Intervista a Isabella Ferretti – 66thand2nd

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Intervista a Isabella Ferretti – 66thand2nd
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Articolo scritto il 23 lug
2013, si trova in
Interviste.
Intervista a Isabella Ferretti – 66thand2nd
a cura di Emanuela D’Alessio e Sabina Terziani
Proseguono le interviste di Via dei Serpenti con Isabella Ferretti. Nel 2009 ha
fondato insieme a Tomaso Cenci 66thand2nd. La casa editrice risponde alla crisi con
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nuovi investimenti: 20-25 libri l’anno tra il 2014 e il 2015, ampliamento della struttura
editoriale, nuovi progetti e nuove collane.«Di questi tempi non si può rimanere inerti e
sperare di sopravvivere: o provi a crescere o sparisci, non c’è alternativa».
23 lug 2013
Che cosa vuol dire oggi essere
un
editore?
In
metamorfosi
tempi
digitale
di
per
l’editoria,
di
self-publishing
dilagante,
di
rivoluzione
e
crisi dell’intera filiera?
Per
66thand2nd
il
digitale
è
un’opportunità. Il mercato italiano
ha una conformazione tale per cui
l’editoria digitale,
ancora
Isabella Ferretti
un
cannibalizzare
cartaceo,
non
che
volume
la
è
non ha
tale
da
vendita
del
la
principale
difficoltà per un piccolo editore. Lo è, invece, la struttura tradizionale del mercato
librario, la cui conseguenza ultima è il fatto che un editore come 66thand2nd non riesce
a raggiungere la visibilità minima in libreria, e su questo incide adesso anche la crisi
economica. Quando abbiamo lanciato la casa editrice, tra l’ottobre e il novembre del
2009 (neanche quattro anni fa), potevamo contare sull’affezione dei librai indipendenti
che costituivano più della metà del nostro fatturato. Questo tipo di librai è naturalmente
più ricettivo verso un prodotto come il nostro, mentre le librerie di catena risentono
della grande pressione di fare profitto. Ora assistiamo alla rarefazione delle librerie
indipendenti: questo diradarsi ha provocato un contraccolpo non indifferente per molti
editori, che soffrono le politiche delle grandi catene retail, soprattutto della
centralizzazione degli acquisti. In passato, il direttore del singolo punto vendita poteva
scegliere in autonomia cosa comprare e dunque appassionarsi a un editore e dargli
continuità, aiutandolo così a fortificare il marchio presso il pubblico. Oggi le librerie di
catena comprano pochissime copie di un titolo, il consumatore fa fatica a trovarlo, a
ogni uscita bisogna riguadagnare la fiducia del buyer, le vendite stagnano e il risultato è
che si stabilisce una sorta di record negativo per cui alcuni editori non riescono a
superare un certo livello di vendita se non con enorme fatica e lavoro titanico. Al
contrario, non ci accorgiamo di vendere in una giornata decine di copie di un ebook.
Quanto al self publishing, appare quasi come un fenomeno voyeurista. In Italia, rispetto
ad altri paesi, esiste una forte aspirazione a diventare scrittori. La nostra casa editrice,
pur essendo piccola, riceve un numero di manoscritti cospicuo, soprattutto per la
collana Attese, dedicata allo sport, in un paese in cui gli aspiranti autori amano scrivere
di calcio. Spesso riceviamo manoscritti che non hanno attinenza con la nostra linea
editoriale e la quasi totalità è destinata a non essere pubblicata per via della scarsa
qualità narrativa. Il self publishing rappresenta un canale valido per coloro che
desiderano pubblicare a ogni costo. Il fatto che il mercato venga inondato da prodotti
scadenti dovrebbe far emergere la qualità dei prodotti più validi e, di conseguenza,
premiare il lavoro degli editori che puntano sulla qualità. Non temiamo che il self
publishing porti al decadimento del gusto del lettore, che al contrario può essere
provocato dall’imposizione di certi libri al top delle classifiche e dalla relativa risonanza
mediatica. Aumentare l’offerta significa responsabilizzare i lettori chiedendogli di
scegliere e costringere gli operatori culturali a migliorare l’offerta.
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indipendenti
Per le case editrici può essere un modo per scoprire nuovi talenti?
Per noi non è così. La nostra dimensione è tale per cui ogni libro viene curato in ogni suo
aspetto, anche insieme all’autore. Con la nuova collana, Vite inattese, 66thand2nd
spinge lo scouting nell’àmbito della letteratura sportiva verso il genere anglosassone del
memoir di pregio letterario, dedicato a grandi personaggi e a memorabili vicende di
sport. Finora avevamo saggiato il terreno con due titoli: Hurricane di James S. Hirsch e
Il mio nome è Jackie Robinson di Scott Simon, con ottimi esiti anche presso i lettori.
Avevamo voglia di pubblicare delle storie che ci appartenessero, così abbiamo proposto
ad alcuni autori italiani di scrivere per noi storie di sport che avevano dentro e che
facevano parte allo stesso tempo dell’immaginario sportivo di 66th. A ottobre, per
esempio, pubblicheremo un libro di Emanuele Tonon su Marco Simoncelli. La cosa
bella è avere un poeta come Tonon che si cimenta nella scrittura sportiva, trasponendo
in questo àmbito il lirismo e la sensibilità che gli sono propri.
Perché siete andati a New York e perché siete tornati?
Tomaso Cenci e io siamo andati a New York per lavoro, per ragioni completamente
diverse dall’editoria e dal mondo editoriale, e lì abbiamo scoperto libri e autori che ci
sembravano poco noti in Italia. Ci siamo avvicinati in particolare a due generi: la
letteratura sportiva e quella di “melting pot”, che spesso viene etichettata in maniera
semplicistica “letteratura migrante”, definizione nella quale non ci riconosciamo.
Avviare un’azienda editoriale in America – lontano dal mercato di riferimento – era
impensabile. Quando siamo tornati in Italia si sono avverate alcune condizioni
favorevoli che hanno portato alla creazione di 66thand2nd e in questo nome abbiamo
voluto trasmettere la gratitudine per i luoghi che ci hanno fornito l’idea e l’ispirazione
per dare vita alla nostra casa editrice.
Quali difficoltà avete trovato in Italia?
Quali vantaggi?
Bisogna distinguere tra la fase di start up che
qualunque azienda agli inizi deve affrontare in
qualunque settore e le sfide poste dal comparto
editoriale nello specifico. Per quanto riguarda il
primo punto, avviare una casa editrice è più
semplice che avviare aziende in altri settori
merceologici perché non si tratta di un business
capital
intensive,
che
richiede
l’investimento di grosse somme
subito
di denaro.
Paradossalmente, acquistare i diritti di un libro
non costa molto di più di una borsa o un abito
firmato. Così anche i costi di partecipazione a
manifestazioni e fiere non costituiscono una
barriera all’entrata. Considerata la nostra estrazione (entrambi i fondatori sono
avvocati), abbiamo compilato una lista di cose da fare – la cosiddetta check-list – con
l’aiuto di un consulente editoriale, lo studio Oblique di Leonardo Luccone, Giuliano
Boraso e Elvira Grassi, e abbiamo cominciato a lavorarci. I problemi sorgono nella fase
successiva, quella in cui bisogna guadagnare spazio in termini di riconoscibilità della
casa editrice presso il pubblico e vendere. Fin dall’inizio abbiamo dedicato molta
energia alla promozione e all’immagine e abbiamo ottenuto una riconoscibilità presso gli
addetti ai lavori degna di case editrici più grandi e con una storia più lunga della nostra.
Purtroppo però alla visibilità stampa non corrisponde un pari volume di vendite,
sicuramente a causa della crisi che colpisce tutti ma anche per la descritta
conformazione del mercato. Indubbiamente la verticalizzazione integrata dei ruoli di
editore, distributore e retailer, presente in alcuni gruppi editoriali, ha un impatto
distorsivo del mercato. Come già detto, alcuni libri rimangono bloccati con poche
centinaia di copie di prenotato, che non consentono a noi come ad altri editori di
ottenere la soglia di visibilità minima in libreria, e siamo perciò costretti a trovare
soluzioni alternative. In questa situazione, anche avere una buona piattaforma ecommerce conta e aiuta a recuperare vendite. 66thand2nd ha creato un bookstore
nell’àmbito di un completo restyling del sito, con la possibilità di comprare
abbonamenti, libri e card da regalare, nel tentativo di accontentare i tanti lettori che ci
scrivono perché non riescono a trovare i nostri volumi in libreria. Speriamo che la
qualità del nostro prodotto, unitamente alla ricchezza di contenuti del sito e alla varietà
delle offerte commerciali, crei una community 66thand2nd di lettori entusiasti e fedeli!
Quali sono i piani per il futuro?
Il nostro business plan prevede un aumento della produzione pari al 50% in due anni.
Vorremmo, infatti, raggiungere tra il 2014 e il 2015 la soglia di “sostenibilità” che si
assesta tra 20-25 uscite annue. Per realizzare questo obiettivo ci siamo dotati di una
infrastruttura interna per consentire alla società di compiere il salto, struttura che
include: una direzione editoriale che si aggiunge all’attività di direzione, generale e
editoriale, degli editori, una direzione grafica, una nutrita redazione e un ufficio stampa,
un responsabile commerciale. Quanto ai progetti, sono tanti. Abbiamo lanciato la nuova
collana Vite inattese per attirare appassionati di sport diversi da quelli legati alla
collana Attese – il cui denominatore comune è il romanzo letterario a sfondo sportivo
(cfr. Il campione di David Storey o Il colosso d’argilla di Budd Schulberg) – grazie ad
avvincenti storie di sport raccontate da firme italiane o straniere. La strada del
coraggio, per esempio, libro tributo su Bartali uscito alla fine di maggio, scritto in
maniera avvincente e rivolto a un pubblico esteso, si sofferma su un aspetto particolare
della vita di Ginettaccio, ovvero il suo ruolo di salvatore degli ebrei durante la Seconda
guerra mondiale, vicenda ancora poco nota ai più. È
appena uscito anche Terribile splendore, di Marshall
Jon Fisher, la storia del tennista tedesco Gottfried
von Cramm, un giocatore che raggiunse l’apice della
carriera all’epoca del nazismo, biondo, aristocratico e
segretamente gay. Finché vinse una partita dopo
l’altra poté assecondare le sue inclinazioni senza
pericolo per la vita anche grazie ai continui viaggi
all’estero, ma la sconfitta sul campo segnò la sua
rovina. Siamo nei dintorni di Open di Agassi come
qualità di scrittura ma con una cornice storica e
narrativa molto più potente. Nel 2014 vedremo
l’uscita di tre libri importanti per Vite inattese,
dedicati a personaggi dello sport di caratura
immensa: Marco Pantani, Ayrton Senna e Maradona.
Nel momento in cui si parla di decrescita nell’editoria, come si pone la
vostra casa editrice?
La nostra risposta alla crisi è l’investimento. Abbiamo una formazione che ci spinge a
fare impresa per creare lavoro e rilanciare nel nostro piccolo l’economia: incamerare
maggiori risorse finalizzate all’aumento dell’output è il primo passo per il salto di qualità
a livello aziendale. Già in questi primi mesi del 2013, l’investimento ha pagato in termini
di incremento delle uscite, maggiore e più costante presenza sui social network,
partecipazione a fiere ed eventi in varie località, gestione del bookstore 66thand2nd. In
questo momento non tutti sono in grado di aumentare l’offerta, di investire. La maggior
parte degli operatori o chiude o contrae la produzione. Il vantaggio di essere gli “ultimi”
in ordine di tempo è quello di non essere ancora usurati e mantenere una situazione
finanziaria sana. Effettuare un investimento in questa fase significa occupare spazi che
vengono lasciati liberi, con la speranza di guadagnare posizioni ma anche di dare
continuità alla filiera generale, in libreria o presso festival e manifestazioni. Di questi
tempi non si può rimanere inerti e sperare di sopravvivere: o provi a crescere o sparisci,
non c’è alternativa. Naturalmente, investire significa prendere dei rischi. Tra due o tre
anni faremo un bilancio dei risultati della strategia aziendale e vedremo se avrà senso
continuare o lasciar perdere. Roberto Calasso, in occasione dell’uscita del suo libro
L’impronta dell’editore, ha avuto modo di ribadire che l’editoria è un business in cui è
facilissimo perdere soldi. Poi c’è anche chi riesce ad arricchirsi, ma le nostre scelte
editoriali tradiscono il fatto che abbiamo altri obiettivi. Non subire perdite e far girare
capitale per continuare a fare cose belle e creare un indotto che faccia prosperare le
professionalità che ruotano attorno alla casa editrice è per noi già un traguardo di per
sé.
Quante persone lavorano in casa editrice?
Dal settembre 2012 abbiamo affidato la direzione editoriale a Leonardo Luccone dello
Studio Oblique. Giuliano Boraso e Elvira Grassi dello stesso Studio Oblique sono,
rispettivamente, gli editor della collana Attese (e Vite inattese) e Bazar. Il caporedattore
è Maria Eleonora Cucurnia, con noi fin dalla fondazione della casa editrice, coadiuvata
da Michele Martino, redattore senior, attivi anche nel ruolo di editor. Marco
Scognamiglio ha occupato di recente la posizione di ufficio stampa e presidia il fronte
insieme a Francesca Ciarcianelli, responsabile della comunicazione. 66thand2nd offre
tradizionalmente stage retribuiti. Da giugno è con noi Francesca Lenti, coinvolta in tutta
la filiera produttiva, con un focus speciale sui social network. Silvana Amato è da
sempre il nostro Art Director, coadiuvata da Marta Biddau. Dal 2012 lavora con noi
anche Sabrina Ranucci in qualità di responsabile commerciale.
Dopo la recente inchiesta sull’editoria invisibile e le ispezioni a sorpresa in
alcuni gruppi editoriali il tema del precariato nell’editoria assume nuova
urgenza. Forse tocchiamo un tasto dolente?
Non per noi. Abbiamo iniziato con l’aspirazione di fornire lavori stabili ai nostri
collaboratori. La durevolezza della casa editrice è legata alle persone che con la loro
permanenza creano una storia condivisa. Chi non ha incompatibilità di varia natura, è
legato a 66thand2nd da contratto a tempo indeterminato. Gli stage sono sempre stati
retribuiti.
Passiamo ai temi cari alla casa editrice. Perché siete partiti con il tema
dello sport e del melting pot?
66thand2nd si è affacciata sul mercato nel 2009. All’epoca il progetto editoriale ruotava
attorno a due collane, Attese e Bazar. Entrambi gli editori amano lo sport: giocato,
vissuto, guardato, e negli Stati Uniti abbiamo letto libri di grande letteratura sportiva.
Tomaso Cenci è anche un grande conoscitore delle statistiche sportive e delle alterne
vicende di vita dei grandi campioni. Siamo appassionati di baseball, sport
particolarissimo e poco conosciuto in Italia, che ci è sembrato il giusto punto di
partenza per la collana: il baseball è lo sport di attesa per eccellenza. Bazar nasce invece
da un gusto letterario, formato nel periodo di vita all’estero, influenzato da autori come
Zadie Smith con il suo Denti bianchi. Vivere in prima persona l’esperienza di doversi
integrare in un paese straniero, tra costumi e tradizioni diversi dal proprio luogo di
origine, avvicina a questo tipo di letteratura e più in generale apre la mente alle
implicazioni del melting pot culturale. Anche la collana Bookclub deriva da esperienze
compiute fuori dall’Italia. Negli Stati Uniti e in Inghilterra è comunissimo far parte di
gruppi di lettura, composti di amici che s’incontrano a cadenza regolare per discutere di
libri e scambiare idee e opinioni. Bookclub, lanciata nel 2011, è il primo caso in cui un
editore fa parte del gruppo di lettori e suggerisce cosa leggere con l’intento di
trasmettere ai lettori un’idea, un gusto, un mondo intero. Sullo sfondo, il desiderio di
restituire centralità alla lettura come strumento di formazione del pensiero: su internet
si trova tanto, si trova tutto ma le informazioni sono scollegate, frammentarie, è il
trionfo dell’informazione sull’opinione, e manca la fiducia nella capacità dell’utente di
elaborare un pensiero indipendente. Bookclub è uno sprone per il lettore a ricostruire
pensieri e opinioni attraverso la lettura e il godimento di una narrativa di ampio respiro.
In questa collana abbiamo pubblicato Il dolce sollievo della scomparsa di Sarah
Braunstein, sulla sparizione di una bambina dodicenne nella provincia americana, e La
mancanza di gusto (qui la nostra recensione), il romanzo d’esordio di Caroline
Lunoir, dove è condensata una efficace critica ai legami familiari e alle ipocrisie delle
generazioni che ci hanno preceduto, quella del dopoguerra e quella che ha fatto il
Sessantotto e si è imborghesita. Pubblicheremo presto Bambina mia di Tupelo
Hassman, un libro che si inserisce nella scia letteraria da noi inaugurata con la
pubblicazione di Salvatore Scibona (qui
la nostra
recensione di La fine), che presta attenzione ai personaggi
ordinari,
che
vivono
ai margini
della società.
Una
caratteristica saliente della collana Bookclub è la grafica che si
rinnova a ogni uscita. È questo un tratto diffuso nell’editoria
anglosassone mentre in Italia domina l’idea di collana in cui
ciascun libro si uniforma a un progetto grafico con parametri
fissi. Oltre a provare a fare breccia nel concetto di uniformità
grafica, volevamo dare origine a un prodotto unico, che
parlasse a ogni lettore a partire dall’involucro esterno: un
prodotto prezioso, curato – anche se per noi costoso – che aspirasse a diventare un
prodotto da collezione. E forse proprio questa cura e questa unicità potranno essere un
valido antidoto alle edizioni digitali, per il valore aggiunto che un’edizione unica
fornisce al lettore. Nelle nostre peregrinazioni attorno al mondo meraviglioso della
collana Bazar, abbiamo meditato la decisione di entrare nel genere polar e l’abbiamo
chiamata B-Polar, dove la B sta per Bazar ma allude anche alla bipolarità. Gli autori
africani da noi prediletti sono maestri del genere polar – l’incrocio tra poliziesco e noir
– ma largamente sottovalutati rispetto ai giallisti scandinavi. Si tratta, naturalmente, di
una sottovalutazione che trascende il genere e colpisce tutti gli intellettuali africani.
Quanti in Italia hanno letto, ad esempio, un premio Nobel come Wole Soyinka? Eppure
tutti conoscono Herta Müller (o forse anche questa è un’illusione). In una fase storica
come la nostra è davvero un controsenso continuare ancora a parlare di letteratura
africana, trattandola implicitamente come una letteratura di rango inferiore. Penso ad
alcuni dei nostri autori, per esempio Alain Mabanckou, scrittore congolese,
trapiantato in Francia all’età di ventidue anni, che da un decennio insegna letteratura
francofona alla UCLA. Mabanckou ha vinto tutti i premi più prestigiosi del mondo
letterario di lingua francese, ma in Italia non riesce a ottenere il risalto che merita. Per
tornare al polar, il libro di Florent Couao-Zotti aveva tutte le caratteristiche per dare
l’avvio a una collana come B-Polar: una storia di droga, sesso e ammazzamenti in una
Cotonou (capitale del Benin) inedita e sorprendente. Gli azzardi linguistici e la
trasfigurazione grottesca dei personaggi fa pensare a fumetti come Sin City di Frank
Miller, da cui è stato tratto l’omonimo film. A questo volume è seguito La bionda e il
bunker di Jakuta Alikavazovic, scrittrice serbomontenegrina di penna francese, un romanzo
misterioso in cui l’amore è anche amore per l’arte.
Seguirà in ottobre il romanzo di Alain Mabanckou
Zitto e muori, in cui l’autore riprende le atmosfere
delle banlieu già esplorate in Black Bazar e la vena
noir di African Psycho.
Quali
sono
le linee guida del
progetto
grafico?
66thand2nd ha un’immagine
coordinata molto
distintiva: ruota intorno al marchio della casa
editrice che ricorda la segnaletica americana, con la
tonalità del verde 66th e dell’antracite. Nel corso
dell’elaborazione del progetto grafico delle prime
due collane, Attese e Bazar, emerse chiaramente la predilezione editoriale per l’uso
dell’illustrazione rispetto alla fotografia. Di conseguenza, abbiamo scelto, per la collana
Bazar, i disegni di Julia Binfield, molto brava nel tratteggio a china, nel comporre
immagini con brandelli di carta, nel ricreare piccoli oggetti. Poi l’Art Director Silvana
Amato traduce i disegni nel linguaggio appropriato per il libro. Per la collana Attese il
contesto è meno mobile, c’è un riquadro in cui vengono disposti i disegni dello
studio spagnolo Alexis Rom, eseguiti da Claude Marzotto. Alexis Rom ha un
immaginario immediatamente riconducibile alla Spagna degli anni Cinquanta e
Sessanta, mai prima di allora messo al servizio di un progetto editoriale. Anche in
questo caso l’intervento di Silvana Amato è decisivo per la migliore riuscita
dell’organizzazione di copertina. Bookclub è una collana rispetto alla quale la grafica ha
un ruolo preponderante e l’opera dell’Art Director è molto penetrante. Nella collana ci
sono copertine di segno grafico pure
(come Inutili fuochi di Raffaella
Ferré – qui la nostra recensione,
qui l’intervista alla scrittrice - e La
mancanza di gusto
Lunoir)
accanto
di Caroline
a
copertine
fotografiche (Il dolce sollievo della
scomparsa)
e
illustrate.
Un
bell’esempio di compenetrazione tra
grafica e interni è il libro di Riccardo
Romani Le cose brutte non esistono, che nasce da una storia vera. Il protagonista del
libro è affetto da acufene. Quando chiesi a Silvana Amato di realizzarne la copertina, si
ricordò di avere da poco ritrovato un amico che non vedeva da molto tempo, anche lui
affetto da questo raro disturbo, che paragonò all’esperienza di avere perennemente una
conchiglia nella testa. La descrizione corrispondeva perfettamente a un’illustrazione
ricevuta in dono tempo prima da Fabian Negrin – un volto ritratto in trasparenza con in
testa una conchiglia turchese… Approvata! In B-Polar, la natura noir della collana si
rivela graficamente nell’uso del colore in copertina anche all’interno, al posto del
bianco, cifra di 66thand2nd. Per Vite inattese, abbiamo il privilegio di lavorare con
Guido Scarabottolo, che realizzerà per noi la galleria di ritratti dei grandi sportivi che
abiteranno la collana: Gino Bartali, Gottfried Von Cramm, Marco Simoncelli, Marco
Pantani, Ayrton Senna, Diego Armando Maradona. È tramite Guido Scarabottolo che
abbiamo conosciuto la nostra Silvana Amato e a lui va un grazie speciale per averci
seguito dall’inizio e per la generosità, comune agli altri illustratori che lavorano con noi
(anche non su base continuativa), di rendere la loro arte e il loro lavoro accessibili a
piccoli editori come noi. Questo è un modo concreto per aiutare la piccola editoria.
Le fiere del libro: sono un utile strumento per conoscere e farsi
conoscere, un’onerosa perdita di tempo o semplicemente appuntamenti a
cui non si può mancare?
Per noi sono decisamente uno strumento utile e anche in questo caso 66thand2nd si
muove secondo una logica di investimento. Al Salone Internazionale di Torino, già
dall’anno scorso dividiamo un quadrilatero insieme ad altri tre editori (Nutrimenti,
Keller e La Nuova Frontiera), formula che ci ha consentito di ampliare spazio e visibilità
dividendo i costi con altri colleghi. Il dibattito sull’opportunità di frequentare il Salone
di Torino è sempre molto acceso. Per noi rappresenta una cassa di risonanza di grande
impatto, l’impegno finanziario è senz’altro molto oneroso, ma ne vale la pena.
Recentemente, abbiamo costituito Libri in circolo insieme a Voland, Nutrimenti,
Nottetempo, Emons, Quodlibet, Lantana. È un’associazione portatrice di progetti
culturali e che a piccoli passi spinge per la promozione della lettura: in primo luogo
favorendo la partecipazione a fiere e ad altre manifestazioni nei piccoli centri, magari
affidando la gestione degli stand a librai.
All’ultimo Salone del libro di T orino si è parlato dei blog letterari e della
loro (poca) influenza sulla vendita dei libri. Che cosa ne pensa?
Di certo se esce una recensione su un blog non è detto che aiuti le vendite, ma purtroppo
oggi è difficile stabilire una correlazione matematica tra uscita stampa – anche sul
grosso quotidiano – e vendite. Secondo noi è molto importante il dialogo con i blog
letterari, che sono un termometro. I recensori dei blog scrivono perché hanno
veramente letto il libro e hanno voluto recensirlo. Per noi è importante essere scelti, ci
piace quindi spendere tempo e attenzione con i blog letterari e i loro curatori.
Cond ivid i:
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