A Natale il cioccolato che fa del bene,Terre di presepi,Il regalo di
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A Natale il cioccolato che fa del bene,Terre di presepi,Il regalo di
Piccoli Sorsi per conoscere le bevande alcoliche Per il 2016 AIS Veneto, oltre ai tradizionali corsi professionali su tre livelli, propone brevi percorsi di formazione, su misura e per le varie esigenze, con l’accattivante titolo “Piccoli Sorsi”. Avvicinarsi alle bevande alcoliche imparando a degustare un vino, una birra o un distillato, proporlo nel modo giusto e servirlo correttamente è la proposta di AIS Veneto intitolata “Piccoli Sorsi” che, per la prima volta in Italia, offre la formazione in veri mini-corsi, modulabili secondo le specifiche esigenze dei partecipanti, operatori del settore o semplici appassionati, che non hanno la possibilità di frequentare un intero corso AIS. “Piccoli Sorsi” nasce con l’idea di trovare un modo più semplice ed immediato per avvicinarsi al mondo del Vino & C. Ogni corso si completa in tre incontri, della durata di circa 2 ore e mezza, attraverso i quali sarà possibile iniziare a conoscere alcuni principi e tecniche basilari del metodo professionale. Uno stimolo per ampliare gli orizzonti della propria esperienza sensoriale, con l’aiuto e la competenza di professionisti dell’Associazione Italiana Sommelier. Ogni appuntamento del mini-corso “Piccoli Sorsi” inizia da una breve trattazione teorica degli argomenti in programma, con l’ausilio di strumenti audiovisivi; segue una degustazione guidata di 3 prodotti, in funzione del corso e degli argomenti trattati, accompagnata da prove pratiche di servizio. “Piccoli Sorsi” verrà attivato su richiesta da gennaio 2016, se il numero degli iscritti sarà sufficiente. Per informazioni, costi e modalità di attivazione del minicorso è necessario contattare il delegato di zona. Nel contempo tutte le delegazioni provinciali della regione Veneto proporranno i classici percorsi formativi secondo il calendario che si legge al sito dell’AIS Veneto. Maura Sacher Alessandro Mecca, chef dello Spazio7 di Torino Da qualche mese allo Spazio 7 di Torino, il ristorante all’interno della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, uno dei luoghi di eccellenza dell’arte contemporanea italiani, troviamo Alessandro Mecca, un giovane talento da seguire con attenzione. Nel suo DNA il ristorante di famiglia, Crocetta di Torino, dove sotto la guida del padre ha iniziato la carriera imparando le basi fondamentali del lavoro di cuoco ed ha scoperto la sua passione per la cucina tradizionale italiana. Dal padre apprende la maniacale ossessione per la ricerca della materia prima e della stagionalità che diventa una delle caratteristiche della sua cucina. Nel suo curriculum figurano molte interessanti esperienze: ristorante Guido da Costigliole a Santo Stefano Belbo, Al Sorriso di Soriso e La Ciau del Tornavento a Treiso fino al DOM di San Paolo con Alex Atala; gli ultimi tre anni li ha passati a Villanova d’Asti, all’Estate di San Martino. Alessandro è supportato da Emilio Re Rebaudengo, figlio di Patrizia, presidente della Fondazione, che dopo una laurea in giurisprudenza e master in Business tra Madrid e Londra inizia a lavorare nel settore alberghiero per la catena Accor, prima a Torino poi a Londra, e oggi è alla guida del nuovo progetto torinese per mettere a frutto l’esperienza maturata e coadiuvato da una brigata giovane che gli permette di sviluppare idee e piatti innovativi. Le sue proposte, accanto alla carta, sono Territorio e ricerca con piatti in cui tradizione e creativita’ sono dosati con equilibrio, ogni ingrediente trova il suo spazio ed i sapori si amalgamano in modo armonico e Contemporaneo Idea e cultura, un percorso di 7 portate, espressione completa della filosofia di tutti quelli che lavorano a Spazio 7, tra ricerca e tradizione senza dimenticare origine e caratteristiche con un pizzico di sperimentazione ragionata. Pane, pasta fresca e dolci sono rigorosamente preparati in casa. Spazio 7 si sviluppa principalmente su due piani: al piano terra, la caffetteria progettata, come pure l’arredo, dall’artista italiano Rudolf Stingel è aperta tutta i giorni e offre un servizio completo dalla colazione all’after dinner, eccellenti sono cocktail preparati dal barman Roberto Palestini. Al primo piano, il ristorante progettato e realizzato come tutta la struttura dall’architetto Claudio Silvestrin, celebre per aver ideato il Ristorante Oblix, situato nel grattacielo londinese Shard firmato Renzo Piano. Un wall painting a tre colori su sfondo nero dell’artista Amedeo Martegani e una serie di vasi multicromatici in silicone di Alessandro Ciffo fanno da cornice alla sala principale ed impreziosiscono i tavoli. Il ristorante è aperto dal martedi alla domenica mentre il business lunch viene servito da martedi a venerdi. Fino al 28 febbraio La Fondazione Sandretto ospita Rinascimento, la prima personale dell’artista argentino Adrián Villar Rojas in Italia, una mostra in scala monumentale, di forte impatto con decine di pietre, legni, blocchi di materiale fossilizzato in tanti asteroidi , materiale organico soggetto a continue mutazioni che si aprono interpretazioni di una realtà alternativa. a 108 Piera Genta Provette di vino vino in fialette o meglio L’idea viene dalla Francia e gli ordinativi fioccano da tutti i continenti, si tratta di fialette sigillate in cui viene inserito vino o altro beveraggio. Forse potremmo dire che l’idea assomiglia a quella che ha prodotto, sempre in Francia e negli Anni Venti, le bottigliette “mignon”, quei flaconcini di liquore che venivano regalati come campioni e si diffusero ovunque, anche in Italia, e spesso ci troviamo in casa, non ricordandoci più come ci sono arrivate. Roba da collezionismo che impediva al possessore di aprirle, a meno non fosse in forte astinenza. Queste fialette sono altro, nascono pure loro come “campioncini” ma si trovano nei frigobar delle camere dei più lussuosi hotel, e sono destinate soprattutto alla degustazione in enoteche e gastronomie esclusive. È un’innovazione tecnologica, accolta con numerosi premi a livello internazionale. La fialette sono flaconcini di vetro WIT® a base di materiali di altissima qualità, prodotti in Germania, fabbricati in canne di 5 metri, che il vetraio dell’azienda con sede a Bordeaux forma in bottigliette da 5, 6 o 10 cl. È un processo è complesso, richiede grande abilità ed è protetto da diversi brevetti. Si sono affidati alle selezione del “Wine in tube” WIT® grandi nomi come Bordeaux, Armagnac, e altri clienti prestigiosi d’oltralpe, ormai sono oltre 70 i vini in catalogo, e un sempre maggior numero di location e di professionisti del settore (viticoltori, commercianti, distributori) desidera utilizzare queste fialette per confezionare la loro produzione e farla girare. Le peculiari caratteristiche delle fialette cilindriche, dal fondo piatto, così stanno in piedi, è la capsula di chiusura in alluminio per la perfetta tenuta, vetro resistente, sotto atmosfera al 100% inerte, conservazione garantita delle qualità organolettiche del contenuto, serigrafie personalizzate per le etichette stampate sulla fiala. Chissà se i nostri esperti enologi aziendali un giorno sostituiranno con fialette individuali le decine e decine di bottiglie che stappano ad ogni degustazione, con grande spreco di prezioso liquido, e i nobili sommelier si adatteranno a non versare bicchiere per bicchiere bensì a distribuire ad ogni degustatore flaconcini, alla cieca per di più. Maura Sacher Fattorie Garofalo all’aeroporto di Torino I principali aeroporti mondiali sono diventati dei veri e proprio centri commerciali, dove si sta modificando l’offerta non solamente più prodotti del settore lusso, come cosmetici, profumi ed abbigliamento, ma una ampia schiera di altri marchi, meno globali, si sta affacciando a questo nuovo mercato del travel retail, che solo in Europa varrà 16 miliardi di euro di vendite entro il 2029. È questo il caso dell’appena rinnovato aeroporto Sandro Pertini di Torino Caselle con 900 metri quadrati di negozi tra cui quello appena inaugurato, I’AMME (andiamo in dialetto napoletano). E’ la scommessa di Fattorie Garofalo, azienda di Capua nata nel 1991 per valorizzare e promuovere in tutto il mondo la Mozzarella di Bufala Campana dop a capo di un gruppo di imprese agroalimentari da quasi 60 milioni di euro di fatturato all’anno e oltre 200 dipendenti, che ha lanciato il primo negozio nel Nord Italia, una catena di mozzarella bar dedicati ai luoghi di transito dei viaggiatori. L’altro si trova all’aeroporto internazionale di Napoli Capodichino. “Il significato della presenza di I’AMME all’Aeroporto di Torino è quello di una volontà: essere come gruppo imprenditoriale ambasciatori nel mondo di un’arte antica, e al tempo stesso contemporanea, quella della preparazione del buon cibo – afferma Raffaele Garofalo, Presidente di Fattorie Garofalo. I’AMME significa ‘andiamo’ nel dialetto napoletano, è un modo per esortare il viaggiatore a fermarsi il tempo appena necessario ad intraprendere un ulteriore breve ma intenso viaggio nella gamma di sapori e profumi che il Made in Italy sa offrire. ” Quest’ultima apertura sottolinea Roberto Barbieri, Amministratore Delegato di SAGAT, si inserisce in un quadro di grande fermento della nostra galleria commerciale: sono terminati i lavori di completo rinnovo del Duty Free Heinemann, e tre nuovi shop apriranno i battenti nell’arco di questa settimana: Oscalito, marchio di eccellenza made in Torino, ST.G , pelletteria di qualità made in Italy, e Week End Max Mara. Insieme a I’AMME, tanti nuovi grandi marchi stanno contribuendo allo sviluppo dell’Aeroporto, supportato dal costante aumento del numero dei passeggeri: +7% nel periodo gennaio-novembre 2015 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una forte crescita della componente di linea internazionale (+15,5%)” I viaggiatori che al livello partenze dello scalo torinese sceglieranno I’AMME troveranno una cucina veloce e raffinata, con al centro le prelibatezze della filiera bufalina in un ambiente comodo e rilassante. Il tutto grazie all’iniziativa del gruppo imprenditoriale campano che lavora su tutta la filiera: dall’allevamento delle bufale, oltre 8000 presenti nelle 6 aziende agricole del gruppo in area Dop, alla produzione di mozzarelle e salumi di bufalo. L’offerta di I’AMME è ampia e completa per coprire tutte le occasioni di consumo lungo la giornata: caffè e colazione, lunch, tè con i dolci, break salato, aperitivo, pizza e pasta, dinner. Il tutto per un consumo veloce, per una sosta oppure per l’asporto. E in un ambiente dove, con la dominanza cromatica del verde e l’utilizzo del legno, è propiziato il relax. I’Amme, andiamo, si, ma prima un invito a fermarsi per assaporare questa bella novità. Piera Genta Scambiarsi ‘strenne’ a Natale L’usanza di scambiarsi doni il giorno di Natale, o farli trovare sotto l’albero, in un’atmosfera carica di decorazioni e luci, ha antiche origini pagane. È superfluo ricordare che la Cristianità, per imporsi e diffondersi, ha dovuto sormontarsi alle radicali credenze pagane, trasformandole in una versione ‘escatologica’. La tradizione dei regali in questo periodo dell’anno che viene fatto coincidere con la nascita di un personaggio realmente esistito chiamato Gesù, in tutte le confessioni cristiane, ha radici nell’usanza in Roma Imperiale di distribuire ceri o statuette di argilla alla fine dei “Saturnalia”, feste in onore di Saturno, dio romano della abbondanza e della fecondità delle campagne. Queste inizialmente si svolgevano in un solo giorno, il 17 dicembre, progressivamente allungate a tre giorni da Cesare, fino a sette giorni da Domiziano, per concludersi appunto il 24 dicembre. Si festeggiava la fine di un ciclo annuale e l’inizio di uno nuovo con sontuosi banchetti, sia in case private sia offerte alla cittadinanza, a lume di candele (e torce) fino all’alba, al sorgere del Sole. Solo in questo ultimo giorno era uso scambiarsi in amicizia dei doni. Il significato di “strenna” ci riporta ancora più indietro. L’etimologia fa risalire l’origine alla dea dei Sabini “Strenia” dal cui bosco sacro un re prese un ramoscello come buon auspicio del nuovo anno. L’usanza fu ripresa dai Romani tramandando il dono con significato di “buon augurio” ad ogni capo d’anno. Col tempo, il dono scambievole di ramoscelli sacri di alloro e ulivo, con l’aggiunta di fichi e miele, vennero sostituiti con doni d’altro genere. Tuttavia, non bisogna dimenticare che anche i pastori e poi i Re Magi hanno portato doni in omaggio al Bambinello Gesù (evento che si ricorda il 6 gennaio, Epifania) e forse anche quel gesto ha contribuito all’usanza di scambiarsi regali a Natale, ossia per la Nascita di Gesù. “Strenne” o “doni” o “regali”, in questo tempo di Natale, sono sempre significanti di prosperità per il futuro anno. Maura Sacher 2016 Anno Internazionale dei Legumi La FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations) dedica il 2016 all’Anno Internazionale dei Legumi. Con lo slogan “semi nutrienti per un futuro sostenibile”, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella seduta di novembre ha dichiarato il 2016 l’Anno Internazionale dei legumi, per fare opera di sensibilizzazione e aumentare la consapevolezza dei molti vantaggi dei legumi, incrementarne la produzione e il commercio, ed incoraggiare utilizzi nuovi e più intelligenti lungo tutta la catena alimentare. I legumi, nelle centinaia di varietà coltivate nel mondo, compresi tutti i tipi di fagioli e piselli, inclusi i ceci, le lenticchie, le fave, freschi e secchi, dopo anni di studi nutrizionali, sono stati riconosciuti alimenti a basso contenuto di grassi e ricchi di sostanze nutritive e fibra solubile, fonte molto nutriente di proteine, eccellenti per la gestione del colesterolo e la salute dell’apparato digerente. Ma anche un mezzo di sussistenza soprattutto nei paesi in via di sviluppo. “I legumi sono importanti coltivazioni per la sicurezza alimentare di una grande percentuale della popolazione mondiale, in particolare in America Latina, in Africa e in Asia, dove sono parte delle diete tradizionali e spesso coltivati dai piccoli agricoltori”, ha affermato il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva. “Per secoli sono stati una parte essenziale delle diete umane”, ha aggiunto, “tuttavia, il loro valore nutrizionale non viene generalmente riconosciuto ed è spesso sottovalutato”. Questo è il messaggio dell’ONU. Ma noi lo sapevamo già, nella nostra cucina mediterranea. Maura Sacher Il pesce dell’Adriatico è in Baviera A partire da mercoledì 16 dicembre 2015, per una settimana, i prodotti ittici dell’Alto Adriatico saranno protagonisti nei menu di Eataly approdato a Monaco di Baviera. Il pesce dell’Adriatico è protagonista di Eataly – Monaco di Baviera, grazie a Fish Very Good, il progetto del Gruppo di Azione Costiera Friuli Venezia Giulia, di cui l’Aries, azienda speciale della Camera di commercio di Trieste, è capofila. L’iniziativa per la valorizzazione e la riscoperta del pesce locale, finanziato dal Fondo Europeo per la Pesca 2007-2013, si incardina nella strategia di sviluppo dei settori della pesca e dell’acquacoltura attuata nell’ambito del Gac Adriatico. Così, sulle tavole dei ristoranti di Monaco, per una settimana, i tedeschi potranno conoscere ed apprezzare pesci, crostacei e molluschi pescati nelle acque del Friuli Venezia Giulia, serviti freschi, di giornata, con l’auspicio si formi un pubblico di potenziali nuovi consumatori. Un’azione coadiuvata da un programma promozionale sviluppato da Aries nel quale rientrano anche una serie di show cooking per chef che permetteranno di esaltare le caratteristiche del pesce del Friuli Venezia Giulia facendolo apprezzare maggiormente ai ristoratori tedeschi. «Grazie alla collaborazione tra il Gac Fvg-Aries, la Camera di Commercio Italo-Tedesca e Eataly diamo il via all’azione di promozione dei prodotti ittici dell’Alto Adriatico in Germania» ha spiegato il Presidente della Camera di Commercio di Trieste, Antonio Paoletti, nella presentazione dell’evento a Monaco di Baviera. L’obiettivo è favorire l’approvvigionamento di pesce di stagione attraverso una filiera corta e di valorizzarne sia il gusto sia le proprietà nutrizionali. In merito verranno organizzati dei corsi di preparazione dei prodotti dell’Alto Adriatico dedicati ai ristoratori di Monaco. L’evento è inoltre il contesto ideale per la messa in rete della nuova app FishTourFvg, dedicata al turismo naturalistico e alla pesca nelle zone costiere del Friuli Venezia Giulia, disponibile in quattro lingue. Aries punta a rafforzare la promozione del Friuli Venezia Giulia verso l’estero con particolare attenzione ai mercati più vicini i quali sono il target ideale per un prodotto come quello ittico che deve essere sempre fresco, vicino e genuino. Maura Sacher Olio Novello o Olio Nuovo? Ci hanno segnalato che nei frantoi, sugli scaffali di gastronomie ed enoteche, campeggia un po’ ovunque l’offerta di olio extra vergine di oliva della nuova campagna olearia con la dicitura “novello” sul collarino o nell’etichetta. Ma l’olio “novello” non esiste. Tale dicitura non è prevista da alcuna normativa e può anche indurre in errore il consumatore, pertanto le aziende che la adottano sono passibili di sanzione, ai sensi dell’articolo 7 del regolamento comunitario 1169/2011 sull’etichettatura dei prodotti alimentari. Eppure sono anni che il termine viene usato e pubblicizzato, senza contestazioni. Al contrario del ‘vino novello’, prodotto con procedure diverse da quello del vino comune, l’olio dichiarato ‘novello’ è in verità prodotto allo stesso modo del restante extra vergine, ma ne è il primo estratto, non è filtrato né decantato. Ha un sapore caratteristico particolarmente apprezzato, specie sulle bruschette, e si presenta torbido, tanto che nel tempo di poche settimane le sostanze in sospensione, che conferiscono torbidezza, si vanno a depositare nella bottiglia e possono fermentare, dando luogo a difetti organolettici. Come dimostrato da molte ricerche, tra le ultime quelle del Laboratorio Chimico di PromoFirenze, la degradazione nel tempo è più marcata per l’olio non filtrato che, al termine del periodo di conservazione, risulta più impoverito nelle componenti nutrizionali caratteristiche dell’extra vergine, come i polifenoli. [Fonte www.teatronaturale.it]. : Teatro Naturale – Maura Sacher A Natale il cioccolato che fa del bene Lo abbiamo trovato protagonista ad Expo in un incontro dedicato al cacao e sostenibilità nell’illustrare lo sforzo che le istituzioni peruviane insieme alle cooperative locali di contadini con il sostegno di aziende cioccolatiere italiane stanno facendo per riconvertire le piantagioni di coca in coltivazioni di cacao e abbiamo gustato il suo cioccolato a Torino in occasione di CioccolaTO, ma non solo era anche a Sana, ad Eurochocolate a Perugia e in altre golose occasioni all’estero, dall’Anuga di Colonia, al Bellavita di Amsterdam. Taste di Londra e al Si tratta di Otto Chocolates, una giovane azienda privata genovese che commercializza cioccolato certificato biologico, Faitrade e senza glutine. Il cacao utilizzato esclusivamente monorigine, il Trinitario fino aromatico, viene coltivato dalla cooperativa Acopagro, una delle maggiori cooperative contadine in Peru, che coinvolge 2000 agricoltori nella zona di San Martin nel nord del paese, acquistato ad un prezzo equo in modo da garantire la giusta retribuzione ai lavoratori. Inoltre l’azienda assiste e monitora tutte le fase di raccolto e post-raccolto sui luoghi di origine e solo la qualità migliore viene trasportata in Italia per la lavorazione. Non solo operando sul territorio l’azienda sostiene progetti di carattere sociale volti alla scolarizzazione, all’assistenza sanitaria ed alla salvaguardia dell’ambiente. Un cioccolato con tre certificazioni: Fairtrade che garantisce condizioni commerciali eque e sostenibili per i produttori dei paesi in via di sviluppo; Biologico che esclude l’utilizzo di prodotti chimici, antiparassitari, anticrittogamici o diserbanti in piantagione. È senza glutine, indicato quindi per i celiaci con il simbolo della “spiga barrata” che assicura anche durante il processo produttivo non sia entrato in contatto con altre materie prime contenente glutine. Infine, ci sono i prodotti a marchio VeganOk che non contengono alcuna sostanza di origine animale. Alle tavolette in cinque ricette e 4 differenti formati nelle varianti al cioccolato bianco, al latte e fondente e poi al latte e fondente senza zucchero si aggiungono le novità: gli snacks con inclusioni di Quinoa e Inca Berries e la crema spalmabile alla nocciola. La Quinoa, l’oro degli Incas, è una pianta erbacea annuale della stessa famiglia delle barbabietole e degli spinaci. Appartiene alla tradizione delle popolazioni andine da oltre diecimila anni, ha eccezionali qualità nutrizionali, ottima adattabilità alle condizioni climatiche e bassi costi di produzione, è inoltre priva di glutine, ricca di sali minerali, proteine, vitamine e fibre. L’Inca Berry è una bacca simile a un piccolo pomodoro con una variazione di colore tra il giallo e l’arancio giallo e nasce da una pianta arbustiva tipica del Perù. E’ ricca di ferro, vitamina C, fibre, antiossidanti, melatonina. Completamente priva di glutine, negli snack è proposta nella sua interezza che ricorda all’aspetto la frutta candita. La crema alle nocciole unicamente di origine italiane è completamente priva di olio di palma, arricchita invece dall’olio di girasole biologico raffinato e spremuto a freddo. Il risultato è una crema morbida, con un sapore intenso del cioccolato unita alla dolcezza delle nocciole. Piera Genta Terre di presepi Un viaggio nell’arte del presepe, nelle “terre di presepi”. Il periodo natalizio in Toscana è fatto anche di presepi che si sono messi in rete richiamando migliaia di persone. “La via dei presepi”, coordinamento fatto da presepisti, parrocchie, enti ed associazioni, solo lo scorso anno ha portato un movimento turistico di circa duecentomila visitatori. Parlare di presepe oggi vuol dire abbracciare le molte sfaccettature dell’argomento: da quelle prettamente religiose a quelle turistiche a quelle identitarie. Una lunga scia di presepi che, di paese in paese, di città in città, percorre la Toscana per oltre trecento chilometri. Un viaggio artistico e culturale che accompagna il turista dalla Toscana più conosciuta fin nei luoghi, altrettanto incantevoli, ma fuori dalle vie classiche del turismo di massa. La meraviglia che appare sui volti di grandi e piccini ripaga tutti delle fatiche e delle lunghe ore passate a costruire, colorare, decorare, meccanizzare metri e metri di esposizioni presepiali. E la fantasia non manca si va dal maxi presepe all’uncinetto, ai presepi meditativi a quelli tecnologi e meccanizzati, dalle esposizioni a quelli viventi, con un suggestivo presepe meteorologico. Interi paesi, come Castelfiorentino e Cerreto Guidi, hanno “cosparso di presepi l’intero centro storico dove ogni fondo sfitto, ogni nicchia, vetrina o anche davanzale ha accolto un presepe. A Castelfiorentino (Fi) possiamo trovare il presepe meteorologico con gli effetti speciali, dove le suggestioni sono date dal ciclo delle stagioni con le giornate assolate, le nebbie mattutine, i temporali ma anche un’intera via caratterizzata da oltre cinquanta rappresentazioni artistiche di cui alcune di grandi dimensioni. Il meraviglioso presepe fatto all’uncinetto da oltre 50 “dame” di tutta Italia, è un orgoglio per Cerreto Guidi dove sono oltre 150 i presepi allestiti, non ultimo quello alla base della torre campanaria, un tempo torre di avvistamento dei Guidi. Sempre in provincia di Firenze ad Empoli troviamo un presepe napoletano allestito nell’ex ospedale San Giuseppe, mentre presso la parrocchia di San Giovanni Evangelista dove, accanto al presepe artistico, va in scena da alcuni anni il presepe vivente in parole, danza e musica. A Petroio, presso Vinci, nella terra di Leonardo, il presepe meccanizzato, allestito esternamente, occupa un’intera collina. Nella vicina Sovigliana al presepe artistico è affiancata una esposizione di diorami mentre a Montignoso (Gambassi Terme – Fi) il presepe racconta in un suggestivo itinerario le scene dell’intera vita di Gesù. Oltre 200 movimenti per il presepe di Poggibonsi allestito in un capannone in un percorso illustrato di circa 50 raffigurazioni di antichi mestieri, fra i quali il falegname, il barbiere, le donne che tessano la lana, il macellaio, il fabbro (vincitore alla mostra dei presepi di Verona) Spostandoci nella provincia di Pisa, abbiamo molto apprezzato il presepe di San Romano che abbraccia tutto il chiostro del convento francescano del santuario di Maria Madre della Divina Grazia. Ancora suggestioni a Cigoli, paese che ha dato i natali all’artista Lodovico Cardi, che si sviluppa in un suggestivo percorso nel Santuario della Madre dei Bimbi per arrivare a San Miniato dove la via dei presepi si snoda sui due chilometri del crinale della città ed è caratterizzata dal Calendario dell’Avvento, una mostra collettiva sul tema della misericordia realizzata da trenta artisti sulle finestre dello storico seminario. E ancora in provincia di Lucca a Porcari dove è allestita una pregevole mostra di presepi e diorami con opere di scultori italiani e spagnoli, e Siena con un’ampia collezione di presepi provenienti da tutto il mondo. E per chiudere A Usigliano di Lari (Pi), in Valdera, nella terra che ha dato i natali a Padre Bellarmino Bagatti il più noto archeologo di Terra Santa, è visitabile anche l’unico Museo permanente del presepe regionale e accolto nelle suggestive e antiche cantine dell’antica fattoria Castelli CON una collezione pregevoli con quaranta realizzazioni del presepista Claudio Terreni. Ma i presepi sono tanti e per visitarli o sapere dove fermarsi vi rimando a www.terredipresepi.blogspot.it Roberta Capanni