Il contributo dello studio della filosofia trascendentale di J
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Il contributo dello studio della filosofia trascendentale di J
Il contributo dello studio della filosofia trascendentale di J.G.Fichte per il discorso metafisico contemporaneo Giovanni Cogliandro La scoperta della centralità del soggetto contraddistingue l’evoluzione della metafisica nel rinascimento, ed in generale la nascita della modernità. Il concetto “uomo” cede poi il passo al “soggetto” cartesiano, nella trasposizione dell’agostiniano ritorno in sé medesimo (noli foras ire): da precetto spirituale questa intuizione diviene fondamento a priori dell’esistenza, nel riconoscersi pensante, nella riflessione. L’atomismo soggettivistico di Leibniz conduce poi ad identificare la determinazione del soggetto come una entità anche molto meno estesa del soggetto umano: il tratto distintivo della costituzione del soggetto-monade è l’assenza di determinazioni esterne, di “finestre”. Tratto fondamentale della metafisica leibniziana è l’irriducibilità del pensiero alle determinazioni fisico/sensibili. La riflessione cartesiana e la priorità dell’autodeterminazione sulla eterodeterminazione, approfondita da Leibniz, sono i due tratti fondamentali della filosofia fichtiana, che ho scelto di introdurre rifacendomi a questi due pensatori anziché, secondo la tradizione, alla filosofia kantiana. Il mio intento è di presentare questa interpretazione di Fichte a partire dalla sua concezione di un soggetto autodeterminantesi come luogo e sorgente delle rappresentazioni/manifestazioni (Erscheinungen) dell’assoluto, la cui indagine e interrogazione è dominio e territorio della filosofia. Citando W.Janke, Fichte fa proprio “ il compito di rendere comprensibile il Senso della natura e del mondo degli uomini a partire dalla determinazione (Bestimmung) dell’uomo come manifestazione del soprasensibile.”1 Il punto di partenza è l’indagine dell’uomo come autodeterminato, come originariamente determinantesi. Fichte in questo compito si collega all’indipendenza di un soggetto anche infinitesimo spazialmente, quale viene esposta nella Monadologia, facendo riferimento esplicito a Leibniz nella Neue Darstellung der Wissenschaftslehre del 1797: in questo scritto si afferma infatti che Leibniz, proprio per la sua affermazione dell’indipendenza del soggetto, è l’unico pensatore nella storia a poter essere veramente convinto della propria dottrina, in quanto circolarmente la propria convinzione (Überzeugung) dipende dal postulare se stesso indipendente da condizionamenti fisici. La filosofia metamorfica di Schelling, discepolo e poi rivale di Fichte, si rifà invece alla nozione di un originario assoluto non-determinato (si pensi all’Ungrund-abisso del Freiheitschrift 1809). Già però nel sistema dell’Identità esposto nella Darstellung meines System del 1801 lo scopo della ragione è pervenire alla comprensione dell’indifferenza originaria tra soggetto ed oggetto, tra finito ed infinito. Come Fichte si ricollega alla filosofia della riflessione cartesiana e al sistema di Leibniz, così Schelling rivisita la sostanza spinoziana. Per Fichte l’originario è la libertà, intesa come irriducibile capacità di determinarsi. Questa posizione venne mantenuta in tutte le esposizioni della Wissenschaftslehre, che si dispiegano tra il 1794 e il 1814, riproponendo in un fervore senza pari la dottrina da differenti punti di vista, senza però mai operare mutamenti del suo spirito. L’esposizione più nota è nel 1794 la Grundlage der gesamten WL, dalla quale si è mossa la tradizionale interpretazione fichtiana. L’opera è tripartita: ai ben noti tre principi, segue la dottrina del sapere teoretico e la dottrina della scienza della pratica. Gli studiosi di Fichte hanno sempre sottolineato come questa prima esposizione della dottrina mostri molto più delle altre l’influenza di Kant, sin nella sua struttura, che richiama le prime due 1 W.Janke, Vom Bilde des Absoluten. Grundzüge der Phänomenologie Fichtes. De Gruyter 1993, p 532 critiche. E’ altrettanto chiaro il tentativo di andare oltre Kant, cercando un principio unificante nell’autoposizione dell’io, primo principio muovendo dal quale è possibile postulare un sapere (Wissen) ed una scienza (Wissenschaft). L’intenzione fichtiana in questa prima esposizione è la ricerca di un principio unificante la filosofia, che tuttavia non sia il principio di identità, che verrà ripreso da Schelling. Citando la Grundlage: La sostanza è tutto il cambiamento pensato in generale; l’accidente è un determinato che cambia con un’altra cosa che cambia. In origine c’è solo una sostanza: l’Io.2 E’ questa l’intuizione iniziale di Fichte, la sostanzializzazione dell’io, cioè l’attribuzione di tutto ciò che si riteneva predicabile al predicante, a ciò che c’è prima o al di là dello specchio del reale-molteplice: l’io predicante ed operante. Tale sostanzializzazione giunge ad accenti estremi nella Bestimmung des Menschen(1800) con la negazione dell’assolutezza della morte: Io in generale non morirò per me, ma solo per l’altro3 Lo Standpunkt, il punto di vista, viene così ad essere l’ineludibile referente di una descrizione che non si voglia limitare allo Schein, all’illusione della filosofia dogmatica. Non è possibile per l’io l’autoosservazione della propria morte: una constatazione banale, che tuttavia è meno banalmente volta alla radicalizzazione del per contenuto nel sintagma “per me”. Non vi è realtà se non per l’io, non vi è osservato senza osservatore: ma, e questa è la differenza con l’idealismo di Berkeley, non perché sia l’osservatore a dare la consistenza ad un’immagine diafana, ma perché il soggetto osservante è un soggetto riflettente-determinante, cioè delimita per opposizione, estrae dalla massa del determinabile. Citando l’Anweisung zum seligen Leben (1806): Noi così otteniamo operando nel pensiero, che la coscienza dell’essere è l’unica possibile forma e modo del esserci (Daseyn) dell’essere, immediatamente, semplicemente ed assolutamente con questo esserci dell’essere.4 La coscienza è la forma dell’essere, dell’essere presente dell’essere. Infatti l’essere è per Fichte un’astrazione che il pensiero compie tentando di riunire il molteplice, compiendo una determinazione a rovescio. Nel testo religioso di Fichte, si realizza una metafisica della vita anche a partire dalla dimostrazione della posteriorità della staticità nei confronti della coscienza. La vita è la vita del sapere, che si origina dalla vita dell’assoluto: La vita reale del sapere è quindi, nella sua radice, l’essere interno e l’essenza dello stesso assoluto.5 L’assoluto è vivente, e la sua essenza si manifesta nel sapere vivente, cioè nell’operativa determinazione e produzione delle rappresentazioni, che sono le manifestazioni dell’assoluto. Questa tematica sarà sviluppata soprattutto a partire dalla Darstellung der WL (1801-2), senza tuttavia costituire una cesura nel pensiero fichtiano, come alcuni esegeti affermano. Le manifestazioni dell’assoluto prendono il posto della scoperta delle capacità dell’io, poiché l’io viene ora considerato la prima delle manifestazioni dell’assoluto. L’assolutezza dell’io è l’assolutezza del sapere. La sostanzializzazione dell’io è la sostanzializzazione del cambiamento in generale, quindi il rifiuto della staticità dell’essere inteso come sostrato. L’accidente è ciò che trova la sua determinazione all’esterno di sé e quindi può mutare solo con un intervento esterno, l’io invece è sostanza in quanto si autodetermina. La dialettica tra eterodeterminazione ed autodeterminazione è un’altra costante del pensiero fichtiano, che compare in ogni esposizione della WL. L’io o l’uomo in generale viene ad essere caratterizzato come inter-esse, Zwischen-sein (Janke). Sta in una posizione mediana in quanto si autodetermina, e si colloca tra il proprio limite (Grenz) e il proprio scopo (Zweck). Questa coloritura oggi apparirebbe esistenzialistica, e costituisce il momento iniziale della WL, prima che le polemiche con Schelling ed il confronto con la filosofia di Jacobi ed il principio di coscienza di Reinhold portassero Fichte a passare dallo Standpunkt del finito allo 2 J.G.Fichte-Gesamtausgabe (Frommann-Holzboog 1962- ) I,2,300 “Ich werde überhaupt nicht für mich sterben, sondern nur für andere”; SW II,315 4 SW V,441 5 SW V,443 3 schematismo delle manifestazioni dell’assoluto. In particolare, esaminando le opere e la corrispondenza di Schelling di quel periodo, si può osservare come il metodo di Schelling sia quello del costituire una scienza delle metamorfosi dell’assoluto inteso come organico, cioè come organizzato in vista di uno scopo predeterminato. Di contro il metodo fichtiano è e rimane quello dell’articolazione delle manifestazioni: se l’organismo ha scopi prefissati, l’articolazione è il determinare gli scopi mentre si costituisce l’articolazione medesima. Intento di Fichte è ricostruire la genealogia delle determinazioni dell’io. La determinazione è la relazione fondamentale che intercorre tra Io e Non-Io, e la scienza della pratica, che costituisce la conclusione della WL 1794, trova il suo teorema iniziale nella dimostrazione di questa relazione. Citando Fichte: Nella proposizione , che era il risultato dei tre principi dell’intera dottrina della scienza: l’Io e il Non-Io si determinano reciprocamente, erano comprese le due seguenti: dapprima la proposizione l’Io si pone come determinato dal Non-Io (…), e quindi la seguente: l’Io si pone come determinante il Non-Io.6 L’io trova il proprio limite nel sapere, in quanto il sapere è sapere di un qualcosa di determinato, mentre trova il proprio scopo operando la determinazione all’esterno di sé in conseguenza di una determinazione che esercita su di sé medesimo. E’ questo lo zwischen-sein dell’io, che deriva dal movimento centrale della WL 1794, la determinazione reciproca, Wechselbestimmung. Dalla determinazione reciproca procedono i concetti teoretici di divisibilità e limitazione, come i concetti pratici di sforzo, impulso, sentimento (Streben, Trieb, Gefuhl): tutti concetti relazionali, che, analizzati, sfatano il mito dell’egotismo e dell’acosmismo della dottrina fichtiana. Un significativo mutamento espositivo che vorrei rimarcare è quello che forma il fulcro dell’approccio di Pareyson a Fichte7, cioè il sostituirsi dell’analisi reale dei fatti di coscienza al metodo deduttivo della WL 1794, sostituzione che viene prefigurata nella Neue Darstellung der WL (1797) e che trova il suo compimento nella Wissenschaftslehre nova methodo 1796/99. Purtroppo questa, come la maggior parte delle esposizioni della WL, non venne stampata, e quindi entrò nella discussione scientifica solo molto tempo dopo la morte del suo autore. Se la Wechselbestimmung caratterizza il metodo della WL 1794, la WL nova methodo è contraddistinta dalla centralità della Wechselwirkung, azione reciproca. Come la Wechselbestimmung originava la posizione dell’io come determinato dal non-io e viceversa, così dalla Wechselwirkung muovono le due categorie di sostanzialità e causalità nella WL nova methodo. Citando Fichte: Vi sono diversi modi di unificare il molteplice nella sintesi fondamentale. Vi sono tre categorie: 1 Sostanzialità; 2 Causalità; 3 azione reciproca.8 Anche l’io in sé quindi, senza relazione col non-io e senza azione reciproca con l’agire, non esiste, è semplice idea.9 La determinazione viene modalizzata tramite le categorie di sostanzialità e causalità, che a loro volta derivano dalla Wechselwirkung. Se Kant può non dare una definizione di categoria, questo è invece possibile alla WL: Le categorie sono le specie e i modi, descritti prima, della mediazione della coscienza immediata con quella mediata, i modi come l’io può sortire dal puro pensiero di se stesso per arrivare al pensiero di un’altra realtà. Non sono per altro semplicemente ciò che unisce il molteplice, ma piuttosto i modi di mutare il semplice in un molteplice.10 Il pensiero della Wechselwirkung è quindi anche il pensiero categoriale, la ricerca di una mediazione reale tra unità e molteplicità. 6 GA,I,2,385 L.Pareyson, Fichte. Il sistema della libertà. Milano 1950, 1975_. 8 WL nm, trad.it. p 198 9 WL nm, trad. it. p 63 10 WL nm, trad.it., p 197 7 Il metodo deduttivo all’opera nella WL 1794 viene quindi integrato con la considerazione dell’inizio dell’autopercezione. Se nella prima versione della WL il problema della possibilità dell’io finito venivo dispiegato e risolto con la reciproca limitazione e determinazione tra due forme del finito, l’io e il non-io, ora si tenta di dare un contenuto a queste forme, di tramutarle in plena sensibili. In questo modo, nella WL nova methodo si corona l’esposizione del punto di vista del finito, che occupa gli anni dell’insegnamento di Fichte a Jena, fino alla Bestimmung des Menschen del 1800, prima opera berlinese. Il metodo genetico-deduttivo all’opera nella WL 1794 diviene un metodo genetico-reale, che inizia con la percezione che l’io ha di sé medesimo. Citando la WL nova methodo: L’io diviene solo con il porre sé stesso, non è prima già sostanza, ma il porsi come ponente è la sua essenza, è una e medesima cosa. E’ quindi conscio di sé immediatamente. Se sappiamo questo si domanda di nuovo: come l’abbiamo trovato? Evidentemente in quanto intuiamo l’intuizione dell’io che agisce in sé. E’ quindi possibile una intuizione dell’io che agisce in sé. Una tale intuizione è una intuizione intellettuale. Questo non contraddice il sistema kantiano. Kant nega solo una intuizione intellettuale sensibile, e ciò con ragione. L’intuizione dell’io non è qualcosa di statico, in quiete, ma di un io agente. Kant non ha riflesso nel suo sistema su questa specie di intuizione intellettuale, cioè sul risultato, ossia che le nostre rappresentazioni sono dei prodotti del nostro spirito autoattivo. Il risultato di questa intuizione intellettuale Kant lo ha nel suo sistema.11 Il superamento più convincente del sistema kantiano si trova purtroppo in questo testo esoterico di Fichte, riportato solo dagli uditori delle sue lezioni. Proprio questa intuizione è il superamento del criticismo, che si arroccava nella difesa della staticità dell’oggetto intuito: l’io è invece l’unico oggetto di sé medesimo che non può che essere attivo. E’ la prima fase dell’idealismo, quello del Vom Ich di Schelling, che con Novalis fu il primo a esplicitare, nel 1794, la nozione di intuizione intellettuale. Mentre Schelling tuttavia ignorò il diniego kantiano, effettuando una vera e propria classificazione delle intuizioni intellettuali, che verrà ripresa nel Sistema del 1800, Fichte si mantiene nella filosofia trascendentale e la erge a sistema genetico dello spirito umano. Il sistema delle rappresentazioni deriva dall’attività dell’io, attività che si è originariamente sensibilizzata nell’intuizione intellettuale, e che si tramuterà in immaginazione produttiva per il sapere teoretico ormai riunificato alla scienza della pratica. La coscienza reale che sorge dall’intuizione intellettuale riunisce in sé la percezione del limite (propria del sapere teoretico) e la determinazione del dovere (propria della ragion pratica): questo avviene poiché l’apprensione immediata della legge morale presuppone l’apprensione della capacità di agire dell’io, e la facoltà rappresentativa, che viene dedotta nella WL 1794, non ha più bisogno di esserlo, poiché la determinazione delle singole rappresentazioni è compiuta dal sorgere del pensiero determinante. In sintesi è questa la posizione del sistema della libertà fichtiano, che anche nelle sue evoluzioni ulteriori, caratterizzate da una fenomenologia delle manifestazioni dell’assoluto, mantiene la sua fedeltà al punto di vista della WL: il primato della reciprocità sul monismo e la ricerca di un unico principio, che non sia dogmaticamente esterno all’osservatore, ma che includa il costituirsi dell’osservatore. A completamento di questa descrizione poniamo il rovesciamento del postulato della staticità dell’essere, che ha caratterizzato la metafisica classica e la filosofia sistematica moderna e contemporanea, in una prospettiva rinnovata che potrebbe fornire non pochi stimoli al dibattito filosofico contemporaneo. Giovanni Cogliandro 11 ivi, p 43