Già nel Medioevo la parola non viaggiava solo con la scrittura

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Già nel Medioevo la parola non viaggiava solo con la scrittura
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> TABELLINE
La matematica
applicata
agli agrumi
PIERGIORGIO ODIFREDDI
N
el 1600 sir Walter Raleigh chiese al
matematico Thomas Harriot una formula per calcolare quante palle da
cannone ci fossero in un mucchio. Nel 1606
l’astronomo Johannes Keplero trovò un’analogia con i problemi della formazione dei cristalli di neve, delle celle degli alveari e dei semi del melograno. In tutti questi casi sembrava essere in azione uno stesso meccanismo,
che tende a disporre le sfere regolarmente
nello spazio in modo da riempirlo completa-
mente. Un problema analogo lo affrontano
anche i fruttivendoli, per disporre le arance
sui banchi del mercato. La disposizione ovvia, comunemente usata, consiste nel disporre le prime arance sul piano in una configurazione esagonale, con ciascuna arancia al centro e sei attorno. E nell’impilare le arance ai
piani superiori mettendole nei buchi lasciati
da quelle dei piani inferiori. Ma solo nel 1998
si è dimostrato, con un uso massiccio del computer, che questa disposizione è la migliore
ILLUSTRAZIONE DI EMILIANO PONZI
}
possibile. La scorsa settimana la giovane matematica ucraina Maryna Viazovska ha trovato la migliore disposizione possibile per le sfere negli spazi a 8 e a 24 dimensioni, risolvendo un problema che ha molta importanza per
la trasmissione dei messaggi: in particolare,
per la compressione dei dati e la correzione
degli errori. A conferma che anche la matematica più astrusa ha ricadute concrete per
la nostra vita quotidiana.
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L’INTERVENTO
Già nel Medioevo
la parola non viaggiava
solo con la scrittura
Fin dai tempi di Omero
le storie si ascoltavano
nei racconti orali
E più tardi le vite
dei santi venivano
raffigurate su pannelli
ALBERTO MANGUEL
Q
uando avevo circa dieci anni, il mio professore di tedesco mi disse che suo padre, docente di filosofia ad
Heidelberg, era stato deportato
in un campo di concentramento
ed era morto laggiù. Fra i prigionieri, era conosciuto come «la biblioteca», perché si offriva di recitare i libri che conosceva a memoria, più o meno come gli eroici lettori di Fahrenheit 451 di Ray
Bradbury. Sulle labbra del vecchio professore, Socrate e i presocratici riprendevano vita non nella forma di parole su una pagina,
ma nella forma di testo parlato,
come all’epoca del pubblico di
Platone. Il motto latino scripta
manent, verba volant nello spazio infernale del lager assunse un
altro significato: «Le parole scritte sono rinchiuse nel passato, le
parole parlate spiccano il volo nel
presente». Nell’atto del professore, l’invenzione di Gutenberg
perdeva il suo prestigio e il testo
tornava alla propria forma originale, come proclamato nel Vangelo di Giovanni: «In principio fu
il verbo», la parola parlata.
Le nostre parole non sono mai
esistite solo in un medium. Le società orali hanno la loro letteratura, come troppo spesso dimentichiamo, e nelle società del libro il
testo, nell’arco di migliaia di anni, è migrato dalle tavolette di argilla a quelle elettroniche, e anche queste ultime sicuramente
verranno sostituite da qualche altra forma più nuova. Che non significa migliore: quando si parla
di tecnologia, le gerarchie dipendono dai valori che decidiamo di
privilegiare.
Le tecnologie sono egoiste e arroganti. Gli utilizzatori dei rotoli
di papiro si facevano beffe di quelli che leggevano le vecchie tavolette d’argilla, e giudicavano la loro tecnologia rozza.
Fra i primi titoli pubblicati dalla Visual Edition figurano un poema collaborativo scritto da due
autori americani e un romanzo
che usa la Street View di Google
per seguire la trama. Non ho letto queste due opere degne di nota, ma dalla descrizione posso discernere le loro ascendenze.
Ai tempi di Omero, i bardi giravano per le case degli uomini ricchi e potenti a cantare, in gara
fra loro, episodi tratti dalla Guerra di Troia. Queste tenzoni epiche erano parte di un’esibizione
più complessa, che coinvolgeva
musicisti, attori e danzatori,
spesso nel quadro di una cerimonia religiosa. La studiosa francese Françoise Dupont, nel suo ammirevole saggio L’invention de
la littérature, sottolinea che buona parte di quella che oggi leggiamo come letteratura greca e latina in realtà non è altro che il libretto di un’opera lirica senza
musica, recitazione o scenografie, e che i nostri sforzi moderni
per ricatturare il testo originale
nella forma di un manoscritto o
di un libro stampato adulterano
o inventano qualcosa che non
era mai stato concepito per essere letto.
Dagli inni e dai poemi di Omero alle poesie di Catullo, le opere
che definiamo «letteratura antica» appartengono a una forma
d’arte basata su una tecnologia
che non era quella della carta e
dell’inchiostro, ancorata a uno
spazio tangibile, ma la tecnologia volatile del suono e del movimento, che esiste solo nel tempo.
Anche il romanzo itinerante
che usa la Street View di Google
ha i suoi predecessori. Per esempio, i pannelli medievali che raffigurano diversi episodi della vita
di un santo costringono chi li
guarda a seguire il tracciato iconografico prestabilito dal pittore, facendo emergere un testo
dalla sequenza di eventi raffigurati: una storia letta senza un libro. Anche questa narrazione è
«non stampabile».
C’è della sostanza in questi libri «non stampabili» dell’era elettronica, al di là del semplice piacere di un nuovo gadget? Ogni
nuovo supporto di una storia,
ogni nuovo aspetto tecnologico
di un testo, in forma materiale o
meno, si porta dietro un peso epistemologico e influenza il testo
stesso. Come Pierre Menard ci ha
insegnato, ogni lettura trasforma il testo, anche se le parole rimangono identiche, e dunque
una poesia che esiste solo sul vostro iPhone non è identica alla
stessa poesia stampata su una pagina. La questione non è se abbia
più o meno valore, la questione è
se abbia un valore diverso. Il Platone nelle pagine delle bellissime e onorate edizioni di Aldo Manuzio è diverso dallo stesso Platone sulle labbra del vecchio professore nel campo di concentramento. Tutti e due sono emblemi di
sopravvivenza, tutti e due onorano la memoria del nostro passato
comune: ma mentre il Platone aldino consentiva al lettore ordinario di far parte del pubblico eterno del filosofo greco, il Platone recitato dal professore era la prova
di una fiamma, intimamente
umana e necessaria, che nessun
atto di ignoranza o malvagità ha
potuto estinguere.
Traduzione di Fabio Galimberti
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Repubblica Nazionale 2016-04-03