La gestione del diabete mellito nei pazienti sottoposti a trapianto d

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La gestione del diabete mellito nei pazienti sottoposti a trapianto d
G It Diabetol Metab 2015;35:45-50
Rassegna
La gestione del diabete mellito
nei pazienti sottoposti a trapianto
d’organo
RIASSUNTO
V. Grancini, E. Orsi
UO Endocrinologia e Malattie del Metabolismo,
Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi
di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda,
Policlinico di Milano, Milano
Corrispondenza: dott.ssa Valeria Grancini,
via Bice Bugatti 1/B, 20834 Nova Milanese (MB)
e-mail: [email protected]
G It Diabetol Metab 2015;35:45-50
Pervenuto in Redazione il 18-12-2014
Accettato per la pubblicazione il 20-01-2015
Parole chiave: diabete mellito post-trapianto (NODAT),
glucocorticoidi, inibitori delle calcineurine, insulina,
metformina, incretine
Key words: new onset diabetes after transplant
(NODAT), glucocorticoids, calcineurin inhibitors, insulin,
metformin, incretins
L’incidenza di diabete mellito post-trapianto (new onset diabetes
after transplant, NODAT) varia a seconda del tipo di organo trapiantato e della patologia di base, e circa l’80% dei casi si sviluppa entro 3 mesi dall’intervento chirurgico. Complicanze note
di tale patologia sono un maggiore rischio di rigetto d’organo, infezioni, maggiore incidenza di eventi cardiovascolari e morte.
I farmaci immunosoppressori, quali i glucocorticoidi e gli inibitori
delle calcineurine, costituiscono un importante fattore di rischio
per lo sviluppo di NODAT, oltre a quelli noti per lo sviluppo di diabete di tipo 2. Nei soggetti affetti da fibrosi cistica sottoposti a
trapianto di polmone, infine, l’agente patogenetico maggiormente
implicato nello sviluppo del diabete è il deficit β-cellulare. Per una
corretta gestione del NODAT è fondamentale un corretto screening pre-trapianto. I pazienti in cui il diabete viene diagnosticato
dovrebbero ricevere un’appropriata terapia educazionale e, se
necessaria, un’adeguata terapia farmacologica, costituita dall’insulina. Una volta sottoposti a trapianto d’organo, nella maggior
parte dei casi, lo stress chirurgico e le alte dosi di glucocorticoidi
utilizzate nell’immediato post-trapianto rendono necessaria la terapia insulinica fin dai primi giorni mentre, per quanto riguarda la
gestione a lungo termine del NODAT, non essendo disponibili
studi mirati, ci si attiene alle linee guida proposte dall’ADA per il
trattamento del diabete di tipo 2. Quando la terapia educazionale
fallisce nel controllo glicemico, l’insulina rappresenta il farmaco
più efficace e sicuro per questa classe di pazienti. La metformina
non è raccomandata come farmaco di prima linea per la cura del
NODAT, anche se il trapianto di per sé non costituisce una controindicazione assoluta alla sua somministrazione, dati gli effetti
positivi della molecola che sempre più vengono descritti in letteratura. La sua somministrazione deve però essere condotta sotto
stretta sorveglianza. A oggi sono stati condotti pochi studi relativi all’efficacia e sicurezza dei farmaci appartenenti alla classe
delle incretine, peraltro solo in pazienti sottoposti a trapianto renale, mentre non sono disponibili studi che ne dimostrino l’efficacia e la sicurezza nei soggetti sottoposti a trapianto di altri
organi. Non sono disponibili studi che abbiano valutato l’utilizzo
degli analoghi del GLP-1 in questa popolazione, essi sono tuttavia
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V. Grancini ed E. Orsi
associati a una diminuita motilità intestinale, nausea e, occasionalmente, emesi, per cui potrebbero interferire con la terapia immunosoppressiva. L’effetto edemigeno e l’aumentato rischio di
fratture dimostrato per il pioglitazone rendono questo farmaco
poco usufruibile nel paziente trapiantato. Infine, le sulfoniluree e,
in minor misura, le glinidi, non sono indicate per il trattamento del
NODAT per la possibilità di indurre episodi ipoglicemici, che possono essere severi, prolungati e potenzialmente fatali. Nei pazienti
sottoposti a trapianto di polmone per fibrosi cistica l’insulina,
eventualmente adiuvata dalla tecnica del conteggio dei carboidrati, rappresenta attualmente l’unico trattamento raccomandato,
essendo tale patologia causata, in prima istanza, da un deficit di
secrezione β-cellulare, a cui si sovrappone solo in un secondo
momento uno stato di insulino-resistenza.
SUMMARY
Management of diabetes mellitus in organ transplant patients
The incidence of new-onset diabetes after transplant (NODAT)
varies depending on the organ transplanted and the underlying
disease, and about 80% of cases develop diabetes within three
months after surgery. The disease involves an increased risk of
organ rejection, infections, cardiovascular events and death. The
use of immunosuppressive drugs such as glucocorticoids and
calcineurin inhibitors is an important risk factor for NODAT, besides the known risk factors for type 2 diabetes mellitus. In patients with cystic fibrosis undergoing lung transplantation, lack of
insulin secretion is the principal pathogenic agent. Thorough pretransplant screening is essential for correct management of
NODAT. Patients who have diabetes should be given appropriate
educational therapy and, as necessary, insulin. In most cases
after the organ transplant the stress of surgery and high doses of
glucocorticoids in the immediate post-transplant period make insulin necessary from the early days; however, since no specific
studies are available on the long-term management of NODAT,
the ADA guidelines for the treatment of type 2 DM are valid. When
educational therapy fails to control glucose homeostasis, insulin
is the most effective and safest drug for these patients. Metformin
is not recommended as first-line treatment for NODAT, but transplant is not an absolute contraindication to its use, which however
must be under close supervision. Only few studies have assessed
the efficacy and safety of therapy with incretins, and then only in
kidney transplant patients, while there are no data on efficacy and
safety in other organ recipients. There are no studies of the use
of GLP-RA in this population, but these drugs are associated with
reduced intestinal motility, which could interfere with immunosuppressive therapy. Thiazolidinediones are not indicated in these
patients, who are predisposed to osteoporosis and at increased
cardiovascular risk. Sulfonylureas are contraindicated too, particularly molecules that can cause severe and prolonged hypoglycemia. In patients with cystic fibrosis who have received a lung
transplant, insulin, if possible supplied by carbo-counting techniques, is the only recommended treatment, as the disease is
largely caused by β-cell deficit.
Introduzione
Il diabete mellito (DM) rappresenta un’evenienza molto frequente
prima e dopo il trapianto d’organo. Alterazioni nell’omeostasi
glucidica sono molto comuni nei soggetti affetti da fibrosi cistica
e candidati a trapianto polmonare o nei pazienti affetti da cirrosi
e candidati a trapianto di fegato. È stato dimostrato che il trapianto di fegato è in grado promuovere una regressione del diabete nel 67% dei pazienti cirrotici(1), diminuendo il grado di
insulino-resistenza, mentre il 33% dei pazienti rimane diabetico
a causa della persistenza di una concomitante riduzione della
funzione β-cellulare. Il DM può inoltre insorgere de novo, in pazienti precedentemente euglicemici e sottoposti a trapianto d’organo, assumendo in tale circostanza la definizione di new onset
diabetes after transplantation (NODAT)(2). L’incidenza di NODAT
è stimata essere del 4-25% nei trapianti di rene, del 2,5-25%
nei trapianti di fegato, del 4-40% nei trapianti di cuore e del 3035% nei trapianti di polmone. Tali differenze sono in parte dovute
al tipo di organo trapiantato e alla presenza di fattori di rischio
pre- e post-trapianto(3), ma anche i differenti disegni di studio,
nelle popolazioni analizzate e nelle modalità di diagnosi potrebbero spiegare la variabilità delle frequenze riportate. Nel 2003
sono state create le “International Consensus Guidelines on
New-Onset Diabetes After Transplantation”, cui è seguito un aggiornamento nel 2005, dove sono stati definiti i criteri diagnostici,
uniformandoli a quelli utilizzati dalla WHO per la diagnosi di
DM(4,5).
Oltre allo sviluppo delle note complicanze del diabete, il DM
post-trapianto è associato a un rischio 2-3 volte aumentato di
rigetto d’organo, infezioni, incidenti cardiovascolari e morte(6-8).
In un recente studio prospettico, Lunati et al.(6) hanno dimostrato, in pazienti sottoposti a trapianto epatico e affetti da
sindrome metabolica, un’aumentata incidenza di incidenti cardiovascolari (16% vs 0%), rigetto acuto d’organo (40,8% vs
28,6%) e infezioni (38,8% vs 22,9%) rispetto ai pazienti non
affetti da tale sindrome. La “International Society for Heart and
Lung Transplantation (ISHLT) ha conferito al DM un hazard
ratio di 1,14 per mortalità a 5 anni dal trapianto(9).
Fattori di rischio
Oltre ai tradizionali fattori di rischio per lo sviluppo di DM di
tipo 2, quali età(10), familiarità(11), etnia afroamericana o ispanica(12,13), nei pazienti sottoposti trapianto d’organo gioca sicuramente un ruolo fondamentale anche l’utilizzo dei farmaci
immunosoppressori quali i glucocorticoidi e gli inibitori delle
calcineurine, in particolare tacrolimus e ciclosporina(12-15). I glucocorticoidi, ampiamente utilizzati nel periodo post-trapianto,
inducono insulino-resistenza, stimolano la lipolisi e la gluconeogenesi, oltre a inibire la secrezione insulinica dalla β-cellula
e a promuovere il rilascio di glucagone(16,17) (Fig. 1).
Gli inibitori delle calcineurine esplicano il loro effetto diabetogeno
tramite un’azione inibitoria sulla secrezione insulinica, sia basale
sia glucosio-stimolata, oltre ad alterare il numero e la funzione dei
mitocondri delle cellule insulari e a interferire con i fattori di trascrizione che regolano la proliferazione delle β-cellule; all’interno
di questa classe, l’effetto di tacrolimus sembra essere più evidente rispetto a quello di ciclosporina(14,18) (Fig. 2).
Sirolimus, inibitore di mTOR, è in grado di bloccare da un lato
la proliferazione e la secrezione β-cellulare, ma la sua effettiva
influenza sulla patogenesi del diabete non è ancora del tutto
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La gestione del diabete mellito nei pazienti sottoposti a trapianto d’organo
Effetto periferico antinsulinico
Catabolismo
proteico
+
Glucocorticoidi
+
TCR
Lipolisi
Glicerolo
Aminoacidi
IL-2R
Acidi
grassi
mTOR
IL-2
+
Gluconeogenesi
P70S6K
Calcineurina
Chetogenesi
Glucosio
NF-ATC
NF-ATC
G1
S
Ciclo cellulare
Glicogeno
Membrana
nucleare
FEGATO
IL-2 mRNA
NF-ATn
DNA
Figura 1 Effetto dei glucocorticoidi sul metabolismo glucidico (modificata da Vidal-Puig A, O’Rahilly S. Metabolism:
controlling the glucose factory. Nature 2001;413:125-6).
Gene per IL-1
Figura 2 Effetto degli inibitori delle calcineurine sul metabolismo glucidico (modificata da Nabel GJ. A transformed view
of cyclosporine. Nature 1999;397:471-2).
(14)
chiarita . Nei pazienti sottoposti a trapianto epatico è stato
inoltre dimostrato un aumentato rischio di DM in caso di cirrosi dovuta a infezione da HCV(19), in quanto il virus C è in
grado di promuovere un’aumentata liberazione di citochine
infiammatorie, stress ossidativo e alterazioni dei meccanismi
di trasduzione del segnale intracellulare mediato dal recettore
dell’insulina. Nei soggetti sottoposti a trapianto di polmone,
infine, gioca un ruolo fondamentale la patologia di base, essendo i soggetti spesso affetti da fibrosi cistica e quindi particolarmente esposti al rischio di sviluppo di una ben
riconosciuta forma di DM secondario (cystic fibrosis-related
diabetes, CFRD)(20); i meccanismi patogenetici sono la diminuzione di massa β-cellulare, dovuta all’autodigestione del
tessuto pancreatico causato dalla ritenzione dei pro-enzimi, e
la concomitante disfunzione β-cellulare, provocata direttamente dalla mutazione della proteina CFTR (cystic fibrosis
transmembrane regulator). Guo et al. hanno dimostrato un
ruolo di CFTR nella rapida esocitosi dei granuli preformati, fondamentali nella prima fase di rilascio insulinico(21). La condizione
Mutazione
CFTR
Antiossidanti
+
Ritenzione di
αCFTR mutato
Ipovitaminosi D
Iperglicemia
postprandiale
Svuotamento
gastrico
Stress ossidativo
Asse
entero-insulare
Secrezioni
dense X
Incretine
Malassorbimento
Disfunzione
linfocitaria
Autodigestione
Lipidi
Antiossidanti
Vitamine
Infiammazione cronica locale
Esocitosi
insulina
+
Apoptosi
Fibrosi pancreatica
Infiltrazione grassa
Deposizione di amiloide
Massa β-cellulare
Disfunzione β-cellulare
Secrezione insulinica
Figura 3 Patogenesi del CFRD (modificata da Barrio 2014)(20).
Insulino-resistenza
Infiammazione cronica
Terapia steroidea
Iperglicemia
Clearance insulinica
Pre-diabete
CFRD
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che ne deriva è una perdita di funzione β-cellulare, con deficit insulinico riconoscibile innanzitutto nella prima fase di secrezione (Fig. 3). A tale condizione si sovrappone, nella fase
post-trapianto, un’aumentata insulino-resistenza, dovuta allo
stato infiammatorio concomitante e all’utilizzo di terapia steroidea ad alte dosi.
Diagnosi
I criteri diagnostici per il DM post-trapianto sono quelli proposti dall’American Diabetes Association per il DM di tipo 2, per
cui due valori consecutivi di glicemia a digiuno > 126 mg/dl,
un valore di glicemia post-carico orale di 75 g di glucosio
> 200 mg/dl o un valore di glicemia > 200 mg/dl in qualsiasi
momento della giornata in paziente con sintomatologia suggestiva per diabete permettono di porre la diagnosi(5).
Dal 2011 l’American Diabetes Association ha proposto anche
l’utilizzo dell’emoglobina glicata come criterio diagnostico per
il DM. Tuttavia, l’opportunità di utilizzare questo indice per la
diagnosi non è contemplato, a causa delle emotrasfusioni a
cui sono frequentemente sottoposti i pazienti nel periodo perioperatorio e della persistenza di anemia, che rendono poco
agevole l’interpretazione di tale valore(13).
Management pre- e post-trapianto
e approccio terapeutico
Screening e gestione pre-trapianto
La presenza di fattori di rischio dovrebbe essere indagata nei
pazienti posti in lista per trapianto. I pazienti con normale glicemia a digiuno dovrebbero inoltre essere sottoposti a carico
orale di glucosio (OGTT). Per i pazienti che dimostrino alterata
glicemia a digiuno, intolleranza ai carboidrati o diabete, già
noto o neodiagnosticato tramite OGTT, dovrebbe essere prevista una terapia educazionale sull’alimentazione, sul controllo
del peso e sull’attività fisica, compatibilmente con le condizioni
cliniche del momento, che spesso rendono quest’ultima di difficile esecuzione. I pazienti affetti da cirrosi epatica sono
spesso impossibilitati dalla presenza di ascite, di scarsa massa
muscolare, dalla presenza di encefalopatia e dall’aumentato
rischio di cadute che, in associazione alla precoce insorgenza
di osteoporosi, aumenta il rischio di fratture ossee. Nei pazienti
con pneumopatia l’insufficienza respiratoria rende praticamente costante l’impossibilità nell’esecuzione di attività fisica.
In caso di necessità di terapia farmacologica, l’insulina è il farmaco più sicuro, maneggevole ed efficace per conseguire un
buon controllo glicometabolico, data la complessa situazione
clinica che caratterizza la fase pre-trapianto.
Gestione perioperatoria
Lo stress chirurgico e le alte dosi di steroidi utilizzate per l’induzione dell’immunosoppressione sono spesso causa di iper-
glicemia nell’immediato post-trapianto(21), per cui una terapia
insulinica deve essere prontamente impostata nella maggior
parte dei casi. Con la risoluzione dello stress operatorio e il
graduale decalage steroideo molti pazienti possono sospendere la terapia insulinica prima della dimissione. Per i pazienti
per cui si rende necessaria la terapia insulinica anche a domicilio è indicata una terapia educazionale sull’utilizzo dei
presidi terapeutici, l’utilizzo dei device per la misurazione domiciliare delle glicemie capillari e la gestione di eventuali ipoglicemie e iperglicemie, da effettuarsi prima o contestualmente
alla dimissione ospedaliera. Per tali pazienti sarà inoltre fondamentale pianificare uno stretto follow-up ambulatoriale
presso lo specialista diabetologo.
Gestione post-trapianto
Non sono disponibili studi volti a valutare i target terapeutici e
le strategie ipoglicemizzanti nei pazienti affetti da DM posttrapianto. Per tale motivo attualmente ci si attiene alle linee
guida proposte dall’American Diabetes Association per il DM
di tipo 2(22,23): il target considerato per l’emoglobina glicata dovrebbe essere 42-53 mmol/mol, il target per le glicemie a digiuno e preprandiali 70-130 mg/dl e 140-180 mg/dl per le
postprandiali. A tutti i pazienti dovrebbe essere fornita, da
parte di personale specializzato, un’adeguata educazione sul
controllo del peso, sulla dieta e sull’attività fisica, prevedendo
almeno 150 minuti a settimana di esercizio fisico aerobico a
cui sia associata una componente di esercizio fisico anaerobico. Il fine dell’attività fisica è, oltre il controllo della glicemia
e la promozione della perdita di massa grassa, l’aumento della
massa muscolare, invariabilmente depauperata dalla malnutrizione, dall’ipomotilità e dallo stato catabolico tipici della fase
pretrapianto, seguita dallo stress operatorio e dalla fase di
convalescenza post-trapianto. Se la terapia farmacologica si
rende necessaria per il controllo glicemico, l’insulina, che sia
un’unica somministrazione basale, uno schema basal bolus o,
meno frequentemente, basal plus o split-mix (che preveda
cioè una dose di insulina rapida in combinazione con una
dose di insulina a lunga durata d’azione prima di colazione e
di cena), rappresenta a oggi il farmaco più efficace, sicuro e
maneggevole in questa popolazione. È tuttavia di fondamentale importanza uno stretto monitoraggio glicemico, data l’instabilità del compenso glicometabolico dovuta alle continue
modifiche posologiche della terapia immunosoppressiva, con
conseguente rischio di ipoglicemie, e la frequente ricorrenza
di infezioni concomitanti o il pericolo di rigetto, situazioni che
spesso si associano a un aumentato fabbisogno insulinico.
Problemi di tollerabilità e sicurezza nella complessa polifarmacoterapia dei soggetti trapiantati limitano l’utilizzo di metformina nella gestione del DM post-trapianto, escludendo i
pazienti dai noti benefici attribuiti a tale farmaco, quali la protezione cardiovascolare, il potenziale effetto antineoplastico,
il miglioramento dell’insulino-resistenza, dell’infiammazione
subclinica, della disfunzione endoteliale e della steatosi epatica(24). La principale controindicazione al suo utilizzo è l’insufficienza renale, anche se recenti studi sulla popolazione
generale suggeriscono che tale farmaco sia sicuro fino a un
e-GFR di 30 ml/min(25). Il trapianto d’organo non costituisce
La gestione del diabete mellito nei pazienti sottoposti a trapianto d’organo
quindi una controindicazione assoluta all’utilizzo di metformina, ma la sua somministrazione deve essere condotta sotto
costante sorveglianza da parte del medico diabetologo, con
stretto monitoraggio del filtrato glomerulare.
A oggi sono disponibili solo pochi dati relativi all’efficacia e sicurezza dei farmaci appartenenti alla classe delle incretine,
ottenuti tramite studi randomizzati e controllati. Haidinger et al.
hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza del trattamento con
vildagliptin in una popolazione di 32 soggetti sottoposti a
trapianto renale(26). Boerner et al. e Sanyal et al. hanno dimostrato per sitagliptin e linagliptin analoghe sicurezza ed efficacia nella stessa classe di pazienti(27,28). Non sono a oggi
disponibili studi che abbiano valutato l’utilizzo di saxagliptin,
alogliptin, liraglutide, exenatide e lixisenatide in pazienti sottoposti a trapianto. Gli analoghi del GLP-1 sono tuttavia
associati a una diminuita motilità intestinale, nausea e, occasionalmente, emesi, per cui potrebbero interferire con la terapia immunosoppressiva.
Piccoli studi a breve termine non hanno evidenziato interazioni tra l’utilizzo di pioglitazone e la terapia immunosoppressiva. Tuttavia l’effetto edemigeno e l’aumentato rischio di
fratture rendono questo farmaco poco usufruibile nel paziente
trapiantato, generalmente ad aumentato rischio cardiovascolare e predisposto all’osteoporosi.
Gli episodi ipoglicemici, che possono essere severi, prolungati
e potenzialmente fatali, controindicano l’utilizzo di sulfoniluree
e, in minor misura, di glinidi. Esse promuovono inoltre aumento ponderale e perdono il loro effetto nel lungo termine
se somministrate come monoterapia.
Un capitolo a sé è rappresentato dai pazienti sottoposti a trapianto di polmone per fibrosi cistica. L’insulina rappresenta
attualmente l’unico trattamento raccomandato per il CFRD,
essendo tale patologia causata, come già esposto, in prima
istanza da un deficit di secrezione β-cellulare, a cui si sovrappone solo in un secondo momento uno stato di insulinoresistenza(29). Tali pazienti possono inoltre trarre beneficio
dall’utilizzo del conteggio dei carboidrati che, se correttamente applicato, può permettere loro la massima elasticità e
versatilità nell’impostazione della terapia insulinica, a condizione che i rapporti insulina/carboidrati e il fattore di sensibilità insulinica, differenziati nella varie fasce orarie della giornata
e calcolati sulla base di diari glicemici e alimentari compilati
dai pazienti, siano costantemente verificati e ricalcolati a ogni
modifica della terapia immunosoppressiva, con particolare attenzione all’eventuale graduale aumento nella sensibilità insulinica causato dalla diminuzione del dosaggio dello steroide.
Conflitto di interessi
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