Relazione finale Dott.ssa Bosello - Gruppo Italiano per la Lotta alla

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Relazione finale Dott.ssa Bosello - Gruppo Italiano per la Lotta alla
Relazione finale Dicembre 2013 del progetto “Possibili biomarcatori clinici e molecolari per la diagnosi precoce di sclerodermia: “una finestra di opportunita’” nella gestione del malato sclerodermico. “ Background: La sclerodermia (SSc) è una patologia sistemica autoimmune caratterizzata da un’importante disfunzione endoteliale, da alterazioni immunologiche e da un eccesso di deposizione di matrice extracellulare che provoca un’eccessiva fibrosi della cute e degli organi interni. La SSc purtroppo ad oggi è una malattia incurabile associata ad un’alta morbidità e mortalità, soprattutto legata al coinvolgimento di organi nobili quali polmone, cuore e rene (1). Quando la SSc è caratterizzata sia da alterazioni vascolari sia da fibrosi, che determinano il danno
d’organo, la diagnosi di malattia è chiara e facilmente confermata dai criteri di diagnosi del 1981
dell’American College of Rheumatology (2,3). Considerate le limitate armi terapeutiche per il
trattamento della fibrosi polmonare e dell’impegno cardiaco, probabilmente una diagnosi precoce
potrebbe identificare una “finestra di opportunità”, che permetterebbe un precoce e rapido
intervento terapeutico per limitare e/o rallentare l’impegno degli organi interni e le possibili
complicanze della patologia. Nel 2001 LeRoy e Medsger proposero i criteri per la diagnosi di una forma early di SSc, caratterizzata dalla presenza del FdR in associazione a: alterazioni alla VCP indicative di microvasculopatia sclerodermica e positività per anticorpi anti-­‐nucleo (ANA), anti-­‐
topoisomerasi I (anti Scl-­‐70) o anti-­‐centromero (ACA). Se il FdR è documentato dal Reumatologo, è sufficiente uno solo dei due criteri aggiuntivi; se invece è solo riportato dal paziente, è necessaria la presenza di entrambi i criteri (4). Tali criteri sono poi stati validati nel 2008 da Koenig e collaboratori in uno studio prospettico di coorte in cui hanno analizzato, in pazienti con FdR, i fattori predittivi di successiva evoluzione in SSc. Da questo studio prospettico è emerso il valore predittivo degli autoanticorpi e della VCP. Difatti, la malattia conclamata raramente si manifestava nei pazienti con questi criteri negativi (1,8%), in presenza della sola VCP suggestiva la malattia si manifestava nel 25,8% dei casi mentre nel 35,4% se erano positivi solo gli anticorpi, ed infine la più alta frequenza di progressione a SSc si osservava quando entrambi i criteri erano positivi fin dall'inizio: 65,9% a 5 anni di distanza e 79,5% alla fine dello studio. Quasi tutti i pazienti che poi hanno sviluppato la malattia erano classificabili come early al momento della prima visita e l’80% dei pazienti con VCP suggestiva e autoanticorpi positivi hanno sviluppato la malattia al follow-­‐up 15 anni dopo. Nel 2010 sono stati proposti, anche se 1 non ancora validati, nuovi criteri per la diagnosi precoce. Il core set di possibili criteri è organizzato in 3 domini: il coinvolgimento cutaneo, il quadro vascolare ed il quadro immunologico. La lista finale concordata dall'assemblea EUSTAR (EULAR Scleroderma Trial and Research) distingue tra red flags in presenza delle quali è opportuno che il Medico di Medicina Generale invii il paziente al Reumatologo (FdR, puffy fingers, positività degli anticorpi antinucleo) e criteri ad alta rilevanza clinica dei quali si servirà il Reumatologo per porre la diagnosi precoce. Questi ultimi sono: FdR, puffy fingers con o senza sclerodattilia, VCP suggestiva, positività degli anticorpi ACA, positività degli anticorpi anti-­‐Scl70 (5). E' stata da poco stimata la prevalenza dei criteri proposti dall'assemblea EUSTAR studiando una coorte di pazienti con FdR, la cosiddetta coorte Very Early Diagnosis of Systemic Sclerosis (VEDOSS). Le analisi osservazionali concludono che i soggetti con positività degli ANA hanno più frequentemente puffy fingers (PuFi), teleangectasie, ulcere digitali, pitting scars e VCP suggestiva rispetto ai soggetti con ANA negativi. Questo conferma che ANA+FdR+PuFi sono valide red flags. Quasi il 90% dei pazienti con le red flags aveva anticorpi specifici e/o VCP suggestiva, soddisfacendo i criteri EUSTAR per la diagnosi di very early Ssc. Il gruppo di lavoro dell'ACR/EULAR ha fatto ultimamente un primo passo per aggiornare i criteri classificativi per la SSc, usando le tecniche note come Delphi e Nominal Group Techniques. Il risultato preliminare è stato una lista di 23 items che vengono più frequentemente usati per la diagnosi nella pratica clinica (6). Da questo gruppo di 23 items, l’ACR/EULAR ne ha identificati otto di cui uno da solo risulta sufficiente per la diagnosi, mentre gli altri sette conferiscono un punteggio specifico, contribuendo ciascuno al punteggio totale. Per effettuare la diagnosi di SSc è necessario uno score ≥ 9. Il criterio sclerosi delle dita di entrambe le mani che si estende prossimalmente alle articolazioni metacaprofalangee, che conferisce un punteggio pari a 9, è da intendere dunque come un criterio sufficiente alla diagnosi. Uno dei più precoci sintomi della malattia sclerodermica è rappresentato dal fenomeno di Raynaud, che puo’ precedere di anni lo sviluppo della malattia, ma che nelle forme più aggressive compare poco tempo prima dei sintomi dell’impegno d’organo (1). Un numero sempre frequente di dati clinici, suggerisce che il danno vascolare rappresenti l’evento primario nella patogenesi della sclerodermia. Il progressivo danno vasale è caratterizzato da danno endoteliale, ispessimento intimale, restringimento ed obliterazione dei vasi. L’alterazione dei normali meccanismi di angio e vasculogenesi è facilmente visibile nelle modificazioni capillari visibili all’esame capillaroscopico (7). Il coinvolgimento sia delle piccole arterie che dei capillari induce una ipossia tissutale e 2 contribuisce insieme alle alterazioni immunologiche in corso di malattia, alla fibrosi tissutale che porta al danno d’organo. Numerose molecole sono state proposte negli ultimi anni come molecole chiave in corso di sclerodermia, tra queste il VEGF, l’HGF, TGF-­‐β, la caveolina-­‐1, I’IL-­‐6. Razionale dello studio: Considerate la precocità delle alterazioni capillaroscopiche e la modulazione delle citochine infiammatorie, angiogenetiche e pro-­‐fibrotiche nei diversi stadi della malattia sclerodermica, l’analisi capillaroscopica precoce associata all’analisi di biomarcatori coinvolti nei meccanismi di infiammazione, angiogenesi e fibrosi prima che la malattia sia clinicamente conclamata potrebbe fornire importanti risultati per comprendere le fasi iniziali della patologia sclerodermica e permettere un intervento precoce nei pazienti con caratteristiche di malattia aggressive. La maggior parte degli studi finora condotti sono stati effettuati su pazienti che soddisfacevano i criteri per la sclerodermia del 1981 (2) ed è stata considerata “early” una patologia con una durata di malattia compresa tra 1 e 3 anni dal manifestarsi di un altro sintomo oltre al fenomeno di Raynaud. Il pattern capillaroscopico early, caratterizzato da capillari dilatati e/o giganti associati alla presenza di microemorragie è considerato il risultato dell’ipossia tissutale e dell’attivazione di mediatori dell’infiammazione e proangiogenetici sull’endotelio, mentre il quadro capillaroscopico tardivo è caratterizzato dalla desertificazione dei capillari, probabilmente da attribuirsi al basso numero e all’alterata funzione delle CEP. Una analisi dettagliata dei pazienti con quadro capillaroscopico alterato e con fenomeno di Raynaud in presenza di autoanticorpi specifici per la malattia sclerodermica, ma in assenza di altre manifestazioni di malattia, come proposto dai nuovi criteri (4), potrebbe suggerire i pathways specifici che determinano il manifestarsi della malattia sclerodermica conclamata e suggerire nuovi interventi terapeutici. 3 Pazienti e metodi In questo studio di ricerca sono state arruolate 59 donne ed analizzate le loro caratteristiche demografiche, cliniche e laboratoristiche. Ventotto pazienti (47%) presentavano una sclerodermia conclamata in accordo con i criteri del 1981 ACR, mentre 10 pazienti (17%) soddisfacevano i criteri della VEDOSS. Come gruppi di controllo sono stati selezionati 10 pazienti (17%) con FdR primitivo, quindi con negatività autoanticorpale e nessuna alterazione alla videocapillaroscopia, ed un gruppo di 11 controlli sani (19%), appaiati per sesso ed età. Sono stati raccolti per i quattro gruppi di studio i seguenti valori laboratoristici: Emocromo completo con formula, Creatinina, Glicemia, Colesterolo totale, Colesterolo LDL, Colesterolo HDL e Trigliceridi; inoltre sono stati determinati i livelli degli indici di flogosi come la Velocità di Eritrosedimentazione (VES) e la Proteina C Reattiva (PCR) e i fattori del complemento C3 e C4. In tutte le pazienti sono stati determinati gli ANA mediante immunofluorescenza indiretta, usando come substrati cellule Hep-­‐2, mentre le specificità anticorpali sono state rilevate poi tramite metodica ELISA (enzyme-­‐linked immunosorbent assay) (Shield, Dundee, UK). In tutte le pazienti è stata testata la presenza degli anticorpi antifosfolipidi. Con metodica ELISA sono stati valutati gli anticorpi anticardiolipina IgG e IgM, anti-­‐beta2 glicoproteina I IgG ed IgM e antiprotrombina, seguendo le indicazioni della casa costruttrice. Per gli anticardiolipina il cut-­‐off di riferimento era di 7 UI/l per le IgM e 12 UI/l per le IgG, per gli anti beta2 glicoproteina I era di 8 UI/l per le IgG e 8 UI/L per le IgM, mentre per gli antiprotrombina 10 UI/l. E’stata inoltre valutata la presenza di lupus anticoagulant con le tre metodiche attualmente disponibili: ICA, TTI, DRVV con conferma della ratio. Sono state considerate positive le pazienti con due determinazioni consecutivamente positive di uno di questi autoanticorpi a distanza di 12 settimane. In tutte le pazienti con SSc stato valutato l’indice di attività. Inoltre è stato calcolato l’indice di severità, in accordo con Medsger et al., che valuta il danno d’organo considerando 9 domini differenti (generale, vascolare periferico, cute, articolazioni e tendini, apparato muscolare, tratto gastroenterico, polmone, cuore, rene. Con l'esame clinico sono stati valutati lo Skin Score, la presenza di ulcere digitali attive o l'evidenza di ulcere pregresse (presenza di cicatrici a morso di ratto), la presenza di amputazione e di riassorbimento acrale, di teleangiectasie e di calcinosi. Nei sei mesi precedenti alla valutazione di questo studio, tutte le pazienti affette da SSc sono state sottoposte a una valutazione del coinvolgimento interstiziale polmonare mediante prove di funzionalità respiratoria (PFT) e TC del torace ad alta risoluzione (HRCT). In tutte le pazienti sono stati registrati la Capacità Vitale Forzata (FVC % -­‐ percentage of Forced Vital Capacity), la Capacità Polmonare Totale (TLC – Total Lung 4 Capacity) e la DLCO (diffusione alveolo-­‐capillare di monossido di carbonio). Tutte le misurazioni sono state eseguite secondo le raccomandazioni dell’American Thoracic Society ed espresse come percentuali dei valori predetti in base al sesso, al peso e all’età. Un quadro polmonare restrittivo clinicamente significativo è stato definito da un FVC <80% associato a un rapporto FEV1/FVC normale. Tutte le pazienti sono state sottoposte a HRCT per valutare la presenza e l’entità di un eventuale coinvolgimento infiammatorio e fibrotico del polmone. Tutte le pazienti sono state sottoposte ad ecocardiografia per la valutazione della pressione arteriosa sistolica dell’arteria polmonare (PASP – Pulmonary Arterial Systolic Pressure). La PASP è stata considerata equivalente alla pressione registrata nel ventricolo destro (right ventricular systolic pressare -­‐ RVSP) in assenza di ostacoli allo svuotamento del ventricolo destro. La RVSP è stata calcolata mediante l’equazione di Bernoulli semplificata usando il picco massimo di velocità di rigurgito della valvola tricuspide (V) e la pressione atriale destra (right atrial pressure -­‐ RAP) considerata pari a 10 mmHg (RVSP=4V2+RAP). In relazione al prevedibile incremento della PASP con l’età, l’ipertensione polmonare è stata considerata presente se la PASP supera i 35 mmHg. Valutazione della reattività dell’arteria brachiale La valutazione della reattività dell’arteria brachiale è stata eseguita in tutte le pazienti al mattino a digiuno, in ambiente tranquillo alla temperatura di circa 22-­‐24°C seguendo le linee guida. Alle partecipanti è stato chiesto di non bere alcol né bevande contenenti caffeina nelle 6-­‐8 ore precedenti lo studio e di sospendere l’assunzione di farmaci vasoattivi per un intervallo di tempo pari ad almeno quattro tempi di emivita. Il diametro e il flusso dell’arteria brachiale sono stati determinati mediante ecografia dell’arteria brachiale. L’operatore ha eseguito, sulla paziente in posizione supina, una scansione ecografica in B-­‐mode dell’arteria brachiale destra, acquisendo una sezione longitudinale in una regione situata 2-­‐12 cm prossimalmente alla fossa antecubitale usando una sonda lineare da 17-­‐5 MHz connessa a un ecografo ad alta risoluzione iU22 (Philips Medical Systems, Monza, Italia). Profondità e guadagni sono stati ottimizzati in modo da ottenere una corretta visualizzazione delle interfacce intimali anteriore e posteriore, poste tra il lume e la parete vasale, che sono state usate per definire il diametro del vaso in condizioni basali, calcolato come la media di tre misurazioni acquisite durante tre cicli cardiaci in telediastole, al momento della comparsa dell’onda R al tracciato elettrocardiografico. Sono state inoltre rilevate le caratteristiche flussimetriche Doppler con un angolo d’insonazione di 60°. Quindi a livello dell’avambraccio omolaterale è stato posizionato il manicotto di uno sfigmomanometro che è stato gonfiato fino alla pressione di 200 mmHg per 5 minuti in modo da provocare ischemia 5 dell’avambraccio. È stato quindi sgonfiato il manicotto, ottenendo una prima fase molto breve di iperemia reattiva con incremento del flusso dovuto alla dilatazione dei vasi di resistenza ed aumento dello shear stress che induce, a sua volta, la dilatazione dell’arteria brachiale. Le caratteristiche flussimetriche sono state acquisite entro 15 secondi dallo sgonfiamento del manicotto, in modo da conoscere la velocità del flusso in corso di iperemia. La vasodilatazione endotelio-­‐dipendente mediata dal flusso (FMD) è stata valutata mediante l’acquisizione di immagini dell’arteria brachiale tra i 60 e i 90 secondi successivi e calcolata come la percentuale di variazione del diametro dell’arteria brachiale prima e dopo la vasodilatazione indotta dallo shear stress. Valutazione del coinvolgimento arterioso sistemico Valutazione del circolo arterioso del distretto carotideo Sono state visualizzate le arterie carotidi mediante ultrasonografia ad alta risoluzione (iU22 Philips Medical Systems, Monza, Italia) con sonda lineare da L9-­‐3. È stato valutato lo spessore medio-­‐
intimale (IMT), definito come distanza dalla prima linea iperecogena alla seconda linea iperecogena e la presenza di placca aterosclerotica. Le misurazioni sono state effettuate a 5, 10 e 15 mm prossimalmente alla biforcazione carotidea a livello di entrambe le carotidi. La media dello spessore medio-­‐intimale, utilizzata per l’analisi statistica, è stata definita come media di 6 misurazioni (3 per ogni lato). Valutazione del circolo arterioso degli arti inferiori Anche a livello degli arti inferiori sono stati valutati IMT e carico aterosclerotico secondo quanto sopra descritto per le arterie carotidi. A paziente supina mediante ultrasonografia ad alta risoluzione (iU22 Philips Medical Systems, Monza, Italia) con sonda lineare da L8-­‐4 sono state esplorate le arterie partendo dall'arteria femorale comune, ottenendo scansioni trasversali e longitudinali del vaso, procedendo poi distalmente fino a valutare la biforcazione tra femorale superficiale e femorale profonda. In seguito è stata usata la metodica del color-­‐flow imaging con valutazione velocimetrica al fine di definire il profilo del vaso e rilevare eventuali turbolenze del flusso sanguigno effettuando campionature a vari livelli con Doppler pulsato. Quindi mantenendo la paziente supina con gambe flesse è stata posizionata la sonda a livello della loggia poplitea. Sono state esplorate l’arteria poplitea e la biforcazione tibiale e le arterie distali (tibiali anteriori e posteriori) con sezioni prima trasversali e poi longitudinali lungo l’intero decorso. Anche in questo distretto è stata prima descritta la morfologia delle pareti vasali, poi è stato utilizzato il color flow 6 imaging per valutare il lume del vaso ed eventuali turbolenze del flusso; infine è stata documentata la velocità di flusso effettuando campionature con Doppler pulsato. Valutazione dell’aorta addominale e dei vasi iliaci Lo studio dell’aorta addominale è stato eseguito a paziente supina utilizzando una sonda a bassa frequenza C 5-­‐2 MHz per le scansioni profonde. La sonda è stata posta inizialmente al di sotto del processo xifoide dello sterno, in modo da ottenere una sezione traversa dell'aorta addominale sottodiaframmatica. In seguito a una rotazione di 90 gradi della sonda si è ottenuta una sezione longitudinale dell’aorta stessa e dei vasi iliaci. Grazie alla scansione in B-­‐mode e con l’ausilio del color-­‐flow-­‐mapping sono state eseguite valutazioni in merito ai calibri, in modo da valutare la presenza di eventuale patologia aneurismatica, ed in merito alla morfologia e flussimetria, in modo da valutare il coinvolgimento aterosclerotico dei grossi vasi addominali. Valutazione ecocolordoppler delle arterie renali Le arterie renali sono state studiate a paziente supina con la sonda C5-­‐2 MHz. Sono state identificate direttamente alla loro origine dall'aorta, scansionata in sezione trasversa al di sotto del processo xifoideo a 1-­‐2 cm sotto l'origine dell'arteria mesenterica superiore, e il loro decorso longitudinale è stato seguito al tratto medio e al bacinetto. E' stata eseguita valutazione morfologica e flussimetrica. L'esame è stato completato con lo studio della vascolarizzazione intraparenchimale renale con studio morfologico dell'onda flussometrica e rilevazione degli indici di resistenza in tre misurazioni. Valutazione capillaroscopica La videocapillaroscopia periungueale è stata eseguita sulle pazienti dopo che fossero rimaste a riposo in ambiente tranquillo alla temperatura di 22-­‐25°C per almeno 20 minuti. In due pazienti sclerodermiche, per la presenza di amputazioni e riassorbimento acrale, non è stato possibile eseguire l’indagine capillaroscopica. Per massimizzare la trasparenza degli strati di cheratina è stata applicata una goccia di olio di cedro sul letto ungueale di tutte le dita. Per tale indagine è stato usato un videocapillaroscopio (Videocap 3.0; DS Medica, Milano, Italia) equipaggiato con un ingrandimento ottico 200×. E' stata considerata l'immagine più rappresentativa del pattern capillaroscopico per ogni dito e ne sono stati valutati tutti i parametri seguenti come definiti sulla base di precedenti classificazioni: •
Megacapillare: un capillare con diametro uniformemente aumentato a livello dell’ansa afferente, dell’apice e dell’ansa efferente e superiore a 50 µm, a differenza del microaneurisma in cui invece la dilatazione interessa una parte circoscritta del vaso. 7 •
Diametro massimo del megacapillare: il diametro massimo osservabile in un megacapillare presente nell’immagine capillaroscopica. •
Microemorragia: presenza di un agglomerato di sangue rosso scuro derivante da un danno al capillare. •
Tortuosità: variazione della normale forma a forcina dei capillari del letto ungueale. •
Numero dei capillari. •
Presenza di aree avascolari, definita come l’assenza di capillari per un tratto del letto ungueale di 500 µm. •
Presenza di papille vuote, definita come l’assenza di un capillare nella papilla di pertinenza. Al fine di calcolare lo CSURI, sono stati considerati il numero di capillari (N), il numero di megacapillari (M) e il diametro massimo dei megacapillari (D). Lo CSURI è stato poi calcolato come D × M:N2. Valutazione delle citochine plasmatiche coinvolte nell’infiammazione e nel danno endoteliale Tutti i soggetti coinvolti nello studio sono stati sottoposti a prelievo di plasma, allo scopo di dosare due delle citochine implicate nella vascolopatia sclerodermica e nell’infiammazione e i loro rispettivi recettori. Sono stati dunque valutati i livelli plasmatici dell'IL-­‐6 e del suo recettore solubile (sIL-­‐6R), dell'isoforma 165 del VEGF (VEGF165) e del suo recettore solubile di tipo 2 (sVEGF-­‐
R2), con i kit ELISA attualmente disponibili (Quantikine ELISA R&D Systems) seguendo le istruzioni riportate dalla casa produttrice. Per IL-­‐6 e VEGF non è stata effettuata alcuna diluizione dei campioni, mentre per sIL-­‐6R è stata fatta una diluizione 1:100 e per il sVEGF-­‐R2 una diluizione 1:5. Sono state utilizzate piastre con 96 pozzetti, di cui 8 sono stati utilizzati per fare la curva di calibrazione delle concentrazioni, caricando dunque in ciascuno una concentrazione nota dell’antigene in questione. Le unità di misura utilizzate, come riportato in letteratura, sono state: •
pg/ml per IL-­‐6 e VEGF; •
ng/ml per sIL-­‐6R e sVEGF-­‐R2. Analisi statistica I risultati sono stati analizzati usando il programma SPSS 15.0 (SPSS. Chicago, IL, USA). Le variabili categoriche sono state descritte come numeri e percentuali (%) mentre le quantitative come media ± deviazione standard o mediana e intervallo di confidenza, in accordo con la distribuzione dei dati dei singoli parametri continui. Le variabili categoriche sono state analizzate utilizzando il test del χ2 o il test di Fisher secondo la numerosità del campione. I confronti per le variabili continue tra pazienti e controlli e nei diversi sottogruppi di pazienti sono stati fatti in accordo con 8 la distribuzione dei dati con il t-­‐test o con il test di Mann-­‐Whitney. Le correlazioni sono state studiate mediante il test di Spearman. Un valore di p<0,05 è stato considerato statisticamente significativo. Risultati Caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti e dei controlli Nel presente studio sono state arruolate 59 donne. Ventotto pazienti (47%) presentavano una sclerodermia conclamata in accordo con i criteri del 1980 dell’ACR, mentre 10 pazienti (17%) soddisfacevano i criteri della VEDOSS. Come gruppi di controllo sono stati selezionati 10 pazienti (17%) con FdR primitivo, quindi con negatività autoanticorpale e nessuna alterazione alla videocapillaroscopia, ed un gruppo di 11 controlli sani (19%), appaiati per sesso ed età. In accordo con il sistema classificativo proposto da LeRoy, delle 28 pazienti con sclerodermia, 10 (36%) presentavano una malattia cutanea limitata (lcSSc) e 16 (57%) una malattia cutanea diffusa (dcSSc). Due pazienti (7%) erano sine scleroderma. In questo stesso gruppo, solo una paziente (3%) aveva la positività per gli anticorpi anticentromero (ACA), 24 pazienti (86%) erano anti-­‐Scl70 positive, 3 (11%) erano ANA positive senza specificità. Nelle pazienti con diagnosi di VEDOSS, una sola (10%) presentava gli anticorpi anti-­‐Scl70, altre 6 (60%) erano positive per gli ACA e 3 (30%) per gli ANA. Sono state escluse dallo studio le pazienti con i fattori di rischio cardiovascolare classico: BMI> 30 kg/m2 (indice di obesità), Diabete Mellito, Ipertensione Arteriosa (pressione arteriosa ≥130/85 mmHg o anamnesi farmacologica positiva per anti-­‐ipertensivi), Colesterolo totale >200 mg/dl con rapporto Colesterolo totale/Colesterolo HDL >5. L’età (media ± deviazione standard) delle pazienti sclerodermiche era 42,3 ± 11,1 anni, mentre la durata di malattia era di 8,4 ± 9,7 anni, calcolata dal tempo intercorso tra la prima manifestazione clinica di malattia chiaramente ascrivibile alla SSc (escludendo quindi il fenomeno di Raynaud) e il momento in cui sono stati raccolti i dati della nostra coorte. L’età (media ± deviazione standard) delle pazienti con diagnosi di VEDOSS era di 46,6 ± 10,9 anni. La durata di malattia, dal momento della diagnosi, per quest’ultime era di 2,3 ± 4,1 anni e la durata di malattia dalla comparsa del fenomeno di Raynaud era di 9,5 ± 10,9 anni. Le pazienti sono state raggruppate in base alla loro abitudine tabagica in non fumatrici (58,7%), ex-­‐fumatrici (34,7%) e fumatrici attive (6%). Dalla raccolta dei dati sulla familiarità è emerso che 27 (71%) pazienti (SSc e VEDOSS) contro 7 soggetti con FdR (70%) e 4 controlli (36%) avevano anamnesi familiare positiva per patologie cardiovascolari, mentre 9 pazienti (24%) contro 3 soggetti con FdR (30%) avevano anamnesi 9 familiare positiva per malattie reumatologiche. Nessuno dei controlli aveva anamnesi positiva per quest’ultime. Per ogni paziente è stato compilato un questionario per valutare le caratteristiche basali, i fattori di rischio cardiovascolari, la familiarità per patologie cardiovascolari e reumatologiche, le caratteristiche di malattia, l’indice di severità e attività, le comorbidità e la terapia in corso dell’ultimo mese. Tutte le pazienti erano in terapia con calcio-­‐antagonisti (nifedipina 20–40 mg/die), antiaggreganti e Iloprost (infusione continua di 0.5–2 ng/kg/minuto, della durata di 6 ore, per 1 giorno ogni mese) dal momento della diagnosi. Come controlli sono stati arruolati 11 donne con un’età di 40,3 ± 17,3 anni, sovrapponibile a quella della coorte in studio. I quattro sottogruppi di studio non differivano tra di loro per i valori di BMI e per i livelli di Colesterolo totale e Trigliceridi. Danno macrovascolare nei pazienti sclerodermici e nei soggetti con fenomeno di Raynaud Alla valutazione ultrasonografica della FMD si è osservato che il diametro basale medio dell’arteria brachiale era paragonabile in tutti e quattro i gruppi di studio (SSc: 2,8 ± 0,3 mm; VEDOSS 3,1 ± 0,4 mm; FdR 2,9 ± 0,4 mm; HC: 3,1 ± 0,2 mm). La dilatazione indotta dallo shear stress aumentava il diametro medio solo fino a 3,1 ± 0,3 mm nei pazienti con SSc, rispetto ai pazienti VEDOSS (3,3 ± 0,4 mm; p=0,05), rispetto ai pazienti con FdR (3,3 ± 0,3; p=0,004) e rispetto ai controlli sani (3,6 ± 0,2, p<0,0001). Come già riportato dai dati della letteratura precedente, i pazienti con sclerodermia presentavano una ridotta FMD rispetto ai controlli sani (5,8 ± 4,7% contro 18,9 ± 6,7%; p<0.0001); inoltre questi stessi pazienti presentavano una FMD ridotta rispetto ai soggetti con FdR (5,8 ± 4,7% contro 11,6 ± 5,6%; p=0.001). Non si è evidenziata invece alcuna differenza tra la FMD dei pazienti sclerodermici e quella dei pazienti VEDOSS (6,6 ± 3,8%). I pazienti VEDOSS presentavano valori di FMD significativamente più compromessi rispetto a quelli dei FdR (p=0,05) e dei controlli sani (p<0,001). Infine i pazienti con FdR primitivo presentavano valori di FMD ridotti rispetto ai controlli sani (p=0,008). 10 Figura 12. FMD % nei quattro gruppi di studio. HC: Healthy Controls (controlli sani) Nella nostra coorte i valori di FMD correlavano inversamente con i livelli di VES (r=0,4; p=0,004) e di PCR (r=0,3; p=0,01). L’ecodoppler effettuato sui grandi vasi ha valutato la presenza di un ispessimento miointimale e di placche ateromasiche nei quattro gruppi di studio. La presenza di ispessimento miointimale e di aterosclerosi non stenosante non differiva in maniera statisticamente significativa nei quattro gruppi. Sette pazienti sclerodermici (25%) presentavano un’aterosclerosi non stenosante a livello carotideo con uno spessore medio dell’arteria carotide 1,6 ± 0,3 mm e 5 pazienti sclerodermici (18%) presentavano un ispessimento miointimale con spessore dell’arteria carotide di 1,0 ± 0,1 mm. A livello femorale tre pazienti sclerodermici (11%) presentavano un’aterosclerosi non stenosante con un valore medio dell’arteria femorale di 1,8 ± 0,3 mm e altri tre pazienti presentavano un ispessimento con valore medio di 1.0 ± 0,3 mm. Considerando i pazienti VEDOSS, solo uno (10%) presentava un’aterosclerosi non stenosante carotidea mentre quattro (40%) avevano un ispessimento miointimale con uno spessore dell’arteria carotide di 1,1 ± 0,1 mm. Quattro pazienti (40%) con FdR primitivo presentavano un ispessimento miointimale con uno spessore medio dell’arteria carotide di 0,9 ± 0,1 mm e un solo paziente aveva un’aterosclerosi non stenosante a livello femorale con uno spessore pari a 1,3 mm. Nonostante la completa assenza di fattori di rischio cardiovascolare nei controlli sani, tre di loro (27%) presentavano un ispessimento a livello carotideo con uno spessore di 0,9 ± 0,1 mm e uno presentava aterosclerosi non stenosante a livello della femorale, con spessore pari a 1,4 mm. 11 L’aterosclerosi non stenosante è più frequente nei pazienti con malattia sclerodermica (25%) conclamata in modo statisticamente significativo rispetto ai pazienti con VEDOSS (10%; p=0,001). Capillaroscopia e citochine circolanti nei pazienti sclerodermici e nei soggetti con fenomeno di Raynaud Tutti i pazienti con SSc conclamata presentavano le patognomoniche alterazioni capillaroscopiche. In particolare lo CSURI medio era 13,3 ± 2,0. Diciannove pazienti (67%) presentavano papille vuote e sei (21,4%) presentavano aree avascolari. Per quanto riguarda le pazienti con VEDOSS, lo CSURI medio è risultato essere 1,5 ± 0,7. Una sola paziente con VEDOSS presentava papille vuote, nessuna presentava aree avascolari, tutte presentavano almeno un megacapillare e tre avevano neoangiogenesi. I livelli plasmatici di VEGF nei pazienti con SSc (29,8 ± 40,7 pg/ml) sono risultati statisticamente più elevati rispetto ai controlli (13,0 ± 24,8 pg/ml; p=0,03); mentre erano paragonabili rispetto ai pazienti con VEDOSS (22,6 ± 21,7 pg/ml) e con FdR primitivo (14,1 ± 26,4 pg/ml). I livelli plasmatici di IL-­‐6 sono risultati statisticamente più elevati nei pazienti sclerodermici (5,7 ± 11,1 pg/ml) rispetto ai pazienti con VEDOSS (1,5 ± 1,2 pg/ml; p=0,04), rispetto ai soggetti con FdR (1,1 ± 0,5 pg/ml; p<0,0001) e rispetto ai controlli sani (1,9 ± 3,1 pg/ml; p<0,001). I livelli dei recettori VEGF-­‐R2 e sIL-­‐6R sono risultati paragonabili in tutti e quattro i gruppi di studio. I livelli plasmatici di VEGF e IL-­‐6 correlavano tra di loro (r=0,5; p<0,0001). Inoltre i livelli plasmatici di VEGF correlavano con l’età (r=0,36; p=0,006), il BMI (r=0,39; p=0,02), la VES (r=0,4; p=0,001) e la PCR (r=0,3; p=0,016), mentre i livelli plasmatici di IL-­‐6 correlavano direttamente con la VES (r=0,6; p<0,0001) ed indirettamente con la FMD (r=-­‐0,38; p=0,003). Danno microvascolare e macrovascolare nel gruppo di pazienti sclerodermici Abbiamo focalizzato la nostra attenzione sui parametri di danno micro e macrovascolare all’interno del gruppo di pazienti sclerodermiche al fine di valutare eventuali biomarcatori in grado di identificare le diverse caratteristiche di malattia. L’analisi effettuata suddividendo le pazienti con malattia cutanea diffusa (dcSSc) rispetto alle pazienti con malattia cutanea limitata (lcSSc), ha evidenziato che i livelli plasmatici di IL-­‐6 erano più elevati nei pazienti con malattia cutanea diffusa (7,9 ± 13,0 pg/ml) rispetto ai pazienti con malattia cutanea limitata (1,9 ± 0,6 pg/ml; p=0,0027) come anche, pur non raggiungendo la significatività statistica, i livelli plasmatici di VEGF (dcSSc: 36,7 ± 46,8 pg/ml vs lcSSc: 17,4 ± 23,9 pg/ml; p=ns). Il danno macrovascolare valutato tramite lo studio della FMD non risultava differente tra i due gruppi. Nonostante l’indice CSURI risultasse 12 paragonabile nei due gruppi, il 37% dei pazienti con dcSSc presentava aree avascolari rispetto a nessuno dei pazienti con lcSSc (p=0,035). Come atteso, l’Indice di Severità è risultato più alto nei pazienti con dcSSc (7,2 ± 2,4) rispetto ai pazienti con lcSSc (4,6 ± 1,7; p=0,006), mentre l’Indice di Attività era paragonabile nei due gruppi (dcSSc: 3,1 ± 2,4 vs lcSSc: 1,6 ± 1,4; p=ns). La presenza di manifestazioni vascolari ulcerose in atto e/o l’anamnesi positiva per le stesse era paragonabile nei due gruppi. Lo studio dell’aterosclerosi a livello dei grandi vasi ha evidenziato che a livello femorale solo le pazienti con dcSSc mostravano alterazioni vascolari. Infatti in tre pazienti (17%) con dcSSc è stata riscontrata aterosclerosi non stenosante ed in altre tre (17%) è stato riscontrato un ispessimento miointimale. A livello carotideo, invece, alterazioni vascolari erano presenti sia nelle pazienti con dcSSc che in quelle con lcSSc. Le pazienti sclerodermiche sono state inoltre suddivise a seconda della positività anticorpale, nonostante il gruppo di pazienti con anticorpi anti-­‐
Scl70 fosse più numeroso rispetto alle pazienti che presentavano altre specificità autoanticorpali. I valori di FMD sono risultati più compromessi ed i livelli plasmatici di IL-­‐6 maggiori nei pazienti anti-­‐
Scl70 positivi, sebbene non si sia raggiunta la significatività statistica. Come già riportato in letteratura, il livelli di VEGF correlavano con lo Skin Score (r=0,5; p=0,005) e l’Indice di Severità (r=0,5; p=0,007). Inoltre i livelli di VEGF correlavano con tutti gli indici di flogosi considerati: la VES (r=0,5; p=0,01), la PCR (r=0,4; p=0,035) e i livelli di IL-­‐6 (r=0,4; p=0,05). I livelli di IL-­‐6 correlavano, come atteso, con i livelli di VES (r=0,7; p<0,001) e di PCR (r=0,4; p=0,047). Inoltre i livelli sia di VEGF che di IL-­‐6 mostravano una correlazione inversa con il valore di TLC (Total Lung Capacity) (rispettivamente: r=-­‐0,5; p=0,01 per il VEGF e r=-­‐0,6; p=0,003 per IL-­‐6). E’ interessante notare come i valori della FMD correlavano inversamente con la durata di malattia (r=-­‐0,38; p=0,045), la PCR (r=-­‐0,38; p=0,044) e l’Indice di Severità (r=-­‐0,42; p=0,023). Inoltre i valori di FMD, che rispecchiano il danno macrovascolare, correlavano direttamente con i valori di KCO (r=0,4; p=0,031). L’analisi dell’assetto lipidico all’interno del gruppo dei pazienti SSc ha evidenziato che i livelli di Colesterolo Totale, LDL e trigliceridi correlavano direttamente con lo Skin Score (rispettivamente: r=0,4; p=0,02; r=0,5; p=0,03; r=0,42; p=0,05). Inoltre l’Indice di Attività correlava sia con i livelli di Colesterolo LDL (r=0,41; p=0,03), che con il rapporto Colesterolo Totale/ HDL (r=0,57; p=0,002). Infine i livelli plasmatici di IL-­‐6 correlavano con i livelli di Trigliceridi (r= 0,5; p= 0,01), mentre i livelli plasmatici di VEGF correlavano con il rapporto Colesterolo Totale/ HDL (r= 0,4; p= 0,031) e con i valori di BMI (r= 0,5; p= 0,01). Confronto tra i pazienti con VEDOSS e i pazienti con sclerodermia conclamata 13 La disfunzione endoteliale, studiata attraverso la FMD, è già presente nei pazienti con VEDOSS ed è paragonabile a quella presente nei pazienti con malattia sclerodermica conclamata. I livelli plasmatici di IL-­‐6 sono risultati più elevati nei pazienti SSc (5,7 ± 11,1 pg/ml) rispetto ai pazienti VEDOSS (1,5 ± 1,2 pg/ml; p=0,04), mentre i livelli di VEGF e dei loro recettori risultavano paragonabili. Il quadro capillaroscopico, come atteso, era meno compromesso nei pazienti con VEDOSS rispetto ai pazienti con malattia conclamata. In particolare, la densità capillare, la presenza di papille vuote e la presenza di aree avascolari risultavano statisticamente differenti nei due gruppi. I valori di FMD correlavano inversamente con la durata di malattia (r=-­‐0,46; p=0,004) e direttamente con i livelli di KCO (r=0,47; p=0,007), come già riportato nei pazienti con malattia conclamata. Considerando i pazienti che alla VCP presentavano alterazioni suggestive di SSc, è risultato che la densità capillare correlava inversamente con i livelli di IL-­‐6 (Figura 27), con l’Indice di Attività, con l’indice di Severità, con lo Skin Score, con la PAPS e con la durata di malattia. Discussione La patologia sclerodermica è associata a importante disabilità e mortalità, in particolare la forma diffusa, in cui il coinvolgimento della cute, dei polmoni, del cuore, dei reni e del tratto gastrointestinale può essere molto precoce, normalmente nei primi tre anni dall’insorgenza della malattia. La sopravvivenza dei pazienti con malattia early e progressiva è del 50% a 5 anni. Il limitato numero di farmaci a disposizione per il trattamento del coinvolgimento d’organo impone di effettuare una diagnosi sempre più precoce della malattia. Recentemente sono stati proposti dei nuovi criteri classificativi per identificare precocemente i pazienti che sono a rischio di sviluppare una sclerodermia conclamata. Considerato l’alta prevalenza del fenomeno di Raynaud nella sclerodermia è necessaria un attento screening soprattutto tra i soggetti con fenomeno di Raynaud. Il quadro capillaroscopico permette attualmente di identificare precocemente le alterazioni vascolari suggestive di sclerodermia, quali la dilatazione dei capillari fino alla presenza di veri e propri megacapillari. Oltre al già noto coinvolgimento microvascolare, studi recenti hanno evidenziato come anche la patologia sclerodermica sia caratterizzata da aterosclerosi e danno macrovascolare, al pari di altre malattie infiammatorie autoimmuni. Infatti nel 20-­‐30% dei casi l’aumentata mortalità in corso di sclerodermia è dovuta a malattia cardiovascolare. Comprendere i meccanismi alla base dell’aumentata prevalenza di aterosclerosi in questi pazienti potrebbe permettere di intervenire sull’aumentato rischio vascolare intrinsecamente legato alla malattia. In 14 questo studio sono stati arruolati pazienti con patologia sclerodermica conclamata e pazienti con VEDOSS, cioè con una diagnosi iniziale di patologia senza impegno d’organo clinicamente evidente, e sono stati scelti due gruppi di controllo: un gruppo composto da soggetti con fenomeno di Raynaud primitivo (quindi in assenza di alterazioni immunologiche e capillaroscopiche) e soggetti sani, in modo da poter individuare le alterazioni micro e macrovascolari caratteristiche della sclerodermia fin dalle fasi più precoci. Tutti i soggetti erano paragonabili per sesso, per età e per valori di indici di infiammazione. Sono stati esclusi dallo studio soggetti che presentassero i classici fattori di rischio cardiovascolari, al fine di analizzare il danno macrovascolare intrinseco alla malattia fin dalle sue fasi più precoci. Tutti i soggetti sono stati sottoposti alla valutazione della FMD, uno dei metodi ad oggi più usati per valutare la disfunzione endoteliale, predittore di aterosclerosi. I ridotti valori di FMD nei pazienti sclerodermici e nei pazienti con diagnosi di VEDOSS rispetto ai controlli sani e ai soggetti con fenomeno di Raynaud, evidenziati nel nostro studio, indicano la presenza di una evidente alterazione della normale omeostasi dell’endotelio. L’alterazione dei valori di FMD nei pazienti sclerodermici e nei pazienti con diagnosi di VEDOSS suggerisce che la disfunzione endoteliale sia presente fin dalle fasi precoci di malattia ed in modo indipendente dall’impegno d’organo, e che possa essere la causa, nel tempo, dell’aumentato rischio cardiovascolare che presentano i pazienti sclerodermici. Le precoci alterazioni capillaroscopiche e la precoce disfunzione endoteliale, già presenti nei pazienti VEDOSS, suggeriscono come l’endotelio sia il primo distretto colpito nella patogenesi della SSc. Rispetto a quanto precedentemente riportato da studi su piccole coorti presenti in letteratura, nella nostra analisi i soggetti con fenomeno di Raynaud presentavano una FMD compromessa, con valori significativamente inferiori rispetto ai controlli sani, pur non arrivando ai livelli di compromissione tipici dei pazienti sclerodermici. Questo dato suggerisce che alla alterazione del microcircolo già nota nei pazienti con fenomeno di Raynaud, si associ anche una disfunzione endoteliale ed impone uno stretto follow-­‐up clinico, capillaroscopico e laboratoristico di questi pazienti al fine di individuare l’eventuale momento di comparsa di una malattia autoimmune. Pur considerando il basso numero di pazienti della nostra coorte, dai dati raccolti risulta chiaro come in corso di malattia sclerodermica al danno microvascolare si associ una disfunzione endoteliale dei vasi di medio e grande calibro, probabilmente responsabile dell’aterosclerosi accelerata. La simile compromissione dell’FMD nei pazienti con variante cutanea diffusa di malattia e in quelli con anticorpo anti-­‐Scl70 (caratteristici della forma più aggressiva di malattia), 15 suggerisce che la disfunzione endoteliale sia una caratteristica intrinseca e precoce della vasculopatia sclerodermica, al pari della presenza di dilatazioni capillari evidenziabili alla capillaroscopia, indipendentemente dall’aggressività e dalla comparsa di successivo danno d’organo. E’ noto come l’infiammazione svolga un ruolo chiave nella disfunzione endoteliale. Infatti la FMD correlava inversamente con i valori degli indici di infiammazione e di IL-­‐6. Inoltre nei pazienti sclerodermici l’FMD correlava inversamente con la durata di malattia e l’indice di Severità e direttamente con la KCO e il diametro massimo dei megacapillari, dimostrando che la funzione endoteliale peggiori in corso di malattia e concorra insieme con i processi di infiammazione e di fibrosi a determinare il quadro clinico conclamato di malattia. Per una completa analisi del danno macrovascolare in questi pazienti abbiamo inoltre valutato la presenza di ispessimento medio-­‐
intimale (IMT) a livello di arterie carotidi e femorali e la presenza di aterosclerosi a livello delle stesse e a livello delle arterie renali e dell’aorta addominale. L’ispessimento carotideo e femorale era paragonabile nei quattro gruppi. In assenza di sintomi specifici, il 25% delle pazienti sclerodermiche e il 10% delle pazienti VEDOSS presentavano aterosclerosi carotidea non stenosante. L’aterosclerosi non stenosante a livello femorale era simile in tutti e quattro i gruppi. Nessuno dei soggetti analizzati presentava alterazioni a livello dell’aorta addominale e delle arterie renali. Quindi i nostri dati sottolineano come l’analisi ultrasonografica, misurando l’IMT e identificando le placche nelle arterie di medio e grande calibro, risulti una metodica utile e sensibile per individuare all’interno della popolazione sclerodermica, i pazienti a maggior rischio cardiovascolare e intervenire, quando necessario, con misure preventive e una terapia individualizzata. Nei pazienti sclerodermici, quindi, è necessario un attento e stretto monitoraggio del distretto vascolare sia di piccolo che di medio e grande calibro per ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori in pazienti che già presentano intrinsecamente un’alterazione della FMD. Pur avendo selezionato una coorte di pazienti non dislipidemici, la nostra analisi ha evidenziato una correlazione diretta tra i valori di Skin Score ed i livelli di colesterolo totale, colesterolo LDL e di trigliceridi, suggerendo che in corso di malattia conclamata l’infiammazione, le modificazioni vascolari e le alterazioni immunitarie possano influenzare l’assetto lipidico e il successivo sviluppo di aterosclerosi dei pazienti affetti da questa patologia. L’esame capillaroscopico è una metodica utile e sensibile in grado di riconoscere precocemente le alterazioni microvascolari tipiche della malattia sclerodermica e di evidenziare la riduzione della densità capillare e la comparsa di aree avascolari, caratteristiche delle fasi conclamate di malattia. Le alterazioni strutturali capillari sono 16 il risultato di un processo patogenetico non ancora completamente riconosciuto e caratterizzato da uno sbilanciamento di fattori angiogenetici, immunitari ed infiammatori. Attualmente la diagnosi precoce di SSc si basa sull’utilizzo combinato di criteri strumentali (videocapillaroscopia) e laboratoristici (autoanticorpi). La diagnosi precoce di tale patologia risulta infatti cruciale per l’inizio tempestivo della terapia vasoattiva volta a bloccare le alterazioni endoteliali e a ridurre l’insorgenza di complicanze vascolari come la comparsa di ulcere cutanee, ipertensione polmonare e crisi renale sclerodermica. I livelli plasmatici di IL-­‐6 e VEGF sono risultati significativamente più elevati nei pazienti sclerodermici rispetto agli altri gruppi, mentre nei pazienti VEDOSS è stato riscontrato esclusivamente un aumento del VEGF. I livelli dei rispettivi recettori sono risultati invece paragonabili in tutti e quattro i gruppi. L’aumento dei livelli plasmatici del VEGF, già riportato in letteratura e presente già nelle prime fasi di malattia e prima di un impegno d’organo conclamato, potrebbe rispecchiare l’alterazione del microambiente vascolare. In condizioni normali, il VEGF provoca vasodilatazione, proliferazione e migrazione delle cellule endoteliali ed è coinvolto nell’angiogenesi stabilizzando il lume dei vasi neoformati. Nonostante la cronica e non controllata overespressione di VEGF, nella sclerodermia vi è un’angiogenesi afinalistica ed aberrante, probabilmente associata ad uno switch da isoforme angiogenetiche ad isoforme antiangiogenetiche di VEGF. Infatti risulta iperespressa la variante di splicing antiangiogenetica VEGF(165)b, che lega comunque il recettore VEGF-­‐R2 ma ne induce una fosforilazione insufficiente o una ridotta attivazione. Gli abnormi livelli plasmatici di VEGF riscontrati nel nostro gruppo di studio correlano con lo skin score e con l’indice di severità di malattia, suggerendo la presenza di un’alterazione del sistema VEGF/VEGF-­‐R nel determinismo del danno d’organo. Nonostante nella nostra coorte i livelli di VEGF-­‐R2 fossero simili nei quattro gruppi, è possibile che l’espressione cellulare dei recettori del VEGF e i livelli nei differenti microambienti di tale citochina, siano responsabili delle alterazioni vascolari che accompagnano la malattia. Gli aumentati livelli di IL-­‐6 che sembrano caratterizzare solamente i pazienti con malattia sclerodermica conclamata suggeriscono che l’infiammazione si instauri successivamente e concorra, insieme alla vasculopatia e alla disfunzione endoteliale caratteristica delle fasi precoci della malattia, alle manifestazioni cliniche della sclerodermia conclamata. E’ già in parte noto il ruolo pleiotropico dell’IL-­‐6 nella patogenesi della sclerodermia. I fibroblasti isolati dalla cute di pazienti sclerodermici producono costitutivamente più alti livelli di IL-­‐6 rispetto a fibroblasti sani e i livelli di questa citochina correlano con il coinvolgimento diffuso di malattia. Nella nostra coorte di pazienti sclerodermiche 17 abbiamo individuato una correlazione tra i livelli di IL-­‐6 e la densità capillare, in linea con i dati della letteratura. La trascrizione dell’IL-­‐6 è indotta dall’ischemia e dall’ipossia e probabilmente l’ischemia precoce e persistente che caratterizza questa malattia determina l’upregolazione dell’IL-­‐
6 e i suoi effetti sull’attivazione delle cellule endoteliali, delle cellule B, sull’infiammazione e sulla fibrogenesi. La correlazione tra i livelli di IL-­‐6 e di VEGF trovata nel nostro studio conferma che queste due citochine siano entrambe implicate nella patologia sclerodermica, nonostante sembrino agire in momenti differenti. E’ già stato dimostrato che l’IL-­‐6 regoli l'espressione del VEGF e induca un’attivazione delle cellule endoteliali che si esprime con l’aumentata espressione di molecole d’adesione (VCAM-­‐1 e ICAM-­‐1) e il rilascio di IL-­‐8, MCP-­‐1 (monocyte chemotactic protein-­‐1) e della stessa IL-­‐6, in un loop autocrino a feedback positivo. Il microambiente citochinico indotto e automantenuto dall’IL-­‐6 probabilmente ha un ruolo chiave nel determinismo del danno d’organo nelle fasi di malattia conclamata. Gli effetti dell’IL-­‐6 sull’aterosclerosi accelerata nelle malattia infiammatorie autoimmuni è ancora oggetto di studio. La dimostrazione che la somministrazione esogena di IL-­‐6 stimola la formazione della placca aterosclerotica in modelli animali dimostra un ruolo di questa citochina nella aterosclerosi. La correlazione inversa tra i livelli di IL-­‐6 e i valori di FMD riportata in questo studio suggerisce che questa citochina possa essere implicata nella disfunzione endoteliale. In conclusione, il nostro studio dimostra la contemporanea presenza di un’alterazione macro e microvascolare nei pazienti con sclerodermia, soprattutto in quelli con malattia più aggressiva e ciò probabilmente è legato a molteplici fattori. Lo studio della FMD, sin dalle prime fasi di malattia, la valutazione capillaroscopica, lo studio dei livelli plasmatici di citochine e l’espressione dei miRNA potrebbero permettere di individuare precocemente le alterazioni micro e macrovascolari del singolo paziente. La patologia sclerodermica sembra essere caratterizzata fin dalle fasi più precoci da un’alterazione dei meccanismi dell’omeostasi endoteliale responsabili sia del danno microvascolare che di quello macrovascolare. 18 Referenze 1) Derk CT, Huaman G, Littlejohn J, Otieno F, Jimenez S. Predictors of early mortality in systemic sclerosis: a case-­‐control study comparing early versus late mortality in systemic sclerosis. Rheumatol Int. 2011 Dec 23. 2) Preliminary criteria for the classification of systemic sclerosis ( scleroderma). Ann Rheum Dis 1981 ; 31 : 1 – 6. 3) LeRoy EC, Black C, Fleischmajer R, et al. Scleroderma (systemic sclerosis):classifi cation, subsets and pathogenesis. J Rheumatol 1988 ; 15 : 202 – 5 . 4) LeRoy EC, Medsger TA, Jr. Criteria for the classification of early systemic sclerosis. J Rheumatol 2001;28:1573-­‐1576. 5) Minier T, Guiducci S, Bellando-­‐Randone S, Bruni C, Lepri G, Czirjak L, Distler O, Walker UA, Fransen J, Allanore Y, Denton C, Cutolo M, Tyndall A, Muller-­‐Ladner U, Matucci-­‐Cerinic M. Preliminary analysis of the Very Early Diagnosis of Systemic Sclerosis (VEDOSS) EUSTAR multicentre study: evidence for puffy fingers as a pivotal sign for suspicion of systemic sclerosis. Ann Rheum Dis 2013. 6) Minier T, Guiducci S, Bellando-­‐Randone S, Bruni C, Lepri G, Czirjak L, Distler O, Walker UA, Fransen J, Allanore Y, Denton C, Cutolo M, Tyndall A, Muller-­‐Ladner U, Matucci-­‐Cerinic M. Preliminary analysis of the Very Early Diagnosis of Systemic Sclerosis (VEDOSS) EUSTAR multicentre study: evidence for puffy fingers as a pivotal sign for suspicion of systemic sclerosis. Ann Rheum Dis 2013. 7) Lambova SN, Müller-­‐Ladner U. Capillaroscopic pattern in systemic sclerosis -­‐ an association with dynamics of processes of angio-­‐ and vasculogenesis. Microvasc Res. 2010 Dec;80(3):534-­‐9. 19