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Cuneo 20 Aprile – 27 maggio 2011 agricola RODOLFO allasia L’Associazione Culturale Campus Granda organizza una mostra di pittura con 25 opere del pittore racconigese Rodolfo Allasia, la mostra ha per titolo “agricola”. L’Associazione Culturale Campus Granda, costituita da studenti, docenti e operatori del Polo Universi tario cuneese dell’Ateneo Torinese, ha come obiettivo quello di realizzare progetti per favorire il radi camento dell’Università nel territorio attraverso un ventaglio di attività culturali che aprono le sedi universitarie alla città. Cuneo, 20 aprile 27 maggio 2011 Facoltà di Agraria Piazza Torino 3 Inaugurazione mercoledì 20 aprile alle ore 17,30 interverranno: Prof. PAOLO GAJ Docente di Agraria ROBERTO BARAVALLE orari di apertura al pubblico dal lunedi al venerdi dalle ore 9 alle ore 18, chiusa tutti i sabati e le domeniche ed il 25 aprile. info: www.rodolfoallasia.it smafgrafica&stamparacconigi A rose is a rose is a rose is a rose.... (Gertrude Stein, 1913) Una cipolla è una cipolla, una cipolla, una cipolla (o un sedano, o un finocchio, uno dei bellissimi ortaggi che Rodolfo Allasia ha dipinto e già presentato in manifestazioni con titoli un po' ampollosi come Potager royal o soavemente banali come Verdure all'olio). E, quindi, Rodolfo ha già dato il suo contributo all' aermazione del principium indivi duationis: una cosa è quello che è, hic et nunc, e buona notte ai suonatori. Ma le cose non sono così semplici e, con buona pace dell'angelico Tommaso, le cose, al di là del suddetto principio (di individuazione) vogliono dire tante altre cose per cui, anche l'umile ravanello può significare altro. A voi il compito – se credete – di caricarlo di tanti altri significati, oltre a quello di cosa agricola. Rodolfo ha già fatto il suo: ha rappresentato l'ortaggio con perizia degna di un artista rinascimentale. Prendiamo le mucche. O – se preferite – le vacche. In Gambise e malüc, un ciclo che aveva per oggetto quegli importan tissimi animali, Rodolfo le aveva ritratte, soprattutto il retro delle suddette, come macchine poderose e complesse. Le aveva anche un po' impreziosite, adornandole di ori zecchini (o sarebbe bello poter dire zucchini) perché così avevano fatto in passato gli adoratori del vitello e gli artisti della Secessione ma quello che gli interessava erano i re trotreni, le terga delle vacche, mirabili incroci di muscoli, tendini e ossa, complessi come contraorti di cattedrali, solidi come navi in grado di sol care oceani. Schiene vaste come pianure. Occhi commoventi. E poi gli dicono: “Rodolfo, facci una mucca grande come una casa, per la sagra della bistecca”. E lui: zac! In quattro e quattr' otto: una mucca gigante, grande come un carro di car nevale, in vetroresina, ma perfetta in ogni dettaglio. E loro lo ringraziano, certo, ma soprattutto lodano la bistecca e quasi la mucca gigante viene data per assodata. Eh no! Fermi tutti! Si parla di territorio a ogni piè sospinto ma se c'è uno che questo ter ritorio lo ama, quello è Rodolfo. Perché lo conosce. Sa tutto di lui. Del territorio, voglio dire. Della materia signata (ancora l'angelico Tommaso) che lo compone, hic et nunc. Qualcuno se ne accorge. Altri, di altri territori. E così lo chiamano a ritrarre una mucca di un posto nella Borgogna, e lui fa la vacca dello Charolais, che si trove rebbe, poi, dalle parti di un posto famoso che si chiama Cluny. A questa vacca impone il nome di “la Chrarolaise Garnie” ed ecco coniugata la carne e la verdura. Ci fu un tempo, abbastanza remoto, ma non troppo, non proprio confinante con quelle brume sessantottarde nelle quali ci siamo conosciuti e nelle quali Rodolfo mise mo mentaneamente il proprio smisurato talento, la propria manualità prodigiosa al servizio dell'illustrazione politica. Un po' dopo. Rodolfo andava allora per sale da biliardo. Posti fumosi, pieni di gente strana. Ma aascinanti (i posti) e, a modo loro, anche le persone. Rodolfo fece una galleria di ritratti strepitosi. Peccato che i frequentatori del biliardo non comprerebbero un quadro neanche sotto tortura. Anzi, se insisti un minimo, potrebbero anche spezzarti le dita (ti viene il dubbio). Come a Paul Newman nello Spaccone. Rodolfo sa molte altre cose. Prendiamo le case. Immaginatevi un pomeriggio in un paese della nostra costa ligure. Uno di quei pomeriggi sospesi, estivi. Cielo di piombo, caldo boia, il mare è una tavola. Ma non si vede. Mare passabilmente pulito, forse. Di fronte, gli hanno costruito dei condomini bassi, bordati da quelle reti che cingono i campi di calcio, dove non ci si può arrampicare. Qualche albero, qualche cespuglio, strane palme, basse ed esotiche. Che non c'entrano niente col territorio. In quel pomeriggio tentate di dormire, un po' di siesta, ma il fritto di paranza vi risulta un poco pesante. Provate a leggere. Le cose terribili che scrivono i giornali, oggi. Ma siete svogliati. C'è una luce grigia, che non dà tregua. Un accenno di emicrania. Qualche bambino è già in spiaggia. Qualche strillo, lontano (ma certi genitori non riposano mai?). In quell'ipotesi di pomeriggio arriva Rodolfo. E vi fa un quadro da svenimento. Degno di un Hockney, A bigger splash, lui con le sue piscine. Ma non siamo in California. Siamo solo a Spotorno. E Rodolfo è lì con voi. E vi ferma quel momento, in quel pomeriggio. Hic et nunc. Poi ci sono delle famiglie, gente per bene. Amici (suoi). Che gli dicono: “Tu che sei così bravo, facci un ritratto!” Di tutti, magari col cane. Anche. E Rodolfo, che ama complicarsi la vita, si ricorda di un certo Richter, eminente e tedesco artista, che i ritratti li faceva dalle fotografie e le sgranava tutte. E il ritratto veniva dalla foto. Perché io ti faccio vedere come sei ma tu non sei quello che pensi tu. Tu, voi, siete quello che il medium dice che sei. E i ritratti parlano e dicono a tutti, anche a quelli che non ti co noscono, chi sei e cosa sei, perché Rodolfo ti ha passato a un vaglio che tutti riconosciamo. Come i varchi attraverso i quali si passa in aeroporto. Nessuno può evitare le forche caudine. Poi c'è una pace. Una cittadina piena di memorie, che confina coi campi. Lì, in una bella casa, con una bella compagna e figli che vanno e che vengono, tanti ricordi e tanti aetti, lì sta Rodolfo, piantato nel suo territorio. Lì lo trovate. Perché Rodolfo – come diceva il suo amico e maestro, il grande e severo Ottavio Mazzonis – è una persona seria. E, ogni tanto, certo, pensa anche alle sue cose agricole. Perché è proprio delle menti aperte e degli spiriti liberi il non prendersi mai troppo sul serio. Rodolfo lo sa, al punto che – come ebbe a dirmi un giorno Lorenzo Griotti – qualche volta sembra quasi vergo gnarsi di essere così bravo. Di sapere davvero cos'è la pittura. Roberto Baravalle