Il Matrimonio

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Il Matrimonio
Il Matrimonio Sono uscito dal bagno avendo le idee più chiare. La vista anche era un po’più lucida, ma di un lucido decisamente poco naturale. Se giravo la testa, l’immagine nel mio cervello aveva un secondo di ritardo nel seguire i movimenti. Tutto sommato posso dire che ero brillo andante. Non avevo bevuto eccessivamente, ma ero arrivato al punto che se bevevo qualcosa di più forte dell’aranciata sarei finito in un baratro senza fondo. Quindi dovevo smettere, perché continuavo a ridere. E se non mi concentravo abbastanza avrei iniziato a dire tutto quello che mi passava per la testa, ed in quei casi inizio a criticare più o meno tutti. E non sarebbe stato un bene. E quindi non dovevo più bere nulla di alcolico. Era il matrimonio di un mio caro amico. Non il migliore, ma comunque nella top ten di quelle persone che potevo considerare fidate e con cui mi trovavo bene anche dopo 5 minuti di conversazione. Il problema principale del ricevimento era che a me piaceva un casino la sua Neo-­‐Moglie. Non ne ero innamorato, e questo è stato il motivo per cui, in tutti gli anni in cui ci siamo frequentati io non ci abbia mai provato con lei e non abbia mai parlato con nessuno di tale attrazione. Però quella donna risvegliava in me un non so che, un fuoco, una passione, che non tutte le donne belle o intelligenti o con una voce cristallina riuscivano a risvegliare in me. Fosse questo, non sarebbe niente, ma il problema principale era che in quel momento lei era sposata e a me, le cose illecite, nascoste e rischiose sono sempre piaciute, anzi, danno quel tocco avventuroso in più alle cose che rende l’intera storia ancora più frizzante. Mettiamoci inoltre anche che avevo bevuto qualche bicchiere di troppo e il gioco è fatto. In quel momento avrei dato non so cosa per trovarmi in una stanza da solo con la Neo-­‐Moglie e farmela. Ebbene come nei cartoni animati vedevo sulle mie spalle un angioletto e un diavolo che mi convincevano uno a seguire la mia ragione, l’altro il mio pisello. E in quei casi, si sa, vince sempre il Gulliver. Ecco l’unica cosa che mi ero detto, e contro cui non sarei mai andato contro, era: niente figure di merda. Nel senso non avrei mai, e ripeto mai, fatto una roba tipo, stanno tagliando la torta, stanno facendo la foto sorridendo alla macchina ed io arrivo da dietro slimonandomi la Neo-­‐Moglie davanti al mio amico, facendo cadere la torta, imbrattando il pavimento i vestiti e quant’altro di una macchia che mai e poi mai sarebbe andata via. Per arrivare a quel punto (e mai nella mia vita sono arrivato a tali punti) non so quale sostanza allucinogena avrei dovuto assumere. Quindi, quel giorno mi ero semplicemente detto: picche, ma se capita l’occasione giusta il Gulliver salta fuori senza esitazioni. Mi stavo dimenticando. Ho sempre pensato che la Neo-­‐Moglie avesse una certa simpatia per me. Insomma, non che anche lei mi desiderasse, ma penso che nel caso lei fosse stata single e ci fossimo incontrati per strada senza conoscerci prima, io e lei avremmo avuto un certo tipo di storia. Ovviamente niente di serio, poiché entrambi siamo consci che come coppia fissa non dureremmo molto, però sapevamo che per qualche mese ci saremmo divertiti alla grande. Ormai, però, il Neo-­‐Marito aveva già appuntato la sua bandierina… quindi picche. Non pensiate che io sia uno che crede di averle conquistate solo con uno sguardo. Anzi, per me conquistare una donna si è sempre rivelata un’impresa piuttosto complicata, eppure col tempo ho sviluppato un intuito che mi avverte subito nel caso una mi punti. Non capita troppo spesso, ma ogni tanto mi accorgo di qualche donna che mi guarda più del dovuto, o che parla con me piuttosto volentieri. Insomma ogni tanto con un paio di belle citazioni e qualche ragionamento rubato a qualche autore famoso faccio colpo senza faticare troppo. E la Neo-­‐
Moglie è stata una di quelle con cui si era instaurato un legame parecchio evidente. Evidente per me e quasi sicuramente anche per lei. Ma come ho già detto, non fu possibile portare a termine il nostro destino, in quanto già promessa del mio caro amico. Uscito dal bagno, dopo essermi sciacquato la faccia e aver parlato con me stesso allo specchio dicendomi di non fare cazzate, sono ritornato nella sala principale. Devo dire che la Neo-­‐
Coppia ha un certo gusto per il kitsch. Non so se avete presente i matrimoni che si vedono nei film americani: un enorme sala (tipo la palestra di una qualche scuola), tanti tavoli a cerchio disposti ad arco, in modo tale che nel mezzo si formi una specie di sala da ballo e, in fondo, un palco con una band che suona. Ovviamente tutto intorno fiori bianchi e veli color pesca adornano la sala. Non dimentichiamoci inoltre del bancone bar. Ecco il matrimonio delle Neo-­‐
Coppia era uguale a questi film. Solo che invece che essere in America, dove presumo tali eventi siano all’ordine del giorno, noi siamo a Merano, nel Nord Italia, dove di solito, i matrimoni, si festeggiano in maniera più intima e tranquilla, senza un eccessivo sfarzo. Ed inoltre non avevo mai visto la “pista da ballo”. Ed immagino neanche il resto dei commensali, perché oltre a qualche gruppetto, i più preferivano stare seduti intorno a dei tavoli a raccontarsela. Ad ogni modo la location non cambia di molto l’intera vicenda. Io attraverso la pista, facendo lo slalom fra dei bambini che ballano la Macarena sopra “In Your Eyes” suonata da una band mica male e giungo finalmente al bancone bar. Ci sono degli sgabellini davanti al bacone, mi ci siedo e, dopo aver ordinato un’aranciata, vedo che il mio vicino è il Pedante. Mentre aspetto la mia bevanda, il Pedante mi vede e attacca a parlare. Ebbene il Pedante è lo sfigato che vuole essere fico a tutti i costi e, di solito, ce ne è uno in ogni compagnia di amici. C’è da dire che in ognuno di noi c’è questa parte del “vorrei esser fico e apprezzato da tutti”, ma in questi individui tale fattore è elevato ad un grado esponenziale. I Pedanti zitellano di brutto. Sanno tutto di tutti e si fanno pochissimi problemi a raccontare in giro i cazzi degli altri, sperando sempre di cadere in uno schema tipo “io ti dico questo gossip favoloso (anche se di solito non è che siano ste gran cose) e tu mi accetti, mi consideri e mi tratti come il tuo migliore amico”, ma come tutti noi ben sappiamo il più delle volte la riposta è picche. Il problema è che questi Pedanti non hanno ben compreso appieno che se la faccenda si ripete più di una volta, può essere che questa si ripeta per sempre. Ma evidentemente questi Pedanti hanno letto troppo spesso Hume e anche loro credono che domani il sole possa non sorgere. Il punto è che questi Pedanti non sono cattive persone. Sono semplicemente un po’sole e forse non hanno avuto mai dei genitori che effettivamente gli apprezzassero. A differenza di altri, tipo i miei, che invece mi hanno seguito un po’troppo e ad ogni cosa che facevo erano lì a dirmi “Grande, continua così, fico”. Sembra una bella cosa, ma devo dire che in certi momenti può diventare anche un po’pressante. Diversi metodi di educazione, diversi problemi che emergono col tempo. Ad ogni modo io sono lì seduto con la mia aranciata in mano, cercando di ripigliarmi dalla botta di alcool e provando a non rispondere male al Pedante, quando questo attacca a raccontarmi di chi durante il matrimonio ha litigato, di quale donna single abbia approcciato quale uomo single e via dicendo. A me, ovviamente, non me ne frega assolutamente nulla, ma, modestia a parte, devo dire che di solito in queste situazioni me la cavo abbastanza e rimango molto calmo: annuisco, gli chiedo perché, dico “Davvero? No, non ci credo” facendo una faccia sorpresa e vi discorrendo. Credo anche di saper fingere abbastanza bene in questi casi, perché vedo sempre che sti Pedanti mi guardano ammirati, come si mi volessero bene e devo dire che un po’mi sento in colpa quando capisco questo. Grazie al cielo, ad un certo punto la band annuncia che fra cinque minuti ci sarà il taglio della torta e ci invitano quindi a prendere posto. Non me ne ero nemmeno accorto, ma io e il Pedante eravamo seduti abbastanza vicini. Non che fossimo affianco, ma eravamo su due diversi tavoli e la mia sedia dava le spalle alla sua, quindi il Pedante, contento di aver trovato uno che lo sta a sentire, continua con il suo inutile ciarlare. Credo che abbia bevuto anche lui un bicchiere di troppo, perché non la smette più di dire di fare e di parlare, dicendo: “Capito? Incredibile no?” e via così. Forse è anche l’aria del matrimonio che lo rende così loquace. Un sacco di gente ed un sacco di relazioni di cui parlare e sparlare. Posso capire. E poi, ecco arrivato il momento. La band là sopra il palco parte con una canzone a moh di marcia trionfale e la Neo-­‐Coppia entra nella sala tenendosi per mano. Dove fossero andati prima chissà! Camminano felici, sorridenti avvicinandosi alla gigantesca torta su tre piani collocata nel mezzo della sala, affinché tutti possano vederla chiaramente. Il Pedante la smette di parlare ed attacca ad applaudire insieme a tutti gli altri, poi mi guarda sorridente, si mette due dita in bocca e tira un fischio che, come uno spillo, perfora il mio timpano andando ad impiantarsi nel mio cervello, come una scheggia. Per quanto mi riguarda ho sempre odiato battere le mani. Faccio sempre due o tre battiti giusto per educazione e sostanzialmente per pura valenza simbolica. Dopo un po’che son lì a battere le mani mi rompo davvero. Non è che non mi piaccia solo in quella situazione, perché volevo farmi la neo-­‐Moglie, ma proprio in generale, a teatro, ai concerti e via dicendo dopo un po’mi rompo le palle di star lì a battere una mano contro l’altra. Preferisco piuttosto urlare un “Bravi!” o altre cose del genere. Sapessi fischiare forte farei quello, ma purtroppo non ne sono capace, nonostante da bambino ci abbia provato ad imparare. Magari è una di quelle robe che puoi fare solo se ce l’hai scritto nei geni altrimenti picche. Chissà. La Neo-­‐Coppia arriva finalmente al centro della sala e si posiziona vicino alla torta, mentre un fotografo impazzito scatta senza sosta. Vista la velocità con cui preme lo scatto, può essere che con tutte quelle fotografie ci si possa fare un piccolo filmato, mettendole velocemente una dopo l’altra. La Neo-­‐Coppia continua a sorridere, anche quando, piano piano, tutta la sala si zittisce, lasciando posto ad un lieve brusio di chiacchiericcio. Forse anche gli altri si sono rotti di battere le mani e per accertarmene provo a guardare i palmi dei miei vicini. In effetti hanno tutta la pelle rossa per aver battuto con così tanta foga. Ma ecco che la Neo-­‐Coppia si accinge ad afferrare il machete nuziale per iniziare il taglio della piccola montagna dolcifera. Dalla sala parte un “OOOOoh” che sottolinea l’arrivo imminente in cui la lama affonda nel pan di spagna. I due sposini si stanno guardando negli occhi. Luccicano di gioia e persino io che non sono in prima fila posso vedere la maschera della felicità sui loro volti. Poi arriviamo al momento clou del Taglio-­‐Torta, ossia quando la lama tocca finalmente il vassoio su cui è eretta l’intera costruzione, degna de “Il Boss Delle Torte”. I commensali esplodono emettendo un gigantesco boato (nel quale il mio urlo s’intrufola), mentre la band attacca con “Born in the U.S.A.”. Non capisco molto cosa c’entri quella canzone con l’evento, ma devo dire che in un quanto a musicalità e sound, ci sta un sacco. Mi unisco alla folla urlante, mentre il Neo-­‐Marito si sporca due dita di panna e si sporca il naso, mentre la Neo-­‐Moglie, con un bacio, succhia via la dolce sostanza bianca. E non so come mai, guardandoli fare un gesto così tenero fra loro, nel mio cuore si crea un vuoto e (ma non ditelo a nessuno) un profondo senso d’invidia. Che poi non so bene neanche perché dovrei essere invidioso. Cioè abbiamo capito che infilarmi fra le gambe della Neo-­‐Sposa non sarebbe male, però non sono invidioso del Matrimonio e, a mio avviso, il pulire la faccia del proprio consorte è un gesto tenero, carino…da Neo-­‐Coppia insomma! Eppure questo amaro, questo leggero, ma spinoso dolore non vuole lasciare il mio stomaco che, all’improvviso si raggrinzisce e non riesco più a urlare né a battere le mani. Mi guardo intorno e basta, vedendo gente felice per la felicità degli altri, non ce la faccio nemmeno a imitarli. Siamo ormai tutti in piedi, esaltati dalla canzone, dal momento dell’unione, dal dolce, ma non mi sento parte di questa folle di cui faccio parte. E mi guardo intorno cercando di capire. Forse è l’alcol che sta finendo di fare effetto. Finito il casino, tutti riprendono posto aspettando con ansia l’arrivo della propria fetta. E li capisco, perché ha un’aria davvero invitante. Ormai la Neo-­‐Coppia non taglia più la torta e, anzi, sembra essersi dissolta nel nulla. Ad ogni modo approfitto della bottiglia d’acqua che giace incustodita sul mio tavolo per poter finalmente dire addio all’effetto dell’alcool, quando il Pedante riattacca a parlare. Metteteci che l’effetto dell’alcol che rendeva tutto quanto più gioioso sia finito, metteteci che avevo appena provato, per un piccolo nanosecondo, uno dei momenti più tristi della mia vita senza sapere perché, metteteci anche che ero arrivato al limite di sopportazione di chiacchiere inutili, dunque mi alzo, punto i miei occhi dritti dentro quelli del Pedante e gli dico: guarda, ho bisogno di un po’d’aria ne parliamo dopo ok? E senza nemmeno stare a sentire la risposta mi alzo e me ne vado. Sento solo “E la torta?” ma ormai io sono già diretto alla porta, troppo lontano dal matrimonio per poter tornare indietro. Appena uscito dall’edificio mi trovo davanti a delle scale che portano ad un grande prato barra giardino. È veramente grandissimo e le scale di marmo m’invitano ad andarci. Con calma, inalando per bene l’aria fresca, scendo scalino dopo scalino le scale, fino a quando le scarpe non toccano il tappeto d’erba. A quel punto non mi sento ancora abbastanza isolato dal resto del mondo e dal matrimonio in particolare. Davanti a me si stende un grande, enorme prato verde… tanto grande che volendo si potrebbe fare una partita di calcio ad undici e allo stesso tempo qualche centinaio di persone potrebbero stare tranquillamente sedute a prendere il sole. La cosa intrigante di questo posto è però che, oltre all’eccezione del prato, l’intero edificio sia circondato da un bosco. Niente di lugubre alla Tim Burton e neanche tanto grande, però abbastanza fitto da poter passare dalla categoria pineta alla categoria bosco. Mi addentro, nella speranza di poter alleviare questo penso che sento gravare sulla mia anima. Passo la linea di confine tra prato e bosco e subito mi sento molto più sereno. Devo dire che non sono mai stato un grande amante della natura, ma questa ha avuto su di me sempre un grande effetto tranquillizzante. Anche da ragazzino, quando con i miei andavamo a raccogliere mirtilli e funghi in montagna, mi sembrava sempre di entrare in una dimensione in cui il tempo non scorreva più. Mi piaceva e mi terrorizzava allo stesso tempo, da buon ragazzo di città, starmene sdraiato su una coperta in mezzo agli alberi con gl’occhi chiusi. Ogni cosa che toccava il mio braccio era un ragno velenoso o un serpente pronto ad azzannarmi. In quei luoghi dominati dalla natura io diventavo mortale e vulnerabile. Ho fatto appena due passi e penso alla mia infanzia, quando, poco lontano da dove sono vedo, appoggiata al muro, una figura vestita di bianco. E subito il mio pensiero va alla Neo-­‐Moglie. Più mi avvicino a questa figura vestita di bianco, più mi rendo conto che ciò che prima era solo fantasia ora sta per diventare realtà. Ed infatti eccola là. Gl’occhi chiusi rivolti verso il sole ed i capelli biondi raccolti in una specie di chioccia sopra la testa. È veramente troppo bella. La sua pelle sembra, solo a guardarla, soffice e lieve e, ovviamente, il suo vestito bianco, non fa che esaltare ancora di più tale caratteristica. Diciamocelo la Neo-­‐Moglie è di una bellezza angelica. Di solito sono attratto solamente da tre diversi tipi di donna: quelle bellissime, ma non troppo sveglie (ma state tranquilli che ho anche certi standard: se una è un po’troppo “cici coco” demordo anche io), quelle intelligentissime (il fattore bellezza, di fronte ad una mente lucida, brillante ed illuminata, è qualcosa di rilevante, anche se ovviamente anche qua ho certi standard, nonostante in questo caso siano decisamente moooooolto più ampi) e last but not least quelle con una voce cristallina (non a caso le maggiori figure di merda della mia vita le ho fatte sempre con le cantanti di questo o di quest’altro gruppo. Trovatemi una donna con la voce di Bjork ed io farò qualsiasi cosa pur di conquistarla). La Neo-­‐Moglie faceva parte del primo gruppo. Era una donna decisamente attraente e anche se la sua mente non brillava di luce propria, la Neo-­‐Moglie era una persona con cui si poteva chiacchierare più o meno di tutto senza annoiarsi, andando a volte anche in profondità. Insomma una donna stupenda con un cervello nella media. A mio avviso il Neo-­‐Marito aveva fatto terno al Lotto. Adesso che ci penso non l’ho mai sentita cantare però…chissà che voce ha… Ad ogni modo il punto è che finalmente siamo da soli, praticamente in mezzo ad un bosco. Appena la vedo bene in faccia non so cosa fare. Nelle ultime due ore e mezza mi sono immaginato la scena più volte, sempre con nuovi dettagli e diverse varianti ed ora che mi ritrovo nelle mie stesse lussuriose fantasie, non so bene che fare. Forse c’è ancora un po’di alcol in me e, invece che girare i tacchi e andare da un'altra parte, la saluto con un gesto della mano. Intorno a noi c’è un silenzio da favola e non mi va d’infrangerlo. Lei, che nel frattempo ha sentito il rumore dei miei passi, apre gl’occhi, splendidi occhi verde mare, e mi sorride. Credo che per lei sia stato come un saluto. Con la testa chiedo “Posso venire lì vicino a te?” e lei con un altro cenno della testa risponde “Ma certo”. Mi appoggio al muro, proprio vicino a lei. Stiamo davanti al boschetto, sotto un piccolo balconcino che spunta dall’edificio. Non ci può vedere nessuno. E nessuno sarebbe venuto a cercarci. E lì, appoggiati al muro, io col mio bicchiere d’acqua in una mano, lei senza nulla, ci prendiamo per mano. È una stretta di mano dolce. Non vuole dire “Ti amo e non voglio che tu passi la vita con qualcun altro” (e credo di averlo spiegato anche prima che entre nous non c’è un sentimento di questo tipo) e non vuole nemmeno essere un “Questa stretta di mano non è altro che un segnale che adesso lo dobbiamo fare”, anche se era chiaro ad entrambi che era lì che saremmo finiti. È una stretta di mano molto serena e tranquilla. È una stretta che non promette nulla e posso leggerlo nei suoi occhi, i bellissimi occhi verde mare, che anche lei sta avendo la stessa sensazione. Nessuno dei due dice nulla per tutto il tempo. Le sue mani mi slacciano la cintura ed entrarono nelle mutande. Per conto mio mi tiro un po’giù le braghe e alzo la sua enorme gonna cercando uno spiraglio dove far entrare il mio amico lì sotto. Infine siamo così, uno dentro l’altra, uniti dalla passione incontrollabile. È come un orologio: finché non si scarica va avanti ed inesorabile sa che ad un evento ne succederà subito un altro. È una cosa silenziosa, senza urla o grida di passione. Solo qualche gemito soffice e delicato, come un velo di seta che cade dall’ultimo piano di un palazzo: cade giù lasciandosi portare dalla corrente del vento primaverile, senza forzature. Veniamo insieme, mi bacia vicino all’orecchio e sussurra qualcosa che non comprendo. O che non voglio capire. Porto la testa indietro e la guardo nei suoi meravigliosi occhi verde mare. Mi chiedo se anche Elena di Troia avesse avuto degli occhi così. Vedo una goccia di sudore che le sta colando giù dalla fronte, quando ritorna quella sensazione di prima. È come un vuoto nello stomaco. Mi fa sentire senza morale, senza etica. Mi fa sentire come un sasso. Se scompare non se ne accorge nessuno. E proprio nel momento in cui sto uscendo da lei, dopo averla guardata un'altra volta nei suoi occhi verde mare, una voce alla mia destra dice “Ma, cosa state facendo?” Quella voce interrompe il silenzio tra noi e, allo stesso modo, rompe anche quella sensazione di nausea morale che si era creata dentro me. Volto la testa di scatto e vedo lì il Pedante, con due piatti in mano, ognuno con una fetta di torta ed una forchetta. Mentre con una certa fretta mi sistemo e la Neo-­‐Moglie senza nemmeno provare a gettare uno sguardo a me o al Pedante si mette in ordine il vestito, questo ci guarda allibito, sconcertato senza sapere che fare o che dire. Io stesso non so che fare. È finita. E anche la Neo-­‐Moglie lo sa. Mi avvicino al Pedante mentre la Neo-­‐Moglie in tutta fretta cammina velocemente girando l’angolo e ritornando alla sua cerimonia. Io ed il Pedante, ormai soli nel boschetto, sentiamo il suono dei suoi tacchi che si allontana da noi e quando c’è solo il suono del vento, delle foglie e di qualche raro uccellino, il Pedante guardando basso dice “Ti avevo portato la torta…” Io, che fino a quel momento avevo guardato a punta delle mie scarpe per non dover proferire parola, scatto e prendendolo per il bavero lo appendo al muro. I piatti con la torta cadono a terra senza rompersi, colorando il prato di bianco mentre il Pedante emette un debole squittio. È parecchio spaventato. Glielo si legge negli occhi ed entrambi sappiamo il perché di questo terrore. “Non devi raccontarlo a nessuno, lo capisci vero?” gli dico tenendolo fermo per il collo. Lui muove la testa su e giù, come a dire sì, come un piccolo topolino che, messo all’angolo da un pitone guarda di qua e di là alla ricerca di una via di fuga, senza riuscire a trovarla. Lo guardo dritto negli occhi, senza battere ciglio. Continua a farneticare che starà zitto. Entrambi sappiamo che questa non è la verità.