vi racconto la mia famiglia problematica
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vi racconto la mia famiglia problematica
cover story LŽa Seydoux vi racconto la mia famiglia problematica Difficoltà di comunicazione, silenzi, timidezze. con le persone che ami di più. l’attrice, in attesa del PRIMO FIGLIO, ne parla in un film. che assomiglia un po’ alla sua vita. Dove quasi tutto dipende dal cuore di Anna Maria Speroni foto di Marcel Hartmann Léa Seydoux, 31 anni. L’attrice francese è tra gli interpreti di È solo la fine del mondo del regista canadese Xavier Dolan, al cinema dal 3 dicembre. Il film ha vinto il Gran Premio della giuria al Festival di Cannes. “Un personaggio è soprattutto corpo. Prima del suo pensiero devi immaginare come si muove, come cammina, come guarda” Léa Seydoux ha debuttato nel 2004 in un episodio di una serie tv francese, Père et maire. Tra i suoi film, 007 Spectre, Grand Budapest Hotel, Midnight in Paris, Mission: Impossible Protocollo fantasma. 42 i o donna 5 novemb r e e 2016 M olto dotata e molto bella, l’aveva definita Woody Allen, che per lei aveva creato un piccolo ruolo a riprese quasi finite nel suo Midnight in Paris senza nemmeno farle un provino: gli era bastato vedere qualche foto e alcune scene di film. Che è bella si vede; il talento, per chi ancora aveva dubbi, lo ha sfoderato a 360 gradi nel molto faticoso Vita di Adele, lunghe scene di sesso lesbico compensate da una Palma d’oro al Festival di Cannes nel 2013. Per il resto, Léa Seydoux resta un mistero: nelle interviste, a parte rari casi di inattesa loquacità, non capisci se è timida, se non ha niente da dire o se ha fatto troppo tardi la sera prima; poco paparazzato (anche in Francia) sia il suo primo pancione, sfoggiato al Festival di Toronto, sia la sua relazione di anni con André Meyer, ex modello, nonostante (o forse proprio perché) Léa appartenga a una delle fami- “Mia madre parla poco ma l’ho vista sempre libera e indipendente: questo mi ha influenzato più di quanto mi abbia detto” due più importanti marchi di produzione del cinema francese; l’attuale moglie del padre, Farida Khelfa, è l’ex musa di Jean Paul Gaultier, oltre che testimone di nozze di Carla Bruni. Una famiglia interessante almeno quanto quella di È solo la fine del mondo, il film di Xavier Dolan al cinema dal 3 dicembre: Louis, drammaturgo di successo, torna a casa in provincia dopo dieci anni per spiegare alla madre, al fratello e alla sorella (Léa) che è malato e ha i giorni contati; ma riaffiorano rancori, affetto mal dimostrato, incomprensioni, e parlare risulta meno semplice del previsto. Come è andato l’inserimento in questa famiglia complicata? Bene. È stato facile riconoscersi: chi non ha mai avuto difficoltà nel comunicare quello che prova alle persone che ama di più? Quanto assomigliava alla sua? Abbastanza... Anche la mia famiglia è problematica. Come quasi tutte, credo. È solo la fine del mondo gioca su sguardievolti,oltrechesulleparole. Il mio personaggio chiacchiera e si arrabbia molto, ma nel film i silenzi sono più importanti. Anche nella vita, peraltro: mia madre parla poco ma l’ho vista sempre libera e indipendente, e questo mi ha influenzato più di quanto mi abbia detto. Il cinema, d’altra parte, è l’arte delle immagini; non è letteratura. Però ha raccontato che la sceneggiatura le era piaciuta moltissimo. È vero, perché contiene la gamma completa di emozioni con cui un essere umano ha a che fare: paura, speranza, amore, ammirazione, come vedi te stesso, come gli altri ti vedono. Continuo? Léa Seydoux è in attesa del primo figlio dal suo fidanzato André Meyer, con cui ha una relazione da qualche anno. Il servizio è dell’agenzia Contour by Getty Images glie dell’alta borghesia parigina più invista:ilpadreHenryèunimprenditore (tra le società in cui ha investito,Parrot-prodottipersmartphone e droni - e Christian Louboutin); lamadre,ValérieSchlumberger,appartieneaunadinastiadiindustriali e ha vissuto per molto tempo in Sénegal(Léaspessoconlei),doveha creatoun’associazioneperpromuovere arte e artigianato locali; il nonno, Jérôme Seydoux, è presidente di Pathé, il prozio Nicolas Seydoux presidente di Gaumont, ovvero i “Il piacere della recitazione è arrivato tardi. All’inizio, stare davanti alla macchina da presa era una sofferenza. Ma sentivo che era il lavoro adatto a me” Tre scene da é solo la fine del mondo: a sinistra Léa Seydoux, sotto Nathalie Baye e Gaspard Ulliel (Louis). Sopra, di spalle, Marion Cotillard e Vincent Cassel. Il film è tratto dal testo teatrale omonimo di Jean-Luc Lagarce. No, può bastare. In questo film è più mascolina del solito, non solo perché è sempre in tenuta da palestra ma anche nell’atteggiamento, nel modo di parlare. Per arrivarci ho lavorato sul corpo. Un personaggio viene soprattutto da lì, prima del suo pensiero devi immaginare come si muove, come cammina, come guarda. Nelle campagne moda di cui è testimonial, invece, è femminilissima. Qualcuno la aiuta con lo stile? Mia sorella Camille (stylist anche per altre star, ndr). Ma avevo già un mio stile personale, comunque. Che sarebbe? Non troppo girlish. Preferisco abiti chic e femminili. Le piace il lato fashion del suo nestiere? I red carpet, i servizi fotografici... Certo, è la parte divertente. Quella non divertente qual è? Adesso nessuna: mi godo tutto, dal primo incontro con il regista alla preparazione. Ma quando ho cominciato ero molto timida e stare davanti alla macchina da presa un vero dolore. Il piacere della recitazione è arrivato tardi. Perché ha continuato, se soffriva così? Sentivo che era giusto. Che era il lavoro adatto a me. In famiglia erano tutti stupiti, invece. E come mai, con tante persone indaffarate nel cinema? Non tante, solo mio nonno e un paio di zii. Ma non li vedo quasi mai, non sono parenti vicini, per me. Adesso è passata la timidezza? Quella sì, ma è rimasto il nervosismo prima di inziare a girare. Non mi dispiace, comunque: è una sorta di elettricità che mi aiuta a essere creativa. Si ricorda i primi film che ha visto? Hanno contato, nella sua passione per il lavoro? Immagino siano stati film Disney: mio padre ha cominciato a portarmi alcinemamoltopresto.Disicurohanno nutrito la mia immaginazione. Chi era il suo idolo, da bambina? MichaelJackson.Loèancora,anche sepurtroppononsonomairiuscitaa vedere un suo concerto. Oltre a film d’autore ha girato kolossal come Spectre, l’ultimo James Bond. In base a cosa sceglie? Con il cuore: se sento che un film ha qualcosa da dire, e che io posso contribuire, accetto. Con Vita di Adele ha consolidato la suacarriera.Inmenoditreanniha girato sette film; è cambiato anche il suo potere contrattuale? Parecchio. Meglio di quanto pensassi. Dove tiene la Palma d’oro? In soggiorno. Bene in vista. _