San Francesco d`Assisi
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San Francesco d`Assisi
San Francesco d’Assisi Dopo aver studiato le sue vicende, soffermiamoci su San Francesco a partire da ciò che lui lasciò scritto, compose o... i suoi biografi raccontano di lui. Questo per cercare di cogliere nel patrono d’Italia, non una figura lontana, ma una persona innamorata, bella dentro e bella fuori, una persona che, pian piano, ha costruito la sua vita su valori profondi e stabili. Di lui esamineremo le composizioni più famose. FRANCESCO RINUNCIA ALL’EREDITÀ DI SUO PADRE Uno degli eventi più ricordati, della vita di Francesco, è il momento in cui egli, davanti al vescovo di Assisi, chiamato ad essere giudice fra lui e il padre, decide di rinunciare all’eredità per iniziare una vita povera, fidandosi solo della Provvidenza di Dio e riconoscendo Dio come Padre. FORZA VENITE GENTE (da: Forza venite gente, musical) Padre: Figlio degenerato che sei! Chiara: Non avrai più casa, più famiglia, non avrai. Non sai più chi eri, ma sai quello che sarai. Francesco: Figlio della strada, vagabondo sono io, col destino in tasca, ora il mondo è tutto mio. Ora sono un uomo perché libero sarò, ora sono ricco perché niente più vorrò. Chiara: Nella sua bisaccia pane e fame e poesia. Francesco: Fiori di speranza segneranno la mia via! Coro: Forza venite gente che in piazza si va un grande spettacolo c'è. Chiara: Francesco ha scelto la sua libertà. Padre: Figlio degenerato che sei! Coro: Figlio degenerato che sei! Chiara: Ora sarà diverso da noi... Coro: Forza venite gente che in piazza si va un grande spettacolo c'è, Francesco al padre la roba ridà. Padre: Rendimi tutti i soldi che hai! Francesco: Eccoli i tuoi soldi, tieni padre, sono tuoi, eccoti la giubba di velluto, se la vuoi. Non mi serve nulla, con un saio me ne andrò. Eccoti le scarpe, solo i piedi mi terrò. Butto via il passato, il nome che mi hai dato tu, nudo come un verme non ti devo niente più. Chiara: Non avrà più casa, più famiglia non avrà. Francesco: Ora avrò soltanto un padre che si chiama Dio! Coro: Forza venite gente che in piazza si va un grande spettacolo c'è, Francesco al padre la roba ridà. IL CANTICO DELLE CREATURE Due anni prima di morire Francesco era ormai consumato dalla malattia. Da più di cinquanta giorni non riusciva più a sopportare né la luce del sole di giorno né quella del fuoco la notte. Era ormai quasi cieco e aveva un continuo atroce dolore agli occhi. Una grave malattia allo stomaco gli impediva persino di cibarsi. I suoi compagni, con l’intento di alleviargli le gravi sofferenze, lo condussero a S. Damiano, nei pressi del Monastero di Chiara, dove aveva sentito la prima chiamata di Gesù. 1 Il suo biografo scrive che Francesco fu mosso a pietà di se stesso e pregò Signore vieni in soccorso alla mia infermità. E messosi a sedere, Francesco si concentrò a riflettere e compose parole e musica del Cantico. Anzi, volle che da allora in poi i suoi frati, quando giravano per città e campagne, prima facessero la predica e poi insegnassero il cantico alla gente. Francesco esprime nel Cantico delle Creature il suo modo di vivere, l’atteggiamento interiore con cui Francesco impara a stare davanti a Dio e alla vita stessa. CANTICO DELLE CREATURE (da: L’infinitamente piccolo, A. Branduardi) E preziosa. Si laudato per Frate Foco Che ci illumina la notte Ed è bello, giocondo E robusto e forte. A te solo Buon Signore Si confanno gloria e onore A Te ogni laude et benedizione A Te solo si confanno Che l’Altissimo Tu sei E null’omo degno è Te mentovare. Si laudato Mio Signore Per la nostra Madre Terra Ella è che ci sostenta E ci governa Si laudato Mio Signore Vari frutti lei produce Molti fiori coloriti E verde l’erba. Si laudato Mio Signore Con le Tue creature Specialmente Frate Sole E la sua luce. Tu ci illumini di lui Che è bellezza e splendore Di Te Altissimo Signore Porta il segno. Si laudato per coloro Che perdonano per il Tuo amore Sopportando infermità E tribolazione E beati sian coloro Che cammineranno in pace Che da Te Buon Signore Avran corona. Si laudato Mio Signore Per sorelle Luna e Stelle Che Tu in cielo le hai formate Chiare e belle. Si laudato Mio Signore Per la Morte Corporale Chè da lei nesun che vive Può scappare E beati saran quelli nella Tua volontà che Sorella Morte non gli farà male Si laudato per Frate Vento Aria, nuvole e maltempo Che alle Tue creature dan sostentamento. Si laudato Mio Signore Per sorella nostra Acqua Ella è casta, molto utile Un altro famosissimo brano attribuito a San Francesco che è giunto fino a noi è una preghiera: O Divino Maestro, che io non cerchi tanto di essere consolato, quanto di consolare. Non di essere compreso, ma di comprendere. Non di essere amato, quanto di amare. Infatti: donando si riceve. Dimenticandosi si trova comprensione. Perdonando si è perdonati. Morendo si risuscita alla vera Vita. Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace. Dove c’è odio, io porti amore. Dove c’è discordia, io porti l’unione. Dove c’è errore, io porti la verità. Dove c’è dubbio, io porti la fede. Dove c’è disperazione, io porti la speranza. 2 Oggi, i Francescani e le Clarisse, almeno una volta al giorno, ripetono questa frase contenuta nel Testamento di San Francesco (1226): Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, poiché con la tua santa Croce hai redento il mondo. IL CROCIFISSO DI SAN DAMIANO Il Crocifisso di san Damiano è un’icona dipinta da un artista anonimo (probabilmente un monaco) tra il 1000 e il 1050 d.C. e collocata nella chiesetta di san Damiano, fuori le mura di Assisi. Davanti a quella croce, nel 1206 Francesco d’Assisi percepì l’invito a “riparare la sua casa”, che sappiamo essere non tanto quella di mattoni... Il Crocifisso rimase a san Damiano contemplato e custodito da S. Chiara e dalle sue consorelle, finché visse santa Chiara (1253). Nel 1257 le clarisse si trasferirono all’interno delle mura di Assisi e il crocifisso venne portato in città, nella basilica di santa Chiara, dove si trova tutt’ora. UN PRIMO SGUARDO AL CORPO DI GESU' E' il corpo di Gesù Risorto, sereno, in piedi e con gli occhi aperti: ha vinto la morte. Non ha cancellato i segni della sofferenza, li porta ancora tutti nel corpo: mani, piedi, costato sanguinanti. IL VOLTO. Si notino ancora gli occhi aperti. Tra i capelli si vede l'orecchio sinistro: Gesù ascolta la preghiera di chi lo invoca: “Ricordati di me, Signore, quando entrerai nel tuo Regno” (Lc 23,42). L'AUREOLA. E' piena e dorata, simbolo della divinità di Gesù. Al suo interno si scorge una croce, che Gesù Figlio di Dio ha sofferto fino alla morte di croce per la salvezza degli uomini. All'interno della croce c'è un simbolo geometrico ripetuto tre volte, simobolo della regalità, a dire che Gesù è venuto ad inaugurare il Regno di Dio. I suoi capelli poggiano sulle spalle divisi in 6 ciocche: sono i 6 giorni della creazione: la Risurrezione fa nuova tutta la creazione: cieli nuovi, terra nuova, uomini nuovi. IL GREMBIULE. L'abito di Gesù Risorto è il grembiule/asciugatoio dell'ultima cena. E' l'abito del servo. Il servizio di Gesù prima e del cristiano poi è quello di donare la vita. I PIEDI DI GESU': la croce è rovinata e si scorgono difficilmente due personaggi. Probabilmente lì era raffigurata la "discesa agli inferi" (Credo e Sabato Santo). Come nelle icone che riportano questo mistero della Pasqua, Gesù calpesta e scardina le porte della morte e prende per mano (tira fuori/su) Adamo ed Eva. Proprio loro stanno ad indicare che la salvezza è per tutta l'umanità. 3 I PERSONAGGI DIO sta nel punto più alto del Crocifisso. Con la sua mano guida la storia della salvezza. Sotto di Lui vediamo Gesù Risorto (vestito di bianco) che ascende al cielo circondato dagli angeli. GLI ANGELI stanno vicino alle braccia di Gesù o meglio: stanno davanti al sepolcro vuoto (lo sfondo nero dietro le braccia di Gesù). Sono coloro che hanno annunciato la risurrezione. IL CENTURIONE ROMANO: è colui che, vedendo morire Gesù, farà la professione di fede: "Veramente costui era Figlio di Dio" (Mc 15,39). MARIA E GIOVANNI: la mano sinistra sotto il mento indica che Maria sta contemplando il mistero della morte e risurrezione di Gesù; con la mano destra ci indica Gesù. Intanto il suo sguardo incrocia quello di Giovanni (il discepolo che l'ha accolta): stanno dialogando con Giovanni. Essi sono segno della Chiesa come nuova famiglia di Gesù. MARIA MADDALENA E MARIA MADRE DI GIACOMO: anche la Maddalena è in atteggiamento di meditazione (sarà la prima a incontrare e annunciare Gesù Risorto) mentre Maria madre di Giacomo manifesta stupore. Anche i loro sguardi si incrociano: stanno dialogando. Esse sono segno della Chiesa che segue Gesù nel servizio. LONGINO E STEFANATO: sono i personaggi più piccoli rispettivamente a sinistra e a destra di Gesù. Longino, soldato romano, secondo il Vangelo apocrifo di Nicodemo è colui che ha trafitto il costato di Gesù con un colpo di lancia. L'altro, Stefanato, è l'ebreo che, secondo il Vangelo di Nicodemo, diede da bere l'aceto a Gesù prima di morire. Essi stanno ad indicare che sotto la croce c’è posto per tutti i popoli, per tutte le lingue, per tutte le culture. 4 Un altro caposaldo dei valori di Francesco è quella che lui chiama Perfetta Letizia. Oggi noi possiamo dire che si tratta di una condizione interiore di profonda serenità, sostenuta dalla capacità di restare nella pace, soprattutto nei momenti più difficili e pieni di paura. Questa “letizia” non viene dall’assenza di fatiche e di preoccupazioni. E’ frutto della capacità di entrare in ogni cosa con la certezza dell’amore di Dio. PERFETTA LETIZIA (da: Forza venite gente, musical) Frate Leone, agnello del Signore Per quanto possa un frate Sull'acqua camminare. Sanare gli ammalati O vincere ogni male. O far vedere i ciechi E i morti camminare. Frate Leone, pecorella del Signore Per quanto possa un santo frate Parlare ai pesci e agli animali E possa ammansire i lupi E farli amici come cani Per quanto possa lui svelare, che cosa ci darà il domani Tu scrivi che questa... non è: Perfetta letizia, perfetta letizia Perfetta letizia... Frate Leone, agnello del Signore Per quanto possa un Frate Parlare tanto bene Da far capire i sordi, e convertire i ladri Per quanto anche all'inferno Lui possa far Cristiani Tu scrivi che, questa... non è: Perfetta letizia, perfetta letizia Perfetta letizia... Se in mezzo a frate inverno Tra neve freddo vento Stasera arriveremo a casa E busseremo giù al portone Bagnati, stanchi ed affamati Ci scambieranno per due ladri Ci scacceranno come cani Ci prenderanno a bastonate E al freddo toccherà aspettare Con Sora Notte e Sora Fame E se sapremo pazientare Bagnati, stanchi e bastonati Pensando che così Dio vuole E il Male trasformarlo in bene Tu scrivi che Questa... è: Perfetta letizia, Perfetta letizia, Perfetta letizia... Frate Leone questa è... Frate Leone questa è... Frate Leone questa è... Frate Leone questa è... Perfetta letizia, perfetta letizia, perfetta letizia... IL TAU Il Γ è una lettera dell'alfabeto greco corrispondente alla lettera ebraica ( תTau/Tav) e alla lettera latina T. Esso venne adoperato nella Bibbia con valore simbolico per indicare la salvezza e l'amore di Dio per gli uomini. È perciò segno di redenzione. San Francesco utilizzava con frequenza, a scopo di devozione, il Γ: con tale sigillo, San Francesco firmava le sue lettere ogni qualvolta inviava qualche suo scritto; su se stesso tracciava il segno del Γ per consacrare le sue azioni al Signore; inoltre il Santo adottò il 't come distintivo per la forma stessa di questa lettera, la cui grafia è quella di una Croce. IL LUPO DI GUBBIO Vicino ad una città dell’Umbria che si chiama Gubbio viveva un lupo feroce, che da molto tempo tormentava gli abitanti della zona: assaliva uomini, donne e bambini e li uccideva. Allora San Francesco decise di intervenire: uscì dalle mura della città e andò incontro al lupo. Quando lo vide da lontano, si fermò ad aspettarlo in mezzo alla strada, con le braccia allargate. Il lupo si avvicinò a Francesco e stette ad ascoltarlo. Il santo gli disse: “Caro lupo, non fare più male a nessuno e io ti prometto che gli abitanti di Gubbio si prenderanno cura di te”. Il lupo sollevò la zampa e la mise tra le mani di Francesco: era il suo modo di dirgli che sarebbe diventato mansueto e non avrebbe più ucciso nessuno. Infatti il lupo divenne docile come un cagnolino, camminava per le strade del paese a testa bassa, giocava con i bambini, faceva la guardia alle case quando i proprietari uscivano. Gli abitanti di Gubbio, in cambio della sua bontà, gli davano ogni giorno tanto buon cibo. Quando il lupo, diventato vecchio, morì, tutti erano tristi; venne seppellito vicino al camposanto. 5