a12 pianificazione di area vasta

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a12 pianificazione di area vasta
PIANIFICAZIONE paesaggistica
L. 1487/1939 (Protezione delle bellezze naturali per la tutela delle cose immobili di
particolare bellezza, le singolarità geologiche, le ville e i giardini di non comune
bellezza, i complessi di cose con caratteristico valore estetico e tradizionale, le bellezze
panoramiche).
L. 431/1985 (Legge Galasso)
D.Lgs. 42/2004 (Codice Urbani - Codice dei beni culturali e del paesaggio,
ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137)
D.Lgs. 157/2006; D.Lgs. 63/2008; L. 129/2008
L’insieme di queste norme determina l’assetto dell’apparato
normativo in materia di beni paesaggistici
PIANIFICAZIONE paesaggistica
Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 2000)
Concetto di paesaggio:
“paesaggio è una determinata parte del territorio così come
concepita dalle popolazione il cui carattere è il risultato
dell’azione ed interazione di fattori naturali e/o umani” (art. 1).
Il concetto include: paesaggi considerati straordinari così come
quelli comuni o degradati.
La Convenzione promuove la salvaguardia, la gestione e
l’assetto del paesaggio.
PIANIFICAZIONE paesaggistica
Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui
carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro
interrelazioni” (art. 2, comma 1, D.Lgs. 63/2008).
Il concetto di paesaggio è esteso a tutto il territorio e non più
soltanto ad alcune categorie di beni ambientali ritenuti di maggior
pregio.
Grande rilevanza è data alla pianificazione paesaggistica per una
disciplina del territorio.
Le Regioni sono tenute a tutelare e valorizzare in modo adeguato
il paesaggio, sottoponendo, a tal fine, l’intero territorio a specifica
vincolo paesaggistico),
paesaggistico approvando piani
normativa d’uso (vincolo
paesaggistici e piani urbanistico-territoriali con specifica
considerazione dei valori paesaggistici concernenti l’intero
territorio regionale.
PIANIFICAZIONE paesaggistica
Il vincolo paesaggistico non esclude in via assoluta
modificazioni del territorio ma comporta l’obbligo di
richiedere l’autorizzazione dell’amministrazione competente
per la tutela delle bellezze naturali.
Per quanto riguarda gli aspetti relativi alla gestione dei
boschi (taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere
di bonifica, antincendio e conservazione) l’autorizzazione
non è richiesta quando l’intervento sia stato approvato
dall’autorità forestale.
PIANIFICAZIONE paesaggistica
Strumenti operativi
-il piano paesaggistico regionale (D. Lgs. 42/2004, Codice Urbani),
strumento a carattere descrittivo, propositivo e prescrittivo attraverso il
quale le Regioni sottopongono a specifica normativa di uso l’intero
territorio regionale, con specifica considerazione ai valori
paesaggistici in esso presenti; fa da riferimento per tutti gli strumenti
di pianificazione territoriale in grado di disciplinare le dinamiche
evolutive del paesaggio
i
-i piani territoriali di coordinamento regionale (PTRC) e
provinciali (PTPC) governano tematiche ambientali differenti sul
territorio provinciale
PIANIFICAZIONE paesaggistica
Piano paesaggistico regionale
(D. Lgs. 42/2004, Codice Urbani)
• Soggetto promotore: Regione
• Ambito di applicazione: intero territorio regionale
• Funzioni del piano: individuare ambiti territoriali omogenei
per valore paesaggistico rispetto ai quali definire obiettivi di
qualità paesaggistica che si concretizzano in prescrizioni ed
indirizzi tesi a attuare la tutela o la riqualificazione del
paesaggio
Piano territoriale paesaggistico regionale della
Regione Lazio: estratto della cartografia degli
ambiti omogenei per valore paesaggistico (Fonte:
http://www.regione.lazio.it/web2/contents/ptpr/).
Piano territoriale paesaggistico regionale
della Regione Lazio: caratterizzazione dei
paesaggio naturale e dei relativi obiettivi
di qualità paesaggistica (Fonte:
http://www.regione.lazio.it/web2/contents/
ptpr/ )
Piano territoriale di coordinamento
provinciale (PTCP)
• Soggetto promotore: Provincia
• Ambito di applicazione: Territorio provinciale
• Funzioni del piano:
fornire un quadro conoscitivo delle risorse esistenti e del
loro grado di vulnerabilità e riproducibilità;
definire i principi sull’uso e la tutela delle risorse del
territorio;
Piano territoriale di coordinamento regionale (PTRC)
e provinciali (PTCP)
Per la scala territoriale entro cui operano e la capacità di
poter gestire temi ambientali differenti sul territorio
provinciale, i PTRC e i PTCP sono gli strumenti più
abilitati a coordinare i processi di trasformazione del
territorio secondo strategie e azioni di sistema, rendendo
possibile il confronto e il coordinamento fra strategie
anche conflittuali operanti sul territorio regionale e
provinciale: es. sviluppo delle reti di servizio e trasporti o
del sistema insediativo e tutela dei paesaggi rurali
PIANIFICAZIONE ambientale di settore
I piani ambientali di settore si distinguono dai piani territoriali
urbanistici in quanto le risorse ambientali costituiscono l’oggetto
specifico della pianificazione
piano antincendi boschivi L. 353/2000
piano di bacino distrettuale D.Lgs. 152/2006
piano di tutela delle acque D.Lgs. 152/2006
piano di assetto idrogeologico D.Lgs. 152/2006
piano faunistico -venatorio L.157/1995
piano di bacino distrettuale
Distretto idrografico (art. 54 D.lgs. 152/2006 e successive modifiche) area di
terra e di mare, costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive
acque sotterranee e costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei
bacini idrografici . Il territorio italiano è stato suddiviso in otto distretti idrografici.
Il Piano di bacino distrettuale è lo strumento conoscitivo, normativo e
tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate
le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla
difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta
utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed
ambientali del territorio interessato.
In esso sono riportate le direttive per la difesa del suolo, la
sistemazione idrogeologica e idraulica e l’utilizzazione delle acque e dei
suoli dell’intero bacino, nonché le misure per contrastare i fenomeni di
subsidenza e desertificazione
piano di bacino distrettuale
Il Piano di bacino è elaborato dalla Conferenza operativa dei
servizi, organo tecnico-gestionale dell'Autorità di bacino
distrettuale.
Il Piano di bacino è adottato dalla Conferenza istituzionale
permanente, organo di governo dell'Autorità di bacino
distrettuale.
Il Piano di bacino è obbligatoriamente assoggettato a VAS
nell’ambito della quale è svolta la fase di
partecipazione/negoziazione con gli enti locali.
Le prescrizioni del piano sono immediatamente vincolanti
per amministrazioni, enti pubblici e, dove specificato, per
soggetti Privati.
piano di bacino distrettuale
La verifica dell’osservanza delle disposizione del piano di
bacino distrettuale viene effettuata dall’autorità regionale o
subregionale in sede di rilascio dell’autorizzazione prevista
dal R.D. 3267 del 1923.
piano stralcio di distretto per
l’assetto idrogeologico (PAI)
Contengono in particolare l'individuazione delle aree a
rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da
sottoporre a misure di salvaguardia e la determinazione delle
misure medesime.
Il PAI ha come oggetto:
- l’individuazione sul territorio delle aree caratterizzate da
diverso livello di rischio idrogeologico (molto elevato,
elevato, moderato e basso) in relazione ai fenomeni di
dissesto;
- la definizione della relativa normativa di vincolo.
Esempi di perimetrazione di aree a
rischio idrogeologico e di inondazione
(Autorità Interregionale di Bacino della
Basilicata)
Comunità Montana Cadore Longaronese Zoldo
Aree in situazione di particolare rischio idrogeologico
piano di tutela delle acque
Il Piano di tutela delle acque comprende le misure necessarie alla
tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
In particolare contiene:
a) i risultati dell'attività conoscitiva;
b) gli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;
c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti
particolari misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate
per bacino idrografico;
e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative
priorità;
f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici.
Il Piano di tutela è approvato dalle Regioni. Le successive revisioni e gli
aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.
PTA Lombardia 2006 - Zone vulnerabili
all’inquinamento da nitrati di origine agricola
PTA Lombardia 2006 - Zone di
salvaguardia delle acque destinate
al consumo umano
piano faunistico-venatorio
Il piano faunistico-venatorio è finalizzato alla difesa e della tutela della fauna selvatica
Data l’entità degli interessi venatori coinvolti, si tratta di un Piano ad elevato grado
di effettività ed estremamente diffuso sull’intero territorio nazionale.
I soggetti promotori di questo piano sono le Regioni e le Province.
piano faunistico-venatorio
Le Regioni e le Province realizzano la pianificazione faunisticovenatoria mediante la destinazione differenziata del territorio
agrosilvopastorale (art. 10 L. 157/1992).
Il 15 %al massimo è destinato a caccia riservata a gestione
privata e a centri privati di riproduzione della fauna selvatica
allo stato naturale.
Tra il 20 e il 30 % da destinarsi alla protezione della fauna.
Sul rimanente territorio sono promosse forme di gestione
programmata della caccia.
piano faunistico-venatorio
Le Regioni suddividono il territorio agrosilvopastorale destinato alla caccia
programmata in ambiti territoriali di caccia (ATC), possibilmente omogenei e
di estensione sub-provinciale, stabilendone, tramite apposito regolamento,
anche le modalità di costituzione degli organi direttivi.
Sulla base dell’indice di densità venatoria minima, espresso dal rapporto tra il
numero di cacciatori e il territorio agrosilvopastorale e aggiornato con
periodicità quinquennale dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e
forestali, le Regioni regolamentano il numero e le modalità di accesso dei
cacciatori agli ATC.
piano faunistico-venatorio
I Piani faunistico-venatori di carattere provinciale devono indicare:
- le oasi di protezione, le zone di ripopolamento e cattura ed i centri pubblici e
privati di riproduzione della fauna allo stato naturale;
- le zone e i periodi di allevamento ed addestramento dei cani;
- i criteri per la determinazione dei risarcimenti agli agricoltori che hanno subito
danni da fauna selvatica;
- i criteri per corrispondere incentivi a conduttori di fondi rustici che si impegnano
nella tutela e nel ripristino degli habitat naturali;
- l’identificazione di zone in cui collocare appostamenti fissi.
È da considerare che il piano faunistico-venatorio presenta interrelazioni dirette con
altri piani e, in particolare, è subordinato ai piani delle aree protette ed in generale a
tutti i piani che possono inibire in maniera decisiva la trasformabilità dei suoli.
Piano antincendi boschivi
analisi del fenomeno
accurata classificazione delle aree a rischio
definizione di mezzi, gli strumenti e le
procedure che ciascun Ente preposto,
nell’ambito delle competenze attribuitegli,
deve utilizzare nella lotta agli incendi boschivi
definizione di interventi strutturali ed
infrastrutturali per la prevenzione (viali
tagliafuoco, sistemi di avvistamento, vasche
antincendio etc.), interventi di pulizia e
manutenzione
del
bosco,
attività
di
formazione e addestramento del personale e
campagne di informazione e sensibilizzazione
sulle problematiche legate agli incendi
boschivi
Il piano è soggetto a revisione annuale.
I piani AIB risultano approvati in quasi tutte
le regioni italiane.
Gradi di rischio incendi boschivi attribuiti
alle aree boscate dei comuni della
Regione Toscana (Piano AIB 2002-2006)