Roberto Curti, Fantasmi d`amore. Il gotico italiano

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Roberto Curti, Fantasmi d`amore. Il gotico italiano
RECENSIONI
Roberto Curti, Fantasmi d’amore. Il gotico italiano tra
cinema, letteratura e tv, Torino, Lindau, 504 p., euro 32
Claudio Bartolini e Luca Servini, Thriller italiano in cento
film, Genova, Le Mani, 272 p., euro 18
Come ricorda lo studioso Roberto Ferro in Fucilati all’alba. Rodolfo
Walsh e il crimine di Suárez, Borges, nella conferenza “Lo scrittore
argentino e la tradizione”, «attribuisce alle letterature secondarie e
marginali, che occupano un posto periferico rispetto alle correnti
egemoniche, una capacità di elaborazione eterodossa delle
tradizioni». Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni
Settanta il cosiddetto cinema popolare italiano ha dimostrato una
capacità straordinaria di elaborare in modo eterodosso le
tradizioni (Hollywood in primis): antichi maestri come Freda,
Bava, Margheriti, Di Leo, Fulci (per limitarsi solo ad alcuni nomi)
hanno reinventato in modo originale e trasgressivo l’horror, la
fantascienza, il thriller e il noir e con i loro “miracoli atroci”
hanno influenzato pesantemente il cinema a venire. Sebbene negli
ultimi decenni non siano mancate appassionate rivendicazioni del
valore della cosiddetta serie B italiana, ci sembra il caso di
ritornare sull’argomento per segnalare due libri recenti che
risaltano per acume e completezza. Roberto Curti, a cui si deve
già l’originale Demoni e dei. Dio, il diavolo, la religione nel cinema horror
americano, è autore di Fantasmi d’amore, uno studio assai dotto sugli
splendori (passati) e le miserie (presenti) del gotico italiano. Uno
degli aspetti più interessanti del volume è il fatto che Curti prende
in considerazione anche diverse «pellicole non etichettabili come
film del terrore», dimostrando come il gotico sia stato una
tentazione costante per molti cineasti italiani. Il libro spicca per le
approfondite analisi di classici quali La maschera del demonio o
Danza macabra, ma si rivela utile anche per i cercatori di letteratura
fantastica nostrana (si vedano le pagine dedicate agli scapigliati o
allo scrittore e sceneggiatore Bernardino Zapponi). Da rimarcare
il penultimo capitolo dedicato al “gotico televisivo”.
RECENSIONI
«La critica dovrebbe scaturire da un debito d’amore». L’agile e
prezioso Thriller italiano in cento film conferma la verità della
massima di George Steiner. Ma l’amore non dovrebbe mai
escludere il rigore intellettuale. Come nota Roberto Della Torre,
Bartolini e Servini, oltre a dare «una definizione chiara e coerente»
dei thriller, non esitano in qualche caso a metterne in rilievo i
limiti. Thriller erotici, sociali, fantastici, gotici, metropolitani,
rurali, “pop” (Un tranquillo posto di campagna di Elio Petri e Col cuore
in gola di Tinto Brass)… ce n’è per tutti i gusti. Il libro si apre con
Il rossetto (1960) di Damiano Damiani, autore anche della
sceneggiatura assieme a Cesare Zavattini, e arriva fino «all’asfittico
panorama del giallo nostrano degli anni Duemila». In conclusione
troviamo una riflessione che ci sembra doveroso citare quasi
interamente: «L’unica modalità creativa possibile, in questo nuovo
millennio, consiste nella demolizione delle consuetudini filmiche
precedenti e nella conseguente costruzione di un approccio
personale, autoriale al cinema nero. In altre parole, in mancanza di
un genere solido e canonizzato […] sono realizzabili soltanto
visioni soggettive e individuali della materia, come dimostrano le
varianti sociali di La doppia ora (più noir che thriller), quelle
intimiste di La ragazza del lago e i post-moderni echi da torturemovie presenti in Shadow. Questi film rappresentano casi unici,
del tutto o in gran parte svincolati dalla tradizione, in grado di
rinnovare il thriller applicando sui suoi spartiti tipici variazioni più
o meno radicali».
Loris Tassi