Il Piccolo 12 gennaio 2016 Cannabis, Orlando frena «Le pene

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Il Piccolo 12 gennaio 2016 Cannabis, Orlando frena «Le pene
Il Piccolo 12 gennaio 2016 Attualità Cannabis, Orlando frena «Le pene restano le stesse» Altro stop di Ncd al governo: nessuna depenalizzazione per chi pianta marijuana In attesa del mercato legale nasce il marchio “Nativa” per negozi e coltivazioni di Fiammetta Cupellaro. ROMA. Dopo il reato di clandestinità, anche la depenalizzazione del reato per la coltivazione della cannabis viene stralciato dal menu che approderà venerdì in Consiglio dei ministri. Rimarranno dunque per ora tutte le sanzioni previste dal codice penale per chi pianta marijuana: il carcere fino ad un anno e multe da uno a 4 milioni di euro. L’unica apertura da parte del ministro della Giustizia Andrea Orlando riguarda la coltivazione a scopo terapeutico che, nel caso di violazione, potrebbe trasformarsi in illecito amministrativo. «Non si tratta di depenalizzare il reato – ha tenuto a precisare – ma di rendere reato amministrativo quello che oggi è penale e che riguarda solo chi, avendo ottenuto l’autorizzazione alla coltivazione a scopo terapeutico, viola quella prescrizione». E a chi gli ha chiesto se almeno questa norma verrà confermata, Orlando ha chiarito: «È ancora in corso una valutazione sul testo». Dunque, potrebbero rimanere le stesse sanzioni penali anche per i pazienti che fanno uso di cannabis. Le conseguenze del doppio “stop” imposto al governo da Ncd sia sull’immigrazione che sulla droga saranno visibili venerdì quando il decreto legislativo messo a punto dal ministero della Giustizia verrà portato al Consiglio dei ministri. Un testo giunto all’ultimo passaggio e quindi destinato, se approvato, a diventare legge il giorno successivo. Il governo non ha più tempo per decidere: il 17 gennaio scade la delega concessa dal Parlamento nel 2014. Ma le speranze della vigilia che fosse licenziato un testo “innovativo”, sembrano deluse. Poche saranno le novità, visto che nel governo non si è trovato l’accordo né sulla cancellazione del reato di clandestinità, tantomeno sulla depenalizzazione di alcuni reati che riguardano gli stupefacenti. Il ministro dell’Interno Alfano sui due temi considerati “forti” per la destra non ha accettato alcuna discussione lasciando il Pd a compiere quella che è stata definita dalle opposizioni una “retromarcia”. Ma per la maggioranza non si è trattato di “tirarsi indietro”, ma di opportunità politica. «Se il tema della depenalizzazione della droga fosse portata a termine così su due piedi senza un’adeguata sensibilizzazione dell’opinione pubblica si rischierebbe di generare il dubbio che si stia cedendo sulla lotta contro la droga» hanno spiegato fonti del governo. C’è invece chi è convinto che il 2016 sarà l’anno della legalizzazione della marijuana e lancia “Nativa”, il marchio del futuro franchising della cannabis. L’identità di chi sta organizzando l’affare, in attesa che il mercato non sia più illegale, è anonima, ma dietro “Nativa” ci sarebbero agronomi e imprenditori. Un mercato senza dubbio dalle enormi potenzialità. «Abbiamo passato buona parte del 2015 a studiare la migliore strategia di marketing» hanno spiegato. La loro idea prevede negozi monomarca nelle principali città italiane; la coltivazioni all’aperto in zone come il Chianti, il Salento e il Cilento. Prodotti al 100% naturali, promettono. Ma il loro progetto si deve fermare al Consiglio dei ministri di venerdì. Almeno per il momento. Napoli e Caserta, record di tumori L’Istituto superiore di sanità aggiorna i dati su malattie e decessi ROMA. Nei Comuni della provincia di Napoli e Caserta, tristemente noti come “Terra dei fuochi” per lo smaltimento illegale dei rifiuti, si muore di più, si registrano più ricoveri e ci si ammala molto di più di tumore. E l’allarme riguarda in primo luogo i bambini: già nel primo anno di vita vengono colpiti da vari tipi di cancro molto più frequentemente rispetto alla media. La conferma arriva dall’aggiornamento del progetto “SENTIERI” (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) per i 55 Comuni della Terra dei Fuochi. Il Rapporto riguarda 32 Comuni della 1 Provincia di Napoli e 23 della Provincia di Caserta. Le patologie oggetto dello studio sono state indagate utilizzando tre indicatori: la mortalità, i ricoveri ospedalieri (disponibili per tutti i 55 Comuni in esame) e l’incidenza dei tumori (disponibile per 17 Comuni della Provincia di Napoli, quelli serviti dal Registro Tumori). La mortalità generale «è in eccesso -­‐ si legge nel Rapporto -­‐ rispetto alla media regionale, in entrambi i gruppi di Comuni, sia tra gli uomini che tra le donne». Varie le neoplasie per le quali si registra un maggiore rischio in queste aree: tumore maligno dello stomaco, del fegato, del polmone, della vescica, del pancreas, del rene e della mammella. Ma l’allarme riguarda innanzitutto i più piccoli: «Eccesso di bambini ricoverati nel primo anno di vita per tutti i tumori ed eccessi di tumori del Sistema nervoso centrale nel primo anno di vita e nella fascia di età 0-­‐14 anni -­‐ afferma l’Iss parlando di “quadro critico” -­‐ sono stati osservati in entrambe le province» di Napoli e Caserta. E ancora: l’Iss rileva pure «un’elevata prevalenza alla nascita di malformazioni congenite in aree caratterizzate anche dalla presenza di siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi». Un altro aspetto rilevante in relazione alla salute infantile, rileva l’Istituto, è però anche la deprivazione socioeconomica, con i bambini che vivono in zone povere che risultano i più vulnerabili. Una situazione critica, già evidenziata nei precedenti rapporti, che impone di correre ai ripari. I risultati del piano di sorveglianza hanno infatti evidenziato un «carico di patologie, nell’area in esame, per il quale le esposizioni a emissioni e rilasci dei siti di smaltimento e combustione illegale dei rifiuti possono avere svolto un ruolo causale o concausale». Da qui la necessità, rileva l’Iss, di una «implementazione del risanamento ambientale e l’immediata cessazione delle pratiche illegali di smaltimento e combustione dei rifiuti». Muggia Esami del sangue “a domicilio” a Muggia Inaugurato il Centro di assistenza primaria con l’avvio della sperimentazione del sistema per le analisi cliniche decentrate di Riccardo Tosques. MUGGIA. «L’Azienda per l’assistenza sanitaria 1 Triestina si accinge a un intenso ruolino di marcia per il 2016 sul fronte dello sviluppo di servizi già esistenti e nuovi, dopo gli interventi di riorganizzazione e potenziamento portati a termine lo scorso anno». L’assessore regionale alla Salute Maria Sandra Telesca ha inquadrato così l’attivazione delle analisi del sangue di base nel Centro di assistenza primaria di Muggia inaugurato ufficialmente ieri mattina in via Battisti 6. Nella sede del Centro del Distretto 3 è partita la sperimentazione del Poct, acronimo di Point of care testing, il sistema per le analisi cliniche decentrato. In pratica, i muggesani potranno effettuare esami di laboratorio su prelievi di sangue, avendo la garanzia della sicurezza del dato analitico prodotto con criteri di accurata gestione del rischio. La tecnologia giunta a Muggia, piuttosto diffusa in ospedale ma rara nelle strutture extraospedaliere, oltre a essere una delle prime in Italia, offrirà la possibilità di fare degli esami in sede o a domicilio e di avere immediatamente le risposte consentendo al medico di valutare con maggior sicurezza la gravità delle patologie, l’andamento delle stesse e la reale necessità di un eventuale ricovero. Quali saranno gli esami che si potranno effettuare nel Centro di assistenza primaria del Distretto 3 di via Battisti 6? Quelli che garantiscono un inquadramento diagnostico “di base” quali l’emocromo, la glicemia, gli elettroliti e gli enzimi epatici. I medici e gli infermieri del Distretto potranno fruire del Poct in caso di situazioni cliniche complesse, ad esempio in caso di persone seguite a domicilio per evitare l’accesso al Pronto soccorso, oppure di persone affette da patologie a lungo termine e ad alto impatto sociale come le malattie respiratorie, cardiologiche e metaboliche. Soddisfatto della sperimentazione muggesana il sindaco Nerio Nesladek: «Questa novità, che rientra nei parametri di quanto previsto dalla riforma sanitaria regionale, prosegue l’intensificazione dei 2 servizi attivi sul territorio, indubitabilmente l’unica strada per evitare ricoveri inutili, ma offrendo contemporaneamente garanzia assoluta per la sicurezza dei cittadini e le migliori cure nei confronti dei malati». Il Poct si aggiunge dunque alla presenza della guardia medica notturna e festiva e al lavoro della medicina di gruppo che assicura a Muggia la presenza di un medico di famiglia in Distretto al mattino e al pomeriggio. Nesladek è ottimista: «A Muggia abbiamO una copertura medica che arriva quasi alle 24 ore su 24. Se aggiungiamo il grande lavoro svolto dagli infermieri del Distretto e dell’assistenza domiciliare possiamo ben dire che Muggia è all’avanguardia. E questa è anche la migliore dimostrazione che rafforzare la sanità territoriale è una scelta giusta che la recente riforma sanitaria della Regione ha perseguito con lungimiranza». Il Pd esulta : " La riforma regionale funziona sul territorio e ospedali allegeriti " «I pazienti ricoverati fuori reparto a Trieste sono diminuiti rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo dato, accompagnato dalla riduzione dei codici bianchi e verdi in Pronto soccorso, dimostra che la riforma sta andando nella direzione giusta». Lo afferma il responsabile Sanità per il Pd Lorenzo Cociani, aggiungendo che «è ancora più significativo che, laddove sono già stati implementati i nuovi modelli organizzativi delle cure primarie previsti dalla riforma sanitaria regionale, come a Muggia, i dati sugli invii impropri in ospedale sono significativamente migliori». Secondo Cociani «la recente inaugurazione al Cap di Muggia della nuova strumentazione capace di eseguire esami di laboratorio con risposte in tempi reali è la dimostrazione che si sta mantenendo quanto promesso. Si stanno cioè rafforzando -­‐ conclude -­‐ le cure sul territorio, unica via per diminuire la pressione sugli ospedali e garantire ai cittadini le migliori cure possibili». Pianeta scienza Ci sono virus che uccidono pure i tumori di MAURO GIACCA. È l'inizio del Novecento. Il paziente ha un grosso tumore, inoperabile. È denutrito, emaciato e dolorante; il medico che lo assiste è del tutto impotente, la fine sembra ineluttabile. Improvvisamente il paziente ha la febbre altissima, suda, si lamenta, perde coscienza: è stato infettato da un virus, che ne segnerà la fine. Ma dopo diversi giorni di agonia, i familiari raccolti al capezzale notano improvvisamente un miglioramento: il paziente inizia a parlare, chiede di mangiare, si sente meglio. Il medico che lo visita rimane sbalordito: il tumore è completamente sparito, il paziente è guarito. Questa è la storia aneddotica che si ritrova in alcuni articoli medici di un centinaio di anni fa: l'infezione da parte di un virus non meglio definito può portare, in casi rarissimi e casuali, alla guarigione di un tumore. Sulla base di queste osservazioni, negli anni '50 e '60 del secolo scorso si provò a infettare volutamente pazienti con tumori terminali con diversi tipi di virus; il risultato fu però disastroso. L'idea di generare dei virus con proprietà oncolitiche, in grado di distruggere selettivamente le cellule tumorali, è stata poi ripresa utilizzando le tecniche dell'ingegneria genetica. A metà degli anni '90, fu costruito in laboratorio un adenovirus (della famiglia dei virus che infettano le vie respiratorie) in grado di replicarsi soltanto in alcuni tipi di cellule tumorali. Fu provato estesamente in Cina nel 2005 iniettandolo nei tumori della testa e del collo: si rivelò in grado soltanto di ridurre le masse tumorali ma non di allungare la vita. Troppo poco per avere l'approvazione delle autorità regolatorie occidentali, ma abbastanza per innescare un ricco turismo sanitario verso la Cina. Ora finalmente la situazione è cambiata: alla fine dell'anno è entrato ufficialmente in commercio un virus oncolitico modificato che ha passato il vaglio di Fda statunitense e Ema europea. Ha il nome impronunciabile di talimogene laherparepvec, abbreviato T-­‐Vec, ed è basato sul virus che causa l'herpes, modificato in maniera da non 3 essere più virulento e ingegnerizzato per esprimere un fattore che stimola il sistema immunitario. Una volta iniettato nel melanoma, lentamente distrugge le cellule tumorali e allo stesso tempo attiva i linfociti del paziente a uccidere anche le metastasi in giro per il corpo. Siamo ancora lontani da una soluzione definitiva: una sperimentazione terminata lo scorso maggio ha dimostrato che il virus riduce la massa tumorale e aumenta la sopravvivenza, ma di soltanto 4,4 mesi. Ma è il segnale che su questo tipo di terapia, impensabile fino a 20 anni fa -­‐ virus che uccidono i tumori! -­‐, vale la pena di investire. Messaggero Veneto 12 gennaio 2016 Regione Calano i nati in Fvg San Daniele, l’ospedale va sotto quota mille I dati 2015 (provvisori) indicano -­‐5% di parti rispetto al 2014 Telesca: a breve decideremo quale Punto nascita chiudere di Anna Buttazzoni. UDINE. Una tendenza negativa che prosegue e che conferma la necessità di decidere, e in fretta, quali Punti nascita chiudere. I dati sono provvisori e non certificati dalla Regione (mancano alcuni numeri e relativi flussi), ma l’andamento è consolidato e dice che in Friuli Venezia Giulia si fanno sempre meno figli. Al 31 dicembre 2015 i nati in regione sono stati poco più di 8 mila 800, contro i 9 mila 258 del 2014, oltre il 5 per cento in meno. Sospira l’assessore regionale alla Salute, Maria Sandra Telesca, che riconosce l’impossibilità a invertire il trend ma anche la necessità di scegliere in fretta quali Punti nascita della regione rafforzare per accorpare il servizio. E poi c’è da impegnarsi su welfare e politiche del Lavoro, per aiutare le famiglie e favorire una ripresa delle nascite. In Fvg sono operativi 10 Punti nascita e i dati provvisori svelano un calo dei parti in sette strutture, da Trieste a Udine, da Pordenone a San Vito fino a Tolmezzo. Non solo. Perché San Daniele, centro che nel 2014 superava ancora i mille nati l’anno, al 31 dicembre non ha raggiunto i 900, facendosi scavalcare dall’ospedale di Pordenone mentre un anno prima San Daniele aveva fatto registrare il sorpasso sulla struttura della Destra Tagliamento (dove è in funzione anche una struttura privata come Punto nascita, al policlinco San Giorgio). Sono tre invece i reparti dove i nati aumentano, Monfalcone, Palmanova e Latisana, ciascuno per motivazioni diverse. Monfalcone ha l’incremento più accentuato, perché a fine giugno 2015 la giunta regionale di Debora Serracchiani ha deciso di chiudere il Punto nascita di Gorizia, per i pochi parti in un anno, di gran lunga sotto quota 500 fissata dal ministero come soglia che garantisce la sicurezza di mamme e figli. Una quota destinata a salire a 1.000 parti l’anno e sulla quale il dibattito si è riacceso negli ultimi giorni a causa delle tragedie in Veneto, Lombardia e Piemonte, tragedie dal bilancio (pesantissimo) con cinque madri e tre bimbi morti. La giunta, in tempi brevissimi garantisce Telesca, comunicherà quale Punto nascita sarà chiuso tra Palmanova e Latisana. Nella città stellata i parti sono aumentati rispetto al 2014 (una quindicina i parti in più), una salita determinata soprattutto dalla chiusura del centro di Gorizia. Anche a Latisana salgono i parti (circa 40 in più) e l’incremento è stato determinato dalla temporanea chiusura del Punto nascita di Portogruaro. «C’è un problema generale di diminuzione delle nascite – commenta Telesca – e come giunta siamo impegnati a migliorare i servizi di welfare e lavoro per invertire il trend, impresa comunque difficile. E poi c’è il nodo di dove le mamme vanno a partorire e su questo fronte abbiamo il dovere di garantire la sicurezza di madri e bimbi e i dati, seppur provvisori, ci confermano che il servizio nascita e di pediatria va concentrato, chiudendo i centri che non garantiscono sicurezza. Quali Punti nascita chiudere e dove concentrare il servizio? Stiamo ancora valutando le soluzioni migliori 4 ma decideremo in tempi brevi». Sul fronte economico, invece, Telesca ripete i provvedimenti messi in campo dalla Regione per il welfare, dalla misura di sostegno al reddito alla riduzione dei ticket sulle prestazioni sanitarie. «A quegli interventi, che stiamo mantenendo, vanno mescolati i servizi, come quello sugli asili nidi per i quali – aggiunge l’assessore – abbiamo aumentato le risorse e abbiamo anche anticipato l’erogazione dei contributi, una scelta che sta dando riscontri molto positivi. Perché le famiglie hanno bisogno di servizi di rete che le sorreggano anche sotto il profilo educativo». La giunta nella Legge di Stabilità 2016 ha poi stanziato un milione per i progetti portati avanti dalle associazioni familiari per supportare le famiglie, nella logica della rete. E poi tra gli strumenti da rafforzare c’è anche la Carta famiglia, confermata per quest’anno, ma Telesca è al lavoro per modificare il regolamento, perché nel 2015 è avanzato quasi un milione – che la giunta ha utilizzato per coprire il bonus bebè 2014 –, mentre la Carta famiglia non viene usata dalle fasce di reddito più alte. annabuttazzoni Il NURSIND sull’ex Ass2 in rosso «Per i premi al personale siano i dirigenti a pagare» UDINE. «Non siano i lavoratori a pagare gli errori dei dirigenti»: è il messaggio che lancia il Nursind, il sindacato delle professioni sanitarie, in merito a quanto avvenuto alla ex Ass 2 Isontina. E annuncia anche un controllo sulle consulenze attraverso un eventuale esposto alla Corte dei Conti. Ieri la segreteria regionale del sindacato si è riunita per cominciare ad analizzare la situazione e decidere come agire. È emerso nei giorni scorsi, infatti, che per il 2014 sono stati erogati al personale medico e del comparto dell’azienda (infermieri e operatori) della ex Ass 2 Isontina incentivi di legge. Ma per l’erogazione mancava la condizione essenziale, ovvero che il bilancio chiudesse in utile o quantomeno in pareggio. Invece il documento finanziario ha chiuso un disavanzo di 3,1 milioni di euro. Bilancio che non avrebbe dovuto fare scattare gli incentivi ma nel frattempo i soldi sono stati erogati ugualmente ai lavoratori, con la necessità per i vertici della nuova Azienda sanitaria Bassa Friulana-­‐Isontina (succeduta alla Ass 2) – Giovanni Pilati direttore generale e Alberto Poggiana, direttore amministrativo – di recuperare le risorse. «Non troviamo corretto – afferma il segretario regionale del Nursind, Gianluca Altavilla – che, per colpa di dirigenti che non sanno fare il proprio lavoro, o meglio non sanno fare i conti, ci rimettano gli infermieri o tutto il personale». Secondo Altavilla «il fatto più grave è che tutto passa dal nucleo di valutazione individuale e dai revisori dei conti, due organi fondamentali che devono verificare la corretta applicazione e copertura economica degli accordi decentrati, pagati profumatamente. I lavoratori non hanno colpa: questa è una sanzione disciplinare senza procedimento – aggiunge –. I lavoratori hanno pagato con la salute le mancate sostituzioni del personale». L’esponente sindacale indica anche una soluzione, invece, che richiedere i soldi ai lavoratori: andare a verificare le consulenze che l’ex Ass 2 ha erogato in due anni. «Se servono 659 mila euro, facciamo restituire le somme elargite ai consulenti – spiega ancora Altavilla –, tra l’altro vietati dalla legge 135 del 2012: nel 2014 sono stati pagati 565 mila 185 euro, mentre nel 2015 320 mila euro. Passeremo al vaglio tutte le consulenze per capire se sono appropriate: eventualmente presenteremo un esposto alla Corte dei Conti. Visto il risultato della grande professionalità di questa classe dirigente – conclude –, chiediamo che sia congelata la produttività 2015 dei direttori generale, amministrativo e sanitario, nonché restituita la produttività dei direttori che si sono susseguiti in questi anni nell’Isontino». (d.s.) Fontanini: il bonus ai poveri aiuta solo gli stranieri Il leghista attacca il provvedimento. La replica di Sel: è la scelta più importante del nostro governo UDINE. Per il primo è un provvedimento che aiuta soprattutto gli extracomunitari. Per il secondo è una delle migliori misure varate dal Consiglio regionale per i cittadini del Fvg. Sul 5 bonus povertà è ancora scontro tra la Lega e Sel, tra il presidente della Provincia di Udine Pietro Fontanini e il segretario regionale dei vendoliani Marco Duriavig, dopo l’articolo del Messaggero Veneto che ha spiegato l’impennata delle richieste, oltre 140 al giorno dal 20 ottbre al 31 dicembre 2015. «La distribuzione delle domande evidenzia come tale misura sia stata richiesta nelle zone con la maggior concentrazione di popolazione extracomunitaria. Non si spiega altrimenti – dice il leghista Fontanini – che per la provincia di Trieste a beneficiare dei contributi saranno in 6.716, 4.225 nel Goriziano ovvero, rispettivamente, oltre il 70 per cento e circa la metà degli interventi richiesti nella provincia di Udine (9.441). Segno che la nostra gente non molla e di fronte alle difficoltà cerca di superarle senza ricorrere ad aiuti pubblici. Colpisce poi la richiesta del bonus in Carnia, con appena 60 domande per 120 beneficiari complessivi e cioè 16 istanze ogni 10 mila abitanti, il dato più basso in assoluto di tutta la regione e nonostante quel territorio stia attraversando uno dei suoi momenti peggiori a causa della crisi CoopCa e delle costanti difficoltà occupazionali. Purtroppo – conclude Fontanini – ancora una volta i soldi dei cittadini del Fvg vanno a finanziare non i “nostri poveri” ma chi è arrivato povero sui nostri territori». «Esprimiamo grande soddisfazione – è la replica di Duriavig – per la positiva risposta dei cittadini che saranno aiutati dal bonus, che abbiamo voluto fortemente. Ascoltare i cittadini considerati invisibili, i disoccupati, i precari, i lavoratori poveri che non riescono a sostenere le spese per il proprio nucleo familiare è l’azione più importante per ridare credibilità alle nostre istituzioni. Il sostegno al reddito di tutte queste famiglie è la politica più importante che il governo regionale abbia attuato. Su questa strada dobbiamo proseguire assolutamente anche nel 2016, aumentando il più possibile le risorse necessarie e favorire l’inclusione sociale della fascia più debole della popolazione. Il fatto che il Fvg sia stata la prima regione a dotarsi di questa legge denota ancora una volta il grande senso civile e sociale con cui onoriamo la nostra specialità», chiude Duriavig. Udine SANITÀ Meno posti letto in ospedale e più assistenza sul territorio Saranno tagliati 16 posti per acuti e 55 per ricoveri giornalieri di Alessandra Ceschia. Meno posti letto in ospedale e più assistenza sul territorio. Questo il principio sul quale si incardina il piano attuativo integrato per il 2016 che l’Azienda per l’assistenza sanitaria 4 del Friuli centrale e l’Azienda ospedaliero universitaria Santa Maria della Misericordia hanno redatto in maniera congiunta. Acuti e day hospital Il programma prevede il potenziamento dell’assistenza primaria fuori dall’ospedale, la riduzione dei posti letto ospedalieri per acuti a 3 per mille abitanti e l’aumento dei posti letto ospedalieri di riabilitazione allo 0.3 ogni mille abitanti, tenendo conto della delibera della giunta regionale 2673 del dicembre 2014 che ha ridefinito gli standard, le funzioni dell’assistenza e le dotazioni massime di posti letto. Entro il 30 giugno l’Azienda dovrà dare completa attuazione a quanto previsto dal decreto in materia di posti letto ordinari ed entro il 30 settembre verrà effettuata anche la revisione dei posti letto diurni. Dovranno essere tagliati 16 posti letto per acuti e 55 per day hospital, in quanto eccedenti il limite fissato rispettivamente a 880 e 74 posti. Modifiche che, si stima, porteranno a una riduzione di costi connessi alle degenze per 1,1 milioni di euro. Gli investimenti «I punti salienti del documento – conferma il commissario straordinario Mauro Delendi – riguardano lo sviluppo delle linee attuative della riforma regionale, l’integrazione con il territorio e la realizzazione di strutture di continuità a livello distrettuale, il punto di approdo di questo percorso sarà l’Azienda integrata. Gli investimenti principali inseriti nel documento di previsione riguardano il completamento del 4^ lotto dell’ospedale, che contiamo di cantierare alla fine di quest’anno o all’inizio del prossimo, quindi l’avvio della gara per la riqualificazione dell’Ostetricia e della Ginecologia nel 6 padiglione 7». I tagli Numerosi i tagli previsti dal documento, a partire dall’attribuzione delle risorse regionali, contratte dell’1,6 per cento rispetto al 2015 (5,2 milioni di euro in meno), una riduzione parzialmente compensata dalla maggiore valorizzazione della mobilità per ricoveri, dal separato riconoscimento della funzione di emergenza urgenza, quindi da un aumento a 4.393.000 euro dei fondi per la gestione delle linee di centralizzazione dell’elisoccorso e dei canoni per il ponte radio emergenza sanitaria 118. Il totale dei finanziamenti per il 2016 ammonta a 453.495.512, di cui 380.658.387 per l’Aas4. Il conto economico dell’Azienda ospedaliero universitaria pareggia a 383.266.299. Il contenimento della spesa riguarderà anche la farmaceutica, i dispositivi medici, le prestazioni aggiuntive e il personale. I servizi sul territorio La modifica della geografia dei servizi segue le linee per la gestione del servizio sanitario e sociosanitario regionale 2016 approvate dalla giunta nel novembre 2015. Il punto di approdo sarà l’incorporazione dell’Azienda ospedaliero universitaria di Udine (Aoud) con l’Azienda per l’assistenza sanitaria 4 del Friuli centrale e a creazione dell’Azienda sanitaria integrata di Udine a seguito della sottoscrizione dei protocolli d’intesa fra Regione e Università. Per potenziare l’offerta sanitaria territoriale e la continuità dell’assistenza sono già stati avviati alcuni progetti. È stato attivato un punto distrettuale all’interno dell’Azienda ospedaliero universitaria con la finalità della presa in carico diretta e integrata con il distretto di Udine e l’ambito socio-­‐assistenziale dei pazienti nei reparti più critici, iniziando la sperimentazione con l’Ortopedia. Dal giugno scorso è stato attivato al distretto di Udine un ambulatorio urologico che copre 23 ore settimanali attraverso l’accesso di un medico dell’Aoud. Potenziata l’offerta territoriale, trasferendo un ambulatorio specialistico dell’Aoud al distretto di Udine per 29 ore settimanali. Da dicembre è inoltre iniziata l’attività di assistenza per patologie odontostomatologiche di odontoiatria e chirurgia maxillo-­‐facciale al Centro gravi e gravissimi a favore dei Servizi per l’handicap dell’Aas4 per due ore settimanali. Gli hospice Per la Geriatria è in fase di sperimentazione una procedura tra Distretto e la Medicina di Cividale per la presa in carico del paziente fragile. All’hospice di Cividale sono inoltre stati attivati 4 posti letto per l’assistenza alla terminalità dal marzo scorso. La riorganizzazione della funzione di hospice negli 8 posti letto disponibili a Udine ha permesso di integrare la struttura. A incrementare i servizi sul territorio hanno concorso progetti come quello dei referti online, il sistema Home tao e la prenotazione di visite ed esami nelle farmacie. Previsto l’acquisto di un nuovo acceleratore Il 2016 vedrà il rinnovo e l’ampliamento del parco tecnologico ed elettromedicale esitente oltre agli investimenti di tipo edile impiantistico. Proseguiranno quindi i lavori per il III e IV lotto del nuovo ospedale e dovrà essere avviata una sistemazione delle viabilità interna del comprensorio ospedaliero, comprese le aree da destinare a parcheggi. Fra le attrezzature che dovrebbero essere acquistate dall’Azienda figurano un acceleratore lineare, un laser oftalmico, apparecchiature di anestesia, attrezzature informatiche, ma anche arredi e materiale tecnico. Trapianti di fegato le liste di attesa tornano a crescere Cardiochirurgia ai vertici nazionali con 21 interventi in 10 mesi L’Azienda punta sulla prevenzione attraverso gli screening di Alessandra Ceschia. Uno dei settori sui quali l’Azienda ospedaliero universitaria ha investito con particolare attenzione nel corso del 2015 è stata l’attività trapiantologica. E i risultati sono ottimi, anche se vi sono margini di miglioramento, specialmente per quanto riguarda i trapianti di fegato. Dopo una serie di anni difficili a Udine che hanno visto sguarnirsi le liste di attesa e scendere il numero degli interventi, il 2014 ha registrato una ripresa che si è consolidata nel corso del 2015. Al 30 novembre la Clinica chirurgica ha toccato i 21 trapianti, ma le potenzialità del Centro trapianti di fegato di Udine possono esprimere un ulteriore 30 per cento rispetto all’attività registrata nel corso dell’anno. Si dovrà mettere 7 mano a un riordino organizzativo per migliorare il coordinamento della “filiera” fegato, dal reclutamento al follow up dei pazienti, avvalendosi della Rete epatologica regionale. Saranno quindi attivati anche posti letto autonomi di epatologia. I trapianti di cuore registrati nel 2015 (21 al 30 novembre) collocano la Cardiochirurgia ai vertici nazionali, un dato che è motivo di soddisfazione sia per i professionisti impegnati, sia per le politiche aziendali impostate. Quanto ai trapianti di rene, il 2015 ha segnato un notevole incremento dell’attività, visto che si è passati dai 36 interventi del 2014 ai 44 effettuati al 30 novembre di quest’anno. Un trend cui ha corrisposto la diminuzione dei pazienti sottoposti a dialisi. Anche l’attività di trapianto dei tessuti è motivo di orgoglio per l’azienda, in primis per quanto riguarda il midollo osseo, che da anni rappresenta un’eccellenza. La nuova logistica del Centro trapianti di midollo, che è stato aggregato alla Clinica ematologica, ha garantito un miglioramento dell’attività. Nel corso del 2015 sono stati effettuati 45 interventi autologhi (cioè un reimpianto del midollo appartenente allo stesso paziente, ma prelevato in un momento favorevole della malattia) e 51 allogenici (ovvero provenienti da un donatore). Quanto al trapianto di cornea, va registrata la recente l’uscita di scena del direttore della Struttura operativa complessa di Oculistica Paolo Brusini che ha lasciato l’ospedale con il novembre scorso. È fondamentale a questo punto che la riorganizzazione in atto per la funzione Oculistica consenta di mantenere e, se possibile, di potenziare l’attività del settore. Complessivamente, il bilancio dell’attività svolta dal Centro regionale trapianti diretto dal dottor Roberto Peresutti registra quindi un incremento che si estende a vari livelli su tutti i settori. Ma è soprattutto sulla prevenzione che si basa l’attività aziendale. Proseguiranno quindi nel 2016 gli screening oncologici con l’obiettivo di raggiungere il 65% della popolazione per quello relativo alla cervice uterina e per la mammella e il 70% per il carcinoma al colon retto. Si conta di reclutare il 50 per cento dei cinquantenni nel progetto “Cardio50” e di creare un gruppo di lavoro per attivare percorsi di presa in carico precoce dei soggetti con disturbi d’ansia e depressivi. È stata programmata la creazione di percorsi di salute e sicurezza nelle scuole, esiste inoltre un progetto di promozione dell’attività fisica per combattere gli effetti della sedentarietà nella popolazione in generale e, soprattutto, nell’anziano. Fra gli obiettivi che l’Azienda si prefigge va annoverato infine il miglioramento della sorveglianza e della prevenzione delle malattie infettive, anche attraverso protocolli di vaccinazione. Cividale Il centrodestra si spacca per le ambulanze nel Cividalese Polemiche dopo l’uscita di Novelli (Fi) a riconsiderare la collocazione di un mezzo nelle Valli A guidare la rivolta è Sibau (Autonomia Responsabile): «Follia contrastare la scelta della Regione» di Lucia Aviani. SAN PIETRO DEL NATISONE. Scoppia la guerra delle ambulanze, fra Cividale e le Valli del Natisone: ed è guerra tra poveri, posto che i mezzi in questione sono appena due. La recente presa di posizione del consigliere regionale Roberto Novelli, che ha evidenziato una serie di discrepanze tra i numeri forniti dal piano delle emergenze e dal sistema operativo del 118 relativamente agli interventi di pronto soccorso nel Cividalese, ha innescato malumori in ambito valligiano, dove l'uscita del forzista è stata interpretata come input a riconsiderare la scelta di collocare un'ambulanza a San Pietro al Natisone. A dar voce a un malcontento che, a quanto sembra, è capillare, è un collega di Novelli nell'assemblea Fvg, Giuseppe Sibau, esponente di Autonomia Responsabile: «Che il consigliere Novelli -­‐ esordisce -­‐ rimarchi le dissonanze fra i dati sulle attivazioni del 118 mi sta bene. Che esprima la sua contrarietà al depotenziamento dell’ospedale di Cividale previsto dalla riforma sanitaria mi va ancora meglio. Non trovo invece corretto che al fine di migliorare i servizi sanitari su una parte di territorio pensi di togliere qualcosa a un ambito che ha sempre avuto di meno rispetto alla pianura. Novelli sa benissimo che tre ambulanze a servizio del bacino che fa capo all'ospedale 8 cividalese sono un miraggio: quando afferma di ritenere incomprensibile lo spostamento a San Pietro di uno dei due mezzi in dotazione al nosocomio della città ducale lancia, a mio avviso, un messaggio chiaro, che non mi trova affatto d’accordo. Una delle poche volte in cui si registra, dalla Regione, una dimostrazione di sensibilità verso il territorio delle Valli che facciamo? La contrastiamo? E' una follia. Dobbiamo sostenerla, piuttosto, e con tutte le forze; ritengo assolutamente preziosi i 5 minuti che il comprensorio valligiano risparmierà nel tempo dei soccorsi, in caso di urgenze, grazie alla postazione fissa del 118 a San Pietro». E la sfuriata prosegue: se mai la Regione dovesse ripensarci, mantenendo la doppia ambulanza a Cividale e azzerando il progetto per le Valli, «cosa dirà Novelli alla gente della zona? Che accadrebbe -­‐ rincara Sibau -­‐ se un'azione del 118 avesse esito negativo a causa di un ritardo?». Più che giusto, conclude il consigliere, attuare soluzioni capaci di diminuire le diversità di accesso ai servizi sanitari che finora hanno penalizzato i cittadini dell'entroterra cividalese. Se peraltro, in situazioni di necessità, il mezzo partisse da San Pietro verso la pianura -­‐ chiosa -­‐, le tempistiche sarebbero assai minori di quelle che servirebbero per raggiungere chi vive nelle borgate locali ad alta quota. Palmanova «In ospedale vengono prima gli utenti poi i vertici» PALMANOVA. «Latisana è l’unico ospedale dell’Aas 2 che ha perso primariati». All’affermazione del sindaco di Latisana Salvatore Benigno -­‐ che abbiamo pubblicato ieri -­‐ replica immediatamente la dottoressa Cecilia Nassimbeni, consigliere comunale di maggioranza a Palmanova e medico in pensione. «Vorrei ricordare -­‐ precisa infatti -­‐ che di recente nell’ospedale di Palmanova sono andati contemporaneamente in pensione cinque primari e responsabili di struttura semplice (medicina, chirurgia, radiologia, day hospital e Rsa) e che ben quattro posizioni sono state occupate a scavalco dai medici delle corrispettive posizioni provenienti dall’ospedale di Latisana (medicina, chirurgia, radiologia e Rsa). Inoltre, probabilmente nei prossimi mesi, sarà bandito il solo concorso per il primariato di Medicina, secondo la programmazione regionale». Per la consigliera di maggioranza queste scelte potranno essere valutate nel tempo, controllando i risultati, che -­‐ aggiunge -­‐ «devono essere messi a disposizione non solo dei tecnici stessi, ma di tutta la cittadinanza, in nome di quella trasparenza tante volte citata nella legge regionale di riforma sanitaria». «Pare fuori luogo -­‐ conclude -­‐ parlare, come fa il sindaco di Latisana, di “perdita”. È invece più importante conservare la funzione (cioè la risposta all’utenza) che perdere un primariato. Spetta comunque ai politici valutare la modalità di erogazione dell’assistenza e la qualità della stessa, per far sì che i nostri malati siano sempre curati al meglio, nel posto giusto e con una giusta spesa». (m.d.m.) San Lorenzo L’infermiere di comunità “bloccato” dalla burocrazia SAN LORENZO. San Lorenzo Isontino perde l’Infermiera di Equipe territoriale o Infermiera di Comunità, servizio sanitario di straordinaria funzionalità e comodità, sia per le medicazioni sia per i trattamenti infermieristici in genere, ma soprattutto per i prelievi necessari agli esami di laboratorio. Questo servizio, consentiva fino a qualche giorno agli utenti, spesso anziani con problemi di mobilità, di poter effettuare il prelievo direttamente nell’infermeria comunale (in municipio) e poi di recarsi al presidio sanitario di Cormòns per pagare il ticket e ritirare i risultati delle analisi. Ora questo non è più possibile, perché per disposizione amministrativa dell’Azienda sanitaria 2 Bassa friulana-­‐Isontina, il prelievo può essere eseguito in infermeria, ma solamente previo pagamento del ticket dovuto. Questa disposizione, obbliga gli utenti a recarsi due volte a Cormòns, la prima per pagare e la seconda per ritirare i risultati degli esami, mentre prima le incombenze del ritiro e del pagamento si risolvevano in un unico accesso e quindi, con un solo viaggio fuori paese. Oltretutto, non è che 9 il pagamento avvenga direttamente alla cassa in forma così immediata, ma deve essere preceduto dal passaggio all’accettazione, dove sono rilasciati gli scontrini identificativi del tipo di esame a cui si dovrà sottoporre il paziente, che non è un’operazione rapida e per la quale in fila, c’è normalmente un centinaio di persone al giorno. Il sindaco Bruno Razza: «È inaccettabile che, per migliorare una mera questione di cassa, debbano essere gli utenti per di più bisognosi di servizi sanitari, di aiuto e di assistenza, a pagare e a rimetterci in tempo, salute e denaro». Pordenone Ospedale, scatta il rinnovo dei macchinari Saranno eliminate le apparecchiature con più di 10 anni. L’elenco è lungo e la spesa sfiorerà i 3 milioni di Donatella Schettini. Il programma degli investimenti per il 2016 della Aas 5 prevede investimenti anche su beni mobili e tecnologici. Obiettivo svecchiare il “parco apparecchiature sanitarie”, una delle note dolenti almeno dell’ospedale cittadino ed eliminare quelle con più di 10 anni Il punto di partenza è l’eliminazione di tutti gli strumenti più vecchi, il cui trend, negli ultimi anni, in provincia di Pordenone, è stato invece in crescita. «Questo significa – si legge nella relazione che accompagna il bilancio – che gli investimenti precedenti sono stati insufficienti a garantire lo svecchiamento del parco installato». Le apparecchiature utilizzate per la cura delle persone sono comunque sottoposte a continui controlli e operazioni di manutenzione per il loro funzionamento. Ma a un certo punto sono da cambiare anche perché nel frattempo la ricerca e l’offerta sono migliorate. Il programma investimenti privilegia acquisto di tecnologie «da collocare all’interno delle aree ad alta intensità di cura, all’area dell’emergenza-­‐urgenza e sale operatorie». E la scelta viene fatta in base a due fattori: le direttive regionali «ma anche delle criticità legate ad aspetti manutentivi quali a titolo esemplificativo, dichiarazioni di fuori supporto da parte del produttore, unicità delle dotazioni il cui guasto provoca potenzialmente interruzioni dell’attività clinica di reparto». L’elenco è lungo e prende in esame diversi tipi di apparecchiature da sostituire per una spesa di circa 3 milioni di euro. Alcuni ventilatori di sale operatorie e di rianimazione sono vecchi, in certi casi hanno anche più di dieci anni, e si fa fatica a fare manutenzione o trovare pezzi di ricambio. La spesa in questo caso è di 360 mila euro. Ci sono una cinquantina di monitor “multiparametrici” ormai fuori produzione che vanno sostituiti per una spesa di 450 mila euro. In agenda anche l’acquisto di una “centrale di monitoraggio per terapia intensiva” anche questa fuori produzione, costo 180 mila euro. Sono “end of service” del produttore anche alcune apparecchiature per anestesia destinate alle sale operatorie, per 250 mila euro. Ritorna anche di attualità il furto di apparecchiature di gastroenterologia: rubati quest’estate e i cui responsabili non sono mai stati individuati: nel piano investimenti 2015 erano stati stanziati 500 mila euro, ma non sono sufficienti e se ne aggiungono altri 200 mila. Ci sono poi apparecchiature per cardiologia e unità coronarica, mentre 300 mila euro saranno spesi per l’acquisto di attrezzature per la movimentazione sicura dei pazienti come letti, carrozzine e ausili sanitari. Nell’elenco figurano poi elettrocardiografi per reparti diversi, a attrezzature varie. Bilancio di previsione e programma annuale Polemica al Cro sulla trasparenza on line Questione di praticità ma soprattutto di trasparenza. Il bilancio di previsione del Cro e il programma annuale risultano sul sito, ma è stata pubblicata solo la delibera di approvazione, non il contenuto dei documenti. Gli interessati devono rivolgersi all’ufficio affari legali per la consultazione. «Mi chiedo -­‐ afferma il sindacalista della Cgil Pierluigi Benvenuto -­‐ se sia stata rispettata la trasparenza con un’indicazione di questo tipo». Per l’esponente sindacale sarebbe 10 stato meglio pubblicare i documenti sul sito, come ha fatto per esempio l’Azienda per l’assistenza sanitaria 5. «Al Cro invece -­‐ spiega -­‐ non è garantita la trasparenza degli atti» perché per vedere i due documenti ci si deve rivolgere agli uffici. Tutto legale, perché la nota informativa fa riferimento al regolamento per la pubblicazione sull’albo informatico. Ma certo, pubblicare i documenti per intero sarebbe stato meglio. (d.s.) 11