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LA TEORIA DELL’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE:
WALRAS, PARETO E I NEO-WALRASIANI
FRANCO DONZELLI
Working Paper n. 2015-16
OTTOBRE 2015
FRANCESCO GUALA
Working Paper n. 2011-18
SETTEMBRE
2011
ARE PREFERENCES
FOR REAL?
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA
, MANAGEMENT
E METODI QUANTITATIVI
CHOICE THEORY
, FOLK P
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FRANCESCO GUALA
LA TEORIA DELL’EQUILIBRIO ECONOMICO GENERALE: WALRAS, PARETO E I NEO-WALRASIANI
Franco Donzelli
Dipartimento di Economia, Management e Metodi Quantitativi
Università degli Studi di Milano
ABSTRACT
This paper shows that two different conceptions of economic equilibrium coexist in the theory of
general economic equilibrium, as put forward by Walras over the last thirty years of the nineteenth
century: a conception of equilibrium as a ‘balance of forces’, on the one hand, and a conception of
equilibrium as ‘compatibility of plans’, on the other. Walras, who starts from the first conception in
his early theoretical drafts (1871), in developing his theoretical system strives to progressively
enhance the role played by the second conception, without ever fully succeeding in his attempt; so
that significant traces of the original duplicity persist even in the fourth edition of the Éléments
(1900), the last to be published during Walras’s life. Pareto faithfully enough adheres to Walras’s
analytic standpoint in his Cours (1896-97), paying himself a price to the ambiguous conception of
equilibrium marring Walras’s Éléments. Yet, a few innovative elements, which already peep out in
the Cours, will fully blossom in Pareto’s more mature masterpiece, the Manuale di economia
politica (1906), whose French edition, the Manuel (1909), crowns Pareto’s theoretical achievements
in economics: therein Pareto embraces the conception of equilibrium as a configuration of optimally
chosen and mutually consistent plans, eventually succeeding in almost completely erasing the older
conception of equilibrium as a ‘balance of forces’. The so-called ‘neo-Walrasian research program’,
started by Hicks’s Value and Capital (1939) and fully developed by Arrow, Debreu and other
theorists in the 1950s and the following decades, consistently endorses the conception of
equilibrium as ‘compatibility of plans’: from this point of view, as well as in a number of related
features, the ‘neo-Walrasian research program’ owes more to Pareto’s mature approach than to
Walras’s original one, so that it should more appropriately be labelled as the ‘neo-Paretian research
program’.
1. Introduzione
Nel corso della sua ormai lunga vita la Teoria dell’Equilibrio Generale (d’ora innanzi TEG) ha
conosciuto alterne fortune e molteplici interpretazioni e rivisitazioni.
Walras fonda la TEG nei primi anni ‘70 del XIX secolo e quindi la perfeziona con instancabile
impegno per quasi un trentennio. Il primo lavoro compiuto che meriti di essere considerato come
parte del nucleo della TEG è pubblicato da Walras nel 1873 (“Principe d’une théorie mathématique
de l’échange”); ma, come vedremo, una parte della teoria risale a note scritte nel 1871.
Successivamente, per più di un quarto di secolo, Walras espone e rielabora la propria teoria nelle
quattro edizioni degli Éléments che si susseguono durante la sua vita (I ed. in due tomi 1874-77; II
ed. 1889; III ed. 1896; IV ed. 1900).
1
Dalla metà degli anni Novanta del XIX secolo Pareto, succeduto a Walras sulla cattedra di
Economia politica dell’Università di Losanna, si dedica a una rielaborazione sistematica della teoria
ereditata dal suo predecessore, esponendola dapprima nel Cours d’économie politique, pubblicato in
due volumi nel 1896-97, e quindi nelle due edizioni della sua opera economica più matura, il
Manuale di economia politica (1906), in italiano, cui fa seguito il Manuel d’économie politique
(1909), in francese1.
Dal secondo decennio del secolo scorso, e per più di vent’anni, la TEG è coltivata da un piccolo
gruppo di economisti, in parte discepoli diretti di Walras e di Pareto (la cosiddetta “Scuola di
Losanna”), che esercitano una limitata influenza sulla teoria economica nel periodo compreso fra le
due Guerre Mondiali. Solo verso la fine degli anni Trenta, principalmente per opera di Hicks e di
pochi altri economisti, la TEG riprende vigore. Un ruolo rilevante al riguardo è svolto dalla
pubblicazione di Value and Capital di Hicks (I ed. 1939; II ed. 1946).
Nel secondo dopoguerra la TEG conosce una fioritura straordinaria, con la pubblicazione dei
fondamentali lavori di Arrow e Debreu2. Nel corso degli anni Cinquanta, con la diffusione e il
radicamento dell’approccio assiomatico proposto da Arrow e Debreu e con l’attivo sostegno di altri
economisti, prende vita quello che sarà successivamente chiamato il ‘programma di ricerca neowalrasiano’ – un programma di ricerca che, assieme alla teoria dei giochi, costituirà uno dei pilastri
fondanti della teoria microeconomica nei decenni successivi fino ai giorni nostri.
Come è ben noto, Hicks, per certi aspetti un precursore del ‘programma di ricerca neo-walrasiano’,
si ispira a Pareto più che a Walras: nella “parte statica” di Value and Capital il contributo di Pareto
è spesso richiamato, mentre Walras viene a stento citato, e solo per aspetti relativamente marginali.
Se si guarda poi alla scarna bibliografia di Theory of Value, il classico volumetto di Debreu (1959)
che compendia nelle sue linee fondamentali il ‘programma di ricerca neo-walrasiano’, le principali
opere di Pareto figurano con rilievo preminente. Tuttavia, nonostante questa impressionistica
evidenza, è opinione comune che l’influenza di Pareto sugli sviluppi post-bellici della TEG si limiti
a pochi punti specifici, fra i quali vengono usualmente menzionati l’approccio ordinalista alla teoria
dell’utilità e della scelta e l’analisi delle relazioni fra equilibrio concorrenziale ed efficienza
economica. L’opinione prevalente è che la struttura concettuale delle versioni recenti della TEG sia
più vicina all’impostazione originaria di Walras che non a quella di Pareto; d’altra parte, il nome
stesso con il quale l’approccio in questione è spesso identificato, ‘programma di ricerca neowalrasiano’, sembra confermare questa diffusa convinzione.
In questo lavoro, viceversa, si sosterrà che la visione che sottende il ‘programma di ricerca neowalrasiano’ è più simile a quella caratteristica dell’ultima fase del Pareto economista, la fase in cui
1
Le due edizioni sono affiancate e comparate nell’edizione critica in italiano (Pareto 2006), ora tradotta in inglese
(Pareto 2014). Nel seguito faremo riferimento all’edizione critica in italiano, indicandola come Manuale-Manuel. In
tutti i casi in cui non sussistano differenze sostanziali, ma solo linguistiche, fra l’edizione italiana del 1906 e l’edizione
francese del 1909, i riferimenti di capitolo, paragrafo e pagina rinvieranno alla numerazione e all’impaginazione del
Manuale-Manuel, senza ulteriori qualificazioni. Nel caso in cui dovessero sussistere differenze sostanziali fra le due
edizioni, saranno fornite specificazioni supplementari che consentano di identificare la fonte.
2
Si vedano in particolare: Arrow (1951), (1953); Arrow e Debreu (1954); Debreu (1951), (1952), (1954), (1956),
(1959).
2
vedono la luce tanto il Manuale quanto il Manuel, che non alla visione che, pur fra mille
ripensamenti e affinamenti, permea l’intero percorso teorico compiuto da Walras negli ultimi
trent’anni del XIX secolo.
All’origine di questo peculiare sviluppo della TEG sta una certa ambiguità nell’impianto
metodologico e nella struttura analitica della teoria originaria di Walras. A nostro avviso, infatti, nei
primi scritti teorici di questo economista, e quindi anche nelle quattro edizioni degli Éléments,
convivono due impostazioni distinte: una più antica, che precede la ‘rivoluzione marginalista’ degli
anni Settanta del XIX secolo e mira a preservare molti elementi della tradizione preesistente, e
un’altra più recente e innovatrice, che incarna il più autentico spirito della ‘rivoluzione’. Walras si
rende progressivamente conto di questa duplicità e cerca fino all’ultimo di porvi rimedio. Ma
l’impianto originario è molto forte e le successive alterazioni non ne sovvertono pienamente la
struttura.
Anche Pareto parte dalla tradizione più antica, ereditata da Walras e dai suoi predecessori,
tradizione che plasma in effetti il Cours. Ma la lotta di liberazione di Pareto dai vecchi modi di
pensare è molto più radicale di quella pur compiuta da Walras, sicché nel Manuale e nel Manuel la
nuova impostazione diviene quasi del tutto prevalente. Ed è proprio a questa nuova impostazione
che si conformerà infine il ‘programma di ricerca neo-walrasiano’.
2. La duplice natura della teoria dell’equilibrio economico generale di Walras
La teoria di Walras è una costruzione grandiosa, nella quale ogni singola tessera sembra trovare la
sua esatta collocazione in un mosaico complessivo il cui disegno ispiratore precede, talvolta di
interi decenni, il concreto utilizzo che di singole parti sarà fatto solo con grande ritardo3. Tuttavia,
se si guarda sotto la superficie e si accantona per un momento l’ammirazione per l’opera
unificatrice del grande “architetto”, non si può fare a meno di identificare due distinte concezioni
che sottendono la costruzione di Walras e che si annidano proprio nella nozione che diverrà il fulcro
della teoria walrasiana: la nozione di equilibrio economico generale concorrenziale.
Questa contrapposizione può essere meglio colta se si considera il modello di puro scambio,
dapprima relativo a due soli beni e quindi esteso a un numero finito arbitrario di beni. Si tratta del
primo dei quattro modelli (puro scambio, produzione, formazione del capitale, capitale circolante e
moneta) che Walras sviluppa in successione, logica e cronologica, mediante progressive estensioni
dei sistemi di equazioni che ne traducono la struttura analitica.
Nel modello di puro scambio a due beni, date le funzioni di domanda e di offerta individuali e
aggregate, nelle quali le quantità domandate e offerte sono espresse in funzione del prezzo relativo
dei due beni, e postulate opportune proprietà caratteristiche delle stesse funzioni, proprietà che
3
Emblematico è il caso delle sette categorie di capitali circolanti, introdotte nel quadro concettuale walrasiano fin dal
1874, anno di pubblicazione del primo tomo della prima edizione degli Éléments (Walras, 1988, 1, pp. 276-7), ma
impiegate per la prima volta nell’analisi solo venticinque anni più tardi, nel Mémoire “Équations de la circulation” del
1899 (Walras 1993, pp. 563-82). Per ogni riferimento a passi tratti dagli Éléments di Walras utilizzeremo l’edizione
critica dell’opera, realizzata nel 1988, che compendia e compara i testi delle quattro edizioni pubblicate durante la vita
di Walras, tenendo anche conto delle piccole variazioni aggiuntive, previste in vita dallo stesso Walras, ma
concretamente apportate solo nella quinta edizione postuma. Nel caso in cui il brano citato presenti differenze fra le
varie edizioni, il riferimento assumerà la forma (Walras 1988, n o n1-n2, p. o pp.), dove n, n1 e n2 sono numeri interi che
possono variare da 1 a 5 e che indicano la prima edizione (n) nella quale viene introdotto il brano citato,
successivamente non modificato, ovvero le edizioni (n1-n2) nelle quali il brano citato sussiste senza modificazioni.
3
dovrebbero riflettere presunte caratteristiche empiriche delle relazioni sottostanti, solo vagamente
delineate, la determinazione dell’equilibrio si riduce all’individuazione del prezzo relativo in
corrispondenza al quale domanda e offerta aggregata sono uguali per i due beni. Nel caso di più
beni, alla condizione sopra richiamata per ogni coppia di beni si aggiunge la condizione
supplementare, ottenuta facendo appello all’arbitraggio cournottiano (Cournot, 1838, Cap. III, pp.
28-45), secondo la quale per ogni terna di beni a, b, c il prezzo relativo di a in b, pab, deve essere
uguale al rapporto fra il prezzo relativo di a in c, pac, e il prezzo relativo di b in c, pbc: è questa la
condizione che Walras chiama di “équilibre général” (Walras, 1872, p. 441; 1988, 1, pp. 162, 164),
dove l’elemento che viene posto in massima evidenza è quello dell’interdipendenza fra i mercati e,
più in generale, fra tutti i fenomeni economici.
Come è noto (Jaffé, 1972, pp. 300-5), Walras perviene a questa definizione e determinazione
dell’“équilibre général” in una serie di note stese verso la fine del 1871 o l’inizio del 1872 (Walras,
1993, pp. 413-5), prima di scoprire, ma solo nell’autunno del 1872 e solo grazie all’aiuto di Paul
Piccard, professore di meccanica e collega di Walras all’Accademia di Losanna, la fondamentale
relazione fra utilità marginale e prezzo, e quindi prima di riuscire a derivare le funzioni di domanda
e di offerta dei beni dalla soluzione di un problema di massimizzazione dell’utilità sotto il vincolo
di bilancio. Una volta compiuto questo passo, le funzioni di domanda e di offerta, invece di essere
date empiricamente, appaiono come il risultato delle scelte massimizzanti degli scambisti, e
l’equilibrio, invece di apparire come l’esito del bilanciamento di ‘forze’ oggettive, conosciute in
base all’esperienza empirica e non ulteriormente investigate o spiegate da un punto di vista teorico,
viene interpretato come uno stato nel quale i piani di azione (nel caso in esame, i piani di scambio),
ottimamente scelti da agenti (scambisti) che perseguono i propri interessi soggettivi in un contesto
concorrenziale, sono fra loro mutuamente compatibili e quindi anche, in virtù di tale compatibilità,
oggettivamente realizzabili.
Qui e nel seguito, per agevolare l’esposizione, useremo due espressioni sintetiche, equilibrio come
‘bilanciamento di forze’ ed equilibrio come ‘compatibilità fra piani’, per individuare le due
concezioni alternative dell’equilibrio economico presenti nell’opera di Walras, non solo nella sua
teoria dello scambio, ma anche, come vedremo, nelle altre parti del suo sistema teorico4. Benché tali
espressioni non siano impiegate direttamente da Walras, esse ci appaiono efficaci per esprimerne i
contrastanti punti di vista in tema di equilibrio.
La duplice matrice della teoria walrasiana dell’equilibrio nello scambio si manifesta nella struttura
espositiva delle opere teoriche che Walras dedica all’argomento: nel “Principe” la parte ‘oggettiva’
del ‘bilanciamento delle forze’ (1873, pp. 27-40) precede la parte ‘soggettiva’ della ‘compatibilità
fra piani’ (Walras, 1873, pp. 40-6); lo stesso vale per le Sezioni degli Éléments riservate alla teoria
4
Nella sua Nobel Prize Lecture, dedicata all’analisi della TEG, Arrow (1974, p. 254), riferendosi precisamente a
Walras, individua nel ‘bilanciamento dell’offerta e della domanda’ l’elemento fondante della nozione stessa di
equilibrio concorrenziale walrasiano, nozione che da questo punto di vista si conforma all’interpretazione del termine
‘equilibrio’ propria delle scienze naturali e formali: “[…] the balancing of supply and demand under these conditions
may be referred to as equilibrium in accordance with the usual use of that term in science and mathematics” (corsivo
nell’originale). Nella pagina seguente, tuttavia, nell’esporre formalmente il modello di equilibrio generale
concorrenziale, così come originariamente proposto da Walras e successivamente elaborato dai suoi successori nella
prima metà del ventesimo secolo, in particolare da John Hicks (1939) e Paul Samuelson (1947), Arrow (1974, p. 255)
individua come centrale nella TEG l’elemento della ‘compatibilità fra piani’ ottimamente scelti da individui
indipendenti e interagenti attraverso il meccanismo dei prezzi: “Competitive analysis is founded on two basic
principles: optimizing behavior on the part of individual agents in the presence of prices taken as given by them and the
setting of prices so that, given this individual behavior, supply equals demand on each market”.
4
dello scambio (Walras, 1988, 4, Section II, Leçons 5-10, pp. 67-1545). Tuttavia, anche se le due
parti sono separate di fatto nell’esposizione di Walras, bisogna riconoscere che, per quanto
concerne almeno il modello di puro scambio, Walras riesce infine a costruire un quadro concettuale
unificato in cui interdipendenza dei mercati, ‘bilanciamento di forze’ e ‘compatibilità fra piani’
sono tutti elementi indispensabili nella concreta definizione e determinazione dell’equilibrio6.
Questo risultato, conquistato a fatica nella teoria dello scambio, non viene tuttavia pienamente
conseguito da Walras per quanto riguarda gli altri tre modelli di equilibrio di cui si compone la sua
opera. In effetti, nello sforzo di integrare nell’analisi i fenomeni della produzione, della formazione
del capitale e della moneta, Walras continua ad attingere a visioni tradizionali, senza riuscire ad
avvalersi, se non in maniera parziale e talora occasionale, del principio ispiratore che in ultima
analisi anima la sua teoria dell’interdipendenza dei mercati concorrenziali nel modello di puro
scambio: l’ipotesi che gli agenti economici compiano scelte ottimizzanti e che i loro piani siano
riconciliati dal meccanismo concorrenziale fondato sui prezzi.
Tutti e tre i modelli sopra menzionati, che si propongono di estendere il campo predicativo del
modello di puro scambio a fenomeni economici del massimo rilievo, si basano su un’elaborata
classificazione degli elementi della ricchezza sociale, classificazione che Walras eredita dal padre
Auguste e che rinvia a una concezione assai tradizionale del funzionamento del sistema economico.
La distinzione fra “capitaux” e “revenues”, ulteriormente raffinata in un insieme complesso di ben
tredici sottocategorie (Walras, 1988, 1, pp. 263-85), diviene il pilastro sul quale Walras fonda il suo
edificio: se da un lato tale distinzione rappresenta lo strumento mediante il quale l’elemento
temporale viene introdotto nell’analisi walrasiana, contribuendo in questo modo ad arricchirne i
contenuti e il potere esplicativo, dall’altro essa costituisce anche una gabbia dalla quale risulta quasi
impossibile evadere.
Come è noto, per quanto riguarda la teoria della produzione di beni di consumo, e specificamente il
modello formale di equilibrio che trova posto in tutte le edizioni degli Éléments, Walras non
ipotizza che gli imprenditori massimizzino i profitti, né che minimizzino i costi o compiano
comunque scelte ottimizzanti. In tutta la sua produzione scientifica Walras adotta a questo riguardo
l’ipotesi di produzione singola; inoltre, pur dichiarando fin dalla prima edizione degli Éléments che
sarebbe “facile” determinare in maniera endogena i coefficienti di produzione mediante la soluzione
di un problema di minimizzazione dei costi di produzione (1988, 1-3, p. 305, nota ff), Walras non
affronta formalmente il problema fino all’edizione del 1896. In effetti, per quanto riguarda
l’esposizione analitica del modello con produzione, Walras si attiene all’ipotesi di coefficienti fissi
in tutte le edizioni degli Éléments; solo in un’Appendice alla terza edizione, poi soppressa (1988, 3,
pp. 714-22), e nella 36e Leçon della quarta edizione, una delle ultime Lezioni degli Éléments
comunque estranea alla parte modellistica dell’opera, egli prende marginalmente in considerazione
l’ipotesi di coefficienti variabili, sotto l’impulso di suggerimenti esterni. L’ipotesi di comportamenti
ottimizzanti non svolge quindi alcun ruolo nella determinazione dell’equilibrio della produzione; la
5
Analoghe considerazioni si applicano a tutte le edizioni degli Éléments, anche se la numerazione di Sezioni, Lezioni e
pagine varia da edizione a edizione.
6
Nell’opera di altri autori che pure si ispirano all’impostazione walrasiana, magari senza riconoscerlo esplicitamente, la
separazione espositiva adottata da Walras si traduce in una ben più netta separazione concettuale: per esempio, Gustav
Cassel (1899, 1918), come è noto, sopprime la parte ‘soggettiva’ del sistema walrasiano, scorporando e rendendo
autosufficiente, dal suo punto di vista, la parte ‘oggettiva’ della teoria.
5
condizione di equilibrio di cui Walras si avvale sistematicamente è in realtà la tradizionale
condizione di uguaglianza fra prezzo e costo medio, esso stesso costante al variare della produzione,
in vista dell’ipotesi di coefficienti fissi.
Naturalmente la condizione walrasiana di equilibrio della produzione può essere razionalizzata a
posteriori come il risultato di scelte di imprenditori che massimizzano il profitto sotto il vincolo di
una tecnologia a produzione singola e rendimenti costanti di scala. Ma non è questo il percorso
seguito da Walras. Per quanto riguarda la teoria della produzione, Walras sembra trarre ispirazione
non tanto dalla nuova impostazione caratteristica della ‘rivoluzione marginalista’, quanto
dall’impostazione propria dell’economia politica classica, per la quale il problema della
compatibilità fra piani di produzione ottimamente scelti non si colloca sicuramente in posizione
centrale. Ci sembra quindi di poter condividere l’opinione di Schumpeter (1954, p. 1010, fn. 30),
autore che non può certamente essere sospettato di pregiudizi negativi nei confronti di Walras,
secondo il quale “on an infinitely higher level of rigor, Walras really reformulated the theories of
production of A. Smith, J. B. Say, and J. S. Mill”.
Anche per quanto riguarda la teoria della formazione del capitale Walras, pur compiendo enormi
progressi rispetto alle teorie preesistenti e pur sforzandosi di perfezionare nel corso del tempo
l’originaria formulazione del proprio modello, accentuandone le caratteristiche innovative, non
riesce a liberarsi del tutto del peso della tradizione. Per quanto riguarda la produzione di beni
capitali propriamente detti valgono infatti, mutatis mutandis, considerazioni analoghe a quelle già
sviluppate sopra a proposito della produzione di beni di consumo: anche in questo caso la
formalizzazione walrasiana non dà adeguatamente conto dei comportamenti ottimizzanti dei
produttori.
Per quanto riguarda invece la domanda di beni capitali durevoli, fin dalla prima edizione degli
Éléments Walras si propone di formulare una teoria che si fondi sulle scelte massimizzanti degli
acquirenti. Tuttavia, non riuscendo a sviluppare una teoria generale della scelta di tutti i tipi di
attività durevoli, egli è costretto a concentrare l’attenzione sui soli beni capitali di nuova
produzione, trascurando le altre componenti della ricchezza pur necessariamente presenti nel
sistema economico investigato7. Per questa ragione, oltre che per l’incapacità di Walras di
individuare con precisione gli argomenti delle funzioni di utilità da massimizzare, risulta
impossibile nel sistema teorico walrasiano “dedurre razionalmente” le domande di beni capitali
propriamente detti, e così pure le offerte di risparmio, dalla soluzione di problemi di
massimizzazione vincolata delle funzioni di utilità individuali, come pure Walras (1988, 4, p. 7)
desidererebbe fare.
Pertanto, per quanto riguarda il lato della domanda del mercato dei capitali, Walras si deve
accontentare di chiudere il modello mediante ipotesi ad hoc, solo implicitamente introdotte, sulle
aspettative dei prezzi futuri dei servizi dei capitali e dei valori futuri del tasso di sconto, ipotesi che
consentano di dedurre i prezzi di domanda dei capitali dai prezzi dei rispettivi servizi. Per quanto
7
Fra queste componenti, in particolare, andrebbero annoverati perlomeno i capitali fondiari e i capitali propriamente
detti già esistenti, di cui pure si dovrebbe ammettere in linea di principio l’alienabilità, indipendentemente da qualsiasi
ipotesi circa il carattere “progressivo” dell’economia investigata e la produzione ex novo di capitali propriamente detti.
Ma Walras tacitamente ipotizza che i capitali fondiari e i capitali propriamente detti già esistenti siano inalienabili;
pertanto, per poter sviluppare una qualche teoria della determinazione del saggio d’interesse, egli è costretto a ipotizzare
che l’economia investigata sia “progressiva”, e cioè caratterizzata da una produzione netta positiva di beni capitali
nuovi.
6
riguarda l’offerta di risparmio, fino alla terza edizione degli Éléments inclusa, e quindi fino al 1896,
Walras riconosce esplicitamente che la funzione del risparmio postulata nel modello di formazione
del capitale non è fondata teoricamente, ma solo data “empiriquement” (Walras, 1988, 1-3, p. 358).
Nello stesso passo delle prime tre edizioni degli Éléments, tuttavia, egli ricorda che anche nel
modello di puro scambio le funzioni di domanda di beni di consumo, inizialmente date
“empiriquement”, erano state dedotte per via teorica negli sviluppi successivi dell’argomentazione.
A parere di Walras (1988, 1-3, p. 358), questo precedente lascia sperare che in futuro sia possibile
rechercher les éléments mathématiques constitutifs de la fonction de l’épargne, comme nous
avons recherché ceux de la fonction de demande effective. Il faudrait évidemment, pour cela,
considérer l’utilité sous un aspect nouveau, la distinguer en utilité présente et utilité future.
Peraltro, questo suggerimento non viene perseguito nella quarta edizione degli Éléments, dove
Walras, allo scopo di introdurre la funzione del risparmio non più solo “empiriquement”, ma
“rationellement”, si limita a immaginare “une marchandise (E) consistant en revenue net perpétuel
$
dont le prix [est] !" = % . […] i est le taux de revenue net perpétuel […]” (1988, 4, p. 359; corsivo
nell’originale). Ma l’introduzione di questa merce artificiale, la cui domanda è ‘spiegata’ nello
stesso modo insoddisfacente in cui sono ‘spiegate’ le domande di tutti i beni capitali, non aggiunge
evidentemente nulla al carattere “empirico” della funzione del risparmio.
Considerazioni analoghe si applicano anche alla teoria della moneta. Anche in questo caso Walras
persegue l’obiettivo di rendere la propria teoria sempre più coerente con l’impostazione innovatrice
sottostante alla teoria della domanda di beni di consumo. Come Walras stesso sottolinea nella
prefazione alla quarta edizione degli Éléments (1988, 4, p. 9), un primo passo in questa direzione è
consistito nella sostituzione della concezione della moneta come “circulation à desservir”,
concezione “empruntée aux économistes” che era stata accolta nella prima edizione degli Éléments,
con la più soddisfacente concezione della moneta come “encaisse désirée”, che Walras adotta nella
seconda e nella terza edizione. Tuttavia, a prescindere da questo cambiamento, nelle prime tre
edizioni degli Éléments
l’équation d’égalité de l’offre et de la demande de la monnaie était toujours posé à part et
empiriquement. Dans la présente édition, elle est déduite rationnellement d’équations
d’échange et de satisfaction maxima en même temps que les équations d’égalité de l’offre et
de la demande des capitaux circulants. (1988, 4, p. 9)
E’ chiaro che per Walras l’integrazione della teoria della moneta con quella del capitale circolante,
cui egli perviene solo nel 1899 (Walras 1993, pp. 563-88), rappresenta un grande progresso nella
direzione di una teoria unificata dei fenomeni economici, basata su principi uniformi di
comportamento ottimizzante. Tuttavia la teoria della domanda di capitali circolanti è ancor più
difficilmente deducibile dalla soluzione di un problema di massimizzazione dell’utilità sotto il
vincolo di bilancio di quanto non sia la teoria della domanda di capitali durevoli. Per quanto
riguarda i capitali circolanti, infatti, la stessa distinzione fra “capitaux” e “revenues”, su cui si basa
l’intera costruzione analitica walrasiana, sembra svanire; la relazione fra prezzo di un capitale
circolante e prezzo del rispettivo servizio, modellata sull’analoga relazione già stabilita per i capitali
propriamente detti, diviene incerta; sicché la stessa determinazione del prezzo di domanda dei
capitali circolanti, e quindi anche, indirettamente, la determinazione del valore della moneta e del
tasso d’interesse monetario appare ingiustificata.
7
Dalla rapida rassegna dei quattro modelli di equilibrio proposti da Walras nei suoi lavori teorici
possiamo trarre tre conclusioni:
1) Nell’opera di Walras coesistono due concezioni dell’equilibrio economico generale: la prima,
“empruntée aux économistes”, si fonda sull’idea tradizionale del ‘bilanciamento di forze’
oggettive, operanti in un contesto di interdipendenza fra mercati e fenomeni economici e
conoscibili mediante l’osservazione e l’esperienza empirica; la seconda, basata sulla nozione di
‘compatibilità fra piani’ soggettivi, ottimamente scelti dagli agenti economici, incarna lo spirito
più profondo della ‘rivoluzione marginalista’ dei primi anni Settanta del XIX secolo.
2) Walras si sforza di integrare le due concezioni, dapprima affiancando l’una all’altra e quindi
progressivamente sostituendo la seconda alla prima in tutti i suoi modelli.
3) Solo nel modello di un’economia di puro scambio le due concezioni vengono pienamente
integrate in una costruzione unitaria, nella quale la seconda concezione risulta comunque
prevalente. Negli altri tre modelli la prima e più tradizionale concezione, pur continuamente
affinata mediante inserzioni di elementi tratti dalla seconda, continua a fornire la visione di
fondo.
Le due concezioni della nozione di equilibrio sopra richiamate sono anche associate a due
interpretazioni alternative della natura temporale dello stato di equilibrio stesso. Poiché la scelta di
un piano di azione da parte di un agente economico, un fenomeno di tipo necessariamente
mentalistico, è per sua natura istantanea, e poiché la compatibilità fra scelte deve pure essere
accertata con riferimento a uno specifico istante temporale, la concezione dell’equilibrio come
configurazione di piani ottimamente scelti e mutuamente compatibili è naturalmente riferita a un
istante di tempo: si può dunque parlare in questo caso di ‘equilibrio istantaneo’. Viceversa, la
concezione dell’equilibrio come ‘bilanciamento di forze’ oggettive, empiricamente osservabili, può
essere più facilmente associata a un processo temporale che, come accade in numerosi modelli della
meccanica o di altre scienze della natura, preveda come esito persistente proprio tale ‘bilanciamento
di forze’. In questo caso è quindi naturale riferirsi allo stato di equilibrio come allo stato stazionario
di un processo dinamico; l’espressione più adeguata per indicare tale stato appare dunque quella di
‘equilibrio stazionario’.
Poiché in Walras la concezione tradizionale preesiste alla nuova concezione dell’equilibrio, è
naturale che egli concepisca innanzitutto l’equilibrio come ‘stazionario’ e lo interpreti come il
risultato ultimo di un processo temporale, osservabile in tempo reale, che conduce il sistema
economico all’equilibrio stesso. Fin dalla prima edizione degli Éléments Walras introduce
nell’analisi un costrutto teorico, in seguito denominato tâtonnement walrasiano, proprio allo scopo
di mostrare come nelle economie di mercato concorrenziali operi un meccanismo oggettivo, che
guida il sistema analizzato verso uno stato di ‘equilibrio stazionario’ attraverso una successione
temporale di tentativi ed errori. Agendo in questo modo, il mercato concorrenziale risolve “in
maniera empirica” il sistema di equazioni che, in ciascuno dei modelli sviluppati da Walras,
descrive in maniera formale e teorica le condizioni di equilibrio appropriate al modello stesso.
Il costrutto del tâtonnement, in effetti, è separatamente applicato a tutti e quattro i modelli
walrasiani, anche se l’analisi è molto più elaborata per quanto concerne i modelli di puro scambio e
di scambio e produzione. A questo proposito è interessante osservare che, riferendosi in particolar
modo a questi due ultimi modelli, Walras non accampa alcuna pretesa di originalità circa la propria
analisi del processo di tâtonnement: per Walras, infatti, la propria analisi del processo di
8
aggiustamento all’equilibrio non è altro che una formulazione teoricamente più sofisticata della
tradizionale analisi dell’aggiustamento all’equilibrio di mercato basata sulla “legge dell’offerta e
della domanda”, così come si può trovare esposta, per esempio, nell’opera di J. S. Mill8.
Per quanto riguarda poi il carattere ‘stazionario’ dell’equilibrio cui si perviene attraverso il processo
di tâtonnement, non può sussistere alcun dubbio in merito, almeno se ci si riferisce alle
formulazioni originarie della teoria walrasiana. Basti pensare che, già nelle Note del 1872 (Walras
1993, p. 423), nel modello di puro scambio con due soli beni Walras denomina “prix stationnaire” il
prezzo di equilibrio cui si perviene al termine del processo di aggiustamento; questa espressione,
assieme ad altre consimili, permane immutata in tutte le edizioni degli Éléments (1988, pp. 72, 93),
nonostante i molteplici cambiamenti che Walras apporta al costrutto del tâtonnement nel corso
dell’ultimo quarto del XIX secolo.
D’altro canto, se si escludono ipotesi estremamente irrealistiche (come quella di una ‘economia di
puri flussi’, tanto cara a Cassel), lo svolgimento di un processo di aggiustamento osservabile in
tempo reale risulta inconciliabile con l’esigenza di preservare immutati nel corso dello stesso
processo i dati che caratterizzano l’economia nell’istante iniziale, dati dai quali dipende l’equilibrio
inteso in questo caso come configurazione di piani ottimamente scelti e mutuamente compatibili
all’istante dato. La concezione dell’equilibrio come ‘bilanciamento di forze’, cui è naturalmente
associata la nozione di ‘equilibrio stazionario’, entra quindi in conflitto con la concezione
dell’equilibrio come ‘compatibilità di piani’, cui è naturalmente associata la nozione di ‘equilibrio
istantaneo’; e poiché la seconda concezione si afferma gradualmente nell’opera di Walras,
affiancandosi alla prima e sostituendosi in parte a essa, è comprensibile che Walras, partendo da
un’impostazione ‘stazionarista’ per quanto riguarda sia l’equilibrio sia il processo di aggiustamento,
cerchi progressivamente di distaccarsene.
Come abbiamo visto, negli Éléments la nuova concezione dell’equilibrio si sostituisce
compiutamente all’antica solo nell’analisi del fenomeno dello scambio di beni di consumo. E’
dunque naturale che la revisione del punto di vista di Walras circa la natura temporale del costrutto
dell’equilibrio e le caratteristiche del processo di aggiustamento si manifesti dapprima con
riferimento al modello di puro scambio. Nel 1885, sia pure in maniera incidentale e obtorto collo,
Walras riconosce il carattere ‘istantaneo’ dell’equilibrio di puro scambio (Walras, 1885, p. 312, fn.
1). Pochi anni più tardi, nella seconda edizione degli Éléments (1889), egli ‘virtualizza’ il processo
di aggiustamento che sorregge l’equilibrio nel modello di puro scambio, trasformandolo in un
processo privo di effetti osservabili, che non dà luogo a transazioni effettive al di fuori
dell’equilibrio e che si svolge di fatto in un tempo ‘logico’ distinto dal tempo reale in cui evolve
l’economia (Walras, 1988, 2-4, pp. 72).
Tuttavia, fino alla terza edizione degli Éléments inclusa (1896), Walras continua a supporre, come
riconoscerà egli stesso nel 1899 (1993, p. 581), che nei modelli di equilibrio della produzione e
della formazione di capitale il processo di tâtonnement si svolga effettivamente nel tempo in cui
l’economia stessa evolve, dando luogo a fenomeni osservabili in disequilibrio che modificano
necessariamente i dati dell’economia. Solo nel 1899, con l’introduzione dell’assunzione denominata
“hypothèse des bons” (1993, p. 581), assunzione poi ripresa nella 29e Leçon della quarta edizione
(1900) degli Éléments, Équations de la circulation et de la monnaie (1988, 4, p. 447), Walras
8
Sull’argomento si vedano le lettere di Walras a Bortkiewicz e Pareto, pubblicate in Jaffé 1965, vol. II, pp. 434, 630.
9
‘virtualizza’ l’intero processo di aggiustamento, inclusi i fenomeni della produzione e della
formazione del capitale, e riconosce esplicitamente, anche se sempre in maniera incidentale, il
carattere ‘istantaneo’ dell’equilibrio concorrenziale.
Questo tardivo riconoscimento non si traduce però in un ripensamento globale del sistema teorico
walrasiano, così come esposto nella quarta edizione degli Éléments. Si deve infatti osservare che la
29e Leçon della quarta edizione degli Éléments, in cui fa la sua comparsa l’“hypothèse des bons”, si
colloca verso la fine della parte più propriamente analitica dell’opera, nella Section VI dedicata alla
teoria della circolazione e della moneta. Per quanto riguarda le Sezioni precedenti, in particolare la
Section IV e la Section V, rispettivamente dedicate alla teoria della produzione e della
capitalizzazione, Walras si limita a effettuare qualche marginale cambiamento di singole parole,
senza apportare alcuna significativa revisione alla teoria esposta nelle edizioni precedenti, teoria che
resta dunque caratterizzata da un’impostazione ‘stazionarista’. Questo esito può apparire
paradossale, tenuto conto che il cambiamento indotto dall’“hypothèse des bons” avrebbe proprio
dovuto riguardare la concezione dell’equilibrio e del processo di aggiustamento nelle teorie della
produzione e della capitalizzazione. Ma in realtà esso segnala il profondo radicamento della
concezione tradizionale dell’equilibrio come ‘bilanciamento di forze’ nel nucleo fondamentale della
teoria walrasiana, un radicamento che neppure la trentennale riflessione critica e autocritica
condotta di Walras riesce infine a rimuovere integralmente.
3. Pareto dal Cours al Manuel
Per quanto riguarda gli aspetti della teoria dell’equilibrio generale che abbiamo esaminato nel
paragrafo precedente con riferimento a Walras, il punto di vista di Pareto subisce una significativa
evoluzione negli anni che intercorrono dalla pubblicazione del primo volume del Cours d’économie
politique (1896) alla pubblicazione del Manuel d’économie politique (1909)9.
Il Cours è un’opera di dimensioni imponenti, suddivisa in due parti di lunghezza molto diversa: la
prima, intitolata “Principes d’économie politique pure”, contiene in poche decine di pagine il nucleo
analitico dell’intero lavoro; la seconda, intitolata “Économie politique appliquée”, è molto più
estesa della prima e ha un carattere eminentemente descrittivo, anche se non mancano occasionali
approfondimenti analitici. Per quanto riguarda la parte più propriamente modellistica dell’opera,
Pareto si limita essenzialmente a riassumere la teoria walrasiana degli Éléments, seguendone la
logica e rispettandone l’originaria struttura espositiva. Ci sono però alcune differenze sia di natura
metodologica, sia, in qualche più limitato caso, di natura analitica, sulle quali vale la pena di
richiamare l’attenzione.
Nei primi 139 paragrafi dei “Principes” Pareto espone in maniera compatta i tre modelli walrasiani
di equilibrio generale concorrenziale (i modelli di puro scambio, produzione, capitalizzazione) già
disponibili al momento della stesura del Cours: il modello walrasiano con capitale circolante e
moneta, infatti, farà la sua comparsa solo alcuni anni dopo l’uscita del Cours, nel già citato
9
Nel seguito ci limiteremo a considerare i cambiamenti intervenuti nella posizione teorica di Pareto nel periodo indicato
solo per quanto riguarda la concezione dell’equilibrio e del processo di aggiustamento e solo in relazione alle posizioni
assunte da Walras su questi temi. Non prenderemo quindi in considerazione altri rilevanti cambiamenti che si
producono nello stesso arco temporale e che contribuiscono a modificare in profondità il sistema teorico paretiano; in
particolare non ci occuperemo della svolta ordinalista compiuta da Pareto intorno al 1900 e dei suoi effetti sulla teoria
dell’utilità e della scelta.
10
Mémoire del 1899 e quindi nella IV edizione degli Éléments del 1900. Le parti strettamente
analitiche dei tre modelli, relegate in lunghe note a pie’ di pagina del primo volume del Cours
(Pareto, 1896, par. 59, n. 1, pp. 24-25; par. 100, n. 1, pp. 44-6; par. 133, n. 1, pp. 57-8; par. 135, n.
1, pp. 59-61), sono pressoché identiche alle corrispondenti parti dei modelli di Walras, se si
prescinde da piccole differenze terminologiche e notazionali e dalla maggiore consapevolezza
matematica di cui Pareto dà prova10.
Tuttavia, benché nel Cours Pareto si attenga molto fedelmente all’insegnamento walrasiano, anche
in questa sua prima opera monografica è possibile riscontrare qualche ulteriore progresso rispetto
allo stadio raggiunto in quegli stessi anni da Walras, nella direzione di una teoria dell’equilibrio
economico maggiormente conforme alla nuova concezione dell’equilibrio come configurazione di
piani ottimamente scelti e mutuamente compatibili.
Per quanto riguarda l’analisi, i progressi compiuti da Pareto nel Cours riguardano in maniera
particolare la teoria della produzione, il campo in cui Walras aveva mostrato maggiori difficoltà a
emanciparsi dai vincoli della tradizione ricevuta. A questo riguardo Pareto, riprendendo un suo
precedente contributo del 1894 mirante a introdurre un elemento di scelta ottimizzante anche in
questo contesto, nel secondo volume del Cours sviluppa una teoria relativamente articolata della
minimizzazione dei costi e della conseguente determinazione dei coefficienti di produzione come
risultato di scelte ottimizzanti degli imprenditori (Pareto, 1897, par. 719, pp. 88-90).
Inoltre, anche se nel Cours Pareto continua ad attenersi alla classificazione degli elementi della
ricchezza sociale elaborata da Walras negli Éléments, giudicandola preferibile ad altre
classificazioni, come quella adottata dagli esponenti della Scuola austriaca, “tout au moins pour
l’étude de l’équilibre économique” (1896, par. 93, p. 41), egli introduce ugualmente alcune
interessanti considerazioni che aprono la strada a sviluppi alternativi a quelli walrasiani:
“Des biens matériellement identiques sont économiquement différents s’ils ne se trouvent pas
dans le même lieu […], ou si l’on n’en peut jouir dans le même temps […]. Ces biens
économiquement différents peuvent naturellement avoir, et ont généralement des prix
différents. Les biens futurs peuvent se transformer en biens présents moyennant les services
de l’épargne […]. Le temps différencie les biens présents des biens futurs, directement en ce
qu’il retarde la jouissance, indirectement en ce qu’il la rend incertaine. La différence de
l’ophélimité des biens présents et des biens futurs dépend de ces deux causes” (1896, parr.
108-109, pp. 50-51; si veda anche 1896, par. 437, p. 413).
Nel Cours Pareto non si avvale delle intuizioni illustrate nei passi sopra citati per costruire teorie del
capitale, dell’investimento, del risparmio e dell’interesse compiutamente alternative a quelle
ereditate da Walras, e non cerca neppure di sviluppare una teoria del credito e della moneta che
sfrutti le potenzialità insite nelle distinzioni sussistenti fra beni presenti e beni futuri, o più in
generale fra merci datate, sotto il profilo dell’utilità e dell’incertezza. Ma è chiaro che gli
ingredienti per la costruzione di una teoria dei fenomeni connessi con il tempo diversa da quella
walrasiana sono già tutti presenti.
10
Per esempio, nella n. 1 al par. 59 del Vol. I, Pareto pone a confronto le equazioni walrasiane che definiscono la
condizione di uguaglianza delle utilità marginali ponderate delle varie merci con le equazioni di Lagrange in meccanica
razionale.
11
Da un punto di vista più generale, già nel Cours Pareto mostra di possedere una maggiore
consapevolezza metodologica rispetto a quella che, fra mille esitazioni, Walras riesce infine a
raggiungere solo verso la fine della suo percorso scientifico. Fin dalla sua prima opera, infatti,
Pareto mostra di avere le idee abbastanza chiare circa il carattere sostanzialmente ‘istantaneo’ del
concetto di equilibrio di cui la TEG si avvale. Innanzitutto, come Pareto rileva, l’idea che
l’equilibrio possa essere raggiunto (“atteint”) attraverso un processo di aggiustamento che si
sviluppa nello stesso tempo reale in cui l’economia investigata evolve è un’idea del tutto illusoria.
Scrive infatti Pareto (1896, par. 101, p. 47):
En réalité, il [n’]est jamais [atteint]; car, à mesure qu’on tâche de s’en rapprocher […], il
change continuellement, parce que les conditions techniques et économiques de la production
changent. L’état réel est donc celui de continuelles oscillations autour d’un point central
d’équilibre, qui lui-même se déplace […].11
Alla luce di questo passo, appare chiaramente che per Pareto, a causa del cambiamento continuo dei
dati e conseguentemente anche dello stato di equilibrio dell’economia che da tali dati dipende, la
nozione di ‘equilibrio stazionario’, raggiunto attraverso un processo di aggiustamento a dati
invarianti, è priva di fondamento empirico e deve essere abbandonata. Pertanto, secondo Pareto, in
tema di dinamica economica il problema dell’economista teorico consisterebbe nell’elaborare una
teoria del fenomeno economico che permetta di dar conto congiuntamente dell’evoluzione
temporale continua tanto dello stato di equilibrio, quanto delle oscillazioni attorno a esso. A
giudizio di Pareto, tuttavia, questo risultato, già raggiunto o comunque a portata di mano in
meccanica e in altre scienze naturali, non è invece per il momento conseguibile in economia e nella
scienza sociale in genere. Al riguardo Pareto (1897, parr. 586-7, pp. 9-10) scrive:
586. […] En mécanique, le principe de d’Alembert nous permet d’étudier, d’une manière
complète, l’état dynamique d’un système. Nous ne faisons encore, en Economie politique,
qu’entrevoir un principe analogue1. En science sociale, cette vague lueur même fait défaut.
Dans la première comme dans la seconde de ces sciences, nous sommes obligés de substituer
à la considération de l’équilibre dynamique la considération d’une série d’équilibres statiques.
587. Pour donner une idée assez grossière, mais expressive de la chose, supposons qu’un
homme qui est dans un traîneau, glisse sur une pente. Un autre homme descend à pied la
même pente, en s’arrêtant à chaque pas. Les deux hommes partent en même temps du
sommet, voyagent constamment en compagnie, et arrivent en même temps en bas de la pente.
En gros, leur mouvement est donc à peu près le même. Mais le mouvement de l’homme qui
est dans le traîneau, est un mouvement continu, son étude constitue un problème de
dynamique. Le mouvement de l’homme descendant à pied, représente une suite de positions
successives d’équilibre. Il passe de l’une à l’autre, d’une manière discontinue. C’est
11
La concezione paretiana di un equilibrio che cambia continuamente nel tempo per effetto dei continui cambiamenti
dei dati della teoria (qui riassunti da Pareto sotto la categoria di “conditions techniques et économiques de la
production”, dato che il passo riportato nel testo si riferisce in maniera specifica all’equilibrio della produzione) ha
quasi certamente influito sul cambiamento di prospettiva di Walras, intervenuto nel biennio1899-1900, per quanto
riguarda la concezione dell’equilibrio e la natura del processo di aggiustamento. Infatti, poco prima del passo della
quarta edizione degli Éléments in cui Walras espone l’“hypothèse des bons”, passo sul quale abbiamo riferito nel testo
verso la fine del paragrafo precedente, Walras (1988, 4, p. 447) introduce ex novo una nozione di “équilibre variable ou
mobile”, mai discussa in precedenza in alcuna edizione degli Éléments, nozione che appare modellata sull’idea di
equilibrio suggerita da Pareto nel passo sopra citato.
12
précisément une suite semblable de positions d’équilibre que nous pouvons étudier en
économie politique.12
Pareto conclude quindi che, in attesa che si riesca a sviluppare una teoria dinamica completa del
fenomeno economico continuo, nella quale trovino posto tanto l’analisi dell’equilibrio quanto quella
del disequilibrio, l’unico tipo di dinamica possibile per il momento in economia consiste nello
studio di una successione cronologicamente ordinata di “equilibri statici”, ciascuno di tipo
‘istantaneo’ in quanto riferito a uno specifico istante nella successione temporale analizzata. Da
questo punto di vista, nel sistema di pensiero paretiano non sembrerebbe sussistere alcuno spazio
per un diverso tipo di dinamica, qual è quello implicito nel costrutto walrasiano del tâtonnement.
Nel Cours, tuttavia, Pareto continua pur sempre a far riferimento ai processi di aggiustamento
all’equilibrio elaborati da Walras a complemento dei modelli di puro scambio (Pareto 1896, par. 59,
pp. 24-5), di scambio e produzione (Pareto 1896, par. 101, pp. 45-7) e di formazione del capitale
(Pareto 1896, par. 135, p. 61).
Questo rinvio a una teoria all’apparenza poco coerente con l’impostazione sviluppata da Pareto si
giustifica forse per deferenza nei confronti di Walras, in quel momento sotto attacco da parte di
Edgeworth proprio a proposito del tâtonnement (Pareto 1986, par. 59, p. 25), o forse per una
comprensione ancora incompleta delle difficoltà metodologiche, concettuali e analitiche sollevate
dal costrutto walrasiano. Va detto, tuttavia, che Pareto condensa in poche righe informali le
sterminate analisi semi-formalizzate elaborate da Walras a questo riguardo, evitando ogni
compromissione con le dubbie rivendicazioni analitiche avanzate da Walras. Inoltre egli mostra di
essere consapevole, al pari dello stesso Walras, che il costrutto del tâtonnement non è un’invenzione
assolutamente nuova, né uno strumento indissolubilmente associato alla TEG: secondo Pareto,
infatti, esso affonda le sue radici in epoca pre-walrasiana, addirittura nell’analisi classica delle
relazioni fra prezzi di mercato e prezzi naturali (Pareto 1896, par. 101, n. 1, p. 46).
Nel Cours, come abbiamo visto, la teoria walrasiana permane sempre al centro del discorso
paretiano. Come abbiamo sopra ricordato, tuttavia, non mancano i segnali di un possibile percorso
di emancipazione avviato da Pareto nei confronti della visione pre-analitica, del sistema concettuale
e della costruzione analitica ereditati da Walras. Nel Manuale e quindi nel Manuel i segnali già
presenti nel Cours divengono sistematiche prese di distanza dal grande predecessore e
manifestazioni di autonomia concettuale nei confronti della versione walrasiana della TEG.
Il primo e fondamentale aspetto che deve essere sottolineato riguarda la definizione stessa di
equilibrio economico. Questo concetto, che nel Cours manteneva ancora l’originaria concretezza
propria del sistema concettuale walrasiano e veniva quindi declinato con riferimento a specifiche
attività economiche (consumo, produzione, risparmio e investimento) e ai particolari mercati (dei
beni di consumo, dei servizi dei capitali, dei capitali propriamente detti di nuova produzione)
associati a tali attività, nel Manuale-Manuel viene invece definito in maniera astratta e
generalissima:
12
Nella lunghissima nota 1 al par. 586 Pareto spiega quali funzioni sarebbe necessario conoscere in campo economico
per poter individuare anche in questo ambito un principio analogo al principio di d’Alembert in meccanica e per poter
quindi formulare una teoria dinamica completa del fenomeno economico. Pareto continuerà a riflettere su questo
problema anche nel quindicennio successivo, senza peraltro pervenire a risultati soddisfacenti. Su questo punto si veda
Donzelli (1997).
13
14. Oggetto principale del nostro studio è l’equilibrio economico. […] Tale equilibrio risulta
dal contrasto tra i gusti degli uomini e gli ostacoli per soddisfarli. Il nostro studio comprende
dunque tre parti ben distinte: 1°. lo studio dei gusti; 2° lo studio degli ostacoli; 3°. lo studio
del modo col quale si combinano quei due elementi, per ottenere l’equilibrio. (Pareto 2006,
cap. III, par. 14, p. 110)
Data questa definizione generale di equilibrio economico, si pone naturalmente il problema della
determinazione dello stato di equilibrio del sistema analizzato. Al riguardo Pareto scrive:
25. Gusti e ostacoli si riferiscono a ciascuno individuo che si considera. Per un individuo, i
gusti degli altri uomini coi quali ha a che fare figurano tra gli ostacoli.
26. Per avere tutti i dati del problema dell’equilibrio occorre, ai gusti ed agli ostacoli,
aggiungere le condizioni di fatto che determinano lo stato degli individui e delle
trasformazioni dei beni; per esempio: le quantità di merci possedute dagli individui, i mezzi
per trasformare i beni, ecc. […].
27. Per determinare l’equilibrio porremo la condizione che, nel punto ove ha luogo, i
movimenti permessi dagli ostacoli sono vietati dai gusti; o viceversa, il che torna lo stesso,
che in quel punto movimenti permessi dai gusti sono vietati dagli ostacoli (Pareto 2006, cap.
III, parr. 25-7, p. 114)
Dalle precedenti definizioni si evince che, per il Pareto del Manuale-Manuel, gli “individui” sono i
soggetti ultimi dell’analisi economica. Poiché “gusti” e “ostacoli” vanno riferiti a “ciascun singolo
individuo” che partecipa al sistema economico considerato, l’approccio paretiano si conforma
appieno alle prescrizioni dell’individualismo metodologico, secondo il quale qualsiasi spiegazione
dei fenomeni economici deve partire dalla considerazione delle scelte individuali, compiute per
“soddisfare” i “gusti”, tenuto conto degli “ostacoli” che si frappongono a tale soddisfacimento13.
Nelle frasi sopra riportate non è difficile cogliere, al di sotto del linguaggio fiorito e oggi
relativamente inconsueto, una descrizione piuttosto precisa della teoria della scelta individuale
ottimizzante, così come risulta dalla soluzione di un problema di massimizzazione o
minimizzazione di una qualche funzione-obiettivo (i “gusti”) subordinatamente ai vincoli specificati
(gli “ostacoli”); nell’enunciato del par. 27 sembra addirittura di poter cogliere una formulazione
ante-litteram del principio di dualità, in quanto applicabile a problemi di ottimizzazione vincolata.
D’altra parte, Pareto è pienamente consapevole che le scelte individuali ottimizzanti si inseriscono
in un contesto di condizionamenti ambientali (“occorre […] aggiungere le condizioni di fatto che
determinano lo stato degli individui e delle trasformazioni dei beni”) e di relazioni sociali (“Per un
individuo, i gusti degli altri uomini coi quali ha a che fare figurano tra gli ostacoli”). Al riguardo, va
anche sottolineato il carattere del tutto generale del concetto di “trasformazione”, così come
impiegato da Pareto (2006, cap. III, parr. 70-2, pp. 127-8) nel Manuale-Manuel:
70. In generale, quando un individuo rinunzia ad una certa quantità di una merce per
procurarsene un’altra, diremo che TRASFORMA la prima merce nella seconda. Egli può fare ciò
col baratto, cedendo ad altri la prima merce e ricevendo la seconda; può fare ciò colla
13
Sulla centralità della teoria della scelta individuale intenzionale per la scienza economica si veda anche Pareto, 2006,
Cap. III, par. 11, p. 109.
14
produzione, trasformando da sé effettivamente la prima merce nella seconda. Egli può ancora
rivolgersi per tale operazione ad una persona che trasforma le merci, ad un produttore.
71. Serberemo a quest’ultima operazione il nome di PRODUZIONE o di TRASFORMAZIONE, e
diremo PRODUZIONE OGGETTIVA o TRASFORMAZIONE OGGETTIVA la produzione, astrazione
fatta da chi la compie […].
72. Riguardo alla trasformazione oggettiva, dobbiamo distinguere tre categorie di
trasformazioni, cioè:
1.° Trasformazione materiale […].
2.° Trasformazione nello spazio […].
3.° Trasformazione nel tempo […].
Prendendo congiuntamente in considerazione tutti questi aspetti, possiamo concludere che nel
Manuale-Manuel Pareto aderisce senza esitazioni alla concezione dell’equilibrio come
‘compatibilità fra piani’, accantonando definitivamente la duplice concezione dell’equilibrio che
caratterizza gli Éléments di Walras e che è ancora presente, sia pure in misura attenuata, nello stesso
Cours di Pareto: secondo il Pareto del Manuale-Manuel, uno stato di equilibrio, che “nasce […] dal
contrasto fra i gusti e ostacoli” (Pareto, 2006, Cap. III, par. 23, p. 113), consiste precisamente in una
configurazione di piani di azione che siano ottimamente scelti da tutti gli individui appartenenti
all’economia investigata e che, essendo compatibili fra loro e con l’ambiente esterno, possono
essere realizzati.
Anche da altri punti di vista, peraltro connessi a quello appena discusso, il Manuale-Manuel si
discosta dal Cours e dagli Éléments di Walras. Innanzitutto, si consideri in quale modo Pareto
interpreta l’azione consistente nel “trasformare” una merce in un’altra: nel sistema di pensiero
caratteristico del Manuale-Manuel questa azione può consistere sia nello scambio (che Pareto
denomina “baratto”) di determinate quantità delle due merci (poniamo, due beni di consumo) da
parte di due scambisti (poniamo consumatori), sia nella trasformazione fisica di una determinata
quantità della prima merce (poniamo un input) in una determinata quantità della seconda (poniamo
un output) da parte dello stesso individuo, sia nella cessione da parte del possessore (poniamo un
proprietario di un input) a un altro agente (poniamo un produttore) di una determinata quantità della
prima merce, affinché la trasformi in una determinata quantità della seconda (un output). Come si
vede, questi tre casi, che nel Manuale-Manuel vengono trattati in maniera formalmente simile,
esemplificano tre situazioni che nella teoria walrasiana degli Éléments (e paretiana del Cours)
ricadevano sotto categorie diverse e venivano analizzate mediante l’impiego di modelli o strumenti
teorici diversi: rispettivamente, il modello di puro scambio, la teoria della produzione considerata
nei suoi aspetti puramente tecnologici, il modello di scambio e produzione. Questo significa,
tuttavia, che secondo l’approccio del Manuale-Manuel le distinzioni fra scambio e produzione, o fra
consumatori e produttori, si attenuano fino a (quasi) scomparire. La teoria della scelta ottimizzante
sottoposta a vincoli fornisce il principio unificatore, che permette di trattare in maniera simmetrica
tutti gli agenti (siano essi consumatori o produttori, proprietari di risorse o scambisti o altro ancora),
a differenza di quanto accadeva in Walras.
Si consideri poi la classificazione sopra menzionata dei vari tipi di “trasformazioni oggettive”:
“materiali”, “nello spazio”, “nel tempo”. Questa classificazione, ripresa e più ampiamente
15
sviluppata nel capitolo dedicato agli “ostacoli” (Pareto 2006, cap. V, parr. 38-39 e seguenti, pp.
218-9 e seguenti), richiama la distinzione fra tipi di merci già discussa nel Cours: secondo Pareto,
infatti, le merci si distinguono le une dalle altre non solo in base alle rispettive caratteristiche
“materiali”, ma anche in base alle rispettive localizzazioni “spaziali” e “temporali”. La teoria
unificata delle “trasformazioni oggettive”, sviluppata da Pareto nel Manuale-Manuel, e l’associata
generalizzazione del concetto di merce, adottata nella stessa opera, da un lato rendono superflua la
laboriosa classificazione walrasiana degli elementi della ricchezza sociale, che in effetti non
sopravvive nel Manuale-Manuel se non per occasionali convenienze espositive, dall’altro vanifica
l’esigenza walrasiana di ricorrere a una teoria speciale della produzione di beni capitali
propriamente detti: infatti la teoria generale delle “trasformazioni nel tempo” consente di trattare in
maniera unitaria tutti i fenomeni temporali, senza che sorga la necessità di concepire e utilizzare
ipotesi o modelli ad hoc o specializzati.
Si considerino infine le tre parti in cui Pareto (2006, cap. III, par. 7, p. 108) suggerisce di
suddividere l’economia pura:
7. Lo studio dell’economia pura ha tre parti: Una parte statica – Una parte dinamica che
considera equilibri successivi – Una parte dinamica che considera il movimento del fenomeno
economico.
Questa sintetica nota metodologica permette di concludere che nel Manuale-Manuel Pareto:
a) mantiene la consapevolezza, già sostanzialmente raggiunta nel Cours, del carattere ‘istantaneo’
dell’equilibrio statico;
b) continua a ritenere che lo stadio raggiunto dalla teoria economica consenta per il momento solo
di descrivere la dinamica del sistema economico mediante una successione cronologicamente
ordinata di equilibri statici, ricorrendo al metodo degli “equilibri successivi”;
c) mantiene la convinzione che l’analisi del movimento continuo del fenomeno economico richieda
l’individuazione di leggi dinamiche che studiano congiuntamente l’evoluzione dei dati
dell’economia, dell’equilibrio a essi associato e delle oscillazioni attorno allo stesso. Da questo
punto di vista l’analisi dinamica dell’aggiustamento all’equilibrio a dati invarianti, il tâtonnement
walrasiano, risulta un’inutile e illusoria divagazione, che viene per questa ragione abbandonata del
tutto: nel Manuale-Manuel, infatti, non se ne trova più traccia.
4. L’eredità di Pareto e il ‘programma di ricerca neo-walrasiano’
Se per ‘programma di ricerca neo-walrasiano’ si intende la linea di ricerca inaugurata negli anni
Cinquanta del secolo scorso da Arrow e Debreu mediante i lavori menzionati sopra alla nota 2,
allora si dovrebbe convenire che la denominazione più appropriata per designare il ‘programma’ in
esame è diversa da quella corrente: in effetti, un appellativo più coerente con le considerazioni
sviluppate nei paragrafi precedenti sembrerebbe quello di ‘programma di ricerca neo-paretiano’.
Questo cambiamento di denominazione sarebbe giustificato non solo per la prevalenza, nei
contributi di Arrow, di Debreu e dei loro continuatori, dell’impostazione ordinalista inaugurata da
Pareto per quanto riguarda la teoria dell’utilità e della scelta o per il ruolo centrale svolto nel
programma di ricerca in questione dalla nozione di ottimalità di derivazione paretiana, ma anche per
un insieme di altre ragioni concettuali e analitiche sulle quali ci vogliamo ora brevemente
16
soffermare, prendendo come punto di riferimento per la nostra discussione l’opera canonica di
Debreu del 1959, Theory of Value. An Axiomatic Analysis of Economic Equilibrium.
L’idea che il problema dell’equilibrio economico possa essere inteso come un problema di
coordinamento di piani di azione ottimamente scelti da singoli agenti sottoposti a vincoli ambientali
ed economici (Debreu 1959, p. 37) richiama l’idea paretiana, caratteristica del Manuale-Manuel, di
un “equilibrio che nasce dal contrasto fra gusti e ostacoli” che caratterizzano gli individui facenti
parte di un dato sistema economico. Da questo punto vista, anche in Debreu, come già nel Pareto
del Manuale-Manuel, vi è perfetta simmetria fra analisi del comportamento ottimizzante dei
consumatori e analisi del comportamento ottimizzante dei produttori, così come, almeno in linea di
principio, vi è simmetria fra teoria del consumo e teoria della produzione: tutti i fenomeni
economici sono ricondotti a un unico principio esplicativo fondamentale, quello della compatibilità
fra piani ottimamente scelti. D’altra parte, Debreu stesso, nella prefazione di Theory of Value
(Debreu 1959, p. XI), cita “the theory of the School of Lausanne” come propria fonte primaria di
ispirazione.
La nozione del tutto generale di “merce” fatta propria da Debreu (1959, p. 35), l’idea cioè che un
bene o un servizio scambiabile si distingua da un altro non solo in base alle proprie caratteristiche
fisiche, ma anche in base al luogo e al tempo in cui si rende disponibile, è, come abbiamo visto,
un’idea caratteristica del pensiero di Pareto, molto più di quanto non lo sia del pensiero di Walras,
ancora invischiato in minuziose classificazioni derivanti da un’antica tradizione (come quella
propugnata dal padre Auguste Walras). Pareto, è vero, non porta fino alle estreme conseguenze
questa concezione, neppure nel Manuale-Manuel, ma pone le basi per una rivoluzione concettuale
che sarà portata a compimento in maniera rigorosa da Arrow e Debreu e dai loro continuatori. Nelle
formulazioni postbelliche della TEG scompare la distinzione walrasiana fra capitali e redditi; la
teoria del capitale e dell’interesse cessa di essere una teoria speciale, ma, come sottolinea Debreu
(1959, p. 35), diviene parte della teoria generale dei prezzi di merci datate.
Secondo Debreu (1959, p. 34), l’equilibrio generale e i prezzi vanno riferiti a un istante di tempo,
“of which it is often convenient to think as the present instant”. La natura ‘istantanea’
dell’equilibrio, esplicitamente riconosciuta da Debreu, rende fondamentalmente irrilevante l’analisi
del problema, così caratteristico dell’impostazione walrasiana, ma non di quella accolta da Pareto
nel Manuale-Manuel, della “tendenza” reale del sistema economico verso uno stato di equilibrio.
Come rileva Schumpeter (1954, pp. 973-4, fn. 25), il problema walrasiano della “tendenza” verso
l’equilibrio è cosa completamente diversa dal problema della “stabilità” dell’equilibrio.
Quest’ultimo problema, che va comunque tenuto distinto non solo dall’antico problema walrasiano
della “tendenza” verso l’equilibrio, ma anche dal moderno problema dell’esistenza dell’equilibrio,
così centrale per Arrow e Debreu e per i loro continuatori, può naturalmente essere studiato con
metodi formali ed è stato effettivamente studiato da Arrow e da altri nel periodo fondativo del
‘programma di ricerca’ correntemente detto ‘neo-walrasiano’ (Arrow e Hurwicz, 1958; Arrow,
Block e Hurwicz, 1959). Ma anche questo tipo di analisi, che si basa in ogni caso sullo studio di
processi dinamici rigorosamente virtuali, sembra essere molto lontana dal tipo di analisi cui era
interessato Walras e che aveva trovato espressione nelle decine di pagine dedicate negli Éléments
allo studio del tâtonnement – pagine che, come abbiamo sopra rilevato, restano sostanzialmente
immodificate nel loro concreto realismo anche dopo che Walras, verso la fine del suo trentennale
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percorso di ricerca, giunge infine ad adottare la “hypothèse des bons”, rendendo in questo modo
puramente virtuale il processo di aggiustamento all’equilibrio.
A questo riguardo, bisogna anche aggiungere che, dopo un periodo di intensa fioritura negli anni
Sessanta e nei primi anni Settanta del secolo scorso, l’analisi della stabilità dell’equilibrio è stata
infine sostanzialmente accantonata dagli stessi moderni cultori della TEG, anche a causa dei
modesti e controversi risultati raggiunti. Anche da questo punto di vista, quindi, le scelte
metodologiche e teoriche compiute da Pareto nel primo decennio del Novecento sembrano
precorrere di più di mezzo secolo gli orientamenti che si affermeranno negli sviluppi postbellici del
‘programma di ricerca’ detto ‘neo-walrasiano’.
5. Conclusioni
In questo lavoro abbiamo mostrato che nella teoria dell’equilibrio economico generale elaborata da
Walras nel corso dell’ultimo trentennio dell’Ottocento coesistono due concezioni dell’equilibrio
economico: la concezione dell’equilibrio come ‘bilanciamento di forze’ e la concezione
dell’equilibrio come ‘compatibilità fra piani’. Walras, che parte dalla prima delle due concezioni,
tenta progressivamente di rafforzare il ruolo della seconda nella costruzione del proprio sistema
teorico; ma questo processo di sostituzione non viene mai portato a compimento, sicché anche nelle
versioni finali della teoria walrasiana, come si trovano esposte nella quarta edizione degli Éléments
(1900), permangono significative sopravvivenze dell’originaria duplicità.
Pareto segue abbastanza fedelmente l’impostazione analitica walrasiana nel Cours (1896-97),
pagando anch’egli un prezzo all’ambigua concezione dell’equilibrio presente negli Éléments. Anche
nel Cours, tuttavia, non mancano gli elementi innovativi, che segnalano la tendenza di Pareto a
emanciparsi dall’influenza del suo predecessore mediante lo sviluppo di una teoria originale. Questi
elementi, ancora embrionali nel Cours, divengono prevalenti nel Manuale-Manuel (1906-1909),
dove Pareto fa infine propria la concezione dell’equilibrio economico come configurazione di piani
ottimamente scelti e compatibili, giungendo a cancellare quasi del tutto dalla sua opera la presenza
della più antica concezione dell’equilibrio come ‘bilanciamento di forze’, ereditata da Walras.
Questo processo trova la sua espressione non solo nell’adozione sostanzialmente coerente di una
concezione univoca e generale dell’equilibrio economico come nascente dal “contrasto fra i gusti e
gli ostacoli” che gli individui incontrano nel perseguire i propri obiettivi, ma anche nell’adesione
sempre più convinta a un’interpretazione ‘istantanea’ della nozione di equilibrio e nel conseguente
abbandono della teoria walrasiana del tâtonnement, nella formulazione di una concezione generale
del concetto di merce e nel conseguente abbandono della classificazione walrasiana degli elementi
della ricchezza sociale, nello sviluppo di una teoria della produzione e, almeno in linea di principio,
di una teoria del capitale e dell’interesse più coerenti con la concezione dell’equilibrio come
‘compatibilità fra piani’ e con l’adozione della nozione di merce datata.
Tutte queste caratteristiche si ritrovano negli sviluppi del cosiddetto ‘programma di ricerca neowalrasiano’, una linea di ricerca che si afferma negli anni Cinquanta del secolo scorso soprattutto a
opera di Arrow e Debreu e che trova una brillante sintesi nel volume Theory of Value di Debreu
stesso (1959). In vista di questa affinità con l’impostazione adottata da Pareto nel Manuale-Manuel,
e in vista anche della maggiore distanza che, proprio sui punti sopra citati, separa i contributi di
Arrow, di Debreu e dei loro continuatori e successori dall’impostazione originaria di Walras,
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sembrerebbe più opportuno riconoscere la filiazione paretiana del ‘programma di ricerca’ in esame,
ribattezzandolo ‘programma di ricerca neo-paretiano’.
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