare a chi mi sta sopra il non favorirmi una carriera brillante, cioè a me basta che mi porti il giusto rispetto di vivere socialmente in mezzo agli altri bene nel posto di lavoro, io al lavoro chiedo questo, non posso chiedere…perché sennò non sarei realista, è inutile dire: “Le donne non fanno carriera” ma se io ho scelto anche di avere tre figli non posso pretendere anche di dirigere tutta la filiale e poi all’una lasciarli lì e venir via insomma (FG 5, 3 F) io invece sentivo tantissimo il peso di un lavoro che avrebbe avuto bisogno di me in maniera maggiore e quello che mi pesava di più era il fatto di dire se io volessi fare davvero bene questo lavoro dovrei starci di più e invece ci sto meno perché c’ho a casa altre cose e questo mi ha spinto a cercare un altro lavoro ecco quindi sicuramente non lo rimpiango perché l’ho scelto, mi va benissimo così sono felicissima dove lavoro ora, so che lì avrei imparato altre cose sarei forse andata ancora più avanti ecco, io non lo rimpiango però mi rendo conto che è stata una scelta, la mia direzione di vita e la mia famiglia mi ha fatto scegliere un lavoro meno impegnativo dove sicuramente la carriera non la farò perché più che maestra di scuola materna sarò maestra di scuola materna…mi va bene (FG 6, 3 F) Qualcuna, poi, ha anche raccontato di episodi di mobbing orizzontale, ovvero di episodi di emarginazione subiti non da un superiore (mobbing verticale) ma da parte di un collega di pari grado. i nostri cari maschietti che poi c’hanno a casa la moglie e i figli però nei confronti della collega femmina hanno ancora “Eh però è rimasta incinta un’altra volta! Eh! Poi allora questo servizio mi tocca a me invece…” e bla bla bla, così come però a mio marito è stato detto: “Ora ti manca altro che pigliare l’aspettativa anche a te” sedici anni fa quando s’era lì per la legge della parità e quindi effettivamente c’era la legge però poi in pratica lui non l’ha potuta mettere perché fu messo in un angolino. E secondo me quello che invece non riesce alla donna è proprio a livello, nell’ambiente lavorativo, cioè tutte le gravidanze che ho dovuto annunciare a lavorare è stata una sofferenza (FG 6, 3 F) 41 ESPERIENZE NEGATIVE CON LA PRIMA GRAVIDANZA E/O IL PRIMO FIGLIO - Alcune donne con un figlio hanno raccontato che l’esperienza negativa avuta con il primo parto ed i primi anni di vita del bambino è stata decisiva per scegliere di non avere un altro figlio. Le difficoltà connesse alla nascita del primo figlio che esse hanno incontrato, hanno fatto loro decidere di non voler ripetere l’esperienza per il timore di riviverla nuovamente in modo negativo. In certi casi, non pochi peraltro, le difficoltà sono state determinate anche da problemi di salute del bambino. io non me la sono sentita di riaffrontare un parto, è una cosa mia soggettiva, io ho paura di altre cose, non tanto solo dell’aspetto organizzativo, il lavoro… Per me è come se una maternità mi abbia detto tutto sulla maternità, non ci ho voluto riprovare. Qualche volta ho avuto un senso di colpa spaventoso, per questa cosa, perché sempre a chiedere: “Quando fai il secondo? Quando fai il secondo?” specialmente quando non ne hai ti dicono: “Quando fai il primo? Quando fai il primo?”. Io tanto senso di colpa ho provato per questa cosa…poi non è successo…perché talvolta può anche succedere e io questo secondo figlio non l’ho voluto (FG 1, 1 F) io sicuramente l’avrei voluto il secondo…mi sembrerebbe anche che mio figlio ne potesse stare meglio, certe volte ci penso e mi sembra che manchi una presenza in più, però lui ha avuto il problema, cioè il problema era nostro, che per tre anni lui la notte proprio non l’ha riconosciuta, quindi io non ho avuto il coraggio proprio di ricominciare da capo e a quel punto proprio ho chiuso (FG 2, 1 F) Dai racconti della maggior parte delle donne con tre figli è emerso, però, che spesso questo aspetto non ha influito sulle loro scelte riproduttive poiché molte hanno raccontato di avere avuto gravidanze problematiche21 e di difficoltà durante la prima infanzia dei figli. In particolare poi, in seguito al racconto di una delle partecipanti (focus group n° 6), le altre componenti del gruppo si sono coalizzate sostenendo che le esperienze negative con un figlio non sono determinanti per scegliere se averne altri. - senti io dico sempre che se il terzo fosse stato il primo sarebbe stato figlio unico perché il terzo mi ha fatto scontare tutto quello che invece le due…è nato, la terza gravidanza c’è stata perché io pensavo ingenuamente che potesse assomigliare alle altre due invece drammatica (…) il terzo mi ha fatto morire…cioè ho passato due anni che non dormivo, al nido non ci voleva stare (…) se fosse stato il primo io non lo so se avrei… se avessi passato due anni senza dormire la seconda forse non l’avrei fatta (…) i presupposti ecco delle buone gravidanze e dei figli tranquilli sicuramente ti invogliano - io sono contraria, indipendentemente se uno sceglie di averne più di uno, lo fa per scelta indipendentemente da come è stato il primo e il secondo - sennò non ne avrei fatti più neanche io tremenda la figliola, tremenda la gravidanza avrei smesso dopo la prima (FG 6, 3 F) I COSTI ECONOMICI SONO UN ALIBI - Anche le donne con un figlio sembrano condividere l’idea che i costi economici non siano determinanti per decidere di avere un altro figlio e utilizzano la stessa terminologia usata dalle donne senza figli: “i costi sono un alibi, sono una scusa”. Dai loro racconti non si 21 Più di una donna ha raccontato che il terzo figlio è nato in seguito alla quarta gravidanza che seguiva un’esperienza di aborto naturale. Questo sottolinea ancora di più la loro ferma determinazione ad avere tre figli. 42 sono percepite particolari difficoltà economiche, tranne che in pochissimi casi, probabilmente anche perché sono tutte donne che appartengono a famiglie con un doppio reddito. Un’altra possibile spiegazione di ciò potrebbe, però, essere il fatto che è più difficile che si riescano a raccontare eventuali problemi economici di fronte ad un gruppo di persone sconosciute. Ci potrebbe essere stato, infatti, un certo imbarazzo ad ammettere di avere avuto in passato, o di avere tuttora, problemi economici incompatibili con un figlio in più. Io penso che sono sempre scelte, bisogna proprio che uno sia senza casa e senza tetto, senza nulla…se si guarda di stare economicamente bene per poter dire metto al mondo un secondo figliolo, non lo farai mai, ma non farai mai nemmeno un primo, se vieni mosso da questo. Il figlio lo metti al mondo se effettivamente lo vuoi o se comunque ti capita. Sono scuse quelle di dire: “ah ma lo sai quanto costa un figlio!” non è vero, perché non vai a fare una vacanza, sono scelte (FG 1, 1 F) [Le spese sono un ostacolo per pensare di avere un altro figlio?] mettiamo da parte il metalmeccanico al minimo salariale, per gli altri è un alibi perché se devi mantenerlo con le famose Nike, con i famosi Invicta e tutto il resto ti capisco… (FG 2, 1 F) 2.7 Tre figli: una scelta di vita Come abbiamo visto, spesso le opinioni espresse dalle donne con tre figli sono sembrate, per molti aspetti, non molto diverse da quelle delle altre due tipologie di donne. Evidentemente però, il loro percorso è stato caratterizzato da scelte differenti che le hanno portate a condurre un peculiare stile di vita. Per la nostra ricerca, era importante cogliere le opinioni e gli atteggiamenti delle donne con tre figli, al fine di cercare di comprendere meglio se ci sono aspetti che le differenziano dalle donne che hanno fatto scelte riproduttive numericamente limitate. Percorrendo la traccia di discussione, soprattutto attraverso gli stimoli sulla genitorialità e sui costi dei figli, è stato possibile cogliere alcuni aspetti importanti. Il fatto di avere tre figli è stato, tranne in qualche caso in cui un numero alto di figli non era stato preventivato, la conseguenza di una scelta ben precisa. Molte delle partecipanti hanno raccontato di avere fortemente desiderato una famiglia numerosa, anche in giovane età, e di avere fatto il possibile per ottenerla, motivando questo desiderio in modi diversi. Qualcuna ha parlato di una sorta di “desiderio fisiologico” di avere dei figli. Altre hanno raccontato che è stato proprio il provenire da una famiglia numerosa che ha determinato la loro scelta, per altre ancora, invece, è stata la conseguenza del non voler fare vivere ai propri figli la “solitudine da figlio unico” vissuta durante la propria infanzia. La dimensione della famiglia nella quale l’individuo cresce e trascorre l’infanzia e la giovinezza condiziona le proprie scelte di fecondità e tale condizionamento non avviene in una direzione univoca: la relazione tra la fecondità dei genitori e quella dei figli può essere sia diretta sia inversa come hanno cercato di dimostrare anche alcuni studi [De Sandre et al., 1997; Dalla Zuanna, Righi, 1999]. 43 è una cosa magari che uno sente dentro, io per esempio ho sempre avuto questo desiderio di avere dei figli (FG 6, 3 F) io sono stata figlia unica per tredici anni e ho sofferto tanto di solitudine un po’ perché appunto qui a Firenze noi non conoscevamo nessuno quindi…mia mamma poi insegnava, io sono stata una bambina molto sola, ho sempre detto: “Mai fare un figlio! Piuttosto tre o quattro” perché…insomma, e credo tutto sommato di aver avuto ragione con tutti i problemi e la fatica che vuol dire aver tre figli vero! (FG 6, 3 F) Le donne con tre figli, rispetto alle altre, hanno messo maggiormente in luce, come del resto era prevedibile, l’aspetto dei costi economici dei figli. Le spese maggiori che devono essere sostenute sono determinate soprattutto dall’alimentazione, il vestiario, le attività sportive e la scuola. Molte hanno detto di avere percepito un incremento dei costi soprattutto con il passaggio dal primo al secondo figlio e che un terzo figlio in realtà non provoca grossi cambiamenti sia a livello economico sia organizzativo. Una delle difficoltà maggiori che hanno riscontrato è però quella di riuscire a garantire pari opportunità ai figli anche quando le loro esigenze si sommano. Qualcuna non ha avuto remore nel dire che, a volte, non è stato possibile sostenere alcune spese per i figli che sarebbero state troppo onerose per il budget familiare, in particolare esse hanno sollevato il problema di gite scolastiche che, se possono essere accessibili per famiglie con un solo figlio, nel loro caso risultano troppo costose. In generale si può affermare che, tranne che in qualche caso, le donne con tre figli non hanno evidenziato particolari difficoltà dovute al fatto di avere una famiglia numerosa. 2.8 Il ruolo delle politiche Nella parte conclusiva di ciascun focus group il moderatore proponeva alle partecipanti di esprimere la loro opinione sui possibili interventi pubblici volti a favorire la maternità e la famiglia, suggerendone al tempo stesso alcuni (assegni familiari, sgravi fiscali, incentivi alla flessibilità sul lavoro, potenziamento dei servizi per l’infanzia, eccetera). Tutte e tre le tipologie di donne hanno risposto mostrando interesse per la questione: le donne con figli hanno fatto spesso riferimento alla loro esperienza personale, mentre quelle senza figli hanno messo maggiormente in luce quali sono, a loro avviso, le carenze nei servizi e nella tutela del lavoro che ostacolano la maternità. Da quanto emerso, si può affermare che c’è una visione piuttosto critica dell’attuale situazione per quanto riguarda le misure pubbliche di sostegno alla maternità ed alla famiglia. - c’è solo da migliorare… - qui si parte dal punto zero, si può dire quello che si vuole (FG 5, 3 F) ma c’è bisogno sicuramente di tantissime cose (…) ma di esempi se ne possono fare tantissimi! (FG 7, 0 F) 44 Nella maggior parte dei casi le partecipanti hanno indicato come priorità il potenziamento delle strutture pubbliche, con particolare riferimento agli asili nido. Molte donne hanno sottolineato che i posti disponibili per gli asili nido22 non sono sufficienti a coprire tutte le domande che ogni anno sono presentate e che quindi ci sono molte famiglie che non hanno la possibilità di iscrivere i loro bambini agli asili pubblici. Alcune famiglie, soprattutto quelle nelle quali entrambi i partner hanno un’occupazione che non consente di seguire il bambino durante l’arco della giornata, sono quindi, talvolta, costrette a rivolgersi a strutture private con un aumento notevole di costi oppure devono richiedere, quando possibile, l’aiuto dei nonni o di personale a pagamento. L’asilo nido però non è visto soltanto come una struttura che consente di “parcheggiare” il bambino durante la giornata lavorativa del genitore, ma gli viene riconosciuta anche un’importante e difficilmente sostituibile funzione educativa e socializzante. Molte delle partecipanti hanno suggerito che gli interventi politici dovrebbero, soprattutto, essere volti ad aumentare i posti disponibili negli asili nido pubblici, evitando di selezionare le famiglie attraverso graduatorie economiche o favorendo soltanto le categorie più svantaggiate. Al tempo stesso, a loro avviso, dovrebbe diminuire il costo della retta mensile che è spesso troppo onerosa. Inoltre, molte hanno sottolineato che, per venire maggiormente incontro alle loro esigenze lavorative, gli asili, ma anche le scuole per l’infanzia e quelle elementari, dovrebbero avere orari più flessibili, sia in entrata sia in uscita, per non costringere i genitori a ricorrere ad altre soluzioni, poiché spesso non c’è una copertura per l’intera fascia oraria di lavoro. sì, sicuramente servizio nido per tutti, non per quelli che c’hanno otto figli, la mamma a carico…non lo so io non ci sono mai rientrata (FG 5, 3 F) io alle quattro e mezzo sono a lavoro…le quattro e mezzo è fuori dal mondo che chi lavora riesca a essere alle quattro e mezzo a prendere il figliolo a scuola… (FG 6, 3 F) l’asilo nido a Firenze ora ci vuole quasi un milione al mese, perché lì interviene alla fine anche il fattore economico, perché un asilo nido a Firenze costa quasi un milione al mese… (FG 1, 1 F) asili nido aperti a tutti, non solo graduatorie economiche (FG 1, 1 F) [mancanza di asili nido, ndr] è stato proprio quello l’ostacolo per cui ne abbiamo avuto uno solo (FG 1, 1 F) 22 Nel 2001 in Toscana il numero degli asili nido era pari a 329 unità per 11.084 iscritti (con una percentuale di posti disponibili, rispetto alla totalità della popolazione in età 0–2 anni compiuti, del 13,7%). La lista di attesa, quasi raddoppiata rispetto a quella di due anni prima, era di 8.265 bambini. Secondo l’assessore all’istruzione, formazione e lavoro Paolo Benesperi il forte incremento della domanda di servizi in Toscana è strettamente collegato al parallelo aumento dell’occupazione femminile. L’aumento dei servizi per l’infanzia avrebbe favorito il lavoro delle donne che, a sua volta, avrebbe dato una significativa spinta alla crescita della domanda di servizi [Regione Toscana, 2002]. Nel resto d’Italia la situazione non è migliore: gli asili nido sono in totale poco più di duemila e coprono meno del 6% del numero dei bambini da zero a tre anni, solo il 15% dei comuni del Centro-Nord ha attivato questo servizio e laddove è attivo le liste di attesa sono lunghe. Questo, di conseguenza, sembra evidenziare che se il servizio è presente, la domanda da parte delle famiglie è elevata. A tal proposito, risulta essere significativo il dato dell’Emilia Romagna, la regione italiana più all’avanguardia per quanto riguarda i servizi all’infanzia offerti, infatti, è contemporaneamente quella con il maggior numero di posti disponibili negli asili e il più alto numero di domande di iscrizione [www.minori.it]. In Italia la questione dell’asilo è molto sentita dai genitori tanto che, insieme ad educatrici ed altri cittadini, essi hanno formato un coordinamento sostenitore della proposta di legge di iniziativa popolare “L’asilo nido: un diritto delle bambine e dei bambini” con la quale chiedono una serie di garanzie e di tutele del servizio. 45 Se ci sono le strutture la gente è anche…più invogliata a spenderli. Perché io preferivo mandare mio figlio all’asilo nido, ce l’ho mandato, piuttosto che tenerlo a casa con un’altra persona perché per me…c’è più interazione con altra gente, uno sviluppo… gli è sempre piaciuto, è una diversa cosa, ma se non crei le strutture, cioè fammi pagare, relativamente una… però dammelo! (FG 1, 1 F) io so di nidi che chiudono alle ore sedici, dalle sedici alle diciannove un eventuale figlio mio cosa farebbe? (FG 3, 0 F) Tutti e tre i gruppi delle donne senza figli (e solo loro), hanno suggerito che oltre agli asili nido pubblici sarebbero di grande utilità gli asili aziendali, per niente diffusi in Italia mentre lo sono in altri paesi nord-europei. Si tratta di strutture all’interno delle grandi aziende che consentono di portare con sé il proprio figlio e di farlo accudire da personale preposto durante l’orario di lavoro, ma anche di trascorrerci del tempo durante le pause. Il fatto che proprio le donne senza figli abbiano introdotto questo tema non stupisce: infatti, dai loro racconti, come si è precedentemente evidenziato, emergeva in modo forte l’importanza che il lavoro ha nella loro vita. La possibilità di un asilo sul posto di lavoro consentirebbe loro di non rinunciare alla loro occupazione ma neanche al figlio, favorendo una più facile conciliazione. - il nido nei posti di lavoro - che nei paesi del Nord è una consuetudine da noi invece non esiste quasi da nessuna parte - ma capito, ma voglio dire…per una mamma è primo anche una sicurezza, perché lo hai lì, alla pausa pranzo puoi andare, non lo so, quindi penso che anche il datore di lavoro sia contento se la mamma lavora più tranquilla, tanto eventualmente lo paghi come paghi uno fuori (FG 3, 0 F) a Careggi [il principale ospedale fiorentino, ndr] sono anni che si combatte per avere un posto dove le mamme possono portare i bambini, dipendenti intendo, è banale, ci sono spazi all’infinito ma non c’è un interesse politico (…) gli asili aziendali certo, lo sento dire dalle mamme tutti i giorni perché che debbano alzarsi alle sei, portare il bambino dalla nonna e poi venire a lavorare è assurdo (FG 7, 0 F) Oltre al potenziamento degli asili nido molte hanno insistito sull’importanza di interventi pubblici finalizzati al mondo del lavoro, in particolare molte donne si sono mostrate fermamente convinte della necessità di una maggiore elasticità e flessibilità nell’orario di lavoro per consentire alle madri, ma anche ai padri, la possibilità di seguire in prima persona i figli (ad esempio per accompagnarli a scuola o per andare a riprenderli). Alcune hanno poi detto che sarebbe opportuno facilitare la possibilità di accesso al part-time23, magari senza un’eccessiva penalizzazione di tipo economico sullo stipendio, così da consentire al genitore che vuole avere a disposizione più tempo per occuparsi in prima persona dei figli, di poterlo fare. favorire anche chi magari ti chiede un part-time e non è penalizzato perché a volte non è facile… (FG 5, 3 F) 23 In Italia, il numero di persone che lavora part-time, sia nel settore pubblico sia in quello privato, è molto ridotto, il tasso più basso tra quelli dei paesi industrializzati [Saraceno, 1998]. 46 la flessibilità per esempio negli orari di lavoro negli asili, nelle scuole perché lavorando, come ho fatto io, come faccio io, dalle otto alle cinque, la scuola termina, il tempo pieno, alle 16.30 quindi devi trovarti una persona… oppure una flessibilità nel mondo del lavoro… ci si sta arrivando perché ora ci sono tutti questi part-time verticali, orizzontali, però fino a qualche anno fa era un po’ difficile ottenere degli orari che ti permettessero di accedere ad una scuola pubblica (FG 2, 1 F) Inoltre, tra le donne senza figli è emerso un altro aspetto legato alla maternità ed al lavoro che potrebbe essere meglio tutelato attraverso degli adeguati interventi pubblici. Tra le donne senza figli, e solo in questa tipologia di donne, erano presenti delle libere professioniste, esse hanno posto maggiormente l’accento sulle difficoltà che la loro categoria può incontrare al momento di una maternità, per la carenza di un adeguato sostegno economico che copra il periodo di sospensione del lavoro che per i dipendenti corrisponde al congedo di maternità. A questo si aggiunge il fatto che, di solito, i lavoratori in proprio sono svantaggiati per quanto riguarda la possibilità di iscrivere i figli agli asili nido pubblici poiché, avendo un’occupazione autonoma, ottengono un punteggio più basso per le graduatorie di accesso. Sembra, quindi, di assistere ad un paradosso: in molti casi sono proprio i lavoratori autonomi che, non avendo qualcuno che li possa sostituire nello svolgimento della loro attività, hanno minore possibilità di assentarsi. una libera professionista di fatto congela tutto quello che ha fatto fino a quel momento per un tot di tempo perché se è fortunata che la gravidanza va tutto bene può continuare a far tutto, va be’ allora il tempo è limitato ma può anche darsi che ci sia bisogno di più tempo, può anche darsi che un figlio poi abbia bisogno di più tempo perché non tutti sono uguali, qualcuno può essere più soggetto a stare a casa, a ammalarsi, a avere bisogno di qualcuno e questo uno non sempre se lo può permettere (…) non esiste un rimborso di questo tempo che comunque uno dedica a questa cosa perché uno non ne può fare a meno non tanto nemmeno per scelta. Voglio dire come c’è un’assistenza su tutti i posti di lavoro, dovrebbe esserci un’assistenza anche a chi paga le tasse e quindi paga comunque una cassa di previdenza, paga comunque, però alla fine se non fai altre forme private non hai… (…) a parte il contributo di maternità che può essere… mi sembra siano sei mesi un’indennità di maternità che va intorno alle ottocentomila lire il mese, va be’, perché comunque ipotizzano che tu in maternità puoi utilizzare, essendo un libero professionista, puoi continuare anche a andare a lavorare e quindi deve equivalere a un 50% di quello che spetterebbe a una persona che in quel momento essendo in maternità non va sul posto di lavoro. Però a parte quello le giornate che uno, comunque, passato i sei mesi che danno di bonus così, dovrebbe comunque avere un po’ di agevolazioni, che sia all’uomo o che sia alla donna diciamo, a chi si prende la cura di fare la mamma o il babbo (FG 7, 0 F) Le donne con tre figli hanno insistito molto anche sull’importanza dei congedi parentali, che consentono di non recarsi al lavoro nel caso in cui un figlio sia malato. Secondo la loro opinione con la legge attuale ci sarebbero forti ostacoli per il genitore che ha la necessità di restare a casa per seguire il figlio in caso di malattia, inoltre, esse chiedono che, in questi casi, sia garantito loro lo stesso stipendio24. - sicuramente il discorso dell’asilo nido è stato messo e anche della flessibilità, nella nuova legge sui congedi parentali un po’ ora c’è insomma il fatto di potersi gestire anche degli spazi per la malattia del figlio 24 Per un approfondimento sulla legislazione esistente si veda M. Brollo, V. Filì, R. Nunin, Disposizioni legislative di tutela e sostegno dei genitori che lavorano, 2001; oppure si consulti il sito internet www.affarisociali.it. 47 - ecco questa cosa della malattia… - perché poi tu ti senti un verme… - il bambino ufficialmente si può ammalare fino a tre anni poi basta se si ammala tu devi prendere il giorno di ferie - no, no ora ce l’hai, ce l’hai senza stipendio fino a otto anni - e siamo già avanti - fino a otto anni senza stipendio, sì però il bambino è suscettibile di visita fiscale, può venire il medico a controllare (FG 5, 3 F) In generale, la preferenza delle partecipanti si è rivolta al potenziamento delle strutture. Alcune donne con tre figli hanno invece indicato, tra gli interventi pubblici per favorire la maternità, anche un incremento degli incentivi economici alla famiglia. Gli assegni familiari25, che già esistono e percepiscono, a loro avviso, sono irrisori e non sufficienti. Sono state in prevalenza le donne con tre figli che hanno citato gli interventi economici tra le misure che lo Stato dovrebbe porre in essere per sostenere la famiglia. Questo può essere dovuto al fatto che alcune delle spese che le famiglie devono sostenere, come ad esempio quelle per l’acquisto dei libri scolastici che sono state spesso citate, aumentano proporzionalmente al numero dei figli e, quindi, un sostegno economico da parte dello Stato consentirebbe, a loro avviso, che alcune spese non fossero interamente a carico della famiglia. - io direi anche incentivi economici, cioè voglio dire gli assegni familiari… io ora non mi ricordo non lo guardo mai io il mio cedolino perché va direttamente in banca però mi sembra che diano proprio una cosa tipo che ne so? (…) sì ecco una cosa ridicola, voglio dire non c’ha senso, o lo dai o non lo dai - gli assegni familiari perché comunque vedi… devi comunque poi pagare i libri, pagare… - ecco per le medie, siccome ora l’istruzione è obbligatoria fino a sedici anni se non altro favorire quella fascia di età per l’acquisto dei libri… cioè come lo Stato paga i libri alle elementari io non dico di doverli pagare anche tutti alle medie però insomma… (FG 5, 3 F) Altri interventi ritenuti utili per favorire la famiglia sono quelli volti a rendere più vivibile il contesto, ad esempio, favorendo la costituzione di spazi riservati ai bambini nei luoghi pubblici. Alcune hanno anche segnalato che la moderna costruzione dei palazzi, senza giardini o corti interne, non favorisce l’aggregazione tra i bambini e la possibilità per i genitori di lasciarli liberi di giocare senza troppi controlli. avere degli spazi per esempio nei cinema, nei luoghi pubblici dove poter lasciare il bambino due ore, magari anche pagando non so la baby-sitter, cioè dando un contributo o così, perché io ho visto che all’estero ci sono molto di più, in Austria, in tutti i ristoranti c’è uno spazio per lasciar mangiare i genitori per mezz’ora, in Italia no anzi se vai al ristorante con un bambino di solito ti trattano male… (FG 5, 3 F) forse è quello che potrebbe cambiare le cose, proprio nella costruzione dei palazzi, la vecchia corte all’interno dei palazzi, che era rumorosa e che disturbava, invece l’effetto cortile è 25 Italia, Spagna, Grecia e Portogallo sono i paesi europei con l’impegno finanziario più basso per quanto riguarda l’erogazione di assegni familiari; inoltre, mentre Grecia e Portogallo operano in regime di universalità, Italia e Spagna contribuiscono con gli assegni in base al reddito della famiglia. Francia, Belgio, Norvegia, Lussemburgo, Svezia ed Austria sono, invece, i paesi che riservano più elevate risorse finanziarie alle politiche di sostegno alla famiglia [Barbagli, Saraceno, 1997]. 48 importante per i bambini, perché lì ci possono giocare un giorno e ci sarà qualcuno del palazzo che se sente uno piangere, ogni tanto si affaccia (FG 1, 1 F) In conclusione, si può dire che le partecipanti hanno suggerito che sono molti gli interventi che lo Stato può attuare per facilitare il compito delle famiglie che hanno figli o di quelle che intendono averne. Principalmente e prioritariamente, esse affermano che è necessario un miglioramento dei servizi e delle strutture, attraverso interventi sul mercato del lavoro che consentano una più semplice conciliazione tra famiglia e lavoro ai genitori. 49 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Abramczyk, L. 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P. 1996 Differenze territoriali nella fecondità italiana, Roma in P. Giorgi, S. Strozza (a cura di) Studi di popolazione Temi di ricerca nuova, Secondo Convegno dei Giovani Studiosi dei Problemi di popolazione, Dipartimento di Scienze Demografiche, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Spaltro, E. 1995 Il gruppo come strumento diagnostico, in Trentini G. (a cura di), Manuale del colloquio e dell’intervista, Torino, UTET Statera, G. 1992 Il mito della ricerca qualitativa, Sociologia e ricerca sociale, n. 39 1997 La ricerca sociale. Logica, strategie, tecniche, Roma, Seam Tanturri, M. L., Mencarini, L. 2003 Il mistero della donna senza figli: i risultati di un’indagine ad hoc, in Breschi M., Livi Bacci, M. (a cura di), La bassa fecondità tra costrizioni economiche e cambio di valori. Presentazione delle indagini e dei risultati, Udine, Forum Editrice Universitaria Udinese srl 2003 Un ritratto delle donne senza figli, intervento al Convegno “La bassa fecondità tra costrizioni economiche e cambio di valori”, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 15-16 maggio 2003 Trentini, G. 1962 Tecniche di gruppo e ricerche motivazionali in La misura dell’opinione pubblica, Milano Van de Kaa, D. 2001 Post-modern fertility preferences: from changing value orientation to new behaviour in Bulatao R. and J.B. Casterline (eds.) Zanatta, A. L., De Rose, A. 1995 Il figlio unico in Italia: frequenza e determinanti di una scelta, Materiale di studi e ricerche, N° 8, Dipartimento di Scienze Demografiche, Roma Ward, V. M, Bertrand, J., Brown, J. E. 1991 The Comparability of Focus Group and Survey Results, Evaluation Review, vol. 15 No 2 57 APPENDICE METODOLOGICA Allegato A. La lettera per contattare le partecipanti 58 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE Viale Morgagni, 59 - 50134 - Firenze Web: http://www.ds.unifi.it/ Firenze, 3/9/2002 Gentile Signora, Il Dipartimento di Statistica dell’Università degli Studi di Firenze, in collaborazione con le Università di Messina, Padova, Udine e Urbino sta realizzando una ricerca finalizzata a conoscere idee e punti di vista in merito ad alcuni aspetti rilevanti della vita quotidiana e familiare. Questo studio, puramente scientifico e senza alcuna finalità commerciale, reso possibile da un finanziamento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), sarà realizzato nelle cinque regioni sedi delle Università coinvolte. Nell’ambito della ricerca sono previste interviste di gruppo. In ciascun gruppo, composto da una decina di persone, saranno trattati gli argomenti della ricerca, alla presenza di un’intervistatrice che suggerirà i temi da discutere. Gli argomenti trattati non richiedono alcuna preparazione specifica, la discussione riguarda situazioni ed esperienze comuni a tutti. Le chiediamo, quindi, la disponibilità a partecipare ad un unico incontro che si svolgerà a Firenze negli ultimi giorni di settembre, presso la sede del Dipartimento di Statistica “G. Parenti”, Viale Morgagni n°59, ed avrà una durata non superiore alle due ore. Il suo contributo è importante ed essenziale per la buona riuscita dell’indagine. In segno di ringraziamento per la sua partecipazione, il Dipartimento di Statistica le farà omaggio di un buono per l’acquisto di libri. Le assicuriamo, infine, che le informazioni e le opinioni raccolte nel corso degli incontri saranno utilizzate esclusivamente dai ricercatori dell’Università, nel pieno rispetto della legge sulla privacy. Al termine della ricerca, qualora lo desiderasse, saremo lieti di metterle a disposizione i risultati generali dell’analisi. Nei prossimi giorni sarà contattata telefonicamente da un ricercatore dell’Università di Firenze, che le illustrerà meglio la ricerca e le modalità della sua eventuale partecipazione. Il Dipartimento di Statistica (zona Careggi) è raggiungibile con i bus n°2, 8, 14, 20, 28, 40, 43, 56 (fermata V.le Morgagni); se invece preferirà utilizzare l’auto, potrà usufruire del parcheggio del Dipartimento. Confidando nella sua disponibilità a prendere parte all’indagine, colgo l’occasione per ringraziarla per la sua attenzione, anche a nome dell’intero gruppo di ricerca del Dipartimento di Statistica. Salutandola cordialmente. Prof. Massimo Livi Bacci Coordinatore della ricerca Per maggiori informazioni contattare la segreteria organizzativa: Elisabetta Sbraci: cell. XXX-XXXXXXX e-mail: [email protected] Daniela Oddo: cell: XXX-XXXXXXX e-mail: [email protected] Letizia Mencarini: 055-4237XXX Maria Letizia Tanturri: 055-4237XXX 59 Allegato B. Il questionario per lo screening telefonico 60 SCHEDA DI RILEVAZIONE TELEFONICA PER LA FORMAZIONE DEI GRUPPI (SCREENING) Dati dell’intervistata: Nome…………………………………Cognome………………………………….... Indirizzo……………………………………………………………………………... Nome e Cognome dell’intervistatore: ...................................................................... Donna Con 1 figlio ! 1 STRATO A Senza figli ! 0 STRATO C Con 3 figli ! 3 STRATO B Sono XXXX e chiamo dal Dipartimento di Statistica dell’Università di Firenze. Potrei parlare con la Sig.ra YYYY? Nei giorni scorsi dovrebbe aver ricevuto una lettera dal Dipartimento di Statistica che preannunciava la nostra telefonata. Ha qualche minuto da dedicarci? Come avrà letto sulla lettera, stiamo conducendo una ricerca su alcuni aspetti della vita quotidiana e familiare. Per questa ragione, la invitiamo a partecipare, insieme con altre donne sue coetanee, ad un solo incontro che si terrà al Dipartimento di Statistica, nella zona di Careggi (in viale Morgagni) nelle prossime serate. Durante l’incontro che durerà al massimo un paio d’ore, saranno presentati alcuni temi, ad esempio il lavoro, il tempo libero, la famiglia, ecc. Se li riterrà di suo interesse e se lo vorrà, potrà scambiare le sue opinioni con le altre partecipanti, come in una tranquilla chiacchierata tra conoscenti. L’incontro non richiede nessuna particolare competenza, ma solo la sua disponibilità ad esprimere le sue opinioni ogni volta che lo desidererà nel corso dell’incontro (e, ovviamente, ad ascoltare i punti di vista delle altre partecipanti). Per il buon esito della nostra ricerca, sarebbe per noi molto importante che lei partecipasse al gruppo di discussione. Per facilitare la sua partecipazione, potrà parcheggiare la sua auto in un apposito parcheggio a lei riservato. Per ringraziarla della sua disponibilità, l’Università le offrirà un buono di 25 € da utilizzare in libreria. Si !1 Sarebbe disponibile a partecipare all’incontro? No ! 2 (se non è disponibile si ringrazia per l’attenzione e ci si scusa per aver disturbato) Ringraziandola per la sua cortese disponibilità, posso porle alcune domande per conoscerla meglio? Attualmente svolge un’attività lavorativa? Si !1 No ! 2 (se la sola persona disponibile a partecipare non lavora, si interrompe qui. Si ringrazia per la disponibilità e si dice che si ricontatterà eventualmente in seguito) 61 Qual è la sua occupazione? (non leggere le opzioni) Operaio comune, manovale, bracciante, mansioni manuali ed esecutive (bidello, infermiere 1 ! non specializzato) Operaio specializzato 2! Cameriera, domestica, colf 3! Lavorante a domicilio 4! Impiegato 5! Tecnico, infermiere professionale 6! Insegnante 7! Magistrato, giornalista, dirigente, funzionario, docente universitario 8! Coltivatore diretto 9! Commerciante 10 ! Artigiano 11 ! Libero professionista (specificare_________________________) 12 ! Piccolo imprenditore (meno di 15 dipendenti) 13 ! Imprenditore (più di 15 dipendenti) 14 ! Assistente sociale o animatore di comunità 15 ! Altro (specificare_________________________) 16 ! (Se la persona disponibile a partecipare fa l’assistente sociale, si interrompe qui. Si ringrazia per la disponibilità e si dice che la si ricontatterà eventualmente in seguito) Qual è il suo titolo di studio? (indicare mentre la persona risponde) Nessun titolo o quinta elementare Terza media o avviamento Diploma professionale (2-3 anni) 1! 2! 3! Diploma di Maturità (4 o 5 anni) 4! Diploma universitario o laurea: Quale?______________________ 5! (se la persona disponibile a partecipare ha la laurea in psicologia o sociologia, il questionario termina qui) Altro (specificare)________________________ 6! (Se la persona disponibile a partecipare ha il titolo di studio inferiore al diploma di scuola media inferiore, si interrompe qui. Si ringrazia). In quale anno è nata? 19____ In quale anno si è sposata?__/__/__/__/ (Si considera il matrimonio corrente) Ha figli? No Si !2 !1 (passare alla sezione C) Quanti? 1 ! 2 ______! (se la ha due figli si ringrazia per la disponibilità e si dice che la si ricontatterà eventualmente in seguito) 3 o più di tre ! 62 In che anno è/sono nato/i? 1° figlio 2° figlio 3° figlio 4° figlio 5° figlio A- PER LE DONNE CON UN FIGLIO Senza dirmi quale, lei pensa di trovarsi attualmente in una delle seguenti situazioni? in attesa di un altro figlio separata di fatto o in attesa di separazione vedova Penso di Si !1 (Il questionario termina qui, si ringrazia per la disponibilità e si dice che la si ricontatterà eventualmente in seguito) Penso di No ! 2 A.1 Sarebbe disponibile a partecipare il giorno? Martedì 25 Settembre (la prossima settimana) Si !1 Sarebbe ore… disponibile alle 18.00 Si !1 No ! 2 21.00 Si !1 No ! 2 18.00 Si !1 No ! 2 21.00 Si !1 No ! 2 No ! 2 A.2 Sarebbe disponibile a partecipare il giorno? Giovedì 26 Settembre (la prossima settimana) Si !1 Sarebbe ore… disponibile alle No ! 2 Se risponde NO sia alla domanda A1 sia alla A2 A.3 Sarebbe, invece, disponibile a partecipare la settimana successiva? Lunedì 7 Ottobre Si !1 Sarebbe ore… disponibile No ! 2 63 alle 18.00 Si !1 No ! 2 21.00 Si !1 No ! 2 B- PER LE DONNE CON TRE FIGLI Lei pensa di trovarsi attualmente in una situazione di separazione di fatto o di vedovanza? Penso di Si ! 1 (Il questionario termina qui, si ringrazia per la disponibilità e si dice che la si ricontatterà eventualmente in seguito) Penso di No ! 2 B.1 Sarebbe disponibile a partecipare il giorno? Mercoledì 2 ottobre (la prossima settimana) Si !1 Sarebbe ore… disponibile alle 18.00 Si !1 No ! 2 21.00 Si !1 No ! 2 18.00 Si !1 No ! 2 21.00 Si !1 No ! 2 No ! 2 B.2 Sarebbe disponibile a partecipare il giorno Giovedì 3 ottobre (la prossima settimana) Si !1 Sarebbe ore… disponibile alle No ! 2 Se risponde NO sia alla domanda B1 sia alla B2 B.3 Sarebbe, invece, disponibile a partecipare la settimana successiva? mercoledì 9 Ottobre Si !1 Sarebbe ore… disponibile alle 18.00 Si !1 No ! 2 21.00 Si !1 No ! 2 No ! 2 C- PER LE DONNE SENZA FIGLI Senza dirmi quale, lei pensa di trovarsi attualmente in una delle seguenti situazioni? in attesa di un figlio separata di fatto o in attesa di separazione in stato di infertilità vedova Penso di Si ! 1 (Il questionario termina qui, si ringrazia per la disponibilità e si dice che la si ricontatterà eventualmente in seguito) Penso di No ! 2 64 C.1 Sarebbe disponibile a partecipare il giorno? Lunedì 30 Settembre (fra 2 settimane) Si !1 Sarebbe ore… disponibile alle 18.00 Si !1 No ! 2 21.00 Si !1 No ! 2 18.00 Si !1 No ! 2 21.00 Si !1 No ! 2 No ! 2 C.2 Sarebbe disponibile a partecipare il giorno? Martedì 1 Ottobre (fra 2 settimane) Si !1 Sarebbe ore… disponibile alle No ! 2 Se risponde NO sia alla domanda C1 sia alla domanda C2 C.3 Sarebbe, invece, disponibile a partecipare la settimana successiva? Martedì 8 Ottobre Si !1 Sarebbe ore… disponibile alle 18.00 Si !1 No ! 2 21.00 Si !1 No ! 2 No ! 2 PER TUTTI: La ringrazio ancora per la sua gentile disponibilità. Nei prossimi giorni avremo necessità di ricontattarla, per confermarle la data del nostro incontro e per chiedere conferma della sua disponibilita’. Ci sono altri numeri di telefono che potremo utilizzare? Recapiti Telefonici ……………………………… (abit.) ……………………………… fasce orarie in cui è preferibile chiamare: .......….. (cell.) ……………………. (uff.) ………………..….... Senza domandare - a cura dell’intervistatore: Sembra una persona adatta alla partecipazione di un focus group? ! - SI - NO ! _! - Non so 65 Allegato C. La traccia per la discussione 66 TRACCIA PER LA DISCUSSIONE PER IL GRUPPO Introduzione • Accoglienza: benvenuto, ringraziamenti • Presentazione della ricerca: a) Studio della vita quotidiana e familiare, in quattro città Italiane: Pesaro, Firenze, Udine, Messina b) Ricerca finanziata dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca Scientifica • Indicazioni circa il funzionamento della discussione: a) Ogni vostra idea e opinione è molto importante per la nostra ricerca, non ci sono idee migliori o peggiori b) Nessuno deve tentare di convincere gli altri: è proprio la diversità delle vostre esperienze che diviene una fondamentale risorsa per la nostra ricerca c) Ciascuno può intervenire liberamente, senza seguire un ordine preciso, nel rispetto delle altre partecipanti d) Ciascuno può decidere in qualsiasi momento di non dare il suo contributo alla discussione se un particolare tema non risultasse gradito • Spiegare la necessità dell’uso del registratore, garantendo che le registrazioni non saranno mai cedute a terzi o trasmesse. • I risultati saranno presentati in forma anonima e mai verrà fatto il nome di uno di voi, nelle analisi che verranno rese pubbliche. • Presentazione dei partecipanti: nome, lavoro, hobby … 1. Realizzazione personale e di coppia 1.1 Pensate ad una donna della vostra età, che voi considerate “realizzata”. • che tipo di persona è? • com’è la sua vita? • che lavoro fa? • le amicizie, l’avere un gruppo di amici che ruolo hanno? • l’avere tempo per sé stessa, fare sport, coltivare hobby, fare viaggi, quanto sono importanti nella sua vita? 1.2 Pensate adesso ad una coppia che voi considerate “realizzata”/ “che funziona”. • che coppia è? o quali elementi la rendono tale? (autonomia/coesione…?) o che stile di vita conduce? o diversamente dal passato, che cosa la caratterizza? 67 1.3 Abbiamo parlato dei requisiti della coppia che funziona. Pensiamo adesso all’organizzazione pratica della vita quotidiana, come ad esempio la gestione della casa, dei figli, ecc. Ci sono aspetti dove la coppia può incontrare difficoltà? 2. La genitorialità 2.1 Secondo voi che significato ha essere genitori al giorno d’oggi? Ha un significato diverso che al tempo dei vostri genitori? 2.2 Quali responsabilità hanno i genitori nei confronti dei loro figli? • Fino a quando (che età) durano tali responsabilità? 2.3 Secondo voi quando una coppia decide che è arrivato il momento di avere il primo figlio? • Quali condizioni/situazioni facilitano tale scelta? • Quali fattori, invece, la ostacolano o la rendono più difficile? (Si scrivono sulla lavagna gli ostacoli e i prerequisiti che i vari partecipanti suggeriscono e poi se ne discute l’importanza) (Solo Per chi ha un figlio:) 2.4 Secondo voi queste condizioni cambiano o rimangono le stesse per avere il secondo figlio? • Condizioni che promuovono … • Condizioni che frenano … (Solo Per chi ha 3 o più figli) 2.5 Secondo voi queste condizioni cambiano o rimangono le stesse per avere un figlio in più? 3. Benefici e costi dei figli 3.1 Benefici 3.1.1 Quali sono secondo voi i principali benefici, gioie e gratificazioni che i figli portano ai loro genitori? (Affettività/rifugio contro la solitudine, socializzazione coppia, maggiore coesione coppia/famiglia) Suggerimenti da leggere solo se nessuno parla 3.1.2 Pensando sempre ai benefici che avete indicato, secondo voi in quali fasi della vita dei genitori essi sono più evidenti e importanti?. 3.2 Costi 3.2.1 Secondo voi, quali cambiamenti provoca la nascita di un figlio nello stile di vita della coppia? 68 • Che tipo di rinunce implica divenire genitori? 3.2.2 Alcune ricerche hanno messo in luce che spesso dopo la nascita di un figlio si verifica un mutamento della vita di coppia. (Ad esempio, capita che dopo la nascita del figlio, il proprio marito o moglie non si comportano come ci saremmo aspettati). • Che ne pensate? 3.2.3.Secondo voi, quali sono le spese più rilevanti che un figlio comporta? (Solo Per chi ha 1 o 3 o più figli) 3.2.4 Come variano le spese della famiglia all’aumentare del numero di figli? 3.2.5 Ci sono altri fattori - al di là di quelli economici - che potrebbero indurre a non avere figli o a non averne altri? (Ad esempio: problemi di salute, difficoltà legate al parto, … ) 3.2.6 Lavoro Da una ricerca è emerso che per la maggior parte delle donne è possibile conciliare carriera e famiglia non avendo figli e avendone al massimo uno. E’ anche secondo voi così? • E’ possibile conciliare lavoro e figli? 4. Le politiche 4.1 Quali potrebbero essere, secondo voi, possibili interventi che consentano di ridurre i costi dei figli o misure che favoriscano la famiglia e maternità? (Ad esempio: • interventi di tipo economico/fiscale (assegni/contributi economici/sgravi fiscali), interventi sul mercato del lavoro (incentivare la flessibilità, il part time) • interventi finalizzati a potenziare i servizi per l’infanzia (asili nido) • interventi finalizzati a rendere più vivibile il contesto) (Gli interventi suggeriti si scrivono alla lavagna) 4.2 Supponete adesso di dover formulare ai politici una richiesta sulle politiche che aiutino le famiglie e riducano i costi dei figli. • Con che priorità chiedereste gli interventi che avete suggerito? (Nel caso si possono riassumere nelle categorie sopra descritte per poi ordinarle in ordine di priorità). 69