Britt era un vero enigma

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Britt era un vero enigma
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R A P P O R T I C O N G L I A LT R I : A S C U O L A
Tormod Haugen
Britt era un vero enigma
TEMI
Britt, la ragazzina protagonista del brano che stai per leggere, ha un
grosso problema: a casa studia molto, ma in classe «si blocca», non
riesce a rispondere alle domande quando viene interrogata. Solo in aritmetica è bravissima, ma guai a farle risolvere problemi ed espressioni
alla lavagna, perché allora «si sente letteralmente morire», prova una
terribile sensazione di smarrimento, di angoscia.
Riuscirà Britt a reagire al proprio senso di inadeguatezza?
1. tartagliare: farfuglia-
re, parlare a fatica e con
poca chiarezza.
1
Era orribile andare a scuola! Britt stava sempre sulle spine. La cosa
peggiore di tutte era quando veniva interrogata. E quando la facevano andare alla lavagna si sentiva letteralmente morire.
Poco a poco i professori avevano finito per rinunciare. Si erano dati
per vinti e avevano smesso di farle domande. Si rivolgevano a lei solo
in rare occasioni, quando erano convinti che era impossibile che non
sapesse rispondere. E anche così, non sempre riuscivano a strapparle
una risposta.
Britt sapeva talmente poco... Così credevano i professori. A tutti era
successa la stessa cosa: si erano gradualmente dimenticati della sua
presenza per concentrarsi meglio sul resto della classe.
Alcuni sostenevano che era pigra; altri, che era semplicemente un
ennesimo caso di ribellione e mancanza di buona volontà. Qualcosa
in fin dei conti doveva avere, visto che non sapeva mai la lezione. Se
ne stava lì per tutto il tempo, seduta, senza mai dire una parola.
Nemmeno quando doveva leggere ad alta voce riusciva a farlo bene.
Cominciava a balbettare e a tartagliare1, finché improvvisamente restava come paralizzata e non poteva proseguire.
Il professore di lettere sospirava, Britt lo sentiva distintamente, poi
diceva a qualcun altro di riprendere a leggere dal punto in cui Britt
si era bloccata.
In realtà Britt sapeva molto più di quanto i professori non credessero.
A casa studiava, anche se lo faceva più per paura che per passione.
E in classe sapeva molte cose che gli insegnanti chiedevano, fino a
quando non toccava a lei. Allora andava completamente nel pallone e
dalla sua bocca non usciva neanche una misera risposta.
Inoltre, non sapeva fare i temi. Ogni volta che si metteva a scrivere le
sorgevano mille dubbi. Si preoccupava talmente tanto delle parole,
delle virgole e delle doppie, che il filo del discorso che stava seguendo
scompariva in fondo ai suoi pensieri. C’erano molte cose che avrebbe
voluto esprimere a parole, ma il foglio bianco la spaventava.
Tutto ciò faceva sì che i suoi temi fossero, in qualche modo, muti. In
essi non si rispecchiava nessuna delle idee che affollavano la mente
di Britt.
Rosetta Zordan, Il Narratore, Fabbri Editori © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
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TEMI
2. enigma: mistero.
3. non si raccapezzava: non riusciva a com-
prendere.
4. indugiava: aspettava
a fare o dire qualcosa.
5. panico: paura im-
provvisa che non si riesce a controllare.
2
Tuttavia, Britt costituiva un mistero irrisolvibile per i professori, dal
momento che in aritmetica era bravissima. Una delle migliori della
classe. Nessuno riusciva a capire come fosse possibile.
L’insegnante, all’inizio, aveva pensato che copiasse. Non le credeva
quando lei sosteneva di fare i compiti da sola. Era sicuro che a casa
qualcuno l’aiutava.
Ma dovette ricredersi dopo il risultato del primo compito in classe.
Britt aveva risolto correttamente tutte le operazioni, tranne una di
cui nessuno era riuscito a dare la soluzione.
Scuoteva la testa davanti a quello strano caso chiamato Britt, come
era solito dire. Provò a farle risolvere problemi ed espressioni alla lavagna, ma non ebbe successo. La ragazzina rimase in piedi, smarrita
di fronte a quella lavagna nera e stringendo il gesso con tanta forza
che le diventarono bianche le nocche.
Sì, Britt era un vero enigma2, per i professori.
Lei stessa non si raccapezzava3 con la storia dell’aritmetica. Aveva
qualcosa dentro che l’aiutava a cavarsela. Si divertiva a risolvere le
operazioni. Quando era immersa nelle cifre, cercando di farle quadrare, dimenticava tutti i problemi che la angosciavano al di fuori del
mondo dei numeri.
Le ore passavano molto lentamente quel giorno. Britt non faceva altro che seguire con lo sguardo Eva e Gro. Stavano sedute davanti
a Britt ed erano compagne di banco. Le loro teste si avvicinavano
all’improvviso e le due cominciavano a chiacchierare.
A Britt faceva male lo stomaco per la tensione. Gro, durante la ricreazione, non le si era avvicinata neppure per un attimo. Britt aveva passato tutto il tempo tenendole d’occhio. Eva e Gro. Se perdeva Gro,
non avrebbe più avuto nessuno.
Storia. Il professore camminava avanti e indietro. Parlava di qualcosa
che Britt non stava ascoltando. Riusciva a pensare solo a Gro.
L’insegnante si fermò e formulò una domanda. Britt improvvisamente tornò in se stessa. Cercò di schivare quello sguardo e si rimpicciolì
nel banco.
Ogni volta che quello indugiava4, per lei cominciava l’incubo. Sentiva la propria fronte coprirsi di goccioline di sudore e le mani che
cominciavano a torcersi. Il cuore le batteva così forte da farle male e
un ronzìo insopportabile le martellava le orecchie. Succedeva sempre
così.
Non ricordava quante volte aveva letto la lezione, ma erano tante.
Ciononostante, ogni volta che il professore si metteva a fare domande
lei veniva presa dal panico5.
«Le signorine Lien e Sunna sarebbero così gentili da stare zitte per
cinque minuti?» disse improvvisamente l’insegnante a Gro ed Eva.
Le due sospirarono e le teste si allontanarono immediatamente.
Britt non capiva come potessero stare così tranquille quando il professore si rivolgeva a loro.
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6. scherno: derisione.
«Forse tu, Eva, potresti dirmi di chi stiamo parlando?»
Eva rimase seduta, guardando nel vuoto. A testa alta. A Britt facevano male le spalle, tanto si ingobbiva per non farsi notare.
Eva guardò negli occhi l’insegnante.
«Non ne ho la più pallida idea» rispose.
Che coraggio. Faceva sempre così. Eva non era brava a scuola, ma
non attribuiva alla cosa la minima importanza. Britt avrebbe voluto
essere come lei. Le sarebbe piaciuto saper dire «Non lo so» e restarsene seduta tranquilla guardando il professore negli occhi, senza
battere ciglio.
Si spaventò. Si era di nuovo immersa nei suoi pensieri. D’un tratto si
rese conto che stava fissando l’insegnante. I loro occhi si incontrarono. Britt non aveva il coraggio di distogliere lo sguardo. Era come
ipnotizzata.
«Magari tu, Britt, mi potresti dire di quale re si tratta?» chiese quello, un po’ incerto. Pensò che lei conoscesse la risposta, visto che lo
guardava in quel modo.
Britt non sapeva neppure a quale argomento si riferisse la domanda.
Qualcosa su un re. C’era qualche re nella lezione di oggi? C’era?
Eva si voltò leggermente verso di lei con un sorrisetto di scherno6. Si
avvicinò a Gro e le sussurrò qualcosa.
Britt aveva le guance in fiamme. «Devo rispondere» pensò «ma cosa?
Perché devo sempre fare la figura della cretina?»
Anche Gro si girò. Britt la ignorò. Continuava a fissare il professore.
Sentì la rabbia crescere dentro di lei. L’insegnante parve stupirsi, di
fronte al suo sguardo. Qualcosa di un re. E senza sapere come, né
perché, udì la propria voce che diceva:
«Hakon il Buono».
«Esatto, Britt» confermò il professore, meravigliato.
Britt respirava a fatica. Era esausta, dopo essere riuscita ad articolare
quelle parole. Non capiva più niente. A quanto pareva, era lei che
aveva risposto, e correttamente, per di più. Chi ci capiva qualcosa era
davvero bravo!
(da In attesa della prossima estate, trad. di M. Bastanzetti,
Piemme, Casale Monferrato, 1993, rid. e adatt.)
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