PREFAZIONE Ho scritto questo testo sulla base delle

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PREFAZIONE Ho scritto questo testo sulla base delle
1 PREFAZIONE
Ho scritto questo testo sulla base delle mie esperienze professionali
nell’ambito dell’ Ufficio italiano dei cambi e poi della Banca d’Italia,
per cercare di spiegare soprattutto quali siano gli strumenti previsti
dalle norme al fine di prevenire la penetrazione del denaro di
origine illecita nel circuito finanziario ed il conseguente
inquinamento del sistema economico.
Penso che una buona conoscenza delle norme sia un fatto
importante, soprattutto per chi si trova in prima linea nell’azione di
prevenzione, e quindi in particolare per i lavoratori del comparto
bancario e finanziario. Ciò per diversi motivi.
In primo luogo si tratta capire che queste norme, per quanto
complesse, difficili a volte da mettere in pratica e con possibili
ricadute anche sulle aziende e sui singoli lavoratori, sono un mezzo
sempre più indispensabile nella lotta alla criminalità: a quella
organizzata certo, ma anche a quella economico-finanziaria e perché no – a quella “politica”, alimentata com’è dai flussi di denaro
della corruzione; nonché alle sempre più frequenti commistioni tra i
diversi tipi di criminalità. Allora in questa lotta non si può essere
solo spettatori indignati la mattina leggendo il giornale o all’ora del
tg ma, visto che si è coinvolti, non è meglio avere un’idea precisa di
quello che si deve e si può fare ed assumerne coscientemente la
responsabilità?
In secondo luogo una maggiore consapevolezza può costituire una
prima garanzia rispetto alle sanzioni (penali e amministrative), non
certo lievi, che possono coinvolgere anche i singoli per
l’inosservanza degli obblighi in capo agli operatori coinvolti nel
sistema di prevenzione ed in particolare al comparto bancario e
finanziario. Spesso le aziende vedono tali obblighi come antitetici
alla ricerca del “budget”, spesso il rispetto è più formale che
sostanziale, spesso sono insufficienti gli investimenti nei presidi
organizzativi, nei sistemi informatici di supporto e nella formazione
del personale. E spesso, di conseguenza, si verificano, ricadute sui
singoli lavoratori per responsabilità che non sono essenzialmente
loro. Allora conoscere bene le regole del gioco può consentire di
rifiutare eventuali “proposte indecenti” che venissero dall’alto, di
meglio difendersi di fronte ad eventuali contestazioni e di
2 rivendicare, anche e soprattutto attraverso le organizzazioni
sindacali, il reale rispetto degli impegni richiesti alle aziende da
parte della normativa antiriciclaggio.
Buon antiriciclaggio a tutti.
3 INDICE
Cap. 1: CHE COS’E’ IL RICICLAGGIO
Cap. 2: IL CONTESTO INTERNAZIONALE
Cap. 3: IL DLGS 231/2007
•
LE AUTORITA’ CON RUOLO E
PREVENZIONE E NEL CONTRASTO
•
I SOGGETTI DESTINATARI DEGLI OBBLIGHI
•
IL PROCESSO DI “ADEGUATA VERIFICA”
•
LA
TRACCIABILITA’
DELLE
RESPONSABILITA’
OPERAZIONI:
NELLA
OBBLIGHI
DI
REGISTRAZIONE E CONSERVAZIONE
•
LA SEGNALAZIONE DELLE OPERAZIONI SOSPETTE
•
LIMITAZIONI ALL’UTILIZZO DEL CONTANTE E DI TITOLI AL
PORTATORE
•
LE SANZIONI
•
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONE E FORMAZIONE
Cap.
4:
IL
TERRORISMO
CONTRASTO
AL
FINANZIAMENTO
DEL
Appendice n.1
Normativa Europea e Normativa Italiana – Cenni storici
Appendice n.2
Principali novità introdotte dal provvedimento BI in attuazione del DLGS 231/2007 istruzioni in materia di registrazione in AUI.
Appendice n .3
-
Modalità di segnalazione
-
Attività della UIF sulle segnalazioni pervenute
4 5 CHE COS’E’ IL RICICLAGGIO
Partiamo da una definizione del reato in questione, anche se credo ormai si
possa parlare di una conoscenza abbastanza generalizzata del problema e delle
sue implicazioni a livello finanziario, economico e sociale: il riciclaggio è
dunque quel processo che consente di rendere disponibili in sicurezza i proventi
di altri reati precedentemente commessi (i cosiddetti “reati presupposto”),
trasformando quindi da potenziale a effettivo il potere d’acquisto del denaro
ricavato dalle attività criminali.
Si tratta di un processo complesso che ha necessità di transitare nella
generalità dei casi attraverso il circuito bancario e finanziario, travalicando
spessissimo i confini nazionali, e di trovare sbocco finale anche nel mondo della
produzione e dei servizi.
La grande e difficilmente stimabile entità del denaro di origine illecita in
circolazione finisce quindi per inquinare spesso l’economia legale, con effetti
distorsivi sulla concorrenza e sul corretto funzionamento dei mercati, Il
riciclaggio permette, in particolare, al crimine organizzato di avere a
disposizione
una
leva
potente
per
il
coinvolgimento
di
operatori
e
amministratori disonesti, e costituisce un ulteriore efficace strumento, accanto
alla violenza e all’intimidazione, per il controllo del territorio.
La pericolosità a livello sociale del riciclaggio e il suo carattere transnazionale
spiegano perché sia universalmente considerato come un reato ad altro
rischio: e perché, quindi, accanto agli strumenti di repressione sia stata
considerata l’opportunità di un articolato sistema di prevenzione, inizialmente
circoscritto al sistema bancario e finanziario, con il successivo coinvolgimento
di alcuni comparti del mondo delle professioni (in particolare notai, avvocati
d’affari, commercialisti) e di operatori non propriamente finanziari (quali le
società di trasporto/custodia valori, le case da gioco, le case d’asta, il
6 commercio dell’oro lavorato e dei preziosi, le agenzie immobiliari), per la loro
suscettibilità a trovarsi di fronte a denaro di origine criminale e a operazioni
illecite. Lo scopo è quello di coinvolgere tutti questi soggetti in un processo di
vaglio della clientela e delle operazioni, che li responsabilizzi, trasformandoli
quasi in “guardiani” del sistema economico-finanziario legale. L’evoluzione
della
normativa
antiriciclaggio
ha
visto
quindi
via
via
un
progressivo
spostamento del suo baricentro dalla collaborazione passiva (ovvero dal
rispetto di prescrizioni e divieti) a forme di collaborazione attiva, che
richiedono da parte dei soggetti coinvolti l’allestimento di specifici e idonei
presidi organizzativi attraverso monitorare le relazioni con la clientela dal loro
instaurarsi sino al loro termine naturale.
Il riciclaggio è classicamente definito come un processo dinamico a tre
stadi quasi sempre - ma non necessariamente – distinti e sequenziali, che
sono quelli:
•
del “placement”, ovvero dell’introduzione del denaro di origine illecita
(generalmente
contante,
ma
non
solo)
nel
circuito
del
sistema
economico-finanziario;
•
del “layering”, ovvero del compimento di una serie di operazioni
finanziarie, con lo scopo di rendere complessa se non impossibile la
ricostruzione del percorso del denaro e allontanarlo dalla sua origine
illecita;
•
dell’ “integration”, ovvero della creazione di un’apparente origine legale
dei fondi che ne permetta l’utilizzo anche nel mercato legale.
Anche questa definizione articolata è ormai abbastanza nota, ma vale la pena
di ricordarla perché a, livello di sistemi prevenzione, nelle diverse fasi sono
chiamati ad intervenire soggetti diversi. E’ infatti evidente come la fase del
“placement” richieda l’attenzione di chi si trova a diretto contatto della clientela
e delle operazioni dalla stessa richieste, e quindi in particolare di chi opera nel
“front office” degli intermediari bancari e finanziari; come il ”layering” possa
essere meglio individuato da chi abbia, anche attraverso l’accesso ai sistemi
7 informativi e agli archivi, una visione più complessiva dell’operatività della
clientela e come l’individuazione di operazioni di “placement” possa in
particolare riguardare, più che gli intermediari bancari e finanziari, quei
soggetti ulteriori del mondo delle professioni coinvolti dalle norme nel sistema
di prevenzione.
Per quanto riguarda la repressione del riciclaggio, va tenuto presente che
generalmente nei paesi diversi dall’Italia è passibile delle sanzioni previste per
il reato in questione anche chi ricicla i proventi di un reato commesso (spesso
con riferimento da una lista di specifici reati).
In Italia invece gli articoli del Codice Penale 648-bis e 648-ter definiscono
rispettivamente il riciclaggio e il reimpiego dei proventi di tutti i delitti non
colposi, indicando però come punibili delle sanzioni previste i soggetti che a ciò
si sono prestati, senza però aver concorso al compimento di detti delitti
(ovvero dei “reati presupposto”). E’ un’impostazione che risente dell’epoca
della prima formulazione e introduzione dell’art. 648-bis (1978), nella quale si
guardava alla criminalità - e in particolare alla criminalità organizzata - più
sotto l’aspetto dei reati gravi tradizionalmente commessi (sequestro di
persone, traffico di droga e di armi, prostituzione, rapine, etc.) e si riteneva il
riciclaggio esclusivo appannaggio di professionisti a ciò disponibili, i cosiddetti
“colletti bianchi”, considerati nella generalità dei casi comunque estranei alla
commissione dei crimini suddetti.
Questo spiega perché di fatto molti procedimenti penali nei quali emergono a
carico degli imputati fatti di riciclaggio non si concludano oggi con condanne
per questo specifico reato, essendo il più delle volte gli stessi giudicati colpevoli
dei reati che hanno originato le disponibilità poi riciclate.
La nozione del codice penale, che non prende in considerazione quindi il
cosiddetto “autoriciclaggio”, di fatto disallinea l’Italia a livello internazionale,
come criticamente osservato già da tempo anche dal Fondo Monetario, e
8 appare non coerente con la realtà attuale, e in particolare con la gravità e
frequenza nel nostro paese di reati quali l’evasione fiscale, la corruzione e
l’appropriazione e l’utilizzo personale di fondi da parte di amministratori sia
pubblici che privati, nei quali molto frequentemente la figura dell’autore del
crimine e il riciclatore coincidono. Purtroppo le numerose e diverse proposte di
modifica della norma penale in questione non sono state sino ad oggi prese in
considerazione: ciò attesa certo la difficoltà sul piano della coerenza giuridica di
allineare le pene per riciclaggio, particolarmente severe, a quelle di minore
entità, previste per i reati presupposti di più ridotta pericolosità sociale, ma
anche per la palese ostilità manifestata dai partiti di destra a modifiche in tal
senso dei codici e di particolari tasselli della stessa normativa antiriciclaggio1.
Proprio per ovviare almeno in parte al descritto disallineamento, il legislatore
italiano nel DLGS 231/2007 (il provvedimento “quadro” a fini antiriciclaggio)
dà del riciclaggio una definizione più ampia di quella del codice penale,
che qui si riporta:
Art. 2, c. 1:
“Ai soli fini del presente decreto le seguenti azioni, se commesse
intenzionalmente, costituiscono riciclaggio:
a) la conversione o il trasferimento di beni, essendo a conoscenza che essi
provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale
attività ferimento di beni, essendo a conoscenza che essi
provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a
tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l’illecita origine dei
beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto a sottrarsi alle
conseguenze giuridiche delle proprie azioni;
b) l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza,
ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli
stessi, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da
un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
c) l’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni essendo a conoscenza
al momento della loro ricezione che essi provengono da
un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti,
l’associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il
1
Ad esempio nel provvedimento contro la Corruzione emanato recentemente dal Governo
Monti, si è dovuto rinunciare per l’opposizione della destra, oltre che alla reintroduzione del
reato di falso in bilancio, alla penalizzazione dell’ “autoriciclaggio” ed all’introduzione di norme
più restrittive sull’utilizzo del contante.
9 fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto
di agevolarne l’esecuzione.
La norma, quindi, prende in considerazione, per le finalità in termini di
prevenzione e contrasto contenute nel provvedimento stesso, anche le azioni e
i comportamenti messi in atto da chi abbia - o potrebbe aver - commesso un
“reato presupposto” e stia ripulendo le disponibilità ricavate.
10 CONTESTO INTERNAZIONALE
“Nelle sue forme più significative, il riciclaggio manifesta una marcata
attitudine a svolgersi in un contesto internazionale. Articolando la propria
azione in molteplici giurisdizioni, i criminali tendono a cogliere le opportunità
offerte dalla globalizzazione dell’economia e dall’integrazione dei mercati
finanziari. La possibilità di ricorrere a strumenti finanziari innovativi e la
disponibilità di sofisticate tecnologie per la trasmissione delle informazioni e
degli ordini consentono loro di agire con grande velocità, di stratificare
molteplici atti di trasformazione e trasferimento, di operare a distanza in piazze
diverse, di dissimulare l’identità degli attori e la titolarità effettiva dei beni.
Per attrarre disponibilità finanziarie anche di dubbia origine, i Paesi non
cooperativi si impegnano sovente in una vera e propria attività concorrenziale
volta a rendere il proprio ordinamento meno rigoroso di quello degli altri. In
tale contesto, le organizzazioni criminali sfruttano le possibilità di arbitraggio
tra regolamentazioni, collocando le diverse fasi della propria attività nel Paese
che offre, per ciascuna di esse, le condizioni più favorevoli in termini di
maggiori garanzie di impunità, migliori opportunità per l’occultamento dei
proventi, più elevati margini di profitto per il loro impiego. Poiché le misure
antiriciclaggio comportano costi significativi, anche gli intermediari finanziari, a
parità di altre condizioni, sono indotti a insediarsi negli ordinamenti il cui livello
di regolamentazione comporta minori oneri di compliance.
In questo scenario complesso e articolato l’azione di prevenzione e contrasto
del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo non può svolgersi
efficacemente nella sola prospettiva nazionale. Vi è la necessità di regole
condivise e uniformi, idonee a limitare lacune e discrepanze tra ordinamenti,
contenere le opportunità di arbitraggio della criminalità organizzata, dispiegare
mezzi efficaci di collaborazione internazionale. Di qui le ragioni dell’attività dei
numerosi organismi internazionali impegnati nella definizione di standard e
regole affinché gli Stati adeguino, su basi uniformi, i propri ordinamenti alle
esigenze della lotta alla criminalità economica”.
(M. Draghi – Testimonianza sull’attività di prevenzione e contrasto al
riciclaggio resa nel 2009 di fronte alla Commissione Antimafia)
Questa citazione permette di affrontare brevemente il tema degli sforzi
compiuti a livello internazionale, a partire dagli anni ‘90, per il contrasto al
riciclaggio, dei risultati raggiunti e dei riflessi sulle normative operanti in Italia.
Si devono al GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale) le prime
iniziative in tema di analisi e d’indicazione nel merito: tale organizzazione
internazionale, nata nel 1989 su impulso dei paesi facenti parte del G7 al fine
11 di fornire indicazioni e strumenti utili al contrasto del riciclaggio, ha elaborato e
via via aggiornato e integrato nel tempo 40 Raccomandazioni (diventate il
punto di riferimento delle legislazioni adottate in materia da moltissimi Stati
nonché delle Direttive antiriciclaggio emanate dall’Unione Europea), alle quali
si sono aggiunte, dopo gli attentati alle Twin Towers del settembre 2001, 9
“speciali” raccomandazioni a fini di contrasto del finanziamento del terrorismo.
La decisione di utilizzare gli strumenti antiriciclaggio anche al fine di evitare
l’utilizzo del sistema finanziario per farvi transitare fondi destinati alle
organizzazioni terroristiche è derivata dalla convinzione che, a prescindere
dalla possibile diversa origine delle disponibilità utilizzate2, le modalità
operative per movimentarle siano le stesse utilizzate dai riciclatori.
In estrema sintesi, si può dire che le raccomandazioni del GAFI basano su
tre postulati la prevenzione e il contrasto all’utilizzo del sistema finanziario da
parte
delle
organizzazioni
criminali
e
terroristiche:
l’identificazione
e
conoscenza articolata da parte degli intermediari bancari e finanziari - e degli
altri soggetti ed operatori coinvolti - della propria clientela, la tracciabilità
dettagliata delle operazioni e transazioni finanziarie, l’obbligo di segnalare ad
un’autorità (FINANCIAL INTELLIGENCE UNIT) a ciò preposta le operazioni
ritenute “sospette”. Viene inoltre naturalmente dato rilievo alla necessaria
criminalizzazione del reato di riciclaggio, alle indispensabili forme di
collaborazione internazionale a livello giudiziario, investigativo e tra autorità di
vigilanza ed al ruolo di supervisione e controllo del circuito finanziario che a
queste ultime compete.
L’azione del GAFI, al quale oggi aderiscono quasi 40 paesi e la Commissione
Europea, si concretizza in una continua osservazione e studio dei fenomeni del
riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, in valutazioni periodiche circa
l’aderenza effettiva dei paesi membri alle Raccomandazioni, in un’azione di
stimolo alla compliance nei confronti degli altri paesi, al fine di ridurre i
differenziali esistenti in termini di legislazione antiriciclaggio e di cooperazione
2
I fondi destinati a finanziare i terroristi potrebbero infatti derivare anche da attività lecite ed
essere messi a loro disposizione, ad esempio, attraverso donazioni o raccolte in aree o paesi
ovvero comunità etnico-religiose ostili alla cultura ed alle politiche dell’Occidente.
12 internazionale nel contrasto, differenziali che altrimenti facilitano l’azione dei
riciclatori.
Le raccomandazioni, come detto, vengono periodicamente aggiornate: l’ultimo
aggiornamento del 2012 ha riguardato l’integrazione in misura maggiore delle
misure contro il finanziamento del terrorismo con i controlli antiriciclaggio,
l’introduzione di nuove misure per contrastare il finanziamento del commercio
delle armi di distruzione di massa e soprattutto il riciclaggio proveniente da
corruzione e reati fiscali. Le nuove raccomandazioni hanno inoltre rafforzato gli
obblighi e gli adempimenti da rispettare nelle situazioni "ad alto rischio", quali
quella delle persone politicamente esposte (i cosiddetti PEPs), nonché i poteri
delle autorità chiamate a ricevere ed esaminare le segnalazioni di operazioni
sospette.
Per concludere, va sottolineato le raccomandazioni del GAFI hanno costituito e
costituiscono il benchmark per l’emanazione e l’aggiornamento delle normative
antiriciclaggio da parte di molti paesi, e in particolare di Direttive in materia
dell’Unione Europea, successivamente recepite dalle legislazioni dei singoli
Stati. Anche le raccomandazioni del 2012 avranno quindi riflesso sulle norme
comunitarie e, di conseguenza, sulle regole e leggi antiriciclaggio dei paesi
aderenti all’Unione.
Chi volesse approfondire il processo di sviluppo delle normative antiriciclaggio
a livello UE ed i conseguenti riflessi sulla normativa italiana può fare
riferimento all’appendice n. 1.
13 IL DLGS 231/2007
Oggi, come già anticipato, la “legge quadro” per la prevenzione e il contrasto al
riciclaggio è il DLGS 231/20073, che recepisce, adattandoli alla realtà
italiana, i contenuti della III Direttiva UE del 2005, in materia di identificazione
e conoscenza della clientela, di tracciabilità delle operazioni e di segnalazione
delle operazioni sospette. Il decreto definisce inoltre quali siano le Autorità
coinvolte e i soggetti destinatari degli obblighi, stabilendo la soppressione
dell’Ufficio Italiano dei cambi ed il passaggio dei compiti in materia di
antiriciclaggio all’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), struttura creata
nell’ambito della Banca d’Italia, con profili di autonomia ed indipendenza.
-
LE
AUTORITA’
CON
RUOLO
E
RESPONSABILITA’
NELLA
PREVENZIONE E NEL CONTRASTO
La responsabilità delle politiche di prevenzione dell’utilizzo del sistema
economico-finanziario a fini di riciclaggio e finanziamento del terrorismo spetta
al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), che ha il compito di
favorire la collaborazione tra le altre autorità (UIF, DIA, NSPV, autorità di
vigilanza di settore, ordini professionali) e che a tal fine si avvale di un
organismo creato ad hoc, il Comitato di Sicurezza Finanziaria (CSF), del
quale fanno parte tramite propri rappresentanti, oltre al MEF, che ne ha la
direzione, ed alle autorità prima citate, anche i Ministeri della giustizia,
dell’interno, degli affari esteri, nonché l’Arma dei Carabinieri e la Direzione
Nazionale Antimafia. Il MEF cura i rapporti con la UE e gli organismi
internazionali che hanno compito di definire a fine di stabilire le politiche
opportune e gli standard da adottare comunemente.
3
Il decreto legislativo in questione è stato poi oggetto di modifiche ed integrazioni, in alcuni
casi significative, tramite il DLGS 151/2009 e il D.L. 78/2010, convertito dalla L.122/2010 Il
testo integrato del DLGS 231/2007 è consultabile sul sito della Banca d’Italia - UIF.
14 L’Unità di Informazione Finanziaria, del processo istitutivo della quale si è
già detto, rappresenta il punto di raccordo tra le attività di prevenzione e le
attività di più diretto contrasto e repressione dei fenomeni del riciclaggio e del
finanziamento del terrorismo. Tra i suoi compiti spicca innanzitutto quello di
analisi delle segnalazioni di operazioni sospette trasmesse dagli intermediari
finanziari e dagli altri soggetti a ciò obbligati, nonché di ogni fatto che potrebbe
essere correlato a riciclaggio o finanziamento del terrorismo. A tal fine essa
acquisisce ulteriori dati dagli intermediari finanziari e dagli altri soggetti; si
avvale del contributo delle autorità di vigilanza; coopera con le autorità e le
forze di polizia competenti; scambia informazioni con omologhe autorità di altri
paesi. Può poi esercitare il potere di sospensione, come già accennato, per le
operazioni tempestivamente segnalate prima della loro esecuzione, con la
finalità di dare margine alla Magistratura eventualmente procedente di
intervenire con provvedimenti di sequestro; tale esercizio può poi avvenire
anche dietro sollecitazione del NSPV, della DIA o della stessa Autorità
Giudiziaria.
La UIF inoltre:
o svolge analisi e studi dei flussi finanziari, nonché analisi statistiche dei
dati aggregati trasmessi su base mensile dai soggetti obbligati del
settore bancario e finanziario sulla base delle risultanze dell’Archivio
Unico Informatico (AUI);
o collabora con le competenti autorità per l'emanazione della normativa
secondaria, predispone indicatori di anomalia ed elabora schemi e
modelli di comportamento anomalo sotto il profilo finanziario;
o svolge funzioni di controllo, anche ispettivo, come pure di avvio dei
procedimenti sanzionatori nelle materie di propria competenza;
o coopera con le altre Autorità nazionali impegnate nel contrasto al
riciclaggio e al finanziamento del terrorismo e con analoghe FIU estere;
o partecipa ai lavori di vari organismi internazionali (GAFI, Gruppo Egmont)
e comunitari ('Piattaforma' delle FIU comunitarie, Comitato per la
Prevenzione del Riciclaggio e del Finanziamento del Terrorismo).
15 Le Autorità di Vigilanza di Settore (quali la Banca d’Italia, la CONSOB,
l’ISVAP) hanno il ruolo di sovraintendere al rispetto degli obblighi stabiliti dal
DLGS 231/2007 da parte dei soggetti rispettivamente vigilati. In particolare
emanano la normativa applicativa del decreto in questione per quanto
concerne sia le procedure di identificazione e monitoraggio continuo della
clientela (la cosiddetta “adeguata verifica”) che quelle di registrazione delle
operazioni, nonché per quanto concerne l’organizzazione, le procedure, i
controlli interni che i soggetti vigilati devono nello specifico implementare.
Ruolo analogo, ma più sfumato, hanno nei confronti dei loro iscritti i Collegi
ed Ordini Professionali (quali il Notariato, gli ordini degli Avvocati, quello dei
Commercialisti e quello dei Consulenti del Lavoro), che, sotto l’alta vigilanza
del Ministero della giustizia, promuovono e controllano l’osservanza degli
obblighi specificamente previsti dal DLGS 231/07 per le rispettive professioni.
Spetta naturalmente alle Forze di Polizia e alla Magistrature indagare e
reprimere il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo; tra gli Organi delle
Indagini, chiamati tutti a collaborare con la UIF per l’individuazione e la
circolazione di informazioni utili a contrastare tali fenomeni, spicca il ruolo
attribuito alla DIA e al NSPV di sviluppo sotto il profilo investigativo delle
segnalazioni
di
operazioni
sospette
trasmesse
dalla
UIF,
dopo
gli
approfondimenti di competenza. Per quanto concerne la divisione dei compiti
tra le due forze, va specificato che la DIA prende in carico le segnalazioni che
risultano attenere a soggetti (o fatti) riconducibili alla criminalità organizzata.
-
I SOGGETTI DESTINATARI DEGLI OBBLIGHI
Per quanto riguarda i Soggetti “obbligati” il loro elenco è attualmente
contenuto negli articoli 11, 12 e 13 e 14 del DLGS 231/2007.
16 L’art.11 riguarda innanzitutto gli intermediari bancari e finanziari: quindi le
banche, ivi compresa Poste Italiane SPA, gli istituti di moneta elettronica, le
SIM, le SGR, le SICAV, le assicurazioni, gli agenti di cambio, le società di
riscossione tributi, le succursali in Italia dei soggetti in questione aventi la sede
legale all’estero, gli intermediari iscritti negli elenchi speciali gestiti dalla Banca
d’Italia, la Cassa depositi e prestiti, le società fiduciarie. L’articolo prende
inoltre in considerazione, quali altri soggetti esercenti attività finanziaria,
i mediatori creditizi e gli agenti e broker assicurativi iscritti negli elenchi tenuti
dall’ISVAP.
L’art. 12 contiene l’elenco dei professionisti ai quali si applicano gli obblighi
indicati nel decreto legislativo in questione: commercialisti, periti e consulenti
che si occupano di contabilità e tributi (anche i CAF e i patronati), i notai e gli
avvocati che per in nome e per conto della clientela compiono operazioni di
natura finanziaria o immobiliare o quando danno assistenza ai clienti per
operazioni di trasferimento di beni e attività, per la gestione di attività
finanziarie, per la costituzione, gestione e amministrazione di società, trust e
simili. I professionisti in questione sono però esonerati dall’obbligo di
segnalazione delle operazioni sospette, in relazione ad informazioni delle quali
vengono in possesso, nell’attività di difesa o rappresentanza in procedimenti
giudiziari.
L’art. 13 si riferisce all’attività di revisione contabile, indicando come
destinatari degli obblighi sia le società di revisione, che i revisori iscritti
nell’apposto registro.
L’art.14 contiene l’elenco degli “altri soggetti” destinatari degli obblighi; si
tratta di operatori che svolgono attività (che possono essere esercitate solo se
in possesso di licenza, autorizzazione, iscrizione in albi/registri o previa
dichiarazione) ritenute a rischio: recupero crediti, custodia e trasporto valori,
gestione di case da gioco, offerta di scommesse e giochi d’azzardo (anche su
Internet), intermediazione immobiliare.
17 Gli obblighi in capo ai destinatari sono in una serie di casi modulati, come si
vedrà
affrontando
specificatamente
i
temi
dell’adeguata
verifica,
della
registrazione delle operazioni e della segnalazione delle operazioni sospette
18 -
IL PROCESSO DI “ADEGUATA VERIFICA”
Si può dire che l’adeguata verifica è indubbiamente la novità più importante
introdotta dal DLGS 231/2007, in recepimento delle indicazioni della Direttiva.
Di che cosa concretamente si tratta? L’“adeguata verifica” rappresenta
il
superamento della pura e semplice identificazione della clientela nella fase
iniziale del rapporto, che rimane comunque necessaria, ma che deve essere
integrata da informazioni richieste al cliente “sulla natura e scopo del rapporto
continuativo o della prestazione professionale richiesta”, da un’attività di
controllo costante successiva, per verificare che transazioni e operazioni poste
in essere siano coerenti con quanto dichiarato, e dall’individuazione del titolare
effettivo, ovvero della persona fisica per conto della quale è realizzata
un’operazione o un’attività, ovvero nel caso di entità giuridica, della persona o
delle persone fisiche che in ultima istanza, possiedono o controllano tale entità,
ovvero ne risultano beneficiari. Le norme relative all’ “adeguata verifica”
prevedono una modulazione del livello di attenzione da prestare alla clientela in
ragione del grado di rischiosità alla stessa attribuibile sulla base di un set di
criteri che si riferiscono
o alla clientela: natura giuridica, attività svolta, area geografica di
residenza del cliente e/o delle sue controparti comportamento (inteso nel
senso della disponibilità a fornire le informazioni necessarie al momento
dell’apertura di un rapporto o del compimento di un’operazione o di
richiesta di una prestazione);
o alla tipologia di rapporto continuativo, operazione o prestazione richiesti
(tipologia, modalità di svolgimento, ammontare, frequenza delle
operazioni, durata del rapporto o della prestazione richiesta,
ragionevolezza di quanto richiesto in relazione all’attività del cliente, aree
geografiche di destinazione/provenienza dei flussi finanziari).
Il processo, in ragione dei criteri suddetti, può essere standard, ovvero
semplificato per i soggetti e le operazioni che presentano un basso rischio di
riciclaggio o di finanziamento del terrorismo: è il caso in cui i clienti siano altri
intermediari finanziari, ad esclusione delle fiduciarie che operano in nome e per
conto del cliente4, ovvero di intermediari operanti in altri paesi UE - e quindi
4
Questo vuol dire che tali fiduciarie devono comunicare alla banca presso la quale aprono un
rapporto (di conto o di deposito) gli estremi del cliente per il quale operano, che è il
“beneficiario effettivo”, consentendo così all’intermediario bancario di completare il processo di
19 sottoposti ai dettami delle Direttive citate nel capitolo II - ovvero ancora di
intermediari operanti in Paesi aventi regimi equivalenti in materia di contrasto
al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo. Per quanto riguarda le
operazioni a basso rischio il decreto fa esplicito riferimento alle polizze vita di
piccolo importo (sino a € 1.500), ai tradizionali regimi pensionistici, alla
moneta elettronica non ricaricabile o ricaricabile per un massimo di € 3.500
annui.
Di fronte, invece, a situazioni più a rischio, aumenta l’intensità del processo e
si passa all’ “adeguata verifica” rafforzata, da attuarsi, in particolare, in caso di
apertura di rapporti con un cliente non presente fisicamente (e cioè quando il
processo
di
identificazione
iniziale
avviene
per
il
tramite
di
un
altro
intermediario, che deve essere soggetto comunque alla Direttiva) e in caso di
apertura di conti di corrispondenza con intermediari aventi la sede in Stati
extracomunitari, sui quali bisogna raccogliere in via preventiva informazioni
circa l’attività, la sua reputazione, il sistema di vigilanza al quale sono
sottoposti e la qualità dei controlli attuati a fini di contrasto al riciclaggio ed al
finanziamento del terrorismo.
Il DLGS 231/2007 sottopone inoltre ad “adeguata verifica” rafforzata i rapporti,
le operazioni e riconducibili alle Persone Politicamente Esposte (PEPs),
intendendosi per tali, in armonia con la III direttiva, i soggetti esteri che
ricoprono o hanno ricoperto nel loro paese o in ambito internazionale cariche di
alto livello nel governo e nell’apparato statale (ovvero aventi incarichi e
responsabilità in ambito internazionale), i loro familiari e gli eventuali
prestanome
che
gestiscano
attività
e
disponibilità
loro
riconducibili.
L’attenzione verso i PEPs si è sviluppata, a partire dalla metà degli anni ’90, a
seguito della decisione presa da diversi paesi, tra cui la Svizzera, di
“congelare” (ovvero sequestrare) ingenti patrimoni sottratti alla nazione e
trasferiti all’estero nel proprio interesse da parte di Capi di Stato e dittatori di
“adeguata verifica”. E’ questo un disposto che ha fatto molto arrabbiare le fiduciarie, che
ancora si spendono per farlo modificare, al fine di ottenere un trattamento pari a quello degli
altri intermediari, almeno per le fiduciarie facenti parte di gruppi bancari e quindi sottoposte ai
controlli interni – anche a fini antiriciclaggio - della capogruppo.
20 paesi extraeuropei (quali Abacha della Nigeria, Duvalier di Haiti, Montesinos del
Perù, Marcos delle Filippine e, più recentemente, Muhammar Geddafi)5 e della
decisione di procedere alla loro restituzione ai governi legittimamente
succeduti ai dittatori.
Conseguenza diretta del processo di “adeguata verifica” è poi l’obbligo di
astensione (dall’apertura di un rapporto continuativo, dall’esecuzione di
un’operazione o di una prestazione professionale), che scatta quando uno dei
“soggetti obbligati” non si trova nella condizione di rispettare quanto previsto
al riguardo dalle norme e naturalmente solo quando astenersi sia possibile e
non si sia, invece, nella condizione in cui l’operazione per sua natura non possa
esser rinviata. L’astensione è quindi premessa per l’avvio di un processo di
valutazione circa l’effettuazione o meno di una segnalazione di operazione
sospetta, da produrre sempre ed immediatamente nei casi in cui astenersi non
sia stato possibile.
In questo ambito particolare attenzione viene data alle aree geografiche ed ai
paesi extracomunitari a rischio, ovvero ai paesi non dotati, come già
accennato, di legislazioni equivalenti a quelle in essere nell’aria UE. Sarà poi
affidato a un decreto ministeriale del MEF del 12 Agosto 2008, oggetto di
aggiornamento con un successivo DM del 27 Settembre 2001, il compito di
definire la lista dei paesi extracomunitari equivalenti6, con la conseguenza che
in relazione alle transazioni ed ai flussi da/per i paesi non ricompresi nella lista
stessa, sarà necessario procedere alla “adeguata verifica” in forma rafforzata.
5
In considerazione del numero e delle continue
variazioni possibili, l’unico sistema
minimamente efficiente per il monitoraggio delle proprie anagrafiche da parte degli
intermediari finanziari è quello di far ricorso a watching list predisposte e periodicamente
aggiornate da società specializzate.
6
Conseguenza di tali specifici contenuti del DLGS 231/2007 e delle suddette norme applicative
sono stati i noti irrigidimenti nei rapporti e flussi finanziari tra l’Italia e gli Stati extracomunitari
di San Marino e della Città del Vaticano, paesi sottoposti da allora a pressioni e valutazioni da
parte di organismi, quali il GAFI e il Moneyval della UE, perché adeguino le loro normative ed i
loro assetti organizzativi agli standard internazionali in materia di contrasto al riciclaggio ed ai
flussi finanziari destinati alle organizzazioni terroristiche.
21 Va in ogni caso ricordato che la conoscenza approfondita delle clientela e la
verifica continua del relativo operato erano già presenti nella legislazione
precedente al DLGS 231/2007, sia pure finalizzate principalmente all’ambito
del processo di valutazione delle operazioni sospette: in particolare il
cosiddetto
“Decalogo”,
emanato
dalla
Banca
d’Italia
nel
2001
per
l’individuazione di tali operazioni, aveva già dato precise indicazioni in tal
senso, richiedendo ai destinatari di tale provvedimento di porre in essere
presidi e modalità operative che andassero ben oltre la semplice identificazione
della clientela.
Appare evidente come sia fondamentale, per individuare a quale livello operare
per l’ “adeguata verifica”, la collaborazione della clientela, per la quale il
decreto
stabilisce
l’obbligo
di
“fornire
per
iscritto,
sotto
la
propria
responsabilità, tutte le informazioni necessarie ed aggiornate delle quali siano
a conoscenza”, pena, come poi si vedrà in dettaglio, la possibilità di sanzioni a
suo carico.
Il DLGS 231/2007 postula anche che l’ “adeguata verifica” debba riguardare
non solo la nuova clientela, ma debba, alla prima occasione utile, coinvolgere
anche la clientela già acquisita, con un recupero presso la stessa di tutte le
informazioni necessarie, al primo contatto a ciò utile. E’ su questo terreno che
sono sembrate emergere le maggiori difficoltà di adeguamento, soprattutto per
gli intermediari di maggiore grandezza, anche in conseguenza dei processi di
concentrazione, che li vede acquisire rami e sportelli - se non intere aziende - e
i relativi clienti, senza che spesso a ciò si accompagni un passaggio di
informazioni qualificate.
Viene, infine, considerata la possibilità che per il processo in questione il
sistema bancario e finanziario italiano possa avvalersi di soggetti terzi,
sempreché si tratti di intermediari italiani o con sede in paesi UE ovvero di
intermediari insediati in paesi extracomunitari ma sottoposti ad obblighi
22 equivalenti a quelli della III Direttiva. Anche in questo caso restano elementi di
criticità, in particolare relativamente al passaggio effettivo da un intermediario
all’altro di documentazione ed informazioni sufficienti alla “profilatura” del
cliente.
In ogni caso, il processo dell’ “adeguata verifica”, se ben attuato, può
rappresentare una forma di garanzia per i soggetti obbligati, e in particolare
per il settore bancario, rispetto al rischio di trovarsi coinvolti, anche
inconsapevolmente, in operazioni di riciclaggio.
Va detto comunque che le procedure informatiche studiate e messe in vendita
da società di software per il settore bancario e finanziario, basate nella
maggior parte dei casi quasi unicamente sui dati relativi alle operazioni della
clientela registrate nell’Archivio Unico Informatico (AUI), appaiono spesso
insufficienti ad una effettiva valutazione del profilo di rischio. Inoltre le
risultanze di tale processo, quale che sia il suo livello di efficienza, non sono
spesso disponibili on-line a chi si trova in prima linea ad operare con la
clientela.
Certo la normativa in tema di “adeguata verifica”, così come delineata dal
DLGS 231/2007, non è a volte di facile comprensione ed applicazione.
Potrebbero infatti creare problemi operativi, economici e legali l’obbligo di
astensione dall’operazione e/o dall’apertura di un rapporto in caso di mancato
completamento del processo di “adeguata verifica” (con la contemporanea
valutazione dell’opportunità di segnalare l’accaduto come operazione sospetta)
e soprattutto l’obbligo di interruzione dei rapporti già in essere quando detto
processo non desse risultati soddisfacenti. E’ poi in particolare l’individuazione
del “beneficiario effettivo” a porre i maggiori problemi, soprattutto nel caso di
catene
di
controllo
societarie
(le
cosiddette
scatole
cinesi),
spesso
caratterizzate anche da componenti estere. E la mancata emanazione –
incomprensibile – di istruzioni applicative realmente applicabili di questa parte
23 del DLGS 231/2007 da parte della Vigilanza della Banca d’Italia non rende la
vita facile agli intermediari bancari e finanziari.7
Non paiono andare, d’altra parte, in questo senso le norme di cui al DL
169/2012 a modifica dell’art. 23 del DLGS 231/2007, in base al quale, se non è
possibile rispettare gli obblighi di adeguata verifica dei rapporti continuativi già
in essere o di prestazioni professionali in corso di realizzazione, i responsabili
dell'applicazione delle norme devono restituire al cliente fondi, strumenti e
"altre disponibilità finanziarie", liquidandone l'importo con bonifico su un c/c
bancario indicato dal cliente stesso. Il trasferimento dei fondi va accompagnato
da un messaggio alla banca ricevente che la informi di come non sia stato
possibile completare il processo di adeguata verifica. Tale norma ha suscitato
tali perplessità e difficoltà, sul piano operativo e legale, da indurre il MEF, con
un comunicato fatto circolare tramite l’ABI, a sospendere l’applicazione delle
disposizioni sino all’emanazione di non meglio precisati “chiarimenti da parte
dell’Amministrazione” (forse le attese Istruzioni di Vigilanza?).
Le evidenti complessità delle norme e degli adempimenti richiesti nella materia
in questione dovrebbero rendere necessari maggiori investimenti, in particolare
da parte delle aziende bancarie, nella conoscenza e monitoraggio della
clientela, al fine di una riduzione del rischio di coinvolgimento e di rendere
possibile alle proprie articolazioni operative di prestare la propria attività
professionale in conformità alla normativa; per parte loro spetta al front office
ed ai preposti delle filiali e delle agenzie richiedere alla clientela la massima
collaborazione nel fornire le informazioni previste, spiegando se necessario gli
obblighi (e le relative sanzioni in caso di violazione) imposti dalla normativa, ai
quali non possono essere contrapposte in alcun modo argomentazioni
riferentesi alla tutela della privacy. E’ chiaro, infine, che nei casi di dubbi
rilevanti circa il completamento effettivo del processo di adeguata verifica,
convenga non sottovalutare il problema e coinvolgere nel processo di
7
Al momento della preparazione di questo testo (febbraio/marzo 2013), si parla di una
prossima uscita delle disposizioni di Vigilanza in materia.
24 valutazione del da farsi le strutture antiriciclaggio centrali ed eventualmente il
settore legale.
25 -
LA
TRACCIABILITA’
DELLE
OPERAZIONI:
OBBLIGHI
DI
REGISTRAZIONE E CONSERVAZIONE
Il
DLGS
231/2007
conferma
quanto
stabilito
sin
primi
provvedimenti
antiriciclaggio del 1991 per i soggetti obbligati in materia sia di obblighi di
conservazione (per 10 anni) delle informazioni acquisite nell’ambito del
processo di identificazione, che per quanto riguarda le scritture e le
registrazioni relative alle operazioni e ai rapporti continuativi instaurati con la
clientela.
Il provvedimento di legge in questione conferma inoltre – con riferimento al
sistema bancario e finanziario8 – come i suddetti dati, secondo specifiche
regole, aggiornate in particolare alla luce di quanto stabilito in materia di
identificazione dal processo di “adeguata verifica” di cui si è detto, vadano
riversati in quell’archivio nominativo chiamato l’Archivio Unico Informatico
(AUI), previsto anch’esso dai primi provvedimenti del 1991 e che rappresenta
una specificità italiana rispetto legislazioni antiriciclaggio degli altri paesi.
In particolare il decreto indica le caratteristiche per una corretta gestione e
tenuta dei dati da registrare nell’AUI: chiarezza, completezza ed immediatezza
dei dati nonché mantenimento della storicità delle informazioni, conservazione
dei dati secondo criteri uniformi, possibilità di desumere dagli stessi evidenze
integrate ed, infine, facilità di consultazione. Viene stabilito, inoltre, che la
struttura dell’AUI debba essere tale da limitare gli oneri gravanti sui diversi
destinatari e tenere conto delle loro peculiarità operative.
Sulla
materia
la
Banca
d’Italia
ha
emanato,
nel
dicembre
2009
un
Provvedimento che non solo riprende le novità derivanti dalla terza direttiva
antiriciclaggio e dal suo recepimento nel d.lgs. 231/07, ma introduce dei
8
Le regole in materia per i professionisti e gli operatori non finanziari sono decisamente meno
articolate, e comunque più aderenti alle loro attività.
26 cambiamenti volti a elaborare un quadro regolamentare che, da un lato,
potesse rafforzare il raggiungimento degli obiettivi per i quali è stata prevista
l’istituzione dell’archivio unico informatico e che, dall’altro, fosse in grado di
superare le criticità emerse negli anni passati.
Il provvedimento contiene quindi le principali regole di riferimento per
adempiere all’obbligo di registrazione e di tenuta dell’AUI, ed è integrato da tre
allegati, che stabiliscono rispettivamente le norme per il corretto utilizzo delle
causali analitiche rappresentative delle operazioni oggetto di registrazione
(allegato n. 1 “Causali analitiche”), le norme tecnico-informatiche per una
regolare tenuta dell’AUI (allegato n. 2 “Standard tecnici”), le tabelle dei codici
da utilizzare per la registrazione (allegato n. 3 “Tabelle dei codici”).
In estrema sintesi si può dire che le principali innovazioni riguardano in
particolare:
-
la registrazione in AUI, accanto ai dati anagrafici della persona – fisica o
giuridica - cui riferire l’operazione (e, nel caso, della persona cha ha operato
per suo conto) dei dati relativi al “beneficiario effettivo”;
-
la revisione del sistema delle causali e delle relative modalità di
aggregazione ai fini dell’invio mensile dei “dati aggregati” alla UIF.
Una sintetica esposizione di quanto stabilito nel provvedimento in questione è
contenuto nell’Appendice n. 2
*****
Vale qui la pena di ricordare che l’AUI è stato concepito con l’intento di
raggiungere un duplice obiettivo:
-
Permettere la rappresentazione integrata9, secondo standard uniformi, di
informazioni finanziarie ed anagrafiche riconducibili ad un dato cliente,
9
Anche il periodo di conservazione dei dati registrati in AUI è pari a dieci anni.
27 acquisite da ciascun intermediario nello svolgimento della propria attività
istituzionale e facilitare, quindi, la ricerca di dati ed informazioni utili a fini di
indagini ovvero di approfondimento finanziario, superando il fatto che tali
dati ed informazioni vengono archiviati e gestiti con procedure separate e
spesso difformi da intermediario ad intermediario10, nonché consentendo
una più immediata tracciabilità dei flussi (in capo ad un medesimo soggetto
o tra soggetti diversi) all’interno dell’intero sistema finanziario nazionale.
-
Permettere - come già accennato -
la costituzione presso le autorità
antiriciclaggio11, attraverso l’invio mensile dei dati aggregati (e cioè di dati
estratti dall’AUI in forma “anonimizzata” e associati per causali omogenee)
di una “base informativa” potenzialmente utile ad analizzare nel tempo,
attraverso gli strumenti della statistica, l’andamento, le eventuali anomalie
e le vere proprie distorsioni
a livello territoriale dei flussi generati dalle
operazioni della clientela del mondo bancario e finanziario.
Vale altrettanto qui la pena di non sottacere che le potenzialità di utilizzo
dell’AUI e dei dati aggregati sono state spesso limitate da diversi fattori, in
parte imputabili alle stesse autorità antiriciclaggio (regole spesso non coerenti
con l’operatività effettiva degli intermediari, non coinvolti o interessati solo
formalmente alla loro formulazione; ritardi nei processi di adeguamento ed
aggiornamento delle stesse; incoerenze nelle risposte ai chiarimenti richiesti, a
seconda del settore investito dai quesiti); e naturalmente imputabili anche agli
intermediari, per i mancati o insufficienti investimenti nelle procedure di
10
A titolo di esempio, l’anagrafe aziendale raggruppa l’insieme delle informazioni del cliente
attinenti le generalità, la classificazione economica ovvero la presenza di collegamenti con altri
soggetti clienti dell’intermediario; le operazioni da questi poste in essere sono inserite, invece,
in procedure sezionali dedicate a specifici sottosistemi tra di loro separati (conto corrente,
titoli, portafoglio commerciale, gestioni patrimoniali ecc.) che contengono invece informazioni
dettagliate in ordine ad aspetti finanziari e patrimoniali. Per quanto concerne segnatamente le
banche si possono trarre ulteriori elementi informativi sull’operatività di un soggetto da
ulteriori fonti come la documentazione contabile di sportello attinente la c.d. “operatività per
cassa”. 11
Prima il Servizio Antiriciclaggio dell’UIC ed oggi l’Unità di Informazione Finanziaria presso la
Banca d’Italia.
28 raccordo tra procedure operative12, contabilità aziendale, riversamento dei
relativi dati in AUI e produzione dei dati aggregati. Tutto ciò con conseguenze
in termini di contestazioni e sanzioni, a carico degli intermediari e/o del
personale singolarmente responsabile, per il mancato rispetto delle regole in
materia di identificazione e di registrazione (su tali specifico aspetto si tornerà
più avanti).
12
Si fa riferimento qui in particolare alle procedure a video per le implementazioni “manuali”
dell’AUI ancora a carico (per fortuna in modo sempre minore) degli operatori di sportello
29 -
LA SEGNALAZIONE DELLE OPERAZIONI SOSPETTE
Il I comma dell’art. 48 del DLGS 231/2007 stabilisce che i soggetti “obbligati”
inviano alla UIF “una segnalazione di operazione sospetta quando sanno,
sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso
o che siano state
compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di
finanziamento del terrorismo. Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità,
natura dell'operazione in ragione delle funzioni esercitate o da qualsivoglia
altra circostanza conosciuta, tenuto conto anche della capacità economica e
dell'attività
svolta dal soggetto cui
è riferita, in base agli elementi a
disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell'attività svolta ovvero a
seguito del conferimento di un incarico È un elemento di sospetto il ricorso
frequente o ingiustificato a operazioni in contante, anche se non in violazione
dei limiti di cui all'articolo 49, e, in particolare, il prelievo o il versamento in
contante con intermediari finanziari di importo pari o superiore a 15.000
euro13”.
Nel processo di valutazione, ai fini della segnalazione, delle operazioni
individuate come sospette devono quindi entrare in gioco gli elementi oggettivi
dell’operazione (caratteristiche, entità, natura) che vanno però considerati alla
luce del profilo del soggetto che l’ha richiesta o posta in essere: è evidente
l’importanza
del
“to
Know
your
customer”
e
quindi
della
qualità,
aggiornamento costante e disponibilità dei dati derivanti dal processo di
“adeguata verifica”.
Prima di entrare più nel merito alcune osservazioni su una certa ambiguità
terminologica dell’articolo di legge citato.
13
Il periodo in corsivo è stato introdotto con il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122.
30 -
Il termine “sanno” sembrerebbe indicare che, anche in caso della piena
consapevolezza di trovarsi di fronte ad un reato, sia sufficiente procedere
alla segnalazione. Risulta logico pensare – anche se la norma non lo
esplicita - che in tali casi $l’attività di segnalazione possa
essere
accompagnata, se non addirittura preceduta, da una denunzia direttamente
inoltrata all’Autorità Giudiziaria14.
-
Il termine “sospettano” è quello che meglio si attaglia alla successiva
definizione del processo di formulazione del sospetto, che si concretizza,
come detto, attraverso la ponderazione e il confronto di elementi oggettivi
(l’operazione) con elementi soggettivi (il profilo del cliente)
-
La frase “hanno motivi ragionevoli per sospettare” sembra voler sottolineare
la prevalenza in alcune circostanze di particolari elementi oggettivi, che
possono di per sé portare alla segnalazione; in questo senso può esser letta
la frase finale del comma citato all’inizio del presente capitolo (evidenziata
in corsivo), inserita nel DLGS 231/2007 tramite una legge del 2010, avente
come oggetto il contrasto all’evasione fiscale, con il palese intento di
disincentivare l’utilizzo del contante nelle transazioni. Si vedrà più oltre quali
siano stati gli effetti di tale modifica sul numero e la qualità delle
segnalazioni.
Gli
strumenti
attraverso
i
quali
portare
a
compimento
i
processi
di
individuazione delle operazioni sospette da segnalare alla UIF sono molteplici.
Innanzitutto gli indicatori di anomalia, aggiornati dalla UIF, che per gli
intermediari bancari e finanziari sono stati poi emanati dalla Banca d’Italia
nella sua qualità di Autorità di Vigilanza di Settore nell’ottobre 2010. Tali
indicatori si riferiscono:
alla clientela ed ai suoi comportamenti, quali in particolare:
o il rifiuto di fornire le informazioni e i chiarimenti previsti;
o il presentarsi sempre accompagnati da terzi non identificabili interessati
allo svolgimento delle operazioni;
o le richieste di modalità di svolgimento delle operazioni che favoriscano
l’aggiramento dei presidi antiriciclaggio;
o il risiedere od operare in contropartita di paesi ed aree a rischio;
o le richieste di ingenti prelevamenti per contanti o di trasferimento di
disponibilità, ovvero di liquidizzazione a tal fine di disponibilità detenute
14
Più chiaro in tal senso il Decalogo emanato dalla Banca d’Italia nel 2001 per
l’individuazione delle operazioni sospette, che precisava “La segnalazione è un atto distinto
dalla denuncia di fatti penalmente rilevanti e costituisce una comunicazione funzionale
all'avvio di approfondimenti sul piano economico e finanziario e, successivamente, di
eventuali indagini investigative. L'adempimento degli obblighi segnaletici non esclude,
quindi, che l'intermediario denunci fatti ritenuti penalmente rilevanti all'Autorità
Giudiziaria”.
31 in titoli e fondi, soprattutto da parte di clientela nota per essere
sottoposta ad indagini, o da parte di soggetti alla stessa contigui per
legami familiari o d’affari (sono questi tra i casi in cui informare la UIF
possibilmente prima dell’esecuzione delle operazioni al fine di
un’eventuale sospensione delle stesse15).
alle operazioni ed ai rapporti, quali in particolare:
o le operazioni con configurazione illogica, che oltretutto risultano
svantaggiose per il cliente e le operazioni inusuali rispetto alle prassi di
mercato ovvero effettuate con modalità e strumenti non coerenti con
quelli utilizzati dagli operatori presenti nello stesso comparto;
o richieste di non far transitare somme pervenute da terzi (ed in
particolare dall’estero) sul rapporto di conto;
o l’apertura di rapporto (o più rapporti) che rimangono in essere per un
breve periodo di tempo ovvero caratterizzati unicamente da operazioni
“in and out” soprattutto se in contropartita dell’estero ed in particolare di
paesi ed aree a rischio;
o rapporti intestati a non residenti, in particolare se con residenza/sede in
paesi ed aree a rischio;
o utilizzo di rapporti intestati a terzi (familiari, dipendenti) e conti personali
dei titolari/amministratori/beneficiari effettivi per farvi transitare
operazioni di pertinenza di società/imprese.
ai mezzi ed alle modalità di pagamento, quali in particolare:
o l’utilizzo (per grandi importi, ovvero ripetuto, ovvero ancora
ingiustificato) del contante;
o il ricorso a tecniche di frazionamento finalizzate ad eludere l’obbligo di
registrazione;
o l’utilizzo di modalità di pagamento (ad esempio trasferimenti ripetuti
tramite money transfer) non coerenti con profilo del cliente e la sua
attività.
Ulteriori indicatori di anomalia riguardano poi le operazioni su polizze
assicurative e su strumenti finanziari.
Oltre agli indicatori di anomalia la UIF, sulla scia di quanto iniziato dal Servizio
Antiriciclaggio dell’UIC e sulla base dell’esperienza maturata nell’esame delle
segnalazioni e dei loro sviluppi sul piano investigativo e giudiziario, ha
15
Nella generalità dei casi la sospensione – che ha validità per 5 giorni lavorativi - è presa
dalla UIF in accordo con le Autorità Investigative e/o la Magistratura procedente al fine di
rendere possibile il sequestro delle disponibilità che il cliente intendeva movimentare.
32 provveduto ad elaborare una serie di schemi rappresentativi di comportamenti
anomali
connessi
a
specifiche
fattispecie,
e
che
possono
risultare
effettivamente utili alla individuazione di movimentazioni riconducibili a
contesti criminali significativi. Si ricordano in particolare:
o l’usura, vista anche in collegamento con il progredire della crisi economicofinanziaria ed i conseguenti effetti sulle imprese e le famiglie;
o il fenomeno dell’evasione dell’IVA intracomunitaria
o i conti dedicati (la loro gestione ed il profilo economico-finanziario dei titolari
e
delle
loro
controparti)
intendendosi
per
tali
i
rapporti
sui
quali
obbligatoriamente debbono affluire i finanziamenti pubblici destinati ad
opere pubbliche di particolare rilievo (ad esempio il ponte sullo stretto) o
necessità (ad esempio la ricostruzione dopo il terremoto dell’Aquila);
o le frodi informatiche (ad esempio, ma non solo, il phishing);
o l’ottenimento illecito di finanziamenti pubblici
o l’evasione fiscale
Tutti
gli
indicatori
e
gli
schemi
sono
facilmente
consultabili
su
http://www.bancaditalia.it/UIF/prev-ricic/sos/norm-sos/norm-circ.
Accanto a questi strumenti, che potremmo definire “istituzionali”, ne esistono
poi altri, che invece potremmo definire “aziendali”. In primo luogo GIANOS: è
un software realizzato da una società privata, ma studiato ed aggiornato nel
tempo con la collaborazione dell’Associazione Bancaria Italiana, in grado di
estrarre dall’Archivio Unico Informatico, sulla base di parametri prescelti dagli
intermediari che lo utilizzano, i cosiddetti “inattesi”, cioè le operazioni poste in
essere dai singoli clienti, che per entità, caratteristiche e modalità operative
presentano
profili
di
anomalia:
i
risultati
di
tali
estrazioni,
effettuate
mensilmente, sono sottoposti il mese successivo alla verifica da parte di chi
cura i rapporti con i clienti ai quali le operazioni evidenziate si riferiscono,
perché si
esamini se le stesse siano effettivamente anomale - e quindi da
segnalare come sospette – o abbiano una spiegazione che ne vanifichi
l’apparente anomalia. Le ultime versioni del software in questione sono anche
33 in grado di fornire un “profilo” del livello di rischio da attribuire al singolo
cliente, basandosi naturalmente solo sugli elementi contenuti nell’AUI e cioè
sugli elementi dell’anagrafica della clientela a ciò utili (settore e ramo di attività
economica, paese/area di insediamento, etc.) e sulle relative operazioni
registrate: e non è detto che l’archivio sia sempre correttamente implementato
ed aggiornato in tutte le sue parti. Si deve comunque osservare che, pur
considerando la capacità di GIANOS di scandagliare una grande quantità di
dati, lo strumento manca soprattutto di tempestività nel segnalare le
operazioni a rischio, come vorrebbe invece la normativa; inoltre si è spesso
registrata - e non solo negli intermediari che lo utilizzano, ma anche per le
contestazioni di omessa segnalazione da parte della Autorità con compiti di
vigilanza e controllo (leggi Banca d’Italia e soprattutto Guardia di Finanza) – la
convinzione di un rapporto meccanicistico tra operazioni estratte da GIANOS e
operazioni da segnalare, con l’effetto di un aumento indiscriminato e non
significativo, in termini di effettivo contrasto al riciclaggio, del numero delle
segnalazioni.
Molti
intermediari,
proprio
perché
la
loro
rete
possa
cogliere
più
tempestivamente le situazioni a rischio e le operazioni potenzialmente
anomale, si sono poi dotati di strumenti e programmi autonomi, calibrati sulle
specificità della loro operatività.
Quello che è certo è che lo scattare di un allarme causato da uno degli
strumenti descritti non dovrebbe essere considerato di per sé sufficiente a
determinare l’invio di una segnalazione; la segnalazione, come precisato
all’inizio del presente capitolo, dovrebbe essere invece frutto di un processo di
valutazione che parte dal punto dove l’allarme è scattato (ad esempio la cassa)
e, attraverso il coinvolgimento di istanze superiori (il responsabile d’area, il
preposto dell’agenzia) arriva, riportando tutti gli elementi dell’operazione e le
informazioni relative al soggetto che ne è stato motore (il presentatore, ovvero
il titolare del rapporto, ovvero il beneficiario effettivo)
al Responsabile delle
34 Segnalazioni di Operazioni Sospette. E’ a questa figura, secondo quanto
stabilito dall’art.42 del DLGS 231/2007, che spetta:
o l’esame delle segnalazioni pervenute dalla rete, anche alla luce di degli
ulteriori elementi dei quali può disporre in ragione della sua funzione (ha
accesso a tutte le informazioni sulla clientela, nonché alle procedure
contabili ed all’AUI, ed in genere anche ai flussi informativi relativi alle di
altre strutture e funzioni, quali, in particolare, la revisione interna e l’area
legale);
o l’invio alla UIF delle segnalazioni ritenute fondate, con l’archiviazione di
quelle non ritenute tali;
o il
dialogo
con
la
UIF
relativamente
alle
richieste
di
ulteriore
approfondimento dalla stessa formulate;
o anche l’eventuale diffusione alle strutture operative dell’elenco dei clienti
segnalati.
Naturalmente il Responsabile, che in genere è coadiuvato da una struttura
operativa (in particolare quando svolge questa funzione nell’ambito di
intermediari di medio-grandi dimensioni o a livello di gruppo bancario) è in
condizione, proprio per il suo accesso ad un vasto patrimonio informativo, di
individuare autonomamente “ex post” operazioni con profili di sospetto e
segnalarle.
Quelli descritti sono i percorsi “ideali” del processo di segnalazione, che deve
poi essere accompagnato:
o dalla tracciabilità dei processi decisionali all’interno della rete. Questo
vuol dire per fare un esempio concreto, che, nel precorso prima
descritto, sarà opportuno che il cassiere mantenga traccia (ad esempio
tramite un messaggio di posta elettronica o un messaggio sulla intranet
aziendale) di quanto comunicato al preposto o al capoarea; questi, in
caso decida di non inoltrare la segnalazione - in quanto infondata ricevuta al responsabile per le segnalazioni, è opportuno che lasci traccia
delle motivazioni che lo hanno portato a tale decisione; comportamento
analogo terrà il responsabile per le segnalazioni in relazione a quelle, tra
le ricevute, che riterrà infondate. La tracciabilità può avere una funzione
di tutela rispetto ad eventuali indagini sul soggetto cui l’operazione si
35 riferisce ed alle
segnalazione.
possibili
conseguenti
contestazioni
per
omessa
o dalla tutela della riservatezza del segnalante, che è uno dei capisaldi del
funzionamento dei presidi antiriciclaggio in tutte le legislazioni e
normative di contrasto. E’ importante, quindi, che per parte loro i
responsabili delle segnalazioni evitino nel compilarle ogni esplicito
riferimento a chi ha materialmente messo in moto il processo. Altrettanto
importante è che questa tutela sia mantenuta nella fase degli
approfondimenti e delle indagini da parte delle Autorità Investigative,
nonché nell’eventuale procedimento penale scaturito dalla segnalazione.
E’ questa una fase nella quale si verificano, con una qualche frequenza,
irregolarità procedurali, dovute principalmente alla traslazione da parte
del NSPV dei propri poteri alle strutture territoriali della Guardia di
Finanza, che finiscono per adottare nell’approfondimento delle
segnalazioni le modalità operative proprie delle indagini fiscali (accesso
diretto presso la rete (filiale, ufficio) dove ha avuto luogo l’operazione
anziché presa di contatto con il responsabile delle segnalazioni,
contestazione diretta al segnalato del contenuto della segnalazione,
ecc.). Si tratta di fenomeni episodici, se confrontati con il numero delle
segnalazioni: in ogni caso pare opportuno che gli intermediari, quando
ciò accade, ne informino tempestivamente i livelli superiori dell’Organo
dell’Indagine responsabile e la UIF, se non altro per cercare di ridurre il
ripetersi di tali situazioni. E’ solo nell’ambito del procedimento penale
apertosi eventualmente dopo la fase delle indagini che può emergere
l’identità del segnalante, ma solo a seguito di richiesta motivata da parte
dell’Autorità Giudiziaria che ritenga ciò “indispensabile ai fini
dell’accertamento dei reati per i quali si procede”.
o dal divieto di comunicazione a terzi dell’avvenuta segnalazione (e delle
eventuali indagini conseguenti). Tale divieto naturalmente riguarda in
primo luogo il segnalato, ma non ricomprende il tentativo di dissuadere
un cliente dal porre in essere un’operazione avente da subito tutte le
caratteristiche per essere considerata sospetta. E’ ammesso invece dare
comunicazione dell’avvenuta segnalazione nell’ambito degli intermediari
facenti parte di un medesimo gruppo.
Ma bisogna dire che spesso le cose non vanno così: anche se l’aumento del
numero degli segnalanti (soprattutto del settore bancario e finanziario) e delle
segnalazioni viene generalmente letto come un dato positivo, anche se le
segnalazioni hanno diverse volte contribuito anche recentemente ad attivare
indagini e procedimenti giudiziari rilevanti, non va sottaciuto che l’aumento
esponenziale del numero delle segnalazioni è spesso sintomo di una non piena
36 adesione agli obblighi antiriciclaggio e di un atteggiamento puramente
difensivo.
In molti casi, infatti, si preferisce investire il minimo indispensabile nell’ambito
dell’adeguata verifica della clientela, nel controllo delle classi di rischio
attribuite e nel monitoraggio dell’operatività, chiudendo gli occhi, in particolare,
nei confronti
di quelle fasce di clienti “al di sopra di ogni sospetto” perché
ritenuti indispensabili dal punto di vista del business e delle relazioni con la
realtà economico-sociale e con il mondo della politica, mentre spesso sono
proprio loro a rappresentare i maggiori problemi non solo rispetto al rischio
riciclaggio ma anche a quello creditizio, come dimostrato anche recentemente
da numerose inchieste.
Per converso si sceglie di segnalare, senza alcuna attività di riscontro e filtro,
tutte le operazioni individuate come “anomale” dalle procedure, anche se non
rappresentative di un rischio effettivo, e soprattutto quelle in contante, con la
convinzione che ciò allontani o comunque riduca il rischio di contestazioni per
“omessa segnalazione” da parte delle autorità antiriciclaggio.16
Va detto in ogni caso che sul trend delle segnalazioni - ed in particolare di
quelle relative alle operazioni per contante - ha
comunque indubbiamente
pesato la modifica introdotta nel 2010 all’art. 48, evidenziata in corsivo
all’inizio del presente capitolo, che malgrado i successivi chiarimenti delle
stesse autorità, ne ha favorito l’aumento indiscriminato, creando non pochi
problemi di gestione all’attività delle autorità chiamate ad esaminarle (UIF,
NSPV e DIA).
La prima tabella che segue evidenzia come tale andamento si amplifichi a
partire appunto dal 2010; la seconda dà conto del peso dei diversi segnalanti
nel comparto finanziario; la terza mette in luce il ruolo di chi è a più stretto
16
Va peraltro ammesso che in questo ambito si sono verificati a volte degli eccessi, con una
visione meccanicistica, anche da parte della autorità di controllo, del rapporto tra anomalie e
operazioni da segnalare come sospette.
37 contatto con a clientela nell’individuazione delle operazioni da segnalare , la
quarta evidenzia le segnalazioni tramesse, a partire dal 2008, dai settori delle
professioni e delle attività non finanziarie, non certo significative dal punto di
vista numerico,
ma comunque in aumento, per il ruolo attivo svolto in
particolare dalla categoria dei notai.
Fonte: Bollettino Semestrale UIF – primo semestre 2012
38 Fonte: Bollettino Semestrale UIF – primo semestre 2012
39 Fonte: Bollettino Semestrale UIF – primo semestre 2012
Nell’ Appendice n. 3 vengono fornite informazioni circa gli strumenti e le
modalità di segnalazione e riguardo all’attività di analisi e sviluppo delle
segnalazioni svolta dalla UIF.
40 -
LIMITAZIONI
PORTATORE
ALL’UTILIZZO
DEL
CONTANTE
E
DI
TITOLI
AL
Sono evidenti le ragioni dell’attenzione delle normative antiriciclaggio al
contante ed ai titoli al portatore, per la perdita della tracciabilità dei pagamenti
che l’utilizzo nelle transazioni di tali strumenti comporta. Oltretutto è il
contante a costituire ancora il frutto immediato di diversi reati, alcuni dei quali
particolarmente gravi anche perché riconducibili in massima parte alla
criminalità organizzata, quali, ad esempio, il traffico di droga, quello di esseri
umani, la prostituzione. Ma il contante è molto spesso anche il mezzo
attraverso il
quale si concretizzano reati altrettanto gravi, quali quelli della
corruzione, della concussione.
Quando poi si parla di contante e di titoli al
portatore, sono altrettanto evidenti i punti di contatto tra le normative fiscali e
quelle antiriciclaggio atteso che tali modalità di pagamento - e soprattutto il
contante - sono gli strumenti che permettono la realizzazione dell’evasione
fiscale: obiettivo comune delle due normative è pertanto porre dei limiti
all’utilizzazione di tali strumenti. Al DLGS 231/2007, come alle precedenti
legislazioni antiriciclaggio, il compito di fissare in prima istanza i limiti e le
condizioni di utilizzo. Nel 2007 la soglia di riferimento era di 12.500 euro,
successivamente ridotta a 5.000 nel 2008 e portata nell’agosto 2011 con la
“Manovra bis” a 2.500 euro (e quindi si tratta di modifiche introdotte tramite
provvedimenti di natura eminentemente fiscale). Nel dicembre dello stesso
anno il limite stato ulteriormente abbassato alla soglia dei 1.000 euro; tale
soglia, come noto, vale anche per l’apposizione della clausola di “non
trasferibilità”, da apporre obbligatoriamente sugli assegni bancari, circolari e
postali di importo superiore. Progetti di abbassare ulteriormente tale soglia,
come già accennato, non hanno avuto successo per opposizione della destra
berlusconiana, che nella campagna elettorale del 2013 ha addirittura proposto
di abolire le limitazioni all’utilizzo del contante.
E’ restata - per ora - a 10.000 euro la soglia, anch’essa fissata da normative
fiscali ed in recepimento di direttive europee, dei contanti e titoli esportabili ed
importabili senza dover renderne apposita dichiarazione agli Uffici Doganali
41 nelle 48 ore precedenti (per l’esportazione) o successive (per l’importazione),
anche per il tramite di sportelli bancari o postali.
Le violazioni alle disposizioni in materia di contante e di titoli al portatore sono
sanzionate in via amministrativa17; le autorità che ne vengono a conoscenza
provvedono a contestarle alla parte attraverso un processo verbale di
accertamento; il procedimento che si instaura può essere interrotto attraverso
il pagamento dell’oblazione (ovvero del pagamento di una parte percentuale
della pena pecuniaria prevista); ove ciò non accada, ad esaminare i casi, ivi
comprese le difese dell’autore dell’infrazione, e ad irrogare le sanzioni
provvede il MEF. Si ricorda che, in caso di titoli di credito di importo superiore
alla soglia che pervengano per l’incasso e/o versamento in conto privi della
clausola di non trasferibilità (o che risultino girati dal beneficiario a terzi), sia la
banca di negoziazione che la banca di traenza devono segnalare l’illecito al
MEF, che procede a contestare l’accaduto all’autore dell’illecito, dando avvio al
procedimento sanzionatorio.
*** * ***
Si è già fatto cenno di come le modifiche introdotte all’articolo del decreto
relativo alle segnalazioni di operazioni sospette, al fine di porre maggiormente
all’attenzione degli intermediari le operazioni in contante, abbiano finito per
innescare un aumento delle segnalazioni di operazioni della specie, spesso non
significative: ciò non toglie che sia necessario una particolare attenzione alle
stesse, non solo e non tanto in relazione al singolo ammontare, ma in
particolare quando rappresentino una costante nell’operatività di un cliente. Se
è intuitivo guardare con più sospetto tali operazioni dal lato dei versamenti,
non vanno sottovalutate le operazioni di prelevamento di grande entità o il
ripetersi di operazioni della specie anche di importi limitato, che dovrebbero
17
la sanzione che va dall’1% al 40% dell’importo trasferito, con un minimo di 3mila euro e 15
mila per importi che superano i 50 mila euro.
42 indurre a porsi domande sull’effettiva origine della provvista e, in alcuni casi,
sulla legittimità di tali prelievi da parte di chi li ha posti in essere.
Chiaramente non è sempre facile decidere se segnalare o meno, ma l’unico
strumento per non incorrere nell’errore di segnalare tutto resta l’avere un
adeguato ed aggiornato livello di conoscenza della clientela, al quale fare
riferimento per le valutazioni.
43 -
LE SANZIONI
Va immediatamente precisato che il sistema delineato dal DLGS 231/2007 ha
praticamente riproposto gli schemi della normativa antecedente e quindi ha
una struttura che presenta una serie dettagliata di obblighi, alla violazione dei
quali corrispondono specifiche sanzioni, sia penali che amministrative, a
seconda dei casi. Ciò con un certo grado di contrasto con il risk based
approach”, al quale è ispirato l’impianto della III Direttiva, che, delineati gli
obblighi di base (identificazione e conoscenza articolata della clientela in
funzione del rischio, tracciabilità, segnalazione delle operazioni sospette)
focalizza l’attenzione sulla autonoma capacità dei soggetti obbligati di
rispondere sul piano organizzativo al rischio di trovarsi coinvolti in operazioni di
riciclaggio e di finanziamento del terrorismo e sul ruolo dei diversi “supervisor”
di verificare l’efficacia dei presidi messi in atto, fermo restando la possibilità
per ogni Stato di definire un sistema di sanzioni.
Il sistema sanzionatorio del DLGS 231/2007 prevede, tra le altre, le seguenti
sanzioni che possono riguardare in particolare il settore bancario e finanziario:
Sanzioni penali18:
1. Le violazioni degli obblighi di identificazione e registrazione, salvo che il
fatto non integri un reato più grave, sono punite con una multa (da 2.600 a
13.000 euro); la multa può raddoppiare se vi è stato ricorso a mezzi
fraudolenti utili ad ostacolare l’identificazione del cliente. di sanzioni nelle
quali possono incorrere
2. La violazione degli obblighi di riservatezza della segnalazione, salvo che il
fatto non integri un reato più grave, è punita con l’arresto da 6 mesi ad un
anno ed un’ammenda (da 5.000 a 50.000 euro);
18
Va ricordato inoltre che il decreto legislativo in argomento ha modificato anche le norme
sulla responsabilità penale delle persone giuridiche, che è stata estesa anche ai reati di
ricettazione, riciclaggio e reimpiego di denaro, beni, utilità di provenienza illecita,
responsabilità che scatta quando tali reati sono commessi da dipendenti o amministratori
nell’interesse della società nella quale e per la quale operano.
44 3. L’esecutore di un’operazione che omette di indicare per conto di chi opera, o
dà al riguardo indicazioni false, è punito con la reclusione da 6 mesi ad un
anno ed una multa (da 500 a 5.000 euro).
Sanzioni amministrative (pene pecuniarie) sono previste:
1. Per la mancata osservanza delle disposizioni applicative del decreto
emanate dalla Vigilanza BI;
2. Per la mancata istituzione dell’Archivio Unico Informatico:
3. Per la mancata osservanza di un provvedimento di sospensione disposto
dalla UIF;
4. Per aver instaurato o non interrotto un rapporto con società insediate nei
paesi individuati dal MEF come “a rischio” e caratterizzate da forme
societarie che ne opacizzano la struttura proprietaria e delle quali non sia
possibile individuare il beneficiario effettivo;
5. Per aver omesso di segnalare un’operazione sospetta;
6. Per l’omissione degli obblighi informativi nei confronti della UIF;
7. Per le violazioni alle limitazioni poste all’utilizzo del contante.
Alcune di queste sanzioni amministrative possono chiaramente ricadere solo
sull’intermediario (ad esempio quelle relative alla mancata osservanza delle
disposizioni della Vigilanza BI o alla mancata istituzione dell’AUI), ma molte
altre possono riguardare i soggetti direttamente responsabili delle relative
violazioni, e cioè un singolo dipendente o dirigente (il che non è spesso
facilmente accertabile, attesa la frammentarietà dei compiti ed i frequenti
trasferimenti). In tali situazioni scatta poi l’istituto della responsabilità solidale
da parte dell’intermediario di riferimento, con possibilità di rivalsa poi sul
singolo. Al riguardo va considerato che molte sanzioni sono commisurate - in
modo eccessivo - all’importo delle operazioni sottostanti, come in particolare
nei casi di omessa segnalazione di operazione sospetta (sono, come già
accennato,
frequenti
le
contestazioni
del
genere),
con
una
evidente
sproporzione tra l’importo della pena pecuniaria e la capacità economica del
dipendente “colpevole”, che spesso non ha effettiva autonoma capacità
45 decisionale e può subire l’influenza dell’ambiente, ma sul quale può lo stesso
incombere l’azione di rivalsa dell’intermediario.
Sarebbe quindi necessario, come sostenuto pubblicamente dalla stessa UIF, un
riordino dell’intero apparato sanzionatorio, a partire dall’ambito penale, con
una depenalizzazione delle violazioni di limitato grado di pericolosità, per
arrivare a ridefinire in ambito amministrativo in modo più realistico e limitato
gli importi delle sanzioni pecuniarie, da applicare unicamente a carico della
persona giuridica, con una limitazione ai casi di conclamata responsabilità,
delle possibilità di rivalersi eventualmente sul singolo dipendente.
Non va, a tali riguardi, trascurata l’opportunità per il sindacato di sottolineare,
nelle sedi opportune che si presentassero, la necessità di un intervento di
revisione del sistema sanzionatorio del DLGS 231/2007 da parte della politica e
del
Parlamento,
di
rivendicare
nelle
contrattazioni
a
livello
aziendale
comportamenti delle controparti tesi a limitare la ricaduta sui lavoratori di
eventuali provvedimenti sanzionatori, nonché di tutela dei singoli nei casi di
rivalsa da parte delle aziende, soprattutto quando appaia chiara la limitata o
inesistente responsabilità degli stessi.
46 -
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONE E FORMAZIONE
Per quanto riguarda gli intermediari finanziari, abbiamo già visto come il DLGS
231/2007 dia alle autorità di vigilanza di settore il compito di emanare le
relative norme applicative; inoltre il decreto dispone che “a verificare
l’adeguatezza degli assetti procedurali e il rispetto degli obblighi” previsti da
parte dei soggetti vigilati, siano tali autorità, estendendo peraltro la possibilità
di eseguire i necessari controlli anche al NSPV, previa intesa con le autorità di
vigilanza stesse (il NSPV ha invece diretta competenza ad eseguire i controlli
nei confronti di tutti gli altri “soggetti obbligati”).
La Banca d’Italia ha pertanto provveduto, d’intesa con CONSOB e ISVAP, ad
emanare un provvedimento concernente gli assetti organizzativi, le procedure
ed il sistema dei controlli interni che debbono essere predisposti dagli
intermediari vigilati al fine di prevenire possibili coinvolgimenti in fatti di
riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
Il provvedimento, richiama in primo il principio di proporzionalità (secondo il
quale le norme - predisposte con riferimento alle strutture più complesse debbono essere applicate tenendo conto della forma giuridica, delle dimensioni,
dell’organizzazione
e
della
tipologia
di
attività
svolta)
e
definisce
successivamente le responsabilità in capo agli organi aziendali (di supervisione
strategica, di gestione, di controllo, di vigilanza ai sensi della normativa del
DLGS 231/2001), per poi passare a delineare quale debba essere la funzione
aziendale antiriciclaggio e quali i suoi compiti.
Tali compiti si sostanziano nel verificare con continuità che le procedure
aziendali siano coerenti con l’obiettivo di prevenire e contrastare la violazione
sia di norme di rivenienti da leggi e norme regolamentari e che delle specifiche
normative interne in materia. In particolare la funzione deve: collaborare alla
individuazione del sistema dei controlli interni e delle procedure finalizzati al
contrasto dei rischi suddetti e verificarne il funzionamento, anche al fine di
47 proporne eventuali miglioramenti; prestare consulenza agli organi aziendali ed
alla direzione; verificare il funzionamento dei sistemi di alimentazione
della’AUI. La funzione deve essere affidata ad un Responsabile, dotato di
adeguati requisiti di indipendenza, autorevolezza e professionalità, inserito tra i
manager con funzioni di controllo.
I compiti e la figura del Responsabile per le segnalazioni delle operazioni
sospette sono già stati descritti nel capitolo relativo alle segnalazioni; vale la
pena di aggiungere che le due figure qui delineate possono anche coincidere,
soprattutto in caso di intermediari di ridotte dimensioni, ma non possono in
ogni caso essere inserite, con le strutture operative che sovraintendono,
nell’ambito della funzione di revisione interna (Ispettorato, Auditing).
A tale ultima funzione spetta di verificare, anche attraverso ispezioni, il rispetto
dell’obbligo di adeguata verifica, la conservazione dei dati, dei documenti ed il
funzionamento dell’AUI, il coinvolgimento del personale e dei responsabili delle
strutture nell’ obbligo di segnalare le operazioni sospette.
Un discorso a parte merita il tema della formazione del personale. A tale
argomento il DLGS231/2007 dedica uno specifico articolo, nel quale viene
ribadita la necessità per gli intermediari di attuare programmi di formazione
per il personale “finalizzati a riconoscere attività potenzialmente connesse al
riciclaggio o la finanziamento del terrorismo”. Le norme applicative emanate da
Banca d’Italia sottolineano come alla definizione di tali programmi debba
contribuire in primo luogo il Responsabile Antiriciclaggio, come i programmi
debbano essere dedicati in particolare al personale a diretto contatto con la
clientela e come specifici programmi sulle tecniche dei riciclatori debbano
essere predisposti per il personale che fa parte della funzione antiriciclaggio.
Viene altresì riaffermato che tali processi di formazione debbono avere
carattere di continuità e di organicità.
48 E’ questo un terreno sul quale si registrano spesso carenze, se non latitanze,
da parte degli intermediari, che altrettanto spesso considerano assolti gli
obblighi descritti attraverso la diffusione della normativa e dei relativi
aggiornamenti e con la programmazione di corsi a distanza sull’Intranet
aziendale, a volte generici e non tagliati sulla specifica operatività dei settori
interessati, rinunciando invece ad attuare momenti di formazione in aula,
certamente più costosi, ma che l’esperienza ha dimostrato essere di maggiore
efficacia.
Qui il sindacato deve avere la capacità di vigilare e di intervenire nell’ambito
della contrattazione, atteso l’interesse generale a preservare il sistema
bancario e finanziario dai più volte descritti rischi derivanti dal riciclaggio anche
per le aziende e a tutela dei lavoratori, i quali, come si è visto, possono
ritrovarsi, anche inconsapevolmente, coinvolti in illeciti sui quali gravano
sanzioni - penali o amministrative – spesso pesanti.
49 IL CONTRASTO AL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO
A seguito degli attacchi terroristici del settembre 2001 sono state prese a
livello internazionale una serie di iniziative volte a combattere tale fenomeno:
in ambito finanziario il GAFI, coma già accennato, ha emanato, già nel mese di
ottobre, 8
n.9)
con l’obiettivo di contrastare il finanziamento delle organizzazioni
terroristiche
illecita,
specifiche raccomandazioni (seguite poi dalla Raccomandazione
attuato attraverso flussi di denaro, di origine sia illecita che
movimentati
sul
circuito
bancario
e
finanziario
internazionale,
utilizzando a tal fine anche i presidi posti a contrasto del riciclaggio.
In Italia in primo luogo è stata introdotta la nuova fattispecie penale di
associazione con finalità di terrorismo internazionale (art. 270 bis c.p.) ed è
stato istituito - presso il Ministero dell'economia e delle finanze - il Comitato di
Sicurezza Finanziaria, con funzione di coordinamento tra le varie autorità e
forze di polizia competenti in materia di contrasto al terrorismo19.
In questo quadro, sono state estese le competenze dell’allora esistente
Servizio Antiriciclaggio dell’UIC al contrasto del terrorismo sul piano finanziario,
che ha provveduto a veicolare al sistema bancario e finanziario
o le liste di soggetti designati dagli organi dell'Unione Europea, ai fini del
congelamento dei rapporti finanziari in essere a loro nome,
o le liste di nominativi indicati da altre istituzioni ed enti - come, ad esempio,
l'autorità giudiziaria o l'Office of Foreign Asset Control (OFAC) del
Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti – come possibili terroristi o
fiancheggiatori, ai fini dell'obbligo di segnalazione attraverso il canale
utilizzato per le segnalazioni di operazioni sospette.
19
Le competenze del CSF sono state poi estese, con il DLGS 231/2007, alla materia del
contrasto al riciclaggio dei proventi di attività criminose ed all’attività dei Paesi che minacciano
la pace e la sicurezza internazionale.
50 .
La
materia
del
contrasto
al
terrorismo
sul
piano
finanziario
è
stata
riorganizzata e definita nel DLGS 109/2007, che recepisce la Direttiva 2005/60
della UE e stabilisce per i soggetti obbligati di:
:
o congelare i fondi e le risorse economiche di soggetti designati negli
appositi regolamenti comunitari;
o comunicare le relative misure di congelamento applicate alla UIF e anche
al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza nel caso di
risorse economiche;
o segnalare alla UIF come sospette le operazioni, i rapporti e ogni altra
informazione disponibile, riconducibile ai soggetti contenuti nelle liste
diffuse dalla UIF stessa, subentrata anche in tale funzione al Servizio
antiriciclaggio dell’UIC;
o segnalare operazioni sospette che, in base alle informazioni disponibili,
siano direttamente o indirettamente riconducibili ad attività di
finanziamento del terrorismo.
Il grafico che segue evidenzia le segnalazioni a fini antiterrorismo trasmesse
dagli intermediari finanziari a partire dal 2001 sulla base delle liste diffuse
dall’UIC e dalla UIF. Si deve onestamente dire, come ammesso in pubblico
dagli stessi Organismi Investigativi, che tali segnalazioni non hanno prodotto
risultati apprezzabili, anche per la pressoché totale mancanza o incompletezza
dei dati anagrafici dei soggetti indicati soprattutto nelle liste di fonte estera. Le
norme sul congelamento sono state invece recentemente utilizzate con
efficacia, secondo le prescrizioni contenute in specifici provvedimenti UE, nei
confronti dei fondi, delle risorse e dei possedimenti riconducibili alla Libia di
Gheddafi.
51 Fonte: Bollettino Semestrale UIF – primo semestre 2012
52 Appendice n.1
Normativa Europea e Normativa Italiana – Cenni storici
Le Raccomandazioni GAFI hanno costituito anche il punto di riferimento per le
Direttive20 emanate a fini antiriciclaggio dall’Unione Europea
•
nel 1991, con la definizione di che cosa debba intendersi per riciclaggio e
l’ingiunzione agli stati membri di vietarlo e di provvedere ad un adeguato
sistema di sanzioni, nonché con indicazione degli obblighi per il sistema
di bancario e finanziario in materia di identificazione della clientela, di
tracciabilità delle transazioni e di comunicazione di eventuali elementi di
sospetto alle autorità competenti ad esaminarli;
•
nel 1993, a modifica della direttiva precedente, con una prima cauta
estensione degli obblighi suddetti ad alcune categorie professionali e con
l’indicazione di estendere la lista dei reati presupposto, che sino ad allora
aveva enumerato come tali una ristretta gamma di reati, nella generalità
dei casi di appannaggio del crimine organizzato;
•
nel 2005, con l’intento di raggiungere una maggiore uniformità delle
normative in materia tra gli Stati membri, al fine di evitare asimmetrie
che possano favorire i criminali e i terroristi, con l’introduzione del
cosiddetto “risk based approach” ovvero con la necessità per i soggetti
obbligati di valutare il grado di rischio rappresentato da uno specifico
rapporto e/o dalle operazioni poste in essere dal cliente; con la
conseguente indispensabile rimodulazione degli obblighi in materia di
identificazione (definizione del processo di “adeguata verifica”, con
particolare riferimento all’accertamento del “titolare effettivo); con forme
di specifica attenzione ”alle “Persone Politicamente Esposte” e con la
definizione dei criteri di individuazione dei “paesi equivalenti”, per le leggi
dagli stessi adottate sul riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo;
con aggiornamento delle indicazioni in materia di tracciabilità delle
operazioni; con l’estensione degli obblighi descritti ad ulteriori categorie
professionali e ad una vasta gamma di operatori non finanziari.
In Italia la prima legge in materia di contrasto al riciclaggio è la L.197/1991,
che sostanzialmente recepisce in via anticipata quelli che saranno i contenuti
della I Direttiva UE.
20
Come probabilmente noto, le Direttive sono atti delle UE attraverso i quali si tende
all’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, e che devono da questi essere recepite
nel loro spirito d indirizzo e nei contenuti fondamentali con proprie atti normativi, entro gli
specifici termini previsti.
53 Tale legge è oggetto di un’importante modifica introdotta con il DLGS
153/1997, che riguarda in particolare la normativa in materia di operazioni
sospette, con la previsione della centralizzazione delle segnalazioni presso il
Servizio Antiriciclaggio dell’Ufficio Italiano dei Cambi21 (al quale spetterà il
compito di trasmetterle alle Autorità Investigative
- Direzione Investigativa
Antimafia (DIA) e Nucleo Speciale di Polizia Valutaria (NSPV) della Guardia di
Finanza
-
dopo
averle
opportunamente
approfondite
sotto
il
profilo
finanziario); viene inoltre affidato al Servizio in questione il compito di
sospendere, ove opportuno ed in sintonia con gli organi investigativi e la
Magistratura, le operazioni
sospette tempestivamente segnalate dal sistema
bancario e finanziario prima delle loro esecuzione.
Nel DLGS 388/2000 (la legge per la definizione del bilancio del 2001)
vengono introdotti due specifici articoli (150 e 151) per riconoscere al Servizio
Antiriciclaggio UIC – come previsto dalla normativa comunitaria) il ruolo di
“unità di informazione finanziaria”, abilitata allo scambio di informazioni, a fini
di approfondimento delle rispettive segnalazioni, con le autorità omologhe degli
altri paesi, potendo usufruire, per rispondere alle richieste dell’estero, anche
delle informazioni in possesso degli organismi investigativi.
Con il DLGS 56/2004 viene concretamente data, sia pure con notevole
ritardo22, attuazione alla disposizioni UE relative all’estensione degli obblighi in
materia di prevenzione al riciclaggio al di fuori del contesto bancario e
finanziario, e cioè agli uffici della pubblica amministrazione, ad una parte
mondo delle professioni (notai, commercialisti, avvocati, revisori contabili,
consulenti del lavoro), alle società di revisione, ed ad una serie di attività non
propriamente finanziarie ma potenzialmente utilizzabili per operazioni di
riciclaggio (recupero crediti, trasporto e custodia valori, agenzie immobiliari,
commercio di oggetti di antiquariato, case d’asta e gallerie d’arte, commercio
21
Prima le segnalazioni venivano trasmesse alle Questure “territorialmente competenti”, con
notevoli effetti negativi derivanti dalla dispersione sul territorio di informazioni su fatti spesso
collegati.
22
Il DLGS 374/1999, che riguardava la materia, era rimasto sostanzialmente inevaso per
mancata emanazione della normativa applicativa, anche per le resistenze della categorie ed
associazioni dei soggetti coinvolti.
54 d’oro, fabbricazione e commercio di preziosi, gestione di case da gioco nonché
all’ attività di mediazione creditizia e a quella degli agenti in attività finanziaria
(ovvero alle miriadi di agenzie di “money transfer”).
Segue poi il DLGS 231/2007, che costituisce il quadro della normativa
italiana antiriciclaggio vigente, e del quale si è dato dettaglio in precedenza.
55 .
Appendice n.2
Principali novità introdotte dal provvedimento BI in attuazione del
DLGS 231/2007 - istruzioni in materia di registrazione in AUI
a) L’utilizzo di reti “alternative” di vendita
La vecchia impostazione scindeva, sotto il profilo della registrazioni in AUI,
l’apertura del rapporto continuativo instaurato con una società prodotto (ad
esempio la sottoscrizione di una polizza unit-linked offerta da un’impresa
assicurativa) dalla ricezione del relativo mezzo di pagamento incassato dalla
società-rete (ad$ es. una banca) che ne cura il collocamento.
La criticità consiste nella discontinua tracciabilità del flusso finanziario: nell’AUI
della società prodotto veniva registrato solo il rapporto continuativo senza
alcuna evidenza dei connessi flussi finanziari, nell’AUI della società rete si
registrava, invece, la ricezione di mezzi di pagamento che non costituivano
un’effettiva attribuzione di disponibilità alla società medesima. Quest’ultima,
infatti, effettua l’incasso esclusivamente per poi trasmettere i fondi alla società
prodotto; movimento quest’ultimo non oggetto di registrazione in quanto
considerato operazione tra intermediari allora definiti ‘abilitati’. Il proliferare di
forme alternative di vendita dei prodotti bancari, finanziari e assicurativi ha
reso tale impostazione obsoleta e non conforme ai principi ispiratori dell’AUI.
Il nuovo principio inserito nell’art.6, comma 1, 2 e 3 del Provvedimento del 23
dicembre 2009 modifica tale impostazione in modo da facilitare la ricostruibilità
dei flussi finanziari. Gli obblighi di registrazione, infatti, sono concentrati
esclusivamente in capo alle società prodotto: quest’ultime, pertanto, registrano
nel proprio AUI sia i dati del rapporto continuativo sia i relativi flussi finanziari,
a prescindere dalle modalità adottate per la vendita. In tal modo si facilita la
tracciabilità e la ricostruibilità delle operazioni. Rimane ovviamente in capo alla
società rete l’obbligo di registrare l’operazione realizzata a valere del rapporto
56 che la lega al cliente. Per esempio, nel caso di sottoscrizione di una quota di
fondo comune di una SGR presso una banca, quest’ultima deve provvedere a
registrare l’addebito del conto corrente intrattenuto dal cliente, mentre la SGR
registra il bonifico in entrata e la sottoscrizione di quote.
Nel caso in cui la società prodotto (ad esempio una SGR) sia un soggetto
estero, pertanto, la destinazione del flusso verso l’estero è ‘catturata’ dalla
registrazione presso la banca, così come avviene per tutti i flussi destinati
all’estero. In capo alla società rete rimane, inoltre, l’obbligo di registrare il
rapporto di collocamento con il cliente.
b) Ordini di pagamento o di accreditamento
Strettamente collegato al punto precedente è i caso delle registrazioni dei
bonifici ordinati/ricevuti da intermediari non bancari per conto della propria
clientela. La soluzione proposta nel provvedimento all’art.7, comma 5 e 6
equipara gli obblighi di registrazione dei bonifici per tutti i destinatari della
normativa. L’art. 6 del provvedimento prevede che ciascuno destinatario
registri
nel
proprio
AUI
le
informazioni
relative
a
ordini
di
accreditamento/addebitamento comprensive dei dati relativi al soggetto
controparte (ordinante/beneficiario) nonché all’intermediario della controparte
intervenuto nel trasferimento dei fondi. Ne consegue un esonero dalle stesse
registrazioni per banche e Poste Italiane S.p.A. le quali non dovranno più
inserire nel proprio AUI le operazioni di bonifico di propria clientela a valere su
rapporti intestati ad altri destinatari della normativa (fiduciarie escluse).
c) Esonero dagli obblighi di registrazione
L’art. 10 del provvedimento chiarisce il sistema di esenzioni dagli obblighi di
registrazione. Il comma 1 riguarda i rapporti continuativi e le operazioni poste
in essere da altri intermediari, ai quali si applicano obblighi semplificati di
adeguata verifica (art. 25 del decreto). Ad esempio la banca non inserisce nel
proprio AUI le informazioni relative ai rapporti e alle operazioni, a qualsiasi
57 titolo eseguiti, con le società di intermediazione mobiliare, con le società di
gestione del risparmio ovvero con le imprese assicurative. Non usufruiscono,
come già accennato, di questo esonero le società fiduciarie “statiche” perché
nei loro confronti, atteso l’attuale quadro normativo, non è prevista la
possibilità di applicare obblighi semplificati di adeguata verifica.
Modifiche del d.lgs. 231/07 apportate successivamente alla pubblicazione del
provvedimento del 23 dicembre 2009, hanno inserito tra i soggetti sottoposti
ad
adeguata
verifica
semplificata
anche
le
società
quotate.
Poiché
il
Provvedimento della UIF 27 aprile 2010 in materia di dati aggregati richiede
che tali operazioni confluiscano comunque nei dati S.AR.A., un comunicato
della UIF ha avallato la prassi di continuare a registrare le operazioni disposte
da società quotate (diverse dagli intermediari finanziari) in AUI.
L’esonero dalle registrazioni, inoltre, è esteso ai rapporti continuativi e alle
operazioni disposte dai soggetti di cui all’art. 10 comma 2, lettere da a) a d),
anche se non sottoposti ad adeguata verifica in forma semplificata.
Rientrano nell’esonero, inoltre, i rapporti e le operazioni disposte da enti
creditizi e finanziari comunitari soggetti alla direttiva 2005/60/CE ovvero
ubicati in paesi il cui regime antiriciclaggio è ritenuto equivalente con decreto
del Ministero dell’economia e delle finanze.
Infine, completano il quadro degli esoneri i rapporti e le operazioni effettuate
da uffici della P.A (comma2).
Il comma 3 dell’art. 10 inoltre prevede l’esenzione dalla registrazione di tutte le
operazioni disposte su iniziativa dell’intermediario nella prestazione di servizi di
risparmio gestito sia in forma individuale sia collettiva. Ciò significa che non
devono essere registrate le operazioni che un intermediario effettua quando
investe e/o disinveste i capitali che il cliente gli ha consegnato rinunciando a
effettuarne autonomamente la gestione. In particolare l’esenzione si applica
58 alle operazioni sia di acquisto sia di vendita relative alle gestioni patrimoniali e
alla gestione del patrimonio dei fondi comuni, mobiliari e immobiliari. Sono
escluse dalla registrazione pertanto la compravendita di titoli e o di immobili
per l’investimento del patrimonio, tutte le attività connesse alla gestione del
patrimonio mobiliare o immobiliare. Sono esonerate sia le operazioni di
acquisto che di vendita.
Si considera, infatti, che tutte le operazioni eseguite da uno dei destinatari che
svolge il ruolo di gestore nelle diverse forme del risparmio gestito (gestioni
patrimoniali, gestione di OICR, fondi pensione ecc.) sono transazioni disposte
su iniziativa esclusiva del gestore e non del cliente.
a) Registrazione del titolare effettivo
Il d.lgs. 231/07 definisce il titolare effettivo come la persona fisica per conto
della quale è realizzata un’operazione o un’attività, ovvero, nel caso di persona
giuridica, la persona o le persone fisiche che in ultima istanza possiedono o
controllano tale entità.
Distinguendo tra i due enunciati della definizione, emerge che nel primo caso la
registrazione era già prevista dalla normativa riguardante le operazioni
eseguite per conto, con la raccolta dei dati dell’esecutore e quelli della persona
per la quale opera. Anche se la definizione presente nel d.lgs.231 assegna
all’esecutore il ruolo del cliente e al titolare del rapporto e/o dell’operazione il
ruolo del titolare effettivo, nel Provvedimento non è stata modificata
l’impostazione più che decennale cui erano conformi tutte le principali
procedure di alimentazione dell’archivio implementate dagli intermediari.
Nulla era previsto, invece, per la registrazione del titolare effettivo nel caso in
cui questo fosse costituito dalla persona fisica che controlla una persona
giuridica. Il Provvedimento del 23 dicembre 2009 prevede che questa figura sia
registrata per i soli casi di persona giuridica titolare di un rapporto
59 continuativo, anche se concettualmente lo schema di registrazione può essere
applicato a tutte le persone giuridiche clienti.
Per inserire questa informazione è stata prevista in AUI una terza tipologia di
registrazione riferita al legame, accanto alle due già esistenti relative a
operazioni e rapporti. La registrazione di un legame prevede la compilazione di
un record (record di “tipo 1”) relativo alle caratteristiche oggettive dello stesso,
la compilazione di un record con i dati del soggetto primario, ovvero la persona
giuridica, e infine la compilazione di un record di “tipo 6” riferito al soggetto
secondario, per es. il socio. In caso di più soggetti secondari, possono essere
inseriti più record della specie.
Per il principio di economicità delle registrazioni, nel caso in cui il legame da
registrare sia costituito dalla relazione socio/persona giuridica, nel record “tipo
1” non deve essere valorizzato il campo relativo al rapporto movimentato. La
relazione, infatti, prescinde dal numero e dalla tipologia di rapporti instaurati.
Nel caso, invece, in cui il legame sia quello tra fiduciante e fiduciaria, previsto
nel caso in cui un rapporto continuativo aperto da una fiduciaria sia gestito a
favore di un unico mandato, deve essere valorizzato anche il campo relativo al
rapporto movimentato. In questo modo le operazioni disposte su ciascun
rapporto intestato a una fiduciaria potranno essere associate al relativo
fiduciante.
Esistono dei casi speciali, individuati dalla normativa, in cui il titolare effettivo
non è associato al rapporto, né registrato come esecutore ma è inserito con la
compilazione di un record di “tipo 6” (analogo a quello previsto per le
registrazioni dei legami) inserito nella registrazione di un’operazione. I casi
sono tre e sono esplicitati dall’art. 9 del Provvedimento. Si tratta di operazioni
effettuate nell’ambito di rapporti continuativi intestati a fiduciarie e riferiti a più
mandati fiduciari, ovvero di operazioni eseguite da società tesoriere di un
gruppo che utilizzano un unico rapporto continuativo per disporre operazioni
nell’interesse delle altre società del gruppo. Infine, analoga modalità di
registrazione è prevista per registrare le generalità di clienti di intermediari
60 finanziari residenti in paesi non white list che intrattengano conti di
corrispondenza, o conti ad essi assimilati, con il soggetto tenuto alla
registrazione in AUI. Se quest’ultimo decida di avvalersi della possibilità offerta
dall’art.28, comma 4, lettera e) del d.lgs. 231/07 di richiedere i dati anagrafici
del cliente per conto del quale l’intermediario straniero sta operando, le
informazioni ricevute devono essere registrate nel record di tipo 6 associato
all’operazione.
e) Modifiche a regole preesistenti
Titoli di stato – La passata normativa limitava la registrazione delle operazioni
sui titoli di stato ai soli casi in cui esse comportavano una movimentazione tra
rapporti diversamente intestati escludendo, di fatto, l’ipotesi estremamente
comune di un acquisto di titoli, effettuato da disponibilità di conto, accreditati
in dossier titoli con pari intestazione del precedente. Il provvedimento attuale
prevede la registrazione in AUI di tali tipi di operazioni.
Causali analitiche – Sono descritte causali specifiche per le varie tipologie di
destinatari, mantenendo nel complesso l’impianto preesistente; le modifiche
tendono ad evidenziare i flussi in contropartita con altri intermediari rispetto a
quelli che permangono presso lo stesso soggetto. Sono state eliminate alcune
causali residuali. Si sottolinea che nel caso in cui non sia possibile individuare
una causale ad hoc per l’operazione che si vuole registrare si deve ricorrere
all’utilizzo di una causale riferita al mezzo di pagamento. In nessun caso se ne
può dedurre che l’operazione non deve essere registrata.
Per gli intermediari non bancari è prevista una modalità di registrazione
diversa a seconda che l’oggetto sociale preveda la prestazione di uno o più
servizi di investimento. In ogni caso deve sempre essere privilegiato l’utilizzo
della causale riferita al mezzo di pagamento che in nessun caso può essere
omessa. Alla base del cambiamento introdotto per la registrazione dei non
bancari è la necessità di tracciare innanzitutto l’afflusso/deflusso dei fondi da e
61 verso il restante sistema finanziario e di rilevarne l’impiego nell’ambito
dell’intermediario. Analogamente a quanto avviene per gli intermediari bancari.
Bonifici in arrivo – il provvedimento, in linea con il DM 7/7/92, mantiene
obbligatorio
il
campo
relativo
al
CAB
comune
(o
paese)
della
filiale
dell’intermediario controparte nelle registrazioni dei bonifici sia in uscita che in
entrata. Per questi ultimi si rileva, tuttavia, l’incoerenza con quanto previsto
dal manuale SIA nel quale il campo risulta facoltativo.
Per evitare che gli intermediari valorizzino tale campo con informazioni non
veritiere,
per
esempio
ponendolo
uguale
al
campo
di
localizzazione
dell’intermediario della controparte, la valorizzazione dell’informazione relativa
alla
residenza
dell’ordinante
è
obbligatoria
soltanto
se
conosciuta
dall’intermediario.
Si sottolinea, pertanto, che la residenza dell’ordinante di un bonifico non è
un’informazione facoltativa, in quanto essa deve essere obbligatoriamente
inserita se conosciuta dall’intermediario.
Contante virtuale – il provvedimento del 23 dicembre 2009 prevede che il
campo relativo al contante debba essere valorizzato soltanto qualora il cliente
abbia
effettivamente
movimentato
delle
banconote.
Nella
normativa
precedentemente vigente il campo doveva essere valorizzato anche in
presenza di contante virtuale, ponendo il relativo flag (campo A23) pari a “0”.
Viceversa, secondo le regole attuali, in presenza di contante virtuale, il flag
A23 deve essere posto pari a “1”, ma il campo B15 non deve essere
valorizzato.
62 Appendice n .3
-
Modalità di segnalazione
La UIF ha sviluppato e reso disponibile nel maggio 2011 un nuovo modello
segnaletico, unico per tutte le categorie di segnalanti, caratterizzato dal
prevedere
l’immissione
in
forma
strutturata
delle
informazioni
circa
l’operazione (o le operazioni) ritenuta sospetta ed i rapporti eventualmente
movimentati, alla quale si collegano le informazioni relative ai soggetti coinvolti
(autore, beneficiario effettivo, controparte) ed ai legami tra tutti tali elementi.
Le informazioni strutturate devono poi essere accompagnate da una parte
descrittiva, finalizzata ad illustrare l’operatività oggetto di segnalazione, le
anomalie riscontrate e soprattutto i motivi del sospetto. Inoltre i segnalanti
devono, secondo propri criteri, attribuire un coefficiente di rischiosità a quanto
segnalato. Alla segnalazione possono essere poi allegati file di varia natura e
formato, desunti dagli archivi dei segnalanti. Le segnalazioni, vengono, come
detto, trasmesse in via telematica: l’integrità delle stesse e la loro riservatezza
sono garantite da opportuni sistemi di protezione.
Va detto che il nuovo sistema di segnalazione ha presentato dalla sua
introduzione delle problematicità, sia per i segnalanti, per l’alto numero di
informazioni da inserire manualmente (cosa alla quale si potrà avviare se sarà
possibile in un futuro prossimo trasferirle in via informatica) sia per la difficoltà
da parte della UIF di un pieno sfruttamento della mole dei relativi dati ricevuti.
Inoltre, il collegamento telematico è limitato al flusso tra i segnalanti e la UIF,
mentre è ancora da costruire quello tra la UIF da una parte e la DIA e il NSPV
dall’altra, cosa che crea notevoli inconvenienti e ritardi nella trasmissione delle
segnalazioni a dette autorità, in contrasto con la tempestività che dovrebbe
caratterizzare tutte le attività in materia di segnalazioni di operazioni sospette.
63 -
Attività della UIF sulle segnalazioni pervenute
Le segnalazioni ricevute sono raccolte in un archivio informatico evoluto, con
svariate possibilità elaborative ed in grado, tra l’altro, di calcolare per ciascuna,
in base ad un meccanismo di rating, il livello di rischio riciclaggio incorporato.
L’attività di approfondimento ed analisi viene svolta attingendo ulteriori
informazioni, in particolare dalla necessità da:
o gli archivi del quali l’Unità dispone o ai quali ha accesso (e tra questi ha
particolare rilevanza l’Anagrafe dei Conti e dei Depositi detenuta
dall’Agenzia delle Entrate);
o i contatti e le richieste di elementi aggiuntivi presso il segnalante o presso
gli altri intermediari interessati dalle operazioni segnalate quali
origine/destinazione dei fondi movimentati (ed è quindi importante, anche a
discapito della forma, la disponibilità all’interlocuzione diretta ed immediata
da parte dei responsabili per le segnalazioni e del loro staff);
o database specializzati;
o omologhe autorità estere;
o fonti aperte (stampa-Internet).
L’analisi è prevalentemente indirizzata all’approfondimento di quanto segnalato
dal punto di vista finanziario, a valutarne la rischiosità e la possibile
connessione con il reato di riciclaggio o altri reati: tale attività si concretizza
nella redazione di una Relazione Tecnica, che verrà inviata, unitamente alla
segnalazione alla quale si riferisce, alle autorità investigative.
L’aumento esponenziale del numero delle segnalazioni, del quale si è detto, fa’
sì che molte, ed in particolare quelle alle quali il sistema assegna un basso
livello di rischiosità, siano trattate secondo procedure standardizzate e che
l’attività di approfondimento sia riservata, a causa delle limitate risorse umane
disponibili, ad un numero ridotto di segnalazioni selezionate spesso unicamente
sulla base del profilo del soggetto cui si riferiscono, con particolare riferimento
all’esistenza a suo carico di passate o presenti inchieste: ciò non toglie il fatto
che l’attività della UIF si sia rilevata in molti casi estremamente utile, anche nei
casi di collaborazione diretta con l’Autorità Giudiziaria.
64 Lo sviluppo delle segnalazioni sotto il profilo investigativo spetterà poi alla DIA
(per quelle che risultano attinenti alla criminalità organizzata) e al NSPV. Delle
segnalazioni oggetto di archiviazione da parte della UIF viene data notizia al
segnalante.