L`Italia dei giustizzieri
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L`Italia dei giustizzieri
L'Italia dei giustizzieri "Famiglia Cristiana" dell'8 marzo 2009 "La sai l’ultima? Facciamo le ronde per impedire ai cittadini di farsi giustizia da sé! In un altro Paese, risate. In Italia, invece, si fa finta di credere al premier e al ministro degli Interni, gli stessi che per anni hanno dipinto il Paese come una Tortuga in balìa dei criminali. Qualche bello spirito ha paragonato le ronde tricolore ai Guardian Angels Usa. Ma in America la riduzione dei reati è stata ottenuta con ben altro, come Rudolph Giuliani, sindaco di New York nel periodo cruciale (1994-2001), potrebbe confermare. I Guardian Angels erano la ciliegina sulla tolleranza zero, che tolse i criminali dalle strade ma creò la più vasta popolazione carceraria del pianeta: 2milioni di detenuti, uno ogni 143 abitanti. Nella versione italiana, le ronde sono il fattore di un triplice calcolo politico. Primo: tenere in vita il bluff dell’emergenza crimine. Il Rapporto Istat 2006 descriveva il calo generale di tutti i delitti." di Alberto Laggia SICUREZZA A PADOVA, UNA NOTTE AL SEGUITO DI UNA RONDA L'ITALIA DEI GIUSTIZIERI La sai l’ultima? Facciamo le ronde per impedire ai cittadini di farsi giustizia da sé! In un altro Paese, risate. In Italia, invece, si fa finta di credere al premier e al ministro degli Interni, gli stessi che per anni hanno dipinto il Paese come una Tortuga in balìa dei criminali. Qualche bello spirito ha paragonato le ronde tricolore ai Guardian Angels Usa. Ma in America la riduzione dei reati è stata ottenuta con ben altro, come Rudolph Giuliani, sindaco di New York nel periodo cruciale (1994-2001), potrebbe confermare. I Guardian Angels erano la ciliegina sulla tolleranza zero, che tolse i criminali dalle strade ma creò la più vasta popolazione carceraria del pianeta: 2milioni di detenuti, uno ogni 143 abitanti. Nella versione italiana, le ronde sono il fattore di un triplice calcolo politico. Primo: tenere in vita il bluff dell’emergenza crimine. Il Rapporto Istat 2006 descriveva il calo generale di tutti i delitti. Nel 2007 un’indagine dell’istituto Gallup confermava il dato, specificava che «i crimini comuni come il furto nelle case, le rapine e le aggressioni, sono diminuiti nella Ue, con le sole eccezioni di Belgio e Irlanda» e giudicava l’Italia tra i Paesi più sicuri d’Europa. Sulla finta emergenza, però, la maggioranza ha costruito l’ultima vittoria elettorale. Secondo: nascondere il fallimento della Bossi-Fini. La legge doveva sconfiggere l’immigrazione clandestina, l’ha portata ai record storici: 30 mila irregolari nel 2008. Sono i clandestini a far salire le statistiche sul crimine, perché gli immigrati regolari delinquono quanto gli italiani. Quindi la Bossi-Fini è un propulsore del crimine, e il centrodestra non vuole ammetterlo. Terzo: dare un altro contentino alla Lega Nord, decisiva per la maggioranza. A conferma che il Governo, più che a gestire il Paese, è interessato a gestire il consenso. Fulvio Scaglione Sembra il raduno di vecchi amici per una cena al ristorante dietro l’angolo. I primi ad arrivare a piedi sono in anticipo di dieci minuti sull’appuntamento fissato per le ore 21. Il posto è sempre lo stesso: via Confalonieri, angolo via Tonzig, proprio al centro del quartiere Pescarotto. Il "ronda tour" parte sempre da qui, più o meno ogni venerdì o sabato. Ma non prima dell’arrivo del capocomitiva, Denis, che giunge puntualissimo, cappello ben calcato in testa, torcione in una mano e nell’altra il sacchetto delle pettorine che distribuisce agli amici. Uno di loro, Gino, ex-pasticciere, suona una vecchia tromba, un cimelio di famiglia che mostra a tutti con orgoglio: «Ha 120 anni ed era di mio nonno che faceva il carabiniere del re». Dopo un secolo torna a suonare per un vigilantes del rione. Federico, invece, estrae due uova dalle tasche del cappotto: «Sono pronto a lanciarle addosso agli spacciatori. È l’unico deterrente per allontanarli». A colpi di frittata. Benvenuti a "Ronda city", nel cuore dell’area a più alta densità di rondisti dell’intero Nord-Est, e forse di tutto il Paese. Qui, nel raggio di mezzo chilometro le sigle rondiste sono almeno tre. Ma quella del Pescarotto è senz’altro la più nota. Indossati i corpetti gialli catarifrangenti si può partire per la "missione". Stasera gli attivisti del Comitato sono una trentina, tra cui otto signore e alcuni pensionati. Seguono a poca distanza tre agenti di polizia e un paio di investigatori della Digos, ancora più indietro un’auto dei carabinieri. Per anni Pescarotto è stato il quartiere "a luci rosse" di Padova, con tanto di signorine nude in bella vista alle finestre e le code d’auto dei clienti che bloccavano ogni santa sera la circolazione dei residenti del rione. Un degradato rione-dormitorio composto da duemila abitanti, sorto negli anni ’50 e abitato da molte famiglie di meridionali immigrati, operai, impiegati e tanti anziani. Più di recente gli sono cresciute vicino l’area commerciale e la Fiera e si è sviluppato quello che sarebbe divenuto il famigerato "ghetto di via Anelli". Da un paio d’anni, cioè da quando è stato chiuso, con il famigerato "muro", e sono state sgomberate le palazzine, gli spacciatori hanno trovato comodo trasferirsi al Pescarotto, che dista poche centinaia di metri. L’ultimo clamoroso maxi-blitz delle forze dell’ordine risale a novembre dello scorso anno, quando duecento carabinieri fecero irruzione nei palazzi al 15/A e B di via Confalonieri. Ma la zona offre sempre nuovi spunti ai cronisti di nera: è di poche settimane fa la notizia di una tabaccheria con il negozio poco distante dal quartiere, rapinata per tre volte in venti giorni da un tossicodipendente che s’è fatto avanti a volto scoperto e se ne è andato tranquillamente inforcando una bici. «La gente non ne può più: ha paura di uscire di casa; c’è la rabbia per sentirsi minacciati da quattro spacciatori magrebini, nell’indifferenza delle autorità che dovrebbero tutelarci. Allora tre anni fa abbiamo iniziato le ronde per fare opera di disturbo contro i criminali. Li sorvegliamo e li denunciamo. Così un po’ alla volta ci riprendiamo il controllo del territorio». Parola di Denis Menegazzo, 55 anni imprenditore, aria da duro, amante dei poligoni di tiro, indiscusso capo carismatico, nonché presidente del comitato Pescarotto, formalmente apolitico. «Abbiamo cominciato con i clienti delle prostitute: si fingeva di fotografarli con il cellulare e li si minacciava che avremmo mandato a casa le foto alle mogli. E funzionava, eccome. Così funzionavano gli appostamenti che permettevo di fare alla polizia dalle finestre di casa mia per riprendere i traffici di droga»: se la ride Rocco, 47 anni, di Matera, che nel quartiere ha vissuto per sette anni, prima di trasferirsi. Come molti altri, la casa l’ha dovuta svendere perché da quando Pescarotto è infestato dalla criminalità le abitazioni hanno perso la metà del loro valore. Il giornalista egiziano Si passa davanti alle transenne mobili che segnano l’inizio della zona a traffico limitato notturno: «Con questo sistema i clienti delle prostitute non possono più entrare in quartiere», spiega ancora Rocco. Poi si esce dal solito percorso. Questa sera c’è un fuoriprogramma: l’incontro con una fiaccolata di solidarietà alle donne vittime della violenza, organizzata a poche centinaia di metri da un’associazione di emigranti che l’anno scorso ha indetto la prima ronda di stranieri a Padova. A promuoverla è un giornalista egiziano, Mohamed Ahmed. Sono 15 in tutto, tra giovani africani e ragazze rumene, con uno striscione, qualche cartello e due mozziconi di candeline rosse accese. Al loro fianco il consigliere regionale Raffaele Zanon di An. Ma Mohamed tiene a dire: «Non abbiamo colore politico. Siamo per la tolleranza zero per chi viene a delinquere in Italia. Per questo io partecipo anche alle ronde». Parte un applauso dai volontari del Pescarotto, un abbraccio e poi ognuno va per la sua strada. Di ritorno in quartiere la serata, finora assolutamente monotona, si anima improvvisamente perché l’auto di Rocco, parcheggiata davanti a un passo carraio è stata multata dai vigili che hanno chiamato il carro attrezzi. L’azione diplomatica del comitato, alla fine, evita la rimozione forzata, ma non la contravvenzione. «Ma come!», alza la voce Menegazzo, indignato, «Quando vi chiamiamo noi perché c’è lo spacciatore in strada, non vi si vede mai. Il tempo per mettere la multa a uno dei nostri che presidia il quartiere, invece, l’avete trovato. Bravi davvero!». Alcune signore del comitato approvano e propongono una colletta per pagare la multa. «Quando usciamo di casa veniamo avvicinate dagli spacciatori che ci offrono roba buona, e pensare che fino a sette-otto anni fa in questo quartiere si potevano tenere le finestre aperte anche a piano terra», denuncia Maria, una casalinga del comitato, nata e vissuta qui, che divide il suo volontariato tra le ronde, le visite in ospedale e un impegno al club degli alcolisti anonimi. L’anno scorso le rondiste del Pescarotto sono scese in strada occupando i lampioni dove sostavano le prostitute. «Quando siamo nati, non eravamo figli di nessuno, adesso tutti ci vogliono adottare o imitare. Oramai basta uscire la sera a buttare la spazzatura per raccontare in giro che si è fatta una ronda», sibila Menegazzo, che si dice perplesso in merito al decreto governativo sulle ronde: «Non vogliono che siano politicizzate, ma il sindaco, che dovrebbe organizzarle e gestirle, non è forse un politico?». Niente paura: il sindaco Flavio Zanonato non è affatto entusiasta dell’idea: mettere le guardie ai guardiani gli pare un paradosso più che una grande trovata. È mezzanotte, l’ora del "rompete le righe". Gli agenti si congedano dai "rondigliotti", come li definiscono con ironia. Per loro la notte in strada inizia adesso. Come per gli spacciatori e i pusher, che hanno visto bene di evitare le torce elettriche sparate in faccia da Denis e compagnia. I vigilantes del Pescarotto, invece, se ne vanno a casa. Missione compiuta. Stasera niente spaghettata assieme, ma la prossima volta… A.L. C’È ANCHE IL RONDISTA MOHAMED Lui alle ronde partecipa da tempo. Anzi un anno fa è stato pure il promotore della prima "ronda multietnica" notturna d'Italia. È Mohamed Ahmed, un egiziano cinquantatreenne, che vive a Padova, ed è in Italia da più di quarant’anni. Giornalista, conduttore televisivo dell’emittente locale La9, dove conduce il programma Speciale immigrati, rivendica il diritto degli stranieri di dire la loro in fatto di sicurezza: «Siamo a fianco di chi si batte per il rispetto della legge in Italia, e siamo per la tolleranza zero nei confronti di chi delinque. Voglio prendere anche le distanze dai nostri connazionali che si sono macchiati di delitti gravi come lo stupro». «Gli stranieri in Italia», continua Ahmed, «non devono aver paura di scendere in piazza, anche perché la sicurezza appartiene pure ai loro figli». Ahmed, che in passato è stato vittima di minacce e attentati, si candiderà alle prossime elezioni amministrative a sindaco di Padova, con una lista civica che sosterrà il Centro-destra, composta da soli immigrati. Alberto Laggia 2009-03-08