Esperimento di Franck - Hertz

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Esperimento di Franck - Hertz
Marco Monaci – Salvatore Fusco
ESPERIMENTO DI FRANCK - HERTZ
Esperimento di Franck – Hertz
(Neon)
Abstract. L’esperimento prevede l’utilizzo di un tubo di Franck –
Hertz al neon per ripercorrere la stessa pionieristica dimostrazione
della quantizzazione dei livelli di energia negli atomi portata a
termine da James Franck e Gustav Ludwig Hertz nel 1914 e che
valse ai due fisici il premio Nobel per la fisica del 1925. Oltre ad
eseguire lo storico esperimento, l’analisi dati mostrerà come ci
siano alcune discrepanze che portano ad altri interessanti
approfondimenti, come la crescita lineare del ∆𝐸 fra i salti
energetici dell’atomo di Neon.
1. Introduzione
L’esperimento fondamentalmente consisteva in una valvola termoionica (un triodo)
riempita del gas oggetto di studio, nel nostro caso del gas neon (nell’esperimento originale
invece era mercurio). Nell’ampolla di vetro trovavano posto quindi un catodo, una griglia
di accelerazione e un anodo, posto ad un potenziale leggermente inferiore a quello della
griglia di accelerazione ma comunque maggiore rispetto al potenziale del catodo. Il gas che
riempie la valvola è a bassa pressione.
La valvola era collegata ad alcuni strumenti che permettevano di variare la differenza di
potenziale tra il catodo e la griglia, ed inoltre permetteva di misurare le correnti che
scorrevano nei due elettrodi.
Nell’esperimento originale tutta la valvola era tenuta ad una temperatura compresa fra i
150 e i 200 °C, per permettere al mercurio di vaporizzare e di raggiungere una pressione
sufficiente. Nel nostro caso invece abbiamo utilizzato una valvola riempita da neon, che è
già allo stato gassoso a temperatura ambiente. L’esperimento, nonostante utilizzi un
diverso tipo di gas, è sostanzialmente identico a quello originale, e permetterà di scoprire
i salti energetici del neon.
L’idea che sta alla base dell’esperimento è piuttosto semplice. Se gli elettroni possiedono
una bassa energia, allora non riusciranno ad eccitare un atomo di neon. In tal caso si
sviluppa un urto elastico (in cui la perdita di energia è trascurabile, data la grossa differenza
fra le due masse in gioco) e l’elettrone riparte giungendo quindi all’anodo. La corrente
misurata non ne risente.
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Se invece l’elettrone ha una energia sufficiente, allora riuscirà ad
eccitare un atomo di elio, che quindi farà saltare un elettrone di
valenza da un guscio energetico interno ad uno più elevato (la figura
qui accanto mostra sia un urto elastico che un urto anelastico).
Successivamente l’atomo torna in una condizione di quiete dopo
aver emesso un fotone (nel caso del neon, fra l’altro, il fotone ha
una lunghezza d’onda situata nel visibile). L’elettrone ha quindi
subìto un urto anelastico, dove grande parte dell’energia è stata
trasferita all’atomo e quindi al fotone (nel caso del neon si intravede
una debole luminescenza arancione). Conseguentemente l’elettrone
non possiede più molta energia e quindi notiamo un significativo
abbassamento nella corrente misurata sull’anodo.
Addirittura è
possibile che
questo fenomeno si ripeta. Se la
differenza di potenziale fra la griglia e
l’anodo è sufficiente, allora l’elettrone,
dopo aver subito un primo urto
anelastico, riesce a recuperare
sufficientemente energia per eccitare
nuovamente un atomo di neon.
In conclusione noteremo un
andamento della corrente molto
simile a quello presentato qui di
fianco1, dove ad un andamento quadratico (ovvero la caratteristica I-V della valvola) si
sovrappongono una serie di minimi dovuti proprio al fenomeno di risonanza in cui gli
elettroni subiscono un urto anelastico contro gli atomi di neon.
La separazione dei minimi in prima approssimazione dovrebbe risultare constante, ma
come vedremo nell’analisi dei dati questa condizione non è verificata e quindi occorrerà
un modello matematico leggermente più raffinato.
2. Apparato Sperimentale
L’apparato sperimentale è sostanzialmente diviso in tre parti: la valvola di Franck – Hertz
(commerciale), un alimentatore di potenza e infine un PC con un VI appositamente creato
per questo esperimento.
Le due figure di questa pagina sono prese da
http://en.wikipedia.org/wiki/Franck%E2%80%93Hertz_experiment#/media/File:FHcollisions.svg
http://en.wikipedia.org/wiki/Franck%E2%80%93Hertz_experiment#/media/File:Franck-Hertz_en.svg
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La valvola sperimentale2
è riportata in figura qui
accanto. Nella foto fra
l’altro si riescono ad
identificare bene tre
zone più luminose
(arancioni) all’interno
dell’involucro di vetro.
Sono quelle le zone in
cui
gli
elettroni
subiscono urti anelastici
con gli atomi di neon.
La valvola è un triodo,
in cui è presente un
filamento che, portato
all’incandescenza, emette elettroni per effetto termoionico. Successivamente tali elettroni
superano il catodo, che possiede un determinato potenziale. A quel punto gli elettroni
vengono accelerati dal campo elettrico che è creato fra il catodo e l’anodo, passando anche
per la griglia di accelerazione. Nelle versioni più raffinate della valvola è presente una
seconda griglia (tetrodo) che genera un controcampo per rallentare gli elettroni. In questo
modo si riduce il rischio di “bruciare” l’anodo e quindi permette di esplorare vaste regioni
del potenziale applicato fra il catodo e l’anodo.
L’alimentatore di potenza, equipaggiato con un opamp montato a transresistenza
(guadagno 10), permette la variazione del potenziale fra le due griglie, impostandolo da 0
fino a 100 Volt. Nella appendice presenteremo i risultati dell’analisi del guadagno, che fra
l’altro non è risultato essere esattamente 10. Questo ha portato un errore sistematico nei
dati acquisiti.
Infine completa l’esperimento un PC con un VI apposito. Tale Virtual Instrument garantisce
la presa dei dati di tensione e di corrente per la valvola, oltre che la fattiva erogazione della
tensione che poi viene amplificata dall’opamp interno all’alimentatore di potenza.
Utilizzando quindi un solo VI è possibile controllare completamente il prosieguo
dell’esperimento, salvando anche i dati in un formato adatto alla successiva analisi.
Nella pagina successiva riportiamo una schema riassuntivo con tutti i gap energetici del
neon.
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http://repository.phywe.de/files/bedanl.pdf/09105.40/e/0910540e.pdf
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3. Modello matematico3
Riportiamo un interessante modello matematico per gli urti anelastici fra elettroni e atomi
di un gas a bassa pressione, elaborato nell’articolo citato in nota.
Partiamo dal presupposto che possiamo trovarci davanti a due scenari:
1. L’energia degli elettroni, accelerati dalla differenza di potenziale presente fra le due
griglie, è più bassa della minima energia di eccitazione degli atomi di neon. In tal
caso possono avvenire urti di tipo elastico. Assumendo infatti che la massa degli
elettroni sia molto minore della massa degli atomi di neon, il trasferimento di
energia è trascurabile e quindi abbiamo un urto di tipo elastico (simile all’urto di
una pallina su una parete).
2. La differenza di potenziale applicata è sufficientemente grande per accelerare gli
elettroni fino a fargli raggiungere almeno la minima energia di eccitazione degli
atomi di neon. In questo caso possono verificarsi urti anelastici, dove l’elettrone,
“impattando” con l’atomo di neon, trasferisce la maggior parte di energia allo shell
di valenza, eccitandolo.
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G. Rapior, K. Sengstock, V. Baev: new features of the Franck – Hertz experiment, Am. J. Phys. 74 (2006)
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Statisticamente, gli elettroni accelerati prima di urtare anelasticamente percorreranno
un tratto lungo quanto il libero cammino medio λ (mean free path). In questo percorso
possono guadagnare energia non solo sufficiente a eccitare il più basso livello
energetico, ma se la differenza di potenziale è sufficientemente elevata possono eccitare
anche livelli superiori. Questo è il punto cruciale che modifica pesantemente la curva
(quasi) quadratica caratteristica della valvola termoionica considerata.
A questo punto è necessario valutare
quantitativamente l’energia acquisita
dagli elettroni lungo il libero cammino
medio, ed inoltre dimostrare come mai
gli intervalli fra due successivi minimi
non sono costanti. A tale scopo
consideriamo la figura accanto.
E
(a)
L
δ1
Ea
λ
G2
Innanzitutto il potenziale della seconda
griglia (G2) è settato in modo che sia
appena superiore all’energia di prima E
(b)
eccitazione (figura (a)). L’elettrone
quindi accelera guadagnando energia
δ2
fino al valore Ea. Dopo, percorrono un
tratto λ in cui guadagnano ulteriormente
Ea
λ
λ
energia lungo il libero cammino medio.
In questo tratto ci sono alte probabilità
G2
che l’elettrone urti anelasticamente un
atomo di neon. Fisicamente questa
situazione corrisponde alla formazione
di una debole zona luminosa proprio in vicinanza della seconda griglia. Nel caso (b),
invece, gli elettroni guadagnano energia molto più rapidamente (il potenziale sulla
griglia G2 è infatti aumentato) e quindi raggiungono l’energia Ea prima. Anche in questo
caso percorrono un tratto pari al libero cammino medio prima di urtare
anelasticamente con un atomo di neon, però, come si può notare dal diverso
coefficiente angolare delle rette, guadagnano anche più energia. Dopo l’urto, riescono
a guadagnare nuovamente sufficiente energia per urtare anelasticamente una seconda
volta. Questo fenomeno fisicamente si ripercuote nella creazione di due zone
debolmente luminose in prossimità della seconda griglia.
Possiamo scrivere, per n collisioni anelastiche, l’energia guadagnata da ogni elettrone:
𝐸𝑛 = 𝑛(𝐸𝑎 + 𝛿𝑛 )
(1)
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Alle tipiche pressioni del neon nei tubi commerciali4, il libero cammino medio è molto
minore della separazione fra le due griglie di accelerazione (𝜆 ≪ 𝐿). Ne consegue che
𝛿𝑛 ≪ 𝐸𝑎 , quindi:
𝜆
𝛿𝑛 = 𝑛 𝐸𝑎
𝐿
(2)
Combinando assieme le due equazioni (1) e (2) otteniamo la spaziatura fra due minimi
consecutivi lungo la curva caratteristica (osservare come non siano costanti!):
𝜆
∆𝐸(𝑛) = 𝐸𝑛 − 𝐸𝑛−1 = [1 + (2𝑛 − 1)] 𝐸𝑎
𝐿
(3)
Da tale equazione è quindi possibile ricavare agilmente il libero cammino medio degli
elettroni:
𝜆=
𝐿 𝑑∆𝐸(𝑛)
2𝐸𝑎
𝑑𝑛
(4)
Abbiamo assunto che il campo elettrico fra la seconda griglia e l’anodo fosse nettamente
maggiore del campo elettrico fra le due griglie. Nel caso della nostra valvola questa
condizione è verificata, in quanto la distanza fra la seconda griglia e l’anodo è minore
rispetto alla separazione fra le due griglie.
Nel caso del tubo al neon, è possibile stimare il libero cammino medio anche in questo
modo:
𝜆=
∆𝐸
𝑒𝑈2
𝐿
(5)
Infatti la presenza di un dip locale nel terzo minimo, che diventa dominante, ci assicura
che il libero cammino medio è sufficientemente lungo affinché gli elettroni guadagnino
una energia pari a ∆𝐸 = 1.7 𝑒𝑉.
4. Analisi Dati
La presa dei dati è stata particolarmente semplice per questo esperimento. Infatti il tubo è
già cablato e pronto per l’utilizzo, ed un VI appositamente creato ha permesso di vedere
direttamente sul monitor del PC la curva caratteristica e di salvare i dati su file.
Abbiamo ottenuto molte curve caratteristiche, a volte limitando l’acquisizione ad un
ristretto intervallo di tensione, questo per cercare meglio i vari minimi.
4
Il tubo commerciale utilizzato da noi riporta la (troppo) generica informazione “low pressure”, la
stessa indicazione riportata dall’articolo utilizzato per la stesura di questo lavoro.
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Abbiamo anche eseguito una acquisizione dei dati prima del primo minimo, per stimare la
banda d’errore sulle correnti. In questo iniziale intervallo di tensione si nota un andamento
pressoché lineare. Un fit è stato eseguito anche su questi dati.
Riportiamo in primis un grafico contenente una acquisizione completa, ovvero spingendoci
fino a circa 80 Volt. A susseguire riportiamo una tabella contenenti le coordinate dei
minimi relativi registrati.
Nel grafico qui sopra si identificano 4 minimi, fra l’altro fisicamente confermati dal fatto
che sono comparse quattro zone luminose fra le due griglie.
La curva quadratica tipica delle valvole è, come si nota, drammaticamente modificata dalla
presenza dei minimi.
In tabella riportiamo le coordinate dei minimi registrati.
Ordine Minimo
1
2
3
4
Tensione (V)
22.18
39.35
56.52
75.20
Corrente (nA)
1.609
1.708
3.007
7.105
Qui sotto invece riportiamo i ∆𝐸 fra i vari minimi.
Ordine ∆𝑬
1
2
3
∆𝑽
17.17
17.17
18.68
∆𝑰
0.099
1.299
4.098
7
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Come si nota per i primi 3 minimi il ∆𝐸 si mantiene costante. Tuttavia per il 3° e 4° minimo
questo non è più verificato, ma risulta leggermente maggiore di quanto aspettato.
Tuttavia i minimi sono ovviamente calcolati sui dati presi, che sono discreti. Nessuno ci
garantisce che il programma di acquisizione abbia acquisito un dato esattamente in
corrispondenza di un minimo. Per questo motivo abbiamo eseguito misure molto più
focalizzate su tutti e quattro i minimi, sempre utilizzando 300 punti di acquisizione. In tal
maniera possiamo raffinare la posizione del minimo e mettere meglio in evidenza eventuali
discrepanze anche sui primi tre minimi. Riportiamo quindi i tre grafici con lo “zoom” sui
primi tre minimi.
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Osservare come nel terzo minimo sia presente un dip locale, che giustifica l’assunzione
fatta nella sezione del modello matematico.
Riportiamo quindi la tabella con i valori dei ∆𝐸 aggiornati. Si nota in questo caso che gli
intervalli non sono costanti ma crescono linearmente.
Ordine ∆𝑬
1
2
3
∆𝑽
17.09
17.13
18.7
Una prima analisi prevede la stima dell’energia del primo livello di eccitazione, utilizzando
un fit lineare fra i due minimi estremi. Il secondo ∆𝐸 non è stato inserito in quanto non è
in accordo con l’andamento lineare dei salti energetici. Poiché è presente in tutte le curve,
non si tratta di un errore dovuto a imprecisione.
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La stima di 𝐸𝑎 si ricava5 calcolando il valore del fit a x = 0.5. In questo modo otteniamo:
𝐸𝑎 = (15.9 ± 0.5) 𝑒𝑉
Un valore più basso di quanto aspettato6.
A questo punto possiamo stimare il libero cammino medio degli elettroni, utilizzando la
formula (5). Il ∆𝐸 = 1.7 𝑒𝑉 rappresenta il salto energetico fra i due multipletti del neon,
𝑈2 invece rappresenta il terzo minimo e infine L rappresenta la distanza fra le due griglie
(stimata in circa 7 mm). Quindi il libero cammino medio sarà:
1.7 ∙ 1.602 ∙ 10−19 𝐽
𝜆=
7 𝑚𝑚
1.602 ∙ 10−19 𝐶 ∙ 56.5 𝑉
𝜆 = (0.21 ± 0.03) 𝑚𝑚
Abbiamo un libero cammino medio pari a 0.21 mm, leggermente superiore a quanto
trovato nel lavoro indicato in nota 3.
Calcoliamo il libero cammino medio utilizzando anche l’equazione (4). Abbiamo che
𝑑∆𝐸(𝑛)⁄𝑑𝑛 = 0.8 𝑒𝑉. Sostituendo:
𝜆=
7 𝑚𝑚
∙ 0.8 𝑒𝑉
2 ∙ 15.9 𝑒𝑉
𝜆 = (0.17 ± 0.04) 𝑚𝑚
Tale valore è in maggiore accordo con quanto aspettato.
Un’altra interessante analisi può essere compiuta per stimare la sezione d’urto della
collisione fra elettroni e atomi. Abbiamo quindi bisogno dell’equazione7:
𝜆=
1
𝑁𝜎
=
𝑘𝐵 𝑇
𝑝𝜎
(6)
Dove 𝑘𝐵 è la costante di Boltzmann, p è la pressione del gas all’interno del tubo e infine
𝜎 è la sezione d’urto cercata. Purtroppo la pressione del gas non è segnata sul datasheet,
quindi è stato necessario inviare una mail direttamente all’azienda Phywe per avere
delucidazioni in merito. Poiché non ci hanno degnato di una risposta, abbiamo eseguito
un diverso calcolo.
5
Tale fit non ha molto senso, in quanto eseguito su due soli punti sperimentali. Tuttavia è, come si dice,
quanto passa il convento e per questa triviale analisi dati dobbiamo accontentarci.
6
Il valore che si trova in letteratura è di 16.6 eV. C’è da tenere presente, come spiegato più avanti nel
presente lavoro, abbiamo verificato che l’opamp interno all’alimentatore del tubo non aveva guadagno
10, come invece indicato nel VI. Questa discrepanza ha sicuramente generato degli errori sistematici che
si sono propagati su tutti i dati raccolti.
7 H. Haken and H. C. Wolf, The physics of atoms and quanta, 6th ed. (Springer, Heidelberg, 2000), p. 305.
10
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Siamo partiti dall’idea di una sezione
d’urto geometrica di tipo classico.
Riportiamo in figura la nostra
approssimazione, in cui consideriamo
l’atomo di neon come una sfera rigida.
e-
r
In letteratura abbiamo trovato un
Ne
valore per il raggio atomico del neon
pari
a
38 𝑝𝑚 = 38 ∙ 10−12 𝑚.
Sfruttando questo dato e il valore
ricavato per il libero cammino medio siamo riusciti a stimare la pressione interna del gas
utilizzando l’equazione (6):
𝑝=
kB T
λσ
Dove la cross section è pari a 𝜋𝑟 2 , con r il raggio classico del neon.
Utilizzando i dati in nostro possesso otteniamo una pressione pari a:
𝑝 ≅ 1.66 𝑘𝑃𝑎
Ovvero circa 1 centesimo della pressione atmosferica. Tale valore è grosso modo in
accordo con quanto trovato in letteratura.
Concludiamo il lavoro con una stima alla Fermi. Proviamo a stimare il numero di moli di
neon contenute nella valvola.
Approssimando la valvola ad un cilindro di altezza h = 3 cm e raggio di base b = 0.5 cm
otteniamo un volume circa uguale a 𝜋𝑏 2 ℎ = 2.3 ∙ 10−6 𝑚3 .
Considerando il gas come perfetto otteniamo il numero di moli:
𝑃𝑉 1660 ∙ 2.3 ∙ 10−6
𝑛=
=
= 1.5 ∙ 10−6
𝑅𝑇
8.314 ∙ 296
Ovvero circa 30 microgrammi.
5. Appendice. Guadagno opamp
Poiché i valori di tensione misurati dal VI differivano dai valori misurati con il tester di
circa 1 Volt, abbiamo analizzato il guadagno dell’opamp di potenza.
Riportiamo nella pagina successiva il grafico con un fit che ci permette di stimare il
guadagno reale dell’opamp.
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Come si nota, il guadagno, ovvero il coefficiente angolare della retta di fit, è leggermente
inferiore a 10, presentando un valore pari a circa 9.86.
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