La percezione sociale delle biotecnologie.
Transcript
La percezione sociale delle biotecnologie.
La percezione sociale delle biotecnologie Si è più volte affermato che le biotecnologie implicano un forte impatto sulle consuetudini sociali, tanto da costituire in momenti particolari di tensione del dibattito pubblico un fattore di squilibrio nei rapporti tra le componenti sociali. I portati trasformativi che le biotecnologie contengono per la stessa connotazione della scienza, per le diverse titolarità nel campo degli orientamenti etici ed i meccanismi decisionali sono elevati. Tutto ciò determina una sfida per l’identità collettiva e in qualche caso un rischio, soprattutto nel contesto italiano, di crescita delle distanze tra i vari soggetti coinvolti. Quasi che scienza, istituzioni ed opinione pubblica si posizionino su questo tema come tre blocchi distinti, che operano secondo criteri e processi propri, con un basso tasso di comunicazione reciproca. Permane tuttavia l’impressione che il dibattito non vada al di là della limitata cerchia degli addetti ai lavori (scienziati, comitati bioetici, politici, industriali) e che i termini propri dei problemi legati alle biotecnologie abbiano, fino ad ora, faticato a diffondersi nell’opinione pubblica più generale, la quale mostra continue oscillazioni di posizione. Già nel 2000 il Monitor Biomedico aveva ricostruito la storia degli atteggiamenti sociali nei confronti delle biotecnologie in Italia, evidenziando in particolare: la fase dell’ottimismo (1987-1993), in cui l’Italia, sebbene poco informata, appare più ottimista degli altri paesi europei sul futuro delle biotecnologie e della genetica; la fase della delega alle autorità sopranazionali (1994-1997), in cui gli italiani non rinunciano all’ottimismo e sembrano voler sopperire alle carenze conoscitive in materia di biogenetica e biotecnologia, attraverso una delega in bianco ai soggetti sopranazionali e alle comunità scientifiche; la fase della volontà di maggiore partecipazione (1998), in cui gli italiani sembrano rendersi conto che il futuro della medicina li riguarda da vicino, auspicano un coinvolgimento più attivo del paese, lamentano la scarsa o scadente informazione e dimostrano di voler partecipare al futuro della ricerca; la fase dell’assenso in cambio di informazione (1999-2000) in cui, meno favorevoli ad una delega in bianco ad una lontana tecnocrazia, gli italiani dimostrano disponibilità ad una vigilata marcia in avanti della ricerca, esprimono fiducia alla classe medica e lamentano la loro ignoranza. La fase attuale sembra connotata da un salto di qualità nei criteri di strutturazione della percezione sociale sulle biotecnologie, in cui sembra dominare il disorientamento. I dati di Monitor Biomedico 2003, infatti, evidenziano una serie di elementi di contraddizione nella percezione sociale delle biotecnologie: a fronte di una quota rilevante di intervistati (57,3%) che si dichiarano d’accordo sugli interventi di ingegneria genetica, finalizzata alla prevenzione di malattie, quote più consistenti ritengono che lo sviluppo delle biotecnologie comporti rischi di modificazione incontrollata animale e vegetale (65,7%), rischi per la salute ed il benessere dei cittadini (61,9%) e rischi per il controllo sociale (65,3%) (tab. 1); nonostante ciò, gli intervistati sono favorevoli all’uso delle biotecnologie nella cura della salute (56,4%), nella protezione dell’ambiente (49,7%) e per programmi di protezione sociale come ad esempio le banche del Dna (45,8%) (tab. 2); l’uso delle biotecnologie nella alimentazione e in agricoltura incontrano, invece, pareri prevalentemente negativi negli intervistati. Nel primo caso, infatti, il 56,6% è contrario, il 30,6% favorevole e il 12,8% non sa rispondere, mentre, nel secondo caso i contrari rappresentano il 53,3%, i favorevoli il 33,9% e il 12,8% non sa rispondere (tab. 2); una ampia quota di intervistati (44,0%) è favorevole all’utilizzo per fini terapeutici di cellule staminali embrionali, pratica dallo statuto etico precario, mentre molti sono nettamente contrari a tecniche meno problematiche dal punto di vista etico, come l’uso di cellule e organi animali geneticamente modificati (65,7%), la clonazione di animali (85,5%) o la clonazione di organi umani (65,0%) (tab. 6). Sembra quasi di rilevare che nella scelta delle risposte da parte degli intervistati prevalga l’eco emotiva suscitata dai concetti utilizzati nella formulazione delle domande, e dal richiamo ai contenuti dei dibattiti sociali sul tema. Questa dominanza della corda emotiva nella formulazione delle risposte chiama in causa, pertanto, una evidente carenza di strumenti informativi, in grado di orientare gli intervistati nella complessità dei problemi trattati. L’ipotesi, che viene indirettamente confermata dalla posizione più prudente nei confronti delle biotecnologie e dal maggior numero di mancate risposte espresse dagli intervistati di status socio-economico basso, configura una condizione di “orfanismo informativo” dell’opinione pubblica italiana, che sul tema delle biotecnologie sembra aver ricevuto solo informazioni parziali, a fronte di un dibattito complesso e definito nei suoi contorni ed implicazioni. In effetti alcune recenti ricerche sociali hanno rilevato che: - il livello di conoscenza sulle biotecnologie è modesto, per non dire preoccupante. Oltre un quarto degli italiani sembra disporre di informazio ni piuttosto confuse sull’argomento. Nel complesso, per quasi due terzi la popolazione italiana appare caratterizzata da una diffusa carenza informativa sul tema delle biotecnologie; - i mass media, ed in particolare la televisione, costituiscono i canali informativi privilegiati; il taglio della informazione sulle biotecnologie, che affronta il tema in occasione di emergenze, fatti di mera cronaca o con una tendenza alla spettacolarizzazione, risulta poco adatto ad obiettivi di divulgazione scientifica, che puntino a trattare in maniera completa il tema. Risulta evidente l’esigenza di incentivare la diffusione delle conoscenze sociali sulle opportunità ed i rischi delle biotecnologie, esigenza che potrebbe aprire uno scenario pedagogico e culturale di grande momento, soprattutto per quanto riguarda le politiche educative (educazione scolastica, educazione degli adulti, formazione permanente), con l’inevitabile coinvolgimento dei mass-media. Un dato di grande rilievo riguarda la diversa intensità dell’ansia sugli esiti delle biotecnologie lungo l’asse territoriale. In effetti mentre nel nord l’accentuazione dei rischi riguarda una quota maggioritaria ma contenuta di intervistati, nel centro e nel sud i rischi sono evidenziati da una maggioranza netta di intervistati. Così: sui rischi di modificazione incontrollata animale e vegetale si esprimono il 57,4% di intervistati del nord (58,5% nord ovest, 56,3% nord est) il 70,8% del centro e il 73,3% del sud; su quelli per la salute e il benessere dei cittadini, il 54,4% al nord (56,0% nord ovest, 52,8% nord est) il 64,7% al centro e il 69,5% al sud; sui rischi di controllo sociale il 58,5% al nord (59,1% nord ovest, 58,0% nord est), il 64,4% al centro e il 74,2% al sud (tab. 1). Tab. 1 Valutazioni delle conseguenze dello sviluppo biotecnologico, per area geografica (val.%) Nord Ovest Nord Est Centro Sud e isole Totale 58,5 56,3 70,8 73,3 65,7 41,5 56,0 44,0 59,1 40,9 43,7 52,8 47,2 58,0 42,0 29,2 64,7 35,3 64,4 35,6 26,7 69,5 30,5 74,2 25,8 34,3 61,9 38,1 65,3 34,7 Rischi di modificazione incontrollata animale e vegetale Benefici per la condizione animale e vegetale Rischi per la salute e il benessere dei cittadini Benefici per la salute e il benessere dei cittadini Rischi di controllo sociale Benefici sul piano della libertà individuale Fonte: indagine FBM-Censis, 2003 Anche rispetto ai diversi usi delle biotecnologie la ripartizione territoriale differenzia in maniera rilevante i comportamenti degli intervistati. Infatti, gli intervistati del sud esprimono costantemente livelli inferiori di consenso su tutte le ipotesi di uso delle biotecnologie. Anche la cura della salute, che raccoglie il consenso più deciso nel campione generale (56,4%), non supera il 48,6% nell’Italia meridionale (tab. 2). Un aspetto rilevante indagato dal sondaggio riguarda il problema delle decisioni da prendere sul fronte delle nuove possibilità offerte dalla biotecnologia e, soprattutto, dalla ingegneria genetica. Su questi argomenti è stato chiesto agli intervistati di esprimere un parere sulla titolarità della responsabilità decisionale nell’ambito degli sviluppi della ricerca biomedica e sui criteri da seguire nel caso di interventi terapeutici di ingegneria genetica. Tab. 2 - Opinioni sull’uso delle biotecnologie per area geografica (val.%) Nella cura della salute Favorevole Contrario Non so Nord Ovest Nord Est Centro Sud e isole Totale 59,1 29,8 11,1 63,8 27,6 8,6 60,5 29,9 9,6 48,6 35,6 15,8 56,4 31,5 12,1 Totale In agricoltura Favorevole Contrario Non so Totale Nella alimentazione Favorevole Contrario Non so Totale Nella protezione dell'ambiente Favorevole Contrario Non so Totale Per programmi di protezione sociale Favorevole Contrario Non so Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 42,4 46,1 11,5 41,6 47,0 11,4 28,9 59,9 11,2 26,4 58,3 15,3 33,9 53,3 12,8 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 40,1 48,8 11,1 37,8 50,8 11,4 28,9 62,0 9,1 20,8 62,5 16,7 30,6 56,6 12,8 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 54,9 34,0 11,1 57,8 30,8 11,4 50,8 36,9 12,3 41,1 43,1 15,8 49,7 37,2 13,1 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 51,1 27,5 21,4 53,5 26,5 20,0 38,5 37,4 24,1 41,7 33,6 24,7 45,8 31,4 22,8 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine FBM-Censis, 2003 Per quanto riguarda la responsabilità delle decisioni sulla ricerca, il soggetto che attrae il maggior numero di risposte (39,0%) è l’Autorità pubblica (nell’item veniva indicato come esempio il Comitato nazionale di bioetica), seguito dai ricercatori (25,2%), dalle associazioni di tutela dei diritti del cittadino (10,7%), dai cittadini (8,2%) e dalle forze politiche (5,2%), mentre il 10,0% degli intervistati ritiene di non saper rispondere. Una specificazione importante di questa distribuzione deriva dalla lettura dei dati disaggregati per status socio-economico. Su questo versante lo status alto registra un maggior credito nei confronti dell’Autorità pubblica (53,6%) rispetto allo status medio e basso (rispettivamente 37,9% e 34,9%) e un minor credito nei confronti dei ricercatori (17,7% a fronte del 26,7% dello status medio e del 26,6% dello status basso) (tab. 3). Tab. 3 Soggetti responsabili delle decisioni nella ricerca biomedica per status socio-economico (val.%) Soggetto Ricercatori Autorità pubblica Forze politiche Associazioni di tutela dei diritti del cittadino Direttamente i cittadini Altro Non so Totale Basso Medio Alto Totale 26,6 34,9 6,1 26,7 37,9 4,5 17,7 53,6 4,3 25,2 39,0 5,2 9,9 12,1 9,8 10,7 8,4 1,7 12,4 8,7 1,4 8,7 6,7 2,4 5,5 8,2 1,7 10,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine FBM-Censis, 2003 Per quanto riguarda gli interventi terapeutici di ingegneria genetica si è chiesto agli intervistati di esprimere una valutazione su questo campo, che rappresenta a detta di molti il campo più promettente dello sviluppo biotecnologico. Il 60,6% degli intervistati ha espresso una valutazione positiva e la gran parte (57,3%) è d’accordo con una funzione terapeutica/preventiva dell’intervento sui geni (correzione di geni che provocano malattie), mentre l’ipotesi eugenetica (migliorare aspetti estet ici o di capacità) raccoglie solo il 3,3% dei consensi. Il 39,4% del campione, viceversa, assume una posizione contraria motivata da argomentazioni etiche (26,2% la manipolazione della vita è immorale) o precauzionali (13,2% possono esserci incontrollati effetti collaterali) (tab. 4). Anche in questo caso, il sud esprime il minor grado di accordo con gli interventi di ingegneria genetica. Il 49,3% ne valuta positivamente la funzione terapeutica/preventiva e l’1,7% le funzioni di potenziamento delle caratteristiche e delle capacità, a fronte del 68,8% del nord ovest (65,7% funzione terapeutica, 3,1% funzione di potenziamento), del 63,2% del nord est (56,2% funzione terapeutica, 7,0% funzione di potenziamento) e del 64,8% del centro (62,1% funzione terapeutica, 2,7% funzione di potenziamento). Inoltre, nell’esprimere il grado di disaccordo più rilevante, il sud risulta particolarmente motivato da argomentazioni di carattere etico (36,5% a fronte del 23,4% del nord ovest, del 22,2% del nord est e del 14,3% del centro), mentre il centro esprime preoccupazioni legate alla incontrollabilità degli esiti dell’ingegneria genetica (20,9% a fronte del 14,6% del nord est, del 12,5% del sud e del 7,8% del nord ovest) (tab. 4). Sul versante della titolarità decisionale, nei casi di intervento per la correzione di geni portatori di malattie, gli intervistati indicano le figure genitoriali (64,4%), seguite dallo Stato (18,9%) e dalla Authority indipendente di saggi (14,0%). Anche su questo versante si avverte la incidenza della variabile territoriale (tab. 5). Infatti, il nord con il 74,5% (78,4% nord ovest, 70,7% nord est) evidenzia una maggiore propensione a riconoscere nei genitori la titolarità decisionale rispetto alle altre ripartizioni territoriali (38,1% centro, 58,7% sud), che a loro volta si orientano più decisamente verso una funzione di garanzia dello Stato (34,5% centro, 25,4% sud, 11,2% nord) (tab. 5). Sulla questione del decisore, dunque, le posizioni degli intervistati offrono interessanti indicazioni di come, nella percezione sociale, la scienza e la tecnica biotecnologica debbano confrontarsi con l’assunzione di responsabilità pubbliche ed individuali da parte di soggetti cui viene assegnata la legittimità della scelta sulla base di principi etici generali e sulla base dell’esercizio della tutela legata alla genitorialità. Tab. 4 - Parere sull’intervento diretto sui geni da parte dell’ingegneria genetica per area territoriale (val.%) D'accordo ma solo per correggere geni che provocano malattie D'accordo per migliorare aspetti estetici o di capacità Contrario, perchè la manipolazione della vita è immorale Contrario, possono esserci incontrollati effetti collaterali Totale Nord Ovest Nord Est Centro Sud e isole Totale 65,7 56,2 62,1 49,3 57,3 3,1 7,0 2,7 1,7 3,3 23,4 22,2 14,3 36,5 26,2 7,8 14,6 20,9 12,5 13,2 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine FBM-Censis, 2003 Tab.5 Soggetti con la responsabilità decisionale in caso di intervento sui geni per area geografica (val. %) Soggetto Lo Stato I genitori Un authority indipendente di saggi Altro Totale Nord Ovest Nord Est Centro Sud e isole Totale 7,0 78,4 14,0 0,6 15,5 70,7 12,1 1,7 34,5 38,1 21,4 6,0 25,4 58,7 11,9 4,0 18,9 64,4 14,0 2,7 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: indagine FBM-Censis, 2003 Pur all’interno di ambiti di garanzia forti, quali l’esercizio delle libertà soggettive di scelta e la funzione pubblica di orientamento etico, risulta confermato che il fondamento sociale delle applicazioni biotecnologiche è costituito dall’obiettivo di cura della salute, mentre l’ingegneria genetica viene indicata come ambito di sviluppo ad alto grado di accettabilità sociale. Anche rispetto alle diverse tecniche biotecnologiche utilizzabili a fini terapeutici, tuttavia, gli intervistati fanno emergere livelli bassi di consenso. In particolare, l’unica pratica che attrae un consenso, anche se relativo, è costituita dall’uso di cellule staminali embrionali, che conta il 44,0% di pareri favorevoli, il 41,4% di pareri contrari e il 14,6% di soggetti che non sanno rispondere. Per tutte le altre pratiche ipotizzate dalla ricerca emerge una netta prevalenza di pareri contrari all’uso. In particolare: la clonazione di esseri umani attrae il 92,5% di pareri negativi, il 3,2% di pareri positivi e il 4,3% di non so; la clonazione di animali registra l’85,5% di pareri negativi, il 9,1% di pareri contrari e il 5,4% di non so; l’uso di cellule ed organi animali geneticamente modificati attrae il 65,7% di pareri negativi, il 22,0% di pareri positivi e il 12,3% di non so; la clonazione di organi umani registra il 65,0% di pareri negativi, il 28,2% di consensi e il 6,8% di non so (tab. 6). Anche su questo quadro valutativo sembra agire decisamente la stratificazione sociale. A parte la clonazione di esseri umani, su cui si registra un atteggiamento di rifiuto tendenzialmente sovrapponibile per tutti i livelli sociali, per tutte le altre ipotesi il grado di rifiuto decresce con il crescere del livello socio-economico. Nello specifico: l’uso di cellule staminali embrionali registra il 47,9% di valutazioni contrarie nello status basso (34,8% di giudizio favorevole), il 37,6% nel livello medio (50,0% favorevoli) e 31,1% nel livello alto (57,3% favorevoli); Tab. 6 Opinioni sull’uso terapeutico delle biotecnologie per status socioeconomico (val.%) Basso Medio Alto Totale All'utilizzo di cellule staminali embrionali Favorevole Contrario Non so Totale 34,8 47,9 17,3 100,0 50,0 37,6 12,4 100,0 57,3 31,1 11,6 100,0 44,0 41,4 14,6 100,0 All'uso di cellule e organi animali geneticamente modificati Favorevole Contrario Non so Totale 15,0 69,8 15,2 100,0 25,0 64,6 10,4 100,0 36,0 56,1 7,9 100,0 22,0 65,7 12,3 100,0 Alla clonazione di animali Favorevole Contrario Non so Totale 5,9 88,6 5,5 100,0 10,1 84,3 5,6 100,0 15,9 79,2 4,9 100,0 9,1 85,5 5,4 100,0 Alla clonazione di esseri umani Favorevole Contrario Non so Totale 3,4 91,5 5,1 100,0 3,4 92,7 3,9 100,0 2,4 94,6 3,0 100,0 3,2 92,5 4,3 100,0 Alla clonazione di organi umani Favorevole Contrario Non so Totale 19,6 73,2 7,2 100,0 33,1 59,6 7,3 100,0 42,1 53,0 4,9 100,0 28,2 65,0 6,8 100,0 Altro Favorevole Contrario Non so Totale 0,4 2,7 96,9 100,0 0,3 1,7 98,0 100,0 1,2 98,8 100,0 0,3 2,1 97,6 100,0 Fonte: indagine FBM-Censis, 2003 la clonazione di animali registra l’88,6% di rifiuti nello status basso, l’84,3% nello status medio e il 79,2% nello status alto; l’uso di cellule e organi animali geneticamente modificati registra il 69,8% di rifiuti nello status basso, il 64,6% nello status medio e il 56,1% nello status alto; la clonazione di organi umani segna il 73,2% di rifiuti nello status basso, il 59,6% nello status medio e il 53,0% nello status alto (tab. 6).