MOKHTAR BELMOKHTAR E GLI EQUILIBRI DEL JIHAD IN AFRICA

Transcript

MOKHTAR BELMOKHTAR E GLI EQUILIBRI DEL JIHAD IN AFRICA
MOKHTAR BELMOKHTAR E GLI EQUILIBRI DEL JIHAD IN
AFRICA OCCIDENTALE
IN VITA (E MORTE?) DEL PIÙ TEMUTO TERRORISTA SAHELIANO
di
Camillo Casola
I
l 27 novembre 2016, il Wall Street Journal, citando fonti securitarie americane, ha
annunciato la presunta uccisione di Mokhtar Belmokhtar nel sud della Libia, per
effetto di un raid aereo francese guidato dalle informazioni fornite dalle unità di
intelligence statunitensi. Il più pericoloso terrorista saheliano, testa di ponte di Al Qaeda
in Africa occidentale e ricercato su scala globale, sarebbe stato dunque eliminato nel
corso di un'operazione controterroristica condotta nel quadro della cooperazione
militare rafforzata tra Francia e Stati Uniti.
Una notizia di tale portata verrebbe normalmente accolta con soddisfazione, per la
sua capacità di aprire nuovi scenari e inaugurare prospettive quanto meno incoraggianti
nella lotta al terrorismo di matrice jihadista in Sahel. Tuttavia, trattandosi di Belmokhtar,
la prudenza è d'obbligo. Il forte scetticismo diffuso, tanto tra le cancellerie occidentali,
quanto a Bamako e tra i governi della regione, si riferisce al fatto che, tra 2012 e 2016,
le notizie che confermavano la morte di Bellawar a seguito di offensive militari francesi,
americane, algerine o ciadiane, si sono rincorse istericamente, seguite da puntuali
smentite.
Nato a Gardaïa, in Algeria, nel 1972, Khaled Abul Abbas costruì il suo percorso di
militanza armata a partire dai primi anni '90 in Afghanistan, dove fu sottoposto ad
addestramento militare dopo essersi unito alla lotta condotta dai mujaheddin talebani
contro gli occupanti sovietici. Rientrato in Algeria nel 1993, prese parte alla guerra civile
e aderì al Groupe Islamique Armé (GIA), dando vita alla katiba Al-Shahada. La
creazione del Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat (GSPC), nato da una
dissidenza interna al GIA, si accompagnò alla progressiva ascesa di Belmokhtar nei
territori saheliani a sud della frontiera algerina. Nel 2007, la bay'at del GSPC ad Al Qaeda
condusse alla nascita di Al Qaeda en Maghreb Islamique (AQMI); a Mokhtar fu
riconosciuta la leadership della katiba Al-Moulathamine, operativa tra il sud-ovest
dell’Algeria, il nord Mali e la Mauritania. L'attivismo e l'autonomia della sua
brigade determinarono uno spostamento del centro di gravità dell’organizzazione
qaedista verso il Sahel. Il coinvolgimento intensivo nelle reti di traffici illegali della
regione, in particolare nel contrabbando di sigarette, incrementò le risorse a sua
www.opiniojuris.it
ISSN 2531-6931
FASC. IV, 2016
disposizione, consentendogli altresì di strutturare un solido radicamento sociale e di
tessere relazioni privilegiate, di sostegno o di complicità, con popolazioni locali, capi
consuetudinari e membri delle forze di sicurezza, facilmente corruttibili e ampiamente
corrotti. Gli interessi consolidati di Belmokhtar nei traffici illegali di merci in Sahel
alimentarono resistenze e contrasti in seno all'organizzazione. Sordo alle direttive
imposte dai vertici, la sua autonomia d'azione causò un deterioramento delle relazioni
con Abdelmalek Droukdel, dando impulso a uno spostamento degli equilibri interni
all'organizzazione e a un ridimensionamento del suo ruolo in seno ad AQMI. La frattura
fu consumata ufficialmente nel dicembre del 2012, quando Belmokhtar ufficializzò la
creazione di una nuova organizzazione, separata da AQMI: la katiba Al-Muwaqqi ‘inibdima.
Il battesimo di fuoco del neonato soggetto jihadista si ebbe solo poche settimane
dopo: il 16 gennaio 2013, a pochi giorni dall'avvio dell'offensiva francese contro
l'avanzata delle forze qaediste in Mali, l’Algeria fu fatta oggetto di un attacco terroristico
di vaste proporzioni. Il sito estrattivo di Tiguentourine, piccola località nei pressi della
città di In Amenas, nel sud-est algerino, fu preso d’assalto da un commando jihadista
composto da una trentina di uomini appartenenti alla katiba di Belmokhtar. I jihadisti
assunsero il controllo dell’intera area, circa 790 dipendenti impiegati sul sito furono
tenuti in ostaggio e utilizzati nelle trattative con le autorità algerine, cui fu chiesto di
ordinare il ritiro dell’esercito francese dal Mali, di liberare i prigionieri jihadisti detenuti
in Algeria e negli Stati Uniti, e di predisporre un corridoio di sicurezza per consentir
loro di allontanarsi.
Il governo di Algeri rifiutò di negoziare con i mujaheddin: la risposta delle forze
armate fu violentissima e comportò l’utilizzò di artiglieria pesante. Le milizie agli ordini
di Belmokhtar intesero colpire il regime di Bouteflika per aver concesso alle forze
francesi l’autorizzazione di sorvolo degli spazi aerei algerini da parte dei Rafale diretti in
nord-Mali e incaricati di bombardare le colonne di pick-up dei mujaheddin.
Gli eventi di In Amenas proiettarono Belmokhtar al centro della scena mediatica
come uno dei più pericolosi terroristi attivi in Sahel; mostrarono, al contempo, la solidità
del network a sua disposizione, le sue forti capacità strategiche e l'ampia disponibilità in
uomini e mezzi. Nelle fasi immediatamente successive alla riconquista dei territori del
nord Mali da parte della coalizione di forze franco-africane, Belmokhtar si avvicinò ai
miliziani del Mouvement pour l'Unicité et le Jihad en Afrique de l'Ouest (MUJAO),
accomunati dallo stesso diffuso interesse per il controllo dei traffici saheliani; nel 2014,
il MUJAO e la katiba di Belmokhtar si fusero, dando vita al gruppo Al-Mourabitoun,
emerso negli ultimi due anni come la più temuta organizzazione jihadista attiva in Sahel
e in tutta l'Africa occidentale.
Le azioni di Al-Mourabitoun, talora particolarmente incisive e spettacolari, hanno
oscurato la presenza di AQMI nella regione, apparsa indebolita dall'offensiva francese.
Belmokhtar riuscì a dar prova della sua essenzialità nel quadro della lotta jihadista in
Sahel, dell'indispensabile portata delle sue risorse umane, materiali e strategiche, e ciò,
nonostante le ostilità nei confronti della filiale maghrebina, gli valse il riconoscimento
2
SEZIONE OPINIO
AFRICA
della casa madre Al Qaeda: Al-Mourabitoun assunse la denominazione di Al Qaeda du
Jihad en Afrique de l'Ouest, restando saldamente ancorata al perimetro qaedista nella
regione.
Tra 2015 e 2016, gli attentati a Bamako, Sevaré, Ouagadougou, Grand Bassam,
rivendicati da Al-Mourabitoun, hanno confermato la centralità di Belmokhtar negli
equilibri del jihad regionale, testimoniata peraltro dal riavvicinamento alla filiale
maghrebina di Al Qaeda, che ha consolidato e rafforzato la presenza qaedista nella
regione dopo una lunga fase di reciproca ostilità latente. L'importanza del network
jihadista di Belmokhtar in Sahel rivela chiaramente il peso che la sua dipartita avrebbe
per la tenuta di Al Qaeda nella regione, in termini di forza propulsiva e capacità
strategica, tanto in relazione alla presenza delle forze controterroristiche regionali e
francesi, quanto nel quadro della competizione interna alla galassia jihadista con Daesh.
Le spinte di parte dell'organizzazione in direzione di un avvicinamento a IS sono
state circoscritte dall'autorità di Belmokhtar, che ha costantemente ribadito la fedeltà di
Al-Mourabitoun ad Al Qaeda. Recentemente, la fazione guidata da Adnan Abou AlWalid Al-Sahrawi, già membro del Fronte Polisario, emiro e portavoce di AlMourabitoun, avrebbe preso le distanze da Belmokhtar, dichiarando fedeltà a Daesh e
offrendo ad Al Baghdadi un posizionamento strategico in Sahel: se tale dinamica non
sembra per ora aver sostanzialmente alterato gli equilibri regionali, è probabile che
l'eliminazione di Belmokhtar possa alimentare un flusso ben più consistente di uomini
e risorse verso le filiali regionali di Daesh. Diversi segnali sollevano, ancora una volta,
enormi dubbi circa l'attendibilità della fonte che riferisce dell'uccisione di Belmokhtar.
Su tutte, l'incongruenza della notizia legata ai presunti bombardamenti in Libia, che
ne avrebbero causato la morte: ufficialmente, Parigi – pur costretta ad ammettere la
presenza di militari francesi in ricognizione nel sud libico, dopo la morte di tre militari
in missione e le polemiche sollevate dal governo di Tripoli, che ha accusato Parigi di
violare illegittimamente il proprio territorio – ha costantemente smentito operazioni
militari offensive nella regione.
La confusione, in merito, è ulteriormente alimentata dalle dichiarazioni di fonti
securitarie libiche, che avrebbero confermato i raid aerei di forze straniere diretti su una
colonna di veicoli identificati come appartenenti a gruppi jihadisti, senza menzionare
però il ruolo dell'aviazione militare francese, e anzi precisando che l'offensiva sarebbe
stata condotta a sud di Tripoli, intorno a Banī Walīd – considerato da alcuni analisti
roccaforte di Belmokhtar in Libia – e non nel Fezzan, come invece riferito dal Wall
Street Journal. In definitiva, dunque, l'annuncio della morte del leader jihadista non
sembra, al momento, poter trovare solide conferme; le contraddizioni emerse lasciano
supporre che, ancora una volta, la notizia dell'eliminazione di Belmokhtar risponda,
molto probabilmente, ai soli wishful thinking delle forze controterroristiche impegnate
in Sahel.
www.opiniojuris.it
ISSN 2531-6931
FASC. IV, 2016
Riferimenti bibliografici
1. Bernard ADAM, De l’intervention militaire française à la reconstruction de l’Etat, Groupe
de Recherche et d’Information sur la Paix et la sécurité, Bruxelles, marzo 2013.
2. Laurence Aïda AMMOUR, Algeria’s role in the Sahelian security crisis, Stability:
International Journal of Security & Development, 2(2): 28.
3. Adib BENCHERIF, Al-Qaïda au Maghreb islamique: une hiérarchie en redéfinition sous
fond de crise, Chronique sur le Moyen-Orient et l’Afrique du Nord, Observatoire sur le MoyenOrient et l'Afrique du Nord de la Chaire Raoul-Dandurand, 11 dicembre 2012.
4. Giovanni CARBONE, Camillo CASOLA, Dal Sahel al Corno d’Africa: l’arco di
instabilità e le aree di crisi in Africa subsahariana, Osservatorio di Politica Internazionale, N.
122, Agosto 2016.
5. Richard C. CHASDI, Terrorist Group Dynamics Through the Lens of Tigantourine Assault
in Algeria, Stability: International Journal of Security & Development, 2(2) : 36.
6. Frédéric COUTEAU, La énième mort de Mokhtar Belmokhtar, RFI, 29 novembre
2016,
http://www.rfi.fr/emission/20161129-afrique-algerie-mali-enieme-mortmokhtar-belmokhtarterrorisme-jihadisme.
7. Karim DJAAD, Opération kamikaze, Jeune Afrique, N. 2716, 27 gennaio/2
febbraio.
8. David J. FRANCIS, The regional impact of the armed conflict and French intervention in
Mali, Norwegian Peacebuilding Resources Centre, 2013.
9. Jean-Gabriel FREDET, Ce qu’on n’ose pas dire, Le Nouvel Observateur, N. 2516,
24-30 gennaio 2013.
10. Michel GALY (a cura di), La guerre au Mali. Comprendre la crise au Sahel et au Sahara.
Enjeux et zones d’ombre, La découverte, Paris, 2013.
11. Mathieu GUIDERE, Al-Qaïda au Maghreb Islamique: le tournant des révolutions arabes,
Maghreb Machrek, N. 208, estate 2011.
12. Mathieu GUIDERE, Al-Qaïda à la conquête du Maghreb. Le terrorisme aux portes de
l’Europe, Paris, éditions du Rocher, 2007.
13. Riyad HAMADI, Alger change son fusil d’épaule, Tout Sur l’Algérie, in Courrier
Intérnational, N. 1159, 17-23 gennaio 2013.
14. Olivier HANNE, Guillaume LARABI, Jihâd au Sahel, Bernard Giovanangeli
Éditeur, 2015.
15. INSTITUTE FOR SECURITY STUDIES, The political economy of conflicts in
northern Mali, ECOWAS Peace and Security Report, Issue 2, aprile 2013.
16. Ricardo R. LAREMONT, Al Qaeda in the Islamic Maghreb: Terrorism and
Counterterrorism in the Sahel, African Security, Vol. 4, N. 4, 2011.
4
SEZIONE OPINIO
AFRICA
17. Gordon LUBOLD, Matthew DALTON, U.S.-French Operation Targeted Elusive
North African Militant, U.S. Says, Wall Street Journal, 27 novembre 2016,
http://www.wsj.com/articles/u-sfrench-operation-targeted-elusive-north-africanmilitant-u-s-says-1480276417.
18. Charles LISTER, Jihadi rivalry: The Islamic State Challenges al-Qaida, Brooking Doha
Center Analysis Paper, 2016.
19. Jean-Baptiste NAUDET, Quand Paris et Alger font front commun, Le Nouvel
Observateur, N. 2516, 24 gennaio 2013.
20. Jean-Baptiste NAUDET, Quatre jours de terreur et d’enfer, Le Nouvel Observateur,
N. 2516, 24 gennaio 2013.
21. Cherif OUAZANI, Un 11 Septembre algérien, Jeune Afrique, N. 2716, 27
gennaio/2 febbraio.
22. Cherif OUAZANI, Le retour des vieux démons, Jeune Afrique, N. 2715, 20-26
gennaio 2013.
23. Thierry PERRET, Mali. Une crise au Sahel, Karthala, Paris, 2014.
24. Habib SOUAÏDIA, Révélations sur le drame d’In Amenas, trente otages étrangers tués par
l’armées algérienne, au moins neuf militaires tués, Algerie-Watch, 11 febbraio 2013,
http://www.algeria-watch.org/fr/aw/souaidia_in_amenas.htm.
25. François SOUDAN, Terrorisme. Les nouveaux maîtres du Mali, Jeune Afrique, N.
2698, 23-29 settembre 2012.
26. Pierre Franklin TAVARES, Qui donc sauvera le Mali ? Courtes considérations sur les
crises
africaines,
Pambazuka
News,
N.
268,
07
febbraio
2013,
http://www.pambazuka.org/fr/category/features/86141.
27. Timothée VILARS, Mokhtar Belmokhtar, le djihadiste aux mille et une morts, Le
Nouvel
Observateur,
29
novembre
2016,
http://tempsreel.nouvelobs.com/monde/20161128.OBS1850/mokhtar-belmokhtarle-djihadiste-auxmille-et-une-morts.html.
28. Lutte antiterroriste. L’axe Paris-Alger, Marianne, 26 gennaio/1 febbraio. L'armée française
aurait tué Mokhtar Belmokhtar lors d'un raid aérien en Libye, Jeune Afrique, 28 novembre
2016,
http://www.jeuneafrique.com/377899/politique/larmee-francaise-auraittuemokhtar-belmokhtar-lors-dun-raid-aerien-libye/.
www.opiniojuris.it